XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Mercoledì 23 gennaio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del presidente di Assobioplastiche, Marco Versari:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 4 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 5 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 5 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 6 
Pagnozzi Carmine , Direttore di Assobioplastiche ... 6 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Pagnozzi Carmine , Direttore di Assobioplastiche ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Ferrazzi Andrea  ... 9 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 9 
Benedetti Silvia (Misto-MAIE-SI)  ... 10 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Briziarelli Luca  ... 13 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 13 
Briziarelli Luca  ... 13 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Benedetti Silvia (Misto-MAIE-SI)  ... 14 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 15 
Lorefice Pietro  ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Versari Marco , Presidente di Assobioplastiche ... 17 

(La seduta, sospesa alle 15.35, è ripresa alle 15.40) ... 18 

Comunicazioni del Presidente:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del presidente di
Assobioplastiche, Marco Versari.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente di Assobioplastiche, Marco Versari, accompagnato dal direttore, l'ingegner Carmine Pagnozzi. Ringrazio entrambi per la presenza.
  La Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti.
  L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento sul mercato illegale delle buste di plastica (shoppers).
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, su loro motivata richiesta, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta.
  Nel caso le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento. Si invita, comunque, a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Invito i nostri ospiti a svolgere una relazione sull'oggetto dell'audizione, al termine della quale i miei colleghi, i membri della Commissione, faranno delle domande.
  Ci tenevamo molto ad affrontare questo tema, vista anche la legge che è entrata in vigore. Il precedente Governo ha fatto un provvedimento coraggioso. Mi riferisco all'iniziativa di far pagare le shoppers e di mettere al bando quelle in plastica. Però, purtroppo, vediamo che c'è ancora una situazione di illegalità.
  Premesso che la shopper migliore è quella riutilizzabile – io infatti la porto sempre con me – quelle usa e getta devono avere determinate caratteristiche.
  Sono andato l'altro giorno a fare la spesa in una nota catena di prodotti per la casa e mi hanno dato questa busta. A occhio mi sembra che non sia a norma. Secondo voi?

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Buon pomeriggio. Ringrazio il presidente della Commissione, la Commissione, i parlamentari presenti per l'opportunità e la possibilità di presentare l'associazione.
  In vista di questo incontro abbiamo trasmesso una documentazione relativamente alla consistenza della filiera. Parlo veramente per un minuto e poi rispondo al presidente. La filiera dei materiali plastici biodegradabili e compostabili è una filiera importante nel settore della chimica nazionale, che ha una storia, ovvero nasce con lo sviluppo della raccolta differenziata della frazione organica nel nostro Paese.
  Grazie al fatto che la raccolta differenziata porta a porta è un modello che viene visto con grande attenzione in tutta Europa, perché è un modello estremamente performante per qualità e quantità, tant'è che diversi Paesi europei lo stanno seguendo, Pag. 4 questo ha permesso di valorizzare il contributo dei materiali plastici, soprattutto partendo dai sacchetti.
  I sacchetti sono serviti per rendere più semplice la raccolta della frazione organica che, bagnata, ha delle caratteristiche ambientali non semplici e fare in modo che questi materiali biodegradabili e compostabili non creassero dei problemi nella raccolta differenziata della frazione organica.
  Questa è stata la ragion d'essere, non dei materiali buoni che andavano a sostituire dei materiali cattivi, non delle filiere buone, ma semplicemente una naturale evoluzione dei materiali plastici che guardava al fine vita e quindi dare delle caratteristiche d'uso di plasticità, elasticità, tenuta d'acqua di un certo tipo e di fine vita coerente con la gestione integrata della frazione organica.
  Di lì poi l'Italia ha fatto un passo molto importante, che è stato quello sulle buste della spesa, che è stato poi seguito dall'Europa attraverso una direttiva che in diversi Paesi europei ha mimato in maniera molto vicina quella italiana, sia sulle buste della spesa sia sui sacchetti ortofrutta che sono entrati in vigore l'anno scorso. Per non parlare poi delle evoluzioni successive sulla direttiva monouso, ma non voglio tediarvi su questo argomento.
  Questa legge, soprattutto in merito alle buste della spesa, ricordo, come diceva giustamente il presidente, che spinge per consumare meno buste, non per passare da buste cattive a buste buone. Stabilisce che bisogna consumare meno buste e usare le borse riutilizzabili, quelle che conoscete benissimo, quelle spesse dei supermercati.
  La legge, però, dice anche che nel caso in cui queste buste non sono disponibili, nei supermercati, nei punti vendita devono essere rese disponibili delle buste che siano biodegradabili e compostabili, riutilizzabili nella raccolta differenziata della frazione organica.
  Questa normativa importante ha permesso un passaggio mediato per l'industria che con il rischio di un taglio completo, un bando completo, avrebbe avuto delle grandissime difficoltà a riconvertirsi. In questo modo, invece, è stato possibile, attraverso la tecnologia dei materiali plastici compostabili e la connessione con la raccolta differenziata della frazione organica, mantenere un tessuto industriale nazionale molto importante che adesso sta operando molto bene anche in altri Paesi europei grazie all'evoluzione delle normative sulle buste della spesa in Francia, in Spagna dal prossimo anno, in Belgio piuttosto che in Austria e così via.
  Sulla consistenza dell'industria vi abbiamo mandato una documentazione. Risponderò a eventuali domande se questo viene reso necessario durante l'audizione.
  Rispondo alla domanda del presidente. Il problema di questa legge è connesso anche ai controlli, alle verifiche e ai controlli, perché solo da quest'anno – stiamo parlando del 2019 – secondo il report che vi abbiamo dato, abbiamo superato il 50 per cento delle buste a norma. Questo significa che oggi fatto 100 il numero delle buste monouso presenti nel mercato, da poco abbiamo superato il 50 per cento. Prima le buste buone erano meno del 50 per cento.
  Visto che oggi circolano 80 milioni di chili di buste della spesa, quasi la metà – stiamo parlando di numeri molto importanti – non sono a norma. Questo a detrimento di filiere industriali trasparenti, legali e a detrimento del fine vita di prodotti che magari riportano mendaci dichiarazioni di conformità alla normativa vigente.
  Nella fattispecie vedo un materiale che riporta in questo caso – nascondo ovviamente il nome della catena – dichiarazioni di biodegradabilità che non sono conformi alla normativa e non riporta le dichiarazioni di conformità previste dalla normativa.
  Tra l'altro, in questo caso viene riportato anche il materiale che è stato utilizzato. Questa è una cosa che siamo abituati a vedere molte volte nel mercato.

  PRESIDENTE. Quindi, riporta la scritta «biodegradabile», inducendo a pensare che sia effettivamente biodegradabile. Si può pensare che sia tutto a posto, invece?

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Magari lo riempie di umido, lo Pag. 5manda all'impianto di compostaggio e l'impianto di compostaggio si trova tanta plastica che poi deve separare, ma separare è quasi impossibile, con una grande quantità di materiale organico che rimane attaccato. C'è, quindi, il rischio non solo di produrre un compost che contiene quantità di impurità superiori a quelle previste dalla normativa, ma c'è il rischio anche di ritrovarsi grandi quantità di scarti che poi devono essere gestiti con grande complessità economica e tecnica da parte della filiera dei materiali biodegradabili.

