XVIII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 1 di Mercoledì 4 luglio 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ruocco Carla , Presidente ... 3 

Audizione del Direttore dell'Agenzia del demanio, Roberto Reggi, sulle tematiche relative all'operatività dell'Agenzia (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Ruocco Carla , Presidente ... 3 
Reggi Roberto , Direttore dell'Agenzia del demanio ... 3 
Ruocco Carla , Presidente ... 8 
Maniero Alvise (M5S)  ... 8 
Ruocco Carla , Presidente ... 9 
Reggi Roberto , Direttore dell'Agenzia del demanio ... 9 
Cattaneo Alessandro (FI)  ... 9 
Reggi Roberto , Direttore dell'Agenzia del demanio ... 9 
Ruggiero Francesca Anna (M5S)  ... 10 
Reggi Roberto , Direttore dell'Agenzia del demanio ... 10 
Pastorino Luca (LeU)  ... 11 
Ruocco Carla , Presidente ... 11 
Ruggiero Francesca Anna (M5S)  ... 11 
Reggi Roberto , Direttore dell'Agenzia del demanio ... 12 
Martinciglio Vita (M5S)  ... 12 
Reggi Roberto , Direttore dell'Agenzia del demanio ... 13 
Martinciglio Vita (M5S)  ... 13 
Reggi Roberto , Direttore dell'Agenzia del demanio ... 13 
Martinciglio Vita (M5S)  ... 13 
Reggi Roberto , Direttore dell'Agenzia del demanio ... 14 
Ruocco Carla , Presidente ... 14 
Gusmeroli Alberto Luigi (LEGA)  ... 14 
Mancini Claudio (PD)  ... 14 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 15 
Cavandoli Laura (LEGA)  ... 15 
Ruocco Carla , Presidente ... 15 
Reggi Roberto , Direttore dell'Agenzia del demanio ... 16 
Gusmeroli Alberto Luigi (LEGA)  ... 16 
Reggi Roberto , Direttore dell'Agenzia del demanio ... 16 
Ruocco Carla , Presidente ... 17 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata dall'ingegner Reggi ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
CARLA RUOCCO

  La seduta comincia alle 12.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Direttore dell'Agenzia del demanio, Roberto Reggi, sulle tematiche relative all'operatività dell'Agenzia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Direttore dell'Agenzia del demanio, Roberto Reggi, sulle tematiche relative all'operatività dell'Agenzia.
  Con questa audizione si apre il ciclo di incontri che la Commissione ha programmato di svolgere in avvio di legislatura, volti ad una prima ricognizione sull'operatività dell'amministrazione finanziaria e necessari per approfondire profili di interesse della Commissione finanze.
  Con l'auspicio di una proficua collaborazione, cedo subito la parola all'ingegner Reggi, anche al fine di lasciare tempi adeguati per il successivo dibattito.

