CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 9 gennaio 2019
122.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
COMUNICATO
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AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 9 gennaio 2019.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Quadri e Capi Fiat – Rappresentanza (AQCF-R) nell'ambito della discussione congiunta delle risoluzioni 7-00075 Gribaudo e 7-00108 Segneri, sulla salvaguardia dell'occupazione nel settore dell'industria automobilistica, con particolare riguardo alla situazione del gruppo FCA.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.20 alle 14.50.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 9 gennaio 2019 — Presidenza del vicepresidente Davide TRIPIEDI.

  La seduta comincia alle 14.50.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto».
C. 1160, approvata dal Senato, e abb.
(Parere alle Commissioni II e XII).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Davide TRIPIEDI, presidente, avverte che l'ordine del giorno reca l'esame in sede consultiva, ai fini dell'espressione del parere alle Commissioni riunite II e XII, delle proposte di legge n. 1160, approvata dal Senato, e abbinate, recanti l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto».
  Avverte, altresì, che la Commissione esprimerà il parere di competenza nella seduta odierna. Invita, quindi, la relatrice, onorevole De Lorenzo, a svolgere la relazione introduttiva e a formulare la sua proposta di parere.

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  Rina DE LORENZO (M5S), relatrice, segnala che la proposta di legge n. 1160, adottata come testo base nel corso dell'esame in sede referente, riprende sostanzialmente il contenuto di un testo approvato dal Senato della Repubblica nella scorsa legislatura.
  Il provvedimento, che consta di nove articoli, non è stato modificato dalle Commissioni di merito e non presenta significativi profili direttamente riconducibili alle competenze della Commissione.
  Infatti, l'articolo 1 dispone l'istituzione della Commissione di inchiesta sulla comunità di recupero per minori disagiati «Il Forteto», con il compito di svolgere accertamenti sulle eventuali responsabilità istituzionali in merito alla gestione della comunità medesima e degli affidamenti di minori, anche al fine di prospettare l'adozione di misure organizzative e strumentali per il corretto funzionamento della struttura.
  L'articolo 2 definisce i compiti della Commissione; l'articolo 3 ne disciplina la composizione; l'articolo 4 rinvia a un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa la disciplina dell'attività e del funzionamento.
  Sulla base dell'articolo 5, la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e limitazioni dell'autorità giudiziaria; l'articolo 6 reca disposizioni in merito all'obbligo del segreto da parte dei membri della Commissione e del personale ad essa addetto.
  Quanto all'organizzazione interna e alle dotazioni finanziarie della Commissione, l'articolo 7 dispone la pubblicità delle sedute e fissa un limite di spesa pari a 50.000 euro annui, a carico dei bilanci di Camera e Senato in parti uguali.
  Come previsto dall'articolo 8, la Commissione completa i suoi lavori entro dodici mesi dalla sua costituzione.
  L'articolo 9, infine, reca la previsione dell'entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  La proposta di legge n. 1160 ha dunque lo scopo di promuovere accertamenti sulle eventuali responsabilità istituzionali in merito alla gestione della comunità medesima e degli affidamenti dei minori, anche al fine di prospettare l'adozione di misure organizzative e strumentali per il corretto funzionamento della struttura.
  Ricorda, quindi, che il fondamento costituzionale posto alla base della istituzione di Commissioni parlamentari d'inchiesta viene rinvenuto nell'articolo 82 della Carta costituzionale. Tale norma stabilisce infatti: «Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria». Questa norma costituisce espressione della funzione di controllo delle Camere sull'attività del Governo e delle pubbliche amministrazioni. L'istituzione di tale Commissione, in ossequio a quanto stabilito dall'articolo 82 della Carta costituzionale, si rende necessaria ai fini di un controllo, indispensabile per fare finalmente luce sulla tragica vicenda del «Forteto». Invero alla Commissione d'inchiesta sono riconosciuti gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria nel procedere alle indagini e agli esami, così come, peraltro, precisato anche dall'articolo 141, comma 2, del Regolamento della Camera nella parte in cui stabilisce che: «la Commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria». I poteri coercitivi della Commissione costituiscono uno strumento indispensabile per un pieno ed effettivo esercizio del potere parlamentare d'inchiesta. Tale potere, munito di caratteristiche particolarmente importanti, rappresenta il più penetrante tra gli strumenti ispettivi e conoscitivi, grazie al quale il Parlamento può contribuire al raggiungimento della verità. Un parallelismo, quello tra i poteri delle Commissioni parlamentari d'inchiesta e quelli della magistratura, enunciato dall'articolo 82, comma 2, della Costituzione Pag. 163nel rispetto del fondamentale principio di leale collaborazione tra i poteri dello Stato.
