CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 25 giugno 2019
211.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (IV e XII)
COMUNICATO
Pag. 19

RELAZIONI AL PARLAMENTO

  Martedì 25 giugno 2019. — Presidenza del presidente Gianluca RIZZO.

  La seduta comincia alle 13.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Gianluca RIZZO, presidente, avverte che è pervenuta la richiesta che della seduta sia data pubblicità anche mediante gli impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Relazione sullo stato di salute del personale militare e civile italiano impiegato nei territori della ex Jugoslavia.
Doc. CCXLIX n. 1
(Esame ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del regolamento e rinvio).

  Giovanni Luca ARESTA (M5S), relatore per la IV Commissione, anche per conto del relatore per la XII Commissione, onorevole Panizzut, introduce l'esame della Relazione sullo stato di salute del personale militare e civile italiano impiegato nei territori della ex Jugoslavia riferita al periodo settembre 2007 dicembre 2017 osservando che questa è stata trasmessa al Parlamento, lo scorso 10 maggio, dai Ministri della difesa e della salute e costituisce una rendicontazione di studi già commissionati, ottemperando a un obbligo di legge lungamente disatteso.
  Rileva, infatti, che l'ultimo documento trasmesso risale al 25 settembre 2009, durante il corso della XVI legislatura, da parte dei ministri La Russa e Sacconi, ed appare del tutto anomalo il fatto che per quasi dieci anni non si sia dato seguito alla trasmissione delle relazioni quadrimestrali previste dall'articolo 4-bis del decreto-legge n. 393 del 29 dicembre 2000, l'ultima delle quali è ascrivibile al periodo dal maggio 2007 all'agosto 2007.
  Ricorda che, sempre con l'articolo 4-bis del decreto-legge 29 dicembre 2000, Pag. 20n. 393, recante proroga della partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace, nonché dei programmi delle Forze di polizia italiane in Albania, fu disposta la realizzazione di una campagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei cittadini italiani che operassero o avessero operato, a qualunque titolo, nei territori della Bosnia Erzegovina e Kosovo, in missioni internazionali di pace o di assistenza umanitaria, stabilendo altresì che il Governo trasmettesse quadrimestralmente al Parlamento una relazione del Ministro della difesa e del Ministro della sanità sullo stato di salute del personale militare e civile italiano impiegato nei territori della ex Jugoslavia.
  La presentazione al Parlamento della citata Relazione, i cui criteri di elaborazione sono stati spesso al centro di contestazioni – come detto – non è mai stata costante, anzi molto spesso sospesa, tanto per gli accertamenti medesimi che si succedevano, quanto per gli interventi normativi che si susseguivano per fronteggiare le esigenze del personale che talvolta veniva riconosciuto affetto o addirittura deceduto per «esposizione a fattori inquinanti in territorio bellico».
  Sottolinea, quindi, che in seguito all'Accordo Stato-Regioni del 30 maggio 2002, con decreto del Ministro della salute pro tempore del 22 ottobre 2002, vennero fissate le modalità, le condizioni e i criteri per l'attuazione della campagna di monitoraggio, differenziato per popolazione militare e civile, e fu istituito un Comitato tecnico scientifico con compiti di coordinamento e supervisione delle fasi del monitoraggio sanitario.
  In particolare, il suddetto monitoraggio è stato avviato con la finalità di verificare le condizioni di salute dei militari e dei civili e di valutare l'eventuale impatto sullo stato di salute a seguito della permanenza nei territori della Bosnia-Herzegovina e del Kosovo, rispondere al quesito sul rischio di tumore cui possono essere stati esposti i nostri connazionali in missione nei Balcani, rassicurare i soggetti esposti e la popolazione.
  Ricorda, poi, che tra il dicembre 2003 e il maggio 2007, su indicazione del Comitato scientifico, furono individuate le strutture sanitarie territoriali cui gli aventi diritto potevano rivolgersi per sottoporsi agli accertamenti previsti; fu ricostruita una lista della popolazione civile che ha operato nei Balcani; furono compilate delle schede cartacee relative ai soggetti arruolati nella campagna di monitoraggio in seguito trasmesse al Centro Raccolta ed Elaborazione Dati (CRED); infine, furono stipulati accordi di collaborazione che hanno permesso di finanziare alcuni progetti relativi ad attività correlate al monitoraggio stesso attraverso le disponibilità di un apposito fondo.