  PRESIDENTE. La scritta «biodegradabile» si può dire che è falsa in questo caso oppure è biodegradabile, ma non è compostabile? Bisognerebbe fare le misurazioni, le analisi.

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Non vorrei tediarvi, ma rispondo alle domande del presidente. La parola «biodegradabile» non vuole dire niente da un punto di vista tecnico. Tutto è biodegradabile in ere geologiche. La parola «biodegradabile», come la parola «veloce» o come «alto», deve essere connessa a uno standard, a una necessità che ne denoti il perché si sta cercando quella caratteristica.
  «Biodegradabile» nella gestione dei rifiuti di imballaggio significa «compostabile», significa che il materiale deve trasformarsi in anidride carbonica acqua e compost, in tempi determinati, in impianti determinati, che sono gli impianti di digestione anaerobica e di compostaggio.
  C'è uno standard europeo, armonizzato, quindi vale in tutti i Paesi europei, in maniera tale che qualsiasi azienda che a livello europeo intenda operare nel settore delle buste della spesa possa fare riferimento a una parola riconoscibile in tutti i Paesi e che sia certificabile in qualsiasi Paese europeo da parte di enti di certificazione terza. Ovviamente, quando si mette in commercio un materiale biodegradabile e compostabile non si tratta di autodichiarazioni, ma si tratta di materiali che vengono sottoposti alla verifica da parte di enti che hanno per mestiere quello di andare a verificare la conformità con gli standard europei.
  In questo caso, oltretutto, non si cita in maniera corretta la normativa. Quindi, oltre a essere un materiale che ovviamente va mandato ai laboratori che fanno questo tipo di lavori, già al tatto si capisce. Lo spessore, inoltre, è totalmente fuori norma.
  È quello che noi vediamo ogni giorno nel mercato.

  PRESIDENTE. Ho visto che alcune buste in possesso di alcuni commercianti, quasi per bypassare la norma – ma il cliente, il cittadino non lo sa – recano dentro la scritta «Ad esclusivo uso interno». Questo che vuole dire?

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Questa è un'altra cosa molto interessante. Se la stessa intraprendenza venisse dedicata a sviluppare nuovi prodotti, faremmo delle cose veramente straordinarie.
  In questo caso, prima che avvenisse questo, perché adesso non si può fare più, le buste della spesa venivano messe in commercio con la scritta «Per solo uso interno, da non utilizzare per l'asporto merci». Veniva data una busta per asporto merci con la scritta «Da non utilizzare per asporto merci». In questo caso si trasferiva la responsabilità dal produttore all'utilizzatore. Paradossalmente, chi veniva multato era il cittadino che usciva, perché stava usando una busta che gli era stata data solo per fare sport dentro al negozio.
  Ovviamente, la nuova normativa chiarisce che non esistono usi interni ed esterni, ma viene colpita la produzione e la commercializzazione di prodotti non conformi alle normative vigenti.
  Ricordo, tra l'altro, che nella legge di delegazione che è al momento in discussione in Parlamento c'è una parte importante relativa all'entrata in vigore della obbligatorietà della raccolta differenziata della frazione organica entro il 2020, anticipando quello che prevede l'Unione europea con il pacchetto della Circular economy approvato a gennaio dell'anno scorso, che prevede che i Paesi europei debbano fare la raccolta differenziata della frazione organica tassativamente entro il 2023. Pag. 6
  Sempre in questo articolato, che è già presente, intelligentemente, nella legge di delegazione si prevede che gli imballaggi biodegradabili e compostabili rientrino nella categoria delle frazioni organiche e che quindi possono assieme andare agli impianti di trattamento.
  In questo modo c'è un incardinamento tra l'industria dei materiali compostabili e la raccolta differenziata della frazione organica. Questo, per un'industria che guarda all'Europa, che arriverà magari un po’ più tardi, ma arriverà sulla raccolta differenziata della frazione organica, metterà l'industria italiana in una situazione di privilegio avendo già testato produzioni e usi con il modello italiano di raccolta della frazione organica.

  PRESIDENTE. Questo mercato illegale è in mano a qualche criminalità organizzata? Avete studiato il fenomeno? Come si sta combattendo questo fenomeno e cosa possiamo fare noi della Commissione per aiutare a combattere questo fenomeno?

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Ovviamente, non manchiamo mai di denunciare ai vari organismi competenti i casi che ci vengono segnalati direttamente dai nostri associati o indirettamente da chi, in qualche modo, sta seguendo, per esempio, le raccolte differenziate della frazione organica.
  Fra la documentazione che vi abbiamo inviato vi segnalo il rapporto Legambiente di ecomafia, che già in qualche modo evidenzia la connessione tra produzioni e malavita organizzata, quindi prodotti non conformi e malavita organizzata. Nello specifico c'è una rassegna stampa – anche questa vi è stata consegnata – in cui abbiamo messo alcuni articoli, dove, attraverso delle intercettazioni ambientali, vengono citate produzioni di buste.
  Non so se il direttore vuole dire due parole in più anche su questo, su operazioni specifiche di cui siamo venuti a conoscenza.

  CARMINE PAGNOZZI, Direttore di Assobioplastiche. Buonasera, ringraziamo ancora dell'invito e dell'audizione. Il tema della compromissione del mercato attraverso fenomeni che possono ricondurre all'introduzione di aspetti criminali della criminalità organizzata nel commercio delle borse di plastica l'abbiamo ricostruito recentemente con questi quattro articoli che vi abbiamo sottoposto, raccolti dalla stampa, in cui in Sicilia un'indagine ha portato al rilevamento di questa situazione in cui in un'intercettazione viene fatto esplicito accenno alla richiesta tra i due intercettati di indirizzare la compravendita ad una persona che esercitava una pressione sul mercato.
  In Campania, il questore, in un articolo che è apparso sulla stampa locale ad agosto dell'anno scorso, fa esplicito riferimento nell'ambito di indagini della Polizia, dove c'erano stati anche dei conflitti a fuoco, al fatto che i sacchetti per la spesa in plastica sono uno strumento del racket campano.
  A questo si aggiunge poi una situazione che è stata scoperta dalla Polizia locale di Milano nell'ambito di un'indagine, sempre di agosto dell'anno scorso, in cui la compravendita che avviene sempre, per quanto ci risulta di questi fenomeni, a nero porta a un guadagno da parte di chi la esercita di circa il 60 per cento, laddove – ci è stato riferito, è stato scritto in questo articolo – il venditore che al dettaglio andava nei mercati a rifornire i vari operatori da un acquisto fatto all'ingrosso, al nero, di 30.000 euro di merce in 2-3 mesi la rivendeva a 150.000 euro.
  Questo è quello che è stato raccolto da La Stampa e da ultimo un articolo di novembre dell'anno scorso, in cui un'inchiesta giornalistica de La Stampa ha ricostruito tutte queste fattispecie, laddove in questo settore, come dicevamo, ancora circa il 50 per cento dei materiali non è a norma, ma ovviamente, quando parliamo di filiera dell'illegalità, tutti i numeri sono discutibili, perché non c'è un modo di controllarli in maniera precisa, come invece abbiamo fatto come associazione negli anni per ricostruire la filiera della legalità di chi lavora e investe nella produzione di materiali a norma. Pag. 7
  L'articolo che vi abbiamo sottoposto come ultima inchiesta svolta parla di questo giro d'affari di circa 400 milioni di euro in Italia tra nero e clan, che sono interessati ad un fenomeno che nell'oscurità dei mercati e nel dettaglio che avviene spesso all'interno delle realtà rionali o settimanali dei mercati cittadini vedono la distribuzione di materiali non a norma.
  La filiera molto spesso è caratterizzata da soggetti con sospetto di legami con la criminalità organizzata, personaggi che operano a contatto con gli operatori che sono di norma extracomunitari che girano con dei furgoncini che rivendono cash scatole di buste al singolo operatore nell'arco della mattinata, presentandosi all'alba al mercato e andando loro stessi a rifornirsi cash ad un piccolo centro di distribuzione spesso interno alla città oggetto del fenomeno, distributore che si approvvigiona da un distributore più grande, che è fuori da questo ambito territoriale e che a sua volta si rifornisce da produttori che possono essere sia italiani che esteri attraverso l'importazione.
  Il tema quindi è questo della parcellizzazione dei passaggi, in cui ogni momento è caratterizzato da vendita al nero, quindi non tracciabile a livello di indagini di polizia finanziaria. Noi collaboriamo insieme alla Guardia di finanza, ai Carabinieri forestali ambientali e alle Polizie locali nel dare supporto per poter segnalare situazioni di non conformità e, laddove necessario, anche dare supporto operativo nella riconoscibilità dei materiali, mettendo a disposizione anche strumenti di cui l'associazione si è fatta carico.