  La proposta di legge istitutiva della Commissione d'inchiesta sul «Forteto» è diretta a fare luce su una vicenda dai risvolti particolarmente gravi in quanto violativi dei fondamentali diritti umani: una pagina drammatica e dolorosa della storia del nostro Paese su cui va fatta chiarezza per contribuire a rendere giustizia alle vittime segnate duramente dall'esperienza della permanenza presso la comunità «Il Forteto», luogo in cui sono stati posti in essere reati particolarmente efferati ed aberranti. Si tratta di un'iniziativa importante diretta ad assicurare il rispetto della persona in quanto tale (in quel luogo in cui qualunque forma di rispetto è risultata completamente azzerata) e rivolta a salvaguardare i diritti dei minori che verranno affidati in futuro alla stessa struttura. Occorre far chiarezza, nei suoi contorni più dettagliati e specifici, su una vicenda caratterizzata dalla lesione dell'incolumità fisico-psichica dei minorenni e non, fortemente calpestata per decenni all'interno del «Forteto». Le cronache hanno, infatti, parlato di «comunità-setta» e «comunità-lager» ancora diretta, fino al commissariamento a seguito della decisione del Ministero dello sviluppo economico, dai fedelissimi del titolare della stessa condannato in via definitiva con la sentenza della Cassazione.
  Ricorda, quindi, che la vicenda ha inizio nel 1977 nel comune di Barberino, in cui nasce la comunità «Il Forteto», ad opera di una trentina di giovani occupanti di un casolare, insieme all'azienda agricola destinata a radicarsi nel territorio come baluardo del «made in Tuscany» alimentare. L'iniziativa è di due uomini: Roberto Fiesoli detto il profeta, capo indiscusso della comunità, e Luigi Goffredi, l'ideologo. Entrambi millantano titoli di studio in psicologia ed elaborano la teoria della cosiddetta «famiglia funzionale» che consiste nel cancellare i legami con i genitori naturali affidando i minori provenienti da situazioni disagiate (famiglie di tossicodipendenti o assenti) a due soggetti, un uomo e una donna, in maniera del tutto casuale, incuranti della relazione affettiva ritenuta nociva e slegati dal «fardello della materialità sessuale». In un mix pernicioso di Freud e Don Milani, al cospetto di politici, magistrati, dirigenti dei servizi sociali, inizia il dominio incontrastato della comunità «Il Forteto» che fino al 2010 accoglie circa ottanta minori e, come cooperativa occupa circa centotrenta dipendenti con un fatturato di decine di milioni di euro annui.
  La sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo (CEDU) del 13 luglio 2000, pronunziata in seguito alla denuncia di una madre cui era stato impedito di vedere i figli trasferiti in comunità, strappa un velo sulla drammatica storia della comunità degli abusi, avvolta da un'ingiustificata cortina fumogena, e condanna l'Italia ad una multa di 200 milioni di lire per danni morali, ma l'esperienza del «Forteto» continua a sopravvivere insieme al suo «guru» Roberto Fiesoli, occultando orrori e violenze di una società distopica immersa nel verde delle colline del Mugello.
  In tale sentenza, la Corte Europea dei diritti dell'uomo afferma che: «questa situazione e i precedenti penali dei succitati responsabili avrebbero dovuto indurre il tribunale per i minorenni ad esercitare una maggiore sorveglianza riguardo al controllo dei bambini all'interno del «Forteto» e all'influenza dei responsabili in questione su di loro e sulle relazioni con la loro madre. Ora, questo non si è verificato. Infatti, i responsabili in questione operano in una comunità che gode di una ampia libertà e che non sembra sottoposta ad un effettivo controllo da parte delle autorità competenti. A questo riguardo, la Corte nota anche che il Governo convenuto non ha prodotto elementi sufficienti a dimostrare che le ispezioni semestrali del giudice tutelare, in virtù dell'articolo 9 della legge n. 184 del 1983, si siano effettivamente svolte. Dopo tutto, il Governo non ha prodotto nessun rapporto del giudice tutelare che faccia stato di tali ispezioni». Raccapricciante questo assunto della Corte Europea che sottolinea Pag. 164come vi siano gravi responsabilità ai vari livelli istituzionali – assistenti sociali, Tribunale dei minori, Governo – da parte delle autorità deputate al controllo.
