CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 20 novembre 2018
96.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Martedì 20 novembre 2018. — Presidenza del presidente Giulia SARTI. — Interviene il sottosegretario di Stato alla Giustizia, Jacopo Morrone.

  La seduta comincia alle 13.25.

DL 113/2018: Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Delega al Governo in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.
C. 1346 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Fabio Massimo BONIARDI (Lega), relatore, ricorda che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 113 del 2018 in materia di immigrazione e sicurezza pubblica. Evidenzia che il provvedimento, trasmesso dal Senato il 7 novembre 2018, è composto da quattro titoli, (rispettivamente recanti disposizioni in materia di rilascio di speciali permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario nonché in materia di protezione internazionale e di immigrazione; disposizioni in materia di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa; disposizioni per la funzionalità del ministero dell'interno nonché sull'organizzazione e il funzionamento dell'agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata; e disposizioni finanziarie e finali). Segnala inoltre che nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento sono stati aggiunti 34 articoli.Pag. 8
  Nel limitarsi ad esaminare esclusivamente gli articoli di stretta competenza della Commissione Giustizia, evidenzia che il comma 01 dell'articolo 15, introdotto nel corso dell'esame da parte del Senato, attribuisce all'Avvocato generale dello Stato – il quale può delegare un avvocato di Stato – le funzioni di agente del Governo, per rappresentare lo Stato italiano dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo, nei procedimenti in cui è parte l'Italia. La disposizione in commento viene a colmare una lacuna normativa in merito all'individuazione, nell'ordinamento interno, della figura dell'agente di Governo presso la Corte EDU. Attualmente infatti la materia è regolata solo dalla prassi.
  Segnala che l'articolo 15 aggiunge al TU spese di giustizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002) un nuovo articolo 130-bis che esclude, nel gratuito patrocinio: il diritto del difensore al compenso professionale ove l'impugnazione, anche incidentale, venga dichiarata inammissibile; il diritto del consulente tecnico di parte alla liquidazione delle spese sostenute quando le consulenze apparivano irrilevanti o superflue ai fini della prova già al momento del conferimento dell'incarico. La norma mira a responsabilizzare il difensore escludendo il diritto al compenso (come gratuito patrocinio) nel caso in cui l'impugnazione sia dichiarata inammissibile. La ratio di tale disposizione appare quella di evitare ricorsi palesemente infondati o ex ante evidentemente privi dei necessari requisiti di ammissibilità. Nel corso dell'esame in Senato è stato soppresso il riferimento al solo processo civile presente nel testo originario del decreto-legge. La disciplina del nuovo articolo 130-bis, oltre che al processo civile, si applica anche al processo amministrativo, contabile e tributario. Tale previsione mutua quanto già previsto dall'articolo 106 del TU spese di giustizia per il gratuito patrocinio nel settore penale. Nel corso dell'esame da parte del Senato, è stato introdotto il comma 1-bis al medesimo articolo 15, che modifica l'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 168 del 2016 (Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa) prevedendo, nel processo amministrativo telematico, l'obbligo – a regime – di depositare una copia cartacea del ricorso e delle memorie difensive presentati al giudice amministrativo con modalità telematiche; analogo obbligo concerne l'attestazione di conformità al corrispondente deposito telematico. Rammenta che il citato articolo 7, comma 4, prevedeva tale disciplina come transitoria. Nel primo anno di vigenza del processo amministrativo telematico è stato, infatti, previsto un doppio binario.
  Evidenzia che l'articolo 15-bis, inserito dal Senato, introduce in primo luogo, nella legge sull'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) l'articolo 11-bis, rubricato «Comunicazioni al Procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni» (comma 1). Il nuovo articolo 11-bis dell'ordinamento penitenziario impone agli istituti penitenziari e agli istituti a custodia attenuata per detenute madri (cosiddetto ICAM) l'obbligo di trasmettere, semestralmente, al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo ove hanno sede, l'elenco di tutti i minori collocati presso di loro con l'indicazione specifica, per ciascuno di essi delle seguenti informazioni: della località di residenza dei genitori; dei rapporti con la famiglia; delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le necessarie informazioni, chiede al tribunale, con ricorso motivato, di adottare i provvedimenti di propria competenza. A tal fine il procuratore, che trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione informativa, ogni sei mesi, può effettuare o disporre ispezioni (anche straordinarie) nei medesimi istituti indicati. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità che entrano in contatto con il minore recluso in un istituto penitenziario o in un ICAM debbono riferire al più presto al direttore dell'istituto su condotte del genitore pregiudizievoli Pag. 9al minore medesimo. Il direttore dell'istituto è tenuto a sua volta a darne comunicazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. Il comma 2 dell'articolo 15-bis apporta modifiche al codice di procedura penale. In particolare la lettera a) inserisce nel codice di rito il nuovo articolo 387-bis (Adempimenti della polizia giudiziaria nel caso di arresto o di fermo di madre di prole di minore età), il quale prevede che nel caso di arresto o fermo di madre di prole di minore età, la polizia giudiziaria debba darne notizia al PM del luogo ove l'arresto o il fermo è stato eseguito, nonché al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo dell'arresto o del fermo. La lettera b) aggiunge un ulteriore comma all'articolo 293 c.p.p., il quale prevede che copia dell'ordinanza che dispone la custodia cautelare in carcere nei confronti di madre di prole di minore età debba essere comunicata al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo di esecuzione della misura. Infine la lettera c), integrando l'articolo 656 c.p.p. stabilisce che l'ordine di esecuzione della sentenza di condanna a pena detentiva nei confronti di madre di prole di minore età, debba essere comunicata al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo di esecuzione della sentenza.
  Sottolinea che l'articolo 15-ter, introdotto nel corso dell'esame al Senato, aggiunge l'articolo 4-ter alle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (decreto legislativo n. 271 del 1989) con cui si prevede che il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo – nell'ambito delle attività di coordinamento investigativo attribuitegli dall'articolo 371-bis del codice processuale penale – si avvalga di un nucleo di personale appartenente al Corpo di polizia penitenziaria (fino a un massimo di 20 unità) per l'acquisizione, l'analisi e l'elaborazione di dati e informazioni provenienti dall'ambiente penitenziario. Il nuovo articolo 15-ter precisa che l'assegnazione al citato nucleo non comporta l'attribuzione di emolumenti aggiuntivi.
