XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Giovedì 21 marzo 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 2 

Audizione del Presidente Antonio Dorrello e dell'Amministratore delegato Vincenzo Atella della SOSE – Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A., in materia di autonomia finanziaria delle Regioni e di attuazione dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 2 
Dorrello Antonio , presidente della SOSE ... 2 
Atella Vincenzo , amministratore delegato della SOSE ... 2 
Stradiotto Marco , responsabile analisi della finanza pubblica SOSE ... 7 
Atella Vincenzo , amministratore delegato della SOSE ... 7 
Stradiotto Marco , responsabile analisi della finanza pubblica SOSE ... 8 
Atella Vincenzo , amministratore delegato della SOSE ... 8 
Stradiotto Marco , responsabile analisi della finanza pubblica SOSE ... 9 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 9 
Atella Vincenzo , amministratore delegato della SOSE ... 9 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 9 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 9 
Grimaldi Nicola (M5S)  ... 10 
De Menech Roger (PD)  ... 11 
Presutto Vincenzo  ... 11 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 12 
Stradiotto Marco , responsabile analisi della finanza pubblica SOSE ... 12 
Atella Vincenzo , amministratore delegato della SOSE ... 13 
Stradiotto Marco , responsabile analisi della finanza pubblica SOSE ... 13 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione presentata dalla SOSE ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente Antonio Dorrello e dell'Amministratore delegato Vincenzo Atella della SOSE – Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A., in materia di autonomia finanziaria delle Regioni e di attuazione dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, del presidente Antonio Dorrello e dell'amministratore delegato Vincenzo Atella della SOSE (Soluzioni per il sistema economico S.p.A.), partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, in materia di autonomia finanziaria delle regioni e di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Ricordo che la SOSE S.p.A. è una società partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalla Banca d'Italia e rappresenta il partner metodologico del ministero per l'analisi strategica dei dati in materia tributaria e di economia d'impresa. Nell'ambito di tali funzioni, si occupa anche dalla determinazione dei fabbisogni standard, in attuazione del federalismo fiscale, al fine di controllare la spesa pubblica e determinare gli indicatori che stimano statisticamente il fabbisogno finanziario di un ente in base alle caratteristiche territoriali e agli aspetti sociodemografici della popolazione residente.
  Nel ringraziarla per la disponibilità dimostrata, cedo quindi la parola al presidente Dorrello per lo svolgimento della sua relazione.

  ANTONIO DORRELLO, presidente della SOSE. Buongiorno a tutti. Ringrazio a nome dell'amministratore e di tutta la società per questo invito, che ci consente di illustrare l'attività che la società ormai svolge da quasi un decennio sul tema del fabbisogno standard.
  Mi preme qui sottolineare brevemente che la SOSE è una società molto moderna, che contiene grandissime professionalità soprattutto di carattere economico e statistico. Il professor Atella poi dettaglierà meglio le altre attività della società. Qui mi preme sottolineare che, al fianco di quella per l'attuazione del federalismo fiscale, per la quale siamo stati oggi gentilmente convocati da questa Commissione parlamentare, c'è tutto l'impegno a sostegno della fiscalità prima degli studi di settore e oggi della nuova norma sugli indici di affidabilità fiscale, che sono succeduti agli studi di settore dopo l'abrogazione degli stessi.
  Cedo la parola al professor Atella per una presentazione più dettagliata. Grazie ancora per l'invito.