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Concludo dando alcuni numeri a questo punto. La filiera tracciata oggi vale attorno ai 550 milioni di euro, fa lavorare circa 2.500 persone (ovviamente sono numeri che trovate nel report) e, come avete visto, manca quasi la metà del mercato, quindi una filiera a norma vorrebbe dire una filiera che genera solo per una parte piccola del mondo della trasformazione di materiali plastici (stiamo parlando delle buste) circa 1 miliardo di euro, in questo momento con 250 aziende che sono state monitorate e che operano nel settore in quota parte.
  Ci sono quindi aziende che non lavorano solo per fare buste, sia ben chiaro, ma è una filiera che vale un numero importante di addetti e un altrettanto numero importante di aziende.

  PRESIDENTE. Noi sfruttando i poteri della Commissione di indagine vorremmo (ne abbiamo già parlato anche in Ufficio di Presidenza) renderci utili e approfondire questo argomento, magari facendo con voi un protocollo d'intesa e soprattutto anche con le varie Forze dell'ordine e Polizie locali, perché queste buste vengono diffuse nei mercati e nei negozi.
  Vedo che avete portato una strumentazione. Cosa è?

  CARMINE PAGNOZZI, Direttore di Assobioplastiche. Lo strumento che vi facciamo vedere è un micrometro, è uno strumento banale che misura uno spessore attraverso un meccanismo che con un cursore individua lo spessore della superficie che si va ad analizzare.
  Questo strumento è uno di quelli messi a disposizione dall'associazione alle Polizie locali, ai Carabinieri e al Corpo della guardia di finanza, questo strumento è il primo che può essere utilizzato in campo per discriminare se una borsa di plastica riutilizzabile sia a norma oppure no, perché la legge che disciplina la normativa indica che, se le borse sono certificate compostabili con adeguati marchi e indicazioni sulla compostabilità del prodotto, è quello il criterio per rilevarla a norma, mentre per la plastica non compostabile, quindi la plastica convenzionale, il polietilene, la legge dice che la borsa di plastica deve essere conforme a determinati spessori.
  L'unica discriminante quindi è avere uno strumento che consenta a chi opera in campo di misurare lo spessore. Nel caso di specie, lo strumento sul sacchetto portato all'attenzione misura 18 micron, ovviamente un film in polietilene varia come spessore anche di un micron (un milionesimo di metro), in una parete in plastica lo spessore del film può variare, quindi, facendo Pag. 8 diverse misurazioni, in questa seconda misuriamo 20 micron, comunque lontano dallo spessore di legge previsto per una borsa per uso non alimentare in plastica convenzionale con maniglia esterna di 100 micron.
  È evidente la differenza tra quanto previsto dalla legge per questo tipo di borse, 100 micron, e quanto riscontrato all'atto della misurazione, ossia in questo caso 18-20 micron e, se andassimo avanti, troveremmo qualcosa intorno a quella cifra, quindi 20, 22, 21, lontano però dai 100 micron. Questo è un primo strumento che la Polizia che accerta la fattispecie, quindi Polizia locale, Carabinieri e Guardia di finanza, utilizza per discriminare ed emettere un verbale di contestazione di un illecito.
  Questo riscontro dell'illecito può consentire di risalire la filiera fino a chi ha prodotto il materiale non a norma e quindi di interrompere questo aggravarsi di una situazione anche di carattere ambientale, come diceva bene il presidente sulla questione della compromissione dell'impianto di compostaggio, perché questo sacchetto su cui è scritto biodegradabile prende la persona in contropiede, perché si chiede se vada bene per i rifiuti organici oppure no.
  La Polizia quindi con lo strumento che è qui a disposizione della Commissione può fare una prima indagine; a supporto di questo l'associazione ha stipulato già nel 2015 una convenzione con l'Arpa Umbria, per poter sottoporre, con un plafond determinato di indagini, i campioni prelevati dalle Polizie, dai Carabinieri e dalla Guardia di finanza all'accertamento tecnico di laboratorio, ai fini dell'eventuale sviluppo, in sede sia penale che amministrativa, dell'indagine.
  L'associazione si è fatta carico di stipulare questa convenzione e l'ha messa a disposizione delle Forze dell'ordine.
  L'introduzione della normativa sulle buste per imballaggi e alimenti sfusi prevede, oltre che la biodegradabilità e la compostabilità, anche la rinnovabilità, quindi per imballaggi e alimenti sfusi devono essere utilizzate esclusivamente borse che siano biodegradabili, compostabili e rinnovabili, con un quantitativo minimo di materia prima rinnovabile al 40 per cento.
  La determinazione di questo aspetto, la materia prima rinnovabile al 40 per cento, avviene grazie a una convenzione che Assobioplastiche ha stipulato con Innova Campania, una società consortile cui partecipano solo istituti pubblici come università e istituti del CNR campano, che ci mette a disposizione i suoi laboratori per determinare, anche a fini di contestazione in ambito giudiziario, la presenza o meno di questo contenuto di materie prime rinnovabili al 40 per cento.
  Ad oggi, sono state eseguite delle analisi, i Carabinieri hanno utilizzato questo strumento (sono stati loro che si sono avvicinati ad Innova) e non ci risultano situazioni di non conformità per quanto riguarda chi dichiara il contenuto minimo di materia prima rinnovabile in quelle buste.
  Purtroppo le buste di plastica tradizionale vengono ancora utilizzate all'interno dei mercati per l'imballaggio di alimenti sfusi, quindi per frutta e verdura, e sono quelli i vettori di una contaminazione degli impianti di compostaggio e della compromissione del mercato.

  PRESIDENTE. Innanzitutto c'è stata un po’ di confusione mediatica quando è entrata in vigore la legge anche sul fatto di confondere che cos'è la rinnovabilità, ricordo che si è un po’ confuso il concetto di rinnovabilità. Precisiamo che è una percentuale, ma se volete spiegarlo meglio voi...