  Evidenzia che l'articolo 16 modifica la formulazione dell'articolo 282-bis c.p.p. in materia di allontanamento dalla casa familiare. Viene integrato con i maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) e gli atti persecutori (cosiddetto stalking) (articolo 612-bis c.p.) il catalogo dei reati indicati dall'articolo 282-bis che consentono, nel corso del procedimento penale, l'uso dei braccialetti elettronici come modalità di esecuzione dell'allontanamento dalla casa familiare. Il comma 2 dell'articolo 16 precisa che dall'attuazione della disposizione non dovranno derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  Sottolinea che l'articolo 21, novellando il comma 3 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 14 del 2017 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città) prevede che i regolamenti di polizia urbana possono individuare anche aree su cui insistono presidi sanitari ed aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati e pubblici spettacoli tra quelle per le quali si possono applicare la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 300 euro e l'ordine di allontanamento da parte del sindaco. I comportamenti sanzionati in questi luoghi sono quelli di chiunque ponga in essere condotte che impediscono l'accessibilità e la fruizione dei predetti luoghi, in violazione dei divieti di stazionamento e di occupazione ivi previsti; nonché quelli di chi, nelle medesime aree, abbia commesso gli illeciti amministrativi di ubriachezza, atti contrari alla pubblica decenza, esercizio abusivo del commercio o parcheggio abusivo (articolo 9, commi 1 e 2). Nel corso dell'esame in Senato è stato introdotto il comma 1-bis che modifica i commi 2 e 3 dell'articolo 10 del decreto-legge n. 14 del 2017. Con la modifica al comma 2 è raddoppiata da sei a dodici mesi la durata del divieto di accesso ad infrastrutture ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto disposto dal questore nei confronti di chi limiti la libera accessibilità di tali aree urbane, vi venga trovato in stato di ubriachezza, vi pratichi Pag. 10il commercio abusivo o di chi violi l'ordine di allontanamento imposto al trasgressore. Analoga modifica è introdotta al comma 3 dello stesso articolo 10. È, infatti, raddoppiato il limite minimo di tale interdizione se le sopraindicate condotte vietate sono commesse da un condannato negli ultimi cinque anni per reati contro la persona e il patrimonio, con conferma della sentenza almeno in secondo grado. Ulteriori misure volte a garantire l'ordine pubblico e la prevenzione di reati nei locali ed esercizi pubblici sono state introdotte al Senato, che ha aggiunto all'articolo 21 del decreto-legge anche i commi 1-ter e 1-quater. Anzitutto, il comma 1-ter inserisce nel decreto-legge n. 14 del 2017, un articolo 13-bis con il quale è esteso l'ambito applicativo del divieto di accesso a locali pubblici e pubblici esercizi, già previsto dall'articolo 13 dello stesso decreto-legge. Infatti, il nuovo articolo 13-bis – con la clausola di esclusione delle ipotesi indicate dall'articolo 13 – affida al questore, per motivi di sicurezza, la possibilità di disporre il divieto di accesso a locali e esercizi pubblici o locali di pubblico intrattenimento a persone condannate con sentenza definitiva o anche solo confermata in appello nell'ultimo triennio: per reati commessi nel corso di gravi disordini in pubblici esercizi o in locali di pubblico intrattenimento; per reati contro la persona e il patrimonio (esclusi quelli colposi); per produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope (articolo 73, decreto del Presidente della Repubblica 309/1990). Il divieto di accesso, che può riguardare anche lo stazionamento nelle immediate vicinanze di tali locali e pubblici esercizi, deve essere motivato e, comunque, risultare compatibile con le esigenze di mobilità, lavoro e salute del destinatario del provvedimento. Dal punto di vista temporale il divieto di accesso e stazionamento: può essere limitato a specifiche fasce orarie; non può durare meno di sei mesi e più di due anni. Oggetto del provvedimento inibitorio potranno essere anche minorenni purché maggiori di 14 anni, previa notifica a chi esercita la responsabilità genitoriale. Ulteriore prescrizione da seguire nel corso della misura – anch'essa mutuata dalla disciplina- potrà riguardare l'obbligo di presentazione presso gli uffici di polizia, anche più volte e in orari specifici. In tali casi, in virtù del rinvio all'applicazione dell'articolo 6, commi 3 e 4, della legge 401 del 1989, tale misura – sempre di competenza del questore – dovrà essere comunicata al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente (o al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni) che entro 48 ore, se ritiene che sussistano i presupposti, ne chiede la convalida al GIP. Le prescrizioni imposte cessano di avere efficacia se il PM, con decreto motivato, non avanza la richiesta di convalida entro il termine predetto e se il giudice non dispone la convalida nelle 48 ore successive, con ordinanza. Contro la convalida è proponibile il ricorso per Cassazione che, tuttavia, non sospende l'esecuzione dell'ordinanza. Il comma 1-quater novella l'articolo 8 del Codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011). Si prevede che, tra le prescrizioni nei confronti della persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., il tribunale debba adottare anche il divieto di accedere, anche in specifiche fasce orarie, a esercizi pubblici e a locali di pubblico intrattenimento.
  Quanto all'articolo 21-ter, ricorda che esso è volto ad introdurre sanzioni penali in caso di inottemperanza al provvedimento di divieto di accesso in specifiche aree urbane, cosiddetto DASPO urbano. Si tratta di articolo aggiuntivo introdotto nel corso dell'esame in Senato. In particolare, la lettera a) del comma 1, modificando il comma 2 del citato articolo 10 del decreto-legge n. 14 del 2017, introduce la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno per colui che abbia contravvenuto al provvedimento del questore che disponeva nei suoi confronti il divieto di accesso ad una o più delle aree espressamente indicate dall'articolo 9 del medesimo decreto-legge n. 14 del 2017. Soggetto alla sanzione penale dell'arresto è quindi colui che, in quanto recidivo di una delle condotte Pag. 11illecite di cui al citato articolo 9 del decreto-legge n. 14 del 2017 – limitazione della libera accessibilità delle infrastrutture di trasporto, ubriachezza, commercio abusivo etc. – è stato destinatario di un provvedimento del questore contenente il divieto di accesso alle suddette specifiche aree, e a tale divieto abbia trasgredito. Analogamente, la lettera b) del comma 1 modifica il comma 3 dell'articolo 10 del decreto-legge 14 del 2017, introducendo la pena dell'arresto da uno a due anni per il trasgressore di un provvedimento di divieto di accesso alle predette aree individuate ai sensi dell'articolo 9, nel caso in cui si tratti di soggetto condannato, con sentenza definitiva o confermata in grado di appello, nel corso degli ultimi cinque anni per reati contro la persona o il patrimonio.