  VINCENZO ATELLA, amministratore delegato della SOSE. Buongiorno a tutti. Io ho fatto questa presentazione e ho una serie di slide che illustrerò. Alcune cose sono state già dette, quindi vado molto veloce. Noi Pag. 3siamo una società partecipata dal Ministero del tesoro e da Banca d'Italia, secondo le quote che lì vedete. La cosa più importante è che noi siamo il partner metodologico del Ministero dell'economia e delle finanze per l'analisi strategica dei dati in materia tributaria e di economia di impresa. Siamo a Roma operativi dal 1999 e abbiamo un organico di 162 persone, molti dei quali sono statistici ed economisti e una quota rilevante ha master e dottorati in economia e statistica.
  Le attività che noi svolgiamo sono diverse. Abbiamo, come potete vedere, il servizio di valutazione delle performance delle piccole e medie imprese. Come ha detto il dottor Dorrello, a partire da quest'anno siamo passati dagli studi di settore agli indici sintetici di affidabilità. Diamo supporto all'Agenzia delle entrate e al Dipartimento delle finanze, ci interessiamo di finanza pubblica e da pochissimo abbiamo messo in piedi un centro studi dedicato a tutti questi temi.
  L'audizione di oggi ovviamente è centrata sulla parte della finanza pubblica e in particolare sui fabbisogni standard. I fabbisogni standard, come potete vedere, riguardano province, città metropolitane, comuni e regioni a statuto ordinario. Solo recentemente nel 2016 ci è stata anche assegnata la stima dei fabbisogni standard per la regione Sicilia.
  Inoltre, come è stato già detto, ci occupiamo del monitoraggio della spesa sempre per le province e le città metropolitane, secondo la legge n. 190 del 2014.
  L'altra cosa importante è la ricognizione dei livelli essenziali delle prestazioni e di questo cercherò di parlare nella rimanente parte della presentazione.
  Innanzitutto, la cosa importante è farvi capire quello che noi definiamo «l'ecosistema dei fabbisogni standard», che coinvolge una serie di attività.
  Sostanzialmente valutiamo circa 6.700 comuni relativamente alle regioni a statuto ordinario, 390 comuni in Sicilia, 83 province, 186 comunità montane, 323 unioni di comuni nelle regioni a statuto ordinario e 52 in Sicilia e quindici regioni, quindi è un lavoro molto articolato e molto complesso, che svolgiamo ormai, come diceva il dottor Dorrello, da circa dieci anni.
  Abbiamo una serie di fonti istituzionali, che vedete e che adesso non riporto tutte, ma anche da questo punto di vista potete capire la complessità del nostro lavoro nel raccogliere informazioni da tutte queste fonti istituzionali, che poi vengono messe a sistema e costituiscono la base dati sulla quale noi facciamo le nostre valutazioni. Chiaramente da tutti questi dati noi otteniamo informazioni su fabbisogni standard, spesa storica, peso delle determinanti, indicatori di gestione e livelli quantitativi delle prestazioni.
  Le funzioni fondamentali che noi analizziamo sono quelle che vedete riportate in alto a destra. L'unica funzione che per legge ci viene esclusa è quella relativa alla sanità. Facciamo tutto questo con una serie di partner, che sono l'IFEL (Istituto per la finanza e l'economia locale), l'UPI (Unione delle province d'Italia), l'ISTAT (Istituto nazionale di statistica) e così via.
  Innanzitutto che cosa sono i fabbisogni standard? Questo è fondamentale per capire poi il resto. Tecnicamente i fabbisogni standard non fanno altro che stimare statisticamente il fabbisogno finanziario di un ente, in base alle caratteristiche territoriali, agli aspetti sociodemografici della popolazione residente e alle caratteristiche strutturali dell'offerta dei servizi. In altri termini, cerchiamo di capire il reale bisogno di un territorio sulla base di una serie di caratteristiche che incidono su quel territorio.
  A che cosa servono questi fabbisogni standard? Possono essere utilizzati per tanti motivi. Innanzitutto, la cosa principale è che permettono di determinare un'equa distribuzione delle risorse, perché significa sostanzialmente che io assegno le risorse sulla base di quello che dovrebbe essere il reale fabbisogno per quel particolare territorio. Permettono anche di valutare se le risorse stanziate sono sufficienti a garantire l'erogazione delle funzioni assegnate. Permettono di monitorare il livello delle prestazioni effettivamente erogate, di stabilire se le risorse necessarie consentono di garantire i servizi in modo uniforme e, Pag. 4infine, cosa non banale, forniscono al decisore politico una serie di elementi per valutare quali servizi sono obbligatori e quali no. In altri termini, è possibile da queste analisi riuscire a capire quello che è obbligatorio dare e quello che, invece, può diventare superfluo da un punto di vista della spesa pubblica. Infine, attraverso questi dati, è possibile confrontare gli enti e cercare anche di individuare le cosiddette «best practice», cosa assolutamente da non trascurare.
  Inizialmente vi ho detto che nell'ecosistema dei fabbisogni standard entrano tantissime informazioni e che da un punto di vista statistico vengono stimati tenendo conto di una serie di variabili. In questa slide potete vedere le variabili più importanti. Considerate che noi raccogliamo moltissime variabili e di queste circa 70 sono utilizzate nei nostri modelli econometrici, ma tra queste variabili quelle che più incidono sulla definizione dei fabbisogni standard sono quelle che vedete riportate nella slide.
  Si va dal numero di abitanti alla composizione demografica, dove per composizione demografica si intende, ad esempio, la struttura per età dei comuni, delle province e delle regioni; dall'altimetria (capite benissimo che un comune montano e un comune sulla costa o in pianura sono diversi) alla qualità degli immobili, perché questi sono importanti soprattutto per la capacità fiscale che possono generare; dalla superficie del comune ai chilometri di strade comunali. I chilometri di strade comunali, ad esempio, sono importanti perché determinano quanti soldi si vanno a spendere per la manutenzione. Altre variabili sono la quantità di servizi offerti, il rischio sismico e così via. È una lunga lista. Delle settanta variabili queste sono quelle più importanti, rispetto alle quali noi confrontiamo i diversi comuni, province o regioni.
  Quali sono i vantaggi di avere un approccio di questo tipo? Innanzitutto ci danno una maggiore conoscenza di tutto il territorio e, quindi, conoscenza nel dettaglio della spesa e del livello dei servizi offerti sul territorio. Inoltre, permettono un maggiore supporto nelle decisioni gestionali degli amministratori, perché tutte queste informazioni, come tra poco vedrete, vengono restituite in forma trasparente ai singoli amministratori, sotto forma di dati raccolti e organizzati, su un portale che si chiama OpenCivitas, che è una raccolta di informazioni che abbiamo visto essere molto utile.
  Apro una parentesi: questo portale sta rappresentando per SOSE un cavallo di battaglia molto importante, perché noi siamo anche partner tecnici su una serie di attività di formazione all'estero (abbiamo fatto una cosa in Lituania e ne stiamo facendo un'altra in Armenia) e questo tipo di metodologie vengono molto apprezzate anche all'estero. Anche l'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) per alcuni versi ci ha riconosciuto un'importanza fondamentale da questo punto di vista.
  Come possono essere utilizzati questi costi e fabbisogni standard? In primo luogo, per determinare un sistema di perequazione, con meccanismi sia correttivi che compensativi. Permettono anche la valutazione della sostenibilità finanziaria delle normative governative e degli enti territoriali, ovvero ogni qualvolta si interviene attraverso queste informazioni è possibile capire se e in che modo la policy può essere sostenibile da un punto di vista finanziario. Inoltre, permettono di fornire dei meccanismi di monitoraggio e di incentivazione a ogni politica che viene implementata. L'altra cosa fondamentale è che permettono di capire se esistono gap infrastrutturali a livello molto fine e molto dettagliato sul territorio. Più avanti vi farò vedere una serie di risultati e forse da lì capirete meglio di che cosa stiamo parlando.
  A oggi è ancora possibile migliorare questo strumento? In effetti, può essere ovviamente migliorato. Il primo passaggio che occorrerebbe fare è prevedere un livello minimo uniforme, cioè in qualche modo definire i livelli essenziali delle prestazioni. L'altro aspetto è cercare di considerare il carico di costo aggiuntivo che è determinato all'interno dei singoli comuni, ad esempio, dalle seconde case. Soprattutto nei piccoli comuni c'è il problema di tante Pag. 5seconde case, quindi persone che non abitano in quel comune, ma che comunque comportano costi di manutenzione e che ovviamente vanno poi a riflettersi sull'efficienza della spesa dei singoli comuni.
  L'altro aspetto importante, almeno dai risultati che fino a oggi abbiamo prodotto, è che i fabbisogni standard possono essere visti come un tema fondamentale per ricucire il Paese, ovvero per riuscire a far capire esattamente cosa si fa nel Paese e, quindi, in una maniera oggettiva fare in modo che una serie di luoghi comuni vengano sfatati.
