CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 12 novembre 2020
470.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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INDAGINE CONOSCITIVA

  Giovedì 12 novembre 2020. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI

  La seduta comincia alle 11.15.

Sui lavori della Commissione.

  Mario PERANTONI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati. Rammenta poi che le audizioni previste saranno svolte consentendo la partecipazione da remoto, in videoconferenza, anche dei deputati, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso. In proposito ricorda che per i deputati partecipanti da remoto è necessario che essi risultino visibili alla Presidenza, soprattutto nel momento in cui essi svolgono il loro eventuale intervento, il quale deve ovviamente essere udibile.

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Indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 2435 Governo, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d'appello.
Seguito dell'audizione, in videoconferenza, di Francesco Caprioli, professore di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Torino.
(Seguito dello svolgimento e conclusione).

  Mario PERANTONI, presidente, ricorda che l'audito aveva già svolto una relazione e che la sua audizione era stata rinviata per consentire ai deputati di formulare domande. Introduce quindi il dibattito.

  Interviene da remoto, per porre quesiti e formulare osservazioni, il deputato Catello VITIELLO (IV).

  Francesco CAPRIOLI, professore di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Torino, fornisce chiarimenti in merito ai quesiti e alle osservazioni poste.

  Mario PERANTONI, presidente, ringrazia l'audito per il suo intervento e dichiara quindi conclusa l'audizione.

Audizione, in videoconferenza, di Giovanni Canzio, primo presidente emerito della Suprema Corte di Cassazione, Ludovico Vaccaro, procuratore capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, Carlo Nordio, già procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Venezia, e Luigi Levita, magistrato coordinatore dell'Ufficio GIP-GUP del Tribunale di Nocera Inferiore, professore di ordinamento giudiziario.

  (Svolgimento e conclusione).

  Mario PERANTONI, presidente, introduce, quindi, l'audizione.

  Svolgono una relazione sui temi oggetto dell'audizione, Giovanni CANZIO, primo presidente emerito della Suprema Corte di Cassazione, Ludovico VACCARO, procuratore capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, Carlo NORDIO, già procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Venezia, e Luigi LEVITA, magistrato coordinatore dell'Ufficio GIP-GUP del Tribunale di Nocera Inferiore, professore di ordinamento giudiziario.

  Intervengono, per porre quesiti e formulare osservazioni, i deputati Alfredo BAZOLI (PD) e Luca Rodolfo PAOLINI (LEGA). Intervengono altresì da remoto, per porre quesiti e formulare osservazioni, i deputati Catello VITIELLO (IV) e Carla GIULIANO (M5S).

  Giovanni CANZIO, primo presidente emerito della Suprema Corte di Cassazione, Ludovico VACCARO, procuratore capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, Carlo NORDIO, già procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Venezia, e Luigi LEVITA, magistrato coordinatore dell'Ufficio GIP-GUP del Tribunale di Nocera Inferiore, professore di ordinamento giudiziario, forniscono chiarimenti in merito ai quesiti e alle osservazioni poste.

  Mario PERANTONI, presidente, ringrazia gli auditi per il loro intervento e dichiara quindi conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.50.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 12 novembre 2020. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI.

  La seduta comincia alle 13.50.

Sui lavori della Commissione.

  Mario PERANTONI, presidente, avverte che, trattandosi di seduta in cui non sono previste votazioni, ai deputati è consentita la partecipazione da remoto, in videoconferenza, Pag. 261 secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2020/584/GAI, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.
Atto n. 201.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Mario PERANTONI, presidente, comunica che il provvedimento è stato assegnato il 2 novembre scorso e che il termine per l'espressione del parere della Commissione è fissato al 12 dicembre prossimo.

