XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 46 di Mercoledì 1 dicembre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 

Comunicazioni del presidente:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3  ... 3 

Proposta di relazione sull'attività svolta (Esame e approvazione):
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 
Pettarin Guido Germano (CI)  ... 6 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Tripodi Maria (FI)  ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Suriano Simona (Misto)  ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Sportiello Gilda (M5S)  ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Ungaro Massimo (IV)  ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 10 
Turri Roberto (LEGA)  ... 10 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 10 
Magi Riccardo (Misto-A-+E-RI)  ... 10 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 12 
Serracchiani Debora (PD)  ... 12 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 12 
Trancassini Paolo (FDI)  ... 13 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 14 
Ungaro Massimo (IV)  ... 15 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 15 

Delibera sulla pubblicità degli atti e documenti formati o acquisiti dalla Commissione:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Testo integrale della dichiarazione di voto del deputato Roberto Turri ... 17

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 11.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che, come preannunciato nella seduta del 30 settembre scorso, procedo a depositare la relazione sulla missione svolta nel Regno Unito assieme ai colleghi Quartapelle Procopio, Turri e Ungaro, unitamente alla traduzione delle dichiarazioni rese dai docenti dell'Università di Cambridge. Ringrazio per il lavoro svolto l'Ufficio Interpreti-Traduttori della Camera dei deputati.
  Comunico altresì che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella seduta del 29 novembre scorso, avendo acquisito dalla Procura della Repubblica di Roma il relativo nulla-osta in ordine alla documentazione da essa trasmessa, ha riscontrato il venire meno del regime di riservatezza per tutti gli atti formati dall'autorità giudiziaria essendosi conclusa la fase delle indagini. Si è comunque convenuto di mantenere il segreto funzionale su tutti gli altri tipi di documenti, escluse le parti citate nella relazione conclusiva.
  Propongo che i lavori proseguano in seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta).

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

  (La Commissione riprende in seduta pubblica).

Proposta di relazione sull'attività svolta (Esame e approvazione).