  La cosa sulla quale vorrei che fosse posta la vostra attenzione è questa parte qui sotto, perché dalle nostre analisi emerge che i comuni e le regioni del sud, ad esempio, spendono meno dei comuni del centro e del nord, però offrono anche meno servizi. Nei comuni delle regioni del sud la tendenza è di destinare maggiori risorse alle funzioni amministrative invece che ai servizi a supporto dell'istruzione o ai servizi sociali, però, ad esempio, non è assolutamente vero che nei comuni del sud si spenda più che nei comuni del nord.
  Adesso vediamo una serie di risultati che abbiamo preparato e che permetteranno di darvi un'idea più precisa del lavoro che facciamo. Chiaramente i risultati che adesso vi faccio vedere sono principalmente a livello regionale, ma questi dati a livello regionale sono la sintesi di quello che emerge a livello di singolo comune.
  Questo è un primissimo insieme di risultati che sostanzialmente fa il confronto tra la spesa storica e la spesa standard dei comuni. La spesa storica è quella che emerge dai bilanci dei comuni, è un dato oggettivo, mentre la spesa standard è quella che noi stimiamo dovrebbe essere sulla base di tutti i correttivi che vi ho fatto vedere, tenendo conto di tutte quelle 70 variabili che vi ho mostrato.
  Sono organizzati per classi di popolazione nei comuni. Si va da comuni piccolissimi sotto i 500 abitanti fino a comuni oltre i 100.000 abitanti. Ovviamente avremmo potuto allargare anche oltre e fare classi superiori ai 100.000 abitanti, però per il momento serve a far capire piccoli, medi e grossi comuni.
  Come potete vedere, c'è un andamento a U, dove i costi maggiori sono nei piccolissimi comuni e nei comuni oltre i 100.000 abitanti. Il motivo sostanzialmente viene fuori dal fatto che, da un lato, nei piccoli comuni c'è un problema di costi fissi che non si riesce in qualche modo a ripartire e, quindi, il costo per abitante... L'asse verticale è il costo per abitante. Dal lato opposto, ovviamente vi è la complessità dei servizi che viene offerta, perché sono comuni grossi.
  Ci sono ovviamente delle differenze aggregate, che qui sembrano essere poco rilevanti, tra la spesa storica e la spesa standard, ma dovete immaginare che quando all'interno di ogni gruppo andiamo a vedere i singoli comuni ci sono molto spesso, invece, delle differenze molto più marcate tra spesa storica e spesa standard dei comuni.
  Questa è una tabella che riporta in termini numerici la spesa e la salterei. Adesso andiamo a vedere le varie funzioni. Questo è il totale delle funzioni escluso il servizio dei rifiuti. Anche qui potete vedere che sul totale delle funzioni la linea verde rappresenta quello che dovrebbe essere sulla base delle stime che noi facciamo, mentre le barre sono quello che attualmente accade.
  In questo grafico particolare vedete che ci sono due regioni che sforano: la Liguria e il Lazio. C'è una ragione in tutto questo: sul Lazio c'è l'effetto di Roma (vedremo più avanti perché Roma crea questo problema), mentre la Liguria storicamente ha sempre avuto trasferimenti più alti e sulla spesa storica continua questo effetto inerziale, che porta ad avere in questo caso un livello maggiore di quella che dovrebbe essere la spesa standard.
  Per quanto riguarda, invece, solo i servizi rifiuti, questa è la situazione che abbiamo. Una nota di merito va al Molise, il cui dato è così basso per due motivi. Ovviamente quando si parla di spesa ci sono due motivi per cui la spesa può essere alta o bassa. La spesa è il prodotto di prezzi per quantità. Può essere alta o bassa perché i Pag. 6prezzi sono alti o le tariffe sono alte e le quantità sono alte o viceversa, quindi è la combinazione di queste due cose. Nel caso del Molise si producono pochi rifiuti e il costo a tonnellata dei rifiuti è basso. Nel caso della Liguria adesso non ricordo a memoria, ma il dato può essere dovuto a entrambi gli effetti. Qui vedete che in diversi casi si è abbastanza allineati; in altri casi, invece, ci sono delle divergenze tra la spesa storica e quello che dovrebbe essere sulla base di tutti i correttivi che noi abbiamo inserito.
  Andiamo adesso ad esaminare le funzioni affari generali. Anche in questo caso potete vedere che ci sono un po’ di differenze regionali. La cosa interessante è che, se si guarda semplicemente la spesa storica, vedete che le differenze regionali sono molto più marcate, ma quando andiamo a vedere in termini di spesa standard vedete che molte di queste differenze si riducono, perché, controllando una serie di fattori locali, alcuni di questi differenziali si riescono a spiegare abbastanza bene.
  In questa altra slide, invece, vedete i servizi sociali, compreso l'asilo nido. Questi sono servizi a domanda individuale. Anche in questo caso chiaramente potete vedere una grossa differenza tra le varie regioni, però una volta che si controlla per una serie di variabili tutto sommato in termini di spesa standard non abbiamo grossi differenziali.
  Un grosso problema nel caso degli asili è che chiaramente dove l'offerta è ridotta la spesa è più bassa. L'altra cosa importante è il tipo di servizi che viene offerto all'interno dell'asilo e che determina in qualche modo la qualità del servizio offerto.
  Anche nella funzione istruzione ci sono delle differenze importanti e in questo caso le differenze continuano a essere importanti anche una volta che noi controlliamo per una serie di fattori locali. Come vi dicevo all'inizio, i comuni del sud non spendono più dei comuni del nord, spendono meno e tendono in qualche modo a concentrare la spesa più sulla parte affari generali che sull'istruzione. Da qui potete facilmente vedere quello che accade.
  Anche nel caso di viabilità e territorio ci sono ovviamente delle differenze, ma molte di queste tendono a ridursi quando si controlla per una serie di fattori. Rimangono le situazioni di Molise e Basilicata, con grossi differenziali tra la spesa standard e la spesa storica. Ovviamente molto dipende dalla natura stessa della regione e dalla densità, ovvero dal fatto che ci sono pochi abitanti molto sparsi sul territorio e, quindi, per i servizi di viabilità per avere un livello adeguato occorrerebbe investire e spendere di più sul territorio.
  Questi sono una serie di altri interessanti risultati. Questa è la spesa per il personale impiegato nelle funzioni fondamentali per tutti i comuni delle regioni a statuto ordinario, aggregati per regione. Sono dati del 2016. Da qui si può chiaramente vedere la spesa per il personale impiegato. Questa è la spesa per abitante, ossia il costo del lavoro in euro per abitante. Di nuovo si vede chiaramente come nelle regioni del sud non si spende assolutamente di più che in quelle del nord, ma ci sono ovviamente delle importanti differenze tra le varie regioni. Questo, invece, è il numero di dipendenti per mille abitanti. Anche questo più o meno segue lo stesso pattern della slide precedente. Se andiamo ancora avanti, potete vedere il costo del lavoro in euro per abitante. Questo, invece, è il costo del lavoro medio per addetto.
  Nel Lazio risultano 41.900 euro per abitante, in Liguria 35.600. Parliamo di affari generali. In questi dati, ad esempio, conta molto anche la struttura per età delle persone impiegate. Chiaramente più l'età media dei lavoratori è alta, più dovete immaginare che lo stipendio sale per ovvi motivi legati al trascinamento dei salari con l'età.
  Questa, invece, è la spesa per il personale impiegato nelle funzioni affari generali, sempre euro per abitante. Sono i dati che abbiamo visto numericamente in precedenza e che qui visivamente potete capire meglio. La cosa interessante che risulta è che la Puglia è la regione da questo punto di vista con i livelli di spesa più bassi.
  In un'altra slide è riportato il numero di dipendenti sempre per abitante, ma sono sostanzialmente le stesse informazioni che Pag. 7abbiamo visto prima e che adesso vediamo in forma grafica, visiva, per farvi avere un'idea di come le cose sono distribuite sul territorio italiano.
  Mi avvio a concludere con una riflessione interessante che possiamo fare, cercando di capire che relazione c'è tra il fabbisogno standard, la capacità fiscale e il fondo perequativo. La relazione che c'è tra queste tre variabili è mostrata qui. Il fabbisogno standard delle funzioni fondamentali dovrebbe essere dato dalla capacità fiscale standard e dal fondo perequativo. Questa è l'equazione che deve in qualche modo valere in assoluto.
  Tenendo conto di questa relazione, vi faccio vedere una serie di slide dove voi potete capire in che modo la situazione attuale dovrebbe essere trasformata una volta che andrà a regime la legge n. 42 del 2009.
  L'idea, quindi, è quella di permettere a tutti gli enti locali di partire allo stesso livello, ovvero, come dice il testo qui sopra, «mettere tutti gli enti locali sullo stesso nastro di partenza prima dello sforzo fiscale, superando quindi le incongruenze che vedono alcuni enti penalizzati o favoriti dal vecchio meccanismo della spesa storica». La domanda è se a nove anni dall'approvazione della legge del 2009 questo obiettivo è stato raggiunto o meno.
  Abbiamo questa slide (riportata alla pagina 35 del documento cartaceo) in cui viene illustrata la situazione delle regioni a statuto ordinario. Nella colonna A vi sono le risorse storiche lorde in euro per abitante. Questa sostanzialmente è la spesa storica. Nella colonna B, invece, è riportato quello che dovrebbe essere a regime con la legislazione vigente. L'ultima colonna, invece, ci dice di quanto la spesa cambia tra la situazione della spesa storica e quella a regime, con i valori in rosso che significa che bisogna ridurre i trasferimenti alle regioni, mentre in verde vi sono le regioni che dovrebbero ricevere qualcosa in più.