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Non so quanto addentro possa andare, il presidente mi fermerà se sto andando oltre sia nel tempo che nelle questioni tecniche.
  Quando si parla del prefisso «bio» collegato alle bioplastiche, si può intendere la materia prima con cui sono state fatte o il fine vita. Le leggi italiane fin dal primo momento sono andate dirette verso il fine vita, cioè si sono preoccupate di avere dei materiali plastici che garantissero percorsi di riciclo collegati con la frazione organica, questo in linea con la Direttiva imballaggi, che prevede, fra i tipi di riciclo degli imballaggi Pag. 9 plastici, il riciclo organico, da cui sono discesi degli standard armonizzati e riconosciuti a livello europeo.
  L'Italia, nel recepimento della direttiva buste della spesa, la cosiddetta «lightweight plastic carrier bag», la 720 del 2015, ha seguito la strada aperta l'anno prima dalla Francia, andando ad individuare l'obbligatorietà sui sacchetti ortofrutta con non solo la caratteristica di biodegradabilità e compostabilità, ma anche sulla presenza di materia prima rinnovabile. I materiali devono essere quindi biodegradabili, compostabili, ma con dei monomeri rinnovabili al proprio interno, quindi alzando l'asticella tecnologica di questi materiali.
  Non entro nel merito del pagamento del sacchetto ortofrutta, perché so che questo ha sollevato forti discussioni, entro sulla risposta tecnica. L'Italia quindi ha una normativa sui sacchetti ortofrutta simile a quella francese, che dice che nel tempo i sacchetti ortofrutta, oltre ad essere biodegradabili e compostabili, dovranno contenere una materia prima rinnovabile in quantità crescente, adesso il 40 per cento, il 50 per cento nel 2020, il 60 per cento nel 2021.
  Stiamo parlando di sfide tecnologiche molto importanti, perché andare a sostituire petrolio con materia prima rinnovabile e da questa estrarre dei mattoncini chimici che possano essere usati nella chimica dei materiali plastici è una cosa sofisticata.
  Questa sfida può essere colta in pochi Paesi, uno dei quali è l'Italia, perché, come dicevo all'inizio della mia prolusione, l'Italia ha nella chimica dei materiali plastici biodegradabili e compostabili una tecnologia, aziende, know how molto forti, che stanno evolvendosi e crescendo proprio seguendo l'evoluzione delle normative europee in tal senso.

  PRESIDENTE. Un'altra confusione che c'è stata a livello mediatico e giornalistico è stata quella di confondere la rinnovabilità, quindi l'eventuale presenza di idrocarburi e petrolio dentro, con la compostabilità. Mi conferma che esistono dei materiali biodegradabili che comunque contengono idrocarburi e petrolio?

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Domanda pertinentissima. Non è la materia prima che determina o delimita il fine vita, ovvero dal fossile possiamo avere dei materiali perfettamente conformi alle normative di biodegradabilità e compostabilità, così come dalla rinnovabile possiamo avere dei prodotti completamente non biodegradabili.
  Faccio un esempio per capirci: prendo dello zucchero, lo fermento, faccio etanolo, lo riduco e faccio etilene, a quel punto faccio un polietilene, quindi 100 per cento rinnovabile, ma non biodegradabile. Viceversa, dal petrolio posso ottenere dei monomeri e dei polimeri 100 per cento fossili, ma completamente conformi alle normative attualmente esistenti in Italia e in Europa sulla biodegradabilità e compostabilità.
  Le due cose si possono quindi incontrare in diverse forme, ma biodegradabilità e rinnovabilità non necessariamente viaggiano sullo stesso percorso, lo possono fare, ma è necessario avere degli standard di riferimento che permettano alle aziende di parlare tutte la stessa lingua.

  PRESIDENTE. Mi scuso, ci tenevo perché c'è stata molta confusione all'epoca, quando è entrata in vigore. Prego, senatore Ferrazzi.

  ANDREA FERRAZZI. Volevo chiedere esattamente questo, la definizione scientifica. Lei adesso ha parlato della questione delle materie bioplastiche, differenziando tra una visione che attiene alla materia prima oppure al fine vita ed è stato molto interessante, ma quando lei parla di rinnovabilità cosa intende dal punto di vista scientifico? E lo stesso quando lei parla di compostabilità, cioè la definizione in senso stretto che lei utilizza.

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Quando noi parliamo di compostabilità, parliamo dello standard EN 13432 definito dal Comitato Europeo di Normalizzazione (CEN), che una volta entrata in vigore la n. 9462, la Direttiva imballaggi, ha ricevuto dall'Unione europea Pag. 10l'incarico di formulare gli standard di riferimento che permettessero l'applicazione della direttiva.
  Ad ogni definizione prevista dalla direttiva di riferimento devono quindi discendere degli standard che vengono definiti dal Comitato Europeo di Normalizzazione. Lo standard EN 13432 definisce le modalità in cui avviene il riciclaggio organico degli imballaggi.
  Questo per quanto riguarda la compostabilità, poi ovviamente sono a disposizione per rispondere se quanto detto è incompleto o necessita di ulteriori approfondimenti.
  Per quanto riguarda la rinnovabilità ovvero la presenza di carbonio organico nel prodotto finito, il metodo è l'EN 16640, che è la misura del carbonio organico che viene usata per datare i manufatti, in quel caso si misura quanto è decaduto il carbonio, in questo si va a vedere quanto carbonio organico c'è rispetto al carbonio fossile.
  Con questo metodo è possibile fare una misurazione precisissima della quantità di carbonio organico che è stato utilizzato per fare una plastica compostabile.

  SILVIA BENEDETTI. Volevo capire una cosa, quanto nella parte illegale delle buste di plastica sia contraffazione e quanto totale devianza dalle normative.

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Anche questa è una buona domanda, nel senso che nel tempo vediamo un'evoluzione della contraffazione. In un primo tempo (stiamo parlando dell'entrata in vigore della normativa) ci siamo imbattuti nei falsi compostabili, cioè quelli che in un modo o nell'altro certificavano, in forme più o meno sofisticate, la loro conformità alla normativa vigente.
  Nel tempo, proprio per evitare la parte penale dell'illecito, abbiamo visto un'evoluzione dei produttori fino a quella attuale, che è la messa in commercio di prodotti del tutto anonimi, che non portano nomi o dichiarazioni. In questo caso l'illecito è banalmente amministrativo e, la multa è molto alta per l'ultimo anello della catena, cioè il commerciante, ma microscopica per chi produce decine o centinaia di tonnellate, perché una multa da 2.500 euro è insignificante.
  Adesso, quindi, troviamo una busta su cui non è scritto niente, ed è difficile risalire al produttore, quindi purtroppo solo attraverso l'indagine nel territorio, solo andando a prendere l'ultimo anello della catena, è possibile andare a fotografare tutta la storia che prima il direttore ha ben raccontato, quindi c'è un passaggio, c'è la comprensione del fatto che è molto più semplice prendersi una multa da poche migliaia di euro mettendo un prodotto anonimo piuttosto che cercare di dimostrare che una busta raggiunge i criteri di conformità previsti dalla normativa, perché in questo caso si rischia molto di più.