  Gianfranco DI SARNO (M5S), relatore, ricorda che la Commissione avvia oggi l'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2020/584/GAI, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (A.G. 201). Ricorda che la Commissione è chiamata ad esprimere il parere sullo schema in esame, adottato in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 6 della legge di delegazione europea 2018, entro il 12 dicembre prossimo.
  Il provvedimento, che si compone di 24 articoli, è stato predisposto, tenendo conto – come precisa la relazione illustrativa – delle raccomandazioni formulate nel rapporto sull'Italia 2009 e delle risultanze della successiva Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione della decisione quadro e si propone di ovviare sostanzialmente alle criticità rilevate con riguardo alla legge n. 69 del 2005 (di implementazione interna della decisione quadro) ed in particolare in relazione alla disciplina della procedura passiva di esecuzione del mandato di arresto europeo. Nello specifico il provvedimento in esame: apporta una serie di modifiche alle disposizioni della legge n. 69 che impongono – secondo quanto previsto nell'ambito delle procedure estradizionali (ma non in linea con quanto richiesto dalla decisione quadro) – alle Autorità giudiziarie dello Stato di emissione l'invio di provvedimenti e atti ulteriori rispetto al mandato di arresto europeo; interviene, al fine di dare piena esecuzione al principio del mutuo riconoscimento, sulla disciplina relativa ai casi di esclusione della verifica della doppia punibilità; ai motivi di rifiuto (obbligatorio o facoltativo) dell'esecuzione del mandato di arresto; ridefinisce la tempistica della procedura passiva di esecuzione del mandato, intervenendo anche sulla disciplina cautelare; in attuazione di uno specifico criterio di delega, modifica la legge del 2005 al fine di superare i contrasti giurisprudenziali relativi all'applicazione dell'articolo 31 della decisione quadro «Relazioni con gli altri strumenti giuridici» .
  Nel rinviare alla documentazione predisposta dagli uffici per una approfondita disamina del quadro normativo di riferimento, evidenzia che l'articolo 1 dello schema in esame apporta una serie di modifiche all'articolo 1 della legge n. 69 del 2005 recante disposizioni di principio e definizioni. Più nel dettaglio la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 interviene sul comma 1 dell'articolo 1 della legge n. 69 del 2005 sopprimendo l'inciso finale in base al quale l'attuazione nell'ordinamento interno delle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri dell'Unione europe, a era prevista nei limiti in cui tali disposizioni non sono incompatibili con i princìpi supremi dell'ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali, nonché in tema di diritti di libertà e del giusto processo.
  La lettera b) del comma 1 riscrive poi il comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 69 del 2005 prevedendo che l'Italia dà esecuzione al mandato d'arresto europeo in base al principio del mutuo riconoscimento, conformemente alle disposizioni della decisione Pag. 262 quadro e della presente legge, sempre che il mandato di arresto europeo provenga da un'autorità giudiziaria e che, quando sia emesso al fine dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, la sentenza da eseguire sia esecutiva. Come si evince dalla relazione illustrativa, tale intervento è reso necessario al fine di recepire formalmente il mutuo riconoscimento quale principio-base che governa l'attuazione del mandato di arresto europeo, conformemente a quanto previsto dall'articolo 2 della decisione quadro. Logicamente conseguente – aggiunge la relazione – è l'ulteriore intervento correttivo a mezzo del quale sono stati espunti i riferimenti alla necessità che il mandato di arresto nazionale posto alla base di quello europeo sia «sottoscritto da un giudice» e risulti «motivato», prescrizioni entrambe apertamente incompatibili con il suddetto principio. Sottolinea, inoltre, che il provvedimento, riscrivendo il comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 69 del 2005, lo modifica nella parte in cui lo stesso qualifica come «irrevocabile» la sentenza posta a fondamento della richiesta di consegna.
  La lettera c) inserisce due ulteriori commi all'articolo 1 della legge n. 69 del 2005. Il nuovo comma 3-bis prevede che il mandato di arresto debba essere eseguito dalle autorità competenti con la massima urgenza. Il comma 3-ter invece, stabilisce che l'Italia non dà esecuzione ai mandati di arresto europei emessi da uno Stato membro nei cui confronti il Consiglio dell'Unione europea abbia sospeso l'attuazione del meccanismo del mandato di arresto europeo per grave e persistente violazione dei princìpi sanciti all'articolo 6, paragrafo l, del Trattato sull'Unione europea.
  Infine anche la lettera d) – in attuazione dello specifico criterio di delega contenuto nella lettera b) del comma 3 dell'articolo 6 – aggiunge due ulteriori disposizioni all'articolo 1 della legge n. 69 del 2005. Si tratta: del nuovo comma 4-quater che prevede che l'Italia continui ad applicare gli accordi o intese, bilaterali o multilaterali, vigenti al momento dell'adozione della decisione quadro, quando essi contribuiscono ad una migliore e più efficace realizzazione delle finalità della decisione quadro e semplificano o agevolano ulteriormente la consegna delle persone ricercate; del nuovo comma 4-quinquies che stabilisce che l'elenco degli specifici accordi e intese che l'Italia intende continuare ad applicare, deve essere notificato dal Governo, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto e su proposta del Ministro della giustizia, al Consiglio e alla Commissione.
  L'articolo 2 sostituisce l'articolo 2 della legge n. 69 del 2005, che indica le garanzie di ordine costituzionale che debbono essere osservate nell'esecuzione del mandato d'arresto europeo, riformulandone il comma 1 e sopprimendone i commi 2 e 3. In particolare, il nuovo articolo 2, come risultante dalle modifiche apportate dall'articolo 2 dello schema in esame, prevede che l'esecuzione del mandato di arresto europeo non possa, in alcun caso, comportare una violazione dei principi supremi dell'ordine costituzionale dello Stato o dei diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, dei diritti fondamentali e dei fondamentali principi giuridici sanciti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea o dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e dai Protocolli addizionali alla stessa.
  L'articolo 3 reca una serie di modifiche all'articolo 6 della legge n. 69 del 2005, che disciplina il contenuto del mandato di arresto europeo nella procedura passiva di consegna. Il citato articolo 6, nella sua formulazione vigente, contiene disposizioni relative al contenuto del mandato di arresto europeo, agli atti che debbono esservi allegati, alle richieste di integrazione, al cd. regime linguistico. In particolare, la norma indica, al comma 1, gli elementi del mandato di arresto europeo.
  La lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 dello schema di decreto legislativo introduce il nuovo comma 1-bis del citato articolo 6, nel quale indica le informazioni che il mandato di arresto europeo – emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una Pag. 263misura di sicurezza irrogata all'esito di un processo in cui l'interessato non è comparso personalmente –deve indicare. In particolare il mandato deve indicare se: se l'interessato è stato citato tempestivamente e personalmente, essendo informato inequivocabilmente della data e del luogo del processo che ha portato alla decisione pronunciata in absentia e del fatto che tale decisione avrebbe potuto esser presa anche in absentia; se l'interessato, informato del processo a suo carico, è stato rappresentato nel processo conclusosi con la menzionata decisione da un difensore, nominato dallo stesso interessato o d'ufficio; se l'interessato, ricevuta la notifica della decisione e informato del diritto di ottenere un nuovo processo o della facoltà di dare inizio al giudizio di appello, al quale ha il diritto di partecipare e che consente il riesame del merito della causa e l'allegazione di nuove prove che possono condurre alla riforma della decisione oggetto di esecuzione, ha dichiarato espressamente di non opporsi a tale decisione o non ha chiesto la rinnovazione del processo o proposto appello nei termini stabiliti; se l'interessato non ha ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma la riceverà personalmente e senza indugio dopo la consegna nello Stato membro di emissione e, quindi, sarà espressamente informato dei termini entro i quali potrà esercitare il diritto a un nuovo processo o la facoltà di dare inizio al giudizio di appello, in cui ha il diritto di partecipare e che consente il riesame del merito della causa e l'allegazione di nuove prove che possono condurre alla riforma della decisione oggetto di esecuzione.
  La lettera c) del comma 1 dell'articolo 3 dello schema in esame, inoltre, abroga i commi da 3 a 6 del citato articolo 6 della legge n. 65 del 2005 che prevedono che la consegna della persona è consentita, ove ne ricorrono i presupposti, solo se al mandato di arresto europeo è allegata copia del provvedimento restrittivo della libertà personale o della sentenza di condanna a pena detentiva, e che debbono essere, altresì, allegati il testo delle disposizioni di legge applicabili, con indicazione del tipo e della durata della pena, i dati segnaletici e ogni altra possibile informazione idonea a determinare l'identità e la nazionalità della persona della quale è domandata la consegna, una relazione sui fatti addebitati alla persona, che contenga tra l'altro l'indicazione delle fonti di prova (commi 3 e 4); in mancanza di detta allegazione, la Corte d'appello ne sollecita la trasmissione allo Stato membro di emissione tramite il Ministero della giustizia, cui andrà altresì comunicata la data dell'udienza camerale fissata per la decisione sulla consegna. Il Ministero della giustizia, oltre a veicolare la richiesta all'autorità giudiziaria emittente, dovrà anche informarla «che la ricezione del provvedimento e della documentazione costituisce condizione necessaria per l'esame della richiesta di esecuzione da parte della corte di appello», provvedendo in seguito alla ricezione degli atti, alla loro traduzione in lingua italiana e, infine, all'inoltro alla corte richiedente (comma 5); in caso di mancata trasmissione degli atti, la corte d'appello è tenuta a respingere la richiesta (comma 6).