  MARCO STRADIOTTO, responsabile analisi della finanza pubblica SOSE. Questa tabella mostra le risorse storiche, cioè quello che i comuni avevano di risorse nel 2014, mentre la seconda colonna mostra cosa succederà, se resta la legislazione vigente, nel 2021, quindi la progressione con l'applicazione dei fabbisogni standard e della capacità fiscale al 100 per cento. Nel 2019 siamo ancora al 45 per cento.

  VINCENZO ATELLA, amministratore delegato della SOSE. A questo punto ci si può chiedere quali correttivi possono essere inseriti. Un primo correttivo potrebbe essere quello di aggiornare le rendite catastali, perché questo permetterebbe di renderle più coerenti con i valori immobiliari di mercato, oppure di sostituire l'IMU o la TASI con un'imposta locale non basata sulle rendite catastali, una sorta di service tax. In alternativa, si potrebbe incrementare la componente verticale del Fondo di solidarietà, inserendo alcuni trasferimenti non fiscalizzati di cui beneficiano alcuni comuni. Questo è sul fronte della capacità fiscale.
  Sul fronte, invece, dei fabbisogni standard quello che si può fare è garantire dei livelli uniformi su tutto il territorio nazionale nei servizi a domanda individuale, quali asili nido, mensa scolastica o trasporto scolastico, in altri termini cercare di capire quello che è realmente necessario e quello che, invece, è opzionale o qualcosa di più rispetto al necessario, ma questo va in qualche modo definito dalla politica. L'altra cosa è considerare il peso in termini di fabbisogno dell'effetto dei fabbricati non adibiti ad abitazione principale, fabbricati che sostanzialmente, come vi dicevo prima, determinano dei costi aggiuntivi nelle funzioni affari generali, ambiente e territorio, polizia locale e trasporto pubblico.
  In questo secondo grafico, attraverso una serie di assunzioni sulle rendite catastali, quindi con l'aggiornamento delle rendite catastali, abbiamo visto come questa situazione, che è la situazione a legislazione vigente, potrebbe essere cambiata se venissero applicati una serie di correttivi. In questo caso il correttivo che stiamo immaginando è un aggiornamento delle rendite catastali. Questa è la situazione a legislazione vigente. Questa, invece, è la situazione come verrebbe cambiata con l'aggiornamento delle rendite catastali. Quest'ultimo grafico mostra la differenza tra Pag. 8queste due colonne. Come potete vedere, con l'aggiornamento delle rendite catastali dalla situazione a legislazione vigente ci si sposta in quest'altro contesto, dove già qualcosa cambia, ad esempio non tutte le regioni del centro-nord perdono, ma qualcuna guadagna.
  L'altra simulazione che abbiamo fatto si basa sul riconoscimento di un livello uniforme dei servizi a supporto dell'istruzione e dell'asilo nido. Questi sono i differenziali che si hanno nella situazione a legislazione vigente; questa, invece, è la situazione che si ottiene una volta che vengono riconosciuti dei livelli uniformi dei servizi. Ricordatevi che nel sud abbiamo detto che sulla parte istruzione si spende di meno, quindi chiaramente a questo punto, mettendo dei livelli uniformi, si dovrebbe spendere di più e, quindi, dovrebbero ricevere di più. Questo è il differenziale tra la situazione a legislazione vigente e quella con l'ipotesi di riconoscere un livello uniforme di servizi nell'istruzione e negli asili nido.
  Infine, questa è un'altra cosa interessante. Queste due simulazioni sono esercizi che abbiamo fatto noi, che si basano sul come noi abbiamo immaginato che le rendite catastali vengono aggiornate o sul livello uniforme di servizi che noi abbiamo definito ipoteticamente per istruzione e asilo nido. Sono cose sulle quali si può discutere molto. Questa terza ipotesi, invece, è una cosa molto più concreta e reale, perché significa sostanzialmente cosa succede nell'ipotesi di includere nel meccanismo perequativo i trasferimenti erogati ai comuni senza vincolo di destinazione. Quello che qui sostanzialmente succede è che stiamo levando i soldi per Roma Capitale.
  Questa è una cosa che si può tranquillamente misurare. Se leviamo i trasferimenti per Roma Capitale, tutte le regioni guadagnano circa 4 euro ad abitante. Chiaramente chi ci perde è il Lazio, non tutto il Lazio, ma solo Roma. Poiché pesa tantissimo, il Lazio perde con meno 31.