  Evidenzia che L'articolo 21-quater introduce nel codice penale, all'articolo 669-bis, il reato di esercizio molesto dell'accattonaggio. La nuova disposizione sanziona con la pena dell'arresto da tre a sei mesi e con l'ammenda da euro 3.000 a euro 6.000 chiunque esercita l'accattonaggio con modalità vessatorie o simulando deformità o malattie o attraverso il ricorso a mezzi fraudolenti per destare l'altrui pietà. La fattispecie verrà applicata ove il fatto non costituisca più grave reato. Il nuovo articolo 669-bis c.p. prevede inoltre il sequestro delle cose che sono servite o sono state destinate a commettere l'illecito o che ne costituiscono il provento.
  Segnala che l'articolo 21-quinquies, introdotto nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, inserisce nell'articolo 600-octies c.p. un nuovo comma, modificando la disciplina sull'accattonaggio dei minori. La nuova disposizione punisce con la pena della reclusione da uno a tre anni «chiunque organizzi l'altrui accattonaggio, se ne avvalga o lo favorisca a fini di profitto». L'articolo modifica, conseguentemente, anche la rubrica dell'articolo 600-octies c.p., inserendo il riferimento anche alla «organizzazione dell'accattonaggio».
  Quanto all'articolo 21-sexies segnala che interviene sulla disciplina dell'esercizio abusivo dell'attività di parcheggiatore o guardiamacchine. La disposizione, introdotta nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, modifica il comma 15-bis dell'articolo 7 del Codice della Strada (decreto legislativo n. 285 del 1992). La disposizione interviene sia sulla configurazione dell'illecito sia sull'apparato sanzionatorio: sanzionando non più «l'esercizio abusivo» dell'attività di parcheggiatore, ma «l'esercizio senza autorizzazione» di tale attività; intervenendo sulle ipotesi aggravate, in relazione alle quali l'attuale illecito amministrativo è trasformato in reato contravvenzionale, sanzionato con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno e dell'ammenda da 2.000 a 7.000 euro; riducendo la sanzione amministrativa sia nel minimo che nel massimo prevista per l'illecito non aggravato rispettivamente da 1000 euro a 771 euro e da 3.500 euro a 3.101 euro.
  Ricorda che l'articolo 22-bis, inserito nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento – al fine di favorire la piena operatività del Corpo di polizia penitenziaria, nonché l'incremento degli standard di sicurezza e funzionalità delle strutture penitenziarie – autorizza (comma 1) la spesa di: 2 milioni di euro per l'anno 2018; 15 milioni di euro per l'anno 2019; 25 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2020 al 2026. Il comma 2 dell'articolo autorizza, per le ulteriori esigenze del Corpo di polizia penitenziaria connesse all'approvvigionamento di nuove uniformi e di vestiario, la spesa di euro 4.635.000 per l'anno 2018.
  Quanto all'articolo 23, segnala che esso prevede che siano puniti a titolo di illecito penale sia il blocco stradale che l'ostruzione o l'ingombro di strade ordinarie o ferrate, fattispecie attualmente sanzionate a titolo di illecito amministrativo. Resta, invece, illecito amministrativo il blocco stradale attuato mediante ostruzione fatta col proprio corpo. L'articolo in esame, integrando la formulazione dell'articolo 1, comma 1, dello stesso decreto legislativo 66/1948 sanziona come reato – oltre al già previsto blocco di strada ferrata – sia il blocco stradale sia l'ostruzione o ingombro Pag. 12dei binari. Anche tali condotte saranno, quindi, punite con la reclusione da uno a sei anni. Sostanzialmente, si tratta di un ritorno al testo dell'articolo 1 del decreto legislativo 66 del 1998, previgente alla citata depenalizzazione del 1999. Nel corso dell'esame in Senato è stata introdotta un'eccezione alla ripenalizzazione delle indicate fattispecie. Viene, infatti, sostituito l'articolo 1-bis del decreto legislativo del 1948 (oggetto di abrogazione, per coordinamento, nel testo iniziale) prevedendo che l'impedimento alla libera circolazione su una strada ordinaria mediante ostruzione con il proprio corpo costituisce illecito amministrativo punito con la sanzione pecuniaria da 1.000 a 4.000 euro; analoga sanzione è irrogata ai promotori e organizzatori. Un'ultima modifica riguarda l'articolo 4, comma 3, del TU immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) nel quale i reati di cui al novellato articolo 1 del decreto legislativo n. 66 del 1948 (blocco stradale e ferroviario e altri illeciti contro la libertà di circolazione) vanno ad integrare il catalogo dei reati ostativi alla cui condanna definitiva consegue la mancata concessione allo straniero del visto di ingresso in Italia.
   Sottolinea che l'articolo 23-bis reca modifiche alle disposizioni del codice della strada che disciplinano il sequestro, la confisca e il fermo amministrativo dei veicoli. La disposizione, introdotta dal Senato, al comma 1, lettera a) riscrive la disciplina del sequestro amministrativo del veicolo di cui all'articolo 213 del codice della strada. Sinteticamente la disposizione in commento modifica l'articolo 213 del codice della strada: dettando norme in materia di sequestro (confisca) del veicolo a seguito di trasgressione commessa da minorenne; abrogando la specifica normativa prevista dall'attuale comma 2-quinquies dell'articolo 213 del codice della strada nel caso in cui oggetto di sequestro sia un motociclo o un ciclomotore e prevedendo quindi che anche in questo caso trovi applicazione il principio generale per il quale il veicolo deve essere affidato al custode proprietario; ridelineando la disciplina prevista nel caso in cui venga rifiutata l'assunzione della custodia del veicolo, riducendo al minimo la protrazione della custodia onerosa presso terzi dei veicoli sottoposti a sequestro.