  L'articolo 4 reca modifiche all'articolo 7 della legge n. 69 del 2005, il quale prevede tra i motivi di rifiuto obbligatorio della consegna anche la mancanza della doppia punibilità, stabilendo nel contempo una specifica disciplina in caso di reati tributari. Più nel dettaglio l'articolo 7 della legge n. 69, al comma 1, prevede che l'Italia darà esecuzione al mandato d'arresto europeo solo nel caso in cui il fatto sia previsto come reato anche dalla legge nazionale. La previsione di cui al comma 1 dell'articolo 7 risulta, per l'esecuzione della consegna, espressamente mitigata dal comma 2 del medesimo articolo con riferimento alla materia delle tasse ed imposte, non richiedendo la necessità di una perfetta sovrapposizione tra la fattispecie prevista dall'ordinamento estero e quella contemplata dall'ordinamento italiano, ma solo che le stesse risultino analogicamente assimilabili. Il comma 2 infatti precisa che, in caso di reati tributari, «l'esecuzione del mandato di arresto europeo non può essere rifiutata in base al fatto che la legislazione dello Stato membro di esecuzione non impone lo stesso tipo di tasse o di imposte». Sempre in tema Pag. 264di doppia punibilità, il presupposto della consegna per l'estero, in base all'articolo 7, comma 3, è che il reato oggetto della richiesta sia punibile in astratto dalla legge dello Stato membro di emissione con una pena o con una misura di sicurezza privativa della libertà personale della durata massima non inferiore a dodici mesi, non rilevando ai fini del calcolo le eventuali circostanze aggravanti. Lo schema in esame interviene, attraverso la lettera a) del comma 1 dell'articolo 4, in primo luogo sul comma 1 del citato articolo 7 prevedendo espressamente che ai fini della verifica della doppia punibilità non si tiene conto della qualificazione giuridica e dei singoli elementi costitutivi del reato. Il comma 1, lettera b) dell'articolo 4, poi, riformula il comma 2 dell'articolo 7 della legge n. 69 del 2005 sopprimendo fra le altre l'inciso finale relativo alla necessaria «assimilabilità» delle tasse e delle imposte. La lettera c) del comma 1 dell'articolo 4 infine interviene sul comma 3 dell'articolo 7 della citata legge n. 69, eliminando la non consentita esclusione delle circostanze aggravanti dal calcolo relativo all'entità della pena o della misura di sicurezza privativa della libertà personale, da effettuarsi ai fini della verifica del raggiungimento della soglia minima prevista per l'emissione del mandato d'arresto europeo.
  L'articolo 5 modifica l'articolo 8 della legge n. 69 rendendo la disciplina relativa alla consegna obbligatoria più conforme a quanto previsto nella decisione quadro sul mandato di arresto. In particolare, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 5, riscrivendo il comma 1 del citato articolo 8, ne sostituisce il lungo elenco di reati che danno luogo alla consegna obbligatoria con il mero richiamo all'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro (questa disposizione elenca trentadue categorie di reati per i quali gli Stati membri sono obbligati ad eseguire l'euromandato in assenza della verifica della doppia punibilità). La lettera b) del comma 1 dell'articolo 5, inoltre, abroga, i commi 2 e 3 del citato articolo 8 della legge n. 69 del 2005.
  L'articolo 6 apporta una serie di modifiche all'articolo 9 della legge n. 69 del 2005 recante disposizioni in materia di ricezione del mandato di arresto e di misure cautelari. In particolare, l'articolo 6 dello schema, modificando il comma 1 dell'articolo 9 della legge n. 69 del 2005, elimina ogni riferimento alla documentazione aggiuntiva della quale era richiesta la trasmissione ad opera dello Stato emittente il mandato di arresto. Inoltre, viene riscritto il comma 5 del citato articolo 9, ridefinendo l'ambito delle disposizioni in materia di misure cautelari personali che devono osservarsi, in quanto applicabili. Nel dettaglio, il nuovo comma 5 dell'articolo 9: richiama, fissando comunque un limite di applicabilità, le sole disposizioni contenute nei capi I, II, IV e VIII del titolo I del libro IV del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari, al fine di rendere palese – come precisa la relazione illustrativa –l'applicabilità alla persona della quale è richiesta la consegna delle sole misure cautelari coercitive, e, in relazione ad esse, l'esclusione della disciplina codicistica in materia di estinzione e di impugnazione; amplia il catalogo delle disposizioni codicistiche che, seppure collocate nei capi richiamati, non possono comunque ritenersi applicabili per le misure cautelari coercitive applicate alla persona della quale è richiesta la consegna, includendo, oltre a quelle già contemplate dalla disposizione originaria (articoli 273, commi 1 e 1-bis, 274, comma 1, lettera a) e c), e 280 del codice di procedura penale), anche quelle del comma 2 dell'articolo 273, e degli articoli 275, comma 2-bis, 278, 279 e 297 del codice di procedura penale; richiama, sempre nel limite della loro applicabilità, le specifiche disposizioni degli articoli 299 e 300, comma 4, del codice di procedura penale, nonché dell'articolo 19, commi 1, 2 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 488 del 1988, relativo alle misure cautelari personali per i minorenni.
  L'articolo 7 dello schema in esame interviene sull'articolo 10 della legge n. 69 del 2005 che disciplina l'inizio del procedimento per l'esecuzione di un mandato di arresto passivo. In particolare, la lettera a) del comma 1 aggiunge un ultimo periodo al comma 1 del citato articolo 10 con il quale Pag. 265si stabilisce che la persona richiesta in consegna è altresì informata che il consenso e la rinuncia, una volta resi, non sono revocabili. Come si evince dalla relazione illustrativa, questa disposizione è volta a stabilire chiaramente il carattere irrevocabile delle dichiarazioni con le quali la persona acconsente alla propria consegna o rinuncia al principio di specialità, così superando i dubbi in merito alla irrevocabilità della rinuncia che la formulazione adottata all'articolo 14 dal legislatore del 2005 aveva ingenerato. La lettera b) del comma 1 dell'articolo 7 dello schema, inoltre riscrive il comma 4 dell'articolo 10 della legge n. 69 del 2005, riducendo da venti a quindici giorni il termine per la celebrazione dell'udienza di decisione sulla consegna e si stabilisce che il decreto di fissazione di tale udienza sia letto in udienza, così da evitare eventuali ritardi conseguenti a difetti di notifica e scongiurare, stante la presenza dell'interprete, anche l'insorgere di difficoltà della sua comprensione da parte della persona della quale è richiesta la consegna. La lettera c) aggiunge, inoltre, un ulteriore comma 4-bis, il quale prevede che nel caso la corte non abbia ritenuto di applicare alcuna misura cautelare l'udienza per la decisione deve essere fissata non oltre i quindici giorni successivi e deve essere nel contempo disposto il deposito del mandato di arresto.
  L'articolo 8 interviene sull'articolo 11 della legge n. 69 del 2005, che disciplina l'arresto della persona della quale è richiesta la consegna, coordinando tale disposizione con le modifiche apportate all'articolo 6 della legge del 2005. In particolare, lo schema interviene sul comma 2 del citato articolo 11 sopprimendo il riferimento alla documentazione che l'articolo 6 della legge n. 69 del 2005, nella sua formulazione originaria, prevedeva fosse trasmessa unitamente al mandato di arresto da parte delle autorità dello Stato membro richiedente. Si allinea in tal modo l'articolo alle modifiche apportate dall'articolo 3 dello schema all'articolo 6 della legge n. 69 del 2005.
  L'articolo 9 dello schema in esame modifica le disposizioni dettate dall'articolo 13 della legge n. 69 del 2005 per quanto attiene alla convalida dell'arresto. Rammenta che l'articolo 13 della legge n. 69 del 2005, nella sua formulazione vigente, prevede che entro quarantott'ore dalla ricezione del verbale di arresto il presidente della corte d'appello o il magistrato delegato ovvero il presidente del tribunale territorialmente competente, nel caso in cui la persona arrestata sia ristretta in luogo diverso da quello dell'arresto, informato il procuratore generale, procede alla presenza del difensore di fiducia o di ufficio all'audizione del soggetto arrestato qualora la corte accerti come «evidente» che l'arresto è stato eseguito per errore di persona o fuori dei casi previsti dalla legge. Il presidente rimette immediatamente in libertà con decreto motivato la persona arrestata entro il termine perentorio di quarantott'ore altrimenti si procede alla convalida dell'arresto (commi 1 e 2). Il comma 3 dell'articolo 13 stabilisce infine che in ogni caso l'eventuale ordinanza di convalida perde efficacia se nel termine di 10 giorni non perviene il mandato di arresto europeo o la segnalazione della persona nel SIS effettuata dall'autorità competente. Il termine si riferisce al momento in cui gli atti arrivano alla corte d'appello competente. La lettera a) del comma 1 dell'articolo 9 dello schema, quindi, interviene in primo luogo sul comma 1 dell'articolo 13, al fine di allineare a quanto previsto dall'articolo 10, così come modificato, le informazioni e gli avvertimenti che anche la persona arrestata ad iniziativa della polizia giudiziaria deve ricevere in ordine alla facoltà di esprimere il consenso alla consegna e alla facoltà di rinunciare al principio di specialità. Si tratta di modifiche, che come osserva la relazione illustrativa, sono dettate dalla necessità di adeguare la legge a quanto previsto dall'articolo 13 della decisione quadro, il quale impone, a ben vedere, che tali dichiarazioni siano raccolte da un'autorità giudiziaria e che siano espresse non solo volontariamente, ma anche con piena consapevolezza delle conseguenze che comportano. La lettera b) modifica poi il comma 2 dell'articolo 13. Come evidenzia la relazione illustrativa, perseguendo le medesime finalità Pag. 266acceleratorie del procedimento poste alla base dell'intervento operato sull'articolo 10 della legge n. 69 del 2005, è inserito il rinvio per la fissazione dell'udienza alle disposizioni del medesimo articolo 10, come modificato. Si stabilisce, poi, che, nel caso in cui sia disposta l'immediata liberazione della persona arrestata, si proceda agli adempimenti previsti dall'articolo 10, comma 4-bis (ovvero all'immediata fissazione con decreto dell'udienza di decisione nei successivi quindici giorni) e che, nel caso in cui si proceda alla convalida dell'arresto, unitamente al provvedimento in materia cautelare debba essere emesso, dandone lettura, anche il decreto di fissazione dell'udienza di decisione ex comma 4 dell'articolo 10, comma 4. Da ultimo la lettera c) interviene sul comma 3 dell'articolo 13 abrogando la previsione che stabilisce la perdita di efficacia della misura cautelare applicata, in caso di mancato pervenimento del mandato di arresto o della segnalazione della persona nel SIS nei dieci giorni successivi all'adozione della misura cautelare.