  MARCO STRADIOTTO, responsabile analisi della finanza pubblica SOSE. In realtà, a Roma vengono garantiti, sulla base dei fabbisogni standard, 110 milioni in più all'anno e questi non sono considerati su questo calcolo.
  Roma, però, beneficia anche di 430 milioni di euro all'anno, ormai da parecchio tempo, senza vincolo di destinazione, che finanziano le funzioni fondamentali. Quando è stata fatta la fiscalizzazione dei trasferimenti quelli non furono fiscalizzati. Noi ci siamo posti questo problema. Se Roma viene messa in gara con gli altri comuni, perché di fatto è un peso relativo rispetto agli altri, questi 430 milioni dovrebbero essere calcolati, e questa è l'ipotesi. I 110 no perché in quanto capitale, sulla base dei fabbisogni standard, deve obiettivamente spendere almeno 110 milioni in più.
  Il tema è se resta nell'insieme, quindi se Roma resta nel sistema perequativo, questi andrebbero calcolati oppure si decide che Roma è capitale d'Italia e quindi esce dal meccanismo perequativo, ma conseguentemente non preleva dal meccanismo perequativo. Questa è la questione e in questi termini abbiamo cercato di rappresentarla.

  VINCENZO ATELLA, amministratore delegato della SOSE. Passiamo ad un'altra slide: se mettiamo tutto insieme, quindi se invece di considerare le varie ipotesi una alla volta, le mettiamo tutte insieme, che cosa succede? Questa è la spesa a legislazione vigente e questa è come la situazione verrebbe cambiata nel caso in cui considerassimo la rivalutazione delle rendite catastali, l'introduzione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) su istruzione e asili nido e l'eliminazione dei trasferimenti su Roma. Il differenziale tra queste due situazioni è dato da quest'ultimo grafico.
  Ultima slide. Questo è un aspetto molto importante, che anche dal nostro punto di vista è fondamentale per aiutarci a fare il nostro lavoro. Il concetto è il seguente: fabbisogni standard e livelli essenziali delle prestazioni sono due aspetti della stessa medaglia. In altri termini, in presenza di un sistema con risorse limitate per poter garantire su tutto il territorio nazionale un livello uniforme dei servizi è necessario conoscere la spesa storica e il livello dei servizi offerti. In altri termini, per poter definire con esattezza quelli che possono essere i livelli essenziali delle prestazioni Pag. 9devo necessariamente conoscere la situazione attuale, cosa do oggi, in che modo lo do e con quali livelli di efficienza queste cose vengono date.
  Le due cose non possono essere tenute separate. Io non posso definire i livelli essenziali delle prestazioni se non conosco su cosa sto operando e al tempo stesso non riesco a fare un buon lavoro sui fabbisogni standard se non conosco quelli che la politica definirà come livelli essenziali delle prestazioni. Questo è uno snodo fondamentale. Se non si conoscono entrambi questi due pezzi non è possibile chiudere il cerchio.
  Per quanto riguarda la parte fabbisogni standard e costi standard, SOSE ha fatto un grosso lavoro e continua a lavorare su questi argomenti aggiornando in continuazione queste banche dati che ci permettono di conoscere il nostro mondo in maniera così precisa.
  Occorre a questo punto uno sforzo ulteriore – ma è uno sforzo politico – nella definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, cioè cercare di capire se gli asili devono avere 100 metri quadrati di verde intorno attrezzato con giochi ultramoderni oppure se, invece, basta avere un livello di strutture minimo definito in qualche modo o lo stesso vale per i trasporti pubblici, vale per altro. Per tutte queste funzioni occorre a un certo punto fare uno sforzo e definire questi livelli essenziali.

  MARCO STRADIOTTO, responsabile analisi della finanza pubblica SOSE. Rispetto ai fabbisogni standard dei comuni, l'unico vero problema, dove servirebbe un indirizzo della parte politica, riguarda il tema dei servizi a domanda individuale, perché questo è il tema, che, tra l'altro, essendo servizi a domanda individuale, non sono neanche obbligatori. Questo è uno dei temi su cui noi siamo andati in difficoltà.
  Sulla questione degli asili nido sì o no, non ci siamo divertiti a dire zero a chi ha zero, ma confrontandoci con i nostri partner, in questo caso IFEL, giustamente dicevamo che se si deve garantire a tutti un certo livello, forse servirebbero le risorse. A questo punto è obbligatorio o non è obbligatorio? A che livello è obbligatorio? Un 5 per cento dei bimbi 0-2 anni, un 10 per cento? Questo elemento non ce l'abbiamo. Però, avete tutti gli elementi per poterlo definire in maniera da poter migliorare questo aspetto.
  Lo stesso vale per quanto riguarda il buono pasto sulla scuola. Il buono pasto, tra l'altro, è un servizio a domanda individuale dove gran parte in quel caso, nel caso del pasto e conseguentemente il buono pasto, viene pagato dai genitori, normalmente l'80 per cento. Casomai è la parte del 20 per cento che è soggetta a perequazione.
  Scusate se vi ho dato questi elementi, ma a volte i LEP per quanto riguarda i fabbisogni standard dei comuni sono stati giustamente strumentalizzati. Il tema è definire tra quei quattro servizi a domanda individuale qual è un livello uniforme di servizio da garantire su tutto il territorio nazionale in rispetto di quella che è la lettera m) dell'articolo 117 della Costituzione. Essendo non obbligatori, ci siamo trovati con questo tipo di difficoltà.

  PRESIDENTE. Grazie per la vostra esposizione e per la mole di dati che ci avete fornito, che sarà sicuramente preziosissima per il prosieguo dell'attività della nostra Commissione.