  ROBERTO REGGI, Direttore dell'Agenzia del demanio. Grazie, presidente, grazie, onorevoli deputati, per l'invito che mi consentirà di illustrare l'attività e i principali investimenti che l'Agenzia del demanio ha in corso.
  L'Agenzia del demanio ha in gestione una quota consistente del patrimonio pubblico, in particolare il patrimonio pubblico dello Stato, e ha come mission e obiettivo quella di gestirlo in maniera efficiente, aumentandone progressivamente il valore, ma ha anche il compito e l'obiettivo di diminuire la spesa pubblica corrente, in particolare razionalizzando e riducendo le locazioni passive, oltre che creare sviluppo attraverso gli investimenti sul patrimonio pubblico diretto o in partnership con il privato.
  Vediamo quale patrimonio dello Stato viene gestito dall'Agenzia del demanio. Si tratta di un patrimonio che, come dato consolidato al 31 dicembre 2017, è costituito da oltre 43.000 immobili, circa 30.000 fabbricati e per il resto terreni, per un valore complessivo di 60,5 miliardi di euro. Un patrimonio che è suddiviso, come utilizzo, per l'84 per cento del valore in uso governativo. Mi riferisco ai Ministeri, nelle loro sedi centrali o nelle articolazioni territoriali, ai presìdi di sicurezza, alle agenzie, cioè a tutto il patrimonio della Pubblica amministrazione centrale.
  Vi è poi il demanio storico-artistico che è l'altro patrimonio indisponibile, che è inalienabile, e che è rappresentato dalle sedi del Ministero dei Beni culturali, dai musei, da alcune università, ma anche da beni inalienabili e strategici come i fari costieri, che sono tuttora funzionanti, e le miniere.
  Infine, vi è una quota, ridotta in termini di valore, che è il patrimonio alienabile, disponibile, che vale solo il 4 per cento del complessivo, quindi 2 miliardi di euro, ma come numero è molto rilevante, in quanto rappresenta oltre un terzo del numero di immobili che noi gestiamo (quindi con un valore medio molto basso). Parliamo, oltre Pag. 4che di caserme abbandonate o comunque non più strategiche per la difesa, di immobili poco significativi, ma anche di reliquati, di strade, di sedimi di ferrovie, insomma di beni di scarso valore economico. Come vedete, infatti, il valore medio è di 130.000 euro per ciascun immobile. Il demanio storico-artistico ovviamente ha un valore medio che è dieci volte superiore e addirittura i beni in uso governativo di venti volte superiore, anche per le dimensioni che hanno.
  Nel rappresentare l'intero patrimonio pubblico sottolineo che non tutto ovviamente è in gestione al demanio: sono esclusi il demanio militare, il demanio marittimo, il demanio idrico e i beni in gestione diretta al Ministero dei beni culturali, in particolare i monumenti storici, i monumenti nazionali, alcuni aeroporti o comunque basi della Difesa, i beni dell'ANAS, le autorità portuali, l'ENAC e i beni all'estero, come le Ambasciate e i Consolati.
  Questo patrimonio negli ultimi anni è stato gestito nel modo seguente: è stata progressivamente alienata la parte alienabile, di scarso valore, quindi siamo passati dai 47.000 beni ai 43.000 attuali, ma contemporaneamente, grazie ad investimenti, abbiamo aumentato il valore sui beni in uso governativo, che sono quelli strategici. Lo abbiamo fatto con un personale che al 31 dicembre 2017 è costituito da 1.052 unità, personale abbastanza giovane (43 anni di media), metà uomini e metà donne, il 62 per cento sono laureati, un personale che è prevalentemente collocato sul territorio nelle 17 Direzioni territoriali (il 77 per cento risiede lì) che hanno la gestione dell'operatività dell'Agenzia, con una Direzione generale che invece ha più compiti di indirizzo e coordinamento.
  Il numero di dirigenti è in diminuzione: sono 45, metà in Direzione centrale e metà in Direzioni territoriali. In questi ultimi anni, il personale è stato progressivamente decentrato ulteriormente sul territorio, con un'assunzione che sta continuando in questo anno, in particolare con l'incremento del 10 per cento di personale tecnico per gestire l'imponente mole di investimenti che ci è stata affidata; quindi più tecnici, meno dirigenti e un investimento nella conciliazione dei tempi di vita del lavoro, nel senso che oltre il 10 per cento del personale sfrutta già le opportunità offerte dal lavoro agile.
  Cosa fa questo personale? Innanzitutto lavora per il mantenimento del valore dei beni. In questi ultimi anni vi è stato un incremento di capacità di spesa molto rilevante, che ha consentito di far fronte alle manutenzioni ordinarie del patrimonio pubblico dello Stato. Come vedete, si tratta di un incremento significativo negli ultimi anni e soprattutto si registra una riduzione delle spese per locazioni passive, con l'obiettivo di ridurre la spesa pubblica.
  Le locazioni passive al 2014 ammontavano a oltre 900 milioni di euro l'anno di spese complessive della Pubblica amministrazione centrale. In questi anni abbiamo investito, recuperando immobili pubblici abbandonati e rilasciando progressivamente immobili privati per i quali pagavamo canoni di affitto anche piuttosto rilevanti.
  Una legge dello Stato ci impone di ridurre del 50 per cento la quota di locazioni passive cosiddetta «aggredibile», quindi dei 900 milioni circa 300 milioni sono considerati aggredibili e li stiamo riducendo con una serie di investimenti, alcuni dei quali hanno già prodotto risultati. Siamo arrivati a una riduzione del 38 per cento già al 2018 rispetto al 2014 e al 2022 arriveremo a una riduzione del 71 per cento, con investimenti già programmati e già in corso, quindi ben oltre l'obiettivo di legge.
  Le restanti quote di spese di locazioni passive sono rappresentate alla base dai presìdi di sicurezza – che per definizione sono distribuiti in tutti i comuni d'Italia, in particolare le stazioni dei Carabinieri, Polizia e Guardia di finanza, e non possono quindi essere razionalizzate –, dagli organi e dagli enti costituzionali. Questa viene considerata una base non aggredibile o comunque aggredibile solo parzialmente.
  Vi è poi una quota che è rappresentata dalla fascia centrale cosiddetta dei Fondi FIP e Patrimonio Uno, che sono immobili che nel 2004-2005 vennero venduti a Fondi immobiliari, che hanno mantenuto l'uso governativo e che proprio per l'accordo Pag. 5fatto allora sono stati vincolati a una locazione fino al 2022-2023 con valori bloccati; quindi questa quota non è aggredibile, almeno fino al 2023.
  Per questa stiamo lavorando, individuando gli immobili strategici, che sono circa 150 e che quindi dovranno mantenere l'occupazione, pensando ad un riacquisto attraverso enti dello Stato all'interno del perimetro pubblico come INAIL e Invimit, oppure con enti partecipati dallo Stato, come Cassa Depositi e Prestiti, oppure mantenendo la locazione e rinegoziando con i proprietari a prezzi di mercato – quindi non ai prezzi attuali, che sono molto più alti –, mentre per i non strategici l'impegno è quello di rilasciarli, collocando gli uffici delle pubbliche amministrazioni centrali in immobili dello Stato oppure in altri immobili a locazione più conveniente.
  L'attività del personale è anche rivolta alle vendite, che sono state coerenti con gli indirizzi del Ministero dell'economia e delle finanze, che è il Ministero vigilante dell'Agenzia. Come vedete, mediamente negli ultimi tre anni ammontano a circa 1 miliardo di euro l'anno. Dico mediamente perché hanno avuto dei picchi più alti nel 2014, quando i beni disponibili erano più appetibili per il mercato, sia quelli dello Stato che quelli delle amministrazioni locali e degli enti di previdenza, e poi via via livelli sempre più bassi, venendo meno quei beni di una certa rilevanza per il mercato.
  Nel 2017 il valore è più basso, ma, come vedete nella slide, è tratteggiato perché non è ancora un dato consolidato; probabilmente quando avremo i dati delle dismissioni delle amministrazioni locali si assesterà attorno ai 900 milioni, quindi consolidando quel dato che è l'obiettivo del DEF degli ultimi anni.
  Il personale è però soprattutto impegnato negli investimenti per aumentare il valore del patrimonio e recuperare immobili oggi abbandonati o poco utilizzati. Come vedete, grazie anche all'aumentata capacità di spesa dell'Agenzia del demanio in questi ultimi anni, all'Agenzia è stato dato un montante di risorse molto più rilevante rispetto al passato. Nel 2014 erano infatti circa 300 i milioni disponibili per gli investimenti, oggi siamo arrivati a 3 miliardi e 230 milioni di risorse disponibili già impegnate nei progetti che vedremo successivamente.
  Questi si possono suddividere in due grandi categorie: interventi di razionalizzazione e di accorpamento in poli della pubblica amministrazione centrale, i cosiddetti «federal building», per 1 miliardo e 700 milioni, e il restante 1,5 miliardi per far fronte alla messa in sicurezza del patrimonio in uso governativo, come ci è stato richiesto dal MEF per i prossimi anni.
  Questi investimenti sono distribuiti in maniera capillare in tutto il Paese. In ogni regione vi è uno o più interventi di grande rilevanza. Parlo di interventi che mediamente valgono dai 30 ai 50 milioni di euro e che recuperano vecchie caserme o comunque imponenti edifici pubblici e concentrano in essi tutta la pubblica amministrazione centrale, rilasciando le locazioni passive. Vi sono poi le cittadelle della giustizia che, recuperando ex carceri oppure anche vecchie caserme, realizzano nuove cittadelle di giustizia dove vi è la necessità, fino ad altri interventi di grandi razionalizzazioni nelle città.
  Questi sono soltanto i primi interventi, cioè tutti i progetti che sono in corso di progettazione o di esecuzione, alcuni addirittura in fase di collaudo.
  L'altro, grande progetto di investimenti è la riqualificazione sismica ed energetica per mettere in sicurezza e in efficienza il patrimonio dello Stato. Discende dal cosiddetto «Progetto Casa Italia» ed è la messa in sicurezza nei prossimi anni dei 34 milioni di metri quadri di superficie in uso governativo. In cosa consiste questa messa in sicurezza? Consiste nella diagnosi sismica, a cui abbiniamo quella energetica, di tutto il patrimonio in uso governativo, a partire dalle zone rosse, quelle più a rischio dal punto di vista sismico, seguite poi da quelle arancioni, gialle e infine bianche. Quindi un programma di lavoro di messa in sicurezza che durerà per i prossimi dieci anni almeno e che ad oggi gode di questo miliardo e mezzo iniziale per fare tutte le diagnosi e quindi individuare gli interventi da realizzare. Pag. 6
  Dicevo prima che a queste diagnosi sismiche abbiamo abbinato da subito le diagnosi energetiche, perché l'obiettivo di efficientamento è quello di ridurre la bolletta energetica che lo Stato paga, che ammonta a circa 1 miliardo e 100 milioni di euro e che a regime, quando avremo realizzato l'efficientamento energetico di quasi 34 milioni di metri quadri, ridurremo di circa un terzo.
  I primi interventi di cui abbiamo avviato la realizzazione riguardano ovviamente i presìdi di sicurezza (Vigili del fuoco e Carabinieri in particolare). Sulla riqualificazione energetica la prima gara massiva ha riguardato 93 caserme dei Vigili del fuoco distribuite in tutto il Paese, sulla riqualificazione sismica abbiamo ottenuto solo recentemente le risorse da parte del Commissario straordinario, quindi siamo in grado di completare la progettazione e l'esecuzione delle prime ricostruzioni delle 41 stazioni dei Carabinieri concentrate in particolare nelle Marche, in Umbria, nel Lazio e in Abruzzo, quindi nel cratere interessato dal terremoto del 2016.
  Siamo partiti due settimane fa con il primo bando, la prima gara che mette l’audit sismico energetico insieme al BIM (Building Information Modeling), che è appunto la realizzazione di quel fascicolo immobiliare dinamico che accompagna la vita dell'immobile, sia nella parte di progettazione che nella parte di manutenzione, in tutto il periodo di esistenza dell'immobile. Si tratta quindi di interventi che ci consentono anche di innovare la gestione dell'immobiliare pubblico in uso governativo.
