XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (I Camera e 1a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Martedì 18 settembre 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brescia Giuseppe , Presidente ... 3 

Audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Erika Stefani, sulle linee programmatiche (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati) :
Brescia Giuseppe , Presidente ... 3 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 3 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 6 
Tripodi Elisa (M5S)  ... 6 
Cattoi Maurizio (M5S)  ... 6 
De Menech Roger (PD)  ... 6 
Corbetta Gianmarco  ... 7 
Di Maio Marco (PD)  ... 7 
Bordonali Simona (LEGA)  ... 8 
Collina Stefano  ... 9 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 9 
Collina Stefano  ... 9 
Borghi Enrico (PD)  ... 9 
Forciniti Francesco (M5S)  ... 10 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 11 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 11 
Di Maio Marco (PD)  ... 13 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 13 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA I COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
GIUSEPPE BRESCIA

  La seduta comincia alle 12.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, anche mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Erika Stefani, sulle linee programmatiche.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Erika Stefani, sulle linee programmatiche.
  Avverto che la 1a Commissione del Senato è convocata alle ore 14.45. Pertanto l'audizione dovrà terminare in tempo utile per consentire ai commissari di rientrare al Senato.
  Anche a nome del presidente della 1a Commissione Affari costituzionali del Senato, senatore Stefano Borghesi, unitamente a tutti i colleghi senatori e deputati presenti, ringrazio la Ministra per la sua presenza e le cedo subito la parola per la sua relazione.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Buongiorno a tutti, e grazie, in particolare ai presidenti Borghesi e Brescia, per l'opportunità che mi viene concessa di esporre le linee dell'attività del Dipartimento che rappresento. Permettetemi di dire come questo Dipartimento, prima che partisse tutta la questione riguardante la richiesta di autonomia differenziata, fosse per certi versi concentrato su questioni considerate un poco burocratiche, come la Conferenza Stato-regioni e l'impugnativa delle leggi regionali; oggi invece si trova ad avere competenze diverse, ulteriori rispetto a quelle che storicamente gli erano attribuite.
  Quello che mi prefiguro fra i nostri obiettivi primari – ed è una grande responsabilità affidata alla struttura che dirigo – è l'attuazione del processo sull'autonomia differenziata. Come è noto, l'articolo 116, terzo comma, della Costituzione prevede la possibilità che, con legge dello Stato, approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, previa intesa con la regione interessata, siano attribuite alle regioni a statuto ordinario «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» nelle materie di competenza concorrente di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nonché in alcune materie di competenza esclusiva dello Stato (giudici di pace, norme generali sull'istruzione, ambiente).
  Le regioni che domandano questo trasferimento intendono assumere nelle decisioni un vero profilo di prossimità alle proprie comunità territoriali. La scelta comporta sia vantaggi sia oneri: per un verso, c'è un'aspirazione, che si può definire regionalistica, soddisfatta, che vorrebbe valorizzare le buone pratiche, le vocazioni economiche e culturali di quel territorio; dall'altro, c'è un forte impegno a fornire in modo responsabile i servizi. Una volta attribuite le competenze, infatti, le stesse classi politiche regionali saranno chiamate a risponderne direttamente ai cittadini. Pag. 4
  La disposizione costituzionale di cui all'articolo 116, terzo comma, non indica in modo dettagliato quale sia il procedimento da adottare per giungere all'intesa e all'approvazione della legge: per certi versi proprio questo carattere succinto della norma lascia una certa libertà di ricerca del metodo da adottare. Dobbiamo pertanto fare un grande lavoro, alla ricerca del procedimento, quasi un viaggio in una terra inesplorata: è come entrare in una casa, aprire una porta, arrivare in un locale e ritrovarsi con altre porte, aprendo le quali ci si trova in altre stanze, perché è tutta una procedura da scoprire. È una grande e bella sfida, ma sono convinta che raccogliendola insieme si riescano ad ottenere i migliori risultati. Ovviamente il primo passo è quello della richiesta da parte delle regioni di tali spazi di autonomia.
  Ad oggi sono pervenute ufficialmente le richieste da parte di Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria, Toscana e Piemonte. Caso un po’ particolare ma molto interessante è costituito dalla richiesta congiunta di Marche e Umbria. I presidenti di queste due regioni, infatti, mi riferiscono di avere condiviso un certo tipo di attività, in corso tra l'altro anche per circostanze catastrofiche, di aver avuto questa possibilità di collaborare insieme e di voler trasferire il metodo della collaborazione anche sul terreno dell'autonomia. L'Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto hanno formalizzato l'avvio del percorso per l'autonomia già nella scorsa legislatura, il che ha portato alla firma delle cosiddette «pre-intese». Si è trattato di un lavoro che ha riguardato fondamentalmente cinque materie, forse anche per gli spazi di tempo che erano diventati ristretti, che però poi non è passato al vaglio del Ministero dell'economia; abbiamo ripreso quel tipo di lavoro e quella stessa impostazione, in modo da assicurare continuità. I presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, appena formato il Governo, sono stati i primi a ribadire la determinazione di proseguire su questo percorso, poi si sono unite le richieste delle altre regioni. Queste richieste si sono poi ampliate: sono state anticipate sulla stampa anche ulteriori richieste da parte di altre regioni, e sto attendendo che vengano formalizzate. Questo ampliamento mi conferma una convinzione, semmai ce ne fosse bisogno, ossia che il regionalismo differenziato non è una questione nordista o squisitamente legata a un'area territoriale della nostra nazione, ma è anche un modo diverso di interpretare il rapporto Stato-regioni, rendendo le regioni protagoniste.
  Sotto il profilo procedurale, come dicevo, non vi è nessuna disciplina, nessun codice o regolamento per affrontare questo tipo di istruttoria. Per svolgere veramente un'istruttoria sulle domande relative alle competenze è necessario che vengano declinate le richieste, nel senso che siano specificate, perché se ci si limita al «titolo» di cui all'articolo 117 della Costituzione, ad esempio «istruzione» o «ambiente», è difficile dire che vengono trasferite le competenze riguardanti l'istruzione o l'ambiente, perché è tutto o è niente, e diventa assolutamente indefinibile anche strutturare questa forma di attribuzione delle competenze.
