XVIII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 9 ottobre 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 3 

Audizione della Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Ambasciatrice Elisabetta Belloni nell'ambito dell'esame della Relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, corredata del rapporto sull'attività di analisi e revisione delle procedure di spesa e dell'allocazione delle relative risorse in bilancio, di cui all'articolo 9, comma 1-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, riferita all'anno 2017 (Doc. CLXIV, n. 7) ( ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento) :
Grande Marta , Presidente ... 3 
Belloni Elisabetta , Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4 
Grande Marta , Presidente ... 11 
Scalfarotto Ivan (PD)  ... 11 
Grande Marta , Presidente ... 12 
Di San Martino Lorenzato Di Ivrea Luis Roberto (LEGA)  ... 12 
Grande Marta , Presidente ... 13 
Boldrini Laura (LeU)  ... 13 
Grande Marta , Presidente ... 13 
Cabras Pino (M5S)  ... 13 
Grande Marta , Presidente ... 14 
La Marca Francesca (PD)  ... 14 
Grande Marta , Presidente ... 15 
Coin Dimitri (LEGA)  ... 15 
Grande Marta , Presidente ... 15 
Zoffili Eugenio (LEGA)  ... 15 
Grande Marta , Presidente ... 16 
Belloni Elisabetta , Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 16 
Boldrini Laura (LeU)  ... 17 
Belloni Elisabetta , Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 17 
Boldrini Laura (LeU)  ... 17 
Belloni Elisabetta , Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 17 
Boldrini Laura (LeU)  ... 17 
Belloni Elisabetta , Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 17 
Boldrini Laura (LeU)  ... 17 
Belloni Elisabetta , Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 18 
Grande Marta , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTA GRANDE