  L'articolo 10 modifica l'articolo 14 della legge n. 205 che reca la disciplina relativa al consenso alla propria consegna manifestato dalla persona richiesta. In particolare, la lettera a) del comma 1 riscrive i commi 1 e 2 dell'articolo 14. Il primo ambito di intervento – come evidenzia la relazione illustrativa – attiene alla riduzione dei tempi necessari per l'adozione della decisione definitiva sulla consegna, al fine di garantire che essa possa essere assunta, in linea con quanto previsto dall'articolo 17, paragrafo 2, della decisione quadro, nei termini di dieci giorni dall'espressione del consenso, anche laddove la corte ravvisi la necessità di richiedere informazioni aggiuntive all'autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione. L'intervento correttivo mira inoltre ad elevare il grado di garanzie che devono accompagnare le dichiarazioni in merito al consenso alla consegna. A tal proposito, attraverso la riscrittura del comma 1 dell'articolo 14, si prevede che sia nel caso in cui il consenso è in sede di convalida dell'arresto eseguito dalla polizia giudiziaria (articolo 13, comma 1), sia nel caso in cui il consenso è raccolto quando la persona è sentita dopo l'esecuzione della misura cautelare adottata a suo carico (articolo 10, comma 1), il presidente della corte di appello (o il magistrato da lui delegato), disponga la fissazione dell'udienza nei successivi quattro giorni dall'espressione del consenso. Ed ancora si prevede che del decreto di fissazione sia data lettura in udienza alla persona interessata, in una lingua da lei compresa, e al suo difensore, nonché comunicazione al procuratore generale immediatamente o, comunque, entro le successive ventiquattro ore. L'aumento delle garanzie circa le modalità e condizioni che devono accompagnare l'espressione del consenso della persona richiesta alla propria consegna – osserva la relazione illustrativa – deriva dall'eliminazione, operata con la modifica integrale del comma 2 dell'articolo 14 della legge n. 69 del 2005, della possibilità di rendere tale dichiarazione in carcere, necessaria in quanto l'articolo 13, paragrafo 1, della decisione quadro prevede che sia l'autorità giudiziaria a raccogliere il consenso, mentre lo spostamento dell'avvertimento in ordine all'irrevocabilità del consenso, ad opera dell'articolo 7, nell'articolo 10, comma 1, della legge n. 69 del 2005 ha imposto la soppressione del comma 3 dell'articolo 14 che tale avvertimento pure contemplava (lettere a) e b)). A logiche acceleratorie rispondono anche le modifiche apportate rispettivamente dalle lettere c) e d) ai commi 4 e 5 dell'articolo 14 della legge n. 69. Con la modifica del comma 4, oltre ad eliminare la previsione del termine di dieci giorni per la pronuncia dell'ordinanza, si prevede che l'udienza di decisione, con contestuale adozione dell'ordinanza decisoria, possa essere differita di tre giorni per il caso in cui una qualsiasi circostanza oggettiva, o la stessa necessità di acquisire informazioni ulteriori, abbia impedito di emettere la decisione sulla consegna all'udienza celebrata nei quattro giorni successivi all'espressione del consenso. Anche la riscrittura del comma 5 dell'articolo 14 della legge n. 69 del 2005, mira a conseguire il medesimo risultato acceleratorio: si stabilisce infatti che la corte di appello dia Pag. 267immediata lettura dell'ordinanza con la quale decide sulla consegna della persona. E ciò sia nel caso di celebrazione dell'udienza di discussione a seguito di una dichiarazione di consenso alla consegna raccolta dal presidente della corte di appello o dal magistrato da lui delegato nel corso della convalida dell'arresto o dopo l'esecuzione dell'ordinanza cautelare, sia nel caso in cui il consenso è reso solo all'udienza di discussione. Il secondo ambito di intervento riguarda la comunicazione alle competenti autorità dello Stato emittente della decisione definitiva o dell'impugnazione di quella decisione, ipotesi, quest'ultima, la cui limitata ricorrenza, stante l'irrevocabilità del consenso manifestato alla consegna, può essere effettivamente ricondotta – come precisa la relazione illustrativa – a quei casi particolari per i quali l'articolo 17, paragrafo 4, della decisione quadro consente una proroga di trenta giorni del termine per l'adozione della decisione definitiva.
  L'articolo 11 interviene sull'articolo 16 della legge n. 69 del 2005 che detta la disciplina delle informazioni e degli accertamenti integrativi il cui invio la corte di appello, nel caso ritenga insufficienti quelli già inoltratile, può richiedere allo Stato membro di emissione. In particolare il comma 1 dell'articolo 11 dello schema interviene sull'articolo 16 della legge, operando, come precisa la relazione illustrativa, un riallineamento degli atti che la corte di appello deve valutare nell'ambito della procedura del mandato di arresto: a tal fine, conformemente alle modifiche apportate all'articolo 6 della legge n. 69 del 2005, viene eliminato dall'articolo 11 il riferimento alla «documentazione». Inoltre, si sostituisce, per il caso di ritenuta insufficienza delle informazioni, la facoltà della corte di appello di richiedere alle autorità dello Stato emittente ulteriori informazioni con la previsione della doverosità di tale richiesta, della quale è rimarcata l'urgenza (lettere a) e b)).
  L'articolo 12 modifica i commi 2, 4 e 7 ed introduce il comma 2-bis dell'articolo 17 della legge n. 69 che detta la disciplina relativa alla decisione sulla richiesta di esecuzione nel caso in cui l'interessato non consenta alla propria consegna. Le modifiche apportate – precisa la relazione illustrativa – intendono perseguire, in primo luogo, quell'accelerazione dei tempi del procedimento necessaria per rispettare il termine per l'adozione della decisione definitiva sulla esecuzione del mandato di arresto europeo, individuato dalla decisione quadro in sessanta giorni dall'arresto del ricercato. In particolare, il nuovo comma 2 dell'articolo 17, come modificato dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 12 dello schema, prevede che la Corte d'appello debba decidere sulla richiesta di consegna nel più breve tempo possibile e comunque entro quindici giorni dalla esecuzione della misura cautelare o dall'arresto della persona ricercata. Il nuovo comma 2-bis, introdotto dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 12 dello schema prevede che nel caso in cui ricorra la necessità di acquisire informazione o per altre circostanze oggettive, il termine per l'adozione della decisione potrà essere prorogato di dieci giorni. La lettera c) del comma 1 dell'articolo 12 dello schema modifica poi il comma 4 dell'articolo 17 nella parte in cui prevedeva ai fini della decisione sulla consegna, oltre ai motivi ostativi l'accertamento sulla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ovvero di una sentenza irrevocabile di condanna. Infine la lettera d) del comma 1 dell'articolo 12 interviene sul comma 7 dell'articolo 17, al fine di chiarire, in considerazione del carattere non definitivo della sentenza emessa, che la prevista comunicazione al Ministro della giustizia debba essere effettuata solo dopo l'avvenuto esaurimento del termine per proporre impugnazione, così da consentire al Ministro di procedere all'informazione al Servizio per la cooperazione internazionale di polizia solo nel caso in cui l'eventuale disposta consegna sia ormai definitiva.
  L'articolo 13 modifica l'articolo 18 della legge n. 69 del 2005, incidendo sulla disciplina del rifiuto obbligatorio della consegna. Secondo la formulazione proposta, la corte di appello rifiuta la consegna nei seguenti casi: estinzione del reato contestato per amnistia prevista dalla legge italiana, Pag. 268 quando vi è la giurisdizione dello Stato italiano sul fatto; emissione di sentenza o decreto penale irrevocabili o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta a impugnazione (in Italia) ovvero (in altro Stato membro) di sentenza definitiva, purché, in caso di condanna, la pena sia stata già eseguita ovvero sia in corso di esecuzione, ovvero non possa più essere eseguita; la persona destinataria del mandato era minore di 14 anni al momento della commissione del fatto. Le modifiche introdotte dall'articolo 13 sono finalizzate a adeguare la disciplina prevista dall'articolo 18 della citata legge n. 69 del 2005 alle disposizioni della decisione quadro. Rispetto al testo vigente dell'articolo 18: la lettera a) del nuovo testo è identica alla lettera l) del testo vigente dell'articolo 18, salvo una modifica di carattere meramente formale; la lettera b) riprende – con alcune modifiche di carattere tecnico o finalizzate alla maggiore chiarezza della disposizione – il contenuto della lettera m) e – per quanto concerne il non luogo a procedere non più soggetto ad impugnazione – della lettera o) del testo vigente dell'articolo 18; la lettera c) riprende, con modifiche sostanziali, il contenuto della lettera i) del testo vigente dell'articolo 18. In particolare, la citata lettera c) espunge i casi di rifiuto obbligatorio quando il destinatario del mandato era minore di 18 anni al momento della commissione del fatto e sia verificata almeno una delle seguenti circostanze: il reato per cui si procede è punito con una pena inferiore nel massimo a nove anni; la restrizione della libertà personale risulta incompatibile con i processi educativi in atto; l'ordinamento dello Stato membro di emissione non prevede differenze di trattamento carcerario tra il minore di anni 18 e il soggetto maggiorenne; il soggetto risulti comunque non imputabile all'esito dei necessari accertamenti; nell'ordinamento dello Stato membro di emissione non è previsto l'accertamento della effettiva capacità di intendere e di volere. Riguardo a tali modifiche relative all'imputabilità del minore, la novella proposta mira ad espungere dal testo della legge quelle previsioni, attualmente applicabili al minore di età compresa tra 14 e 18 anni, che non abbiano un riscontro nella decisione quadro. Resta fermo quanto previsto dalle seguenti norme: articolo 1, commi 3 e 3-ter, della legge n. 69 del 2005, sull'esecuzione del mandato di arresto, con la massima urgenza (commi modificati dall'articolo 1 del presente schema di decreto legislativo); articolo 2, sul rispetto dei diritti fondamentali e garanzie costituzionali (modificato dall'articolo 2 dello