CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 settembre 2021
656.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 118

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 14 settembre 2021. — Presidenza del presidente Luigi MARATTIN. – Interviene la sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze, Alessandra Sartore.

  La seduta comincia alle 11.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio dello Stato 2020.
C. 3258 Governo, approvato dal Senato.
Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2021.
C. 3259 Governo, approvato dal Senato. Pag. 119
Tabella n. 1: Stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2021.
Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2021 (limitatamente alle parti di competenza).
(Relazioni alla V Commissione)
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

  Luigi MARATTIN, presidente e relatore, avverte che per la seduta odierna è consentita la partecipazione da remoto in videoconferenza dei deputati e del rappresentante del Governo, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso.
  Segnala poi che la Commissione è chiamata ad esaminare congiuntamente, ai sensi dell'articolo 119, comma 8, del Regolamento, il disegno di legge C. 3258, approvato dal Senato, recante «Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2020» ed il disegno di legge C. 3259, approvato dal Senato, recante «Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2021», con particolare riferimento allo stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2021 (Tabella n. 1), nonché allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2021 (Tabella n. 2), limitatamente alle parti di propria competenza.
  Per quanto riguarda le modalità di esame, ricorda che, dopo l'esame preliminare, la Commissione esaminerà le proposte emendative eventualmente presentate nonché le relazioni predisposte dal relatore con riferimento a ciascun disegno di legge, iniziando dal disegno di legge di approvazione del rendiconto e passando successivamente al disegno di legge di assestamento.
  Per quanto concerne il regime di ammissibilità delle proposte emendative, ricorda che il disegno di legge di approvazione del rendiconto è sostanzialmente inemendabile, nel senso che sono ammissibili soltanto le proposte emendative volte ad introdurre nel medesimo disegno di legge modifiche di carattere meramente tecnico o formale.
  Per quanto riguarda invece il disegno di legge di assestamento, ricorda innanzitutto che, ai fini dell'ammissibilità, le proposte emendative devono essere riferite alle unità di voto parlamentare (tipologia di entrata o programma di spesa) e possono avere ad oggetto tanto le previsioni di competenza quanto quelle di cassa. Non possono invece avere ad oggetto l'ammontare dei residui iscritti nelle predette unità di voto, in quanto essi derivano da meri accertamenti contabili.
  Gli emendamenti riferiti alle previsioni di entrata sono ammissibili soltanto se fondati su valutazioni tecnico-finanziarie adeguatamente documentate, tali da comprovare la necessità di modificare le previsioni di entrata di competenza e/o di cassa. In ogni caso le proposte emendative non possono comportare un peggioramento dei saldi di finanza pubblica e pertanto, ove risultino onerose, devono essere compensate mediante l'utilizzo di risorse iscritte in altre unità di voto parlamentare, anche se facenti parte di altra missione o di altro stato di previsione. È considerata emendabile l'intera dotazione dei programmi di spesa, ivi compresa quindi l'eventuale quota potenzialmente riferibile agli oneri inderogabili in mancanza di puntuali indicazioni nel testo del disegno di legge di assestamento circa l'ammontare dei predetti oneri in relazione a ciascun programma di spesa.
  È comunque esclusa la possibilità di compensare l'incremento di stanziamenti di spesa di parte corrente mediante riduzione di stanziamenti di spesa di conto capitale.
  Per quanto riguarda gli stanziamenti di cassa, deve tenersi conto di un ulteriore criterio di ammissibilità. In particolare, essi sono emendabili a condizione che, nel caso di emendamenti volti ad incrementare l'autorizzazione di cassa, lo stanziamento derivante dall'emendamento non superi la cosiddetta «massa spendibile», costituita dalla somma dello stanziamento di competenza e dei relativi residui passivi. Pag. 120
  Per quanto concerne il regime di presentazione degli emendamenti riferiti al disegno di legge di assestamento, ricorda che, in sede consultiva, possono essere presentati emendamenti riferiti alle rispettive parti di competenza di ciascuna Commissione con compensazioni a valere sulle medesime parti di competenza ovvero su parti di competenza di altre Commissioni, nonché emendamenti migliorativi dei saldi – e in quanto tali privi di compensazione finanziaria – riferiti alle predette parti di competenza.
  Tutte le citate tipologie di emendamenti possono essere altresì presentate anche direttamente in Commissione Bilancio.
  Gli emendamenti approvati durante l'esame in sede consultiva sono trasmessi alla Commissione Bilancio come emendamenti di iniziativa della Commissione che li ha approvati; quelli respinti devono essere presentati nuovamente in Commissione bilancio, anche al solo fine di permetterne la successiva ripresentazione in Assemblea.
  Sia gli emendamenti approvati, sia quelli respinti in sede consultiva e ripresentati in Commissione Bilancio, sia quelli presentati per la prima volta presso la V Commissione sono da quest'ultima esaminati in sede referente. Solo gli emendamenti approvati dalla Commissione Bilancio entrano a far parte del testo elaborato in sede referente ai fini dell'esame in Assemblea.
  L'esame in sede consultiva si conclude con l'approvazione di una relazione per ciascun disegno di legge. Nel caso del disegno di legge di assestamento, l'esame può anche concludersi con l'approvazione di una relazione per ciascuno stato di previsione di competenza della Commissione. Possono essere presentate relazioni di minoranza.
  Le relazioni approvate, unitamente alle relazioni di minoranza e agli emendamenti approvati, sono trasmessi alla Commissione Bilancio.
  Ricorda infine che il termine per la presentazione di emendamenti è fissato alle ore 16 della giornata odierna e che la Commissione dovrà esprimersi sui provvedimenti nella seduta già fissata alle ore 14 di domani.
  Introducendo quindi i provvedimenti in esame, rileva innanzitutto come il rendiconto e l'assestamento non siano generalmente esaminati dal Parlamento con l'attenzione che meriterebbero e ciò vale in particolare per il rendiconto. Evidenzia infatti che la legge di bilancio, sulla quale si focalizza tutta l'attenzione pubblica, costituisce soltanto una previsione delle entrate e delle spese che si realizzeranno durante l'anno, mentre il rendiconto reca l'indicazione precisa delle entrate effettivamente riscosse e delle spese effettivamente sostenute.
  Nonostante l'esame in sede referente del rendiconto spetti alla Commissione Bilancio, invita i colleghi a svolgere un'adeguata disamina del provvedimento, anche in considerazione della particolarità degli eventi che si sono registrati nel corso del 2020, cui il disegno di legge è riferito, che hanno comportato una riduzione del PIL di 8,9 punti percentuali, che mai si era registrata nella storia del Paese. Ritiene pertanto opportuno cercare di comprendere cosa sia accaduto alla finanza pubblica lo scorso anno.
  In proposito osserva come sia evidente il peggioramento dei saldi di finanza pubblica tra il 2019 e il 2020, dovuto alle maggiori spese sostenute dallo Stato – non dal settore pubblico nel suo complesso – per far fronte alla pandemia. Tali spese ammontano a 205 miliardi di euro, delle quali circa 95 miliardi di parte corrente e oltre 110 miliardi in conto capitale, con la precisazione che le spese in conto capitale non sono costituite da investimenti, ma da acquisizioni di attività finanziarie.
  Esaminando poi le modifiche intervenute sul lato degli impegni, segnala, rispetto al 2019, un aumento della spesa corrente di 117 miliardi di euro e un decremento delle entrate correnti di 38 miliardi di euro, con una riduzione complessiva del risparmio pubblico (entrate correnti meno spese correnti) di 155 miliardi di euro.
  Rispetto a una previsione, effettuata nel momento peggiore della crisi pandemica, di riduzione del saldo netto da finanziare di 337 miliardi di euro, la riduzione effettiva Pag. 121a fine anno si è attestata a poco più di 270 miliardi di euro. In particolare ricorda che le entrate tributarie, per le quali si era giunti a prevedere una riduzione di 50 miliardi, si sono ridotte alla fine del 2020 di soli 33 miliardi di euro, in quanto non tutti i potenziali beneficiari hanno usufruito della possibilità di posticipare il pagamento delle imposte. Analoga considerazione va svolta per le spese correnti, che sono aumentate di 117 miliardi di euro, anziché di 150 miliardi come era stato previsto.
  Nel dettaglio, con riferimento alle entrate tributarie, segnala che le tasse e imposte sugli affari, vale a dire soprattutto l'IVA, hanno subito una riduzione di circa 20 miliardi (pari a un terzo circa della riduzione totale delle entrate tributarie), le imposte sulla produzione, su consumi e dogane si sono ridotte di 5,2 miliardi, quelle su lotto, lotterie ed altre attività di gioco di quasi 5 miliardi, mentre i restanti 3 miliardi di euro si riferiscono alle imposte su reddito e patrimonio.