  Il Comitato scientifico rilevò che la campagna di monitoraggio presentava alcuni ineliminabili limiti. In particolare, fu evidenziato che il monitoraggio era svolto su base volontaria e non era possibile stabilire la platea dei soggetti su cui calcolare le frequenze di malattie, sintomi, valori alterati e simili. Inoltre, le patologie riferite non erano obiettivamente validate e accertate in modo esaustivo. Altra limitazione era costituita dalla impossibilità di confrontare la platea dei soggetti con un adeguato gruppo di controllo per valutare l'esistenza di rischi specifici connessi all'aver partecipato alle missioni nei Balcani.
  Nel 2007, a seguito dell'adozione del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 86, che ha disposto il riordino degli organismi operanti presso il Ministero della salute, il Comitato scientifico non è stato riconfermato ed è quindi decaduto. A seguito di tale decadenza il monitoraggio sanitario è da allora rimasto privo di una guida scientifica e le attività, benché più ridotte stante la diminuzione della platea degli interessati, sono state gestite dagli uffici amministrativi degli enti coinvolti.
  Conclusa la ricostruzione normativa e storica dell'attività del Comitato tecnico-scientifico, la Relazione passa a dare conto dello stato di avanzamento delle attività collegate al monitoraggio sanitario del personale civile e militare impiegato nei territori della ex-Jugoslavia ed aggiorna sui Pag. 21risultati degli studi promossi dal Comitato tecnico scientifico e sull'andamento del monitoraggio sanitario che continua con molte difficoltà sia a causa del numero di contenuto del personale che partecipa alle missioni, sia perché dal 2011 è stata abolita la disponibilità di fondi destinati al pagamento delle visite e dei test di laboratorio (articolo 2268, comma 1, n. 986 del codice dell'ordinamento militare).
  Entrando più nel merito, la Relazione, premesso che per i militari il monitoraggio è stato effettuato dalla Sanità militare e la raccolta dati viene eseguita dall'Osservatorio Epidemiologico Militare (OED), segnala che, considerando le due popolazioni, quella impiegata in missioni operative nei Balcani (missionari) e quella del personale che non è mai stato impiegato fuori dai confini nazionali (non missionari), i risultati di uno studio effettuato da tale organismo, relativamente al periodo 1o gennaio 1996 – 31 dicembre 2015 sul personale militare di sesso maschile compreso tra i 20 e i 59 anni d'età, evidenziano che la prevalenza globale dei tumori maligni nella popolazione militare maschile nel periodo e nella classe di età considerati appare significativamente inferiore rispetto a quella attesa sulla base del confronto con la corrispettiva popolazione civile italiana.
  La Relazione chiarisce, inoltre, che nell'interpretazione di questo risultato va tuttavia considerato che è presente un fenomeno di sotto-notifica delle segnalazioni all'OED dovuto in massima parte alla circostanza che il personale militare che transita in congedo non afferisce più al sistema informativo della sanità militare.
  In ogni caso i dati di tale studio, riportati nella tabella 1 a pagina 24 della Relazione, si riferiscono al personale militare di tutte le Forze armate e confermano quanto già evidenziato per il solo personale dell'Esercito impiegato nei Balcani in un altro studio che aveva già evidenziato che la coorte dei militari che ha prestato servizio in questa area non presenta un rischio maggiore dei contrarre una patologia neoplastica maligna rispetto ai non missionari.
  Pertanto, la Relazione aggiunge che i dati ottenuti dal database dell'OED non supportano l'ipotesi che la partecipazione alle missioni operative nei Balcani abbia rappresentato un rischio specifico per l'insorgenza di neoplasie maligne rispetto al personale rimasto in Patria.
  Per quanto riguarda, invece, l'eccesso dei casi di linfoma di Hodgkin riscontrati nel 2000 rispetto alla popolazione civile, la Relazione osserva che il calcolo del rapporto di rischio non evidenzia differenze significative tra i militari missionari e i non missionari. Ciò suggerisce che l'aumento dei casi di linfoma di Hodgkin nell'anno 2000 non è stato un fenomeno limitato ai militari impiegati nelle operazioni militari all'estero, ma piuttosto un fenomeno che ha interessato la generalità della popolazione delle Forze armate. Peraltro, viene precisato che non si sono registrati altri picchi di incidenza significativa fino al 2015, suggerendo che quello del 2000 ha rappresentato un evento isolato, presumibilmente di tipo casuale.