  Ricorda che l'articolo 24 interviene in materia di impugnazione delle misure di carattere patrimoniale di cui al codice antimafia, nonché in tema di documentazione antimafia. La disposizione in esame, in primo luogo, inserisce un ulteriore comma nell'articolo 10 del codice antimafia in materia di impugnazioni (comma 1, lettera a). Il nuovo comma 2-quater prevede che in caso di conferma del decreto impugnato, la Corte d'appello pone a carico della parte privata che ha proposto l'impugnazione il pagamento delle spese processuali. L'articolo al comma 1, lettera b), interviene poi sul comma 3-bis dell'articolo 17 del codice antimafia, in materia di titolarità della proposta di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali. Il decreto-legge, nello specifico, oltre a disporre l'abrogazione della lettera d) del comma 3-bis, interviene sulla lettera c) del comma 3-bis: prevedendo che la comunicazione della proposta al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto sia «sintetica»; sopprimendo la «sanzione» della inammissibilità della proposta; introducendo l'obbligo di comunicazione da parte del procuratore, nei dieci giorni successivi alla comunicazione della proposta, all'autorità proponente l'eventuale sussistenza di pregiudizi per le indagini preliminari. In questi casi il procuratore deve concordare con l'autorità proponente le modalità per la presentazione congiunta della proposta. La lettera c) del comma 4 dell'articolo 24 modifica l'articolo 19 del codice antimafia relativo alle indagini patrimoniali. L'ultimo periodo del comma 4 dell'articolo 19 del codice antimafia prevede che, previa autorizzazione del procuratore della Repubblica o del giudice procedente, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono procedere al sequestro della documentazione- precisa il decreto-legge- ritenuta utile ai fini delle indagini nei confronti dei soggetti destinatari di misure di prevenzione. Infine Pag. 13la lettera d) apporta modifiche al comma 8 dell'articolo 67 del codice antimafia estendendo gli effetti dei divieti e delle decadenze conseguenti all'applicazione delle misure di prevenzione nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, anche per i reati di truffa ai danni dello Stato o altro ente pubblico (articolo 640, secondo comma, numero 1) c.p.) e per quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (articolo 640-bis c.p.). Segnala che il Senato ha proposto l'inserimento nell'articolo 24 di un ulteriore comma, il comma 1-bis. Il nuovo comma prevede che le disposizioni di cui agli articoli 83, comma 3-bis, e 91, comma 1-bis, del codice antimafia, limitatamente ai terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei per importi non superiori a 25.000 euro, non si applicano fino al 31 dicembre 2019.
  Ricorda che l'articolo 25 mira ad inasprire il trattamento sanzionatorio per le condotte degli appaltatori, che facciano ricorso, illecitamente a meccanismi di subappalto. Più nel dettaglio il decreto-legge modifica il comma 1 dell'articolo 21 della legge 13 settembre 1982, n. 646. Il comma unico dell'articolo 25 del decreto-legge trasforma i reati in questione da contravvenzioni in delitti, puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a un terzo del valore dell'opera concessa in subappalto o a cottimo e non superiore ad un terzo del valore complessivo dell'opera ricevuta in sub-appalto.
  Quanto all'articolo 27, ricorda che esso aggiorna l'obbligo di trasmissione delle sentenze di condanna irrevocabili a pene detentive, già esistenti per le cancellerie degli uffici giudiziari aggiungendovi anche i provvedimenti ablativi o restrittivi. Il comma 1 dell'articolo in commento riscrive l'articolo 160 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773. Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, precisando che le amministrazioni interessate devono provvedere ai nuovi adempimenti, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Rileva che l'articolo 29-bis introduce modifiche al codice della strada, in materia di circolazione di veicoli immatricolati all'estero. In particolare, si propone la modifica degli articoli 93 (concernente, tra l'altro, la carta di circolazione), 132 (sulla circolazione dei veicoli immatricolati all'estero) e 196 (inerente la solidarietà in caso di violazioni punibili con sanzione amministrativa pecuniaria) del nuovo codice della strada di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992. L'articolo 93 del codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992) reca disposizioni inerenti l'immatricolazione e l'obbligo del possesso della carta di circolazione per gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi. La novella in esame vieta a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni di circolare con un veicolo immatricolato all'estero (nuovo comma 1-bis dell'articolo 93), salvo quanto previsto per taluni casi di leasing, locazione o comodato. I veicoli concessi in leasing o in locazione senza conducente da impresa costituita in un altro Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo devono essere dotati di un documento dal quale risulti il titolo e la durata della disponibilità del veicolo. Sono quindi previste le sanzioni (nuovi commi 7-bis e 7-ter). In caso di violazione del divieto di circolazione dei veicoli immatricolati all'estero, si applica (nuovo comma 7-bis) la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 712 a 2.848 euro. Il documento di circolazione è trasmesso all'Ufficio Motorizzazione Civile competente per territorio dall'organo accertatore, il quale ordina l'immediata cessazione della circolazione del veicolo e il suo trasporto e deposito in luogo non soggetto a pubblico passaggio. Si applicano, in quanto compatibile, le previsioni dell'articolo 213 del codice (concernente la misura cautelare del sequestro e la sanzione accessoria della confisca amministrativa). Decorsi 180 giorni dalla data della violazione, se il veicolo non è stato immatricolato in Italia Pag. 14oppure non sia stato richiesto il foglio di via, si applica la confisca amministrativa di cui al medesimo articolo 213. In caso di violazione delle disposizioni su leasing, locazione e comodato, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250 a euro 1.000. Il verbale di contestazione dovrà prescrivere l'esibizione del documento previsto dal comma 1-ter entro 30 giorni. Il veicolo è sottoposto a fermo amministrativo ai sensi dell'articolo 214 del codice, le cui disposizioni si applicano in quanto compatibili. Il veicolo è riconsegnato (al conducente, al proprietario o al legittimo detentore, ovvero a persona delegata dal proprietario) dopo la presentazione del documento o, in ogni caso, decorsi 60 giorni dall'accertamento della violazione. Nei casi di mancata esibizione del documento, l'organo accertatore applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 712 a 3.558 euro (di cui all'articolo 94, comma 3, del codice), con decorrenza dei termini per la notificazione dal giorno successivo a quello stabilito per la presentazione dei documenti (nuovo comma 7-ter). L'articolo 132 del codice prevede che il veicolo immatricolato all'estero può circolare in Italia per un anno, sulla base del certificato di immatricolazione dello Stato di origine e soddisfatti gli adempimenti doganali nonché il versamento delle imposte relative alla compravendita di veicoli, ove applicabili. La novella in esame prevede che, decorso l'anno, l'intestatario sia tenuto a chiedere