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Ambasciatrice Elisabetta Belloni nell'ambito dell'esame della Relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, corredata del rapporto sull'attività di analisi e revisione delle procedure di spesa e dell'allocazione delle relative risorse in bilancio, di cui all'articolo 9, comma 1-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, riferita all'anno 2017 (Doc. CLXIV, n. 7).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, della Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, l'Ambasciatrice Elisabetta Belloni, nell'ambito dell'esame della Relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale relativa all'anno 2017, corredata dal Rapporto sull'attività di analisi e revisione delle procedure di spesa e dell'allocazione delle relative risorse in bilancio, in corso di esame presso la Commissione, ai sensi dell'articolo 124 del Regolamento.
  Saluto e ringrazio l'Ambasciatrice Elisabetta Belloni, che è accompagnata dal Consigliere Prunas, Capo dell'Ufficio per i rapporti con il Parlamento presso il Gabinetto del Ministro, e dal consigliere Christian Lungarotti, per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
  Come abbiamo avuto modo di rilevare nella seduta del 26 settembre scorso, la Relazione in esame è un documento fondamentale per valutare l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa del Ministero, in un contesto di disponibilità finanziarie e di personale progressivamente decrescenti, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.
  Peraltro, occorre ricordare che nel corso del 2017 agli oneri connessi alle attività di carattere ordinario svolte dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, si sono aggiunti gli impegni finanziari correlati a eventi di carattere eccezionale, quali la presidenza del G7, la presidenza del Processo di Berlino, concernente i Balcani occidentali, e la preparazione della presidenza OSCE per l'anno in corso. Si tratta di un provvedimento che può spiegare effetti significativi sia in vista dell'imminente esame della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanze sia in vista dell'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019.
  Auspico, quindi, che nel corso dell'audizione odierna la Commissione possa acquisire ulteriori elementi conoscitivi, al fine di delineare un quadro completo ed esauriente Pag. 4 dell'azione amministrativa portata avanti dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con particolare riferimento ad alcune questioni emerse nel corso della prima seduta di esame del documento, vale a dire: i profili finanziari e organizzativi degli istituti italiani di cultura; l'efficacia e l'efficienza della rete diplomatico-consolare, anche a fronte dell'impatto delle comunità di connazionali nel mondo in termini di restituzione economico-produttiva; il ruolo della cooperazione italiana allo sviluppo; l'impegno per l'Africa, tenuto conto che il nostro Paese è terzo contributore al bilancio europeo per investimenti nel Continente africano.
  Segnalo che il testo della Relazione è disponibile sulla piattaforma documentale GeoCom.
  Do ora la parola all'Ambasciatrice Belloni.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, presidente. Innanzitutto vorrei sottolineare l'onore che mi fate nel voler audire il responsabile di questa amministrazione, per noi assume un valore molto particolare.
  Personalmente, ho sempre ritenuto estremamente utile il dialogo anche a livello di amministrazioni con la Commissione e con il Parlamento in genere, perché offre a noi amministrazione l'occasione per sottolineare alcuni aspetti che, dall'ottica del funzionamento della macchina, ci sembrano particolarmente importanti e non sempre vengono percepiti come tali dall'autorità politica e, quindi, dal Parlamento. Dall'altro lato, credo che sia utile anche per noi comprendere come il Parlamento si orienta su alcuni temi specifici che poi l'amministrazione deve attuare.
  Prima di entrare nel merito delle questioni specifiche di bilancio, anche in una prospettiva di approvazione dei nuovi finanziamenti, credo sia utile sottolineare il contesto nel quale il Ministero opera. Si tratta di un quadro internazionale – non sono io a dovervelo dire – particolarmente complesso, che vede la Farnesina confrontarsi naturalmente con una molteplicità di attori statuali e con una molteplicità di organizzazioni internazionali.
  Tuttavia, oltre a queste funzioni classiche, siamo tenuti a prendere sempre più in considerazione una serie di nuove entità, che vanno dalle grandi multinazionali alle imprese, dai gruppi di pressione di varia natura ai gruppi armati, dai gruppi terroristici alla criminalità organizzata, ai trafficanti di esseri umani e quant'altro. Si tratta di realtà che noi dobbiamo tenere in considerazione nell'ambito del nostro lavoro. Nel fare questo, siamo tenuti non solo a promuovere il dialogo e a comprendere con spirito di apertura queste realtà, ma credo che si chieda alla Farnesina anche una notevole dose di flessibilità e di adattamento nell'interlocuzione con queste diverse entità.
  In questo contesto, qual è il ruolo della diplomazia? Ovviamente è un ruolo di raccordo, di analisi, di valutazione e di interpretazione delle realtà, ma al tempo stesso si domanda sempre più alla Farnesina di essere propositivi, cioè di mettere il Governo di turno in condizione di avere tutti gli elementi per poter assumere la responsabilità politica di indirizzo. Certamente si tratta di un settore che noi sentiamo molto forte alla Farnesina, soprattutto nel Consiglio di amministrazione, cioè nel vertice, che è tenuto ad assumere la responsabilità di mettere il Governo in condizione di avere diverse opzioni, assumendo poi il Governo stesso la responsabilità dell'indirizzo. Noi siamo tenuti a dare la chiave di interpretazione, l'analisi, ma al tempo stesso la sintesi, delle realtà con le quali ci interfacciamo.
  Voglio subito dire una cosa che ritengo particolarmente importante. Questa nostra funzione ha efficacia nella misura in cui noi manteniamo – ed è un appello che faccio anche alla Commissione – il valore aggiunto che la Farnesina ha, che è quello di avere una rete diplomatico-consolare e culturale estremamente estesa. Siamo fra i Paesi al mondo con il maggior numero di strutture all'estero, che sono 302, nonostante una spending review degli anni passati che – mi pare – a partire dal 2008 ha portato alla chiusura di sessanta strutture. Pag. 5Questo valore aggiunto si deve coniugare con una capacità degli uffici centrali della Farnesina di raccordo e di invio di indicazioni e direttrici politiche. Il fatto di essere presenti su un numero così ampio di realtà nel mondo costituisce sempre un enorme valore aggiunto.
  Voglio subito dire che, a fronte di una spending review del passato che ha portato alla chiusura di moltissime sedi, la Farnesina ha cercato di reagire con i mezzi a disposizione, con una politica che all'epoca – io ero direttore del personale in quel momento – io definii di riorientamento della rete diplomatica consolare. Cosa vuol dire? A fronte di un'esigenza di spending review, cioè di chiusura di sedi, quello che abbiamo cercato di fare è stato sottoporre al Governo delle scelte che rispondevano alle esigenze di spending review e di chiusura nei luoghi che ritenevamo strategicamente meno rilevanti per gli interessi nazionali, ma al tempo stesso proporre una riqualificazione e delle aperture in nuove aree del mondo che emergevano sempre più come fondamentali per l'attuazione della tutela degli interessi italiani all'estero. Dunque, chiusure sì, ma al tempo stesso riorientamento e riqualificazione delle sedi che più possono portare beneficio alle linee strategiche di politica estera del nostro Paese.
  Questo ovviamente rientra nell'ottica di dare attuazione al compito principale del Ministero: quello di promuovere gli interessi nazionali. Sul piano internazionale vuol dire non soltanto dare attuazione alla linea strategica stabilita dal Governo ma, come dicevo prima, contribuire, prima ancora di attuare, alla definizione di queste linee strategiche.
  Fare questo vuol dire produrre sicurezza e stabilità per il nostro Paese. È un'azione che noi dobbiamo portare avanti sia sul piano multilaterale e internazionale che sul piano dei rapporti bilaterali con gli Stati, per cercare di rendere sempre più efficace la governance del sistema internazionale. Cosa vuol dire? Lo vediamo moltissimo oggi con il dibattito che, ad esempio, si sta articolando sulla nostra posizione nell'Unione europea. Vuol dire contribuire alla formazione delle regole del gioco, perché è troppo facile dire che dobbiamo attenerci all'attuazione delle regole che sono stabilite nei contesti internazionali; è fondamentale giocare un ruolo incisivo nella definizione delle regole del gioco, che devono essere sempre più idonee a promuovere gli interessi nazionali.
  Questo è vero nei grandi contesti multilaterali, come le Nazioni Unite, l'Unione europea e la stessa NATO, ma è vero anche nei contesti multilaterali più settoriali, quali l'OSCE di cui abbiamo attualmente la presidenza.
  Sul piano bilaterale naturalmente vi è la promozione di quello che alla Farnesina chiamiamo il «made in Italy», cioè un concetto che cerca, con una parola molto usata e forse non sempre adeguata, di fare sistema-Paese, per promuovere da un lato certamente l'economia, quindi le imprese di varia natura, ma dall'altro soprattutto la lingua, la cultura e la scienza che il nostro Paese è in grado di esportare.
  Non ho menzionato finora quello che secondo noi è uno dei compiti più importanti e che assume una crescente rilevanza: quello dei servizi che forniamo ai cittadini all'estero. Mi riferisco sia ai cittadini italiani che anche temporaneamente si recano all'estero, anche semplicemente in vacanza, per non parlare dei casi più eclatanti che interessano una struttura specifica della Farnesina, quale l'Unità di crisi; sia, soprattutto, ai servizi che forniamo ai 5,6 milioni di italiani iscritti all'AIRE.
  Parlo di 5,6 milioni, che è una cifra sufficientemente rilevante per far capire il tipo di impegno del servizio che dobbiamo fornire, ma sapete benissimo che è una cifra che potenzialmente può essere triplicata o quadruplicata, a seguito della famosa legge sulla cittadinanza che prevede lo ius sanguinis. Arriverò a breve su questo tema specifico.
  Parliamo, quindi, di un contributo alla sicurezza e alla stabilità del nostro Paese che va al di là del compito tradizionale della difesa della sovranità italiana o del territorio. Si tratta di un lavoro molto più complesso, per i motivi che ho spiegato e soprattutto perché dobbiamo cercare di Pag. 6tutelare l'interesse italiano contribuendo alla sicurezza in un contesto di aree di crisi sempre più esteso.
  Va aggiunta a tutto questo la gestione del fenomeno migratorio. Ovviamente la competenza primaria è del Ministero dell'interno per quanto riguarda gli arrivi in Italia, ma è del tutto evidente che in termini di contrasto al traffico e di contrasto all'immigrazione illegale è una materia che oggi ci impegna su tutti i fronti, non solo nei rapporti con l'Unione europea, ma anche nei rapporti con i Paesi di transito e i Paesi di origine.
  Naturalmente questo mi porta a ribadire una volta di più l'importanza prioritaria che riveste il nostro impegno nei confronti dell'Africa, sia sul piano bilaterale sia sul piano del lavoro che dobbiamo svolgere nei contesti internazionali e soprattutto nell'ambito dell'Unione europea.
  È per questo motivo che recentemente abbiamo fortemente voluto il Fondo fiduciario per la lotta alle cause dell'immigrazione irregolare e abbiamo contribuito al trust fund che chiamiamo «La Valletta» con una cifra notevole (112 milioni), perché riteniamo che queste dotazioni finanziarie siano fondamentali per affrontare le cause profonde dell'immigrazione cercando di agire su due fronti: quello del lungo termine, quindi le cause, e quello dell'emergenza che si affronta, invece, in questi giorni.
  I fondi di cui si è dotato il Ministero negli anni passati, per i quali è previsto uno stanziamento anche nel nuovo Documento di economia e finanze, vengono utilizzati in conformità a un atto di indirizzo e a un atto di programmazione definiti con un decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Noi siamo tenuti ovviamente a darvi attuazione conformemente alle linee programmatiche definite con decreto del Ministro.
  Per vostra informazione, nel 2017 i fondi erano 150 milioni, nel 2018 sono scesi a 30 e risaliranno nel 2019, secondo le previsioni del Documento di economia e finanze, a 50 milioni.
  Vorrei sottolineare che il Ministero in passato aveva la possibilità di recuperare una quota parte delle risorse che – passatemi il termine forse semplicistico – guadagnava. I servizi che noi forniamo ai 5,6 milioni di italiani all'estero naturalmente sono servizi che creano entrate. Basti pensare ai visti che rilasciamo ogni anno, che mi pare siano 1,6 milioni o forse anche di più, che generano ovviamente entrate. In passato avevamo la possibilità di ricorrere alla riassegnazione delle maggiori entrate consolari, che venivano chiamate «differenziali». Questo permetteva naturalmente di incrementare le risorse a disposizione, che impiegavamo a nostra volta per aumentare i servizi che fornivamo ai nostri cittadini.
  Attualmente la Farnesina non beneficia più direttamente di questa quota parte degli oltre 150 milioni che produceva in termini di entrate finanziarie. Il bilancio 2017-2019 ha neutralizzato l'applicazione delle norme che consentivano di riacquisire in bilancio una parte delle maggiori entrate riscosse grazie all'operato degli uffici consolari.
  Allo stesso modo, non possiamo più ottenere la riassegnazione degli introiti derivanti dalla vendita degli immobili. Questo era un punto sul quale noi insistevamo, perché ci consentiva di ristrutturare alcuni degli immobili che altrimenti andavano dismessi, facendo abbattere gli oneri di affitto. Comunque, buona parte di quello che è stato fatto in passato ci ha consentito tutto sommato una riorganizzazione. Speriamo adesso, con gli aggiustamenti in legge di bilancio, di avere le risorse necessarie per portare a compimento quest'opera di razionalizzazione della spesa e soprattutto di messa a frutto degli immobili che abbiamo a disposizione.
  Per quanto concerne il bilancio, lo conoscete meglio di me, perché ho visto che ci sono state diverse audizioni e che avete già approfondito molti aspetti. A me preme lasciarvi una scheda molto semplice, nella quale credo si capisca perfettamente come è strutturato il bilancio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Peraltro, tengo a sottolineare che, proprio a seguito di un dibattito che c'era stato Pag. 7con alcuni gruppi parlamentari, il Ministero aveva fatto due esercizi particolarmente utili. Il primo era quello di lavorare per pubblicare il cosiddetto «bilancio trasparente». Adesso lo si può trovare on line ed è un bilancio che può essere letto ricavando la destinazione della spesa, cioè che cosa si fa con i fondi a disposizione. L'altro esercizio che avevamo fatto, su sollecitazione del Parlamento, era quello di studiare la possibilità di applicare alle amministrazioni pubbliche italiane il cosiddetto «bilancio zero». Vi assicuro che è stato un esercizio abbastanza complicato, svolto in stretto raccordo con il Ministero dell'economia e finanze – chi l'ha chiesto forse si ricorderà di che cosa si tratta – che, però, ha dimostrato tutto sommato che il bilancio attuale del Ministero degli esteri consentiva di spendere meno. C'erano state molte resistenze all'estero, perché obiettivamente era un esercizio che richiedeva parecchie energie, però credo sia stato utile accettare questa sfida, perché si è dimostrato che il sistema attuale consente un risparmio rispetto all'approccio dettato dal bilancio zero.
  Quello che mi preme sottolineare del bilancio del Ministero degli esteri è che, se ci si diverte a guardare le statistiche, teoricamente è aumentato. Vi dico subito una cosa: non è vero, perché c'è stata una partita di giro dal Ministero dell'economia e delle finanze, soprattutto nel momento delle grosse spending review. Una linea di bilancio dedicata al FES (Fondo europeo per lo sviluppo), ovvero ai fondi per la cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea, è stata tout court trasferita dal bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze al bilancio del Ministero degli esteri, quindi c'è stata un'impennata, come se il Ministero degli esteri avesse avuto più fondi. In realtà, è una partita di giro, perché da noi c'è un assegno che viene trasferito a Bruxelles, dove i fondi vanno per attività ovviamente più che necessarie.