  Per questo è stata richiesta, e le regioni interessate hanno prodotto, una documentazione particolareggiata. La Lombardia e il Veneto mi hanno consegnato ciascuna un dossier molto approfondito, in base al quale siamo riusciti a intavolare un certo tipo di procedura, che è quella di svolgere, presso la sede del Dipartimento per gli affari regionali, degli incontri tecnici (che si sono tenuti fra luglio e agosto e a settembre), in cui le strutture regionali competenti nelle singole materie, a mezzo del Dipartimento per gli affari regionali, si confrontano con i tecnici del Ministero cui appartiene la competenza di cui si tratta. Sono incontri «trilaterali», in cui vengono sviscerate e analizzate le singole richieste. Per quanto riguarda l'Emilia-Romagna abbiamo avuto più incontri con il presidente Bonaccini e attendiamo che il Consiglio regionale, che dovrebbe riunirsi proprio oggi, definisca le competenze ulteriori che intende richiedere. Non appena la regione produrrà il dossier particolareggiato sulle richieste di competenza, sarà mia cura quanto prima fissare gli incontri con tutti i Ministeri Pag. 5competenti per elaborare le istruttorie. È ovvio (penso sia giusto, equo e rispondente alle esigenze di equità nei confronti di tutti) che il percorso procedurale sia il medesimo per tutte le regioni, nel senso che ci deve essere un'omogeneità anche di metodo. Viceversa, i contenuti dell'intesa varieranno a seconda delle richieste avanzate dalle singole regioni. Per quanto riguarda l'aspetto economico-finanziario, che è una parte molto complessa della procedura, abbiamo già avviato degli incontri con il Ministero dell'economia e delle finanze.
  L'altra attribuzione che spetta al Dipartimento per gli affari regionali è squisitamente attinente al rapporto con le regioni. Ho l'incarico di presiedere la Conferenza Stato-regioni e la Conferenza unificata, nonché una competenza riguardante la promozione dei ricorsi in via principale alla Corte costituzionale nei confronti delle leggi regionali. Per quanto riguarda il primo aspetto, sono convinta che la Conferenza Stato-regioni e la Conferenza unificata abbiano veramente un ruolo strategico. Si tratta di sedi di raccolta delle istanze dei nostri territori, in cui sono anche valorizzate le esperienze rappresentative a livello locale. Non escludo che possano avere un'ulteriore rilevanza proprio nel dialogo con lo Stato nel momento in cui saranno attivate le autonomie differenziate.
  Per quanto riguarda invece le impugnative delle leggi regionali, ritengo che non debbano essere promosse impugnative pretestuose o scarsamente fondate. L'impugnativa davanti alla Corte costituzionale, anche al fine di non aggravarne eccessivamente il lavoro, deve essere considerata a mio avviso un’extrema ratio. L'istruttoria volta a stabilire se il Governo debba impugnare una legge regionale è improntata al dialogo. Eventuali rilievi di costituzionalità sono rappresentati alla regione. A tal fine, quindi, in virtù del principio di leale collaborazione, si accettano anche gli impegni da parte delle regioni di rimuovere dai provvedimenti legislativi tutti gli aspetti segnalati. Resta fermo, ovviamente, che la decisione finale di impugnare spetta all'intero Consiglio dei ministri.
  Un'altra che, più che una competenza, è forse una modalità di interpretare l'attività del Dipartimento, è quella che riguarda le zone montane e la montagna in generale. Il Dipartimento per gli affari regionali ha una piccolissima delega che riguarda la gestione di un paio di fondi che sono poco capienti, ma riguardano i comuni di montagna. Approfittando di questa circostanza, ho pensato di valorizzare il ruolo del Dipartimento per gli affari regionali, che in realtà è una struttura di coordinamento, e, poiché si parla di montagna sotto vari profili (fiscale, turistico, dell'agricoltura, dell'impresa), di individuare una sede istituzionale nella quale discutere della montagna e trovare delle soluzioni. Il nostro Paese, l'Italia, è molto variegato, e parlare di montagna a volte è difficile, le zone montane sono molto estese, ed è proprio nella varietà che risiede la grande forza del nostro territorio. Dovremmo studiare strategie, e per questa ragione avevo inteso costruire «tavoli tecnici permanenti tematici» nei quali parlare di montagna, un'iniziativa assolutamente trasversale, in cui si vorrebbe dare la parola a chi vive la montagna ed è interprete delle esigenze delle zone montane (può essere lo stesso mondo delle imprese, potrebbe riguardare il profilo turistico, sportivo o ambientale), e da questi tavoli, con una sorta di stato di avanzamento dei lavori, riuscire a ricavare proposte che avrò cura di trasmettere ai colleghi degli altri Ministeri, al fine di approntare soluzioni o prendere iniziative.
  Un'altra competenza che riguarda il Dipartimento è costituita dalla tutela delle minoranze linguistiche, tema veramente straordinario e assolutamente affascinante. Queste competenze trovano fondamento nella legge 15 dicembre 1999, n. 482, che tutela dodici minoranze linguistiche storiche riconosciute (ladina, greca, germanica, croata, sarda, francoprovenzale, albanese, slovena, friulana, catalana e occitana) e la tutela che si vuole garantire a tali minoranze si sostanzia nella facoltà riconosciuta agli appartenenti alle stesse di utilizzare oralmente e per scritto la lingua minoritaria (mi sono dimenticata del cimbro, che peraltro è una lingua delle mia zona, ma si Pag. 6trattava di un elenco esemplificativo). A tal fine, quindi, la legge ha istituito un Fondo nazionale per la tutela delle minoranze linguistiche. Sul piano pratico vi è una ripartizione delle risorse di questo Fondo che è curata dal Dipartimento per gli affari regionali ed è volta a finanziare progetti mirati alla conservazione e diffusione delle lingue minoritarie. Si tratta comunque di fondi abbastanza ridotti.
  Un'altra tematica riguarda le politiche di coesione. In realtà le politiche di coesione e tutti i relativi fondi vengono gestiti dal Ministro per il Sud, la collega Lezzi, e al Dipartimento per gli affari regionali è richiesto il parere su tutte le iniziative e i progetti che riguardano le regioni del Sud, nonché un concerto per la programmazione di queste risorse per le regioni del centro-nord.
  Non ho altro da aggiungere: sono ovviamente a disposizione dei colleghi per ogni domanda o confronto, che per me non potrà che essere utile e di stimolo per lavorare meglio e interpretare meglio le mie funzioni. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Ministra. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ELISA TRIPODI. Grazie. Volevo chiedere alla Ministra se si poteva valutare la possibilità per i parlamentari di partecipare come uditori ai tavoli Stato-regione. Grazie.