  Sul punto conclude sottolineando come il peggioramento tra il 2019 e il 2020, considerevole e innegabile, è stato comunque meno drammatico di quanto si era temuto nel momento peggiore della crisi.
  Sottopone poi all'attenzione della Commissione due ulteriori spunti di riflessione, che ritiene costituiscano dei campanelli di allarme per l'andamento futuro dei conti pubblici.
  Innanzitutto ritiene opportuno sottolineare il netto peggioramento, rispetto al passato, della percentuale dei pagamenti rispetto alle somme stanziate, ovvero quelle iscritte in bilancio, e a quelle impegnate, ovvero quelle per le quali sorge l'obbligazione giuridica. Ciò è attestato dall'eccezionale incremento dei residui passivi. Si conferma quindi la notevole incapacità di spesa del nostro sistema.
  Evidenzia poi come non sia sostenibile mantenere un così elevato livello di spesa pubblica: il livello di spesa raggiunto nel 2020 è stato infatti la risposta a una situazione eccezionale. Esprime quindi forte preoccupazione nel rilevare come le indicazioni desumibili dall'assestamento per il corrente anno 2021 non stiano andando verso una riduzione della spesa pubblica. Mentre per le entrate si evidenzia un recupero dei livelli precedenti la pandemia, dal lato della spesa si registra una previsione assestata per il 2021 di 815 miliardi di euro rispetto agli 840 miliardi di euro di spese finali a consuntivo per l'anno 2020. Sottolinea però come questa apparente riduzione corrisponda a un aumento della spesa corrente dai 604 miliardi di euro del 2020 ai 622 miliardi dell'assestamento 2021, a fronte di un'effettiva riduzione della sola spesa in conto capitale (corrispondente, come precedentemente indicato, ad acquisizioni di attività finanziarie) da 169 miliardi per il 2020 a 114 miliardi per il 2021.
  Non sembra pertanto avviata alcuna effettiva riduzione della spesa corrente per il 2021. Sottolinea quindi l'assoluta necessità di intraprendere quanto prima un percorso di riduzione della spesa corrente, non ritenendo sostenibile proseguire a lungo su questo tracciato.
  Passando quindi all'illustrazione analitica del contenuto dei provvedimenti in esame, ricorda che, com'è noto, il Rendiconto generale dello Stato è lo strumento attraverso il quale il Governo, alla chiusura del ciclo di gestione della finanza pubblica (anno finanziario), adempie all'obbligo costituzionale di rendere conto al Parlamento dei risultati della gestione finanziaria.
  Ritiene utile, in questa sede, al fine di meglio contestualizzare il Rendiconto nel quadro di finanza pubblica, integrarne l'analisi con una sintetica ricognizione delle risultanze dei principali saldi di finanza pubblica in riferimento all'esercizio 2020. A tal fine riporta i dati definitivi di consuntivo per il 2020 relativi al conto economico della Pubblica Amministrazione (PA).
  Evidenzia che nel 2020 il PIL nominale ha avuto un calo del 7,8 per cento rispetto all'anno precedente, mentre in termini di volume (PIL reale) la diminuzione è stata dello 8,9 per cento rispetto al 2019.
  Dal confronto fra il 2020 e il 2019 emerge nel suo insieme che la gestione di competenza ha fatto conseguire nel 2020 un peggioramento di tutti i saldi rispetto ai risultati differenziali registrati nell'esercizio 2019, nonché rispetto alle previsioni Pag. 122iniziali. In particolare, il saldo netto da finanziare (dato dalla differenza fra le entrate finali e le spese finali) presenta nel 2020 un valore negativo di circa 270,9 miliardi, con un peggioramento di oltre 273,2 miliardi rispetto al saldo registrato nel 2019, anno in cui, in controtendenza rispetto agli anni precedenti, si era invece registrato un accreditamento netto del valore di 2,3 miliardi. Ciò è evidentemente riconducibile alla grave crisi provocata dall'epidemia di COVID-19 che ha gravemente colpito l'intera economia mondiale.
  Le entrate totali del 2020 delle Amministrazioni pubbliche sono diminuite del 6 per cento rispetto al 2019 (da 605,58 miliardi di euro a 569,21 miliardi di euro) a fronte di un aumento assai rilevante dell'ammontare delle spese (+40 per cento) rispetto all'anno precedente, determinato dai provvedimenti urgenti adottati nel corso dell'esercizio aventi natura straordinaria per far fronte alle conseguenze dell'emergenza epidemiologica.
  Guardando invece alle entrate complessive (comprensive quindi anche delle entrate per accensione di prestiti), l'entità degli accertamenti è risultata in crescita rispetto al 2019 (circa +77,5 miliardi). L'aumento delle previsioni definitive delle entrate complessive rispetto alle previsioni iniziali (+18,9 per cento) dipende, come è evidente, esclusivamente dalle entrate per accensione di prestiti. L'incidenza sul PIL degli accertamenti complessivi è pari al 57,1 per cento, in netto aumento rispetto a quanto fatto registrare lo scorso anno (48,4 per cento del Pil nel 2019).
  Le entrate tributarie (che si sono attestate a 480,8 miliardi) sono risultate superiori rispetto alla previsione definitiva (+17,9 miliardi), ma in riduzione rispetto alla previsione iniziale (513,6 miliardi). Nel comparto tributario registrano una considerevole contrazione, rispetto al 2019, le entrate relative alle tasse e imposte sugli affari (circa – 20 miliardi, –10,7 per cento), quelle sulle imposte sulla produzione, sui consumi e dogane (-5,2 miliardi, –15 per cento) e quelle sul lotto, lotterie ed altre attività di gioco (quasi – 5 miliardi, –34,1 per cento). Tra le entrate extra-tributarie si evidenzia la riduzione di quelle derivanti da recuperi, rimborsi e contributi (-5,5 miliardi, –12,2 per cento).
  La pressione fiscale complessiva (ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al PIL) è risultata nel 2020 pari al 43,1 per cento, in aumento rispetto all'anno precedente (nel 2019 era stata pari al 42,4 per cento).
  Per quanto riguarda, infine, il debito pubblico, a fine 2019 era pari a circa 2.569 miliardi di euro, in aumento di circa 160 miliardi di euro rispetto ai circa 2.409 miliardi del 2019 (il rapporto debito pubblico/PIL rimane invariato al 155,6 per cento).
  Passando a sintetizzare il contenuto del Rendiconto 2020, evidenzia che gli articoli 1, 2 e 3 espongono i risultati complessivi relativi alle amministrazioni dello Stato per l'esercizio finanziario 2020 e sono riferiti rispettivamente alle entrate (con accertamenti per 943,5 miliardi di euro), alle spese (con impegni per 1.076,1 miliardi di euro) e alla gestione finanziaria di competenza, intesa come differenza tra il totale di tutte le entrate accertate e il totale di tutte le spese impegnate, che evidenzia un disavanzo di 132,6 miliardi di euro.
  Passando in rassegna i saldi della gestione di cassa al lordo delle regolazioni contabili, osserva che nel 2020 il saldo netto da finanziare è risultato pari a –225.712 miliardi, con un considerevole peggioramento, di circa 160 miliardi, rispetto al risultato raggiunto l'anno precedente (in cui il saldo si era assestato a –66,5 miliardi).
  Il risparmio pubblico risulta pari a –131,5 miliardi, con un peggioramento di poco più di 100 miliardi rispetto al dato del 2019. Il risparmio pubblico, essendo negativo, indica la quota di spese correnti non coperta con entrate tributarie ed extra-tributarie.
  Il ricorso al mercato si attesta nel 2020 su di un valore di oltre –461,8 miliardi di euro, anch'esso in peggioramento (di oltre 175 miliardi) rispetto al 2019.
  L'articolo 4 espone la situazione finanziaria del conto del Tesoro, che evidenzia, Pag. 123al 31 dicembre 2020, un disavanzo di 324.242,8 milioni di euro.
  L'articolo 5 reca l'approvazione dell'Allegato n. 1 contenente l'elenco dei decreti con i quali sono stati effettuati prelevamenti dal «Fondo di riserva per le spese impreviste» e dell'Allegato n. 2, relativo alle eccedenze di impegni e di pagamenti risultate in sede di consuntivo, rispettivamente sul conto della competenza, sul conto dei residui e sul conto della cassa.
  L'articolo 6 espone la situazione patrimoniale dello Stato al 31 dicembre 2020 (di cui al conto generale del patrimonio), da cui risultano attività per un totale di circa 1.004,1 miliardi di euro e passività per un totale di circa 3.219,4 miliardi, con una eccedenza passiva al 31 dicembre 2020 di 2.215,3 miliardi.
  Infine, l'articolo 7 dispone l'approvazione del Rendiconto generale delle Amministrazioni dello Stato secondo le risultanze indicate negli articoli precedenti.
  Passando al disegno di legge di assestamento, rammenta che questo ha la funzione di consentire a metà esercizio un aggiornamento degli stanziamenti del bilancio, anche sulla scorta della consistenza dei residui attivi e passivi accertata in sede di rendiconto dell'esercizio scaduto al 31 dicembre precedente. Per questo profilo, esso si connette funzionalmente con il rendiconto del bilancio relativo all'esercizio precedente: l'entità dei residui attivi e passivi sussistenti all'inizio dell'esercizio finanziario – che al momento dell'elaborazione e approvazione del bilancio di previsione è stimabile solo in misura approssimativa – viene poi definita in assestamento sulla base delle risultanze del rendiconto.
  Con il disegno di legge di assestamento le previsioni di bilancio formulate a legislazione vigente sono adeguate in relazione:

   a) per quanto riguarda le entrate, all'eventuale revisione delle stime del gettito;

   b) per quanto riguarda le spese aventi carattere discrezionale, ad esigenze sopravvenute;

   c) per quanto riguarda la determinazione delle autorizzazioni di pagamento, in termini di cassa, alla consistenza dei residui accertati in sede di rendiconto dell'esercizio precedente.

  Per quanto riguarda il contenuto delle singole disposizioni del disegno di legge, l'articolo 1 dispone l'approvazione delle variazioni alle previsioni del bilancio dello Stato per il 2021 (approvato con la legge n. 178 del 2020) indicate nelle annesse tabelle, riferite allo stato di previsione dell'entrata, agli stati di previsione della spesa dei Ministeri e ai bilanci delle Amministrazioni autonome.
  L'articolo 2 dispone la riduzione di 200 milioni di euro, per l'anno 2021, dell'importo del «fondo di riserva per l'integrazione delle autorizzazioni di cassa» di cui all'articolo 29 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, il cui stanziamento è annualmente determinato, con apposito articolo, dalla legge del bilancio.
  Venendo ora all'analisi dei risultati finanziari determinati dal disegno di legge di assestamento per il 2021, la relazione allo stesso evidenzia come, in termini di competenza, le variazioni proposte con il disegno di legge di assestamento determinino un peggioramento del saldo netto da finanziare (corrispondente alla differenza tra entrate finali e spese finali) rispetto alle previsioni iniziali della legge di bilancio, che si attesta ad un valore di –232,8 miliardi rispetto ad una previsione iniziale di –193,5 miliardi.
  Il peggioramento di circa 39,4 miliardi di euro del saldo netto da finanziare rispetto alle previsioni iniziali è dovuto per 40,7 miliardi di euro alle variazioni per atto amministrativo, compensate da un miglioramento di 1,3 miliardi proposto dal disegno di legge di assestamento in esame. In particolare, il peggioramento determinato dalle variazioni apportate per atti amministrativi discende, essenzialmente, dagli effetti dei decreti-legge adottati per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, per i quali il Parlamento ha autorizzato il ricorso all'indebitamento, attraverso l'approvazione di apposite risoluzioni. Pag. 124Essi determinano, nel complesso, un incremento delle spese finali per oltre 41,5 miliardi di euro, in parte compensato da un incremento delle entrate finali per circa un miliardo derivante da una proposta di aumento delle entrate finali (+1,525 miliardi di euro), che interessa principalmente le entrate extra-tributarie, per quasi 2,464 miliardi, a fronte di una riduzione di quelle tributarie per 818 milioni. Ad essa si aggiunge una proposta di aumento delle spese finali (+229 milioni).
  Gli effetti delle proposte di assestamento oggetto del presente disegno di legge e di quelle determinate dalle variazioni per atti amministrativi, intervenuti tra il 1° gennaio e 31 maggio dell'anno in corso, determinano le previsioni assestate per il 2021.
  Il saldo netto da finanziare risultante dal complesso delle variazioni, in termini di competenza, risulta pari a –232,849 miliardi in termini di competenza e a –328,004, miliardi in termini di cassa, con un peggioramento, rispetto a quello previsto nel disegno di legge di bilancio 2021, che era pari di –193,482 miliardi in termini di competenza e di –275,532 miliardi in termini di cassa.
  Le entrate finali risultano pari a 582,389 miliardi in termini di competenza e 537,390 miliardi in termini di cassa, presentando un aumento rispetto alle previsioni iniziali rispettivamente di 2,4 miliardi per la competenza e di circa 1,4 miliardi per la cassa.
  Le entrate tributarie presentano una modesta variazione in diminuzione (circa 1,1 miliardi di euro), assestandosi a 506,608 miliardi in termini di competenza (a fronte di una previsione iniziale di 507,566 miliardi di euro) e a 479,566 miliardi in termini di cassa (circa 1,5 miliardi di euro in meno).
  Le entrate extra-tributarie, per effetto delle variazioni apportate con il presente provvedimento e con gli atti amministrativi adottati in corso di gestione, risultano assestarsi a 73,989 miliardi e a 57,504 miliardi, rispettivamente per la competenza e per la cassa, con un aumento rispetto alle previsioni della legge di bilancio di 3,4 miliardi di competenza e di 3,1 miliardi di cassa.
  Le entrate da alienazioni, ammortamento e rimborso crediti, infine, presentano previsioni assestate pari a circa 1,792 miliardi sia in termini di competenza e 1,745 di cassa (entrambi leggermente inferiori alle previsioni iniziali), registrando principalmente variazioni introdotte con l'assestamento.
  Le spese finali, al netto di quelle per il rimborso delle passività finanziarie, presentano rispetto alle dotazioni previste a legge di bilancio, un aumento di 41,7 miliardi in termini di competenza e di 54,5 miliardi in termini di cassa. Tuttavia si tratta per la quasi totalità di variazioni derivanti da atti amministrativi (41,5 miliardi circa) delle quali il Parlamento prende atto. Sono invece disposte con il presente provvedimento variazioni in aumento per appena 229 milioni di euro sostanzialmente dipendenti dal finanziamento (300 milioni di euro) della nuova legge Sabatini a favore delle PMI.
  Complessivamente, le spese correnti (comprensive degli interessi) ammontano a 700,6 miliardi di euro in termini di competenza (728,6 per la cassa), con un aumento rispetto alle previsioni iniziali di 39 miliardi circa in termini di competenza (circa 82 per la cassa). Tale aumento deriva da variazioni per atto amministrativo (39,16 miliardi di euro) a fronte di una modesta riduzione (86 milioni di euro) derivante dall'insieme degli interventi in assestamento (tra i quali si segnalano la riduzione di 3,279 miliardi di euro della spesa per interessi, l'aumento per 2,102 miliardi di euro delle poste compensative, quella di 535 milioni di euro per i consumi intermedi e quella di 156 milioni di euro di trasferimenti alle Pubbliche amministrazioni).
  Le spese in conto capitale ammontano a circa 114,5 miliardi (138,1 per la cassa), con un incremento di circa 2,7 miliardi rispetto alle previsioni iniziali sia per la competenza che per la cassa (in massima parte in ragione di atti amministrativi).