  PRESIDENTE. Passo al secondo punto all'ordine del giorno, che è l'esame e la votazione della proposta di relazione conclusiva. Sulla base dell'intenso lavoro svolto nell'ultimo mese in seno all'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, e sempre convocato in composizione allargata a tutti i commissari, presento quindi oggi la proposta di relazione conclusiva che si articola in tre parti.
  La prima parte riassume i risultati dell'inchiesta; la seconda dà riscontro di tutto il lavoro svolto da questa Commissione che articola i temi dell'inchiesta parlamentare; la terza compone una cronologia ragionata dei fatti che ci ha accompagnato come traccia dell'inchiesta parlamentare e che abbiamo deciso fosse parte integrante della relazione conclusiva.
  In questi due anni la Commissione ha dato vita ad un'intensa attività di indagine, ha svolto quarantacinque audizioni, ascoltando tutti i Presidenti del Consiglio, i ministri degli esteri e le altre figure politiche che si sono succedute nell'alternarsi dei governi che si sono occupati, per la loro funzione, della drammatica vicenda che ha colpito la famiglia Regeni, così come i funzionari del nostro corpo diplomatico, i vertici dei nostri servizi di intelligence, esperti di materie attinenti alla nostra indagine e Pag. 4tutte le figure coinvolte a vario titolo in questa vicenda.
  Come da impegni presi al principio di questo nostro percorso, abbiamo steso una grande pagina bianca su cui abbiamo ricomposto i tasselli di un complicato puzzle senza farci condizionare da pregiudizi o da tesi precostituite. Non c'è un solo aspetto di questa vicenda che abbiamo tralasciato o dato per scontato, consapevoli della grande responsabilità che ci siamo assunti davanti al Paese, alla sua opinione pubblica e soprattutto nei confronti della famiglia di Giulio Regeni, a cui voglio ancora una volta riconoscere pubblicamente il coraggio, la compostezza e la determinazione con cui hanno affrontato una tragedia personale trasformandola in una questione politica che riguarda la tutela dei valori e dei principi di libertà, democrazia e difesa dei diritti umani che coinvolge tutte e tutti noi, e che rende onore alla memoria del loro figlio e dei valori e delle idee in cui credeva. La loro richiesta di verità e giustizia è stata, come loro stessi ci hanno insegnato, una rivendicazione di giustizia per tutti Giulio e le Giulie del mondo. Ed è stata proprio questa la lente che ci ha guidato nella nostra inchiesta che non si è limitata a indagare sui fatti ma ha allargato il suo sguardo alla complessità del contesto in cui l'omicidio di Giulio Regeni è avvenuto e alle sue conseguenze sul piano politico e su quello delle relazioni internazionali nel loro complesso.
  Voglio ringraziare tutti i gruppi parlamentari e tutte e tutti i componenti della Commissione per la serietà, l'impegno e il livello di responsabilità che hanno dimostrato durante tutti i nostri lavori. Anche nei momenti difficili della politica italiana di questi anni, i lavori di questa Commissione non sono mai stati condizionati da interessi di parte, al contrario, sono stati protetti da tutto e tutti noi da qualsiasi ingerenza legata alle contingenze politiche. Un ringraziamento particolare lo voglio rivolgere al Presidente della Camera Roberto Fico per l'impegno personale e istituzionale profuso in questi anni nella ricerca di verità e giustizia per Giulio Regeni e per il sostegno istituzionale mai venuto meno ai lavori di questa Commissione. La Commissione ha potuto beneficiare nel corso dell'inchiesta dello straordinario lavoro investigativo della Procura della Repubblica di Roma e degli ufficiali di polizia giudiziaria del ROS dell'Arma dei carabinieri e dello SCO della Polizia di Stato, che hanno svolto un'indagine in un contesto difficilissimo caratterizzato da continui e importanti tentativi di depistaggio e ostruzione delle indagini da parte egiziana. In questo contesto, è utile ricordare come un contributo determinante alle indagini sia stato fornito dalla famiglia Regeni e della loro legale Alessandra Ballerini, come riscontrato anche nel corso dei lavori da questa Commissione.
  Nei suoi due anni di attività la Commissione, grazie allo spirito di leale e costruttiva collaborazione, in primis della magistratura inquirente e, più in generale, degli altri corpi dello Stato interessati alla vicenda, ha sperimentato un modello di cooperazione interistituzionale che rappresenta un esempio di come le istituzioni dovrebbero interagire quando si trattano questioni di questa rilevanza. La Commissione ha fatto proprie le risultanze delle indagini della Procura di Roma arrivando alla conclusione che Giulio Regeni sia stato rapito, torturato e ucciso da ufficiali degli apparati di sicurezza della Repubblica Araba d'Egitto e in particolare da ufficiale della National Security Agency. Sulle istituzioni egiziane grava la responsabilità di non essere intervenuta nonostante risulti agli atti di questa Commissione il tempestivo interessamento ai massimi livelli da parte delle istituzioni italiane delle rispettive controparti egiziane. I continui tentativi di depistaggio, la mancanza di risposte alle rogatorie della nostra magistratura e infine il rifiuto delle autorità egiziane di fornire l'elezione di domicilio dei quattro ufficiali della National Security Agency imputati nel processo aperto dalla Procura della Repubblica di Roma che ne ha sostanzialmente interrotto l'iter, costituiscono nei fatti una vera e propria ammissione di responsabilità da parte di un regime che sembra aver considerato la cooperazione giudiziaria alla stregua di uno strumento dilatorio, finalizzatoPag. 5 al recupero delle precedenti relazioni bilaterali tra i due Paesi. È opinione quindi di questa Commissione che il progressivo ritiro dalla cooperazione giudiziaria si configuri come copertura delle responsabilità degli apparati di sicurezza del regime egiziano.
  A conferma di questo, riportiamo il memorandum della Procura generale egiziana trasmesso alle autorità italiane a fine 2020 che rappresenta la pietra tombale della cooperazione giudiziaria tra i due Paesi e che rilancia ancora una volta la tesi della responsabilità di una banda di rapinatori che ha rappresentato uno dei più significativi tentativi di depistaggio e che è stato alla base della decisione dell'allora Governo italiano di richiamare l'ambasciatore. Tra i tentativi di depistaggio annoveriamo inoltre da ultimo la diffusione, attraverso i social media e su una rete televisiva egiziana vicina al regime, di un documentario la cui produzione ha richiesto un notevole investimento economico in concomitanza con l'udienza preliminare del processo. Un documentario sulla figura del Giulio Regeni che, assolvendo da ogni responsabilità le autorità egiziane, riproponeva la tesi complottistica di una possibile attività spionistica ascrivibile alla sua affiliazione all'Università di Cambridge. A tal proposito, la Commissione, nel corso della sua indagine, ha potuto constatare come tale tesi, più volte riportata anche da media italiani, sia priva di alcun fondamento, avendo avuto modo di registrare come sia nell'ambito delle indagini svolte da parte degli inquirenti italiani e della stessa Commissione nel Regno Unito sia nelle attività di informazione dei nostri apparati di intelligence non vi sia alcun elemento che possa suffragare tale ipotesi. Allo stesso modo questa Commissione non ha trovato alcun riscontro circa la tesi ricorrente dell'interferenza di Paesi terzi che avrebbero potuto trarre vantaggio da una crisi dei rapporti tra Italia ed Egitto. Benché alcuni Paesi possono indiscutibilmente essersi avvantaggiati della tensione diplomatica tra Italia ed Egitto, nessun elemento di fatto è emerso in tal senso nel corso della nostra indagine che ha riguardato anche gli aspetti relativi all'intelligence.
  A giudizio di questa Commissione, la genesi della vicenda che ha riguardato Giulio Regeni, e quindi le cause e le responsabilità della sua morte, sono tutte interne al regime egiziano, alla sua condizione perenne sospesa tra repressione e instabilità. Regeni è stato quindi vittima di un apparato repressivo nelle cui maglie finiscono quotidianamente tantissimi cittadini egiziani che in questo caso ha superato quello che fino a quel momento era considerato un tabù, ovvero l'intoccabilità dei cittadini stranieri. Fino a quel momento, il pericolo maggiore a cui andava incontro a un cittadino occidentale che svolgesse attività di ricerca o giornalistica o qualsiasi altra attività considerata sensibile da parte del regime, correva come rischio più alto quello di essere rimpatriato e di vedersi negato il visto d'ingresso nel Paese, rischio del quale Giulio Regeni, che emerge dal lavoro di indagine di questa Commissione come ricercatore serio, scrupoloso e prudente era assolutamente consapevole. Questa Commissione ha potuto accertare come nell'oggetto della sua ricerca non vi fossero particolari profili di rischio, essendo un tema molto studiato da altri ricercatori presenti nel Paese all'epoca dei fatti, ma che probabilmente Giulio Regeni sia finito in una ragnatela in cui da un lato la delazione del capo del sindacato degli ambulanti Abdallah, interessato a trarne vantaggio, ha determinato l'innesco dell'apparato di sorveglianza e dall'altro la proposta di partecipare a un bando della Fondazione Antipode per finanziare progetti di sviluppo sociale, abbia a sua volta elevato il livello di attenzione nei suoi confronti da parte della NSA. Nel corso della sua indagine la Commissione ha potuto inoltre raccogliere diversi elementi che suffragherebbero l'ipotesi di una conflittualità tra i diversi servizi di intelligence egiziana sul controllo e la gestione degli spazi del potere politico ed economico.
  Un passaggio delicato nell'attività della Commissione è stato rappresentato dalla conclusione della vendita all'Egitto di due fregate FREMM che se fosse passato come Pag. 6se nulla fosse avrebbe potuto confermare l'Egitto nella falsa impressione per cui per l'Italia la questione Regeni fosse chiusa. La Commissione ha quindi convocato d'urgenza nel giugno del 2020 l'allora Presidente del Consiglio, il quale escluse qualsiasi normalizzazione dei rapporti con l'Egitto senza apprezzabili risultati sul piano della ricerca di verità e giustizia. Purtroppo questa Commissione non ha potuto non prendere atto di come nei giorni immediatamente successivi e fino ad ora l'Egitto abbia continuato a respingere al mittente la richiesta da parte italiana di acquisire i domicili legali dei quattro imputati nel processo sull'omicidio di Giulio Regeni. È giudizio di questa Commissione, a fronte delle accertate conseguenze sull'iter processuale della mancata elezione di domicilio, che sia necessario un salto di qualità nell'esercizio della pressione diplomatica sull'Egitto di cui ancora purtroppo non vi è traccia. Fino a qui l'Italia ha legittimamente seguito la via della cooperazione giudiziaria, volta a individuare le responsabilità dei singoli colpevoli della morte di Giulio Regeni ed è bene che vi insista, nonostante il palese boicottaggio da parte egiziana. Questa Commissione ritiene però che sia arrivato il momento di richiamare l'Egitto alle sue responsabilità in quanto Stato che prescindono da quelle penalmente rilevanti dei suoi agenti. Questa Commissione, come si leggerà nella relazione, ha infatti valutato attentamente la complessità delle relazioni tra Italia ed Egitto ed è consapevole di quante queste siano delicate sotto il profilo degli equilibri geopolitici e della stabilità regionale. Tale rilevanza strategica, alla luce dell'atteggiamento tenuto dalla controparte egiziana in questa vicenda, richiede quindi che le relazioni italo-egiziane siano affrontate e orientate nel loro complesso, assumendo una posizione più chiara e determinata, elevando il livello del confronto politico con l'Egitto, al fine di riaffermare chiaramente che per il nostro Paese l'esigenza di assicurare alla giustizia i responsabili dell'omicidio di Giulio Regeni, investe direttamente l'interesse nazionale, al pari delle questioni di natura geopolitica e strategica.
  Infine la Commissione, con il supporto di autorevoli studiosi di diritto internazionale, ritiene che l'Italia sia legittimata a richiamare l'Egitto al rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, aprendo pertanto una controversia internazionale, ai sensi dell'articolo 30 della predetta convenzione. Tale opzione si tradurrebbe in un atto dovuto se l'Egitto continuasse a non comunicare il domicilio degli imputati, violando platealmente gli obblighi liberamente pattuiti in ordine all'assistenza giudiziaria (articolo 9 della Convenzione) e allo svolgimento di un'inchiesta imparziale, quando vi siano ragionevoli motivi di credere che un atto di tortura sia stato commesso in un territorio sotto la sua giurisdizione. Questi sono alcuni strumenti del diritto internazionale che nella relazione sono più ampiamente descritti e a cui il nostro Paese può fare ricorso per rivendicare verità e giustizia per la morte di Giulio Regeni.
  Permettetemi da ultimo una riflessione di carattere personale. Giulio Regeni era uno di noi, Giulio Regeni è uno di noi, come lo sono Valeria Solesin, Antonio Megalizzi, Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci, Mario Paciolla, Luca Ventre e molti altri giovani cittadini italiani che in un mondo sempre più interconnesso hanno vissuto la loro vita percependosi come cittadini di questo mondo, mantenendo un legame forte con le proprie radici e rappresentando al contempo nel mondo la parte migliore di questo Paese. Ed è proprio per questo che oggi ritengo che le istituzioni italiane abbiano il dovere di difendere la loro memoria e con essa la dignità e la credibilità internazionale dell'Italia, perché i principi e i valori universali di giustizia, libertà e democrazia di cui Giulio Regeni insieme a loro è stato portatore possono essere difesi sempre e ovunque nel mondo.
  Vi ringrazio e lascio la parola ai colleghi per dichiarazioni di voto.
  Do la parola al collega Pettarin.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Grazie Presidente. Desidero esprimere la dichiarazione di voto del mio gruppo, Coraggio Italia, che è assolutamente positiva. Voteremo a favore e in approvazione di questa Pag. 7relazione. Non ho da aggiungere alcuna parola all'intervento del Presidente se non un ringraziamento complessivo a tutti i colleghi della Commissione, alle strutture tecniche che ci hanno affiancato, al presidente e al dottor Di Napoli, dicendo che io, come credo tutti quanti noi, riconosciamo in Giulio un nostro figlio e credo che abbiamo fatto un passo avanti importante per raggiungere la verità e la giustizia per Giulio.