  Pertanto, non c'è stato un aumento del bilancio del Ministero, che diligentemente ha sempre ottemperato agli obiettivi di risparmio della spesa pubblica che di volta in volta le varie leggi finanziarie chiedevano, così come abbiamo fatto quest'anno. Ci hanno chiesto dai 30 ai 35 milioni, a seconda dell'anno di riferimento della legge triennale, e anche quest'anno ottempereremo a questo risparmio della spesa.
  Anche quest'anno nel Documento di economia e finanze vi è una diminuzione del 3 per cento come obiettivo di risparmio. Il Ministero degli esteri per la sua quota parte raggiunge l'obiettivo.
  Il bilancio del Ministero, però, al di là delle cifre, è un bilancio rigido. Questo è un punto che io ritengo fondamentale e scusatemi se tutti gli anni lo ribadisco in Commissione. Cosa vuol dire che è un bilancio rigido? Parliamo del 2018, ma le cifre cambiano poco nel 2019. Noi abbiamo 2,6 miliardi. Di questi 2,6 miliardi, 514 milioni sono destinati all'aiuto pubblico allo sviluppo, quindi non arrivano nemmeno nel bilancio del Ministero, perché dopo la riforma della legge n. 49 del 1987 vanno all'AICS (Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo), almeno per la maggior parte. Sapete benissimo che il nostro Paese si è impegnato a una politica di riallineamento dell'aiuto pubblico allo sviluppo, con l'obiettivo di conseguire lo 0,5-0,7 del PIL. È, quindi, evidente che sono fondi che non sono comprimibili.
  Abbiamo poi i famosi 470 milioni del FES. Si tratta di una partita di giro, un contributo obbligatorio, quindi non lo possiamo contare. Abbiamo poi 591 milioni (quasi 600 milioni), che sono contributi obbligatori alle organizzazioni internazionali, che non possiamo toccare. Inoltre, abbiamo 6 milioni di euro per oneri inderogabili, 30 milioni per il Fondo Africa, 45 milioni per contributi a enti e organismi. Abbiamo spese di personale di ruolo per 230 milioni. Ci rimangono 197 milioni di spese di funzionamento e di investimento. Quando si fa una spending review, si può fare solo sui 197 milioni, non si può fare sui contributi obbligatori.
  Ve lo dico semplicemente per sottolineare la rigidità del bilancio del Ministero degli esteri, perché quando si incide su una struttura che ha una percentuale così elevata di contributi obbligatori e di partite di giro ovviamente l'effetto è molto più evidente. Pag. 8 Con questo ovviamente io tiro l'acqua al mio mulino – non lo voglio negare – perché è mio compito difendere le strutture che gestiamo, però credo che questi siano dati veramente oggettivi. Ho preparato una serie di copie del grafico con la ripartizione del bilancio, se siete interessati, ma vi invito anche a consultare il bilancio trasparente, perché è molto chiaro.
  In questo contesto, parlando di risorse, io dico sempre che le risorse finanziarie alla fine sono gestibili, perché almeno nella mia esperienza, ormai lunga, anche nel dialogo con il Parlamento, non ho mai trovato dei pregiudizi tali da costringere l'amministrazione a soccombere. C'è stato un dialogo costruttivo, che ha consentito alle parti di trovare una mediazione tra risparmio, maggiore efficienza e convergenza verso degli obiettivi.
  Pertanto, le risorse finanziarie, benché mi corra l'obbligo di dire che abbiamo raggiunto delle soglie ormai non più comprimibili, non sono il problema stratosferico che si potrebbe pensare, né voglio fare una difesa d'ufficio senza avere delle motivazioni sostanziali.
  Il tema di cui, invece, faccio veramente una questione di principio è quello delle risorse umane. Sono troppi anni che si blocca il turnover. Nel 2008 il nostro personale di ruolo era di 4.852 unità, mentre oggi siamo a 3.789. Se pensate soltanto alla carriera diplomatica, noi siamo un terzo dei francesi e credo che i tedeschi siano quattro volte più di noi.
  Di conseguenza, se vogliamo realisticamente confrontarci con i nostri partner, ma soprattutto con i nostri competitor, perché oggi il mondo internazionale è diventato sempre più competitivo, sia dal punto di vista della definizione delle famose regole del gioco, sia dal punto di vista della capacità dei mercati emergenti e delle economie che più si interfacciano con le nostre, dobbiamo avere risorse umane preparate – lo sottolineo – per essere ugualmente competitivi.
  In che modo cerchiamo di essere efficienti a fronte di questo quadro? Innanzitutto, per quanto riguarda le retribuzioni abbiamo puntato sul risultato: tanto più produci, tanto più hai diritto a dei riconoscimenti anche in termini stipendiali. Abbiamo cercato di riqualificare le aree funzionali con il cosiddetto «profilo unico». Non è stato sempre facile, perché le opposizioni dei sindacati sono note. In sintesi, ciò vuol dire maggiore flessibilità nell'impiego. Questo è vero, non tanto per Roma, quanto per l'estero, perché nelle piccole sedi, dove abbiamo due o tre persone di ruolo, è del tutto evidente che devono essere flessibili nell'attribuzione delle competenze. Se fai una volta l'amministrativo, devi poter fare anche i visti e quant'altro, se necessario; se fai le fotocopie, devi rispondere anche al telefono. Lo semplifico per dare l'idea di che cosa vuol dire «profilo unico».
  Abbiamo fatto una riforma delle retribuzioni. Lo abbiamo fatto per essere trasparenti, perché rispetto a un sistema forfettario che vigeva nel passato oggi abbiamo voluto chiamare le cose come si chiamano: da un lato, lo stipendio e l'indennità per quando vai all'estero; dall'altro, il rimborso spese, il rimborso per la casa, il rimborso per le scuole dei figli, un fondo per la rappresentanza totalmente separato dalla gestione individuale, ma gestito dai contabili dell'ambasciata, per le attività di promozione che ogni Paese fa all'estero.
  In questo contesto, è fondamentale quello che si chiede nel nuovo Documento di economia e finanze, cioè l'avvio di un programma di assunzioni che consenta di compensare, sia pure non al 100 per cento, il blocco del turnover che abbiamo avuto fino adesso, consentendo almeno una significativa immissione nei ruoli di persone che possano garantire la copertura di quelli che oggi noi riteniamo posti indispensabili.
  Vi è un altro settore sul quale mi permetto una nota di delusione per quello che è stato fatto in passato: la formazione è fondamentale, soprattutto per chi deve operare all'estero. Forse non sarò in sintonia con chi ha voluto fare la riforma del passato. In passato è stato abolito l'Istituto diplomatico, noi non abbiamo più la scuola di formazione del Ministero degli esteri. L'Istituto diplomatico formava, dalle categorie Pag. 9 più basse alle categorie più elevate, il personale che si accingeva ad andare all'estero.
  Personalmente sostengo che sia un obbligo delle amministrazioni garantire questo tipo di formazione, perché chi va a fare i visti all'estero o chi va a fare la contabilità all'estero assume delle responsabilità e dei rischi e, quindi, ha diritto di essere formato. Senza entrare in questo dettaglio, credo che sia fondamentale garantire la formazione di chi si reca all'estero. Attualmente ci si deve affidare alla SNA (Scuola nazionale dell'amministrazione). Non ho nulla contro la SNA, anzi, però non è la stessa cosa formare un dirigente del Ministero della salute e un dirigente del Ministero degli esteri. Aver abolito la scuola di formazione del Ministero degli esteri, che peraltro costava – mi pare – 600.000 euro l'anno, quindi non una cifra stratosferica, trovo che sia un errore e una mancanza di lungimiranza e di visione, proprio per garantire quell'efficacia e quell'efficienza che oggi voi siete chiamati a giudicare. Infatti, tanto più sei preparato a fare il tuo mestiere, tanto più riesci a rendere efficace l'azione che tu svolgi.
  La riduzione delle risorse c'è stata, come vi dicevo, ma c'è anche da parte del Ministero degli esteri una notevole assunzione di maggiori responsabilità attraverso gli strumenti che vi ho appena delineato e – credo che questo sia sotto gli occhi di tutti – un ampliamento rilevante delle attività che il Ministero stesso oggi deve svolgere. Pertanto, mi sentirei di affermare che la diminuzione delle risorse non ha certamente comportato minori servizi, anzi credo che attraverso queste azioni che hanno puntato sull'efficienza della nostra azione si sia riusciti finora a pareggiare i conti e a far fronte alle realtà.
  C'è un punto che vorrei sottolineare. Io credo che il Parlamento abbia anche il dovere di tutelare i funzionari che assumono queste responsabilità. Questo è un tema che io sento molto forte, non solo perché nella mia carriera ne ho assunte parecchie, ma perché vedo come operano i miei colleghi all'estero. Vi faccio un esempio su tutti. Voi sapete che la legge sulla cittadinanza è una legge che riconosce la cittadinanza a tutti coloro che possono dimostrare di avere come antenato un italiano dopo il 1860. Potenzialmente, quindi, noi abbiamo mezza America latina che non deve chiedere, ma è italiana. Si tratta soltanto di dimostrare l'italianità attraverso una documentazione.
  In alcune parti del mondo noi siamo sommersi da richieste di cittadinanza italiana. La legge stabilisce che dopo un certo periodo il funzionario pubblico è tenuto a rispondere. Adesso, con il nuovo decreto che è passato, abbiamo prolungato questo periodo. Se un consolato, che ha dieci persone in organico, ha 600.000 domande solo di cittadinanza, oltre a tutto il resto (gli atti notarili, i battesimi, le registrazioni, i passaporti, i visti e quant'altro), è del tutto evidente che non riesce a rispettare i tempi. La morale è che stanno cominciando ad arrivare le denunce. Ne rispondono personalmente il console e il viceconsole.
  Io credo che noi abbiamo il dovere di tutelare questi funzionari, perché non ce la possono fare materialmente. È una legge che estende talmente tanto la cittadinanza che è del tutto evidente che non ce la possono fare. Noi oggi cominciamo ad avere difficoltà a ricoprire quelle sedi, perché ovviamente i rischi sono tanti e se ne risponde in proprio, non come amministrazione evidentemente.
  Abbiamo apportato una modifica, che è passata recentemente, che estende un po’, ma anche estendendola o si trovano dei provvedimenti più incisivi o è del tutto evidente che non facciamo altro che posticipare di qualche tempo il problema.
  Questo è uno dei motivi per cui, nell'ambito delle misure che chiediamo per la prossima finanziaria, vi è l'aumento del personale locale, anche se – sia chiaro – non è con un aumento di tot persone che si riesce a risolvere in toto il problema. I cosiddetti «contrattisti» sono certamente importanti, però sottolineo che, mentre il funzionario di ruolo fa un concorso e presta giuramento alla Repubblica, i contrattisti non sono personale di ruolo, quindi sono utilissimi per quel tipo di mansione, ma teniamo presente che sono i funzionari Pag. 10di ruolo, per i quali chiediamo un aumento, che devono risponderne e che sono autorizzati – credo giustamente – a mettere una firma, perché se hai fatto un concorso e hai giurato fedeltà alla Repubblica poi ti assumi anche le tue responsabilità.
  Naturalmente chiediamo anche la possibilità di continuare con un numero pari a trenta unità annue, quindi un numero abbastanza ridotto, il concorso diplomatico, perché altrimenti non possiamo fare nemmeno il concorso diplomatico.
  Una questione molto importante sulla quale abbiamo lavorato per rendere più efficace l'attività del Ministero degli esteri è quella della digitalizzazione dei servizi consolari. È stato inaugurato il cosiddetto «portale IT» per l'iscrizione online all'AIRE e per le modifiche degli indirizzi nei Paesi esteri. È già operativo in cento sedi e lo stiamo ovviamente estendendo a tutta la rete. Il vantaggio di questo sistema è che le pratiche nascono all'origine digitali, quindi produrrà anche degli effetti moltiplicatori dell'efficacia della nostra azione.
  A breve la Farnesina – è una questione di settimane – aderirà al Sistema pubblico di identificazione digitale (SPID). Stiamo anche studiando l'adesione alla piattaforma Pago-Pubblica Amministrazione per consentire il pagamento delle percezioni consolari direttamente in via digitale. Ovviamente è uno studio un po’ complesso, perché dovendo effettuare il pagamento all'estero è più complicato, però ci arriveremo.
  Abbiamo dotato i consoli onorari, figure che non sono né di ruolo né retribuite, degli strumenti per il rilevamento dei dati biometrici e questo ovviamente facilita moltissimo il lavoro, perché consente all'italiano che è residente in località dove non è presente una struttura istituzionale del Ministero di consegnare i dati biometrici al console onorario, il quale poi ce li trasmette direttamente.
  C'è poi un'ultima fattispecie, che è quella dell'esternalizzazione dei servizi dei visti, cioè il cosiddetto «outsourcing» per i visti, che sono in crescente aumento: 1,85 milioni di visti rilasciati ogni anno. Parliamo di entrate consistenti, ma anche di un numero di pratiche delicate, perché in alcuni casi abbiamo avuto purtroppo diverse criticità, che richiedono molta attenzione da parte dei funzionari.
  Abbiamo poi le cittadinanze, che sono aumentate del 20 per cento, e i passaporti, che sono aumentati del 50 per cento. Rilasciamo 350.000 passaporti all'anno. Se ci pensate, rispetto al numero esiguo di funzionari che si trovano nelle sedi estere, è una cifra molto elevata. L'esternalizzazione dei servizi in outsourcing aiuta perlomeno la raccolta dei dati necessari, che poi vengono esaminati dai nostri funzionari.
  Non sto a elencarvi le singole misure che abbiamo chiesto nella legge di bilancio. Attiro soltanto l'attenzione sui temi sui quali ci siamo concentrati: le assunzioni del personale di ruolo e del personale contrattista; la partecipazione italiana all'Expo, perché è un obbligo (abbiamo deciso di aderire e, quindi, dobbiamo avere le risorse per potervi partecipare); una decina di milioni per la manutenzione straordinaria e le misure di sicurezza delle nostre sedi all'estero; il fondo per le migrazioni (i 50 milioni a cui facevo riferimento prima).
  Abbiamo poi chiesto un adeguamento delle disposizioni in materia di indennità di servizio all'estero. Vi dico subito che non è previsto uno stanziamento, non chiediamo soldi. Ci tengo a dirlo, perché anche all'interno della Farnesina me lo chiedono. Non è un finanziamento, ma sono adeguamenti normativi necessari per correggere alcune disposizioni che semplicemente vanno corrette, quindi è a costo zero.
  Inoltre, chiediamo alcune modifiche ordinamentali al Documento triennale di programmazione e di indirizzo e alla Relazione sulle attività di cooperazione allo sviluppo. Anche in questo caso si tratta di un aggiornamento per quanto riguarda le scadenze di presentazione dei documenti.
  Questo è in grandi linee quello che viene chiesto. Come vedete, non sono né grandi cifre né grandi temi. Sono ovviamente disponibile a rispondere a qualsiasi quesito. In conclusione, il messaggio che la Farnesina sta cercando di trasmettere è che noi vogliamo puntare sulla qualità del servizio che forniamo, sulla formazione del personale Pag. 11 di ruolo e del personale a contratto, chiedendo per questo specifico punto anche, ove possibile, la ricostituzione dell'Istituto diplomatico.
  Siamo arrivati a un punto in cui non credo si possano comprimere ulteriormente quei 197 milioni con cui facciamo funzionare sia la Farnesina sia le 300 sedi che abbiamo all'estero. Ci rendiamo conto in questo momento dell'esigenza di ottemperare alle linee generali del Governo in termini di risparmio della spesa, convinti come siamo, però, che noi produciamo anche reddito. Pensate che abbiamo poco meno di 200 milioni utilizzabili in termini di spending review, ma ne guadagniamo 150, quindi, se comprimiamo troppo, non siamo in grado di produrre quello che oggi produciamo con i servizi che forniamo all'estero.
  Vi è un tema che non ho toccato in termini di capacità di fare reddito, che è quello dell'impegno che la Farnesina da molti anni sta profondendo per la promozione del sistema Paese, quindi delle aziende. Abbiamo fatto degli studi abbastanza articolati che dimostrano che la capacità delle nostre ambasciate e dei nostri consolati di accompagnare gli investimenti italiani all'estero e la promozione delle nostre imprese all'estero hanno generato reddito e soprattutto occupazione nel nostro Paese.