  Oltre agli investimenti vi sono altre attività rilevanti che l'Agenzia del demanio gestisce, in particolare nel rapporto con il territorio. Un'attività che ci ha impegnato moltissimo in questi anni e che sta effettivamente realizzando obiettivi di grande rilevanza è il federalismo demaniale.
  Il federalismo demaniale è una legge del 2010 che ha avuto un processo di attuazione piuttosto lungo, dal 2014 stiamo riuscendo a trasferire i beni gratuitamente agli enti territoriali in cambio di impegni di valorizzazione degli immobili stessi, quindi a fronte di ogni bene trasferito vi è un progetto di valorizzazione del bene che può essere recupero per uso pubblico piuttosto che locazione attiva, iniziative di interesse della comunità, fino ad arrivare alla vendita.
  Abbiamo trasferito 5.021 beni (dati aggiornati a maggio di quest'anno) a fronte di altrettanti progetti di sviluppo e riqualificazione, per un valore di circa 1 miliardo e 830 milioni di euro, a 1.324 enti territoriali. Questa attività di interlocuzione e relazione con gli enti territoriali è una delle nostre attività più rilevanti, che ci consente di realizzare progetti (qui ne sono raccolti alcuni, ma potremmo farvi avere l'elenco complessivo con tutti i progetti di riqualificazione che interessano gli oltre 1.200 comuni o enti territoriali coinvolti).
  Con il territorio e con gli enti territoriali abbiamo anche un'altra importante attività in corso che è quella di valorizzare gli immobili di proprietà degli enti territoriali che abbiano difficoltà nell'attività di valorizzazione. Come sapete, i comuni ormai hanno strutture tecniche molto limitate o che comunque lavorano a fatica, e l'attività di valorizzazione degli immobili non è semplice da realizzare, quindi abbiamo trovato un modo per sostenerli, mettendo a disposizione la professionalità che l'Agenzia del demanio ha dal punto di vista tecnico.
  Questi enti ci propongono i loro immobili per le possibili destinazioni, che sono la vendita, la rigenerazione urbana, la concessione in locazione oppure ai fondi immobiliari, che rappresentano la nuova frontiera della valorizzazione pubblica. Sono strumenti più complessi da attivare, ma, una volta attivati, danno sicuramente un ritorno importante anche per il numero di immobili piuttosto consistente.
  Stiamo realizzando in tutte le regioni – in particolare in quelle del nord e del centro, dove abbiamo trovato più facilità di interlocuzione con le amministrazioni – fondi immobiliari che valorizzano immobili in maniera massiva, sia degli enti locali che delle regioni.
  Questa attività ci impegna parecchio, così come quella dei progetti a rete. I progetti a rete sono progetti che tendono a Pag. 7valorizzare beni inalienabili con l'aiuto dei privati. L'esempio classico è il faro costiero, perché i fari costieri sono tutti in attività, nel senso che svolgono ancora la loro funzione di segnalamento, ma, non essendovi più il guardiano, perché sono tutti automatizzati, le strutture del faro vanno in progressivo decadimento e degrado, per cui per lo Stato rappresentano un costo, che noi abbiamo aggredito mettendo a gara con concessioni di lunga durata – fino a cinquant'anni – nei confronti di privati che si impegnino a recuperare il bene, a fare attività economiche, a pagare un canone di locazione e quindi a rigenerare un bene oggi totalmente abbandonato.
  I costi dei primi 24 fari, che abbiamo già aggiudicato con i bandi partiti nel 2015, erano attorno ai 600.000 euro l'anno; dopo l'aggiudicazione abbiamo introiti per 760.000 euro l'anno solo di canoni. Quello che conta ancora di più, oltre agli introiti in entrate correnti, sono gli investimenti prodotti: 17 milioni di investimenti diretti in questi 24 fari da parte dei privati, con 60 milioni di ricadute economiche complessive, ma soprattutto con 300 posti di lavoro diretti in questi nuovi luoghi rigenerati, che sono per lo più strutture turistico-ricettive.
  Complessivamente solo per queste 24 strutture otterremo canoni complessivi per il periodo di concessione di oltre 15 milioni di euro. È in fase di aggiudicazione un altro blocco di 17 fari e continueremo nei prossimi anni. Arriveremo quindi ad avere la rete di fari recuperata più grande del mondo, essendo partiti da zero nel 2014.
  L'altro progetto a rete di grande rilevanza è il cosiddetto «Valore Paese – Cammini e percorsi». Qui siamo sempre in presenza di beni che non hanno un grande valore presi singolarmente, ma che hanno la fortuna di essere incardinati in percorsi storico-religiosi o su ciclovie importanti, quindi abbinando il bene al brand legato al cammino storico-religioso o alla ciclovia riusciamo a incrementarne il valore e ad aggiudicarli, sempre in concessione. Abbiamo portato a gara i primi 100 nel 2017 e faremo altrettanto nei prossimi anni, trovando in particolare nei giovani imprenditori interlocutori preziosi per recuperare beni che altrimenti rischiano di degradarsi progressivamente.
  Il rapporto con il territorio è intenso, soprattutto nella fase precedente ai bandi, perché i beni devono essere regolarizzati dal punto di vista documentale, catastale, urbanistico, ma soprattutto bisogna comprendere i desiderata del territorio, per cui prima di fare i bandi attiviamo queste consultazioni pubbliche che danno esiti molto utili, definiamo quindi i bandi in base alle necessità espresse e questo ci garantisce di non avere i bandi deserti nella fase di aggiudicazione definitiva. Sono oltre 26.000, tra cittadini e associazioni, gli imprenditori coinvolti negli ultimi tempi nelle consultazioni che abbiamo concluso.
  Il demanio marittimo. Nell'immaginario collettivo l'Agenzia del demanio si occupa di demanio marittimo. Chi pensa al Demanio pensa alle spiagge, ma in realtà non è così. O meglio, le leggi degli anni passati, in particolare le norme contenute nel Titolo V, hanno scorporato le responsabilità su più livelli di Governo, lasciando all'Agenzia del demanio il compito più semplice, quello di incassare i canoni. Quindi noi dobbiamo preoccuparci delle riscossioni dei canoni che vengono definite dalle concessioni emesse dai comuni.
  Le concessioni ai titolari degli stabilimenti balneari vengono quindi aggiudicate dai comuni, hanno loro questa titolarità, così come le regioni hanno la titolarità di legiferare in termini di demanio marittimo e di definire la dividente demaniale, cioè quella linea che separa il demanio pubblico dal demanio marittimo e quindi individua la zona dove le attività vengono considerate sul demanio marittimo rispetto alle altre.
  Noi dobbiamo garantire che l'incasso, che è attorno ai 103 milioni di euro l'anno (questo è il dato consolidato su tutte le attività che insistono sul demanio marittimo e su tutte le coste italiane), si mantenga e cresca nel tempo. Abbiamo avviato un progetto, proprio per aumentare le entrate e soprattutto per ripristinare la legalità, volto a far emergere gli immobili abusivi e non censiti presenti all'interno della fascia demaniale marittima. In sostanza abbiamo avviato un progetto che, attraverso Pag. 8 l'uso di droni, ha rilevato tutti i beni, beni che sono al di là della dividente demaniale e quindi sul demanio marittimo, e abbiamo verificato la coerenza con i dati catastali per verificare eventuali incongruenze.
  Ne stiamo verificando tante e nei prossimi cinque anni questo progetto ci porterà ad avere nuove entrate per lo Stato e gli enti territoriali, tra IMU e canoni di concessione, per oltre 40 milioni di euro. Oltre a questo naturalmente avremo ripristinato la legalità sulla parte di demanio marittimo.
  Altro progetto importante è il cosiddetto «OpenDemanio», un'operazione trasparenza che noi abbiamo fatto per dovere, perché sono beni di tutti, ma anche per utilità, perché grazie alla messa in disponibilità dei nostri dati possiamo avere più possibilità di partnership con il privato nelle valorizzazioni.
  Nel 2014 il demanio aveva due soli dati pubblici, la consistenza economica e la consistenza numerica dei beni. In questi anni, progressivamente, con l'operazione «OpenDemanio» abbiamo attivato una serie di iniziative che consentono a chiunque in piattaforma aperta di vedere i singoli beni gestiti dall'Agenzia del demanio georeferenziati, in Google Street View; quindi, si può verificare direttamente lo stato di manutenzione, ma soprattutto sono elencati tutti i progetti di manutenzione e rigenerazione che interessano ciascun bene in gestione all'Agenzia del demanio.
  È possibile anche estrarre tutti gli interventi che nella singola città sono previsti, come manutenzioni, investimenti e rigenerazione.
  Il lavoro che facciamo non lo facciamo da soli ovviamente, abbiamo come Ministero vigilante il Ministero dell'economia e delle finanze, in particolare il Dipartimento delle finanze e il Dipartimento del tesoro, e lavoriamo a stretto contatto con il Ministero della difesa, che ha il dovere di trasferire al demanio tutti i beni non più strategici.
  Una volta che la caserma non è più ritenuta strategica, viene passata all'Agenzia del demanio, che ha poi il compito di valorizzarla. Quindi, come altro soggetto detentore di beni il Ministero della difesa è quello più importante.
  Poi c'è il Ministero dello sviluppo economico, per quanto riguarda tutta l'attività di efficientamento energetico, oltre ovviamente ai tre soggetti INAIL, Invimit e Cassa depositi e prestiti come investitori pubblici o comunque partecipati dal pubblico per realizzare gli investimenti che dicevo prima.
  Insieme a questo tavolo, che noi coordiniamo dal punto di vista tecnico, definiamo le strategie tecniche e il coordinamento e soprattutto evidenziamo le proposte normative che poi sottoponiamo al decisore politico. Tutto questo lo facciamo attraverso un lavoro di squadra, che in questi anni è andato molto intensificandosi.
  Le slides si chiudono con questa immagine della squadra di calcio dell'Agenzia del demanio, che ha pareggiato l'anno scorso con la squadra di calcio della Camera dei deputati, con cui abbiamo assunto iniziative per ricostruire la scuola di Amatrice, oltre al fatto che rappresenta simbolicamente il lavoro di squadra che è stato costituito. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, ingegnere. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALVISE MANIERO. Grazie, direttore, per l'esposizione. Volevo chiederle un piccolo approfondimento riguardo al tema del federalismo demaniale, in particolare su un aspetto del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, che all'articolo 56-bis, comma 7, prevede che nel momento in cui c'è il trasferimento del bene immobile dall'amministrazione centrale ad un ente territoriale, per esempio un comune, le risorse prima incamerate dallo Stato dall'utilizzo a titolo oneroso dell'immobile, in qualunque forma, vengano detratte dai trasferimenti dello Stato centrale all'ente territoriale in questione.
  Comprendo la ratio della misura, che può essere uno sprone per far sì che solo gli enti che abbiano già in mente un progetto Pag. 9di valorizzazione reale e fattibile si facciano avanti per entrare in possesso del bene, ma devo anche dire per esperienza diretta, avendo fatto il sindaco, che questa misura in particolare ha costituito un forte deterrente all'avviare la procedura di trasferimento.
  Volevo capire se dal vostro punto di vista – che ovviamente, essendo centrale, è privilegiato sotto il profilo informativo – dall'analisi dei dati abbiate rilevato che tale misura ha prodotto dei frutti oppure se a vostro avviso potrebbe essere superabile, magari in favore di una situazione più conveniente per i comuni. Grazie.