  PRESIDENTE. Do la parola alla collega Quartapelle.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie Presidente. Vorrei anch'io dichiarare, a nome del Partito Democratico, che il lavoro che abbiamo fatto – un lavoro articolato, complesso e approfondito – corrisponde all'idea che arrivare alla verità sulla vicenda drammatica di Giulio Regeni è una questione di interesse nazionale prima di tutto, perché per tutto il Parlamento – perché poi questa relazione verrà votata all'unanimità – continuare a perseguire la verità, cercare di capire cosa è successo a un nostro cittadino all'estero rapito, torturato e ucciso vuol dire impegnarci quotidianamente per garantire la sicurezza di ciascun cittadino che si trova all'estero. Questo è il cuore del lavoro che abbiamo fatto che si aggiunge al lavoro delle tante istituzioni che hanno continuato in questi cinque anni a cercare la verità e la giustizia per Giulio Regeni: la magistratura, di cui abbiamo potuto apprezzare il lavoro serissimo e di grande qualità, gli apparati investigativi, tutti gli apparati connessi ai temi delle relazioni diplomatiche e della sicurezza dello Stato – quindi i nostri servizi – e la diplomazia. È importante ribadire che l'Italia come Paese – e il voto unanime del Parlamento lo certifica – è unita dietro la ricerca della verità e della giustizia per Giulio Regeni, perché la vita di un nostro connazionale ucciso in queste condizioni all'estero è per noi un punto centrale della nostra iniziativa di politica estera. Anch'io mi unisco ai ringraziamenti per chi ha fatto parte della Commissione dal punto di vista tecnico e di supporto sia degli esperti sia del personale della Camera e credo che siamo consapevoli dell'importanza che questa relazione riveste all'interno di un lavoro più ampio che ha fatto l'apparato dello Stato, che ha fatto il nostro Paese per arrivare alla verità e alla giustizia. Oggi passiamo nuovamente la parola alle autorità egiziane che, come lei diceva nella relazione, sono state gravemente carenti nel proseguire questa ricerca di verità e giustizia.

  PRESIDENTE. Do la parola alla collega Tripodi.

  MARIA TRIPODI. Grazie presidente, anch'io annuncio il voto favorevole del mio partito, Forza Italia. Credo che abbiamo contribuito tutti insieme a scrivere una pagina in questo Parlamento dove abbiamo chiesto giustizia per un nostro coetaneo, per un ragazzo, un figlio del nostro Paese che ha avuto la sventura di essere trucidato in maniera barbara. Credo anche che il lavoro svolto in modo trasversale da tutte le parti politiche sfociato in un'approvazione alla unanimità sia molto importante. Si è dato un ulteriore segno di unità su una vicenda davvero molto triste e che personalmente mi ha lasciato, come credo abbia lasciato ogni collega che ha fatto parte di questa Commissione, profondamente segnata. Ringrazio il presidente per il lavoro che ha portato avanti insieme a tutti noi e naturalmente tutti gli uffici che hanno lavorato per supportarci in questi due anni.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Suriano.

  SIMONA SURIANO. Ringrazio come gli altri colleghi la presidenza, gli uffici e lo staff tecnico per l'importante e copioso lavoro che è stato portato a termine. Una relazione molto puntuale e coraggiosa dove non sono mancate anche alcuni accenni di critica agli atteggiamenti dello Stato italiano nei casi in cui ha tenuto un comportamento di ambiguità, facendo credere all'Egitto che tutto fosse risolto. Trovo quindi questa relazione molto coraggiosa e importante, anche perché la voteremo all'unanimità. Non si viene a negare ovviamente Pag. 8anche gli sforzi compiuti dal nostro Stato. Apprezzo soprattutto la parte conclusiva in cui si chiede al nostro Governo, al nostro Stato di elevare il livello di interlocuzione nella richiesta di verità per la morte e la tortura di Giulio Regeni, perché ne va della nostra credibilità a livello internazionale, ma anche e soprattutto della sicurezza dei nostri cittadini all'estero.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Sportiello.

  GILDA SPORTIELLO. Grazie presidente. Ovviamente annuncio il voto favorevole del Movimento 5 Stelle nell'approvare questa relazione. Credo che il lavoro che la Commissione ha portato avanti in maniera unanime e trasversale, lasciando fuori ogni tipo di appartenenza e di arroccamento politico, sia stato importante e testimoni in maniera inequivocabile come la ricerca di verità per Giulio Regeni appartenga a tutti. Non è una vicenda personale, è una vicenda che appartiene all'intero Paese, e qui lo dimostriamo in maniera plastica. Il lavoro di questa Commissione aggiunge un tassello importante. Ricostruisce il quadro complesso delle vicende che si sono mosse intorno al caso di Giulio Regeni, mai sovrapponendosi al lavoro della magistratura. Abbiamo ricostruito una complessa rete di relazioni politiche e istituzionali. Restituiamo con questa relazione la complessità di tutto quello che gira intorno alla vicenda Regeni.
  Abbiamo potuto ulteriormente apprezzare, qualora ce ne fosse stato bisogno, il lavoro prezioso svolto dalla nostra Procura che si è trovata di fronte a un comportamento decisamente ostile dell'Egitto. Abbiamo apprezzato il lavoro, l'atteggiamento e la grande lotta dei genitori di Giulio Regeni e dell'avvocato Ballerini, e il prezioso lavoro che ha fatto l'ambasciatore Massari. Credo che lo sforzo che oggi bisogna fare – e questa Commissione lo chiede a gran voce – è di prendere atto in maniera ancora più rilevante, qualora fosse possibile, rispetto a quanto è stato fatto finora che ci troviamo di fronte a un regime che non ha alcun rispetto per i diritti umani e lo dimostrano la vicenda Regeni, la vicenda di Patrick Zaki, le numerose sparizioni forzate. Ci troviamo di fronte a un Paese che ha negato in maniera sistematica e ha ostacolato con i tentativi di depistaggio la ricerca della verità per Giulio Regeni.
  Con la nostra relazione indichiamo anche delle strade per intraprendere iniziative sul piano politico e sul piano internazionale e sul piano della giurisprudenza. Non possiamo inoltre dimenticare la necessità di introdurre modifiche di procedura penale per i reati commessi all'estero a danno di nostri connazionali. Come lei ricordava, presidente, questa Commissione oggi non può non tener presente di quanto accaduto a Mario Paciolla, a Luca Ventre, a Luca Attanasio, a Vittorio Iacovacci e a tanti altri e dunque non si poteva non fare una riflessione anche su queste vicende.
  Annuncio quindi il voto favorevole del mio gruppo. Ringrazio gli Uffici e tutti coloro che hanno partecipato ai lavori. Questa posizione unanime della Commissione deve essere un passo ulteriore e importante per gridare a gran voce che noi continueremo a cercare sempre verità e giustizia per l'uccisione di Giulio Regeni.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Ungaro.