  PRESIDENTE. Grazie molte, Ambasciatrice, per questo Suo resoconto. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  IVAN SCALFAROTTO. Il mio è veramente un intervento lampo, soltanto per ringraziare l'Ambasciatrice Belloni per l'esposizione molto interessante e anche per fornire una mia testimonianza sul campo. Tra il 2016 e il 2018 sono stato responsabile delle nostre esportazioni e della promozione del made in Italy all'estero. Devo dire che la nostra rete diplomatica e consolare fa veramente un lavoro straordinario a supporto delle nostre imprese. È vero quello che afferma l'Ambasciatrice Belloni: nella maggior parte dei casi lo fa con una forza lavoro che è una frazione di quella dei nostri concorrenti, che non sono solamente concorrenti sul piano diplomatico, ma lo sono anche sul piano della diplomazia economica. È vero anche che essendo noi il nono Paese esportatore al mondo e il sesto Paese per avanzo della bilancia commerciale, la capacità e le professionalità che sono a disposizione della Farnesina sono fondamentali.
  Per il tramite dell'Ambasciatrice Belloni, vorrei rivolgere i miei complimenti a tutto il Corpo diplomatico italiano, perché io ho avuto l'occasione di visitare 29 Paesi nei due anni in cui sono stato al Ministero dello sviluppo economico e devo dire che ho trovato sempre delle professionalità eccellenti, ambasciatori e collaboratori sempre capaci di conoscere nei dettagli i files delle questioni. Talvolta sono più presenti degli stessi imprenditori sui problemi specifici, perché in molti casi hanno anche la conoscenza tecnica della normativa locale, che magari sfugge all'imprenditore italiano. Devo dire che il lavoro che viene fatto è straordinario.
  Devo anche plaudire al fatto che la Direzione generale del sistema Paese ha una grande capacità di relazionarsi con tutte le altre amministrazioni che contribuiscono al risultato del nostro export. Il contributo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale alla Cabina di regia per l'internazionalizzazione è davvero sostanziale e di estrema qualità. L'individuazione dei Paesi chiave nei quali investire è un lavoro di grande importanza strategica per la nostra economia, posto che le esportazioni sono una delle colonne portanti dell'economia del nostro Paese.
  Pertanto, la ringrazio. Io penso che tutti insieme come Parlamento dovremmo cercare di dare quanto più possibile in termini di risorse e di strumenti alla Farnesina, perché possa continuare a contribuire come fa ai destini del Paese.
  Segnalo – lo sappiamo tutti e sono sicuro che i colleghi condividono – che ci sono alcune situazioni di crisi, in particolare in termini di uffici consolari. So bene che la Farnesina se ne sta prendendo cura. Faccio un esempio tra tanti, che è il famoso Pag. 12consolato di Londra, dove le richieste, proprio per la massiccia presenza di nostri concittadini in quella città e in quella circoscrizione, richiedono un'enorme quantità di servizi forniti e non sempre riusciamo a stare al passo. So bene che questo è un caso all'attenzione dell'Ambasciatrice Belloni e del suo staff e che ci si sta lavorando con grande alacrità e attenzione.
  Io colgo, quindi, l'occasione per ringraziarvi per quello che fate e per quanto tenete alto il nome del nostro Paese in tutto il mondo, sebbene con risorse limitate.