  MAURIZIO CATTOI. Grazie, presidente. Trovo molto importante, e da un certo punto di vista «spettacolare», l'apertura che la Ministra ha fatto sulla montagna, perché quello della montagna è uno dei problemi misconosciuti da molto tempo; l'Italia non ha una vera e propria politica per la montagna, quindi credo sia importantissimo che venga ripreso questo tema che – va ricordato – riguarda il 40 per cento del territorio.
  Faccio presente che la montagna è stata oggetto di una spoliazione progressiva di strutture amministrative (parliamo della sanità e dei trasporti), un depauperamento che ha visto ultimamente anche la perdita dell'unico, vero servizio per la montagna, che era il Corpo forestale dello Stato. L'Italia, unico Paese al mondo, si è privata di un servizio forestale dedicato alla montagna, assorbito nell'Arma dei carabinieri, nei Vigili del fuoco e nella Polizia, smembrato, cosa che credo debba essere oggetto di una necessaria riflessione, perché la montagna ha bisogno di referenti professionali che siano in grado di interpretare le molteplici esigenze dell'economia montana e delle foreste, non solo della protezione e della conservazione della natura, che è importantissima, ma anche dello sviluppo e dello sviluppo sostenibile, in maniera precisa, puntuale, professionale e di garanzia per lo Stato. Grazie.

  ROGER DE MENECH. Grazie per l'audizione. Farò alcune domande. Lei ha accennato in maniera molto veloce al metodo di applicazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Abbiamo letto sulla stampa notizie rispetto a ipotesi di applicazione tramite leggi di delega, volevamo capire meglio a che punto siamo sotto il profilo strettamente tecnico-giuridico, anche rispetto a quella che potremmo definire l'interpretazione autentica circa le attribuzioni delle risorse finanziarie legate all'applicazione del citato articolo 116. Mi riferisco segnatamente al Veneto, dove il 15 novembre 2017 è stata approvata, dal Consiglio e dal suo presidente Zaia, una proposta di legge statale che all'articolo 2 prevede espressamente l'attribuzione alla regione dei nove decimi del gettito IRPEF, IRES e IVA.
  Mi pare di capire dalla cronaca che invece oggi si vada verso l'applicazione più ferrea dei costi e fabbisogni standard, e quindi verso l'applicazione dei «saldi invariati» rispetto allo Stato. Volevamo capire meglio questo aspetto, perché credo che sul processo di applicazione dell'articolo 116 della Costituzione, che ha ormai parecchi anni di storia giuridica, si giochi parte dell'efficacia del provvedimento, rispetto all'applicazione concreta dell'autonomia, e si giochi anche la concretezza di un'azione amministrativa e politica, rispetto a quello Pag. 7che abbiamo vissuto negli ultimi anni, soprattutto in alcune regioni.
  Quanto al tema della montagna, vorrei capire alcuni aspetti. Nell'ultima legge di bilancio il Governo precedente, il Governo di centrosinistra, aveva riattivato il «Fondo Letta» mettendo a bilancio non tante risorse, ma almeno un po’ di risorse. Sarebbe interessante capire se il Dipartimento abbia iniziato a lavorare sui bandi, se intenda concentrare le risorse destinate da quella previsione della legge di bilancio e quindi attuare un coordinamento rispetto a tutti i fondi istituiti per prevenire il differenziale fra regioni ordinarie e regioni a statuto speciale.
  Infine un auspicio, non una domanda. Mi auguro che quello che lei ha detto circa l'aspetto trasversale degli stati generali e delle tematiche legate alla situazione dei territori interni e delle aree di montagna sia applicato fino in fondo e ci sia una reale partecipazione di tutti i soggetti pubblici e privati interessati a queste tematiche, in modo che questo tema venga sviscerato soprattutto da chi in montagna ci vive, evitando l'egemonia di chi guarda alla montagna da lontano o la usa (ricorro a questo termine) solo in periodi di ferie. Credo che la montagna vada governata soprattutto da chi ci vive e ci lavora tutti i giorni, siano essi amministratori pubblici o imprenditori, quindi mi auguro che quanto lei ha detto venga applicato e che si assicuri che la trasversalità degli stati generali e di tutte le iniziative sia concretamente applicata. Grazie.