  Nella sentenza di cui sopra si sottolinea anche il rischio effettivo di un'amputazione delle relazioni familiari tra la prima ricorrente e i suoi figli: «riguardo all'assenza di limiti alla durata della collocazione presso «Il Forteto», la pratica mostra che quando il collocamento in comunità si prolunga, molti bambini sottoposti ad una tale misura, in realtà, non recuperano mai una vera vita familiare all'esterno della comunità. Quindi, la Corte non vede alcuna valida giustificazione al fatto che il collocamento dei figli della prima ricorrente non sia munito di un limite temporale, cosa che, inoltre, sembra andare contro le disposizioni pertinenti del diritto italiano, vale a dire l'articolo 4 della legge n. 184 del 1983. In realtà, l'assenza di limiti temporali alla collocazione e l'influenza negativa delle persone che, all'interno del Forteto, seguono i bambini, combinate con l'atteggiamento ed il comportamento dei servizi sociali, stanno avviando i figli della prima ricorrente verso una separazione irreversibile dalla loro madre e ad una integrazione a lungo termine nel Forteto».
  La triste vicenda giudiziaria riguardante «Il Forteto» risulta, a suo avviso, espressiva di una gravissima e perdurante continuazione nel tempo (nei decenni) di reati violativi dell'incolumità fisico-psichica, del valore della vita, della libertà di autodeterminazione sessuale e della dignità umana: si tratta di diritti fondamentali della persona tutelati a livello costituzionale. La gravità della vicenda risulta ancora più accentuata dal fatto che la comunità «Il Forteto» è una comunità di recupero per minori disagiati, deputata quindi ad accogliere al suo interno dei soggetti particolarmente deboli al fine di favorirne la riabilitazione. Costituisce dunque un inquietante paradosso il fatto che proprio tale comunità, che avrebbe dovuto rappresentare un importante e sicuro luogo di accoglimento e di protezione dei minori disagiati e costruzione della loro personalità, abbia rappresentato invece un luogo deplorevole, all'interno del quale sono stati violati in maniera devastante i fondamentali diritti umani di tali soggetti. I gravissimi reati perpetrati e accertati all'interno di tale comunità erano abusi sessuali, maltrattamenti, pedofilia. I ragazzi minorenni presenti all'interno della comunità venivano assoggettati a violenze fisiche, psicologiche, morali e sessuali. Il bene-interesse giuridico protetto dai delitti sessuali viene individuato nella libertà sessuale della persona intesa come libertà di autodeterminazione sessuale del soggetto passivo del reato. Tale libertà rientra nell'ambito dei diritti inviolabili dell'uomo di cui all'articolo 2 della Costituzione ed è espressione della personalità di ciascun individuo. Si è dunque dinanzi ad un bene-interesse giuridico di fondamentale rilevanza che deve essere tutelato e che nel caso di specie è stato profondamente leso in relazione ai numerosi reati posti in essere ai danni delle vittime. L'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta ad opera di tale proposta di legge va dunque pienamente condivisa e si rende necessaria al fine di compiere ulteriori indagini e accertamenti finalizzati ad assicurare il ripristino del rispetto della dignità delle vittime all'interno della comunità, dignità non semplicemente violata, ma realmente annientata nel suo aspetto più intimo e delicato, quale quello relativo alla sfera sessuale, mediante la creazione di situazioni coercitive, violente, offensive, umilianti e intimidatorie da parte degli autori dei reati. Occorre evidenziare inoltre l'aggravante consistente nel fatto che tali abusi sessuali siano stati posti in essere in un contesto caratterizzato da una posizione di supremazia detenuta dai capi di una comunità definita dagli stessi giudici della Suprema Corte una «setta» in cui i minori, tutti già prostrati e resi fragili dalle originarie situazioni di degrado da cui provenivano, venivano piegati ai dettami delle teorie e pratiche dei soci della comunità.
  Come affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, sezione III, nella sentenza n. 24979 del 22 dicembre 2017, l'abuso Pag. 165della posizione giuridica ad opera dei dirigenti della cooperativa/comunità nei confronti delle persone affidate o comunque presenti nella struttura per essere ivi protette, educate e, quanto a quelle maggiorenni, rispettate nel corso della loro permanenza in essa, non maltrattate e pregiudicate nella libertà sessuale, consentiva di imporre ai soggetti affidati, »con atteggiamenti mortificanti e soggioganti, un regime di vita che costoro non avevano scelto ma subìto, proprio alla luce della condizione di assoggettamento non solo economico ed abitativo nella quale le vittime si trovavano, e ciò a prescindere dalla loro minore o maggiore età».