  PRESIDENTE. Dato che le domande non sono moltissime, può rispondere subito.

  ROBERTO REGGI, Direttore dell'Agenzia del demanio. Quella della riduzione dei trasferimenti in misura equivalente alle locazioni attive dello Stato è una misura che ha di fatto limitato, sebbene in parte, l'attuazione del federalismo demaniale. Non a caso, noi stessi abbiamo negli ultimi anni proposto di superarla, nel senso che, d'accordo con ANCI, abbiamo proposto di ridurre i trasferimenti per un periodo limitato; secondo noi poteva essere di 5 anni, la durata media di un contratto, oltre i quali la riduzione dei trasferimenti avrebbe dovuto cessare.
  La Ragioneria, che chiede 10 anni, ci ha posto una serie di problemi, per risolvere i quali abbiamo trovato un punto di mediazione. Quindi, dal punto di vista tecnico, questa misura aveva trovato una soluzione, che però non ha mai trovato approvazione politica.
  Approfitto quindi della domanda molto pertinente che tocca le nostre corde, perché sarebbe importante riuscire ad approvare una norma che consenta ai comuni di non avere questa riduzione di trasferimenti, perché, se riuscissimo a superare questo problema, avremmo molti più comuni interessati al federalismo demaniale, quei 5000 beni che abbiamo già trasferito si potrebbero tranquillamente raddoppiare e potremmo raddoppiare il numero di beni rigenerati o riutilizzati rispetto al numero attuale.

  ALESSANDRO CATTANEO. Parto da una riflessione: il tema del patrimonio pubblico è da considerarsi una delle leve dello sviluppo economico, soprattutto lo sarà nei prossimi anni. Purtroppo abbiamo raccolto molti meno risultati di quelli attesi e non per responsabilità del demanio, a cui riconosco – parlo anch'io con DNA da sindaco – un giudizio sostanzialmente positivo, ma per un impianto di leggi e di vincoli, per un'impostazione complessiva che ha reso vani molti sforzi e ha permesso di raccogliere pochissimi risultati rispetto alle potenzialità attese.
  Spero che in Commissione finanze troveremo le leve per sbloccare questo tema e partire da una riflessione complessiva sul grande tema immobiliare con Invimit, con Cassa Depositi e Prestiti, con l'Agenzia del demanio, da mettere a sistema, fino alle leve fiscali; ma non solo, perché c'è anche la burocrazia che rende impossibile la vita ai sindaci e spesso rende impossibile valorizzare questi beni.
  In particolare, vorrei porre una domanda al direttore Reggi in merito alla scelta di prediligere, più che la vendita e l'alienazione secca, investimenti con partnership pubblico/privato. Perché è stato fatto questo e qual è il bilancio rispetto a questo tipo di approccio?

  ROBERTO REGGI, Direttore dell'Agenzia del demanio. In realtà, è stata un po’ una necessità. La scelta di vendere un patrimonio limitato è perché non ne abbiamo molto da vendere: avete visto come nella composizione del portafoglio ve ne è soltanto una quota minima, che ha un valore complessivo di 2 miliardi di euro, ma che è fatta di tanti piccoli fabbricati, aree agricole, reliquati di nessun interesse per il mercato.
  Diciamo che quanto era interessante per il mercato è già stato venduto in passato, quindi continuiamo a vendere circa 50 milioni l'anno di beni, ma è un dato che facciamo fatica a consolidare, perché sui beni che abbiamo da vendere c'è poco Pag. 10interesse. In più siamo convinti che è con l'investimento che si riesce maggiormente a creare valore sul territorio, perché recuperiamo degli immobili abbandonati di nessun interesse per il mercato e recuperando riusciamo a dare lavoro a progettisti e imprese e a trovare quindi soluzioni per ridurre la spesa pubblica, che è un valore sul quale possiamo agire in maniera significativa; quindi investimenti per recuperare e ridurre la spesa pubblica.
  Penso che anche in futuro dovremo muoverci in questo modo, perché l'alternativa sarebbe vendere patrimonio in uso governativo, come è stato fatto in passato, ma un attimo dopo avremmo l'impennata della spesa pubblica, perché cominceremmo a pagare dal giorno dopo un canone di affitto che oggi invece non paghiamo. Quindi quella di mantenere la proprietà dei beni in uso governativo è una scelta secondo me importante da mantenere.