  PRESIDENTE. Grazie. La parola al collega Di San Martino.

  LUIS ROBERTO DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA. È un piacere. Vorrei fare i miei più vivi complimenti e auguri per il lavoro che la Farnesina svolge in tutto il mondo, anche perché avete tanto lavoro e una grande opportunità di dimostrare al mondo quanto siete bravi, visto che abbiamo un'immensa comunità italiana all'estero.
  Lei ha affermato che l'America latina è già italiana, cioè fina dalla nascita siamo italiani all'estero. Italiani si nasce. Lei ha parlato di 5,6 milioni di italiani all'estero. Comunque, 14,5 milioni sono partiti dall'Italia. Solo in Brasile noi siamo circa 30 milioni di persone e vi sono pochissime richieste di cittadinanza, solo 600.000.
  Tutti amano l'Italia. Lei ha parlato molto bene del made in Italy. Io vorrei solo ricordare che noi siamo al primo posto al mondo per la promozione del made in Italy. Grandi operatori italiani sono presenti in Brasile, come FCA, l'Enel eccetera. È una sfida affrontare questa vera risorsa che siamo: prima gli italiani, anche quelli nati all'estero!
  Solo in Brasile noi abbiamo pagato in tre anni – l'ultimo Governo ha creato una tassa per la cittadinanza, cioè un accertamento di cittadinanza – 16 milioni di euro e saremmo disposti a pagare anche il doppio o il triplo, perché per noi è un valore.
  Ricordo la situazione di altri Paesi meno popolosi come il Portogallo, ad esempio, che ha solo 10 milioni di persone e ne ha 2,5 milioni all'estero. Noi siamo 60 milioni di persone in Italia e abbiamo 5 milioni di persone all'estero. Siamo tra i primi in questo lavoro, ma non siamo gli unici. Per esempio, il Brasile ha 3 milioni di brasiliani nel mondo e una grande comunità qua in Italia.
  Per quanto riguarda la questione dei consolati, io non la vedo come l'abbiamo vista nel passato. Siamo migliorati molto, perché i nostri consolati non sono la Caritas. Noi vendiamo servizi e incassiamo per questi servizi venduti. Il consolato è la vetrina del nostro made in Italy, della nostra cultura, dell'immenso patrimonio culturale che noi abbiamo.
  L'anno scorso, solo di turismo di ritorno, abbiamo speso un miliardo di euro in Italia. Sono valori veramente molto importanti.
  Per quanto riguarda il decreto Salvini, Lei ha parlato della questione della legge sulla cittadinanza. Mi sento male, perché non so chi abbia interesse a cambiare la legge per i nostri figli, perché siamo già nati italiani. Lei ha detto che avete indicato al Ministero dell'interno di cambiare la legge. Mi dispiace dirlo, ma voi avete sbagliato l'articolo.
  Sì, Lei lo ha detto. Mi dispiace, perché avete sbagliato articolo, perché non avete cambiato l'articolo primo, cioè: è italiano il figlio di cittadini italiani, neanche per nascita. Quello che ha allungato i termini, che è molto giusto, è per la naturalizzazione, cioè per i matrimoni nei casi in cui un cittadino ha perso la cittadinanza italiana. Quello è molto chiaro, abbiamo già parlato al Ministero dell'interno con Salvini e se non sarà visto così faremo un emendamento qui alla Camera dei deputati.
  Comunque, vorrei sottolineare ai nostri fratelli e ai nostri colleghi che la vera risorsa siamo noi adesso. Noi non siamo un problema. Questi milioni di italiani all'estero studiano nelle università pubbliche estere e vanno negli ospedali esteri, non hanno un costo per noi. Avere un passaporto non è il problema, è la soluzione. Dobbiamo approfittare di questi sportelli in tutto il mondo per promuovere veramente il nostro made in Italy, come altre Pag. 13nazioni, ad esempio Israele, che ha 11 milioni di ebrei, di cui 5 vivono in Israele e 6 sono sparsi nel mondo. Vorrei ricordarvi che solo in Brasile noi siamo più numerosi degli ebrei e più ricchi degli ebrei.
  Proprio oggi ho letto che il Portogallo ha dato l'opportunità ai portoghesi che sono in difficoltà con il regime comunista di Maduro di tornare indietro e gli ha offerto 12.000 posti di lavoro. Questo è un vero problema da affrontare in Italia, perché non abbiamo lavoro neanche per noi qui in Italia.
  Vorrei soltanto dire che non si capisce chi ha il desiderio di cambiare la legge, perché c'è stato un incontro del CGIE a Panama, che ha scritto delle proposte di ridurre generazioni e noi dobbiamo capire che questa può essere una grande opportunità per l'Italia all'estero.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola alla collega Boldrini.