  Gian Mario FRAGOMELI (PD), ringraziando il presidente Marattin per la relazione Pag. 125 svolta e per gli stimoli forniti, ritiene evidente che l'aumento della spesa corrente previsto per il corrente anno sia da attribuire, oltre alle somme erogate a titolo di ristoro al settore produttivo, anche a tutte le spese che il settore pubblico ha dovuto sostenere per far fronte alle conseguenze di ordine sanitario e organizzativo derivanti dalla pandemia, cosiddette spese per la convivenza con il virus. Questa tipologia di spese probabilmente dovrà essere sostenuta anche nel 2022.
  In considerazione della necessità di mantenere un elevato livello di spesa, almeno nell'immediato futuro, ricorda che il gruppo del Partito democratico ha manifestato preoccupazione per il rientro nei vincoli di bilancio a livello europeo. Auspica quindi, in uno scenario prospettico, che si possa intervenire per una loro attenuazione.
  Fatta questa premessa, auspica che la spesa in conto capitale, che nello scorso anno è stata prevalentemente legata all'approvvigionamento di attività finanziarie, si indirizzi sempre più verso nuovi investimenti, che contribuiscano a far crescere il PIL, con effetti positivi sulla riduzione dell'indebitamento, che ha raggiunto proporzioni enormi e preoccupanti.
  È necessario capire l'evoluzione della spesa corrente, tenendo comunque presente che l'Italia ha sinora avuto il merito di registrare ogni anno un avanzo primario. Quest'ultimo però si sta assottigliando e ciò desta allarme.
  Vorrebbe infine comprendere che effetto avrà l'andamento della spesa corrente sulla riforma fiscale, che dovrebbe essere esaminata a breve dal Consiglio dei ministri. In proposito chiede come e con quali mezzi verrà operato il rientro delle maggiori spese sostenute per fronteggiare la pandemia.

  Luigi MARATTIN, presidente e relatore, richiama nuovamente l'attenzione del Governo e della Commissione Bilancio, competente a esaminare i provvedimenti in oggetto in sede referente, sul fatto che la previsione assestata di spesa corrente per il 2021 sia considerevolmente maggiore rispetto al livello di spesa corrente a consuntivo dell'anno 2020. Poiché ritiene che il livello di spesa raggiunto dovrà necessariamente essere ridotto nel 2022, manifesta interesse a comprenderne le componenti di inerzialità e/o di temporaneità, al fine di assicurare un ordinato tapering dello stimolo di spesa corrente.

  La sottosegretaria Alessandra SARTORE, con riferimento all'andamento della spesa corrente, precisa che il disegno di legge di assestamento incorpora lo scostamento di 41 miliardi di euro autorizzato per far fronte agli oneri del decreto-legge n. 41 del 2021, cosiddetto Sostegni 1.
  Conferma poi che il miglioramento della spesa complessiva che si registra nel disegno di legge di assestamento è effetto di compensazioni. Si riserva in ogni caso di effettuare valutazioni conclusive sulla base di quanto emergerà entro la fine del corrente anno, anche in relazione all'andamento della pandemia e dei sui effetti sull'economia italiana.

  Luigi MARATTIN, presidente e relatore, pur riconoscendo che l'andamento della spesa corrente sia materia della legge di bilancio, si dichiara interessato a capire quali siano le aspettative sulla rilevante massa di spesa corrente, in particolare sulla sua temporaneità o inerzialità. Si tratta di un campanello d'allarme che riguarda il futuro e che ritiene opportuno segnalare nonostante si tratti di materia di competenza della Commissione Bilancio.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata alle ore 14 della giornata di domani.

  La seduta termina alle 11.25.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 14 settembre 2021. — Presidenza del presidente Luigi MARATTIN. – Interviene la sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze, Alessandra Sartore.

  La seduta comincia alle 11.25.

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Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/878 che modifica la direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale, nonché per l'adeguamento al regolamento (UE) 2019/876, che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi, nonché modifiche al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
Atto n. 272.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Luigi MARATTIN, presidente, avverte che per la seduta odierna è consentita la partecipazione da remoto in videoconferenza dei deputati e del rappresentante del Governo, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso.

  Nicola GRIMALDI (M5S), relatore, avverte che la Commissione Finanze è chiamata ad esaminare – ai fini del parere da rendere al Governo – lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2019/878 e per l'adeguamento al regolamento (UE) 2019/876, che intervengono in materia di requisiti minimi riferiti al capitale e ad altri strumenti che una banca deve detenere affinché si possa ritenere che sia in grado di operare in condizioni di sicurezza e di far fronte autonomamente alle perdite operative.
  Nel rinviare alla documentazione predisposta dagli uffici, ricorda che la direttiva oggetto di recepimento modifica la direttiva 2013/36/UE (Capital Requirements Directive – CRD), mentre il regolamento (UE) 2019/876 interviene sul regolamento (UE) n. 575/2013 (Capital Requirements Regulation – CRR). Tali regole costituiscono i parametri da rispettare per assicurare una gestione sana e prudente degli enti creditizi e la prima linea preventiva di difesa contro le crisi che possono colpire i soggetti che svolgono attività legate al credito.
  La direttiva (UE) 2019/878 e il regolamento (UE) 2019/876 mirano a completare il programma di riforma del quadro normativo dell'Unione bancaria, adottato in risposta alla crisi finanziaria del 2007/2008. In particolare il pacchetto interviene sui seguenti requisiti:

   coefficiente di leva finanziaria vincolante;

   coefficiente netto di finanziamento stabile (Net Stable Funding Ratio – NSFR) vincolante, basato su profili di finanziamento migliorati degli enti, che stabilisca una norma armonizzata sull'entità delle fonti di finanziamento stabili e a lungo termine di cui un ente ha bisogno per far fronte ai periodi di stress di mercato e difficoltà di finanziamento;

   fondi propri (cioè patrimoniali) più sensibili al rischio per gli enti che negoziano in larga misura titoli e derivati, al fine di evitare divergenze troppo pronunciate tra i requisiti non basati sui profili di rischio degli enti;

   norme sulla capacità totale di assorbimento delle perdite (TLAC) degli enti a rilevanza sistemica a livello globale (Global Systemically Important Institutions –G-SIIs).