schema); articolo 7, concernente i casi di doppia punibilità (modificato dall'articolo 4 dello schema). La nuova formulazione dell'articolo 18 proposta dallo schema di decreto, quindi, sopprime implicitamente tutti i casi di rifiuto obbligatorio attualmente previsti dalla lettera a) alla lettera h), lettera n), dalla lettera p) alla lettera s). In linea di massima, i motivi di rifiuto ex articolo 18 possono essere raggruppati in quattro differenti categorie: 1. lettere i), m) ed l), recanti tre motivi di rifiuto obbligatori che costituiscono la diretta trasposizione di altrettante clausole ostative già previste dalla decisione quadro; 2. lettere n) e o), recanti una serie di clausole ostative che la decisione quadro presenta come facoltative (articolo 4 della decisione quadro) ma che la legge di attuazione ha trasformato in obbligatorie; 3. lettere a), d) ed h), recanti una serie di motivi di rifiuto non direttamente riconducibili all'articolato della decisione quadro, bensì al suo preambolo, in particolare ai «considerando» 12 e 13; 4. le disposizioni dell'articolo 18 – di cui alle lettere b), c), e), f), g), p), q), r) e s) – le quali sembrano rispondere ad esigenze di portata prettamente nazionale. La lettera n) (di cui al punto n. 2 del precedente elenco) concerne la prescrizione del reato o della pena. Tale lettera viene espunta tra i motivi obbligatori di rifiuto. Riguardo alla lettera o) (concernente la sentenza di non luogo a procedere «non più soggetta a impugnazione») risulta assorbita, come già detto, dalla nuova lettera b). Rispetto alla formulazione vigente, la nuova formulazione non ripropone il riferimento esplicito all'articolo 434 del codice di procedura penale per la revoca della sentenza. Pag. 269
  L'articolo 14 incide sulla disciplina del rifiuto facoltativo della consegna sostituendo l'articolo 18-bis della legge n. 69 del 2005. Il testo proposto prevede, come nel testo vigente, che il mandato di arresto possa essere rifiutato quando nei confronti del ricercato sia in corso un procedimento penale in Italia; non viene più esclusa il rifiuto facoltativo nell'ipotesi che il mandato concerna l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa in uno Stato membro. Prevede, infine, che i casi di rifiuto della consegna – attualmente previsti in talune circostanze – in relazione a soggetti legalmente residenti o dimoranti nel territorio italiano, trovino applicazione quando la durata del periodo di residenza o dimora sia di almeno cinque anni. Tale nuova disciplina costituisce attuazione dei principi di delega dettati dalla legge n. 117 del 2019, articolo 6, comma 3, lettera a), e comma 4.
  L'articolo 15 introduce, con il comma 1, l'articolo 18-ter della legge n. 69 del 2005, mentre modifica, con il comma 2, l'articolo 19 della medesima legge. Tali modifiche mirano ad adeguare la disciplina nazionale a quanto previsto dall'articolo 4-bis della direttiva quadro (introdotto dall'articolo 2 della decisione 2009/299/GAI) il quale reca l'ulteriore casistica di rifiuto facoltativo in caso di decisioni pronunciate al termine di un processo a cui l'interessato non è comparso personalmente. Oltre all'inserimento dall'articolo 4-bis, la citata decisione 2009/299/GAI ha provveduto a modificare l'allegato alla decisione quadro recante il modulo per il mandato di arresto introducendo il campo relativo alle informazioni relative ai casi di decisioni prese in absentia.
  Il nuovo articolo 18-ter, rubricato «Decisioni pronunciate in absentia» prevede – al comma 1 – la possibilità del rifiuto di esecuzione del mandato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza irrogata all'esito di un processo in cui l'interessato non sia comparso personalmente quando tale mandato non contenga le informazioni previste dall'articolo 6, comma 1-bis, della medesima legge n. 69, introdotto dall'articolo 3, comma 1, lettera a), dello schema di decreto in esame e lo Stato di emissione non abbia fornito le suddette informazioni a seguito di richiesta di informazioni integrative, inviata ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 69 (modificato dall'articolo 11 dello schema di decreto).
  Ai sensi del comma 2 dell'articolo 18-ter, nei casi in oggetto, la corte d'appello può comunque procedere, accogliendo la richiesta di consegna, ove accerti che si siano verificate le condizioni indicate nell'articolo 420-bis, comma 2, del codice di procedura penale. Quest'ultimo stabilisce che il giudice procede quando, nel corso del procedimento, l'imputato non comparso personalmente abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l'imputato abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo. Rimane ferma la disciplina concernente l'impedimento a comparire dell'imputato o del difensore recata dall'articolo 420-ter del codice di procedura penale.
  Ai sensi del comma 3 dell'articolo 18-ter, la persona, che non sia stata precedentemente informata del procedimento penale svoltosi nei suoi confronti e destinataria del mandato di arresto europeo, può richiedere copia della sentenza (su cui è fondato il mandato). La corte d'appello provvede immediatamente all'inoltro di tale richiesta, la quale non può in alcun modo costituire causa di differimento della consegna o della relativa decisione. Tali disposizioni si applicano al ricorrere delle condizioni di cui all'articolo 6, comma 1-bis, lettera d), della legge n. 69 del 2005 e cioè: «l'interessato non ha ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma la riceverà personalmente e senza indugio dopo la consegna nello Stato membro di emissione e, quindi, sarà espressamente informato dei termini entro i quali potrà esercitare il diritto a un nuovo processo o la Pag. 270facoltà di dare inizio· al giudizio di appello, in cui ha il diritto di partecipare e che consente il riesame del merito della causa e l'allegazione di nuove prove che possono condurre alla riforma della decisione oggetto di esecuzione». Il comma 2 dell'articolo 15 dello schema in esame modifica l'articolo 19 della legge n. 69 del 2005 in tema di garanzie richieste allo Stato di emissione del mandato. In particolare, la novella: sopprime la disciplina delle garanzie che lo Stato di emissione deve offrire in caso di decisioni pronunciate al termine di un processo a cui l'interessato non è comparso personalmente, in quanto il mantenimento dell'obbligo di fornire tali garanzie avrebbe l'effetto di rendere obbligatoria la decisione in merito a tali casi (rendendo di fatto il motivo di rifiuto obbligatorio); integra la disciplina relativa al mandato di arresto emesso ai fini di un'azione penale nei confronti di cittadino italiano o di cittadino di altro Stato membro dell'Unione europea legittimamente ed effettivamente residente o dimorante nel territorio italiano con la specificazione che il periodo di residenza o dimora debba durare da almeno cinque anni, a seguito delle modifiche del rifiuto.
  Tali modifiche si rendono necessarie per il pieno adeguamento alla disciplina della decisione quadro a seguito della previsione del nuovo motivo di rifiuto facoltativo di cui al comma 1.
  L'articolo 16 apporta una serie di modifiche all'articolo 22 della legge n. 69 che disciplina il ricorso per cassazione contro la sentenza, ovvero ordinanza, della corte d'appello, relative alla decisione sulla richiesta di esecuzione. La nuova disciplina riduce taluni termini del procedimento, specifica tassativamente i motivi di ricorso, introduce una specifica disciplina in caso di ricorso contro l'ordinanza (emessa dalla corte d'appello in presenza del consenso validamente espresso dalla persona della quale è stata richiesta la consegna), pone taluni obblighi informativi (riferiti alla decisione della Corte di cassazione) in capo al Ministro della giustizia. L'articolo 22, comma 1, come novellato dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 16, prevede che il ricorso per cassazione contro la sentenza sia proposto (dalla persona interessata, dal suo difensore o dal procuratore generale presso la corte di appello) entro cinque giorni dalla conoscenza legale della sentenza. Il testo vigente pone un termine di dieci giorni riferendolo sia ai ricorsi proposti contro le sentenze, sia ai ricorsi contro le ordinanze. Inoltre, il testo vigente prevede, in via generale, che i ricorsi possano essere proposti anche per il merito. Il testo come novellato specifica, invece, che il ricorso possa essere proposto solamente per i motivi di cui all'articolo 606, comma 1, lettere a), b) e c) del codice di procedura penale e che tali motivi debbano essere contestualmente enunciati. Le lettere a), b) e c) citate prevedono, rispettivamente, i seguenti casi di ricorso per cassazione: esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri; inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale; inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza. Il comma 2 dell'articolo 22, nel testo vigente, prevede che il ricorso sospenda l'esecuzione della decisione (sentenza oppure ordinanza). Con la novella proposta dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 16 dello schema: la disposizione di cui al comma 2 viene riferita alla sola sentenza, specificando che la presentazione del ricorso ne sospende l'esecuzione; si specifica che il ricorso debba essere presentato nella cancelleria della corte di appello che ha emesso il provvedimento, la quale lo trasmette alla Corte di cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento impugnato e agli atti del procedimento. La lettera b) del comma 1 dell'articolo 16, novellando il comma 3 dell'articolo 22 stabilisce che la Corte di cassazione decida, con sentenza, entro dieci giorni (in luogo dei quindici previsti dal testo vigente) e che l'avviso alle parti debba essere notificato o comunicato almeno tre giorni prima dell'udienza (in Pag. 271luogo di cinque giorni). La successiva lettera c) modifica il comma 4 dell'articolo 22, prevedendo che ove non sia possibile la redazione della motivazione contestualmente alla decisione, si provvede al deposito della medesima motivazione, data lettura del dispositivo, entro il secondo giorno dalla pronuncia (il testo in vigore invece prevede entro il «quinto giorno»). Il comma 5 dell'articolo 22 della legge n. 69 del 2015 prevede l'invio immediato della copia del provvedimento («anche a mezzo telefax») al Ministro della giustizia. La lettera d) del comma 1 dell'articolo 16 prevede che il Ministro (fuori dei casi di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione previsti dal comma 6) provveda ad informare le competenti autorità dello Stato membro di emissione e, quando la decisione è di accoglimento, il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia.