  LAURA BOLDRINI. Grazie, signora presidente. Signora Ambasciatrice, mi unisco ai complimenti già fatti dal collega Scalfarotto per l'efficacia e la competenza del personale diplomatico che ho avuto negli anni l'occasione di incontrare. Ho anche potuto constatare il fatto che in alcune circostanze, nonostante il limite dei fondi a disposizione, ci si affida a iniziative che riescono a sostenere anche i costi delle sedi diplomatiche, tipo ricevimenti, incontri con imprenditori italiani che vogliono fare iniziative, perché comunque arriva il periodo dell'anno in cui si fa fatica a pagare tutti i conti.
  Con questo intendo dire che dopo questi 30 milioni di tagli io mi auguro che si finisca lì, perché effettivamente ho visto come la macchina fa fatica. Dopo una certa soglia non si può andare, perché è una questione di prestigio, perché noi dobbiamo avere la stessa possibilità di promuovere l'immagine del nostro Paese che hanno i nostri partner, almeno quelli europei. I nostri partner europei sono lì, non solo con un numero di persone dedicate, quindi diplomatici, ben più alto del nostro, ma anche con mezzi e strumenti che a volte noi non abbiamo.
  Concordo sulla richiesta di ripristinare l'Istituto diplomatico, che era una scuola di formazione di primissimo livello, che mi è capitato di frequentare. Ritengo che la formazione debba essere fondamentale per poter avere una performance all'altezza dei tempi e, dunque, della competizione che viviamo.
  Dopodiché, Le chiedo una specifica sull'aiuto pubblico allo sviluppo. C'è l'Agenzia, come Lei ha ricordato. Vorrei avere qualche informazione in più. Nelle maglie del bilancio io ho visto che nella voce di spesa relativa ai fondi allo sviluppo ci sono anche le spese relative al funzionamento delle commissioni nazionali per il diritto d'asilo, ai centri di accoglienza e anche all'assistenza dei minori non accompagnati.
  Signora Ambasciatrice, se ho capito bene, questa fetta pesa sul bilancio per 1,65 miliardi di euro. Vorrei capire quanto sottrae ai fondi dell'Agenzia e, quindi, a quanto realisticamente ammonta la percentuale sull'RNL (reddito nazionale lordo). Infatti, noi abbiamo una percentuale sul reddito nazionale lordo che è più o meno allo 0,3, mentre, come Lei ricordava, dovremmo arrivare allo 0,7. Le chiedo se su questo 0,3 è calcolata anche la percentuale di fondi che vanno all'accoglienza dei richiedenti asilo in Italia e al sistema d'asilo, dunque, qual è la parte reale che noi investiamo nella cooperazione allo sviluppo.
  Al tempo di «aiutiamoli a casa loro», vorrei capire come questo nostro Paese aiuti effettivamente le persone nei loro Paesi di origine a poter avere uno sviluppo e anche la possibilità di potervi vivere. Credo che sia bene chiarire questa informazione, perché dalle carte non riesco a capirla.

  PRESIDENTE. Grazie. La parola al collega Cabras.

  PINO CABRAS. Nella relazione è comparsa una parola che mi è capitato di usare quasi negli stessi termini nella relazione di presentazione del bilancio del 2017: «incomprimibilità». Si è raggiunta questa soglia nella massa manovrabile delle risorse del Ministero degli affari esteri. «Incomprimibilità» significa che non ci sono molti Pag. 14margini per riuscire a dare un indirizzo al Ministero, se non attingendo all'enorme professionalità, alla tradizione e ai molti punti fermi delle spese fisse che ci sono, ma non siamo ancora all'altezza di una sfida che ormai ci investirà da vicino, che è la sfida del ruolo dell'Italia nella globalizzazione.
  Gli altri Paesi di peso paragonabile hanno più risorse e più personale e hanno dato un profilo al loro ruolo nella globalizzazione, la Germania portando a livelli pericolosi il suo avanzo commerciale e con una bilancia dei pagamenti che irrita parecchi soggetti. Mi chiedo se in quel caso la massa di personale dedicata a questa macchina da guerra commerciale non abbia degli effetti negativi, per una difficoltà a capire altri aspetti del ruolo internazionale di un Paese.
  Ciò detto, noi possiamo trovare un equilibrio e dovremmo, secondo me, dedicare molte risorse nell'ambito delle indagini conoscitive sugli aspetti commerciali, sul ruolo dell'Italia nel Mediterraneo, ma anche su questioni culturali che implicano il ruolo dell'Italia, per vedere quali sono i fabbisogni del Ministero in prospettiva, riadattando le risorse.
  Sono molto convinto, ad esempio, della necessità di finirla con il blocco del turnover e di ringiovanire le forze diplomatiche. Mi è capitato recentemente di vedere in Cina quanto stanno investendo in questa direzione, con un'accademia diplomatica, con dei giovani molto agguerriti, ovvero pronti a conoscere veramente il mondo e con una raffinatezza Paese per Paese.
  Credo che dovremmo dedicare molte risorse in questa direzione: conoscere quali sono i reali fabbisogni del Ministero, perché abbiamo raggiunto quella soglia.

  PRESIDENTE. Grazie. La parola alla collega La Marca.