  Oltre a presentare modifiche basate sugli sviluppi della normazione internazionale, la direttiva mira a realizzare un quadro legislativo più proporzionato, tenendo conto in particolare della situazione degli enti più piccoli e meno complessi, con riferimento agli obblighi relativi all'informativa, alla segnalazione e ai portafogli di negoziazione complessi. Inoltre, è stato previsto un requisito di fondi propri ridotto per quanto attiene al rischio legato ai prestiti alle PMI e al finanziamento di progetti infrastrutturali. Infine la direttiva mira a raggiungere una maggiore armonizzazione delle regole a livello europeo, eliminando alcune opzioni e una parte della discrezionalità Pag. 127 per quanto concerne le disposizioni sul coefficiente di leva finanziaria, sulle grandi esposizioni e sui fondi propri.
  La delega per l'adozione del presente provvedimento è contenuta nella legge di delegazione europea 2019-2020 (legge n. 53 del 2021): in particolare i principi e criteri direttivi per l'attuazione della delega sono dettati dall'articolo 10 della legge citata.
  Rammenta che la lettera a) del comma 1 dell'articolo 10 della legge n. 53 del 2021 specifica che il Governo dovrà apportare alla normativa vigente, e in particolare al decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – TUB), le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva (UE) 2019/878 e all'applicazione del regolamento (UE) 2019/876, tenendo conto degli orientamenti delle Autorità di vigilanza europee.
  La lettera b) prevede la possibilità di ricorrere, per l'attuazione della normativa europea, alla disciplina secondaria adottata dalla Banca d'Italia, la quale dovrà anch'essa tener conto degli orientamenti emanati dalle Autorità di vigilanza europee.
  La lettera c) stabilisce che il Governo dovrà confermare, ai sensi dell'articolo 53 del TUB, l'individuazione nella Banca d'Italia dell'autorità competente a esercitare le opzioni che la direttiva (UE) 2019/878 e il regolamento (UE) 2019/876 attribuiscono agli Stati membri.
  La lettera d) prevede l'attribuzione all'autorità designata ai sensi dell'articolo 53-ter del TUB – ovvero la Banca d'Italia, già individuata come autorità macro-prudenziale – i poteri previsti dagli articoli 124 (Esposizioni garantite da ipoteche su beni immobili) e 164 (Perdita in caso di default) del CRR, come modificati dal regolamento (UE) 2019/876.
  La lettera e) delega il Governo a estendere la disciplina delle sanzioni amministrative di cui al titolo VIII del TUB alle violazioni delle disposizioni dettate in attuazione della CRD e del CRR, nel rispetto dei criteri, dei limiti e delle procedure previste dalle disposizioni nazionali vigenti che disciplinano l'esercizio del potere sanzionatorio.
  La lettera f), con riferimento al potere di rimuovere il soggetto incaricato della revisione legale dei conti in banche e imprese di investimento, previsto in attuazione dell'articolo 1, punto 15), della direttiva (UE) 2019/878, delega il Governo a estenderne l'applicazione a tutti gli enti sottoposti a regime cosiddetto intermedio, disciplinati dal TUB e dal TUF.
  Infine, la lettera g) prevede che il Governo apporti alla disciplina in materia di assetti proprietari contenuta nel TUB e nel TUF, le modifiche volte ad assicurarne la conformità agli orientamenti delle Autorità di vigilanza europee in materia e, in particolare, alle previsioni riguardanti l'individuazione delle partecipazioni rilevanti acquisite in via indiretta e tramite patti parasociali.
  Il termine per l'espressione del parere da parte della Commissione Finanze sullo schema in esame è fissato al 14 settembre 2021. Poiché tale data è successiva all'8 agosto 2021 (termine per l'esercizio della delega, ai sensi dell'articolo 31 della legge n. 234 del 2012), il termine per l'esercizio della delega è posticipato all'8 novembre 2021.
  Passando ad illustrare il contenuto dello Schema, segnala che l'articolo 1 apporta modifiche al decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – TUB). Vengono, in primo luogo (commi 1 e 2), modificate le definizioni contenute nell'articolo 1 del TUB allo scopo di adeguarle a quelle indicate nella direttiva e si includono l'Unità di informazione finanziaria – UIF e le autorità antiriciclaggio degli altri Stati europei fra i soggetti con i quali la Banca d'Italia collabora per agevolare le rispettive funzioni.
  Il comma 3 specifica che, ai fini del rilascio dell'autorizzazione, deve essere indicata, se del caso, la capogruppo, le società di partecipazione finanziaria e le società di partecipazione finanziaria mista appartenenti al gruppo e altre informazioni relative al governo societario, all'organizzazione amministrativa e contabile, ai controlli interni e ai sistemi di incentivazione e remunerazione. Pag. 128
  I commi da 4 a 7 adeguano la disciplina degli assetti proprietari delle banche agli orientamenti congiunti delle autorità di vigilanza europee e, in particolare, alle previsioni riguardanti l'individuazione delle partecipazioni rilevanti acquisite in via indiretta e tramite patti parasociali.
  I commi 10, 11 e 13 ampliano i poteri di vigilanza della Banca d'Italia, prevedendo che questa possa chiedere informazioni a tutti i soggetti esterni ai quali le banche abbiano delegato in generale funzioni aziendali, possa richiedere la sostituzione del soggetto incaricato della revisione legale dei conti e possa imporre un requisito di fondi propri aggiuntivo, a copertura dei rischi che non risultino adeguatamente coperti dai requisiti previsti dalla normativa, anche con riferimento al coefficiente di leva finanziaria.
  I successivi commi dal 14 al 66 riformano le disposizioni sui gruppi bancari per recepire la nuova disciplina delle società di partecipazione finanziaria (Financial Holding Companies), delle società di partecipazione finanziaria mista (Mixed Financial Holding Companies) e delle imprese madre UE intermedie (Intermediate Holding Company).
  Evidenzia che le società di partecipazione finanziaria e le società di partecipazione finanziaria mista sono società al vertice di gruppi soggetti a vigilanza prudenziale su base consolidata, per le quali viene prevista un'autorizzazione ad assumere il ruolo di capogruppo. Viene previsto inoltre che le suddette società siano sottoposte a vigilanza in quanto responsabili del rispetto dei requisiti prudenziali su base consolidata del gruppo e referenti dell'autorità di vigilanza per l'esercizio della vigilanza su base consolidata, pur non essendo assoggettate a requisiti prudenziali su base individuale.
  Nello schema in esame, alle società di partecipazione viene applicata la legge nazionale dello Stato in cui la singola società ha sede. Come specificato dalla relazione illustrativa del Governo, nel caso in cui la società abbia sede in un Paese diverso da quello dell'autorità di vigilanza su base consolidata, quest'ultima dovrà applicare la legge dello Stato dove la società ha la propria sede, con il supporto dell'autorità di quel Paese.
  Richiamando solo le principali modifiche introdotte, segnala che il comma 17 estende la definizione di capogruppo di un gruppo bancario alle società di partecipazione con sede in un altro Stato membro, che diventano pertanto referenti dirette della Banca d'Italia per il rispetto della normativa prudenziale applicabile su base consolidata. Il comma 18 introduce l'obbligo di preventiva autorizzazione della società di partecipazione finanziaria e delle società di partecipazione finanziaria mista, sia nei casi in cui essa assuma il ruolo di capogruppo di un gruppo bancario italiano e sia soggetta alla vigilanza su base consolidata della Banca d'Italia, sia nei casi in cui essa, pur non essendo al vertice di un gruppo italiano, sia la controllante di un «sottogruppo» di banche italiane (o prevalentemente italiane) e tenuta al rispetto della disciplina prudenziale su base sub-consolidata oppure sia capogruppo di un gruppo soggetto a vigilanza consolidata da parte di autorità di vigilanza di un altro Stato membro.
  Il comma 19 prevede che la vigilanza su base consolidata nei confronti della società capogruppo con sede in un altro Stato membro dovrà essere esercitata nel rispetto della legge dello Stato in cui essa ha sede.
  Per favorire un esercizio efficace dell'attività di vigilanza su base consolidata nei confronti di gruppi operanti in più Stati dell'Unione europea, il comma 27 prevede che la Banca d'Italia definisca, sulla base di accordi con le altre autorità competenti, forme di collaborazione e coordinamento, istituisca collegi di supervisori e partecipi ai collegi istituiti da altre autorità.
  Il comma 28 disciplina l'impresa madre UE intermedia (Intermediate Holding Company). Per i gruppi bancari di Paesi terzi si prevede l'obbligo di costituire delle società «intermedie», che rappresentino il vertice e il riferimento per due o più società controllate («filiazioni») che detengono attivi nell'UE, anche tramite succursali, almeno pari a 40 miliardi di euro. Al ricorrere di Pag. 129queste condizioni, il gruppo di un Paese terzo deve costituire un sotto-gruppo nella UE, con a capo una impresa madre europea intermedia, alla quale si applicano le regole europee su capitale, liquidità, leva finanziaria e gli altri standard prudenziali a livello consolidato.
  Tenuto conto del significativo contenuto tecnico della disciplina in esame, il TUB delega alla Banca d'Italia l'adozione di disposizioni secondarie volte a definire, tra l'altro, la procedura di autorizzazione ed esenzione delle nuove tipologie di soggetti istituiti; le modalità di presentazione delle istanze; il coordinamento con le altre previsioni applicabili in sede di autorizzazione e le ipotesi di revoca dell'autorizzazione.
  Il comma 65 adegua l'impianto sanzionatorio per includere fra le condotte sanzionabili quelle associate al mancato rispetto delle norme contenute nello schema.
  Segnala infine che, nell'ambito della revisione della disciplina del gruppo bancario, lo schema in esame inserisce alcuni interventi di coordinamento della disciplina nazionale applicabile alle crisi bancarie (Titolo IV del TUB).
  L'articolo 2 dello schema apporta modifiche al decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza – TUF), allo scopo di adeguarle a quelle indicate nella direttiva estendendo, ove previsto, le regole dettate per le banche alle imprese di investimento e ai gestori del risparmio. In particolare, anche per queste ultime viene introdotto il potere dell'autorità competente di rimuovere i revisori contabili che abbiano violato i loro obblighi di informazione, viene recepita la disciplina delle imprese madri UE intermedie e viene modificata la disciplina dei titolari di partecipazioni al capitale, per adeguarla alla riforma delle partecipazioni bancarie, in conformità ai criteri di delega.
  Gli articoli 3 e 4 disciplinano rispettivamente l'entrata in vigore delle disposizioni novellate nel TUB e nel TUF.
  L'articolo 5 reca la clausola di invarianza finanziaria, mentre l'articolo 6 stabilisce che il decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e che le relative disposizioni di attuazione sono adottate entro centottanta giorni dalla suddetta data.
  Preannuncia infine l'intenzione di formulare una proposta di parere favorevole sul provvedimento.