  La successiva lettera e) introduce, inoltre, il comma 5-bis dell'articolo 22 della legge n. 69 del 2005, riguardante il procedimento per il ricorso per cassazione contro l'ordinanza. Tale nuovo comma prevede che il ricorso può essere presentato (dalla persona interessata, dal suo difensore e dal procuratore generale presso la corte di appello) entro tre giorni dalla conoscenza legale dell'ordinanza, per i medesimi motivi, contestualmente enunciati, previsti per il ricorso contro la sentenza. Il ricorso è presentato nella cancelleria della corte di appello che ha emesso il provvedimento, la quale lo trasmette alla Corte di cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento impugnato e agli atti del procedimento. Come già previsto nel testo vigente, la presentazione del ricorso sospende l'esecuzione della ordinanza. Il comma 5-bis prevede, inoltre, che la Corte di cassazione, nel termine di sette giorni dalla ricezione degli atti, giudica in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del procuratore generale, senza intervento dei difensori e deposita la decisione, con la contestuale motivazione, a conclusione dell'udienza; provvedendo, altresì, fuori dei casi di cui al comma 6, agli adempimenti indicati al comma 5. Il citato comma 6 prevede che, in caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione, gli atti siano trasmessi immediatamente e comunque entro il giorno successivo al deposito, con precedenza assoluta su ogni altro affare. In caso di ricorso contro la sentenza, il giudice di rinvio decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti, avvisando le parti con decreto notificato o comunicato almeno quattro giorni prima dell'udienza. In caso di ricorso contro l'ordinanza, i medesimi termini sono ridotti della metà.
  L'articolo 17 introduce un nuovo articolo 22-bis nella legge n. 69 del 2005 recante una specifica disciplina inerente alle comunicazioni da fornire allo Stato emittente e i provvedimenti da adottare in ordine alle misure cautelari quando siano scaduti i termini previsti per la decisione sulla richiesta di consegna. In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 22-bis stabilisce che qualora non sia stata emessa la decisione entro 60 giorni (decorrenti dall'esecuzione della misura cautelare o dall'arresto della persona ricercata o dalla deliberazione di non applicare alcuna misura), la Corte di appello informi immediatamente il Ministro della giustizia, al fine di dare comunicazione all'autorità giudiziaria richiedente, dando ragione del ritardo. Qualora sia stato validamente espresso il consenso alla consegna da parte della persona interessata, la Corte di appello informa il Ministro della giustizia dei motivi che hanno impedito l'adozione della decisione nel termine di dieci giorni dalla data di espressione del consenso. Se nei trenta giorni successivi non interviene la decisione definitiva, la corte davanti alla quale pende il procedimento informa immediatamente del ritardo e delle ragioni che vi hanno dato causa il Ministro della giustizia, il quale ne dà urgente comunicazione all'Eurojust (comma 2). Alla scadenza del citato termine degli ulteriori trenta giorni: il comma 3 prevede che la corte di appello valuti se la custodia cautelare della persona è ancora da ritenersi necessaria e se la sua durata è proporzionata rispetto all'entità della; in caso contrario la corte dispone la revoca o la sostituzione con altre Pag. 272misure cautelari, applicabili anche cumulativamente, ritenute comunque idonee a garantire che la persona non si sottragga alla consegna; il comma 4 prevede che in caso di ritardo ingiustificato e, comunque, decorsi novanta giorni dalla scadenza di detti termini senza che sia intervenuta la decisione definitiva sulla consegna, la corte di appello revoca la misura della custodia cautelare; se persiste l'esigenza di garantire che la persona non si sottragga alla consegna, applica, anche cumulativamente, le misure cautelari di cui agli articoli 281 (divieto di espatrio), 282 (obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) e 283 (divieto e obbligo di dimora) del codice di procedura penale e, nei confronti della persona minorenne, la misura della permanenza in casa.
  L'articolo 18 modifica l'articolo 23 della legge n. 69 del 2005, in materia di consegna della persona e di sospensione della consegna. Ai sensi dell'articolo 23 della citata legge n. 69, dalla decisione della corte d'appello (ordinanza «definitiva», chiarisce la novella apportata dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 18, ovvero sentenza), il ricercato è consegnato allo Stato richiedente al più presto (secondo la novella) e comunque entro 10 giorni. Tale termine, che presuppone un accordo tra le autorità interessate, volto a individuare in concreto una data per la consegna, può essere posticipato in alcuni casi: se la consegna nel rispetto del termine è impedita da cause di forza maggiore oppure se (aggiunge la lettera b) del comma 1 dell'articolo 18) lo Stato membro di emissione comunichi la sussistenza di cause di forza maggiore (direttamente o tramite il Ministro della giustizia). Le autorità giudiziarie dovranno allora fissare una nuova data e la consegna dovrà avvenire entro 10 giorni dal nuovo termine fissato; se la consegna nel rispetto del termine può provocare un concreto pericolo per la vita o la salute del ricercato (motivi umanitari). La corte d'appello può in questo caso differire la consegna per il tempo strettamente necessario a far venir meno il pericolo; dovrà quindi concordare una nuova data di consegna con l'autorità giudiziaria emittente e la consegna dovrà avvenire entro 10 giorni dal nuovo termine fissato. La corte d'appello trasmette all'autorità giudiziaria richiedente le informazioni che permettano la deduzione del periodo trascorso in stato di custodia in Italia dalla durata complessiva della detenzione inflitta o per la determinazione massima della custodia cautelare. La lettera c) del comma 1 dell'articolo 18 dello schema, inoltre, riscrive la disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 23, recante la disciplina inerente la cessazione delle cause di sospensione della consegna, richiamando il comma 1, il quale non dispone circa un motivo di sospensione ma disciplina i termini della consegna. Peraltro viene espunto, sempre dal comma 4, il riferimento al comma 3 che prevede la sospensione per motivi umanitari.
  L'articolo 19 modifica l'articolo 26 della legge n. 69 del 2005, al fine di specificare che la corte d'appello può rifiutare la consegna solamente al verificarsi dei motivi di cui agli articoli 18, 18-bis e 18-ter. L'articolo 26, comma 1, della legge n. 69 del 2005 prevede che la consegna del ricercato è sottoposta alla condizione che lo stesso non venga – nello Stato emittente – processato, né privato della libertà personale per fatti anteriori o diversi da quelli per cui è stata richiesta l'esecuzione del mandato (principio di specialità). In relazione al rispetto di tale principio sono, peraltro introdotte specifiche eccezioni. Il comma 3, oggetto di novella, stabilisce che la corte di appello che ha dato esecuzione al mandato d'arresto, successivamente alla consegna, provveda, ove lo richieda lo Stato di emissione, a sottoporre la persona a un procedimento penale ovvero ad assoggettarla a un provvedimento coercitivo della libertà. A tale fine, la corte verifica che la richiesta dello Stato estero contenga tutte le informazioni, munite di traduzione, indicate dall'articolo 8, paragrafo 1, della decisione quadro. La corte decide entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La corte rifiuta la consegna quando ricorrano i motivi obbligatori di rifiuto di cui all'articolo 18 e, secondo l'integrazione proposta dall'articolo 19 in esame, i motivi di rifiuto facoltativi di cui agli articoli 18-bis e 18-ter. Pag. 273
  L'articolo 20 propone l'abrogazione del comma 3 dell'articolo 40 della legge n. 69 del 2005, il quale prevede che le disposizioni concernenti la consegna obbligatoria (di cui all'articolo 8) si applicano unicamente ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della medesima legge n. 69 (14 maggio 2005).
  L'articolo 21 introduce nella legge n. 69 del 2005 il nuovo articolo 27-bis, il quale prevede la trasmissione telematica, autorizzata con decreto ministeriale, degli atti tra uffici giudiziari, nei procedimenti relativi alla richiesta di esecuzione del mandato d'arresto europeo.
  Più nel dettaglio il comma 1 del nuovo articolo 27-bis, demanda ad un decreto del Ministro della giustizia non avente natura regolamentare – sulla base di quanto stabilito, con proprio provvedimento, dal Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia – l'autorizzazione alla trasmissione, con modalità telematica, tra gli uffici giudiziari, degli atti relativi al mandato di arresto europeo. Il decreto ministeriale può essere emanato anche in deroga alle disposizioni di cui al regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, emanato ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 193 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 24 del 2010). Il decreto, stabilisce il comma 3, è emanato previo accertamento da parte del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici. Ai sensi del comma 2 del nuovo articolo 27-bis, la trasmissione degli atti si intende eseguita al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento direttoriale di cui al comma 1. Sino all'attivazione dei sistemi ministeriali e alla adozione del decreto del Ministro della giustizia di cui al comma 1, la trasmissione degli atti tra gli uffici giudiziari è consentita anche tramite posta elettronica certificata – PEC (comma 4).
  L'articolo 22 propone l'abrogazione dell'articolo 21 della legge n. 69 del 2005 che stabilisce che la persona ricercata sia posta immediatamente in libertà qualora non intervenga la decisione relativa al mandato d'arresto europeo entro i prescritti termini temporali.
  L'articolo 23, con una disposizione transitoria, stabilisce che alle richieste di esecuzione del mandato di arresto europeo, in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, continuino ad applicarsi le norme vigenti anteriormente a quella data quando la corte d'appello abbia già ricevuto il mandato d'arresto europeo o quando la persona richiesta in consegna sia stata già arrestata.
  L'articolo 24, infine, reca la clausola di invarianza finanziaria.
  In conclusione, ai fini della predisposizione della proposta di parere, preannuncia che valuterà con attenzione le osservazioni e i rilievi che dovessero provenire dai colleghi, all'esito della discussione generale.