  FRANCESCA ANNA RUGGIERO. Buongiorno, dottor Reggi, la ringrazio di essere presente oggi. L'Agenzia svolge questa attività di razionalizzazione degli spazi in uso alle pubbliche amministrazioni e quindi lo scopo è quello di generare risparmio per lo Stato e, attraverso la promozione del modello del «federal building», abbiamo quindi la concentrazione degli uffici della pubblica amministrazione in grandi immobili pubblici.
  Alla luce delle dismissioni avvenute negli anni e del trasferimento a titolo gratuito di beni dello Stato agli enti territoriali, poi della impossibilità economico-finanziaria degli enti territoriali di provvedere alla manutenzione degli stessi, nel caso sia che essi siano stati da poco trasferiti all'ente sia che siano nella loro disponibilità già da parecchi decenni, le chiedo se l'Agenzia del demanio intenda contenere le procedure di concessione e di valorizzazione, favorendo invece l'utilizzo dei beni per la razionalizzazione della spesa pubblica, effettuando prima di tutto una ricognizione del patrimonio immobiliare in capo agli enti territoriali, applicando la norma che consente alle regioni e agli enti territoriali da un lato e allo Stato dall'altro di concedersi reciprocamente l'uso gratuito dei loro immobili per fini istituzionali, nonché di monitorare la spesa delle locazioni passive delle regioni e degli enti territoriali al fine di preservare le proprietà immobiliari in essere per lo svolgimento di attività istituzionali anche finanziate con la spesa pubblica, incentivando la realizzazione delle stesse nei locali pubblici, contenendo anche nel settore sociale la spesa delle locazioni passive, che al momento sono a carico sia degli enti che delle regioni.

  ROBERTO REGGI, Direttore dell'Agenzia del demanio. In realtà, questo lo stiamo già facendo con le cosiddette «permute». In ogni città abbiamo in corso permute con gli enti locali; faccio un esempio che è capitato ieri.
  Il Comune di Fidenza, in provincia di Parma, mette a disposizione un bene del comune per una caserma dei Carabinieri dove oggi paghiamo una locazione passiva; utilizzando questo bene del comune, riduciamo la spesa di locazione passiva e il nostro impegno è l'investimento su questo bene, che viene messo a disposizione dello Stato per 99 anni.
  Operazioni di permuta, di accordi locali, esistono in tutte le città e stiamo premendo per questo ovunque. L'uso della permuta è lo strumento più semplice, anche perché non richiede esborso di denaro, ma mette in comune esigenze della comunità che vengono affrontate insieme. È un po’ il motivo, come vi dicevo, per cui abbiamo investito molto nel personale in ambito territoriale, proprio per rafforzare questa conoscenza reciproca e l'individuazione di soluzioni che consentano di ridurre la locazione della pubblica amministrazione centrale e rispondere alle esigenze dei comuni.
  Con i bonus approvati nelle leggi recenti possiamo anche valorizzare questi beni pubblici a favore di onlus, per esempio, che appunto hanno queste caratteristiche. È, quindi, un nuovo spazio da esplorare piuttosto interessante, che, qualora riuscissimo a spingere ulteriormente con l'estensione del federalismo demaniale, a cui facevo riferimento prima con la possibilità di ridurre i costi di trasferimento, potremmo incentivare ulteriormente.

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  LUCA PASTORINO. Grazie, direttore, per la spiegazione.
  La mia non è proprio una domanda. Veramente, una piccola domanda c'è, perché forse mi sono distratto nella parte finale della sua relazione. Riguarda sempre il progetto del demanio marittimo, quindi la parte finale. È un intervento, il mio, che si ricollega un po’ al primo, quindi alla problematica dei comuni.
  Segnalo che esistono comunque dei beni incamerati dallo Stato già oggetto di concessioni balneari che oggi versano in condizioni strutturali particolarmente difficoltose. Ne ho uno nel mio piccolo comune costiero, ma ce ne è anche un altro a distanza di un paio di chilometri, sulla passeggiata a mare di Genova. Sono strutture che in passato ebbero successi di varia natura, ma che oggi versano in condizioni strutturali molto complicate.
  Che cosa succede? Accade che rimangono lì, perché i bandi che i comuni fanno, che contemplano una concessione demaniale ventennale, evidentemente non risultano particolarmente appetibili dal punto di vista del ritorno dell'investimento nel momento in cui, oltre a un canone elevato per quel tipo di struttura – si parla di 40.000 euro l'anno, nel mio caso – si devono associare comunque opere di riqualificazione e ristrutturazione molto importanti.
  Non so se sia un caso solo ligure o se anche nel resto del Paese ci possano essere situazioni analoghe, ma sono problemi, soprattutto per le amministrazioni locali. È vero quanto detto dei trasferimenti; è vero che, comunque, un federalismo demaniale da questo punto di vista non potrebbe essere mai applicato per comuni piccoli che già versano in gravi difficoltà.
  Segnalo, quindi, anche l'esigenza di voler pensare a forme e modi di collaborazione con gli enti locali affinché possano essere trovate le soluzioni più diverse per il riutilizzo e la rimessa in funzione di queste strutture, che magari sarebbe anche interessante censire a livello nazionale, formule che consentirebbero di portarle avanti. Lo dico perché i piccoli comuni hanno un sacco di difficoltà.
  La piccola domanda che vorrei porre, avendo lei parlato di introito e relativi proventi, è la seguente: c'è un cambiamento di prospettiva o rimane tutto così?
  Oggi – per chi non lo sapesse – i canoni demaniali vengono riscossi dal comune, che non prende una lira e ci mette anche un impiegato; se chi deve pagare non paga, non versa la cauzione, bisogna anche litigare e pagare un avvocato. Questa è la realtà, che non ho mai compreso fino in fondo. Comunque – ripeto – anche nelle piccole realtà, in cui c'è un dipendente che fa quel lavoro ma ne fa anche altri, poi tocca litigare se arriva un F23 da 127.000 euro falso e si deve anche denunciarlo ai Carabinieri. Succede così.
  Mi chiedo se questa forma di riscossione dei proventi potrebbe essere cambiata, togliendo quest'onere implicito ai comuni, o se invece rimarrà tutto uguale. Grazie.

  PRESIDENTE. L'onorevole Ruggiero vorrebbe terminare, con altre domande. Le ponga tutte insieme e poi il direttore risponderà.

  FRANCESCA ANNA RUGGIERO. Ne ho solo un'altra. In relazione alla risposta precedente, mi piacerebbe che magari con la ricognizione, specialmente noi nel Mezzogiorno, potessimo utilizzare i beni pubblici che abbiamo per abbassare i costi delle locazioni passive prima di prevedere già bandi per le concessioni: prima abbassare le locazioni passive e poi regalare le nostre bellezze storiche ai privati.
  L'altra domanda riguarda tutt'altro ed è sul demanio marittimo. Visto che c'è stata un'evoluzione dei cambiamenti climatici e quindi le condizioni geomorfologiche del territorio sono cambiate, nonostante con decreto n. 112 del 1998 siano state conferite le competenze gestionali agli enti territoriali, l'Agenzia del demanio intende effettuare uno studio, ovviamente di concerto con le regioni, proprio per individuare la nuova linea dividente in modo che sia omogenea su tutto l'arco costiero e nazionale, anziché demandare alle regioni, che – si sa – coi loro tempi e le loro diverse visioni potrebbero determinare poi una regolamentazione disomogenea?