  L'ultima parte della Relazione reca una rendicontazione degli studi già finanziati sullo stato di salute del personale militare e civile impiegato nei territori dell’ex-Jugoslavia nel periodo settembre 2007- 2017.
  Tra gli altri segnala quello relativo alla analisi della letteratura scientifica sul tema dell'uranio impoverito e della radioprotezione (realizzato dal Dipartimento tecnologia e salute dell'Istituto superiore di sanità), che evidenzia come a dieci anni dai risultati della Commissione Mandelli, che si concludeva con l'invito a continuare il monitoraggio tra il personale a seguito di un evidente aumento dei linfomi, ancora non è possibile trarre conclusioni dirimenti sugli effetti dell'esposizione all'uranio impoverito, precisando come la causa principale di tale incertezza sia ascrivibile ad un approccio eterogeneo degli studi epidemiologici effettuati, in particolare per la mancanza di gruppi di controllo e di informazioni dettagliate sulle mansioni delle persone potenzialmente esposte.Pag. 22
  Come si evince chiaramente dalla relazione, tali studi, a seguito della mancata conferma del Comitato tecnico scientifico, dal 2007 non hanno più una guida scientifica e, come già ricordato, dal 2011 sono privi di fondi essendo stata abolita la disponibilità dei relativi finanziamenti.
  La Relazione conclude sottolineando che il complesso delle attività condotte ha permesso di evidenziare una serie di risultati: innanzitutto, la raccolta delle schede di monitoraggio dei militari sulla base delle analisi descrittiva delle schede con patologia segnala che non si può concludere che vi sia un'evidenza di un collegamento tra le missioni effettuate e stati patologici insorti successivamente nei soggetti che hanno aderito al programma di sorveglianza; in secondo luogo, il confronto tra mortalità dei militari impiegati in missione nei Balcani e popolazione generale o dei Carabinieri non impiegati in missione all'estero non ha evidenziato alcun eccesso di rischio relativamente al periodo 1999-2008; infine, i dati ottenuti dal database di sorveglianza delle patologie neoplastiche tra i militari a cura dell'Osservatorio Epidemiologico della Difesa (OED) non sembrano supportare l'ipotesi che la partecipazione alle missioni operative nei Balcani abbia rappresentato un rischio specifico per l'insorgenza di neoplasie maligne rispetto al personale militare che è rimasto in Patria, né tantomeno rispetto alla popolazione civile italiana.
  La Relazione segnala anche che sono oramai trascorsi oltre quindici anni dall'inizio del monitoraggio e sarebbe opportuno valutare la necessità di un nuovo studio di approfondimento per evidenziare l'occorrenza di eventuali patologie nella popolazione civile da affiancare a quello già programmato per il personale militare.
  Per le ragioni esposte, le Amministrazioni interessate ritengono che il miglior approccio per continuare a monitorare lo stato di salute del personale, durante tutto il percorso di vita (anche dopo la cessazione dal servizio), sia effettuare comparazioni tramite le SDO (schede di dimissione ospedaliera) che rappresentano lo strumento di raccolta delle informazioni relative ad ogni paziente dimesso dagli istituti di ricovero pubblici e privati in tutto il territorio nazionale.
  Esse, compilate dai medici che hanno avuto in cura il paziente ricoverato e raccolte nel rispetto della normativa che tutela la privacy, forniscono informazioni essenziali che, una volta raccolte e codificate, costituiscono un prezioso strumento di conoscenza per le Istituzioni.
  Quanto evidenziato rappresenta il mero dato letterale emergente dal corpo della relazione recentemente trasmessa al Parlamento, la quale, precisa, non era tenuta per la legge che la disciplina a prendere in considerazioni le risultanze delle quattro commissioni parlamentari d'inchiesta sugli effetti dell'uranio impoverito sui nostri militari e la popolazione che si sono succedute nelle ultime quattro legislature.
  Spetta al Parlamento – cui quelle risultanze sono note attraverso i documenti conclusivi approvati – confrontarne i diversi e in alcuni casi divergenti contenuti, al fine di dare precisi indirizzi al Governo su questa delicata questione.
  Conclude sottolineando, anche a nome del relatore per la XII Commissione, l'opportunità di svolgere l'audizione dei Ministri dei due dicasteri per acquisire un quadro più aggiornato sulla materia.