  MASSIMO UNGARO. Grazie presidente. Esprimo soddisfazione per i lavori di questa Commissione che presenta una relazione unitaria e soprattutto nei tempi, senza chiedere un'ulteriore proroga dei lavori della Commissione. A conclusione di questi due anni di lavoro per me non ci sono dubbi che le persone responsabili del rapimento, tortura e uccisione di Giulio sono membri delle forze di sicurezza egiziane che forse credevano di vedere in lui una minaccia e, spinti da motivi carrieristici o di competizione burocratica, hanno portato agli eventi che abbiamo studiato. Figli di un regime, quello di Al-Sisi, paranoico, sanguinario, ben peggiore di quello di Mubarak, questo è chiaro.
  Abbiamo guardato con attenzione cosa succede in un Paese in cui i diritti umani Pag. 9vengono violati ogni giorno, con le sparizioni forzate e fermi non ufficiali di migliaia di attivisti e di dissidenti a un ritmo ben superiore del tempo di Mubarak in cui forse la dipendenza dall'Occidente era maggiore e quindi si aveva un controllo più importante su quel Paese. Adesso la influenza delle monarchie del Golfo invece hanno chiaramente portato a una ancor minore rispetto dei diritti umani.
  La relazione conclusiva riporta un quadro realistico in cui si afferma come ha detto il ruolo chiave della delazione del sindacalista Abdallah. Anche se rimangono molti interrogativi è abbastanza chiaro che le responsabilità sono tutte in Egitto. La relazione mette in evidenza come lo Stato italiano ha reagito con fermezza e con grande intransigenza nel biennio 2016-2017, che ha portato a ottenere alcuni risultati tangibili anche se parziali. Infatti abbiamo visto una collaborazione iniziale egiziana con l'invio di tabulati e video cosa che indica che forse esiste un altro Egitto sottotraccia e che non si richiude in un orgoglio nazionalistico, anche se oggi minoritario, e che in qualche modo va sostenuto. È un po' un peccato – mi permetta di esprimere un po' di rammarico – constatare la semi-normalizzazione dei rapporti a cui il nostro Stato ha dato luogo a partire dall'estate 2018 sia con la ripresa dei rapporti commerciali e la vendita di sistemi d'arma sia con varie visite ufficiali di ministri dell'Interno e vicepremier.
  Molto importante in questa relazione è stato chiarire il ruolo del Regno Unito, il quale, dopo questi due anni di lavoro, è chiaro che abbia collaborato e aiutato e che ogni teoria cospirazionistica che vede un qualsiasi ruolo di istituzioni o pezzi di istituzioni britanniche è completamente priva di fondamento, almeno a seguito del lavoro della nostra Commissione. Certo avremmo voluto da parte britannica una maggiore rappresentanza presso le autorità egiziane della nostra richiesta di verità e giustizia per Giulio e sono orgoglioso che invece sul caso di Patrick Zaki il nostro Paese mantiene salda la richiesta di rilascio e di giustizia, indipendentemente dal colore del suo passaporto, ma perché appunto studiava in atenei italiani, questo sì. Per me però è importante che la relazione conclusiva abbia chiarito che il Regno Unito ha collaborato pienamente con le istituzioni italiane a ogni livello, anche grazie a un'interlocuzione politica nel primo biennio.
  Mi permetta di ringraziare per il grande lavoro non solo della Procura di Roma, ma di tutti i reparti investigativi, dello SCO e del ROS. Lo diceva prima la collega Sportiello, è incredibile cosa siano riusciti a scoprire a migliaia di chilometri di distanza malgrado l'ostilità delle istituzioni egiziane. Va anche fortemente sottolineato il lavoro dell'apparato diplomatico della Farnesina e della nostra ambasciata che ha reagito immediatamente con solerzia e determinazione appena è stata avvisata della sparizione di Giulio.
  I miei ringraziamenti non formali ma sostanziali vanno ai funzionari e agli uffici della Commissione, al dottor Di Napoli, al dottor Scotto, al dottor Picca, a chi ha curato l'archivio, e a lei presidente per aver condotto i lavori di questa Commissione con sobrietà ed equilibrio.
  Oltre alle valutazioni espresse nella relazione, sostengo anche tutte le proposte avanzate nella parte finale per salvaguardare la sicurezza dei ricercatori italiani all'estero. Credo che sia politicamente importante per il nostro Paese mantenere il punto fermo su Patrick Zaki e credo che non sia più rinviabile il conferimento della cittadinanza italiana a questo ricercatore, che rimane ancora in stato di fermo in terribili condizioni nelle carceri egiziane. Penso che sia molto importante – e sostengo una delle proposte che viene fatta nella relazione – che il nostro paese avvii una procedura giudiziale internazionale, in quanto sia l'Egitto sia l'Italia sono Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione contro la tortura del 1984, e spingere affinché anche il Consiglio europeo prenda una posizione più ferma sulla vicenda Regeni, per dare seguito alle varie risoluzioni approvate dal Parlamento europeo. Giulio rimane una ferita aperta per la società italiana e io sono orgoglioso del nostro Paese per tutti gli investimenti che ha fatto per ottenere verità e giustizia e questo non è Pag. 10stato il caso di altri Paesi europei che hanno avuto situazioni simili. Le situazioni non si devono fermare e sono state sostenute da una formidabile campagna di mobilitazione della società civile italiana e non solo. Speriamo che ciò produca risultati tangibili non soltanto per ottenere giustizia e verità per Giulio ma anche per tutte quelle migliaia di persone incarcerate senza processo che spariscono ogni anno nell'Egitto di Al Sisi. Lo dobbiamo ai genitori di Giulio, ai ricercatori italiani che portano alto il nome dell'Italia, al nostro Paese e appunto a tutte quelle persone torturate, imprigionate e assassinate ingiustamente senza processo. Per questo motivo voteremo a favore della relazione conclusiva.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Turri.