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  ROBERTO REGGI, Direttore dell'Agenzia del demanio. Completo la risposta.
  Non regaliamo le strutture ai privati, nel senso che le strutture rimangono dello Stato e ai privati chiediamo di mettere i soldi per recuperarle e pagarci un canone, nel caso dei fari costieri, nel caso di immobili che rimangono strategici per lo Stato.
  Tuttavia, l'operazione di verifica è la prima che facciamo, sebbene il bene possa essere utilizzato per le razionalizzazioni. In genere, lavoriamo in quest'ordine: con il comune verifichiamo se ci siano delle locazioni passive da parte dello Stato o del comune e verifichiamo se i beni pubblici presenti possano servire a limitarle. Qualora ci fossero beni destinati a quest'obiettivo, facciamo la permuta o comunque l'intervento di utilizzo reciproco. In caso contrario, qualora «avanzasse» qualche bene, decidiamo di valorizzarlo in altro modo: lo mettiamo in concessione per un soggetto pubblico particolarmente interessato (una onlus o anche un privato che voglia intraprendere un'attività economica remunerativa per sé, ma che paga un canone e fa un investimento di recupero); se ci sono le condizioni, il bene si vende.
  Queste sono un po’ le fasi, i lavori, le attività che svolgiamo sui singoli beni, sempre in accordo con l'amministrazione, perché l'amministrazione locale è quella che poi deve decidere la destinazione urbanistica e quindi, anche volendo, non possiamo prescindere. A parte che siamo convinti che il lavoro comune sia quello più utile, ma serve anche da parte loro un intervento tecnico in consiglio comunale.
  Per quanto riguarda gli interventi normativi che possono agire sulla definizione della dividente demaniale, possono nel caso dare un riconoscimento economico al lavoro che i comuni fanno. Effettivamente, il comune fa tutta la gara per la concessione, aggiudica la concessione, risponde ai ricorsi, fa tutto il lavoro e non prende un euro e l'introito passa direttamente allo Stato. Questo è il meccanismo attuale, assolutamente iniquo e che tra l'altro non «incentiva» nemmeno il comune a lavorare bene.
  A questo proposito, nella precedente legislatura l'Agenzia aveva proposto una modifica tecnica per dare un riconoscimento, sia ai comuni che alle regioni, di una quota parte degli introiti: aumentare gli introiti complessivi rispetto agli attuali e ridistribuirli, dando quindi una quota anche ai comuni e alle regioni per ottemperare al meglio i compiti che la norma oggi assegna. Resta fermo – ma è un parere personale – che ricompattare sotto un unico soggetto responsabile il demanio marittimo sarebbe forse la cosa più utile per farlo funzionare meglio e governare meglio.
  In merito al tema dei comuni che fanno fatica a valorizzare gli edifici costieri oltre la linea demaniale, quest'anno abbiamo per la prima volta aperto il bando, che gestiamo noi come Agenzia, anche ai beni di edifici costieri e ai fari degli enti territoriali, quindi raccogliamo dagli enti territoriali beni di loro proprietà che intendono valorizzare attraverso i nostri bandi, che normalmente hanno successo, perché diamo loro una rilevanza nazionale e internazionale, e soprattutto garantiamo la regolarizzazione documentale catastale urbanistica prima di metterli a bando, che è garanzia di successo del bando.
  L'imprenditore, di fronte a un bene non regolarizzato, non si avvicina neanche, prima bisogna regolarizzarli e noi mettiamo una struttura tecnica a disposizione dei comuni proprio per regolarizzare questi beni, che altrimenti hanno scarsissima possibilità di successo nei bandi.
  Con i bandi ultimi prendiamo anche quelli degli enti locali e li mettiamo insieme ai nostri, per cui sono bandi con beni di proprietà mista Stato ed enti locali. Dobbiamo aumentare questa attività, perché ci sono tanti comuni che chiedono di entrare.

  VITA MARTINCIGLIO. Buongiorno, dottor Reggi, benvenuto.
  Come lei ha egregiamente illustrato nel suo intervento, l'Italia possiede un patrimonio demaniale di notevole entità e di grande prestigio. Mi è parso di capire che nel 2015 la strada indicata dal Demanio e anche dal Governo di allora, soprattutto con riferimento al demanio marittimo, era quella di un disegno, di un quadro condiviso Pag. 13 con le regioni, che affrontasse tutti gli aspetti delle concessioni demaniali, eliminando le possibili conflittualità interne, e che coinvolgesse soprattutto i comuni in un'ottica di collaborazione con l'Agenzia del demanio.
  Vorrei capire a che punto è questo progetto di interfaccia rispetto a tutti i soggetti coinvolti nella gestione di questo grande patrimonio. Vorrei capire la gestione e l'organizzazione interna dei beni demaniali anche con riferimento all'esistenza, all'ausilio di eventuali database o di eventuali programmi di gestione elaborati, e soprattutto il grado di efficienza e di operatività degli stessi, anche in vista delle modalità di comunicazione e di interscambio tra tutti gli uffici coinvolti.

  ROBERTO REGGI, Direttore dell'Agenzia del demanio. Relativamente all'ultima parte della domanda, per tutti i cittadini è possibile, collegandosi al sito del Demanio, attraverso la piattaforma OpenDemanio, vedere tutti i beni gestiti dall'Agenzia del demanio, vederli anche fisicamente (con l'applicazione Google Street View). Si vede, soprattutto, quale tipo di intervento è incardinato su quel bene, se è in corso una manutenzione, un progetto di recupero o un intervento di rigenerazione.
  Per quanto riguarda, invece, lo stato d'avanzamento della norma che dovrebbe uniformare la gestione del demanio marittimo, la precedente legislatura era arrivata alla definizione di un disegno di legge, disegno di legge che però aveva all'interno soltanto le linee guida. Non era entrato nel dettaglio delle proposte operative che noi stessi avevamo formulato, ma si era limitato a individuare i princìpi cardine, avendo poi l'intenzione di dare una delega per l'attuazione del disegno di legge al Governo. Il finire della legislatura però ha interrotto l’iter.

  VITA MARTINCIGLIO. Mi riferivo, infatti, a quel processo avviato nel 2015 e soprattutto ad una gestione e organizzazione non tanto esterna del cittadino, quanto interna, proprio dei diversi soggetti, dei diversi interlocutori nella gestione del patrimonio demaniale.

  ROBERTO REGGI, Direttore dell'Agenzia del demanio. Vi era un tavolo di lavoro coordinato dal Ministero degli Affari regionali, che appunto aveva il compito di istruire ed attuare il disegno di legge che era stato incardinato in Parlamento.

  VITA MARTINCIGLIO. I beni demaniali marittimi sono stati interessati dal generale, graduale processo di riallocazione di compiti e funzioni tra Stato e autonomie locali, un processo che è stato avviato dalla riforma regionale degli anni ’70, poi si è spostato, nel 1997, è approdato alla riforma del Titolo V della nostra Costituzione, approvato con la legge costituzionale del 2001, n. 3. Il demanio marittimo è, dunque, attualmente gestito a vari livelli di responsabilità.
  Le concessioni sono gestite dagli enti territoriali, in particolar modo dai comuni, mentre le questioni di carattere più generale, che riguardano per esempio la definizione della dividente demaniale, che rappresenta proprio il confine tra i beni costituenti il demanio marittimo e quelli appartenenti ad altre amministrazioni o a privati, è in capo alle regioni. E proprio a queste ultime è richiesto il compito di entrare in campo per un'eventuale modifica della dividente demaniale, mentre allo Stato, quindi all'Agenzia del demanio, è rimasta la decisione di assecondare o meno le richieste delle regioni.
  Ciò premesso, vorrei capire se si possono adottare delle procedure, degli accorgimenti, delle modifiche per snellire, e quindi ottimizzare, il rapporto tra comuni e Agenzia del demanio proprio per la gestione delle aree demaniali.
  Le chiedo, inoltre, come si intenda agire per definire tutti i numerosi contenziosi attinenti la linea di demarcazione che distingue le aree demaniali marittime da quelle di pertinenza dei comuni.
  Inoltre, vorrei conoscere la sua opinione in merito alla possibilità e all'opportunità di trasferire alla polizia municipale eventuali competenze per il controllo delle aree demaniali marittime.
  Un'ultima questione. Come tutti sappiamo, la direttiva del Parlamento europeo, la n. 123 del 2006, relativa al mercato Pag. 14interno, la cosiddetta Bolkestein, è stata recepita in Italia solo parzialmente, con il decreto legislativo n. 59 del 2010, un regolamento che coinvolge in modo diretto il settore delle imprese balneari stabilendo che ogni concessione sul demanio dello Stato e degli enti pubblici territoriali non può più essere rinnovata in maniera automatica, ma dovrà essere oggetto di un bando con una procedura a evidenza pubblica europea a scadenza temporale.
  L'Italia, come è noto, ha previsto una proroga automatica della durata delle concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative inizialmente fino al 31 dicembre 2012 e, successivamente, fino al 31 dicembre 2020, argomentando che tale direttiva, disciplinando i servizi nel mercato europeo comune e non i beni, non si applica al comparto balneare, e dunque alle concessioni in uso di beni demaniali, che per l'appunto riguardano beni e non lo svolgimento di servizi.
  Alla luce di queste considerazioni, mi chiedo che scenario si presenterà per l'Italia nel 2020, quando terminerà l'efficacia della proroga automatica della durata delle concessioni demaniali marittime per queste attività turistico-ricreative. Grazie.