  Salvatore DEIDDA (FdI) prende spunto dalla discussione del documento in esame per evidenziare come la Sardegna, in passato, sia stata danneggiata dalla diffusione di notizie relative alla contaminazione dell'ambiente a causa dell'utilizzo di munizioni contenenti uranio impoverito.
  Ricorda, quindi, che la normativa vigente stabilisce, al fine di ottenere il riconoscimento di vittima del dovere, che i militari colpiti da neoplasie maligne debbano dimostrare la correlazione diretta tra l'esposizione alle sostanze patogene e l'insorgenza della malattia.
  Al riguardo, evidenzia che il gruppo di Fratelli d'Italia ha presentato una proposta di legge volta ad invertire l'onere della prova ed auspica che le Commissioni intendano avviarne al più presto l'esame, Pag. 23contribuendo così a dare dignità alle famiglie dei militari deceduti in seguito a queste terribili patologie.

  Gianluca RIZZO, presidente, d'intesa con il presidente della XII Commissione, propone di fissare a venerdì 28 giugno il termine per la presentazione da parte dei gruppi delle proposte di audizione da svolgere.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.40.

RISOLUZIONI

  Martedì 25 giugno 2019. — Presidenza del presidente Gianluca RIZZO.

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Gianluca RIZZO, presidente, avverte che è pervenuta la richiesta che della seduta sia data pubblicità anche mediante gli impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

7-00165 Ermellino: Su iniziative per tutelare i militari e gli operai impiegati negli Arsenali della Marina militare esposti all'amianto.
(Discussione e rinvio).

  Alessandra ERMELLINO (M5S) fa presente, in premessa, che la popolazione e i lavoratori della Città di Taranto, dalla quale proviene, hanno pagato un pesante tributo in termini di inquinamento ambientale per ospitare, nel loro territorio, siti industriali e strutture della Marina militare.
  Sottolinea come molti lavoratori si siano ammalati dopo avere svolto per anni mansioni operarie senza le indispensabili tutele per la propria salute e come ancora sia difficile disporre di dati sanitari in grado di fornire un quadro esaustivo del numero delle vittime e dei soggetti che si ammalano per causa dell'esposizione all'amianto.
  Dopo avere, quindi, ricordato che l'asbestosi è stata riconosciuta come malattia professionale da amianto già con la legge n. 455 del 1943 e che Taranto è al primo posto per morti causate dall'amianto, con 472 casi di mesotelioma registrati tra i residenti del capoluogo jonico nel periodo 1993-2015, richiama l'intesa Stato-regioni del 22 febbraio 2018, che prevede che le regioni e le province autonome trasmettano telematicamente al Ministero della salute, entro il 31 maggio di ogni anno successivo alla raccolta dei dati dell'anno precedente, i dati relativi all'attività di controllo sanitario dei lavoratori ex esposti all'amianto raccolti dalle aziende sanitarie locali e da altre strutture sanitarie sotto forma di rapporto sintetico.
  Evidenzia, infine, che l'atto di indirizzo a sua prima firma, al fine di contrastare l'aumento esponenziale dei casi di malattie correlate alla presenza dell'amianto intende porre in essere una serie di iniziative volte, in particolare, a monitorare e rendere pubblica l'adozione, da parte di tutte le regioni, del protocollo di sorveglianza sanitaria dei lavoratori ex esposti ad amianto, ad adottare concrete iniziative atte sostenere le attività di monitoraggio e bonifica dell'amianto non solo nei reparti di manutenzione, ma anche su navi e sommergibili nei quali risulta documentata la presenza di amianto negli impianti ed apparati, a valutare la possibilità di porre in essere iniziative dirette a definire un più attento iter per il riconoscimento di «vittima del dovere» per il quale è prevista una speciale elargizione e, infine, ad adottare azioni concrete e tempestive per la tutela dei lavoratori affinché vengano evitate le morti e le malattie dovute all'uso dell'amianto.

  Gianluca RIZZO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.50.