  Se all'epoca della commissione dei fatti fosse esistito nell'ambito del nostro ordinamento giuridico il reato di tortura, introdotto con l'articolo 1 della legge n. 110 del 2017 e disciplinato nel nuovo articolo 613-bis del codice penale, verosimilmente sarebbe stato ritenuto sussistente anche un simile reato da parte dei giudici, considerato il fatto che tale reato è posto a tutela dell'integrità fisica e psichica della persona, nonché della sua libertà personale e della sua libertà di autodeterminazione.
  L'Unione Europea, di cui l'Italia fa parte, riveste un ruolo di notevole importanza nella protezione dei diritti umani (e in particolare di quelli del bambino) in tutto il mondo. L'articolo 6 della legge 27 maggio 1991, n. 176, con cui è stata ratificata e data esecuzione in Italia alla convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, stabilisce che: «gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita. Gli Stati parti assicurano in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo». Tale norma può dirsi effettivamente violata all'interno della comunità in questione, in cui è stato compromesso il libero ed effettivo sviluppo dei fanciulli, che hanno subito danni biologici, morali ed esistenziali inquantificabili. I trattamenti che hanno subito le vittime all'interno di questa comunità sono infatti disumani e degradanti. Autorevole dottrina afferma che: «circa gli effetti negativi a lungo termine, gli abusi sessuali su minori sono stati definiti una bomba ad orologeria psicologica, potendo seguire, ad un primo periodo senza significativi effetti, dei successivi disturbi di consistente rilievo».
  Reputa evidente, alla luce di quanto esposto, la sussistenza di una situazione di negazione della realtà effettivamente e concretamente esistente all'interno della comunità «Il Forteto», già accertata con il primo processo in sede penale e che si è reiterata nel corso del tempo, anche in seguito alla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo. Le Istituzioni non possono e soprattutto non devono in alcun modo essere colluse in siffatte tragiche realtà e non devono contribuire con il proprio operato ad occultare e/o a negare una simile realtà acclarata e accertata in sede giudiziaria.
  Nel luglio del 2015, con delibera del Consiglio regionale della Toscana n. 48 del 28 luglio 2015, veniva istituita una Commissione d'inchiesta del Consiglio regionale sul caso «Il Forteto».
  Nella relazione conclusiva di tale Commissione si riporta che: «Sembra assolutamente rilevante sottolineare che gli enti preposti agli affidamenti dei minori e al controllo sugli stessi siano venuti meno ai loro compiti istituzionali. In particolare il Tribunale dei minori ha continuato ad affidare i minori nonostante più volte documentata l'inaffidabilità del Forteto. Anche la Regione Toscana, come altri enti territoriali, nel corso dei decenni ha concesso finanziamenti pubblici alla cooperativa e/o alla fondazione Il Forteto, nonostante già esistessero sentenze di condanna passate in giudicato per reati specifici a carico di esponenti della comunità, e fosse quanto meno doverosa eticamente una maggiore prudenza. Infine risulta che gli stessi servizi socioassistenziali hanno svolto in maniera lacunosa e colpevolmente inadeguata il loro ruolo, venendo meno ai propri doveri di tutela e garanzia di soggetti particolarmente deboli ed esposti quali sono i minori affidati ad una comunità o ad una famiglia».
  A suo avviso, lo Stato, in quanto massima istituzione, è tenuto a far luce sulle responsabilità istituzionali in merito alla gestione della comunità medesima e degli affidamenti dei minori, dando ampia rilevanza Pag. 166anche mediatica alla vicenda, al fine di evitare che simili tragici eventi possano nuovamente verificarsi nel nostro Paese, e la proposta di legge n. 1160, approvata dal Senato, recante l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso tale comunità ha la funzione di svolgere accertamenti e indagini con la volontà di comprendere anche le eventuali misure legislative da adottare al fine di prevenire simili inquietanti eventi caratterizzati da un vero e proprio degrado dell'umanità che si è perpetrato in uno Stato di diritto.
  Condividendo le finalità del provvedimento, in considerazione dell'esorbitanza della condotta criminale accertata dalla magistratura e della necessità di far luce su una vicenda in cui hanno albergato storie di orrori troppo spesso colposamente taciuti, propone, in conclusione, di esprimere parere favorevole sul provvedimento in esame (vedi allegato).