  GIANMARCO CORBETTA. Grazie, presidente, grazie, Ministro, per la presenza. Sono stato consigliere regionale in Lombardia nella scorsa legislatura, quindi ho vissuto da vicino l’iter che ha portato alla richiesta della regione di maggiori forme di autonomia, compreso il passaggio referendario, laddove il mio Gruppo, quello del Movimento 5 Stelle, seppure all'opposizione, ha svolto un ruolo fondamentale, perché la sola maggioranza non aveva i numeri per poterlo indire.
  Lei ha ricordato il pre-accordo che si è chiuso poco prima della tornata elettorale, sia regionale sia nazionale, che ha previsto cinque materie, quindi vorrei capire se quel pre-accordo sia superabile, cioè se, dal punto di vista politico ma anche procedurale, si possa rivisitare quell'accordo e prevedere un maggior numero di materie su cui ragionare per l'autonomia della regione Lombardia, o se quell'accordo sia vincolante.
  La seconda domanda riguarda le tempistiche. Lei diceva che si tratta di un iter in buona parte ancora sconosciuto e da costruire cammin facendo. Avete fatto delle previsioni in termini di tempistiche? Sappiamo che anche il Parlamento deve essere coinvolto con una legge, quindi ragionevolmente, nel caso della Lombardia ma anche del Veneto, le due regioni che sono partite prima, quando si può pensare di arrivare alla conclusione di questo iter?
  L'ultima domanda che intendo rivolgerle fa riferimento al fatto, da lei accennato, che alcune regioni hanno promosso la procedura per l'autonomia differenziata, ma che poi abbiamo appreso dalla stampa che molte altre si stanno accodando e aggiungendo. Mi piacerebbe sapere quale sarà l'approccio del Governo nei confronti di tutte queste richieste, vale a dire se ci saranno dei criteri in base ai quali si deciderà se assecondare le richieste delle varie regioni. Penso ad esempio al fatto che i conti delle regioni siano più o meno in ordine, alla possibilità di valutare se la regione sia stata più o meno virtuosa nel gestire le risorse di cui già dispone, e quindi chiedo se si può legare la concessione di maggiori forme di autonomia che, come diceva giustamente, comportano anche maggiori responsabilità in termini di gestione di risorse, al passato più o meno virtuoso della regione che richieda queste forme di autonomia. Grazie.

  MARCO DI MAIO. Proprio oggi il Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna approverà una mozione che darà mandato al presidente della regione di chiudere entro l'anno la trattativa con il Governo. È un voto che arriva al termine di diversi incontri e contatti, come lei ha ricordato riconoscendo il positivo lavoro svolto nell'interlocuzione con il Governo, pur appartenendo a parti politiche differenti; un voto che arriva al termine di un lungo percorso Pag. 8di condivisione fatto con le forze sociali ed economiche e con tutte le rappresentanze delle comunità regionali che spingono affinché ci sia certezza sui tempi entro i quali si potrà arrivare alla chiusura di questo accordo.
  La prima domanda che le vorrei porre riguarda i tempi entro i quali realisticamente si potrà arrivare a definire in maniera completa e quindi a concludere l'accordo; inoltre le chiedo se sarà possibile farlo entro la fine di questo anno.
  A proposito delle richieste di maggior autonomia che potrebbero arrivare da altre regioni, le chiedo se non ritenga di dover «rispolverare» uno dei concetti presenti all'interno della riforma costituzionale approvata da questo Parlamento nella precedente legislatura, che tra le altre cose introduceva il concetto di differenziare la possibilità di autonomia (lo dico in parole povere per non sottrarre tempo ai colleghi) anche sulla base della qualità dei bilanci e della gestione delle singole regioni. Volevo chiedere un suo parere su questo.
  A proposito di comuni montani, piccoli comuni e aree interne, c'è un enigma sul bando per le aree interne che era stato emanato, con risorse assegnate e già definite per molti comuni italiani. Le rappresentiamo quindi la preoccupazione di tanti sindaci, di tanti amministratori, di tanti cittadini che, sulla base di quelle risorse, si aspettano investimenti e interventi da molto tempo, perché non si hanno notizie al riguardo; si tratta di un argomento su cui credo torneranno anche altri colleghi.
  Le chiederei quindi una riflessione e un chiarimento su questo punto, visto che lei ha parlato della necessità di dare centralità e di definire una sede istituzionale di confronto per i comuni montani, laddove immagino che per montani si intenda i comuni più piccoli, non solo delle zone alpine, ma anche del resto del Paese; tanti comuni in zone considerate montane avevano ricevuto alcune risposte, ma oggi mancano o sono nell'incertezza di chi siano gli interlocutori.