  ROBERTO TURRI. Grazie, presidente. Annuncio il voto favorevole del mio gruppo. Chiedo di essere autorizzato a depositare il testo della mia dichiarazione di voto. Mi limito semplicemente a ringraziare anch'io la Commissione, quindi lei Presidente, ma anche i funzionari per il lavoro svolto, che peraltro ho potuto sperimentare anche in maniera più diretta nella missione a Cambridge a cui ho partecipato. Missione che ritengo sia stata fondamentale quantomeno per chiarire il ruolo di Cambridge e soprattutto della tutor di Regeni su cui tanto avevamo letto e abbiamo avuto la possibilità di chiarire come stavano realmente le cose. Questo non servirà per capire e accertare la verità, però personalmente e sinceramente l'audizione della tutor mi ha molto colpito e quindi è stato molto contento che questo aspetto sia emerso.
  Abbiamo tutti apprezzato l'importante lavoro della Procura di Roma e ovviamente ci auspichiamo tutti che questo processo possa essere svolto, in modo da accertare proprio le responsabilità dirette che abbiamo avuto modo, da quanto abbiamo assunto in questi due anni, di capire da che parte stiano.
  Altro ruolo fondamentale che mi ha colpito è quello dell'ambasciatore che sin dai primi momenti della vicenda è stato fondamentale. Credo che se siamo qui oggi a discutere è sinceramente anche grazie al ruolo che ha avuto Massari sin dai primi momenti e mi sento quindi di sottolineare quanto sia importante il ruolo dell'ambasciatore all'estero.
  Esprimo dunque soddisfazione per il lavoro che abbiamo svolto in questi in questi due anni.

  PRESIDENTE. Autorizzo il deposito del testo integrale dell'intervento del deputato Turri, da pubblicare in allegato al resoconto stenografico della seduta.
  Do la parola all'onorevole Magi.

  RICCARDO MAGI. Grazie, presidente. Grazie al lavoro di questa Commissione e alla relazione conclusiva che ci apprestiamo ad approvare all'unanimità – ed è un bellissimo segnale questo – il Parlamento italiano credo si dimostri del tutto all'altezza dei princìpi di giustizia, di tutela dei diritti umani e dei principi di Stato di diritto, e corrisponde anche alle aspettative dei cittadini italiani, dell'opinione pubblica nonché della famiglia di Giulio Regeni, che dobbiamo sempre ringraziare per una battaglia civile che hanno condotto per questo Paese e per un lunghissimo tempo.
  La Commissione giunge all'accertamento della verità, che è quella che lei ci ha detto. Giulio Regeni è stato rapito, torturato e deliberatamente ucciso dalla National Security Agency, cioè da una parte degli apparati di sicurezza egiziani.
  Ci sono alcuni punti che mi preme sottolineare. C'è stato un lavoro straordinario da parte della Procura di Roma e della polizia giudiziaria, degli apparati inquirenti, da parte quindi della Polizia di Stato e dei Carabinieri. Un lavoro straordinario per qualità investigativa e per efficacia nella ricostruzione dei fatti di cui questa Commissione si è avvalsa e quindi anche a loro deve andare il nostro ringraziamento, ma c'è stata una capacità di questa Commissione, guidata da lei presidente con il suo equilibrio, di lavorare in maniera coesa e di tenere al di fuori di questa porta qualsiasi tentazione di strumentalizzazione politica. Vorrei dire di più c'è stata anche la capacitàPag. 11 di tenere questo equilibrio, questo approccio equilibrato anche quando abbiamo dovuto audire e siamo entrati direttamente nell'attualità politica. Abbiamo di fatto audito cariche dello Stato che vedevano il loro mandato svolgersi in corso e questo non è semplice per una Commissione d'inchiesta. Audire un Presidente del Consiglio in carica durante la stessa legislatura in cui si tengono i lavori di questa Commissione. Devo dire che c'è stata una capacità particolare, improntata a una responsabilità istituzionale che lei presidente e tutti quanti i commissari hanno avuto.
  C'è un aspetto che mi preme sottolineare e che è opportunamente approfondito in un capitolo dedicato della relazione conclusiva. Quando parliamo del caso Regeni dobbiamo sempre ricordare che c'è un caso Regeni all'interno di un caso Egitto, alcuni colleghi lo hanno detto, in particolare con il fenomeno delle sparizioni forzate che è una tragica tradizione di quel Paese che risale ad anni anche precedenti al colpo di Stato del 2013, ma che ha visto dopo il 2013 un'impennata in termini quantitativi, tanto che si arriva a quantificare da parte di Amnesty International dal 2015 in media tre o quattro persone al giorno che sono oggetto di sparizione forzata. È bene ricordare che tutto questo avviene contro la lettera della norma scritta della Costituzione egiziana ma avviene con modalità che ormai sistematiche e di massa. Vengono arrestati arbitrari arbitrariamente attivisti, giornalisti e oppositori del regime, dissidenti politici, vengono sottoposti a torture. In ogni caso queste persone trattenute non sono incluse nel registro ufficiale dei detenuti.
  Dire questo non significa sminuire la gravità del caso Regeni, significa contestualizzarla e significa anche comprendere quanto gli sforzi da qui in avanti del nostro Paese e delle nostre istituzioni a livello di governo e anche a livello parlamentare, debbano essere volti a, in qualche modo, costruire delle alleanze nelle sedi internazionali, proprio per porre il problema del caso Egitto che è un caso di violazioni sistematiche di massa dei diritti umani.
  Un altro aspetto che ci tengo a sottolineare è quello di una certa ambivalenza che questa Commissione si è trovata ad avere davanti. Che cosa intendo con ambivalenza? Da una parte va riconosciuto che le autorità italiane si sono sin da subito attivate, hanno compreso – in particolare per quanto riguarda la filiera diplomatica – la gravità di quanto stava avvenendo, si sono attivate per esercitare pressioni a tutti i livelli – ricordiamo l'interruzione della missione della Ministra dello Sviluppo economico che era in corso proprio in quelle tragiche ore iniziali. Dall'altra però dobbiamo riconoscere, non possiamo non riconoscere che la normalizzazione è avvenuta ed è avvenuta senza che ci fossero concretamente dei passi in avanti sul piano della cooperazione giudiziaria. Da questo punto di vista, devo dire che in particolare l'audizione che avemmo nell'estate 2020 con il presidente Conte ci ha mostrato quanto questa normalizzazione ci sia effettivamente stata.
  La relazione conclusiva ha anche il merito di indicare quali sono delle possibili strade su cui procedere, quindi l'apertura della controversia internazionale ai sensi dell'articolo 30 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e soprattutto mi viene ancora da sottolineare l'importanza che in tutte le sedi internazionali si porti all'attenzione dei nostri partner – dei partner europei prima di tutto – ma anche degli Stati Uniti. Il fatto che sia stato riconosciuto un ruolo all'Egitto in vista della COP27, forse è qualcosa che il nostro Governo deve cominciare a chiedere che venga rivalutato e che venga messo in dubbio. È troppo tardi, non ci sono possibilità perché questo avvenga? Non lo so. Io credo che si debba iniziare a far pressione anche in questa direzione.
  Esprimo quindi il nostro voto favorevole con orgoglio, ringraziando ancora una volta tutti i colleghi commissari, ringraziando lei presidente, ma ringraziando anche i funzionari della Camera dei deputati e tutti coloro che collaborato con la Commissione per un lavoro straordinario che hanno svolto di cui credo possano andare possiamo andare tutti quanti tutti quanti orgogliosi.