  ROBERTO REGGI, Direttore dell'Agenzia del demanio. In realtà, il disegno di legge a cui facevo riferimento prima era stato avviato anche per ottemperare alla direttiva Bolkestein e quindi per arrivare entro il 2020 a definire le condizioni per mettere a gara le concessioni del demanio marittimo.
  In realtà, negli ultimi tempi pare che ci sia stata questa precisazione, per cui il fatto che la Bolkestein valga soltanto per i servizi potrebbe escludere a un certo punto la sua applicazione per quanto riguarda le concessioni del demanio marittimo. È un dibattito in corso, che dovrebbe comunque essere interpretato dal nostro legislatore, quindi dal Parlamento, nell'ambito del disegno di legge che riordina tutte le attività legate al demanio marittimo e che dovrebbe avere il compito anche di superare i problemi che lei citava di competenza tra regione e comune sulla dividente demaniale. Effettivamente, stanno nascendo dei problemi, soprattutto tra i comuni confinanti, essendo la legislazione in materia spettanza delle singole regioni. I comuni confinanti si trovano così ad avere due legislazioni differenti, con tutte le difficoltà del caso.
  Davvero, come tecnico mi auguro che questo tema venga affrontato prima possibile per superare una serie di problemi che verifichiamo in tutto il Paese.

  PRESIDENTE. Direi di porre tutte le domande insieme e poi dare definitivamente la parola all'ingegner Reggi.

  ALBERTO LUIGI GUSMEROLI. Avete una statistica dei tempi medi degli appalti dell'Agenzia del demanio?
  I 3 miliardi previsti nei prossimi dieci anni come investimenti per migliorare il patrimonio demaniale: si può arrivare a spenderli in un tempo più breve?
  Terza domanda: potete fare delle proposte per diminuire i tempi medi degli appalti? Il tema dei 3 miliardi è un tema abbastanza importante perché crea lavoro, occupazione e indotto – peraltro anche IVA, che incassa direttamente l'Agenzia delle entrate, e quindi noi –; su questo ci interessano eventuali proposte.
  Ultima questione. Da quello che ha detto prima, io credo che siano pochissimi i comuni – forse i più grandi – a conoscere la possibilità di fare una gara d'appalto con l'Agenzia del demanio: potete impegnarvi a spedire ai 7.900 comuni una lettera in cui ricordate quest'opportunità?

  CLAUDIO MANCINI. Mi pare di poter dire che la relazione dà conto di un lavoro importante fatto in questi anni, che anche il dibattito mi pare apprezzi, soprattutto in relazione alle novità del rapporto tra lo Stato centrale e le realtà territoriali.
  A questo proposito vorrei chiederle un giudizio sui fondi immobiliari territoriali. Vedo che è attivo attualmente solo quello con la regione Lazio. Vorrei conoscere il suo giudizio sull'andamento e sapere se lei ritiene che possa essere uno strumento utile per essere esteso anche ad altre regioni, che vedo sono in una fase di istruttoria, Pag. 15 mentre in alcune, soprattutto al sud, non ci sono invece attività. Grazie.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Buongiorno, direttore. Complimenti per gli indicatori che ha usato nella relazione, in quanto sono molto esplicativi e chiari, ma mi sorge un dubbio e vorrei chiedere un chiarimento sul personale. È un dato che sinceramente fa a pugni con il resto della pubblica amministrazione. Vedere un'età media così bassa, una percentuale così alta di laureati, una ricollocazione del personale sul territorio è molto importante.
  Vorrei, però, chiederle un giudizio sulle attività in house che riuscite a sviluppare meglio, quindi in termini di progettazione, di miglioramento della qualità del servizio territoriale che potete erogare: tendenzialmente, che risultati potrà dare una riorganizzazione di questo tipo, con una diminuzione dei dirigenti e un aumento dei tecnici? Mi sembra un dato molto importante.
  Riprendendo il tema degli investimenti posto poc'anzi, 3 miliardi sono importanti. Più che capire solo quest'aspetto degli investimenti, quindi nuove realizzazioni, ma anche efficientamento energetico, applicazione del BIM, che è fondamentale, vorrei capire con lei quanto provocherà in termini di economia rispetto a quella che invece è stata una crescita del costo delle manutenzioni e del mantenimento dei beni. Chiaramente avete fatto un investimento importante anche per mettere a reddito dei beni, però a regime quanti risparmi provocheranno questi investimenti in termini anche di costi di manutenzione e via dicendo? Vorrei capire se c'è un'incidenza da questo punto di vista.
  In ultimo – l'ha già chiesto il mio collega – a parte l'attivazione o meno dei fondi immobiliari territoriali, mi sembra che la Lombardia abbia un dato molto limitato, molto basso, di numero di immobili, pur essendo una regione importante: c'è una motivazione? A prescindere dall'attivazione dei fondi immobiliari territoriali, vedo un dato basso in termini numerici degli immobili: vorrei capire se c'è una motivazione per questo.

  LAURA CAVANDOLI. Grazie, ingegnere, delle spiegazioni. Ho due domande. La prima riconduce all'ultima posta dal vicepresidente Gusmeroli proprio per il progetto dei processi partecipativi con gli enti locali: questo progetto può coinvolgere anche i beni delle società partecipate dagli enti locali, una fetta di beni che spesso le partecipate hanno e che non riescono a produrre reddito, e anzi sono un costo?
  L'altra domanda riguarda, in riferimento al progetto del Demanio marittimo, l'attività di verifica per l'emersione degli immobili abusivi: è prevista anche per il demanio idrico? C'è un certo abusivismo anche nelle aree doganali che porta, in caso di piena dei grossi torrenti e dei fiumi, a delle pericolosità. Grazie.