  SIMONA BORDONALI. Molte delle domande che avrei voluto porre alla Ministra Stefani sono già state anticipate, quindi più che altro volevo ringraziarla per la sua presenza e per la puntualità e precisione con cui ci ha informato circa tutto il duro lavoro che sta realizzando. Da ex assessore della regione Lombardia sono consapevole di quelle che sono le necessità di alcune regioni; in particolare con il collega Corbetta si è lavorato molto in regione Lombardia per arrivare a questo punto e si sta realizzando quello che i cittadini lombardi attendono da molto tempo.
  Da lei abbiamo appreso che ora sono numerose le regioni che si sono accodate al processo di Lombardia e Veneto, e questo sta a testimoniare l'esigenza di un processo di autonomia differenziata su tutto il territorio nazionale, quindi secondo me è necessario svolgere ulteriori riflessioni su questa richiesta che arriva dal territorio.
  Lei ha parlato, giustamente, di una necessità di autonomia, soprattutto per quanto riguarda le materie concorrenti, che hanno portato spesso a numerose impugnative nei confronti delle leggi regionali; io penso che questo sia uno dei punti essenziali su cui trovare l'accordo e dare maggiore autonomia alle regioni, ma anche l'aspetto finanziario toccato in alcuni interventi è molto importante.
  Abbiamo appreso dai giornali che ci si augura che di riuscire, in particolar modo per la regione Veneto, a giungere al termine del procedimento per ottobre, in coincidenza con il disegno di legge di bilancio. Io penso che sia un punto fermo, col quale mi auguro si possa realizzare e concludere il procedimento.
  Termino ringraziandola, ovviamente, anche perché, come ha ribadito più volte, non è indicato il procedimento che lei deve seguire. Il lavoro che sta realizzando in questi mesi è sicuramente molto difficoltoso e molto impegnativo – essendo autonomie differenziate, dalle varie regioni arrivano richieste differenti –, ma ritengo che darà risposte concrete alle domande del territorio, che, ricordiamo, sono giunte da un numero elevato di elettori lombardi e veneti che hanno votato al referendum. Grazie per il lavoro che sta facendo.

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  STEFANO COLLINA. Signor Ministro, Signora Ministra, non so come preferisce essere chiamata...

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Erika!

  STEFANO COLLINA. Erika, dopo cinque anni in Senato, ci conosciamo abbastanza.
  Mi scuso, intanto, perché dal Senato sono arrivato leggermente in ritardo, ma vorrei svolgere una brevissima riflessione per sollecitare la Ministra Erika Stefani a sviluppare un piccolo ragionamento.
  La scorsa legislatura abbiamo cercato di dare una visione strategica al rapporto tra i vari livelli istituzionali presenti nel nostro Paese. Le abbiamo chiamate riforme. Noi siamo un partito riformista, e quindi questo è assolutamente coerente.
  Dopodiché, comincia una nuova legislatura, si fa un contratto, ci sono due Governi sostanzialmente presenti nel nostro Paese che cercano di trovare giorno dopo giorno delle sintesi su tanti temi rispetto ai quali la pensano diversamente. Uno dei temi è sicuramente quello del rapporto tra le istituzioni e la segmentazione istituzionale presente nel nostro Paese.
  Pensiamo che il Movimento 5 Stelle non partecipa alle elezioni provinciali quando sono indette, perché non ha mai ritenuto che la provincia fosse un livello istituzionale necessario a questo Paese. Diversamente, la Lega ha un punto di vista assolutamente differente.
  Nell'ultimo decreto-legge, cosiddetto «milleproroghe» ci sono delle norme importanti da questo punto di vista: la sospensione dei termini rispetto all'esercizio delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni, compresi quelli di montagna; l'istituzione di un tavolo permanente per lo studio della riorganizzazione istituzionale. Vengono realizzati interventi che prefigurano lo smontaggio e il rimontaggio di alcuni meccanismi, ma il disegno strategico non si vede, o meglio non è dichiarato. Probabilmente ci sarà; anzi credo lo abbiate sicuramente.
  Secondo me, è tempo di esplicitarlo; e io chiedo se quest'esplicitazione può avvenire. Credo che su questo possa nascere, giustamente, un confronto importante tra le varie forze politiche sulla visione della riorganizzazione del nostro Stato, che tutti vogliamo essere efficiente, funzionale, capace di ridurre le disomogeneità presenti nel nostro Paese, che sono di vari tipi e su vari piani, e che sono sotto gli occhi di tutti.
  Questo credo che sia un tema che va esplicitato, e per quello che potrà dire la ringrazio fin da ora.

  ENRICO BORGHI. Preliminarmente, rivolgo un augurio di buon lavoro alla Ministra, poi formulerò un'osservazione e una domanda.
  L'osservazione è la seguente. Ha colpito molto, per chi ha una certa esperienza del sistema delle autonomie locali, la lettura del cosiddetto contratto di programma, che attorno a questi temi non entra nel merito e par di intendere che sostanzialmente si rimandi la questione dell'intelaiatura istituzionale del nostro Paese alla definizione degli assetti connessi con la cosiddetta autonomia differenziata, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Occorrerebbe esplicitarlo, ma se così fosse, dal nostro punto di vista, si rischierebbe di commettere un errore, o meglio bisogna tenere in conto il fatto, e questa è la domanda, che occorre sciogliere il nodo dal punto di vista dell'impalcatura istituzionale del sistema delle autonomie locali.
  Noi arriviamo da stagioni di dibattito molto forte su quest'aspetto. Sarebbe interessante capire, in buona sostanza, se quello dell'applicazione dell'articolo 114 della Costituzione è il tema fondamentale di questa legislatura o se si ritiene di dover nuovamente porre mano al livello istituzionale degli enti costituzionalmente previsti, come peraltro già fatto in passato. Se così fosse, evidentemente occorre impostare un'azione di un certo tipo.
  Vorrei sapere se, invece, si intenda partire dai contenuti dell'articolo 114 e attorno a questi costruire quel percorso di adeguamento legislativo, amministrativo e ordinario che in questo Paese non è mai stato fatto, perché è un Paese singolare, signora Ministra, e lei lo sa bene, quello in cui si fanno le riforme e poi chi arriva dopo Pag. 10si incarica di smontarle. Sarebbe già una notizia se il sistema istituzionale sotto questo profilo si fermasse, riconoscesse che il livello istituzionale delle autonomie è quello, è dato, e su questo si aprisse una discussione sulla modalità con cui declinarlo.
  Se così fosse, evidentemente si potrebbe entrare nel merito di una serie di questioni, che sono state anche oggetto delle riflessioni qui svolte. Questo è un punto su cui credo quest'audizione possa essere importante per chiarire quale sia il reale intendimento del Governo.
  Su altre questioni che sono state citate, faccio due flash.
  Anzitutto, le preannuncio che, come gruppo del Partito Democratico, presenteremo un'interrogazione urgente in Aula per chiedere l'applicazione della legge n. 158 del 2017, la cosiddetta legge sui piccoli comuni. C'è un fondo di dotazione di 160 milioni i cui bandi non sono ancora stati emanati. Manifestiamo qui la preoccupazione che questi fondi rischino di fare la fine di altri fondi che sono stati definanziati nel corso della recente discussione. E avremmo un'ulteriore problematicità che riguarda i territori delle aree più fragili.
  Da ultimo, faccio una considerazione che arriva anche da un'esperienza di carattere personale, signora Ministra.
  Il suo dicastero in passato è stato il punto di riferimento non solo degli affari regionali, ma dell'intero sistema delle autonomie locali. Non a caso, in passato si è anche chiamato così. Potrebbe avere una funzione forte di problem solving e di forte impulso per l'applicazione della strategia nazionale delle aree interne a cui i colleghi facevano riferimento in precedenza.
  Sotto questo profilo ci interessa sapere se quella competenza è rimasta incardinata nell'ambito della coesione territoriale o presso altre strutture della Presidenza del Consiglio, ma in ogni caso quella strategia si attua se c'è una forte sinergia tra lo Stato centrale, le regioni e le autonomie locali. Immaginare, quindi, di attribuire anche una funzione che va al di là del coordinamento, nella direzione di un forte impulso, potrebbe essere un percorso di lavoro.
  Ricordo che la strategia nazionale delle aree interne comporta l'obbligo di dar vita alla federazione delle aree interne. Per definizione, credo che potrebbe essere la struttura da lei retta il luogo nel quale questo tipo di attività si possa svolgere. Su questo sarebbe interessante sapere, qui o in altre occasioni, qual è il suo punto di vista.