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  PRESIDENTE. La parola all'onorevole Serracchiani.

  DEBORA SERRACCHIANI. Grazie presidente. Parto anch'io dai ringraziamenti che sono davvero particolarmente sentiti a lei presidente, all'Ufficio di presidenza, al collega vicepresidente Trancassini, a tutti i colleghi e le colleghe commissari, a tutti gli uffici e a chi in prima persona ci ha dato una mano in questa ricostruzione assolutamente non semplice che ha un po' toccato, mi permetto di dire, la vita di tutti noi, come sapevamo quando abbiamo iniziato a far parte di questa Commissione e come ci siamo resi conto poi nello svolgersi degli eventi.
  Sono tante le persone da ringraziare. Mi consentirà però, presidente, di rivolgere anche da parte mia un particolare ringraziamento alla Procura di Roma, in particolare ai procuratori Prestipino e Colaiocco, perché credo che senza la determinazione, il coraggio, l'insistenza e anche la forza con cui la Procura di Roma non ha lasciato nulla di intentato probabilmente noi stessi oggi non saremmo di fronte a una relazione, non solo molto puntuale ma entra nella carne viva di una vicenda nella quale possiamo anche dire che purtroppo sappiamo come le cose sono andate e sappiamo anche quali sono stati i limiti le fragilità e le questioni che sono ancora sul tappeto e che sono sicuramente giudiziarie e anche politiche.
  Un particolare ringraziamento quindi alla Procura di Roma e un particolare ringraziamento anche all'ambasciatore Massari – è stato già detto – perché credo davvero che abbia tentato fin dai primi momenti di aiutare non soltanto Giulio comprendendo fino in fondo quanto fosse grave la situazione. Un ringraziamento va alla determinazione, al coraggio e alla forza della famiglia senza le quali la storia di Giulio probabilmente non avrebbe avuto quella visibilità e quella importanza per le coscienze di tutti che ancora una volta abbiamo visto e toccato con mano trattando la ricostruzione di questa drammatica vicenda.
  Spesso mi interrogo – lo faccio anche nel mio ruolo di capogruppo del Partito Democratico alla Camera – sulla funzione e sulla utilità che hanno le Commissioni d'inchiesta. Spesso ce lo diciamo, ce lo siamo detti anche in riunioni di capigruppo – vedo che è assolutamente d'accordo il collega Magi – perché a volte abbiamo l'impressione che in alcuni casi nascano senza che abbiano un senso preciso. Credo che questa invece abbia avuto un senso profondo, che la Commissione Regeni e la relazione che alla fine ne è nata siano la fotografia di un momento della nostra storia italiana, di una tragica vicenda, di un percorso umano, ma ritengo che sia stata estremamente utile, non soltanto per tornare a parlare di questo fatto – più volte qualcuno si è permesso anche di dire che se ne parlava troppo, ci è capitato anche di sentire – ma anche per mettere al centro l'attività svolta dagli organi giudiziari ma anche per mettere al centro quelle che sono scelte e decisioni che dovranno essere prese nel prossimo futuro e che questa relazione ha l'ambizione di voler accompagnare.
  Credo veramente che abbiamo fatto un'attività utile, un'attività opportuna e che abbiamo svolto fino in fondo – credo di poterlo dire e lo dico a nome di tutti i colleghi – di aver svolto fino in fondo il nostro compito, peraltro senza lasciarci prendere – penso che sia stato importante – da questioni politiche che, se ci vedono divisi, come è legittimo che sia, su tanti punti politici, ci hanno invece unito nella voglia di trovare verità e giustizia rispetto alla morte di Giulio Regeni e a Giulio va il nostro ultimo pensiero.

  PRESIDENTE. La ringrazio collega Serracchiani. Mi permetto di aggiungere alla sua ultima riflessione circa il ruolo della Commissione d'inchiesta che a lungo io stesso mi sono interrogato sui risultati che avrebbe potuto conseguire questa Commissione d'inchiesta la quale, come ci siamo detti fin dal principio, pur avendo gli stessi poteri della autorità giudiziaria, non aveva gli strumenti e sicuramente non poteva in nessun modo sovrapporsi al lavoro che stava facendo la magistratura. Abbiamo in questi due anni lavorato in parallelo segnando, come ho avuto modo di dire prima, Pag. 13un rapporto di collaborazione leale e strutturata con la magistratura inquirente, di cui abbiamo beneficiato e che ci ha permesso di svolgere un ruolo ulteriore che spero alla fine, con l'approvazione di questa relazione, dia un piccolo contributo che costituisca un piccolo passo in avanti, non solo per l'ottenimento di una verità completa ma spero anche per l'ottenimento di giustizia, che credo oggi sia la priorità per tutti noi.
  Do la parola al vicepresidente Trancassini.