  VINCENZO ATELLA, amministratore delegato della SOSE. Una ultima cosa velocissima. Tutti questi dati, a parte che vi sono stati forniti, sono disponibili sul portale OpenCivitas. È possibile anche visualizzare i grafici. Trovate tutto lì.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Grazie, presidente.
  Mi interessa molto l'approfondimento finale che è stato fatto, perché è quello realmente politico, quello che ci interessa da un punto di vista politico e di funzione che abbiamo come legislatori, e cioè quanto l'effetto benchmark nella vostra analisi viene inserito, cioè quanto l'efficientamento ha Pag. 10pesato in questo monitoraggio. Permettetemi, fare un'analisi, raccogliere dei dati su quanto si spende in tutta Italia e paragonare mele con pere, realtà dove ci sono una serie di servizi, non è facile.
  La prima affermazione che lei ha fatto, dove dice che al sud si spende meno, è giusta. È chiaro che si spende meno. Se si erogano «x» servizi in meno o non ci sono, è anche più facile spendere meno.
  Credo, quindi, che il tema dei LEP, il tema di un'uniformità di erogazione dei servizi e quindi quello che io intendo come effetto benchmark, cioè capire qual è un range che in qualche modo deve esserci di spesa per determinati servizi che devono essere erogati ai cittadini da Aosta ad Agrigento, è fondamentale. Altrimenti, si perde la funzione che io non disconosco, nel senso che una funzione di monitoraggio è fondamentale. Però, l'effetto in più è quello di come si dà uno strumento alla politica, e a chi fa politica, per strutturare una serie di servizi.
  Volevo capire esattamente, proprio sulle ultime parole che diceva il dottor Stradiotto, quanto voi siete in grado di presentare una platea di offerta di soluzioni che in qualche modo all'interno di un range facciano capire che determinati servizi devono essere erogati ovunque all'interno di un determinato costo standard, perché è questo che ci interessa.
  Vengo all'ultima questione. Voi chiaramente avete fatto un'operazione di fabbisogni e costi standard tutta ancorata, ed è comprensibile, al tema della spesa corrente e non di investimento. È chiaro, però, che nelle 70 variabili di quella che poi è la spesa corrente incidono fortemente lo stato dell'arte e quanto si investe, perché, me lo insegnate voi, che se ho delle strutture efficientate da un punto di vista energetico, da un punto di vista di un certo tipo, spendo meno. Fare scuola in scuole rinnovate, ristrutturate, dove sono stati investiti negli ultimi anni 10 miliardi non è come avere il costo di scuole che, in realtà, non hanno potuto fare gli investimenti. Anche qui emergono due questioni: valorizzare più chi a livello nazionale nel risultato finale è stato in grado di efficientare la spesa corrente, dall'altra parte capire qual è il modo per introdurre un tema fondamentale correttivo di aumento della spesa investimenti in alcune realtà che consenta e dia una mano a efficientare anche in quella realtà la spesa corrente. Queste sono le due questioni che mi sento di proporre per arrivare poi a prendere una decisione vera e reale sui LEP che sono il tema vero che deve unire il Paese.

  NICOLA GRIMALDI. Ringrazio il professor Atella per l'esposizione.
  Dalle bozze che circolano in rete dell'accordo tra lo Stato e le regioni che hanno richiesto l'autonomia abbiamo visto che – cito testualmente – «la spesa sostenuta dallo Stato nella regione è riferita alle funzioni trasferite o assegnate. I fabbisogni standard dovranno essere determinati entro un anno dall'entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa e progressivamente, entro cinque anni, dovranno diventare, in un'ottica di superamento della spesa storica, il parametro di riferimento, in relazione alla popolazione residente, al gettito di tributi maturati sul territorio regionale in rapporto ai rispettivi valori nazionali. Fatti salvi gli attuali livelli di erogazione dei servizi, nelle more della determinazione dell'applicazione dei fabbisogni standard e comunque decorsi i tre anni dall'approvazione della legge, l'ammontare di risorse assegnate alla regione per l'esercizio di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, trasferite o assegnate dallo Stato alla regione, non può essere inferiore al valore medio nazionale pro capite della spesa statale per l'esercizio delle stesse».
  Attualmente, dai dati che ci sono stati forniti e che abbiamo visto oggi, è emerso che l'analisi dei fabbisogni standard sia stata effettuata solo sui comuni prendendo in considerazione la spesa storica, e attualmente non c'è una definizione anche dei LEP. Da quanto detto precedentemente, in mancanza di un'analisi e di un successivo accordo avremo, come letto dalle bozze, l'utilizzo del parametro «valore medio nazionale pro capite della spesa statale».
  Secondo lei, dai dati in vostro possesso, è possibile che le regioni che hanno chiesto Pag. 11autonomia avrebbero un incremento delle entrate rispetto alle regioni del sud che hanno chiesto l'autonomia, ma che hanno costi già più elevati e che verrebbero penalizzati dall'utilizzo del parametro «valore medio nazionale pro capite della spesa statale»?

  ROGER DE MENECH. Il primo punto riguarda l'ultima parte della vostra relazione. Secondo me, c'è un problema tutto politico rispetto alla revisione catastale e all'impianto generale che dobbiamo dare di equità rispetto alle entrate.
  Credo che se noi non decidiamo fino in fondo finalmente chi fa cosa e qual è il centro di interesse rispetto all'imposizione sarà comunque complicato fare qualsiasi riforma. Lo dico in maniera molto brutale. È chiaro che in un momento in cui una tassa, un'imposta, come l'IMU sulle seconde case, viene introitata dai comuni e il centro di costo e tutta la gestione tecnico-amministrativa è molto vicina al sindaco, ma poi viene utilizzata come tassa di carattere generale – perché oggi è così sul fondo di perequazione – è molto complicato. Noi dobbiamo innanzitutto decidere fino in fondo dove vanno a finire le imposte dei cittadini e poi cercare di avvicinare il più possibile le imposte a chi poi ha il compito di custodirne l'introito.
  È un tema molto complicato, però i dati che avete fornito oggi dimostrano che o ci avviciniamo a quel principio di equità o la vedo dura che riusciamo finalmente a mettere in campo dei meccanismi per cui oggi ci sono delle obiettive distorsioni. Lo avete detto benissimo, nei comuni che sono dotati, per esempio, di seconde case, come i comuni turistici, che ovviamente si vedono depauperati di gran parte delle risorse che introitano. Questo riguarda la relazione di oggi.
  La domanda più politica, e mi riallaccio a quello che ha detto in precedenza, è molto diretta e riguarda l'articolo 116, terzo comma, e l'autonomia. Avete ricevuto oggi dal Governo, da questo o da quello precedente, un incarico ufficiale per finalmente trattare numericamente i costi e i fabbisogni standard regionali?
  Alla fine, abbiamo bisogno di costruire delle stesse banche dati anche per scardinare un sacco di chiacchiere, le definisco così, che stanno ovviamente inquinando il dibattito rispetto all'autonomia, e per mettere insieme una serie di paletti.
  Secondo me, questo oggi è un passo indispensabile. Voi dimostrate giorno per giorno l'efficienza e l'efficacia del vostro lavoro. La politica dovrà darvi ulteriori strumenti come i LEP, sicuramente, e su questo siamo tutti d'accordo. Però, il tema vero è che oggi, se vogliamo passare da una parte tutta di dibattito politico a una parte operativa rispetto alle intese, abbiamo bisogno di iniziare un percorso di studio e di analisi.
  Mi pare di capire che nella prima fase dell'applicazione del 116 ci sarà come unico riferimento la spesa storica statale riferita alle regioni e quindi questo parametro dovrebbe, comunque, salvaguardare, così dicono tutte le parti politiche che ci stanno lavorando, la parte politica di Governo che sta lavorando, in primis l'equilibrio nazionale rispetto a quello che succede oggi.
  Grazie.