il foglio di via e la targa per il transito oltre i confini con le medesime modalità sopra descritte. In caso di violazione di tali disposizioni, si applicano le medesime sanzioni di cui all'articolo 93, comma 7-bis, fuori dei casi di leasing, locazione e comodato disciplinati dal comma 1-ter del medesimo articolo (si tratta, come sopra ricordato, di nuove disposizioni introdotte dall'articolo in esame). Il testo vigente dell'articolo 132 prevede l'applicazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 85 a euro 338 per la circolazione del veicolo immatricolato all'estero per un periodo superiore all'anno nel territorio italiano. L'articolo 196 del codice dispone, tra l'altro, che per le violazioni punibili con la sanzione amministrativa pecuniaria, risponde solidalmente: il locatario, in caso di locazione senza conducente come disciplinata dall'articolo 84 del codice della strada; tale disposizione, presente nel testo vigente, viene mantenuta dalla novella in esame; l'intestatario del contrassegno di identificazione, in caso di locazione senza conducente dei ciclomotori; tale disposizione, presente nel testo vigente, viene implicitamente soppressa dalla novella in esame. L'articolo in commento reca l'introduzione, inoltre, degli ulteriori seguenti casi di responsabilità solidale (si tratta di disposizioni introdotte nell'articolo 196 del codice dalla novella in esame): l'intestatario temporaneo del veicolo, quando sia stata omessa la dichiarazione al Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici al fine dell'annotazione sulla carta di circolazione – da parte dell'avente causa – di atti da cui derivi una variazione dell'intestatario della carta di circolazione ovvero che comportino la disponibilità del veicolo, per un periodo superiore a trenta giorni, in favore di un soggetto diverso dall'intestatario stesso, (articolo 94, comma 4-bis, del codice); la persona residente in Italia che ha, a qualunque titolo, la disponibilità del veicolo se non prova che la circolazione del veicolo stesso è avvenuta contro la sua volontà, nei casi indicati dall'articolo 93, commi 1-bis e 1-ter, e dall'articolo 132; tale disposizione, connessa alle altre modifiche proposte dall'emendamento in esame, è introdotta nell'articolo 196 dalla novella in esame.
  Evidenzia che l'articolo 30 modifica la disciplina del reato di invasione di terreni o edifici di cui all'articolo 633 c.p. come segue: viene elevata la pena detentiva prevista per l'invasione arbitraria di terreni o edifici (dagli attuali «fino a due anni» a «da uno a tre anni»); sono ridelineate le circostanze aggravanti prevedendo la pena della reclusione da due a quattro anni e la multa da euro 206 a euro 2064 nel caso in cui il fatto sia commesso da più di cinque persone ovvero da persona palesemente Pag. 15armata (viene meno la circostanza aggravante che ricorre quando il fatto è commesso da più di dieci persone, anche non armate). Nelle ipotesi aggravate è confermata la procedibilità d'ufficio; si interviene sulla nuova ipotesi aggravata introdotta dal decreto-legge, prevedendo che nel caso in cui l'invasione sia commessa da due o più persone, la pena per i promotori o gli organizzatori è aumentata.
  Ricorda che l'articolo 31 inserisce tra i reati in relazione ai quali possono essere disposte le intercettazioni anche la fattispecie aggravata del delitto di invasione di terreni o edifici. Più nel dettaglio la disposizione (comma 1), come modificata dal Senato, inserisce nel catalogo di delitti di cui alla lettera f-ter) del comma 1 dell'articolo 266 c.p.p., relativo ai limiti di ammissibilità delle intercettazioni, il reato di cui al secondo comma dell'articolo 633 c.p. In particolare la lettera f-ter) del comma 1 dell'articolo 266 c.p.p., prevede tra i reati per i quali è possibile ricorrere a tale strumento di indagine i delitti di: commercio di sostanze alimentari nocive (articolo 444 c.p.); contraffazione, alterazione o uso di marchio segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (articolo 473 c.p.); introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (articolo 474 c.p.); frode nell'esercizio del commercio (articolo 515 c.p.); vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (articolo 516 c.p.); contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (articolo 517-quater c.p.). Il comma 2 dell'articolo 31 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  Quanto all'articolo 31-bis, evidenzia che esso esclude che la misura degli arresti domiciliari possa essere eseguita presso un immobile occupato abusivamente. La disposizione inserisce un nuovo comma 1-ter nell'articolo 284 c.p.p.
  Ricorda che l'articolo 31-ter reca previsioni relative all'attività dell'Amministrazione dell'interno innanzi ad occupazioni arbitrarie di immobili. In particolare disciplina una procedimentalizzazione di tale attività e dispone la liquidazione al proprietario (o titolare di diritto reale di godimento sull'immobile) di un'indennità onnicomprensiva per il mancato godimento del bene, secondo alcuni criteri equitativi. Ove il procedimento sia rispettato, l'Amministrazione è esentata dalla responsabilità civile e amministrativa per la mancata esecuzione di provvedimenti di rilascio di immobili abusivamente occupati.
  Evidenzia che l'articolo 32-quinquies novella le disposizioni concernenti il Servizio Centrale di Protezione dei collaboratori e dei testimoni di giustizia di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 8 del 1991. Con la novella in esame si intende aggiornare la denominazione del Ministro dell'economia e delle finanze e si prevede l'articolazione del Servizio in due strutture divisionali (non più «sezioni») per la «trattazione separata» delle posizioni, rispettivamente, dei collaboratori e dei testimoni. All'attuazione delle disposizioni del medesimo articolo 14 del decreto-legge n. 44 del 1991, si provvede nel limite delle risorse – umane, finanziarie e strumentali – previste a legislazione vigente (così prevede un nuovo comma ivi inserito dalla novella in esame).
  Rileva che l'articolo 35-ter interviene sulla disciplina delle ordinanze di ordinaria amministrazione del Sindaco in materia di orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche estendendo l'ambito anche gli esercizi del settore alimentare o misto, attività artigianali di produzione e vendita prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato e di erogazione di alimenti e bevande attraverso distributori automatici, ampliando l'ambito territoriale di applicabilità alle aree cittadine interessate da fenomeni di aggregazione notturna e introducendo sanzioni nel caso di inosservanza delle stesse. L'articolo incide sull'articolo 50 del TUEL modificando il comma 7-bis (lettera a)) e inserendo un comma aggiuntivo dopo quest'ultimo mirato a introdurre sanzioni in caso di inosservanza delle ordinanze sindacali (lettera b)). L'articolo 35-ter prevede, in via ordinaria, una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento Pag. 16di una somma da 500 a 5.000 euro. Se la medesima violazione si ripete nell'arco di un anno, è disposta la sospensione dell'attività per un massimo di quindici giorni. L'articolo opera un esplicito rinvio, in caso di recidiva, all'articolo 12, comma 1, del decreto-legge n. 14 del 2017 che attribuisce al questore il potere di sospendere l'attività commerciale per un massimo di quindici giorni nel caso di violazione delle ordinanze emanate ai sensi dell'articolo 50, commi 5 e 7.