  PRESIDENTE. Aggiungerei un paio di domande e poi concludiamo.
  Innanzitutto, dall'analisi mi pare di capire che, per quello che riguarda in particolare il demanio marittimo, il fatto che sia gestito in maniera farraginosa non aiuta. In particolare, la gestione da parte di circa 8.000 comuni fa sì che non ci sia proprio un controllo del territorio o quanto meno non ci sia un controllo centralizzato.
  Per di più, a quanto mi consta, il registro che dovrebbe contenere i dati omnicomprensivi è il SID (Sistema informativo del demanio marittimo), gestito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Questa mi sembra la prima discrepanza tra varie amministrazioni, che penalizza chiaramente il controllo. Si può intervenire normativamente per sanare questo aspetto?
  A che punto è il discorso del SID, il Sistema informativo del demanio marittimo? Quanto è integrato, che tipo di accesso ai dati si ha? Lei ha detto che, appunto, il riscosso va allo Stato: ma che tipo di controllo può effettuare in corso d'opera lo Stato per la regolarità dei pagamenti?
  Dall'altra parte, sempre in tema di controllo, nell'ambito del federalismo demaniale c'è un controllo sulla progettualità che è stata conferita ai vari enti che hanno preso in carico la parte del demanio? Pag. 16
  Queste sono le mie domande. Se i colleghi hanno terminato, dopo le risposte chiuderei l'audizione.

  ROBERTO REGGI, Direttore dell'Agenzia del demanio. Grazie, presidente. Provo a rispondere a tutti i quesiti.
  Intanto, perché c'è un'età media così bassa? Effettivamente è una cosa strana. Intanto, l'Agenzia del demanio è un ente pubblico economico che si è costituito nel 2004. Allora venne data la possibilità al personale del vecchio Demanio, l'Intendenza di finanza, di optare per rimanere nell'ambito pubblico e in quell'occasione in tanti optarono per rimanere nell'ambito pubblico, per cui l'Agenzia del demanio allora si trovò nelle condizioni di assumere 600 nuovi addetti. Dei 1.050 attuali, quindi, 600 furono assunti allora.
  Avevano allora mediamente 25 anni, quindi trovate la media dei 43 grazie a quell'enorme blocco di assunzioni che rinnovò fortemente il personale della nuova Agenzia del demanio, che è appunto un ente pubblico economico, per cui ha un contratto privatistico nei confronti dei propri dipendenti. Questo è per spiegare effettivamente l'anomalia che giustamente è stata rilevata.
  Per quanto riguarda i costi di manutenzione, è chiaro che si riducono fortemente. Ogni volta che accorpiamo in un unico immobile attività di pubblica amministrazione oggi sparpagliate su più immobili, riduciamo non solo i costi delle bollette energetiche, ma anche quelli di guardiania, quelli di gestione della mensa o di altre attività, che possono essere accorpate e razionalizzate. Per ogni progetto, questo calcolo viene fatto.
  Non c'è una valutazione aggiornata, anche perché tutte le volte che facciamo razionalizzazioni o accorpamenti, dobbiamo anche raccogliere i nuovi fabbisogni che emergono da parte, in particolare, dei presìdi di sicurezza (Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia), che manifestano in queste occasioni di razionalizzazione nuove esigenze, per cui non sempre vi è una razionalizzazione logica dal punto di vista della riduzione strutturale; si asseconda anche il fabbisogno espresso dal soggetto che entrerà nell'immobile. Ci sono attività di ottimizzazione tra nuove esigenze e riduzione di costi.
  Per quanto riguarda i tempi medi degli appalti, potrei dire che non sono accettabili, onorevole. Variano a seconda delle dimensioni degli interventi, ma posso dire che, rispetto a interventi medi da 40-50 milioni, riusciamo a contenerli nei sei o sette anni come attività di progettazione, aggiudicazione, esecuzione e collaudo. Questo periodo, che ripeto si può ulteriormente comprimere, è un tempo che stiamo progressivamente riducendo e che ci consentirà, mi auguro, anche con l'utilizzo dei nuovi strumenti, come il fascicolo immobiliare dinamico, appunto il BIM, di avere delle modalità più efficaci per ridurre i tempi, anche con la presenza di tecnici che possano, oltre che fare la direzione dei lavori, presidiare gli interventi affinché si possano ridurre.
  Tenete presente che molti degli interventi che abbiamo realizzato in passato venivano fatti insieme ai provveditorati per le opere pubbliche. Oggi abbiamo una struttura interna che ci consente di gestire direttamente. Questo ci fa ridurre i tempi di attuazione sia nella fase di progettazione sia in quella di esecuzione dei lavori.
  Per quanto riguarda le opportunità degli enti locali, prima ho fatto riferimento alla cosiddetta «Proposta Immobili», che è diventata una piattaforma, che si chiama EnTer, dove tutti i comuni in qualsiasi momento possono presentare il proprio immobile da valorizzare.
  Abbiamo già emanato con ANCI una circolare in cui abbiamo avvisato tutti i comuni, ma potremmo rifare – ed era nostra intenzione – un giro delle amministrazioni, promuovendo con le singole ANCI regionali l'utilizzo di questa piattaforma che consente ai comuni di mettere in disponibilità i beni da valorizzare.

  ALBERTO LUIGI GUSMEROLI. Scusi, non potete arrivare direttamente al comune? Molti comuni non sono associati in ANCI.

  ROBERTO REGGI, Direttore dell'Agenzia del demanio. Certo. I nostri direttori Pag. 17regionali hanno rapporti con tutti i comuni. Abbiamo usato ANCI perché ci ha aiutato a fare una comunicazione massiva. Spesso, alcune regioni hanno delle strutture abbastanza forti che ci consentono di diffondere in maniera più efficace i comunicati, ma è chiaro che non facciamo distinzione tra quelli che sono associati ANCI e gli altri. Mi impegno a farlo.
  Per quanto riguarda i fondi immobiliari, quello completato, che è in esecuzione, è quello con la regione Lazio. Funziona bene, vi è stata una valorizzazione importante sia di vendita di beni, sia di valorizzazione; infatti è il modello di riferimento che stiamo utilizzando con le altre regioni.
  Il fatto che la regione Lombardia abbia un portafoglio immobili limitato non dipende dal fatto che ne hanno pochi. Da una parte, il mercato immobiliare lombardo è più dinamico e quindi si riescono a valorizzare direttamente i beni senza la nostra intermediazione. Peraltro c'è da dire che questi 19 immobili sono il frutto di una valutazione del portafoglio molto accurata: siamo partiti da una cinquantina di immobili e siamo arrivati a 19, che sono quelli più interessanti per il mercato. È già a valle di una selezione piuttosto approfondita.
  Infine, quanto al demanio idrico, il SID è appunto questo sistema informativo, gestito dal Ministero delle infrastrutture, che raccoglie le informazioni relative alle concessioni. Anche qui c'è una stortura evidente: il Ministero delle infrastrutture verifica con un proprio sistema dati inseriti dai comuni, i comuni non hanno nessun interesse ad inserirli, perché non ne ricavano alcun beneficio e non hanno nemmeno una penalizzazione in caso di mancato inserimento.
  Nel riordino della materia del demanio marittimo bisognerebbe prevedere incentivi. Faccio riferimento a quanto dicevo prima: un beneficio economico all'amministrazione comunale servirebbe anche come stimolo a inserire i dati per bene e a fare tutte le cose come dovrebbero essere fatte. Si tenga presente che dall'anno scorso la riscossione avviene attraverso l'F24, quindi un sistema automatico che obbliga di fatto i comuni a inserire, diversamente dal passato, altrimenti non si può avere la riscossione. C'è un obbligo introdotto con l'introduzione dell'F24.
  Per quanto riguarda il federalismo demaniale e il controllo, la legge dice che i progetti che gli enti locali si sono impegnati ad attuare devono essere verificati entro tre anni. Noi, infatti, abbiamo il compito di monitorare se il progetto dichiarato all'atto del trasferimento è in fase di attuazione o meno. In caso contrario, il bene viene restituito allo Stato. Abbiamo un sistema di monitoraggio che attraversa tutti i comuni interessati dal federalismo demaniale.

  PRESIDENTE. Ringraziamo molto gli auditi per la corposa relazione. Grazie a tutti.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dall'ingegner Reggi (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.30.

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ALLEGATO

Presentazione informatica illustrata dall'ingegner Reggi.

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