  PRESIDENTE. Altra questione, parliamo delle buste biodegradabili. Spesso nelle raccolte dei rifiuti nei vari comuni si mischia una serie di buste che possono essere biodegradabili, non biodegradabili, a norma, non a norma, quando va nel centro di compostaggio, che tecnicamente deve compostare la busta biodegradabile, quali sono i problemi se arriva una busta che non è biodegradabile e comunque quel materiale biodegradabile come viene gestito da quell'impianto e quali sono le problematiche? Spesso visivamente è difficile (mi metto nei panni del cittadino) distinguere il materiale biodegradabile da uno non biodegradabile, però questo è fondamentale per incanalarlo nella filiera corretta.

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Lo scopo del legislatore così come lo scopo del legislatore di oggi nell'operazione di recepimento del Circular economy package di cui parlavo prima è quello di evitare alla fonte che ci sia il problema.
  Questa è la premessa, nel momento in cui tutte le buste monouso sono compostabili, il problema di fare un errore non c'è più, e questa era l'idea del legislatore, evitare all'inizio l'errore. Ricordo anche che il codice ambientale prevede che la raccolta differenziata da parte dei comuni avvenga Pag. 11o senza sacchetti o con sacchetti compostabili, e l'associazione ancora diffida molti comuni italiani che continuano a fare gare di acquisto di sacchetti per la raccolta dell'umido in plastica tradizionale, ma questa è un'altra storia.
  Il problema della presenza nel mercato di buste della spesa non conformi è un problema fortissimo; non lo dice l'associazione, lo dice l'associazione che raccoglie i produttori di compost, cioè il Consorzio italiano compostatori. L'ultimo report che loro hanno pubblicato (anche questo facilmente disponibile in Internet) dice che negli impianti di compostaggio oggi arrivano 120.000 tonnellate di imballaggi in plastica tradizionale e ne arrivano meno della metà in plastica compostabile, quindi oggi negli impianti di compostaggio arriva molta più plastica tradizionale che plastica conforme alla legge.
  Visto che, sempre per i numeri diffusi dal Consorzio italiano compostatori, il fattore di selezione è 4, cioè per ogni chilo di imballaggio non conforme si perdono 4 chili di frazione organica, il fatto che nel sistema della raccolta dell'umido ci siano 120.000 tonnellate di imballaggi di plastica significa perdere mezzo milione di tonnellate di materia prima buona per fare compost.
  Questa è la risposta alla sua domanda; non è tanto il cittadino che non può essere il gendarme e andare a verificare se la parola scritta o la dichiarazione sia conforme o non conforme, è il fatto che in questo momento, come il presidente prima diceva, è necessario riuscire ad operare a livello locale con le Forze dell'ordine che stanno nel territorio, perché oggi il veicolo delle buste non conformi non sono i supermercati, non è la grande distribuzione organizzata perché nella stragrandissima percentuale dei casi la grande distribuzione è la prima ad adeguarsi a questo tipo di normative, non ci sono difficoltà per loro a farlo, il problema è la piccola distribuzione, sono i mercati rionali, il mercato ambulante, dove è complesso fare informazione.
  A volte nelle nostre collaborazioni con le associazioni del commercio ci manifestano la loro difficoltà di interloquire con questa massa immensa, ma nello stesso tempo è fondamentale il presidio del territorio. Noi siamo convintissimi di questo, e l'abbiamo visto nei casi in cui attraverso le nostre denunce è stato colpito il distributore del territorio, perché improvvisamente per qualche settimana spariscono le buste non conformi e arrivano tutti materiali a norma.
  Dopo un certo periodo, se si ha l'impressione che l'attenzione del territorio su questo argomento diminuisca, il guadagno è talmente elevato, come abbiamo visto dalle dichiarazioni, dagli interrogatori, dai verbali, perché quando uno compera a 30.000 a tonnellata e rivende a 150.000, che per molti vale la pena rischiare.

  PRESIDENTE. Una precisazione sulla domanda di prima: mi riferivo non solo alle buste, ma anche alle stoviglie e ai prodotti biodegradabili, quindi dicevo che è difficile spesso stabilire se sia stato conferito correttamente.
  Quando arriva all'impianto del materiale che sulla carta potrebbe essere biodegradabile, ma a volte non lo è, come lei diceva prima, l'impianto come si comporta? È un problema, la busta o la stoviglia non biodegradabile entra comunque dentro la fermentazione? Tecnicamente come si argina questo materiale non conforme?

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Ho compreso la domanda. Ovviamente questo lo potrà fare in dettaglio il Consorzio italiano compostatori, ma mi metto per un attimo il cappello, sono consigliere del Consorzio italiano compostatori, quindi, senza togliere una sola parola a quello che farà il presidente del Consorzio italiano compostatori, i sistemi sono di selezione, quindi si tratta di avere dei vagli in testa o in fondo, quindi o prima che incominci il trattamento o alla fine del trattamento, quindi prima di immettere nel mercato il compost bisogna fare delle vagliature.
  Le vagliature quanto più vanno a togliere la minima parte di plastica, tanto più Pag. 12materiale viene perso, quindi perdere questo materiale significa avere dei costi immensi di gestione di scarti o attraverso le discariche o attraverso l'incenerimento.

  PRESIDENTE. Attualmente tutti gli impianti hanno questo sistema di preselezione o no?

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Non possono non averli, proprio per il fatto che la presenza di manufatti plastici è ancora naturalmente grande. Questa e future leggi, come quella che lei ha citato un attimo fa, la direttiva monouso, si occupano di alcune categorie di manufatti, ma pensiamo all'immensità di altri prodotti. Mi vengono in mente le cialde del caffè, stiamo parlando di miliardi di manufatti. Pensiamo ai tantissimi imballaggi flessibili, ai contenitori della quarta gamma, delle insalate preparate. Fino a che – mi sento di dirlo come presidente dell'associazione – non avremo delle regole di ecodesign che definiranno le caratteristiche di alcuni imballaggi per loro natura collegati al cibo o agli scarti di cibo, il rischio di avere una contaminazione incrociata o della plastica con l'organico o dell'organico con la plastica è inevitabile.
  Mi rendo conto di mettere sul tavolo un problema veramente molto grande, ma se vogliamo pensare a un Paese capace di competere su questioni che non sono solo di mantenimento dell'ambiente, ma di mantenimento dell'ambiente e anche di essere una potenza industriale in grado di competere con prodotti in linea con la gestione dei rifiuti, con la valorizzazione del compost, con la minimizzazione degli scarti, il fatto di avere delle regole o degli indirizzi – mettiamola così – sull’ecodesign permetterà all'industria delle plastiche biodegradabili e compostabili non di seguire una moda, che è il mio grande timore, cioè pensare che la biodegradazione e il compostaggio siano la soluzione di tutti i mali.
  Prima di tutto, dobbiamo sapere che poi ogni prodotto, ogni azione che facciamo, ha delle ripercussioni. Dobbiamo valutare queste ripercussioni. Dobbiamo valutare quali materie prime usare, per quali prodotti. Non è che la biodegradazione sia il passepartout per i comportamenti maleducati. Io credo che nel lungo periodo dobbiamo essere onesti, verso noi stessi prima di tutto. La biodegradazione deve essere pensata come uno strumento per dare una risposta a sistemi integrati di gestione dei rifiuti collegati con l’ecodesign.
  Fare una pacciamatura biodegradabile ha un senso. Fare un film plastico che si usi in agricoltura risolve il problema a un agricoltore che può avere difficoltà a raccogliere un film plastico, in modo da evitare che rimangano dei residui nel suolo. Un paraurti non deve essere biodegradabile, ma riciclabile, e mi devo preoccupare che venga ben riciclato.
  Anche nell'ambito degli stessi imballaggi a contatto con gli alimenti dobbiamo stare molto attenti. Penso alle bottiglie. Le bottiglie in PET, in polietilene tereftalato, si riciclano. La raccolta delle bottiglie e dei flaconi è un sistema performante. A quel punto, qual è il vantaggio nel realizzare una bottiglia...