  Segnala che l'articolo 36 reca modifiche al codice antimafia in materia di procedure di gestione e destinazione dei beni confiscati. In particolare, l'articolo 36, comma 1, modifica l'articolo 35 del codice antimafia relativo alla nomina e revoca dell'amministratore giudiziario. In particolare, il comma 2 dell'articolo 35 del codice antimafia prevede, fra le altre, che con decreto interministeriale siano individuati i criteri di nomina degli amministratori giudiziari e dei coadiutori che tengano conto del numero di incarichi aziendali in corso, comunque non superiori a tre. Il comma 2 prevede inoltre che all'atto della nomina l'amministratore giudiziario è tenuto – proprio per il limite suddetto – a comunicare al tribunale se e quali incarichi analoghi egli abbia in corso anche se conferiti da altra autorità. Tale limite – come rileva la relazione illustrativa – impedisce al professionista di assumere ulteriori incarichi, costringendolo a scegliere l'ente committente, Autorità giudiziaria o Agenzia, per il quale svolgere l'incarico, con plausibile prevalenza della prima sulla seconda per motivazioni di ordine economico. Il decreto-legge, al fine di evitare «la stasi gestionale» originata dalla norma suddetta, consente al professionista di poter acquisire, se del caso, tre incarichi dall'autorità giudiziaria, mantenendo le gestioni già in essere quale coadiutore dell'Agenzia. Segnala che nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento è stato inserito un ulteriore comma nell'articolo 36. Il nuovo comma 1-bis sostituisce il comma 3 dell'articolo 35-bis del codice antimafia (Responsabilità nella gestione e controlli della pubblica amministrazione). La disposizione interviene sulla procedura, eliminando la competenza del prefetto. Il comma, come riformulato, prevede che dalla data di nomina dell'amministratore giudiziario e sino all'eventuale provvedimento di dissequestro o di revoca della confisca ovvero alla data di destinazione dell'azienda, sono sospesi gli effetti della pregressa documentazione antimafia interdittiva, nonché le procedure pendenti preordinate al conseguimento dei medesimi effetti. Il comma 2 dell'articolo in esame modifica poi, l'articolo 38 del codice antimafia, che disciplina i compiti dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati. Il decreto-legge: consente all'Agenzia di individuare il coadiutore, di cui l'ente si avvale per la gestione dei beni confiscati fino all'emissione del provvedimento di destinazione, anche tra soggetti diversi da quello nominato amministratore giudiziario dal tribunale (num. 1); precisa che, se diverso dall'amministratore giudiziario, il soggetto individuato debba essere comunque in possesso della specifica professionalità richiesta per gli amministratori giudiziari (num. 2). Evidenzia inoltre che nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento è stata inserita una ulteriore lettera (la lettera 0a) al comma 2 dell'articolo 36 del decreto-legge. La nuova disposizione interviene sul comma 2 dell'articolo 38 del codice antimafia. La nuova disposizione prevede in primo luogo che all'Agenzia debbano essere comunicati anche i dati individuati dal regolamento di attuazione previsto dall'articolo 113, comma 1, lettera c), indispensabili per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali. Infine la disposizione sopprime l'ultimo periodo del comma 2, il quale, come ricordato, precisa che la mancata pubblicazione comporta responsabilità dirigenziale. Rileva che nel corso dell'esame in Senato sono stati inseriti all'articolo 36, due nuovi commi dopo il comma 2. Il primo dei due nuovi commi (comma 2-bis) modifica l'articolo 41-ter (Istituzione dei tavoli provinciali permanenti sulle aziende sequestrate e confiscate, presso le prefetture-uffici territoriali Pag. 17del Governo) del codice antimafia. La modifica inserita rende facoltativa l'istituzione di tali tavoli: spetterà al prefetto valutare se procedere alla istituzione di un tavolo provinciale o meno. Il secondo dei nuovi commi (comma 2-ter) apporta due modifiche all'articolo 43 del codice antimafia il quale disciplina il rendiconto di gestione. Evidenzia che la modifica approvata dal Senato stabilisce che l'amministratore giudiziario debba presentare il conto di gestione entro sessanta giorni anche dal deposito del provvedimento di confisca di secondo grado. Inoltre la modifica sostituisce il comma 5-bis dell'articolo 43. La proposta ridisciplina il rendiconto dell'Agenzia nazionale quale amministratore dei beni, prevedendo che l'Agenzia sia tenuta a presentare il rendiconto nel caso di revoca della confisca. Nel caso di confisca definitiva l'Agenzia deve trasmettere al giudice delegato una relazione sull'amministrazione dei beni una relazione sull'amministrazione dei beni, esponendo le somme pagate e riscosse, le spese sostenute e il saldo finale. Il giudice delegato, all'esito degli eventuali chiarimenti richiesti, prende atto della relazione. Rileva inoltre che il Senato ha aggiunto un ulteriore comma (comma 2-quater) all'articolo 36, il quale inserisce il nuovo comma 2-bis all'articolo 44 del codice antimafia, in materia di gestione dei beni confiscati. Il nuovo comma 2-bis dell'articolo 44 prevede che per il recupero e la custodia dei veicoli a motore e dei natanti confiscati, l'Agenzia applica le tariffe stabilite con il decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, emanato ai sensi dell'articolo 59 del testo unico in materia di spese di giustizia. Ferme restando tali tariffe l'Agenzia può avvalersi di aziende da essa amministrate operanti nello specifico settore. Il comma 3 dell'articolo 36 – come modificato nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento – apporta numerose modifiche all'articolo 48 del codice antimafia relativo alla destinazione dei beni e delle somme confiscate. In particolare, alla lettera a): corregge un refuso contenuto nell'articolo 48 del codice antimafia, nel quale si fa erroneamente riferimento al «Presidente del consiglio dei ministri» invece che al Ministro dell'interno; ricomprende le città metropolitane nel novero degli enti territoriali cui possono essere trasferiti i beni immobili confiscati, con la precisazione che essi confluiscono nel relativo patrimonio indisponibile con ciò rendendo esplicito il vincolo che ne preclude il distoglimento dal fine pubblico assegnato; supera l'attuale automaticità del trasferimento al Comune dei beni nel caso di confisca conseguente al reato di cui all'articolo 74 del TU in materia di stupefacenti, per la loro destinazione a centri di cura e recupero di tossicodipendenti ovvero a centri e case di lavoro per i riabilitati. La lettera b) del comma 3 dell'articolo 36 integra il comma 4 dell'articolo 48 del codice antimafia prevedendo un incremento dei fondi per la contrattazione integrativa grazie ad una quota non superiore al 30 per cento dei proventi e comunque non oltre il 15 per cento del trattamento accessorio in godimento al personale dell'Agenzia, definita con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze su proposta dell'Agenzia, derivante dall'utilizzo dei beni immobili confiscati utilizzati dall'Agenzia per finalità economiche. La lettera c) introduce all'articolo 48 del codice antimafia un ulteriore comma (comma 