  Luigi MARATTIN, presidente, sottolinea come il presente provvedimento, come anche gli altri schemi di decreto legislativo assegnati alla Commissione all'inizio dello scorso mese di agosto, presentino aspetti di natura tecnica che necessitano di un approfondito esame allo scopo di valutare appieno gli effetti del recepimento della normativa europea nel nostro ordinamento. A tal fine ribadisce l'opportunità, già segnalata nella seduta dello scorso 9 settembre in occasione dell'esame dell'atto n. 276, di disporre di un maggior lasso di tempo per l'espressione dei pareri di competenza della Commissione.
  Quindi, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante norme di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2019/2034 relativa alla vigilanza prudenziale sulle imprese di investimento e recante modifica delle direttive 2002/87/CE, 2009/65/CE, 2011/61/UE, 2013/36/UE, 2014/59/UE e 2014/65/UE, e per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/2033, relativo ai requisiti prudenziali delle imprese di investimento e che modifica i regolamenti (UE) n. 1093/2010, (UE) n. 575/2013, (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 806/2014, nonché modifiche al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.
Atto n. 287.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Antonio ZENNARO (LEGA), relatore, intervenendo da remoto, avverte che la Commissione Finanze è chiamata ad esaminare – ai fini del parere da rendere al Governo – lo schema di decreto legislativo per l'adeguamento Pag. 130 della normativa nazionale alla direttiva (UE) 2019/2034 (Investment Firms Directive – IFD) e al regolamento (UE) 2019/2033 (Investment Firms Regulation – IFR), relativi rispettivamente alla vigilanza prudenziale e ai requisiti prudenziali delle imprese di investimento. A tal fine sono modificati il decreto legislativo n. 58 del 1998, Testo unico dell'intermediazione finanziaria – TUF, e il decreto legislativo n. 385 del 1993, Testo unico bancario – TUB, introducendo nell'ordinamento nazionale una disciplina specifica per le imprese di investimento di classe 1 e chiarendo le funzioni e i poteri delle autorità competenti.
  Segnala che il termine per il recepimento è fissato al 26 giugno 2021. Fa eccezione il recepimento dell'articolo 64, punto 5), relativo all'obbligo, per gli Stati membri, di accertarsi che i mercati regolamentati adottino regimi in materia di dimensioni dei tick di negoziazione per azioni, certificati di deposito, fondi indicizzati quotati, certificati e altri strumenti finanziari analoghi. In questo caso, il termine per il recepimento è fissato al 26 marzo 2020. A tale proposito evidenzia che il 23 luglio 2021 è stata avviata nei confronti dell'Italia la procedura di infrazione 2021/0273, allo stadio di messa in mora ex articolo 258 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea.
  Ricorda che la direttiva (UE) 2019/2034 fa parte, assieme al regolamento (UE) 2019/2033, di un pacchetto di proposte finalizzato a stabilire un nuovo quadro giuridico per le imprese di investimento. I due provvedimenti definiscono un nuovo regime prudenziale per le imprese di investimento, prevedendo una disciplina differenziata rispetto agli enti creditizi, che tiene conto delle dimensioni, delle attività svolte e dei rischi delle diverse tipologie di imprese di investimento.
  Si delineano quattro categorie di imprese di investimento (definite di classe l, classe 1-minus, classe 2 e classe 3) con regimi prudenziali diversificati.
  In particolare, la direttiva in titolo mira a stabilire un regime prudenziale specifico per le imprese di investimento che non sono sistemiche in virtù delle loro dimensioni e delle loro interconnessioni con altri attori finanziari ed economici.
  Le imprese di investimento sistemiche, invece, rimangono soggette al previgente quadro prudenziale derivante dal regolamento (UE) n. 575/2013 e dalla direttiva 2013/36/UE. Queste ultime hanno infatti modelli imprenditoriali e profili di rischio simili a quelli di enti creditizi significativi, fornendo servizi analoghi a quelli bancari e sottoscrivendo rischi su grande scala. A tale proposito ricorda che il regolamento 2019/2033 ha modificato la definizione di ente creditizio, che ora ricomprende, oltre alle banche, anche le imprese che prestano determinati servizi di investimento e hanno un attivo di bilancio pari almeno a 30 miliardi di euro, a livello individuale o consolidato. Una soglia che, attualmente, non viene superata da nessuna società di intermediazione mobiliare – SIM italiana.
  Come evidenziato nelle premesse della direttiva, la differenza di trattamento è giustificata dal fatto che le imprese di investimento non detengono grandi portafogli di prestiti al dettaglio e societari e non raccolgono depositi. I rischi a cui è esposta la maggior parte delle imprese di investimento e che esse stesse pongono sono quindi sostanzialmente diversi da quelli degli enti creditizi e tale differenza dovrebbe trovare un chiaro riscontro nel quadro prudenziale dell'Unione.
  La delega per l'adozione del presente provvedimento è contenuta nella legge di delegazione europea 2019-2020 (legge n. 53 del 2021): in particolare i principi e criteri direttivi per l'attuazione della delega sono dettati dall'articolo 27 della legge citata.
  L'articolo 27, comma 1, della citata legge n. 53 del 2021, alla lettera a) specifica che il Governo dovrà apportare alla normativa vigente e, in particolare, al decreto legislativo n. 385 del 1993, recante il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – TUB, e al decreto legislativo n. 58 del 1998, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria – TUF, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva (UE) 2019/2034 e per l'applicazione Pag. 131del regolamento (UE)2019/2033, nonché delle relative norme tecniche di regolamentazione e attuazione.
  La lettera b) stabilisce che siano previste disposizioni in materia di autorizzazione, vigilanza prudenziale e gestione delle crisi per le imprese di investimento che si qualificano come enti creditizi, secondo quanto previsto dalla normativa espressamente richiamata dalla medesima lettera b).
  La lettera c) consente inoltre di prevedere il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla Banca d'Italia e dalla CONSOB, che dovranno tenere conto degli orientamenti emanati dalle Autorità di vigilanza europee.
  La lettera d) impone al Governo di designare la Banca d'Italia e la CONSOB quali autorità competenti per l'esercizio delle funzioni e dei poteri nei confronti delle imprese diverse da quelle di cui alla lettera b).
  La lettera e) impone al Governo di designare la Banca d'Italia quale autorità competente a decidere sull'applicazione alle imprese di investimento delle norme della direttiva 2013/36/UE (Capital Requirements Directive – CRD) e del regolamento (UE) n. 575/2013 (Capital Requirements Regulation – CRR), prevedendo adeguate forme di coordinamento con la CONSOB.
  La lettera f) delega al Governo a confermare la Banca d'Italia quale autorità competente ad esercitare, ove opportuno, le discrezionalità in materia di politiche e prassi di remunerazione per le imprese di investimento.
  La lettera g) prevede che il Governo apporti alla normativa nazionale di recepimento della direttiva MiFID e di attuazione del regolamento (UE) n. 600/2014, cosiddetto MiFIR, le modifiche e le integrazioni necessarie all'applicazione della direttiva e del regolamento in oggetto con riferimento alla disciplina delle imprese di Paesi terzi che prestano servizi e attività di investimento con o senza stabilimento di succursale. È inoltre previsto il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla CONSOB e dalla Banca d'Italia. Viene poi previsto di confermare l'attribuzione alle anzidette autorità dei poteri e delle competenze di vigilanza già previsti con riguardo alle imprese di Paesi terzi, ivi inclusi i poteri di controllo e di intervento sui prodotti espressamente indicati.
  La lettera h) prevede che il Governo apporti le opportune modifiche alla disciplina delle sanzioni amministrative previste dal TUB e dal TUF, per attribuire alla Banca d'Italia e alla CONSOB il potere di applicare le sanzioni e le misure amministrative ivi previste per le violazioni delle disposizioni dettate in attuazione della direttiva e del regolamento in oggetto.
  Ricorda quindi che il termine per l'espressione del parere da parte della Commissione Finanze sullo schema in esame è fissato al 16 settembre 2021. Poiché tale data è successiva all'8 agosto 2021 (termine per l'esercizio della delega, ai sensi dell'articolo 31 della legge n. 234 del 2012), il termine per l'esercizio della delega è posticipato all'8 novembre 2021.
  Rinviando alla documentazione predisposta dagli uffici per una descrizione dettagliata del provvedimento, segnala che l'articolo 1 dello schema apporta numerose modifiche al TUF, per adeguarne le disposizioni alla normativa europea.
  In particolare, la lettera a) introduce nel TUF le definizioni di:

   Meccanismo di vigilanza unico – MVU, ovvero il sistema di vigilanza finanziaria composto dalla Banca Centrale Europea e dalle autorità nazionali competenti degli Stati membri che vi partecipano;

   Meccanismo di risoluzione unico – MRU, ovvero il sistema di risoluzione, composto dal Comitato di Risoluzione Unico e dalle autorità nazionali di risoluzione degli Stati membri che vi partecipano;

   Sim di classe 1;

   Sim di classe 1-minus.

  A tale proposito ricorda che la direttiva IFD e il regolamento IFR suddividono le imprese di investimento in quattro categorie:

   la classe 1 ovvero imprese che svolgono attività di negoziazione per conto proprio Pag. 132 ovvero sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia e il cui attivo di bilancio è pari o superiore a 30 miliardi di euro. Le imprese che soddisfano questi requisiti rientrano nella definizione di ente creditizio e sono soggette alle norme prudenziali relative a detti enti;

   la classe 1-minus ovvero imprese di investimento che svolgono attività di negoziazione per conto proprio ovvero sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia, con attivo di bilancio pari o superiore a 15 miliardi di euro (ma inferiore a 30); a queste imprese di investimento, che continueranno ad essere autorizzate ai sensi della MiFID, si applicheranno alcune previsioni prudenziali specifiche relative agli enti creditizi. Questo regime può essere applicato anche alle imprese di investimento che svolgono attività di negoziazione per conto proprio ovvero sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia che hanno un attivo di bilancio pari o superiore a 5 miliardi di euro; in questi casi la decisione è presa dall'autorità competente, tenendo conto delle caratteristiche dimensionali e operative dell'intermediario. Può inoltre essere applicato alle imprese di investimento che svolgono attività di negoziazione per conto proprio ovvero sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia che fanno parte di un gruppo bancario e ne facciano richiesta all'autorità di vigilanza;

   la classe 2: imprese di investimento diverse da quelle che precedono, che saranno soggette alla disciplina prudenziale prevista dal pacchetto in oggetto in luogo di quella – finora applicabile – prevista per gli enti creditizi (fermo restando il rispetto della disciplina MiFID2 per i servizi di investimento svolti);

   la classe 3: imprese di investimento «piccole e non interconnesse», che svolgono attività di consulenza, di ricezione e trasmissione di ordini dei clienti o che gestiscono per conto dei propri clienti attività entro certe soglie di valore, ma che non sono autorizzate a detenere denaro o strumenti finanziari della clientela, né ad assumere rischi in proprio. A tali imprese si applica un regime prudenziale ulteriormente semplificato.