  VINCENZO PRESUTTO. Vorrei ringraziare i nostri ospiti per l'eccellente illustrazione del lavoro che avete fatto, anche con – lo posso immaginare – la difficoltà di non avere i LEP come riferimento.
  Voglio sottolineare la necessità – chiedo una conferma a questa mia domanda – e l'urgenza di definire i LEP, come giustamente è stato evidenziato. I comuni dovranno specificare i servizi a domanda individuale. Ovviamente, poi si passa ad un livello anche prettamente regionale.
  A quel punto i fabbisogni standard potranno essere calcolati in maniera più puntuale e precisa e passare anche a quel target perequativo che attualmente è al di sotto dei livelli costituzionali riconosciuti. Questa è la mia domanda. Sono i LEP i grandi assenti al momento, anche con un ritardo che non è più giustificabile.
  Condivido tutti gli interventi che sono stati fatti prima. Noi abbiamo l'esigenza di efficientamento della pubblica amministrazione. Ci sono delle leggi già in vigore che, però, non vengono applicate. Immaginiamo Pag. 12la riforma Madia, che valuta le performance, dove abbiamo la figura dell'OIV (Organismo Indipendente di Valutazione) e non abbiamo ancora la capacità, a livello statale, di avere un elenco di OIV adeguatamente consistente, per qualità e per formazione, rispetto alle esigenze di controllo a partire dai ministeri.
  Abbiamo OIV ancora nominati dai ministeri. È un grave errore. L'OIV è una figura indipendente che andrebbe valutata, come i revisori degli enti locali, con un'estrazione a sorte.
  Ritengo, e chiedo conferma a voi, che ci sia la necessità sicuramente di avere i LEP perché altrimenti non potete calcolare i fabbisogni standard, ma i LEP sono un'esigenza politica.
  Dobbiamo assumerci la responsabilità di arrivare a calcolare i LEP quanto prima. I fabbisogni standard, calcolati dalla SOSE, in collaborazione anche con la CTFS (Commissione tecnica per i fabbisogni standard) che esiste attualmente, e manca del presidente, e anche lì c'è una responsabilità politica perché bisogna nominare questo presidente.
  L'augurio – è una speranza – è che venga attuata la riforma della PA, o meglio venga applicata la legge che prevede il calcolo della performance in modo tale che anche l'articolo 120 della Costituzione possa essere applicato. C'è la facoltà per il Governo di intervenire su quelle regioni e su quegli enti locali che non si dimostrano all'altezza della qualità della vita che deve essere erogata ai cittadini. La mia domanda quindi è: i LEP sono i grandi assenti?

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  MARCO STRADIOTTO, responsabile analisi della finanza pubblica SOSE. Parto dalla domanda dell'onorevole Fragomeli.
  Oggi abbiamo rappresentato i dati di fabbisogno e di spesa storica per semplificare il messaggio, però è chiaro che dentro la stima dei fabbisogni standard c'è l'efficientamento della spesa.
  In modo particolare, se guardiamo la funzione rifiuti, in quel caso abbiamo esattamente il costo standard che tiene, ovviamente, anche in considerazione in questo caso – la sua seconda domanda mi aiuta – la presenza o meno di infrastrutture. Quando abbiamo visto la spesa relativa ai rifiuti e abbiamo visto che mediamente i comuni del sud, pur producendo meno rifiuti, spendono un po’ di più, questo dipende dal fatto che c'è la minore presenza di infrastrutture. Abbiamo rappresentato in modo semplice per cercare di dare un messaggio anche per chi era la prima volta che vedeva questa impostazione.
  In questa Commissione siamo venuti in diverse audizioni negli anni precedenti, però questa è la prima volta della nuova legislatura, quindi ci tenevamo ad avere un messaggio semplice. Abbiamo portato anche documentazione che mostra tutti i calcoli relativi alla determinazione e alle formule, in maniera che c'è la possibilità di verificare, servizio per servizio, l'aspetto relativo alla spesa e alla spesa efficientata.
  Oggi abbiamo fatto un focus sui comuni, ma se si vanno a vedere i fabbisogni standard di province e città metropolitane in quel caso abbiamo effettivamente fatto un lavoro di efficientamento della spesa, perché quando siamo arrivati a dover dire alla parte politica se la riduzione di risorse, attuata con la legge n. 190, era sostenibile o meno, abbiamo dovuto, necessariamente, abbassare la spesa storica ed efficientarla per vedere se effettivamente le province e le città metropolitane ce la potevano fare a mantenere i servizi nonostante le poche risorse.
  In quel caso poi abbiamo detto alla parte politica che probabilmente quel taglio era eccessivo, tant'è vero che poi sono stati destinati dei contributi particolari per compensare il taglio previsto dalla legge n. 190.
  In questo senso noi abbiamo fatto questo tipo di lavoro. Il decreto legislativo n. 216 affida l'incarico di valutare i fabbisogni standard sulle funzioni fondamentali e sulla spesa corrente. Noi non possiamo guardare alla spesa in conto capitale. È chiaro che quello non è un aspetto indifferente e la questione delle carenze infrastrutturali Pag. 13 è uno dei temi aperti relativamente all'applicazione della legge n. 42.

  VINCENZO ATELLA, amministratore delegato della SOSE. Su questo – se posso aggiungere – la spesa per investimenti, ovviamente, ha degli effetti dilazionati nel tempo. Anche quello comporta un problema. Se l'investimento è stato fatto in passato, me lo trovo, ma valutare ad oggi la spesa per investimenti, che può dare effetti a distanza di anni, diventa metodologicamente un problema.