4-bis) il quale prevede che gli enti territoriali possono richiedere gli immobili confiscati anche allo scopo di incrementare l'offerta sul loro territorio di alloggi da assegnare in locazione a soggetti in particolare condizione di disagio economico o sociale. La lettera d) riscrive i commi 5, 6 e 7 dell'articolo 48 del codice antimafia, i quali delineano il procedimento di vendita dei beni confiscati. Tali disposizioni, nella formulazione vigente prima del decreto-legge prevedevano: l'osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni del codice di rito civile, con avviso di vendita pubblicato nel sito dell'Agenzia e notizia nei siti dell'Agenzia del demanio e della Prefettura della provincia interessata; la vendita per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla Pag. 18stima. Nel caso in cui, entro 90 giorni dalla data di pubblicazione dell'avviso di vendita, non pervengano all'Agenzia proposte di acquisto per il corrispettivo sopra indicato, il prezzo minimo della vendita non può essere determinato in misura inferiore all'80 per cento del valore della stima; il diritto di opzione prioritaria sull'acquisto per le cooperative edilizie costituite dal personale delle forze armate e di quelle di polizia (comma 6); la prelazione all'acquisto per gli enti territoriali (la definizione dei cui termini e modalità è demandata ad un successivo Regolamento) (comma 7); la vendita agli enti pubblici aventi tra le altre finalità istituzionali anche quella dell'investimento nel settore immobiliare, alle associazioni di categoria che assicurano maggiori garanzie ed utilità per il perseguimento dell'interesse pubblico e alle fondazioni bancarie; il divieto di alienazione per cinque anni dalla data di trascrizione del contratto di vendita; la richiesta al prefetto della provincia interessata di un parere obbligatorio, sentito il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica e di ogni informazione utile affinché i beni non siano acquistati, anche per interposta persona, dai soggetti ai quali furono confiscati, da soggetti altrimenti riconducibili alla criminalità organizzata ovvero utilizzando proventi di natura illecita. Il decreto-legge riformula il comma 5: prevedendo che l'avviso di vendita debba essere pubblicato sui soli siti dell'Agenzia e dell'Agenzia del demanio; ampliando la platea dei possibili acquirenti. Si prevede infatti la possibilità di aggiudicazione al migliore offerente, con il bilanciamento di rigorose preclusioni e dei conseguenti controlli, allo scopo di assicurare che comunque il bene non torni all'esito dell'asta nella disponibilità della criminalità organizzata. A tal fine la disposizione prevede il rilascio dell'informazione antimafia; introducendo una procedura di regolarizzazione dell'immobile nei frequenti casi di irregolarità urbanistiche sanabili. I nuovi commi 6 e 7 ridelineano la disciplina relativa all'esercizio del diritto di prelazione. Si prevede in particolare che la prelazione all'acquisto può essere esercitata, a pena di decadenza, nei termini stabiliti dall'avviso pubblico, salvo recesso qualora la migliore offerta pervenuta non sia ritenuta di interesse. Inoltre è ampliato il novero dei soggetti cui è riconosciuta la prelazione all'acquisto. Oltre che agli enti territoriali il diritto di prelazione è riconosciuto anche: agli enti pubblici aventi tra le altre finalità istituzionali anche quella dell'investimento nel settore immobiliare; alle associazioni di categoria che assicurano maggiori garanzie ed utilità per il perseguimento dell'interesse pubblico; alle fondazioni bancarie; alle cooperative edilizie costituite da personale delle Forze di polizia o delle Forze armate (come detto, prima del decreto-legge, a queste era riconosciuto «il diritto di opzione prioritaria»). La lettera e) inserisce un ulteriore comma, il 7-ter, nell'articolo 48 del codice antimafia, il quale prevede una specifica disciplina per la destinazione dei beni confiscati indivisi. In questi casi l'Agenzia o il partecipante alla comunione possono promuovere incidente d'esecuzione ex articolo 666 c.p.p.. In questi casi il tribunale, disposti i necessari accertamenti tecnici, adotta gli opportuni provvedimenti per ottenere la divisione del bene. La disciplina contempla più ipotesi: nel caso in cui il bene sia indivisibile: i partecipanti in buona fede possono chiedere l'assegnazione dell'immobile oggetto di divisione, previa corresponsione del conguaglio dovuto in favore degli aventi diritto, conformemente al valore stimato dal perito del tribunale; nel caso in cui l'assegnazione è richiesta da più partecipanti della comunione si fa luogo alla stessa in favore del partecipante titolare della quota maggiore o anche in favore di più partecipanti, se questi la chiedono congiuntamente; nel caso in cui l'assegnazione non è chiesta, si procede alla vendita a cura dell'Agenzia e gli altri partecipanti alla comunione hanno diritto alla corresponsione di una somma pari al valore stimato dal perito nominato dal tribunale, con salvezza dei diritti dei creditori iscritti e dei cessionari; nel caso di acquisizione del bene al patrimonio dello Stato, il tribunale ordina il pagamento delle Pag. 19somme, ponendole a carico del Fondo Unico Giustizia. Nel corso dell'esame in Senato è stato inserito un ulteriore comma 7-quater all'articolo 48 del codice antimafia, il quale prevede che le modalità di attuazione della disposizione di cui al comma 7-ter, ai sensi della quale, in caso di acquisizione del bene al patrimonio dello Stato, il tribunale ordina il pagamento delle somme, ponendole a carico del Fondo unico giustizia, sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia. La lettera f), come modificata dal Senato, riscrive il comma 10 dell'articolo 48 del codice antimafia al fine di dare maggiore concretezza all'autonomia riconosciuta dalla legge all'Agenzia. In particolare il comma come modificato prevede una differente ripartizione dei proventi derivanti dalla vendita dei beni confiscati, il novanta per cento di tali somme confluiscono nel Fondo Unico Giustizia per essere riassegnati come segue: 40 per cento al Ministero dell'interno; 40 per cento al Ministero della giustizia; 20 per cento all'Agenzia per assicurare lo sviluppo delle proprie attività istituzionali. Il restante dieci per cento delle somme ricavate dalla vendita, precisa la nuova lettera f-bis), invece confluisce in un fondo, istituito presso il Ministero dell'interno, per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni. La lettera g) inserisce il nuovo comma 12-ter nell'articolo 48 del codice antimafia. La nuova disposizione prevede la possibilità di destinare alla vendita, con divieto di cessione per un periodo non inferiore ad un anno, ovvero di distruggere i beni mobili confiscati non utilizzabili dalla stessa Agenzia, né dagli anti enti o dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco per esigenze del soccorso pubblico. La lettera h) infine introduce sempre all'articolo 48 del codice antimafia un ulteriore comma, il 15-quater, il quale prevede che i beni sequestrati e confiscati che rimangono invenduti decorsi tre anni dall'avvio della procedura, sono mantenuti al patrimonio dello Stato, con provvedimento dell'Agenzia, alla quale resta peraltro affidata la gestione.