  FRANCESCA LA MARCA. Grazie presidente. Ambasciatrice, la ringrazio per il Suo intervento. Come Lei sa, noi abbiamo avuto l'occasione di conoscerci nella scorsa legislatura. Come sa, sono eletta in Nord e Centroamerica. Ho molto apprezzato il Suo intervento.
  Lei sa, Ambasciatrice, che c'è un disagio profondo nel mondo. Io ovviamente parlo della mia circoscrizione, ma sa che siamo davanti, ormai da anni, a una crisi di servizi diplomatici. Io faccio sempre questa battuta: potrei occuparmi esclusivamente di servizi diplomatici e consolari e non fare nient'altro, togliendo lingua e cultura, perché il disagio è talmente tanto che trovo a occuparmi il 99 per cento del tempo su queste questioni.
  Innanzitutto, concordo perfettamente su quanto Lei ha affermato rispetto alla chiusura delle sessanta sedi. Io lo trovo veramente insostenibile. Capisco il bisogno di chiudere alcune sedi e riaprirne altre – adesso mi sfugge il termine che Lei ha utilizzato – però le posso dire che per quanto mi riguarda fare ciò per fare cassa è completamente sbagliato, proprio per quello che Lei ha detto, ovvero che le iscrizioni all'AIRE continuano ad aumentare. Penso, ad esempio, alla chiusura di sedi storiche, come in Svizzera, a Lucerna e Zurigo.
  Ambasciatrice, Le chiedo un chiarimento sulla sede consolare di Toronto, la mia città. È scoppiata la polemica sulla possibile vendita dell'immobile, sede storica di una comunità ben integrata ormai da decenni. Significherebbe veramente distruggere l'identità culturale di una città, se non del Paese, quindi Le chiedo gentilmente qualche chiarimento al riguardo.
  Vorrei aggiungere inoltre che voglio sperare che la spending review non vada a toccare i Comites. Lei sa che sono stati ripristinati i fondi ai Comites da ormai un anno. Sono organi di rappresentanza importanti per le nostre comunità.
  Ambasciatrice, vorrei chiederle inoltre se la Farnesina pensa di assumere nuove unità, come ha detto Lei, dopo le 150 dello scorso anno, considerando che l'organico del Ministero degli esteri in questi ultimi dieci anni è diminuito di un terzo.
  Per quanto riguarda i consoli onorari, io veramente sto portando avanti questa battaglia ormai da anni. Come può immaginare, Ambasciatrice, in un territorio come il mio, Canada e Stati Uniti, ma soprattutto Canada e forse anche Messico, dove le Pag. 15distanze sono enormi e vi sono poche sedi consolari, l'importanza di queste dotazioni per la rilevazione dei dati biometrici per i nostri consoli onorari è fondamentale.
  Ambasciatrice, Le faccio un esempio. Nella mia provincia dell'Ontario, grande quattro volte le dimensioni dell'Italia, a due ore di volo da Toronto, c'è una comunità nell'area nord che non è dotata di questa macchinetta per la rilevazione dei dati biometrici. È fondamentale e lo chiederanno. Io penso che queste macchinette vadano distribuite in modo capillare. Ovviamente La ringrazio per quello che sta facendo, però bisogna aumentarne il numero. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola come ultimo intervento al collega Coin.

  DIMITRI COIN. Grazie Presidente. Ringrazio l'Ambasciatrice per l'intervento che ha fatto, che è stato assolutamente illuminante sotto alcuni aspetti. Infatti, come relatore della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanze, voglio preannunciare che inserirò un riferimento a quanto da Lei detto in merito a un'allocazione di ulteriori risorse, un'osservazione che vada nella direzione di mettere a disposizione ulteriori risorse nella prossima legge di bilancio finalizzate all'incremento dell'attività della Farnesina.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono altri interventi... prego, collega Zoffili.

  EUGENIO ZOFFILI. Vorrei solo rivolgere un saluto a chi guida l'amministrazione alla Farnesina, il Segretario generale, che come Gruppo e anche personalmente abbiamo avuto modo di conoscere.
  Sono stati toccati vari aspetti, anche negli interventi dei colleghi, relativi agli italiani all'estero. Io tocco l'aspetto delle emergenze che gestisce la Farnesina e l'Unità di crisi. Per il tramite del presidente e del Segretario generale, esprimo la stima, l'affetto e il ringraziamento per la professionalità della nostra Unità di crisi, che personalmente, anche come deputati, abbiamo avuto modo di testare quotidianamente rispetto a casi che ci vengono purtroppo segnalati di persone che magari si trovano all'estero per lavoro, ma anche per piacere in vacanza. In particolare, nel mese di agosto abbiamo avuto un susseguirsi di casi, purtroppo anche molto brutti, che si sono risolti in modo negativo, nonostante il massimo impegno dei vostri uffici.
  Il contributo che posso dare, oltre ai complimenti a Lei e alla professionalità di chi lavora alla Farnesina, dato che questa è una Commissione parlamentare, può essere il seguente. Rispetto all'Unità di crisi – ne ho già parlato anche col presidente – almeno per quanto riguarda il Gruppo della Lega, ci farebbe piacere organizzare una visita ai vostri uffici, anche per capire da vicino come funziona quella sala operativa e per sensibilizzare gli italiani – io parlo in modo semplice – all'utilizzo dell'applicazione «Dove siamo nel mondo»: partendo dai deputati, perché quando si va in vacanza e ci si muove all'estero – avendo avuto modo di conoscervi da vicino, sono stato istruito – occorre registrarsi e segnalare la propria posizione.
  Essendo noi deputati, che ci rapportiamo con i cittadini che ci hanno eletto nei nostri rispettivi collegi in modo diretto, ma facciamo riferimento a tutti gli italiani, per essere costruttivo e concreto, penso che si possa creare un momento con voi per far capire ancora meglio come un deputato può gestire una telefonata che ci arriva da un cittadino che ci conosce e ci dice «ho degli amici in vacanza» oppure «sono in vacanza e ho questo problema: una mia amica ha subìto un tentato stupro», cose ahimè purtroppo successe, o ancora «ho fatto un incidente stradale e ho delle difficoltà a rapportarmi in Africa con le autorità locali».
  Secondo me, è molto utile nei nostri confronti, essendo noi un po’ il front desk del Parlamento, ma anche di quello che fa l'Italia, essere istruiti a dovere su come rispondere ai nostri cittadini e ai nostri elettori che si rivolgono a noi e che hanno queste problematiche, per gestirle al meglio e per non far perdere tempo a chi in quel momento, con una professionalità maggiore Pag. 16 di noi che facciamo politica, gestisce delle urgenze.
  Questo è un aspetto pratico che mi sentivo di riferire, che magari si discosta un po’ da altri discorsi più ad ampio respiro di geopolitica o altro, ma è quello che si fa su quel piano. Anche Lei mi sembra che l'abbia gestito direttamente, quindi penso che sia assolutamente molto sensibile. Grazie e buon lavoro.