  MARCO STRADIOTTO, responsabile analisi della finanza pubblica SOSE. Relativamente alla domanda dell'onorevole Grimaldi, e indirettamente rispondo anche all'onorevole De Menech, noi non abbiamo ricevuto incarichi relativamente all'attività di applicazione dell'autonomia differenziata ai sensi dell'articolo 116, terzo comma. Noi ci stiamo limitando alle attività che ci sono state assegnate e che sono la stima dei fabbisogni standard di comuni, province, regioni e città metropolitane.
  Stiamo facendo una stima, e non abbiamo ultimato il lavoro, perché siamo in carenza di guida nella Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Credo che in una delle prossime sedute, appena ci sarà la nomina del presidente, verranno affrontati i temi dei fabbisogni standard delle regioni per le funzioni che oggi svolgono le regioni al netto della sanità.
  Nel giro di qualche mese potremo darvi il quadro complessivo degli enti territoriali, fatta salva la funzione sanità che non ci è mai stata affidata. Sono altri che stanno facendo la standardizzazione, l'attività insomma fatta dal ministero.
  Relativamente alla domanda sulle intese, noi non possiamo esprimere dei giudizi. I costi medi avete visto cosa provocherebbero nei comuni. Quando abbiamo mostrato i comuni divisi per fasce di abitanti e abbiamo messo quella che sarebbe la spesa media, se si mette una livella, sui comuni sarebbe un disastro. Qualcuno inizialmente pensava che la soluzione potesse essere per i comuni quella di definire un costo medio per abitante, ma in realtà la complessità dei comuni, perché prima l'amministratore delegato Atella ha giustamente detto che l'aggregato regionale dà queste indicazioni, ma se andiamo nei singoli comuni ci sono delle situazioni molto più diversificate dove in alcuni casi si coglie esattamente il fatto che c'è un'inefficienza.
  Per chi ha l'opportunità di andare in OpenCivitas, se andate a verificare le performance dei vari comuni, potete vedere che abbiamo diviso i comuni in quattro quadranti, ossia i comuni che danno poco e spendono poco, i comuni che danno tanto e spendono poco, i comuni che danno tanto e spendono tanto e i comuni che spendono tanto e danno poco.
  Nei primi tre quadranti che vi ho raccontato non si può dire se un comune è virtuoso o non virtuoso. Sicuramente, su quelli che finiscono nel quadrante che spendono tanto e danno poco qualche verifica va fatta e qualche possibilità di benchmark rispetto ad altri comuni che invece mostrano, magari, nelle stesse condizioni, di dare gli stessi servizi e spendere molto meno, sono l'opportunità di dare un punto di riferimento sia agli amministratori che al cittadino.
  Noi immaginiamo che un cittadino che si trova con il proprio comune, che magari vede spendere tantissimi soldi sugli affari generali e nulla sull'asilo nido, in teoria dovrebbe stare con il fiato sul collo del proprio amministratore dicendo che tutto sommato le risorse ci sono, ma forse si stanno destinando alla funzione sbagliata. L'obiettivo della trasparenza è anche questo.
  La questione legata alla capacità fiscale è una questione che riguarda marginalmente noi. Però, mentre sui fabbisogni standard riteniamo, fatto salvo l'aspetto dei LEP o comunque di un livello uniforme di servizi, che siamo arrivati vicini all'obiettivo al 90 per cento, perché i livelli uniformi dei servizi incidono per poco meno del 10 per cento della spesa complessiva (sono importantissimi, ma incidono poco rispetto al complesso), sulla capacità fiscale la situazione è molto più distante.
  Non dipende da noi e quello che citava l'onorevole De Menech rappresenta questa Pag. 14situazione. Penso che qualche comune abbia contattato anche voi. Sto pensando ai comuni detti «incapienti», che detta così sembrano i comuni in difficoltà, ma in realtà sono i comuni che hanno un extragettito determinato dal passaggio ICI-IMU e quindi hanno perso tutti i trasferimenti e anzi danno i propri trasferimenti al fondo perequativo per aiutare i comuni più deboli, creando una distorsione rispetto a quella che era l'origine della legge n. 42 che prevedeva che, in realtà, era lo Stato che doveva aiutare i comuni in difficoltà e non i comuni ricchi.
  L'extragettito che ha prodotto l'IMU ha provocato questa distorsione. Non è che solo mettendo a posto le rendite catastali si risolve il problema dei comuni incapienti. Noi abbiamo buttato là anche l'idea di pensare a un'imposta diversa. È chiaro che la seconda casa la possiede chi ha più possibilità ed è giusto che paghi di più. Il problema è capire se quel di più va pagato allo Stato o al comune, perché è là che nasce la distorsione.
  Cito un esempio. Il comune di Portofino che chiede dieci ai propri cittadini e al quale, però, viene prelevato nove, quel Sindaco fa fatica a dire al proprio concittadino che non ha i soldi per sistemare la buca, perché quel cittadino ha dato dieci.
  Di fatto, l'amministratore locale in quei casi si è sostituito allo Stato. Questo è uno dei problemi su cui probabilmente la parte politica dovrà dare delle risposte perché, altrimenti, si rischia di andare in difficoltà.
  Infine, rispetto alla domanda del vicepresidente Presutto, come giustamente diceva prima l'amministratore delegato Vincenzo Atella, senza fabbisogni standard non si riescono a determinare i LEP, perché non siamo in una situazione teorica.
  Abbiamo sempre il problema delle risorse disponibili e l'uniformità è importante, perché, ad esempio, oggi sull'istruzione il servizio di pre e post scuola incide e dà, ovviamente, un po’ di più di fabbisogno a chi ha questo servizio. Ma il pre e post scuola è un servizio fondamentale, che deve essere garantito, o no? Perché, se non lo è, probabilmente è giusto che sia zero in tutto il territorio nazionale. A risorse non illimitate, ma limitate questa è la scelta che occorre fare e non possiamo oggettivamente farla noi dal punto di vista tecnico.
  Da questo punto di vista vi invito a guardare il lavoro che la SOSE ha consegnato al Parlamento e al Ministro dell'economia nel gennaio del 2017, che faceva una fotografia dei livelli delle prestazioni effettivamente erogate nelle diverse regioni a statuto ordinario; regioni intese come territorio.
  In quel caso si prendeva la regione e quello che in quel territorio veniva prodotto dagli enti territoriali (regione, comune, province e città metropolitane). Ci siamo permessi anche di fare degli esercizi, sapendo che siamo con risorse limitate. Alcuni di questi esercizi sono stati interpretati anche male, come se noi pensassimo due livelli differenti di prestazioni, cosa impossibile ai fini costituzionali, ma era per dare alla parte politica il livello eventuale ipotetico e la ipotetica spesa, proprio per darvi tutti gli elementi in maniera da poter decidere.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio per essere intervenuti nella nostra Commissione. Presumo che ci sarà ancora la possibilità, anzi la necessità, nel prosieguo dei lavori, di incontrarci e confrontarci nuovamente. Grazie per la vostra presenza.
  Dispongo che la documentazione prodotta sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.

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