  PRESIDENTE. Se vengono raccolte.

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Io sto facendo una dichiarazione di principio.
  Una bottiglia biodegradabile risolve un problema. Non è che, invece, si rischi di far sì che una bottiglia biodegradabile finisca nel sistema delle bottiglie tradizionali di riciclo e qualcuno possa pensare che la bottiglia in PET possa finire nell'umido.
  A questo punto – non è una dichiarazione di intenti – dico che in principio è più importante un domani pensare alle capsule del caffè, alle buste del tè. Stiamo parlando di cose che contengono qualcosa che di per sé è una materia prima per fare buon compost. O troviamo il modo di aprire le cialde, pulirle, mettere il caffè da una parte e la cialda dall'altra, o a questo punto poi dovremo ragionare sull’ecodesign e ricevere indicazioni su dove certi manufatti possono avere certe caratteristiche o altre. Anche il contributo ambientale potrebbe essere uno degli strumenti per orientare e non per bloccare.

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  PRESIDENTE. Sicuramente, questo è un problema molto sentito, anche perché attualmente l'utente medio ha una vaschetta che non sa se sia biodegradabile o meno, e spesso tendenzialmente, essendo uguale, la mette, come vedo anche nei grandi eventi, nella plastica, nei contenitori di plastica. Spesso, quel biodegradabile va a finire nella filiera della plastica e la plastica va a finire nella filiera del biodegradabile. Sono troppo simili anche visivamente, attualmente. Questo, per me, è un grosso problema.
  Do la parola al senatore Briziarelli.

  LUCA BRIZIARELLI. Intervengo su due questioni, visto che molte sono state affrontate, per conferma.
  In uno dei passaggi, ha detto che a tutt'oggi ci sono comuni che prevedono gare con shopper in plastica non riciclabile – ho capito bene? – o che non si accorgono della differenza quando vengono presentate le offerte, quindi di fatto facendo dei bandi contrari alla legge.

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Lei ha ben raccolto quello che io ho detto.
  Abbiamo visto entrambe le fattispecie. Abbiamo mandato delle diffide a comuni d'Italia che hanno fatto bandi di acquisto di sacchetti per la raccolta dell'umido in materiale plastico tradizionale, cosa non in conformità con quanto previsto dalla n. 152, articolo 182-ter.
  Molto più sofisticato e direi molto più delicato è il fatto che un comune faccia un bando d'appalto per l'acquisto di sacchetti conformi alla legge, e che invece riceve un prodotto completamente diverso da quanto previsto dall'appalto e da quanto dichiarato. Poi è stata vinta la gara. Più volte abbiamo dato modo di mettersi in contatto con i laboratori dell'Arpa dell'Umbria per fare le dovute verifiche e operare di conseguenza.
  È sempre il tema della legalità, che in questo caso è il vettore di un'industria trasparente. Io credo che ci sia una grande potenzialità di crescita, di competizione, ma solo attraverso delle normative, che in fondo l'Italia sta portando avanti molto bene, e mi riferisco anche alle ultime, della legge finanziaria ultima, che già sta guardando al futuro di nuovi prodotti. Faccio riferimento al comma 802 della finanziaria, se non sbaglio, sulle stoviglie. Sono norme che guardano al futuro in maniera intelligente, cercando di traguardarsi a un futuro non con l'accetta, ma pensando a che cosa c'è in questo Paese.
  Sarà importante, però, vigilare. È bene avere le normative, e noi le sosteniamo; dall'altra parte, abbiamo un immenso bisogno della connessione con la realtà. Questi sono prodotti giovani. Questa è un'industria giovane che si gioca tutta su marchi, loghi, conformità, verifiche. La mancanza delle verifiche fa il gioco di chi, sapendo che il rischio è basso, a quel punto poi mette anche le aziende virtuose davanti a una scelta drammatica: muoio sapendo di essere perfettamente in regola o devo cercare di tirare a campare?
  Questo è quello che non piace mai dover dire quando mi trovo nelle riunioni con i nostri associati, che ci fanno la lista di tutte le cose che a volte succedono, ma devo dire sempre meno. Adesso, dovremmo essere in discesa. Il 50 per cento, l'abbiamo superato. Adesso, speriamo di arrivare al 100 più rapidamente di quanto ci abbiamo messo per arrivare al 50.

  LUCA BRIZIARELLI. Chiedo scusa, la seconda domanda. L'emendamento a cui fa riferimento è a mia prima firma. Peraltro, è anche in corso un affare assegnato in Senato sulla questione relativa alle plastiche e alle bioplastiche, e immagino sarete convocati anche lì.
  Io rimango sul piano Ecoreati, e quindi dei potenziali reati connessi. Mi ha colpito un aspetto in particolare relativo alla qualità e quantità della frazione umida e al rapporto 1 a 4 cui faceva riferimento.
  A questo punto, sarebbe immaginabile e utile che siano fissati dei criteri minimi d'accesso all'impianto per la frazione umida? Nel momento in cui la percentuale di impurità fosse superiore a un tot, dovrebbe essere il compostatore stesso a dire: fermo un attimo; se mi fai entrare questo materiale, poi non sono in grado di garantire Pag. 14 una determinata percentuale in uscita, per cui è interesse anche mio la verifica in ingresso.
  Dall'altra parte, è chiaro che abbiamo in Italia modelli positivi, ma anche modelli negativi sul piano della percentuale degli scarti. È chiaro che non possiamo fermarci all'aspetto formale, per cui faccio girare dentro l'impianto il materiale e, solo per il fatto che ha girato dentro, quello che esce può andare in discarica perché di fatto è rifiuto speciale, cambio il codice; dovrò fissare un livello qualitativo minimo.
  Un'azione di questo tipo potrebbe in parte agire da deterrente indiretto? Va tenuto conto che non possiamo vietare la produzione o l'importazione, perché poi è questa finalità dell'utilizzo dello shopper che non è consentita. Potrebbe essere un aspetto da utilizzare, quello delle percentuali della qualità in ingresso e in uscita dagli impianti?

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Ribadendo le due premesse, che il legislatore italiano si preoccupava di evitare che si arrivasse a questa problematica proprio evitando alla fonte che ci fosse l'errore, e con la seconda premessa che è doverosa la risposta sul punto di vista del Consorzio italiano compostatori, io posso solo raccontare quello che ho letto e che viene detto dal Consorzio: questa è una delle strade che alcuni impianti già stanno intraprendendo, perché è la strada, cioè classificare la qualità dei materiali in entrata.
  Su questo a noi piacerebbe collaborare. Il presidente conosce molto bene la questione del contributo ambientale pagato dai materiali plastici biodegradabili e compostabili che oggi vanno al COREPLA. A noi piacerebbe poter fare in modo che il contributo ambientale pagato dalle bioplastiche servisse per attività dedicate esclusivamente alla connessione tra gli imballaggi compostabili e la raccolta dell'umido.
  A questo proposito, è questa la motivazione che ci ha spinto poche settimane fa a depositare presso il Ministero dell'ambiente – non parlo di Assobioplastiche, ma di alcune aziende che fanno parte di Assobioplastiche – la richiesta di riconoscimento del settimo consorzio di filiera all'interno di CONAI, che nello specifico si possa occupare proprio del fine vita delle bioplastiche. Uno degli obiettivi è proprio quello che ha sottolineato poc'anzi il senatore, di trovare tutti gli strumenti che permettano di dare un valore al contributo delle bioplastiche nella raccolta dell'umido. Aumentando le bioplastiche nel settore dell'umido, diminuiranno quelle che inavvertitamente sono confluite nel sistema del compostaggio e non in quello del riciclo virtuoso della plastica.