  PRESIDENTE. Do la parola all'Ambasciatrice per la replica.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Seguo l'ordine delle note che ho preso in merito ai quesiti che mi sono stati rivolti.
  L'onorevole Di San Martino faceva riferimento alla legge sulla cittadinanza. Io non ho mai affermato che abbiamo chiesto al Ministero degli interni e quant'altro, anche perché non lo possiamo fare, in quanto, come sapete benissimo, le leggi sono fatte dal Parlamento, non dal funzionario della Farnesina. Quello che ho detto è che, così com'è concepita, la legge sulla cittadinanza fa sì che il numero delle richieste di riconoscimento della cittadinanza sia amplissimo. Si tratta di numeri che il personale dei nostri consolati non può gestire agevolmente e soprattutto nella difficoltà di rispettare i tempi previsti dalla legge. Adesso, come ho detto sono stati leggermente prolungati, però abbiamo semplicemente spostato in là il problema. Dico che il personale addetto al riconoscimento delle cittadinanze non è sufficiente a trattare un numero così ampio di riconoscimenti di cittadinanza.
  Aggiungo che tante più sono le cittadinanze che vengono riconosciute, tanti più sono i servizi che poi si devono erogare. In altre parole, c'è bisogno di personale in numero sufficiente per erogare questi servizi.
  Ho anche affermato che gli introiti che arrivano dalle percezioni consolari, i cosiddetti «differenziali», non sono più autorizzati. Infatti, in passato una quota parte del ricavato dei servizi che eroghiamo all'estero veniva riassegnato al Ministero degli esteri: adesso questo non è più possibile. In altre parole, o ci date più persone oppure bisogna tutelare chi non riesce a rispettare i tempi previsti dalla legge.
  L'onorevole Cabras parlava di incomprimibilità, termine che ho usato ovviamente anch'io. Voglio assicurare la piena disponibilità del Ministero degli esteri a fare l'esercizio che Lei suggeriva, cioè cercare di identificare veramente dove c'è bisogno di intervenire e quali sono i fabbisogni.
  Aggiungo che è nostro compito specifico anche quello di suggerire gli elementi necessari per il cosiddetto «riorientamento», cioè fare un'analisi di dove i fabbisogni possono essere maggiori rispetto al passato e, viceversa, dove si può invece comprimere.
  Questo mi porta ai quesiti dell'onorevole La Marca. È evidente che al Ministero degli esteri chiudere le sedi non fa piacere. Io stessa ho detto che il valore aggiunto della rete diplomatico-consolare italiana sta proprio nella sua estensione. Dove succedono delle cose, se ci sei, agisci molto meglio, è del tutto evidente.
  A fronte, però, di un'evidente esigenza di fare una razionalizzazione, Lei portava l'esempio della Svizzera: noi in Svizzera eravamo un Paese che aveva più consolati della Germania, che ha molti più tedeschi residenti rispetto agli italiani. Domandiamoci perché gli stessi svizzeri ci chiedevano di razionalizzare e di compattare le circoscrizioni, diminuendo il numero. In Svizzera si può fare, perché è un Paese vicino e il sistema svizzero è efficiente. Abbiamo preferito chiudere alcune piccole sedi (infatti, abbiamo chiuso quelle piccole) per aprire a Chongqing e a Ho Chi Minh City, dove fra l'altro c'è una proiezione commerciale e culturale del nostro Paese che dà molti vantaggi al sistema Italia. Ritorno al sistema Italia di cui parlavo prima. Certamente in un mondo ideale ci sarebbe piaciuto mantenere tutto, però non viviamo in un mondo ideale.
  Ci sono altre realtà, tipo l'America Latina, dove evidentemente il bisogno di servizi è tale che ci ha indotto a non chiudere in maniera incisiva. Si è cercato di suggerire Pag. 17 al Governo le linee che ci consentivano, da un lato, di ottemperare alle esigenze di razionalizzazione e, dall'altro, di mantenere la proiezione strategica necessaria.
  Non sono al corrente dei dettagli della vendita dell'immobile a Toronto e mi riservo naturalmente di farglielo sapere, però mi permetta un'osservazione: vendere un immobile non vuol dire chiudere il consolato. Teniamo distinte le due cose. Questa è una cosa che anche in passato è successa molto spesso: gli italiani vengono a sapere che si vende un immobile. Si può vendere un immobile perché è fatiscente, perché non è conforme alla normativa sulla sicurezza, perché non è efficiente. Il costo-beneficio dell'utilizzo di quel determinato immobile può suggerire la vendita per poi trasferirsi da un'altra parte. Credo sia il caso di Toronto, perché non mi risulta che l'Italia debba chiudere il consolato a Toronto. Probabilmente la vendita è semplicemente una razionalizzazione delle strutture dove operiamo. Francamente lo fanno tutti i Paesi e credo che lo debba fare anche l'Italia.
  Dunque, non si deve assolutamente chiudere, ma dare i servizi ugualmente, magari in strutture più agili e che costano meno, non vedo perché non si debba fare. In ogni caso ce lo hanno chiesto i Parlamenti passati e immagino che lo farò anche questo Parlamento.
  Vengo all'onorevole Boldrini. Io non so quale sia il testo dal quale prende i dati, però gli 1,6 miliardi a cui faceva riferimento non sono nel bilancio del Ministero degli esteri, tant'è vero che il bilancio del Ministero degli esteri è di 2,6 miliardi e vi ho anche declinato come è diviso. Non ci sono questi 1,6 miliardi. Questi sono fondi tutti nel bilancio del Ministero degli interni.
  In altre parole, questo stanziamento non sottrae in alcun modo fondi all'AICS o alla DGCS, non sono nel bilancio del Ministero degli esteri. Sono, però, aiuto pubblico allo sviluppo. Lo sono per l'Italia, così come per tutti gli altri Paesi del mondo, perché le regole OCSE-DAC declinano le voci che sono imputabili all'aiuto pubblico allo sviluppo. Fra queste voci vi sono anche quelle per le attività che sono svolte con gli 1,6 miliardi di cui parlava del Ministero degli interni, cioè l'accoglienza, l'assistenza e quant'altro.
  Aggiungo che, almeno da quello che leggo sui giornali, la diminuzione dei fondi a disposizione per l'accoglienza farà sì che diminuirà la cifra complessiva dell'APS (aiuto pubblico allo sviluppo), poiché sono imputabili all'APS, ma in alcun modo toccano i fondi del Ministero degli esteri.
  Per l'AICS i fondi a disposizione ammontano a 514 milioni, e sono aumentati rispetto al passato. In altre parole, quando io ero direttore della cooperazione allo sviluppo, nel 2008-2012, ci attestavamo sui 225-230 milioni, mentre oggi sono 500, quindi il trend in aumento c'è stato.

  LAURA BOLDRINI. Dunque, in proporzione a quanto ci viene chiesto a livello europeo?

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. A livello europeo no, a livello OCSE-DAC l'obiettivo dello 0,7 è raggiunto da pochi Paesi.

  LAURA BOLDRINI. E noi invece che percentuale raggiungiamo?

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Lo 0,3.

  LAURA BOLDRINI. Lo 0,3 al netto, quindi, senza contare...

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. No, complessivi. Questo non vale solo per noi, ma per tutti i Paesi.

  LAURA BOLDRINI. È proprio questo che volevo capire, Ambasciatrice. Togliendo 1,6 miliardi, in percentuale quanto rimane all'aiuto pubblico allo sviluppo che noi destiniamo effettivamente a progetti fuori dell'Italia?

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  ELISABETTA BELLONI, Segretaria Generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Devo essere precisa. L'aiuto pubblico allo sviluppo per tutti i Paesi al mondo comprende l'APS, quindi dire che comprendiamo l'aiuto allo sviluppo mi costringe a dire la cifra complessiva, che è 5,2 miliardi. Di questi 5,2 miliardi di aiuto pubblico allo sviluppo, conforme alle regole OCSE-DAC, 1,6 miliardi, cioè il 31 per cento, sono fondi per l'accoglienza (parliamo di accoglienza, ma poi ci sono anche altre voci), cioè non sono fondi del Ministero degli esteri.
  Teniamo anche presente che dei 5,2 miliardi il grosso dell'aiuto pubblico allo sviluppo è detenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze, perché sono i contributi alle banche. Alla mia epoca erano circa il 70 per cento, adesso non ho il dato qui, ma è facilmente desumibile dalle tabelle dell'aiuto pubblico allo sviluppo. Infatti, il grosso dell'aiuto pubblico allo sviluppo sono i finanziamenti alla Banca mondiale, al Fondo monetario internazionale, alle banche di sviluppo, alla GAVI (Alleanza Mondiale per Vaccini e Immunizzazione), eccetera: questi sono fondi del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Ci sono poi i fondi della cooperazione, divisi fra cooperazione, direzione generale e AICS, che ha il grosso, che sono i 514 milioni che avete visto nella tabella. Infine, ci sono gli 1,6 miliardi dell'accoglienza del Ministero degli interni.
  L'onorevole Zoffili ha fatto riferimento all'Unità di crisi. Gli sono particolarmente grata, visto che ho creato io l'idea di «dove siamo nel mondo». Scusate il riferimento personale. È stata creata dopo lo tsunami del 2004 – forse lo ricorderete – perché l'unica voce che durante lo tsunami l'Italia non riuscì a gestire furono gli individui che viaggiavano, allora ci siamo inventati questo sistema, che ha funzionato molto bene ed è stato anche ripreso da molti altri Paesi. Se volete fare una visita all'Unità di crisi, mi farà un grande piacere essere io ad accompagnarvi, visto che ci ho lavorato per quasi cinque anni e abbiamo creato questi sistemi innovativi, che sono stati poi anche ripresi da molti altri Paesi.
  Non spetterebbe a me dirlo, ma lo dico: è una delle parti più qualificate della nostra amministrazione, perché fa anche molta analisi di rischio. Ricorderete tutti i rapimenti e le gestioni di crisi, compresi gli atti terroristici, che fecero capo all'unità di crisi. È stata anche un po’ di esempio a tutti i Paesi europei, che hanno poi creato cellule analoghe, con le quali oggi l'unità di crisi si interfaccia. Dunque, mi farà piacere accompagnarvi nella visita all'Unità di crisi.
  Vorrei dare una risposta più precisa anche all'onorevole La Marca. Non risulta alcuna vendita del nostro consolato a Toronto. Si è ipotizzata una permuta parziale del giardino in cambio di un contributo alla ristrutturazione. Mi pare che sia un'operazione win-win.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'Ambasciatrice Belloni e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.35.