  Mario PERANTONI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea – «EPPO».
Atto n. 204.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Mario PERANTONI, presidente, comunica che il provvedimento è stato assegnato il 2 novembre scorso e che il termine per l'espressione del parere della Commissione è fissato al 12 dicembre prossimo.

  Giulia SARTI (M5S), relatrice, ricorda che la Commissione avvia oggi l'esame dello Pag. 274schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della procura europea – «EPPO» (Atto Governo n. 204), su cui le Commissioni Giustizia di Senato e Camera sono chiamate ad esprimere il parere entro il 12 dicembre 2020. Ricorda preliminarmente che il citato regolamento, entrato in vigore il 20 novembre 2017, prevede – come detto – l'istituzione dell'ufficio del procuratore europeo («EPPO») che avrà sede in Lussemburgo e sarà competente ad indagare ed a perseguire dinanzi alle ordinarie giurisdizioni nazionali degli Stati partecipanti, e secondo le rispettive regole processuali: i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, come definiti dalla direttiva (UE) 2017/1971 (cosiddetta direttiva PIF); i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione e i reati indissolubilmente connessi ad una delle fattispecie prima menzionate. Compongono la procura europea, a livello centrale, il procuratore capo europeo (PCE) e i procuratori europei (PE), uno per ogni Stato membro – oltre al collegio, alle camere permanenti e al direttore amministrativo – e, a livello decentrato, i procuratori europei delegati (PED) aventi sede negli Stati membri. Come stabilito dal regolamento, il procuratore capo europeo (PCE) – nominato per un mandato non rinnovabile di sette anni – è al vertice dell'EPPO, ne organizza il lavoro e ne dirige le sue attività, oltre a rappresentare la procura europea dinanzi alle istituzioni dell'Unione e degli Stati membri, mentre i procuratori europei – la cui nomina non è rinnovabile – supervisionano le indagini e le azioni penali di cui sono responsabili i procuratori europei delegati incaricati del caso nel rispettivo Stato membro di origine. I procuratori europei delegati (PED) sono coloro che conducono in concreto le indagini, che saranno svolte essenzialmente a livello decentrato, a partire dalla iscrizione della notizia di reato. Con riguardo alle tappe della costituzione dell'EPPO, ricorda che il 14 ottobre 2019 il Consiglio europeo ha approvato la nomina a primo procuratore capo europeo di Laura Codruţa Kövesi, che esercitava il ruolo di procuratore nell'Ufficio del Procuratore presso l'Alta Corte di cassazione della Romania. Il 27 luglio 2020 il Consiglio ha inoltre nominato i 22 procuratori centrali che comporranno l'ufficio centrale della nuova istituzione europea; per l'Italia è stato nominato – a conclusione della procedura di designazione prevista da una disciplina transitoria – il pubblico ministero Danilo Ceccarelli, ex sostituto procuratore a Imperia con un'esperienza pluriennale in Kosovo come international prosecutor nella missione europea Eulex. L'EPPO assume i compiti di indagine e azione penale ad essa conferiti dal regolamento a una data che sarà stabilita con decisione della Commissione, su proposta del procuratore capo europeo una volta che la struttura sarà costituita. La data che la Commissione deve stabilire non deve essere anteriore a tre anni dall'entrata in vigore del regolamento, quindi non prima del 21 novembre 2020. Rammenta che lo schema in esame è adottato in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 4 ottobre 2019, n. 117, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – legge di delegazione europea 2018. Gli obblighi di adeguamento previsti dall'articolo 4 riguardano l'armonizzazione del diritto interno con il nuovo ufficio inquirente europeo, le nuove figure istituzionali e le relative competenze, i rapporti con le autorità inquirenti nazionali nonché gli aspetti procedimentali della cooperazione. Segnala inoltre che i commi da 4 a 8 dell'articolo 4 della legge di delegazione europea 2018 stabiliscono la citata disciplina transitoria per la designazione dei primi tre candidati al posto di procuratore europeo, che ha portato alla nomina del pubblico ministero Ceccarelli. Per quanto riguarda il termine per l'esercizio della delega, originariamente fissato per il 2 agosto 2020, faccio presente che esso, in virtù della proroga disposta dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) in Pag. 275considerazione dello stato di emergenza sul territorio nazionale derivante dal Covid-19, nonché per effetto dell'articolo 31, comma 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, scade il 2 febbraio 2021.
  Passando al contenuto dello schema di decreto legislativo, segnala che esso è composto da 20 articoli, il primo dei quali definisce l'oggetto del provvedimento, volto ad adattare l'ordinamento giuridico nazionale alle previsioni del citato regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea («EPPO»). Come richiesto dalla lettera a) dell'articolo 4 della legge di delega, l'articolo 2 dello schema indica il Consiglio superiore della magistratura quale autorità competente a designare i tre candidati al posto di procuratore europeo e detta la disciplina relativa al procedimento di designazione. In particolare il CSM, secondo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 2, ha 30 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, per individuare, con propria delibera, i criteri e la procedura per la valutazione delle dichiarazioni di disponibilità e per la successiva designazione dei candidati, nel rispetto delle qualifiche e dei requisiti previsti dall'articolo 16 del regolamento e dallo schema stesso. In particolare, ai sensi del comma 3 dell'articolo 2, possono presentare la propria candidatura i magistrati, anche se collocati fuori dal ruolo organico della magistratura o in aspettativa, i quali alla data di presentazione della dichiarazione di disponibilità alla designazione non abbiano compiuto il sessantatreesimo anno di età e abbiano conseguito almeno la quarta valutazione di professionalità. I candidati, ai sensi del successivo comma 4, sono tenuti a dimostrare la conoscenza adeguata della lingua di lavoro adottata dall'EPPO nonché il rispetto dei requisiti richiesti dal regolamento e, per coloro che non svolgano già funzioni di legittimità, ad allegare elementi utili a dimostrare la capacità scientifica e di analisi delle norme. Segnalo inoltre che il regolamento prevede che i candidati al posto di procuratore europeo debbano: essere membri attivi delle procure o della magistratura dello Stato membro interessato; offrire tutte le garanzie di indipendenza; possedere le qualifiche necessarie per essere nominati ad alte funzioni a livello di procura o giurisdizionali nei rispettivi Stati membri; avere una rilevante esperienza pratica in materia di sistemi giuridici nazionali, di indagini finanziarie e di cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale. I commi da 6 a 8 disciplinano nel dettaglio il procedimento per la designazione e l'interazione tra il CSM e il Ministero della Giustizia, cui spetta da ultimo l'inoltro dei nominativi dei candidati al Consiglio dell'Unione europea, per la scelta finale.
  L'articolo 3 è dedicato alla disciplina dello status del procuratore europeo nell'ambito dell'ordine giudiziario nazionale e al suo trattamento economico, stabilendo che egli sia collocato fuori ruolo organico e che dalla data di nomina sino al ricollocamento in ruolo del magistrato cessi il trattamento economico a carico del Ministero della giustizia.
  L'articolo 4 individua nel Ministro della giustizia l'autorità competente a concludere con il procuratore capo europeo l'accordo volto a individuare il numero dei procuratori europei delegati, nonché la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze tra gli stessi. La disposizione contiene inoltre la disciplina procedurale per la formulazione della proposta di accordo, prevedendo il concerto del Consiglio superiore della magistratura.
  L'articolo 5 indica il Consiglio superiore della magistratura quale autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo delegato e detta la disciplina relativa al procedimento di designazione. Il CSM ha 30 giorni dalla data di entrata in vigore del dello schema di decreto in esame, per individuare, con propria delibera, i criteri e la procedura per la valutazione delle dichiarazioni di disponibilità e la designazione dei candidati. È inoltre previsto che nell'individuazione dei criteri di valutazione specifico rilievo sia accordato all'esperienza maturata dal magistrato nella conduzione di indagini relative a reati contro la pubblica amministrazione Pag. 276 e in materia di criminalità economica e finanziaria, nonché alle sue competenze nel settore della cooperazione giudiziaria. Quanto ai requisiti per la designazione, la disposizione recata dal comma 3 ricalca la disciplina già illustrata per il procuratore europeo, eccezion fatta per la meno elevata valutazione di professionalità richiesta (la terza valutazione, in luogo della quarta) e per il diverso limite d'età, fissato nel compimento del cinquantanovesimo anno d'età, in considerazione della previsione di rinnovabilità dell'incarico (quinquennale) conferito al procuratore europeo delegato (comma 4). Anche in questo caso viene richiesta la verifica del requisito della «capacità scientifica e di analisi delle norme», laddove l'aspirante già non svolga funzioni di legittimità (comma 5).