  Il Governo nel testo della Relazione illustrativa evidenzia che per le SIM di classe 1 la riforma dell'impianto normativo di rango primario risponde principalmente all'esigenza di recepire le norme europee relative all'autorizzazione e alla revoca della licenza.
  Per le SIM di classe 1-minus, che hanno un regime prudenziale misto, la riforma della normativa primaria è volta a chiarire che ad esse è applicabile una parte della normativa sostanziale prevista per gli enti creditizi.
  Per le SIM di classe 2 e 3 non è necessario apportare cambiamenti alla normativa primaria in quanto le modifiche richieste rientrano nell'ambito già disciplinato dalla fonte secondaria.
  La lettera b) integra la disciplina in materia di collaborazione tra autorità e di segreto d'ufficio.
  La norma prevede tra l'altro che la Banca d'Italia, se verifica una situazione di emergenza o un'evoluzione negativa sui mercati che possa compromettere la liquidità del mercato e la stabilità del sistema finanziario in uno Stato membro dell'Unione europea in cui opera il gruppo individuato, informa tempestivamente l'ABE, il Comitato europeo per il rischio sistemico – CERS e le pertinenti autorità competenti, tra cui la CONSOB.
  Si precisa inoltre che, nell'esercizio delle loro funzioni, i dipendenti della CONSOB e i consulenti e gli esperti dei quali la stessa si avvale sono vincolati dal segreto d'ufficio.
  La lettera c) stabilisce che la Banca d'Italia disciplini con regolamento, sentita la CONSOB, gli obblighi delle SIM, delle imprese di Paesi terzi e delle società di gestione del risparmio – SGR in materia di adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio e partecipazioni detenibili, nonché l'informativa da rendere al pubblico.
  La lettera d) indica le norme che attribuiscono alla Banca d'Italia e alla CONSOB Pag. 133la competenza in materia di vigilanza sul rispetto di disposizioni regolamentari dell'Unione europea direttamente applicabili.
  La lettera e) introduce nel TUF gli articoli 7-undecies e 7-duodecies. Il primo individua la Banca d'Italia e la CONSOB come autorità nazionali competenti a esercitare le funzioni e i poteri previsti dalle norme europee, secondo l'attuale riparto di competenze regolamentari e di supervisione. L'articolo 7-duodecies stabilisce che le Sim di classe 1-minus, in aggiunta alle norme del regolamento (UE) n. 575/2013, sono assoggettate alle disposizioni nazionali di recepimento dei titoli VII e VIII della direttiva 2013/36/UE applicabili agli enti creditizi.
  La lettera f) inserisce norme di coordinamento.
  La lettera g) definisce le disposizioni applicabili alle società che controllano una o più imprese di investimento UE.
  La disposizione prevede, tra l'altro, che la Banca d'Italia e la CONSOB possano chiedere la trasmissione di dati e informazioni alla holding di investimento o alla società di partecipazione finanziaria mista, con sede legale in Italia, che controlla, direttamente o indirettamente, una o più imprese di investimento UE, e che non è a sua volta controllata da un'impresa di investimento o da un'altra holding di investimento o società di partecipazione finanziaria mista.
  La Banca d'Italia e la CONSOB possono effettuare ispezioni presso tali società e, su richiesta delle autorità competenti di altri Stati dell'Unione europea, possono effettuare ispezioni presso società ricomprese nella vigilanza su base consolidata di competenza delle autorità richiedenti.
  La lettera h) corregge un refuso dell'articolo 19, mentre la lettera i) disciplina la revoca dell'autorizzazione di una Sim nel caso in cui non sia stata ottenuta l'autorizzazione ad operare come Sim di classe l.
  La lettera j) disciplina le modalità di autorizzazione e revoca all'esercizio dei servizi e delle attività di investimento per le Sim di classe l. La norma stabilisce che l'autorizzazione, in deroga all'articolo 19 del TUF che la riconosce alla CONSOB, è rilasciata dalla Banca Centrale Europea, su proposta della Banca d'Italia, sentita la CONSOB. Vengono anche indicate le condizioni che comportano la revoca dell'autorizzazione.
  La lettera k) prevede che alle imprese di investimento dell'UE che soddisfano i requisiti previsti per gli enti creditizi si applica la normativa in materia di disciplina di servizi e attività di investimento delle banche dell'Unione europea.
  La lettera l) modifica la disciplina dell'autorizzazione per lo stabilimento in Italia di succursali da parte di imprese di Paesi terzi diverse dalle banche. La norma, in coerenza con quanto sopra citato per le imprese di investimento dell'UE, stabilisce che alle imprese di Paesi terzi che soddisfano i requisiti previsti per gli enti creditizi si applica la normativa in materia di disciplina di servizi e attività di investimento delle banche dell'Unione europea.
  La lettera m) modifica la disciplina in materia di stabilimento in Italia di succursali da parte di banche di Paesi terzi. La norma chiarisce, tra l'altro, che la CONSOB e la Banca d'Italia, secondo le rispettive attribuzioni, sono le autorità nazionali competenti per le banche che prestano in Italia servizi e attività di investimento, con o senza servizi accessori, in regime di libera prestazione di servizi nei confronti di controparti qualificate o di clienti professionali.
  La lettera n) definisce l'ambito di applicazione alle Sim di classe 1 e alle altre Sim dei Piani di risanamento, sostegno finanziario di gruppo e intervento precoce previsti al Capo I-bis del Titolo IV del TUF.
  La lettera o) definisce riparto di competenze tra autorità di vigilanza in materia di amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa per le Sim di classe l.
  Le lettere p) e q) chiariscono quali norme sull'amministrazione straordinaria, nonché sulla liquidazione coatta amministrativa, si applicano alle Sim di classe l e alle altre Sim.
  La lettera r) definisce il riparto di competenze tra le autorità di vigilanza in materia di risoluzione per le Sim di classe l Pag. 134mentre la lettera s) interviene sulla disciplina della risolvibilità applicabile alle Sim diverse da quelle di classe l e di classe 1-minus.
  La lettera t) indica ulteriori norme applicabili alle Sim di classe l in caso di risoluzione ovvero le disposizioni previste dal Titolo V del decreto legislativo del 16 novembre 2015, n. 180, in materia di Fondi di risoluzione.
  Le lettere da u) a z) intervengono sul regime sanzionatorio.
  In particolare la lettera u) ricomprende tra i soggetti cui si applica la disciplina sanzionatoria pecuniaria prevista per gli intermediari anche le holding di investimento e le società di partecipazione finanziaria mista.
  La lettera v) chiarisce il perimetro di applicazione della disciplina sulle sanzioni amministrative pecuniarie relative alle violazioni della normativa della direttiva 2013/36/UE – CRD e del regolamento (UE) n. 575/2013 – CRR.
  La lettera w) stabilisce sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni delle disposizioni previste dalla direttiva (UE) 2019/2034 – IFD e dal regolamento (UE) 2019/2033 – IFR.
  Le lettere x) e y) prevedono l'applicazione della c.d. sanzione dell'ordine di porre termine alle violazioni (cease and desist order) nonché della dichiarazione pubblica avente ad oggetto la violazione commessa e il soggetto responsabile (public statement) per la violazione della nuova normativa.
  La lettera z) specifica che anche per le violazioni del nuovo articolo 194-ter.1 del TUF è prevista la comunicazione all'ABE e all'AESFEM sulle sanzioni applicate.
  L'articolo 2 introduce una modifica all'articolo 7 del TUB in materia di segreto d'ufficio. La norma precisa che non solo i dipendenti, ma anche coloro che a qualunque titolo lavorano o hanno lavorato per la Banca d'Italia, nonché i consulenti e gli esperti dei quali la stessa si avvale o si è avvalsa, sono vincolati dal segreto d'ufficio.
  L'articolo 3 stabilisce che le disposizioni del decreto entrano in vigore il giorno successivo alla loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Disciplina inoltre il regime transitorio delle domande di autorizzazione.
  L'articolo 4 reca infine la clausola di invarianza finanziaria.
  Sottopone quindi alla valutazione della Commissione la possibilità di approfondire l'esame del provvedimento svolgendo un breve ciclo di audizioni, vista la tecnicità dei contenuti dell'Atto.

  Luigi MARATTIN, presidente, si riserva di sottoporre la proposta del relatore all'Ufficio di presidenza, già convocato per la giornata di domani. Osserva tuttavia come i tempi a disposizione della Commissione per l'espressione del parere di competenza non appaiano compatibili con lo svolgimento di un ciclo di audizioni, che potrebbero eventualmente essere sostituite dalla richiesta di un contributo scritto.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.35.