  PAOLO TRANCASSINI. Grazie presidente. Mi scuso, ma, come spesso è accaduto in questi mesi, il sovrapporsi degli impegni in altre Commissioni ha reso e rende un po' complicato partecipare puntualmente ai lavori di questa.
  Non ho ascoltato gli interventi precedenti, quindi probabilmente mi ripeterò. Credo che sia doveroso rivolgere un pensiero a Giulio Regeni e alla sua famiglia perché se noi oggi siamo qua è perché questa famiglia ha voluto a tutti i costi rompere un muro. Lo ha fatto con convinzione, caparbietà e anche con intelligenza e penso quindi che tutto il lavoro che è stato fatto lo si debba principalmente a loro. Volevo poi ringraziare il presidente, perché abbiamo lavorato bene, abbiamo lavorato con molta serenità, con la possibilità di confrontarsi serenamente. Di questo le va dato atto così come poi – ma sono sicuro che è stato già fatto – volevo ringraziare tutti i collaboratori e le persone che hanno lavorato con lei presidente e ci hanno affiancato.
  Ci eravamo dati degli obiettivi. Penso sia importante arrivare a una relazione condivisa, in particolare sulle sue conclusioni, perché abbiamo detto in maniera molto chiara quello che ci era stato dichiarato qui dalla Procura di Roma. Nell'intervento alla Camera in occasione della concessione della proroga della durata della Commissione, dissi che non c'era solo da complimentarsi con la Procura di Roma. Purtroppo in questa Italia c'è anche da meravigliarsi per la passione con la quale i pubblici ministeri hanno affrontato questo lavoro, per la puntualità con cui l'hanno fatto e per l'obiettivo che hanno raggiunto in un contesto difficilissimo. Era molto più semplice arrendersi, era molto più semplice rimanere incastrati e fermarsi davanti a tutti i depistaggi che sono mai stati messi in campo da una nazione, non da un avvocato. Eppure hanno proseguito nel loro lavoro e ci hanno portato prove schiaccianti che ci hanno veramente convinto su quelle che poi sono le conclusioni della nostra relazione. Fino a qui tutto quello che ha funzionato, poi però mi faccio delle domande e me le faccio da genitore. Mi chiedo cioè se noi, anche grazie al lavoro di questa Commissione, possiamo pensare che non accadrà più, possiamo pensare di aver alzato il livello del confronto politico portandolo magari anche allo scontro politico, se abbiamo avuto la capacità di interpretare il disagio di quella famiglia e averlo fatto diventare il disagio di una Nazione e su questo costruire, come si dice spesso abusando, un mondo migliore e cioè se abbiamo aggiunto qualcosa a questa situazione.
  Penso che non abbiamo fatto abbastanza perché forse dovevamo essere più decisi e togliere qualunque ombra di ipocrisia a questa vicenda. Lei ricorderà, presidente, che io lo dissi il giorno in cui abbiamo scelto di prorogare la durata della Commissione, perché già in quel momento ci era molto chiaro chi fosse stato a uccidere lui Giulio Regeni, però dissi anche che bisognava superare questa fase in cui si cerca di tenere insieme quello che insieme non ci sta e magari prenderne anche atto come una piccola sconfitta. Quando un Presidente del Consiglio viene in audizione e, a fronte dei suoi innumerevoli racconti sulle volte in cui ad Al-Sisi ha chiesto di avere attenzione per Regeni, di avere notizie su Regeni, di poter lavorare insieme al Governo egiziano per ottenere la verità su Regeni, quando io, e altri colleghi, gli chiedemmo che era molto chiaro quello che aveva chiesto in almeno dieci occasioni ad Al-Sisi, ma che volevamo sapere quale fosse stata la risposta di Al-Sisi, lui ci disse che questa risposta ce l'avrebbe potuta dare solo nella parte segretata. Lei ricorderà che la risposta poi non c'è stata.Pag. 14
  Penso che da questo punto di vista forse noi – e l'ho anche proposto – proprio in prospettiva di quello che non deve più accadere, avremmo dovuto essere un po' più chiari nei rapporti con l'Egitto perché quando lei ha portato la proposta di relazione, che abbiamo condiviso, nella cui prima pagina c'è scritto in maniera molto chiara chi è stato ad assassinare Giulio Regeni, quello stesso giorno, sempre qui alla Camera, veniva licenziato lo schema di Documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica della cooperazione allo sviluppo nel quale, a pagina 15, troviamo che, tra i Paesi a noi più vicini per affinità politica e non solo economica, il primo è l'Egitto. Io credo che queste cose non stiano insieme, non possano stare insieme, perché altrimenti mentiamo a noi stessi e condiamo il tutto con quell'ipocrisia che allontana sempre di più la gente dalla politica. La politica non è credibile a volte proprio per atteggiamenti di questo tipo, quando si cerca di mettere tutto quanto insieme. Quando tutto insieme non ci sta, la politica deve avere il coraggio di parlare d'altro e di dire che forse questa è una situazione nella quale non siamo così forti, non abbiamo una capacità di stare con la schiena dritta, come si dice. Insomma occorre costruire qualcosa anche su questa sconfitta. Mi faccio e faccio anche a lei, presidente, due domande. Circa il trattamento che ci è stato riservato e per il quale non siamo riusciti a ottenere l'elezione di domicilio – non i colpevoli, attenzione – ad altre Nazioni sarebbe stato negato? Questa è la prima domanda alla quale io ovviamente rispondo di no, che ad altre Nazioni sarebbero state probabilmente dati almeno gli indirizzi. E poi la madre di tutte le domande, per ritornare al fatto che mi sono mi sono occupato di questa vicenda anche nel mio ruolo di genitore: io temo che se dovesse succedere nuovamente una vicenda di questo genere, noi nuovamente non avremmo l'indirizzo.
  Concludo presidente. Sono molto contento che abbiamo messo un punto fermo sull'uccisione di Giulio Regeni, dicendo in maniera molto chiara quello che nessuno aveva fatto né poteva farlo se non attraverso un processo che speriamo si possa riprendere da parte della Procura di Roma. Penso però che il nostro compito, il compito della politica, il compito di noi tutti che ci siamo appassionati a questa vicenda, non possa finire oggi e debba continuare con quella capacità di tenere alta l'attenzione su temi come questi, perché non è possibile che un giovane ricercatore faccia questa fine e non è possibile che questa storia faccia questa fine. Su questo dobbiamo continuare a lavorare, sono pronto a continuare a farlo e dovremmo farlo appunto cercando di far capire che una Nazione che si vuole definire tale, su cose essenziali come queste deve potersi far rispettare sempre, indipendentemente da quelle che sono le questioni di geopolitica, indipendentemente da quelle che sono le questioni economiche, seppur rispettabili, semplicemente perché quando non ti fai rispettare su vicende come queste, alla fine anche dal punto di vista della propria forza nella geopolitica e nella propria forza dal punto vista economico si esce penalizzati.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, provo a dare una risposta. Veda, collega Trancassini, uno dei singolari risultati di questa Commissione è che io e lei, che sediamo su fronti politici diametralmente opposti in Parlamento, la pensiamo allo stesso modo. Condivido molte delle sue valutazioni. Allo stesso tempo ritengo che ci sia un ruolo della politica, ci sia un ruolo delle istituzioni governative e ci sia un ruolo delle istituzioni parlamentari, in questo caso della Commissione. Penso che la nostra relazione segni un passaggio significativo non solo nella parte in cui avvalora le tesi della magistratura italiana e diventa il primo, e speriamo non l'unico, luogo istituzionale ufficiale che acquisisce questa come verità, ma anche nel giudizio politico e nell'esortazione che si fanno alle istituzioni del nostro Paese per elevare il confronto politico, rivedere e rivalutare le relazioni bilaterali, ma anche di più, ovvero intervenire in sedi e in contesti internazionali perché si ritiene che quanto fin qui fatto, anche per evidenti assenze di risultati, non sia assolutamente sufficiente. Penso quindi che molte delle sue valutazioni siano Pag. 15contenute dentro la nostra relazione e il fatto che questa sia approvata oggi all'unanimità dà a questo passaggio un valore importante.
  Condivido con lei che il lavoro di questa Commissione non finisca oggi perché vi chiederò, alla fine della seduta, in sede di Ufficio di presidenza, di autorizzarmi a chiedere alla Conferenza dei presidenti di gruppo che gli esiti dei lavori della Commissione vengano discussi nell'Assemblea della Camera dei deputati e in quella sede tutti noi, e anche altri colleghi che non fanno parte di questa Commissione, avremo l'opportunità di continuare a dire le cose che abbiamo detto in questa relazione e di dirle anche con più forza sulla base della sensibilità dei gruppi. Penso che nella composizione di questa relazione, le diversità di punti di vista e di orientamenti politici tra di noi abbiano rappresentato una ricchezza, proprio per il modo, che lei ha richiamato, con cui abbiamo impostato questo lavoro, che è stato scevro da pregiudizi e da prese di posizioni precostituite.
  La ringrazio e alle domande che lei mi ha posto, devo dirlo onestamente, non ho una risposta perché non posso dire quello che accadrebbe in casi di questo tipo. Quello che so è che altre Nazioni – e di questo diamo conto nella relazione – per casi simili non hanno fatto quello che ha fatto l'Italia. Forse da questo punto di vista hanno beneficiato di non avere un ritorno dal punto di vista dell'opinione pubblica. Altri hanno insignito il presidente della Repubblica Araba d'Egitto di importanti onorificenze pur avendo casi simili che li riguardano, ma questa è una valutazione più politica che noi abbiamo il dovere di registrare e quindi ciò che mi posso augurare è che con la relazione abbiamo dato un contributo per evitare che in casi di questo tipo si possano verificare simili conseguenze. Spero anche che abbiamo restituito una piccola parte di credibilità alle Istituzioni di questo Paese perché noi siamo parte dello Stato e delle Istituzioni del Paese e abbiamo espresso una volontà unanime del Parlamento che chiede alle altre istituzioni competenti di impegnarsi per ottenere verità e giustizia.
  Indìco ora la votazione sulla proposta di relazione illustrata e discussa.
  La Commissione approva all'unanimità.
  Se non vi sono obiezioni, mi riservo di procedere al coordinamento formale del testo approvato, ivi inclusa l'apposizione dei riferimenti delle note a piè di pagina, che sarà trasmesso al Presidente della Camera e pubblicato come Documento XXII-bis n. 1.
  Vorrei infine unirmi a quanti di voi lo hanno già fatto nei ringraziamenti in primo luogo al dottor Mario Di Napoli, che è stato una delle colonne portanti del lavoro della Commissione, e con lui il dottor Antonello Scotto, la dottoressa Laura Accarrino, il dottor Federico Mancini e la dottoressa Maria Francesca Vecchione, dipendenti della Camera che hanno contribuito a rendere possibile il nostro lavoro istruttorio.
  Vorrei ringraziare il tenente colonnello Orlando Hiromi Narducci, dell'Arma dei Carabinieri, la dottoressa Rosa Simone, della Polizia di Stato, il dottor Federico Picca, la dottoressa Azzurra Meringolo, il dottor Eugenio Dacrema che in qualità di consulenti hanno contribuito in maniera determinante alle indagini e alla costruzione della relazione e infine i luogotenenti cariche speciali Fabio Panacci e Aldo Baldi e il maresciallo aiutante Giovanni Maceroni nonché il luogotenente cariche speciali Antonio Bellisario, che nel corso di questi anni hanno custodito e organizzato l'archivio della Commissione. Hanno svolto un lavoro straordinario che ha permesso a noi di fruirne e di comporre questa relazione dando un contributo anch'essi determinante all'attività d'inchiesta.
  Ci tenevo a farlo formalmente davanti a tutti noi perché ho ringraziato tutti voi per il lavoro straordinario fatto. È utile dirci che senza questa squadra al completo non saremmo stati in grado in grado di portare a termine questo lavoro.