  L'articolo 6 contiene la disciplina dei provvedimenti conseguenti alla nomina dei procuratori europei delegati, con particolare riguardo all'assegnazione degli stessi alle sedi e all'esonero dal carico di lavoro ordinario. A differenza dunque di quanto previsto per il procuratore europeo, per i procuratori europei delegati non è previsto il collocamento fuori ruolo organico. Il medesimo articolo stabilisce l'obbligo per il CSM di richiedere alla procura europea informazioni in merito a provvedimenti disciplinari o indagini di persona (ai sensi dell'articolo 28, paragrafo 4, lettera c) del regolamento europeo) avviate nei confronti dei procuratori europei delegati. Analogamente è imposto ai procuratori europei delegati l'obbligo di informare senza ritardo di tali iniziative, eventualmente adottate nei propri confronti, il procuratore generale presso la Corte di cassazione e il Ministro della giustizia.
  L'articolo 7 contiene la disciplina del trattamento retributivo, previdenziale e pensionistico dei procuratori europei delegati specificando, tra l'altro, che i periodi di servizio prestati nella qualifica di procuratore europeo delegato sono considerati utili ai fini del riconoscimento dei diritti previdenziali nonché ai fini della progressione economica per anzianità di servizio del magistrato.
  L'articolo 8 modifica – sostituendola – la tabella che elenca le funzioni svolte dai magistrati appartenenti all'ordine giudiziario nazionale, includendovi i magistrati addetti alle funzioni di procuratori europei delegati.
  L'articolo 9 attribuisce ai procuratori europei delegati le funzioni e i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali in relazione alle indagini di competenza della Procura europea, sottraendoli alle direttive dei procuratori della Repubblica e alla vigilanza del procuratore generale presso la corte d'appello. Consente inoltre al procuratore europeo, in attuazione del regolamento, di svolgere le funzioni requirenti su tutto il territorio nazionale, in presenza di specifici presupposti e previa decisione della Procura europea.
  L'articolo 10 demanda ad un decreto del Ministro della giustizia l'individuazione delle sedi di servizio dei procuratori europei delegati, presso una o più procure della Repubblica dei capoluoghi di distretto e attua le disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939 concernenti l'obbligo per le autorità nazionali competenti di assicurare l'integrazione dei suddetti procuratori nelle rispettive procure nazionali.
  L'articolo 11 detta disposizioni sulla valutazione di professionalità dei magistrati che svolgono le funzioni di procuratori europei delegati, prevedendo che specifici documenti debbano essere acquisiti direttamente dalla procura europea e individuando nel consiglio giudiziario della Corte d'appello di Roma l'organo preposto all'espressione del parere motivato sul quale si fonda la valutazione del Consiglio superiore della magistratura.
  L'articolo 12, in attuazione dell'articolo 4, comma 3, lettera g), n. 1, della legge delega, prevede la previa comunicazione alla procura europea di ogni provvedimento inerente lo status del procuratore europeo delegato che il CSM intenda adottare per ragioni estranee alle funzioni svolte in base al regolamento.
  L'articolo 13 disciplina invece il procedimento disciplinare nei confronti dei procuratori europei delegati, per fatti connessi alle loro responsabilità derivanti dal regolamento Pag. 277 EPPO e stabilisce che l'azione disciplinare in Italia possa essere promossa solo con il consenso della procura europea. Laddove i medesimi fatti formino oggetto di un procedimento disciplinare sia in Italia che in sede europea, nella commisurazione delle sanzioni in sede nazionale si dovrà tener conto di quelle eventualmente già irrogate dalla procura europea.
  L'articolo 14 prevede la trasmissione, senza ritardo, al procuratore europeo delegato di tutte le denunce redatte dai pubblici ufficiali e dagli incaricati di un pubblico servizio in relazione a reati per i quali la procura europea ha deciso di avviare o avocare un'indagine. Segnalo a tale proposito che a differenza del principio di cui all'articolo 4, comma 3, lettera q) della legge delega, che non specifica i destinatari dell'obbligo, lo schema di decreto lo circoscrive alle denunce provenienti da pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale. Come riportato nella relazione illustrativa che accompagna lo schema, tale formulazione appare in linea con il contenuto dell'articolo 24 del regolamento (UE) 2017/1939 ai sensi del quale «le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie dell'Unione e le autorità degli Stati membri competenti ai sensi del diritto nazionale» sono già obbligati a comunicare senza indebito ritardo all'EPPO qualsiasi condotta criminosa in relazione alla quale essa potrebbe esercitare la sua competenza.
  L'articolo 15 stabilisce che alle procedure di consegna relative a mandati di arresto europei emessi da procuratori europei delegati si applica la legge 22 aprile 2005, n. 69, con la quale il legislatore nazionale ha dato attuazione alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002 (comma 1). Il comma 2 dell'articolo 15 specifica che, quando è richiesto all'Italia di consegnare un imputato o un condannato all'estero – cosiddetta procedura passiva di consegna – per Stato membro di emissione del mandato, ai sensi della citata legge n. 69 del 2005, si intende lo Stato dell'Unione europea nel quale si trova il procuratore europeo delegato che ha emesso il mandato di arresto.
  L'articolo 16 individua nel procuratore generale presso la Corte di cassazione l'autorità chiamata a decidere sull'attribuzione delle competenze per l'esercizio dell'azione penale in caso di contrasti tra procura europea e procure della Repubblica nazionali. Ai contrasti di competenza tra procure della Repubblica e procura europea si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale relative ai contrasti tra gli uffici del pubblico ministero, di cui agli articoli 54, 54-bis, 54-ter e 54-quater.
  L'articolo 17 autorizza i procuratori europei delegati a richiedere e a disporre intercettazioni e consegne controllate di merci, nei limiti e in base ai presupposti previsti dalla normativa vigente. Demanda poi al Governo la comunicazione alla Procura europea del catalogo dei reati per i quali il nostro ordinamento consente l'uso dei suddetti due mezzi di ricerca della prova.
  L'articolo 18 designa il procuratore generale presso la Corte di cassazione come autorità nazionale competente a interagire con EPPO per quanto riguarda le decisioni in tema di riparto di competenze per l'esercizio dell'azione penale, ai sensi degli articoli 25 e 34 del regolamento, concernenti rispettivamente il consenso all'esercizio della competenza cosiddetta accessoria della procura europea nelle ipotesi in cui il danno reale o potenziale per gli interessi finanziari dell'Unione causato dal reato «non sia superiore al danno reale o potenziale causato a un'altra vittima» e l'assunzione dei procedimenti di indagine istruiti dalla procura europea, quando quest'ultima decida di dismetterli o di archiviarli. Di ogni decisione il procuratore generale dovrà dare comunicazione al Ministro della giustizia. Nei casi in cui, in conseguenza delle determinazioni assunte dal procuratore generale presso la Corte di cassazione ai sensi del precedente articolo 18, sono trasferiti in Italia procedimenti relativi a indagini condotte da procuratori europei delegati di altri Stati membri, si applicano le disposizioni del codice di procedura penale, di cui all'articolo 746-ter, commi da 3 a 7, relative all'avviso alla Pag. 278persona offesa e alla proposizione e all'efficacia della querela (per reati eventualmente connessi a quelli cosiddetti PIF non procedibili ex officio in Italia), in tema di rinnovazione delle misure cautelari e di decorrenza dei relativi termini e, infine, di utilizzabilità degli atti di acquisizione probatoria. Tali disposizioni si applicano anche alle indagini che, pur restando di competenza EPPO, vengono trasferite da un procuratore europeo delegato estero a uno avente sede in Italia.
  L'articolo 20 contiene la clausola di invarianza finanziaria che opera in relazione a tutte le disposizioni dello schema di decreto legislativo, eccezion fatta per l'articolo 4, relativo alla determinazione del numero e delle sedi dei procuratori europei delegati operanti in Italia. In particolare, il comma 2 individua in 88.975 euro per il 2020 e 533.848 euro a decorrere dal 2021 gli oneri derivanti dalla nomina dei procuratori europei delegati italiani. Si tratta delle risorse già previste per l'attuazione della delega dall'articolo 4, comma 10 della legge n. 117 del 2019, che vengono tratte dal fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge n. 234 del 2012.
  In conclusione, fa presente che, ai fini della predisposizione della proposta di parere, valuterà con attenzione le osservazioni e i rilievi che dovessero provenire dai colleghi, all'esito della discussione generale.

  Mario PERANTONI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.