  FRANCESCO FORCINITI. Alla Ministra, che ringrazio per l'occasione di confronto che ci dà, vorrei chiedere qualche chiarimento riguardo alla concreta attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che dispone la possibilità per le regioni di chiedere maggiore autonomia funzionale, con riguardo soprattutto all'aspetto dei cosiddetti residui fiscali, che sono la differenza tra quanto una regione incassa e quanto riceve sotto forma di servizi.
  È vero che l'articolo 116, terzo comma, prevede questa possibilità, ma è altrettanto vero che questo, a norma del successivo articolo 117, dovrebbe continuare ad avvenire a saldi invariati, nel senso che la regione che ottiene un'attribuzione maggiore di competenze, riceve dallo Stato centrale quella quota di finanziamenti, e solo quella, che lo Stato centrale spendeva per l'erogazione di quella parte di servizio. Diversamente, non essendoci nell'articolo 117, tra le materie oggetto di trattativa, quella delle entrate fiscali, secondo me si andrebbe un po’ oltre i limiti imposti dalla nostra Carta costituzionale. Vorrei un chiarimento su questo.
  Se la maggiore attribuzione di competenze alle regioni che ne faranno richiesta a seguito di trattativa sarà fatta «a saldi invariati», allora potrà essere qualcosa su cui ragionare, che potrà permettere all'amministrazione pubblica di fornire servizi di prossimità anche più efficaci e più vicini al cittadino. Diversamente, si correrebbe il rischio, secondo me, di ampliare quella forbice, quel gap, tra nord e sud in termini di qualità della vita e di fruizione dei servizi.
  Credo che, anche in ragione di quello che l'articolo 119 sommessamente ci suggerisce, dovremmo andare nella direzione opposta, ossia quella di un Paese più solidale, che si prodighi per ridurre le differenze Pag. 11 tra aree geografiche del nostro territorio, anziché magari, seppure indirettamente, pur perseguendo fini nobili, ampliarle.
  Vorrei chiederle questo: può escludere il fatto che le entrate fiscali possano essere oggetto di trattativa ex articolo 116, terzo comma?