  PRESIDENTE. Sono sicuramente d'accordo, nel senso che plastiche e bioplastiche hanno due filiere completamente diverse, quindi è assurdo che siano gestite nello stesso consorzio, o perlomeno una differenziazione è doverosa.

  SILVIA BENEDETTI. Vorrei capire una cosa. Lei ha parlato delle norme. Mi sembra di capire che secondo lei le norme sono ben fatte: si tratta, quindi, solo di una mancanza di ulteriori controlli, di controlli continuativi, che abbiano una funzione deterrente – sappiamo che le norme funzionano se vengono applicate, ovviamente – o c'è qualcos'altro che si può fare per migliorare la parte illegale di questo contesto?

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Nello specifico della legge sulle buste della spesa, che data nella sua struttura attuale al recepimento della direttiva n. 720 del 2015, il Decreto Mezzogiorno, ma aveva una storia partita il 1° gennaio del 2011, è una legge che funziona, che è stata accettata dai supermercati che l'hanno adottata senza grande difficoltà. I trasformatori italiani hanno dimostrato di avere tutte le capacità e le competenze tecniche per mettere sul mercato dei prodotti adeguati.
  La grande difficoltà che abbiamo avuto è stata la nostra incapacità di operare con il territorio per far partire i controlli. Ricordiamo che per chi opera nel territorio una busta è una questione bagatellare; l'insieme delle buste vale, come vi dicevo, Pag. 15quasi mezzo miliardo di euro, vale 250 aziende che operano, vale 2.500 persone che lavorano, vale investimenti, macchine e così via.
  È bene poter mettere in rete chi opera a livello nazionale – Arma dei carabinieri forestali, Guardia di finanza, che devo dire ne hanno di cose importanti da seguire – ma a lavorare nel territorio è chi cammina tutti i giorni negli angoli delle strade, chi parla tutti i giorni con le associazioni locali, che ha la possibilità di trasmettere il messaggio che bisogna informare, dopodiché controllare e, se necessario, colpire.
  Io auspico che questo non serva per colpire il negoziante, che è l'ultimo anello della catena di un sistema, e a volte anche la vittima, ma soprattutto per risalire a tutto un sistema grigio che non c'è. Quando una busta non riporta chi l'ha fatta, come, con quale materia prima, parliamo di un'azienda che non paga IVA, che non paga il contributo ambientale, e ogni chilo di materiale grigio è un chilo di materiale trasparente collegato a un'industria che in questo caso specifico ha fortissime radici nel territorio, in tecnologie, in gente che lavora nel territorio.
  Ricordiamoci che i sacchetti per frutta e verdura, quelli piccoli dei supermercati, fino all'anno scorso non venivano prodotti più in Italia e in Europa, da oltre vent'anni, perché sono prodotti poverissimi dal punto di vista tecnologico, devono costare poco. E l'Europa non è il posto in cui i prodotti costano poco, soprattutto le commodity.
  Oggi, i sacchetti ortofrutta biodegradabili e compostabili si fanno per la gran parte in Italia. È tornato lavoro. Sono tornate macchine di estrusione sofisticata fatte in questo Paese. Questa è stata la forza di questa normativa, perché si è connessa col problema innegabile che abbiamo prodotto troppo, in maniera non coerente con i sistemi di gestione integrata dei rifiuti, e l'abbiamo connessa con la raccolta dell'umido e con tecnologie che stanno in questo Paese.
  L'evoluzione delle normative sull’ecodesign, e in questo senso andava il messaggio che vi ha trasmesso precedentemente, si può fortemente connettere con delle tecnologie, con del lavoro, con delle industrie che non solo lavorano in Italia, ma che potranno lavorare fuori dall'Italia, perché questi stessi problemi li hanno tutti i Paesi che stanno attorno a noi, ce li ha l'Europa, ma non ce li ha solo l'Europa.
  Riuscire ad alzare l'asticella della tecnologia, l'asticella delle regole, l'asticella di quello che chiediamo ai prodotti, è un trampolino di lancio per quello che siamo stati in grado, grazie a queste normative, di provare nella palestra che si chiama Italia.

  PRESIDENTE. Come Commissione vogliamo accendere un faro su questa filiera grigia, come è stato detto e come abbiamo visto, non per colpire il commerciante, che spesso è una vittima del sistema, ma per risalire a monte di questa filiera. Visti i poteri della Commissione e in accordo anche con le Forze dell'ordine, visto che non tutte, soprattutto quelle territoriali, hanno la capacità, la conoscenza e la strumentazione che ci avete fatto vedere prima, se siete d'accordo, facciamo un protocollo e ci lavoriamo insieme.

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Lo facciamo con entusiasmo e raccogliamo quest'invito fin da subito. Assobioplastiche è a disposizione per questo tipo di lavoro a livello sia nazionale sia territoriale.

  PIETRO LOREFICE. Scusate, visto che sono arrivato in ritardo, può essere che la mia domanda sia già stata superata.
  Relativamente al PLA, l'acido polilattico, lo indirizziamo alla filiera del compostaggio o del riciclaggio? Se compostaggio, solo industriale? Chiaramente, nel compostaggio domestico o di comunità penso non si possa fare. Se inserisco un prodotto biodegradabile in una compostiera domestica o di comunità, non so se potrà rispettare i tempi previsti per la maturazione di un compost secondo queste procedure. Grazie.

  PRESIDENTE. Nella mia compostiera domestica diventa biodegradabile. Certo, dipende anche dalla quantità, ovviamente. Pag. 16Se ce ne metto uno, due, tre, va bene. Dipende anche dalla quantità, certo.