  MASSIMO UNGARO. Quando sarà disponibile la relazione?

  PRESIDENTE. La relazione sarà disponibile già dalla giornata di domani, anche in formato elettronico.

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Delibera sulla pubblicità degli atti e documenti formati o acquisiti dalla Commissione.

  PRESIDENTE. Ricordo che, ai sensi dell'articolo 21 del regolamento interno, contestualmente alla presentazione della relazione sull'attività svolta, la Commissione decide quali atti e documenti formati o acquisiti nel corso dell'inchiesta debbano essere pubblici.
  Pongo in votazione il testo della delibera.

  La Commissione approva all'unanimità.

  La seduta termina alle 13.10.

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ALLEGATO

Testo integrale della dichiarazione di voto del deputato Roberto Turri.

  La morte di Giulio Regeni è stato il caso più eclatante da anni di un italiano ucciso in circostanze poco chiare all'estero. Ricordo il caso di Ilaria Alpi, anche lei scomparsa assieme al suo collega Miran Hrovatin, mentre svolgeva il suo lavoro di inchiesta giornalistica in Somalia.
  La prima cosa che viene in mente paragonando i due casi è quanto, e per quanto tempo, le famiglie si siano spese e ancora si spendano per cercare la verità. Nessuna famiglia si arrende senza cercare la verità. Verità difficile da trovare e da ricostruire, perché composta dai tanti tasselli che questa Commissione d'inchiesta ha cercato di mettere insieme.
  Quello che abbiamo fatto come Commissione è stato tentare di dare un contributo solido e non ideologizzato alla ricostruzione degli avvenimenti per avere una risposta. Quello che siamo riusciti a sapere è contenuto nella relazione finale che spero tutti noi, come persone, prima che come politici riusciremo a condividere e approvare.
  Il largo spettro di audizioni ha reso possibile delineare un quadro che purtroppo non possiamo considerare definitivo ma che speriamo possa aiutare le indagini ancora in corso della Procura della Repubblica di Roma e possa sbloccare alcuni impedimenti che tuttora non aiutano a chiarire le responsabilità in modo certo e condiviso con la Procura egiziana. Le indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Roma hanno portato a delineare un quadro probatorio, che consolida numerose e convergenti testimonianze, anche oculari, rispetto al sequestro, alla tortura e all'uccisione di Giulio Regeni. Da parte egiziana, abbiamo assistito ad un comportamento di collaborazione non lineare rispetto alle richieste della magistratura italiana.
  È evidente la difficoltà di perseguire reati commessi all'estero, soprattutto in assenza di Convenzioni in materia di assistenza giudiziaria e tuttavia siamo riusciti ad audire la maggior parte dei protagonisti di questa triste e agghiacciante vicenda. Da ogni audito abbiamo ricevuto informazioni e sentito cose che non avremmo mai pensato di sentire nella nostra vita e nel nostro tempo. Tutto questo ci ha calato in una realtà della quale siamo a conoscenza ma a volte siamo inconsapevoli.
  Non voglio in questa sede ricostruire gli eventi che hanno portato all'uccisione di Giulio Regeni, ma vorrei invece cercare di concentrarmi su quanto lavoro, anche di tipo legislativo, ci sia ancora da compiere prima di poterci muovere in un quadro di sicurezza riconosciuto come tale da tutte le parti.
  I tanti fraintendimenti, gli equivoci, le mancate risposte ci fanno capire quanto ancora sia lungo il percorso per arrivare ad una cornice condivisa di sicurezza, anche in termini di diritti e di doveri, nella quale i nostri cittadini si possano muovere nel mondo.
  Il corpo diplomatico italiano, in questo come in altri casi ha fatto molto ed esercita il suo compito a volte pagando con la vita il proprio impegno, come ha dimostrato il caso dell'uccisione dell'Ambasciatore Luca Attanasio nonché del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci.
  Fino alla morte di Giulio Regeni, come riportato anche dalla Relazione conclusiva, la cittadinanza estera era considerata una sorta di condizione privilegiata per svolgere una ricerca in Egitto, come in altri Paesi, essendo la peggiore prospettiva rappresentata dal rimpatrio che, pur essendo da scongiurare perché avrebbe compromesso il lavoro accademico in corso, era il danno maggiore che si potesse prevedere.
  Vorrei a questo punto richiamare l'attenzione su ciò che la delibera istitutiva di questa Commissione prevede tra le altre cose, ovvero l'indicazione di soluzioni atte a «incrementare i livelli di protezione delle persone impegnate in progetti di studio e di Pag. 18ricerca all'estero, in funzione di prevenzione dei rischi per la loro sicurezza ed incolumità». Si è pensato di censire i ricercatori, ovviamente senza nulla togliere alla libertà accademica di ricerca, in modo da poter ottenere un quadro di riferimento e l'adozione di interventi tempestivi in situazioni di pericolo. Tutto questo è già possibile in parte con i mezzi messi a disposizione di tutti dalla Farnesina, applicazioni che permettono di registrare la propria posizione nel mondo e ricevere alert in caso di necessità. L'impegno potrebbe essere ampliato con un intervento legislativo ad hoc, come la relazione suggerisce.