  PRESIDENTE. Sono così conclusi gli interventi.
  Do la parola alla Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Erika Stefani, per la replica.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Vi ringrazio, colleghi, per gli stimoli che mi state dando, per approfondire alcune tematiche e magari per fare dei ragionamenti.
  Per quanto riguarda la collega Tripodi, relativamente alla possibilità che i parlamentari possano partecipare come uditori in sede di Conferenza Stato-Regioni e unificata, UPI e ANCI, per assistere è sufficiente fare una richiesta. A questo punto, me l'aspetto.
  Per quanto riguarda il collega Cattoi, potremmo parlare veramente tantissimo della montagna. Anch'io vengo da una zona interessata da fenomeni di spopolamento e di difficoltà di gestione, soprattutto in quei comuni di montagna dove persino i servizi iniziano a scarseggiare. È difficile tenere la gente a vivere in comuni di montagna, dove magari non hai più le Poste, non c'è più un negozietto di prossimità, ci sono problemi di viabilità. Di questioni che riguardano la montagna potremmo stare qui a parlare diffusamente. Spero che l'occasione degli Stati generali possa essere anche quella in cui riusciamo a parlare e ad avere il maggior numero di interlocutori possibili.
  Passo alle considerazioni del collega De Menech, con il quale condivido la patria veneta e che ringrazio per le occasioni di discussione che solleva.
  Riguardo alla scelta di un tipo di norma invece che di un'altra, se fare una legge delega o non farla, se riutilizzare un altro tipo di schemi, è certo che nulla esclude che possa essere una legge delega. Qui si è aperta sicuramente una discussione non tra politici, ma forse più da cattedratici, da professori di diritto costituzionale, che si confrontano sulla possibilità di utilizzare lo strumento della legge delega. Sono state sollevate delle perplessità sull'utilizzo di un sistema come di un altro.
  Questo che cosa riguarda, fondamentalmente? Mi riferisco alla questione se la procedura della legge rinforzata, cioè l'approvazione a maggioranza assoluta, da parte dei componenti di Camera e Senato, possa essere rispettata nel momento in cui venga poi emanato un decreto legislativo, che è sottoposto al solo parere delle Camere. Alcuni dubbi e perplessità sono stati sollevati. Anch'io ho ritenuto di svolgere delle profonde valutazioni. È una scelta che aspetterà sicuramente alla sede parlamentare.
  Se si riuscisse, secondo me, a costruire un'intesa senza ricorrere al meccanismo della delega, rafforzerebbe anche di più la stessa autonomia attribuita, altrimenti un decreto legislativo potrebbe essere mutato a seconda di un cambiamento di Governo, magari con visioni e valutazioni diverse che si possono succedere nel momento in cui la ruota della politica gira. Un'intesa nella quale fossero sviscerate le singole competenze avrebbe la possibilità di rendere lo strumento dell'autonomia più solido, passatemi quest'espressione.
  Per modificare, infatti, la legge che recepisce l'intesa, ci sarebbe bisogno di cambiare l'intesa, con tutto un meccanismo molto complesso, che vede in posizione quasi paritaria Stato e regioni.
  Per quanto riguarda le risorse finanziarie, ritengo che lo strumento utilizzato nelle stesse pre-intese rappresenti un'impostazione con la quale continuare. È imprescindibile che l'attribuzione delle competenze nel momento iniziale non possa avvenire se non con un calcolo del costo storico. Non vedo quale possa essere una valutazione di tipo diverso. Tra l'altro, è un meccanismo che era stato inserito anche nelle pre-intese.
  È nell'idea del superamento del costo storico che ci sarebbe la grande possibilità da concedere alle regioni per arrivare alla determinazione proprio di costi standard. Pag. 12Sarebbe veramente l'obiettivo al quale penso che tutti noi dovremmo arrivare. Non è sicuramente un obiettivo che si può raggiungere in pochi mesi. Occorrono anni, perché questo richiede un grandissimo controllo da parte delle regioni dei propri bilanci e anche una cultura da parte degli stessi amministratori regionali affinché si abbia un bilancio e un modo di gestione della cosa pubblica assolutamente virtuosi.
  Sicuramente, con il Ministero dell'economia e delle finanze si è in continuo raccordo, in continuo confronto. Comunque, ritengo che su questo – posso sicuramente scriverlo già fin da ora – il punto sia il costo storico. Dico, a chi dubita che ci possa essere una problematica di depauperamento del sistema Italia, che ritengo che essa possa essere scongiurata proprio da questo tipo di meccanismo del costo storico.
  La legge che recepisce l'intesa non potrà essere che con un saldo zero considerato in tutto il contesto della nostra nazione, ovvero il costo che era in capo ai ministeri deve passare alla regione. Passa la competenza, passa il costo.
  Il collega De Menech forse fa riferimento ai bandi che erano stati previsti nella precedente legislatura dal collega Enrico Costa. Penso che siano quelli. Le graduatorie sono state approvate proprio da pochissimo.
  Per quanto riguarda gli Stati generali della montagna, è giustissimo quello che dice il collega, giustissimo. Penso, infatti, che la parte più difficile per costruire gli Stati della montagna sia proprio stabilire chi sono gli interlocutori, i soggetti che possono apportare un contributo all'esame della questione.
  Io sono a disposizione, del resto il deputato Roger De Menech viene da un'area come quella della provincia di Belluno, dove di montagna si parla a colazione, a pranzo e a cena, e quindi potrà sicuramente darmi eventuali indicazioni anche di soggetti che ritenga possano essere degli ottimi interlocutori al riguardo.
  Per quanto riguarda il collega Corbetta, egli parlava della richiesta di autonomia e della problematica che riguarda la situazione e la stessa gestione dell'amministrazione all'interno di alcune regioni.
  Non dico che l'autonomia debba essere un meccanismo premiale, ma è ovvio che se vengono attribuite delle competenze, devono essere attribuite a regioni in grado di gestire quelle competenze. Di certo il regionalismo differenziato non deve essere un modo di esonerare lo Stato dal controllo dei livelli dei servizi erogati sul territorio.
  Relativamente al meccanismo dell'attribuzione della competenza – mi permetto di considerarla così – si tratta di una forma di diritto che le regioni possono richiedere, ma è sempre una competenza statale, quindi non si può dire che, una volta attribuita, tale competenza non può più tornare allo Stato. Ritengo che il meccanismo debba prevedere sempre un controllo da parte dello Stato centrale. Non deve accadere che una competenza attribuita sia poi una competenza mal gestita, che può portare a un'erogazione di servizi difficoltosa o indegna.
  Per quanto riguarda la tempistica, come sapete voi, che siete colleghi parlamentari, penso che una delle questioni più difficili sia fissare effettivamente delle date e riuscire a fare delle previsioni in tal senso. Sapete come sono i nostri meccanismi, abbastanza articolati.
  Quello che auspico, per quanto riguarda le regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, soprattutto il Veneto e la Lombardia, che hanno su questi temi un lavoro già cominciato da tempo – abbiamo questi tavoli trilaterali praticamente conclusi – è che si possa arrivare ad abbozzare un'intesa nello spazio di un mese.
  Per quanto riguarda l'approvazione della legge, ovviamente questo dipenderà anche dai tempi parlamentari.
  Anche il collega Marco Di Maio mi ha chiesto della tempistica. Spero di aver risposto.
  Lo stesso collega marco Di Maio ha poi fatto una considerazione che penso venga anche a nostro supporto. Egli ha infatti richiamato il fatto che l'Emilia-Romagna ha avanzato una richiesta di autonomia e che il governatore dell'Emilia-Romagna appartiene a una linea politica diversa sicuramente Pag. 13 da quella dell'attuale Governo: questo a maggior ragione per dire che l'autonomia non è né di destra né di sinistra. La valutazione che deve essere fatta deve essere assolutamente scevra da questi elementi di tipo politico, nel senso della politica di parte. Allo stesso modo, non è una questione nord-sud, visto che appunto le richieste di autonomia provengono anche da alcune regioni che di certo non possono essere considerate appartenenti al nord-est.
  Mi parlava poi dei bandi delle aree interne. Ritengo che possano rispondere i ministeri che hanno competenze dirette in tali materie. Intendeva riferirsi anche ai bandi periferie?