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Lei mi fa delle domande che mi spingono a entrare un po’ nel dettaglio. Evidentemente, mi fermerete quando sarà necessario. Andiamo con ordine alle domande che mi ha fatto.
  Prima domanda: riciclaggio organico, riciclaggio di materia plastica. Quando, se non sbaglio nel 2012, il CONAI costituì un gruppo di lavoro a cui parteciparono alcune aziende e associazioni per definire quale fosse il fine vita dei materiali compostabili, il risultato finale del lavoro, presentato nel 2013, se ricordo bene, all'assemblea annuale di European Bioplastics di Berlino, fu che prioritariamente per gli imballaggi biodegradabili e compostabili, e la menzione era relativa in tal modo ai sacchetti shopper e, se ricordo bene, anche alle stoviglie, era quello del compostaggio industriale, ma potevano essere recuperati anche attraverso il riciclo della plastica, e questo dopo aver fatto delle verifiche con il Politecnico e con prove di immissione in quantità rilevanti – stiamo parlando di tonnellate – negli impianti di riciclo della plastica, cioè le piattaforme COREPLA che ricevevano la raccolta della plastica post consumo.
  Tutto questo servì per assoggettare le plastiche biodegradabili e compostabili al contributo ambientale CONAI della plastica, così da farle transitare dal contributo ambientale carta, a cui erano state assoggettate le plastiche biodegradabili fino a quella data, a quello della plastica.
  Il messaggio che venne dato fu che le plastiche biodegradabili e compostabili prioritariamente devono andare al compostaggio, ma possono essere trattate dal sistema della plastica, questo detto dal CONAI. Inoltre, fino al 10 per cento in quantità, potevano essere perfettamente coerenti con i sistemi esistenti di riciclo della plastica. Stiamo parlando del 10 per cento, un numero altissimo rispetto alla quantità di bioplastiche presenti nel mercato.
  Io credo che si debba lavorare sempre più e sempre meglio perché le plastiche biodegradabili e compostabili vadano nell'umido o dovranno pensare e sostenere modelli di proprio riciclo di materia, cosa sempre possibile, e che le plastiche tradizionali sempre meno vadano nell'umido, per evitare in principio la possibilità di contaminazioni. Sono possibili, ma CONAI di questo si era preoccupato. La risposta è quella che le ho dato.
  Noi abbiamo il report, ma da un po’ di tempo non è più nel sito di CONAI. Le posso mandare il report presentato a Berlino, ma nel sito di CONAI non riesco più a trovare quello che le ho detto adesso. La presentazione, però, questa è disponibile, è rintracciabile. In alcuni siti sono disponibili anche le dichiarazioni del direttore di CONAI in questo senso, ma lo studio in quanto tale non sono più capace di ritrovarlo, quindi non glielo posso dare nella sua forma ufficiale. Possiamo dare, però, alcune cose laterali che si trovano.
  Lei pone poi la questione della conformità rispetto ad altre biodegradazioni, se capisco bene.
  Questo è un tema molto delicato. Non è solo una questione collegata al compostaggio di prossimità o domestico. Peraltro, dobbiamo chiarirci se stiamo parlando della compostiera della cucina o di impianti elettromeccanici, che garantiscono dei controlli un po’ più sofisticati... Bene. Questo è suolo e fiume o mare, che sono discussioni molto delicate.
  I materiali compostabili sono stati sviluppati per essere compostabili secondo quanto chiedeva la direttiva sugli imballaggi. Sul fatto che ci sia uno standard sul compostaggio industriale non ci sono dubbi. C'è lo standard.
  Il compostaggio domestico non è normato, al momento, in maniera precisa a livello europeo. Quindi, è difficile poter dare una definizione di quello che avviene nella sua compostiera piuttosto che nella compostiera che il presidente dice di avere a casa sua. Non sapendo bene quali sono le due condizioni, ci sono alcuni istituti terzi che hanno messo a punto un sistema di certificazione sul compostaggio domestico, chiamati home compostable. Ci sono materiali in commercio che sono home compostable. Il PLA (acido polilattico) nello specifico Pag. 17 non le so dire adesso se ha questo certificato come manufatto, ma ci sono nel mercato materiali home compostable.
  Io non amo moltissimo il compostaggio domestico, non perché non mi piace l'idea del compostaggio domestico, ma perché mi piace pensare a sistemi industriali. Mi piace pensare che l'organico possa andare, nella maggior parte dei casi, in impianti in grado di garantire tutte le condizioni affinché questo materiale diventi veramente compost. Capisco anche che chi ha la possibilità di fare il compostaggio domestico possa avere la necessità di mettere alcuni manufatti nella propria compostiera. A quel punto, dovremmo anche pensare se questo è il passo successivo oppure dovremmo fare in modo che gli imballaggi compostabili vadano con l'organico, vadano trattati negli impianti industriali. Ci sono, però, materiali home compostable.
  Ci sono Paesi che stanno pensando – compresa l'Italia – anche a propri sistemi di certificazione dell’home compostability. Quindi, non posso risponderle sul prodotto in quanto tale, ma le posso dire che se lei va nel sito, per esempio, dell'azienda più nota che fa questi sistemi di certificazione, che si chiama TÜV (Technischer Überwachungsverein), che era il vecchio Vinçotte dell'OK Compost, c'è una lunghissima lista di plastiche compostabili in ambiente domestico. Io preferisco la biodegradazione in suolo. Se dovessi dire qual è la frontiera che questi materiali devono andare a cogliere, direi che è quella del compostaggio in suolo, perché è lì che va il compost, è lì che va il prodotto finale. Se noi ci dovessimo, in qualche modo, traguardare verso un qualche cosa di sfidante, dovremmo pensare all'industria della plastica che fa pacciamature che deve garantire un materiale biodegradabile nel suolo. C'è uno standard europeo sul suolo, l'EN 17033, che definisce quando un film pacciamante può essere dichiarato biodegradabile in suolo, in questo caso.
  Adesso c'è un innamoramento, credo malato, secondo me mal guidato dalla direttiva europea sul monouso, che è collegato alla biodegradazione in mare. In qualche modo, la biodegradazione in mare sarebbe il passepartout per qualsiasi prodotto in plastica. Sarebbe come considerare un certificato di biodegradazione in mare un passepartout per poter gettare, non raccogliere, non trattare, non valorizzare, ma buttare nell'ambiente qualsiasi cosa, semplicemente perché? Perché non siamo in grado di gestire una raccolta differenziata? Perché non siamo in grado di valorizzare un prodotto riciclato? Credo che questa sia la testimonianza di un modello malato, in cui si vanno a chiedere ai materiali delle cose che, dal mio punto di vista, non dico «non possono», ma non debbono avere.
  Perché le dico questo? Le deiezioni umane e animali sono biodegradabili. Non mi risulta che possiamo esimerci dal fare impianti di depurazione delle acque e scaricare direttamente nei corpi idrici un materiale biodegradabile compostabile perché, poi, sappiamo che cosa significa accumulare in ambienti, nei corpi idrici dei materiali che si muovono, non stanno fermi.
  Accetto, quindi, la questione collegata alla biodegradazione negli impianti di depurazione. Allora avrebbe un senso. Ragionando in termini di ecodesign, parliamo degli scrubber, delle microplastiche o dei microprodotti che si adoperano nella detergenza.

  PRESIDENTE. Li abbiamo vietati.

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Pensiamo anche a tante altre cose che vanno a finire negli impianti di depurazione. Questa è una soluzione a un problema. Altrimenti, pensare alla biodegradazione come fosse il Santo Graal potrebbe essere un messaggio molto rischioso anche per noi.

  PRESIDENTE. Alla luce di quanto detto, ci vedremo presto. Grazie per la disponibilità.

  MARCO VERSARI, Presidente di Assobioplastiche. Vi ringrazio per l'attenzione e per le domande.

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  La seduta, sospesa alle 15.35, è ripresa alle 15.40.

Comunicazioni del Presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione appena svoltasi, ha convenuto che la Commissione si avvalga della collaborazione a tempo parziale e a titolo gratuito del colonnello dei Carabinieri Maurizio Bortoletti. Ricorda che la presidenza darà corso alle procedure previste per assicurare l'avvio della collaborazione sopraindicata.

  La seduta termina alle 15.45.