  Antonio VISCOMI (PD), preannunciando il voto favorevole del gruppo Partito Democratico sulla proposta di parere della relatrice, che ringrazia per la esaustiva e approfondita relazione, esprime la sua preoccupazione che l'ambito di azione della Commissione di inchiesta travalichi, dall'accertamento dei fatti, a decisioni di carattere più generale, applicabili all'intera categoria delle comunità di recupero, incluse quelle che dimostrano di funzionare correttamente. Allo stesso modo, ritiene che sia da scongiurare il pericolo che la Commissione di inchiesta, partendo dall'accertamento delle cause dei mancati controlli istituzionali e giudiziari, alla base dei fatti inammissibili verificatisi presso la comunità «Il Forteto», si spinga a elaborare linee guida, fortemente connotate dal punto di vista ideologico, che potrebbero, di fatto, limitare la libertà educativa delle altre comunità.

  Renata POLVERINI (FI), associandosi al riconoscimento dello sforzo profuso dalla relatrice, ringrazia la maggioranza per essersi fatta carico di portare a compimento l’iter di approvazione di un provvedimento sul quale i deputati di Forza Italia si erano fortemente impegnati già nella scorsa legislatura. Intende, quindi, tranquillizzare i colleghi sull'estensione dei poteri della Commissione di inchiesta, limitati all'accertamento dei fatti e non esercitabili ai fini dell'individuazione di provvedimenti, di qualsiasi natura, di carattere generale. Preannuncia, quindi, il voto favorevole del gruppo Forza Italia sulla proposta di parere della relatrice.

  Daniele MOSCHIONI (Lega), ringraziando la relatrice, preannuncia il voto favorevole del gruppo Lega sulla sua proposta di parere della relatrice.

  Rina DE LORENZO (M5S), relatrice, ringraziando i gruppi di opposizione per il preannunciato voto favorevole sulla sua proposta di parere, desidera rassicurarli sul fatto che l'attività della Commissione d'inchiesta non potrà che essere limitata all'accertamento e alla verifica dei fatti verificatisi presso «Il Forteto». Rileva, inoltre, che i lavori della Commissione d'inchiesta potranno tener conto della copiosa giurisprudenza, anche europea, in materia. Sottolinea, infine, la necessità di prevenire per il futuro fenomeni di tale gravità, esercitando correttamente i poteri di controllo che l'ordinamento attribuisce alle istituzioni e alla magistratura.

  Davide TRIPIEDI, presidente, associandosi ai riconoscimenti dei colleghi per il lavoro svolto dalla relatrice, nessun altro chiedendo di intervenire, pone in votazione la proposta di parere favorevole della relatrice.

  La Commissione approva la proposta di parere favorevole della relatrice (vedi allegato).

  La seduta termina alle 15.25.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.25 alle 15.35.

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