  MARCO DI MAIO. Solo alle aree interne.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Noi abbiamo dei bandi che riguardano comuni, iniziati anche nella precedente legislatura. Attendo gli Stati generali della montagna per poi fare, sulla base delle indicazioni che ne verranno, i bandi.
  Ringrazio la collega Bordonali, che mi fa i ringraziamenti, ma magari aspettiamo che io finisca il lavoro e vediamo se riesco a fare quello che devo fare. Per adesso ringrazio per la fiducia.
  Il collega Collina pone delle tematiche di grandissimo respiro e di interpretazione molto ampia di quella che è forse un'idea di Stato.
  Non so se posso esaurire l'argomento con una semplice risposta che posso dare qui. Sarebbe molto interessante che un po’ tutti i partiti si ponessero il tema della visione di quello che vogliamo che l'Italia diventi.
  Di certo, negli ultimi anni abbiamo avuto un modo un poco psicotico di interpretare le stesse istituzioni. Ci troviamo a distanza di poco tempo dallo svolgimento di un referendum sulle riforme costituzionali del Governo precedente (risalente al 4 dicembre 2016): in quella riforma vi era una norma per la quale si prevedeva il trasferimento delle competenze concorrenti, che, dalle regioni, venivano trasferite direttamente allo Stato. Nello spazio di neanche due anni, si è passati a parlare di regionalismo differenziato e a quelle richieste di autonomia. È veramente particolare che la storia politica del nostro Stato registri questi andamenti.
  Penso, e spero che possiate anche condividere con me questa considerazione, che l'Italia è fatta di regioni, che però, come gli stessi comuni, non sono solo dei tratti di penna tracciati su una carta, su una mappa. Hanno una grandissima valenza interna, identitaria, culturale, di tradizioni. A mio avviso, la grande forza dell'Italia, oltre al fatto che siamo italiani, nel bene o nel male, ma soprattutto nel bene, è proprio nel fatto che il regionalismo è una qualità enorme di questo Stato, che è proprio nel nostro DNA, un DNA che nasce dalla nostra storia. In modo variegato, ma oggi ci si sente umbri, campani, sardi, e proprio sulla diversità che c'è tra le regioni possiamo costruire qualcosa di enorme.
  Per questo penso che lo strumento del regionalismo differenziato sia un modo diverso di interpretare il rapporto Stato-regioni e di cercare di portare ad un alleggerimento delle competenze dello Stato centrale, ovviamente salvo mantenere le norme di coordinamento e di coesione generale, perché altrimenti dovremmo parlare di una disgregazione statale, che non si vuole e che assolutamente non deve essere un obiettivo. Si possono attribuire competenze alle regioni in modo da trasferire il potere decisionale al livello territoriale.
  Come dice lei giustamente, l'articolo 114 della Costituzione parla di regioni, province, comuni. Quello è il dettato costituzionale. Quello che dobbiamo fare è intersecare questi poteri, ma in modo da rendere ciascuno funzionante.
  A me dispiace sentire i sindaci che si lamentano del fatto di sentirsi come delle specie di commissari, perché è stato tolto loro tanto e si trovano soltanto a gestire quelle «quattro piccole risorse» per decidere se asfaltare una strada o mettere un lampione.
  Anche il collega Enrico Borghi mi suggerisce una valutazione sull'intelaiatura generale Pag. 14 del sistema, che era quello che volevo dire: quest'immagine di Stato che penso potrebbe essere veramente una soluzione e anche un modo di responsabilizzare le singole regioni. Il collega conosce bene i sistemi e, sicuramente, quello che vuole sostenere è un confronto di altissimo valore, su cui sarebbe veramente auspicabile che tutti noi ci soffermassimo un momento per dirci che tipo di Italia vogliamo.
  Per quanto riguarda l'interrogazione sul fondo dei piccoli comuni, non credo che sia mia competenza, ma nel momento in cui sarà presentata l'interrogazione, sono a disposizione per verificare le questioni poste tra le quali quella relativa alle aree interne.
  Non so se ho già risposto al collega Forciniti. Penso che volesse sempre parlare della questione dell'aspetto finanziario e di applicazione dell'articolo 116 della Costituzione.
  Come dicevo, l'attribuzione delle competenze dovrebbe arrivare praticamente a invarianza di costi, ovviamente sul contesto generale dello Stato. Nel momento in cui, cioè, vengono attribuite le competenze, all'inizio il meccanismo non può essere che quello del trasferimento del costo storico di quella competenza gestita a livello centrale e trasferita, attribuita, alla regione. Questo non dovrebbe comportare il rischio, come lei giustamente richiamava, di aumentare il divario tra nord e sud, che dobbiamo assolutamente combattere.

  PRESIDENTE. Ringrazio la Ministra, a nome di entrambe le Commissioni, di Camera e Senato, per l'odierna audizione sulle linee programmatiche.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.10.