  Segnala che nel corso dell'esame in Senato è stato introdotto un ulteriore comma, dopo il comma 3, all'articolo 36. Il nuovo comma 3-bis dell'articolo 36 modifica il comma 3-ter dell'articolo 51 del codice antimafia, relativo al regime-fiscale e degli oneri economici. La disposizione inserita dal Senato sostituisce il riferimento alla sussistenza di un interesse di natura generale con il richiamo al perseguimento delle proprie finalità istituzionali. Il comma 4 dell'articolo 36 del decreto-legge reca la clausola di invarianza finanziaria, precisando che le amministrazioni interessate devono provvedere ai nuovi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Ricorda che l'articolo 36-bis modifica il Codice antimafia per prevedere che tutti i provvedimenti giudiziari relativi al sequestro e alla confisca di prevenzione, relativi a imprese o società, debbano essere iscritti nel registro delle imprese. L'articolo, introdotto nel corso dell'esame al Senato, interviene sulla disciplina dell'amministrazione, gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati prevista dal Codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011), introducendovi l'articolo 51-bis. Tale nuova previsione impone alle cancellerie giudiziarie di richiedere al registro delle imprese l'iscrizione di una serie di provvedimenti adottati dal giudice nell'ambito del procedimento di prevenzione patrimoniale relativo ad imprese e società. In particolare, dovranno essere iscritti i seguenti atti: il decreto di sequestro (articolo 20 Codice); il decreto di confisca (articolo 24 Codice); il provvedimento del tribunale che dispone l'amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende quando non ricorrono i presupposti per l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali ma sussistono indizi per ritenere che il libero esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle di carattere imprenditoriale, sia direttamente o indirettamente sottoposto al condizionamento mafioso (articolo 34 Codice); il provvedimento del tribunale che, in presenza dei medesimi presupposti, Pag. 20dal carattere occasionale, dispone il controllo giudiziario delle attività economiche e delle aziende (articolo 34-bis Codice); il provvedimento di nomina dell'amministratore giudiziario delle aziende (articolo 41 Codice); il provvedimento definitivo di confisca (articolo 45 Codice). L'elencazione non ha carattere esaustivo in quanto l'articolo 51-bis precisa che dovranno essere iscritti anche «tutti i provvedimenti giudiziari» previsti dal Codice antimafia, «comunque denominati, relativi ad imprese, a società o a quote delle stesse». La cancelleria dovrà presentare istanza al registro del le imprese entro il giorno successivo al deposito del provvedimento giudiziario. Per le modalità di presentazione dell'istanza si rinvia alla legge n. 580 del 1993, di riordino delle camere di commercio, che all'articolo 8 disciplina appunto il registro delle imprese. Nelle more dell'emanazione di uno specifico regolamento (proposta del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro della giustizia e con Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, in base all'articolo 8, comma 6-bis), la richiesta di iscrizione dovrà essere effettuata con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 581 del 1995 (in base all'articolo 8, comma 6-ter).
  Quanto all'articolo 37, ricorda che esso incide, novellandole, sulle disposizioni del Codice antimafia, relative all'organizzazione e all'organico dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati. La disposizione modifica in primo luogo l'articolo 110 del codice antimafia prevedendo la possibilità di istituire fino a 4 sedi secondarie dell'Agenzia. È soppressa inoltre la previsione per la quale le sedi dell'Agenzia devono essere stabilite in immobili confiscati (comma 1). In base all'articolo 110, comma 1, del codice antimafia, nella formulazione in vigore prima del decreto-legge in conversione: sono previste due sedi dell'Agenzia: una sede principale a Roma; la sede di e una sede secondaria a Reggio Calabria. In concreto, tuttavia, come evidenzia la relazione tecnica, attualmente permangono, oltre alla sede di Reggio Calabria, anche altre 3 sedi (Palermo, Napoli e Milano) istituite prima dell'entrata in vigore della legge n. 161 del 2017 (che ha modificato l'articolo 110 nel senso qui illustrato), e temporaneamente salvaguardate (rectius «fino all'adeguamento della pianta organica dell'Agenzia») dall'articolo 1, comma 292, della legge n. 205 del 2017; le sedi, compatibilmente con le esigenze di funzionalità, devono essere stabilite in immobili confiscati alla criminalità organizzata; l'Agenzia, dotata di personalità giuridica e di autonomia organizzativa e contabile, è posta sotto la vigilanza del Ministro dell'interno.
  Evidenzia che l'articolo 37, al comma 2, interviene poi sull'articolo 112 del codice antimafia: prevedendo che alla istituzione delle ulteriori sedi secondarie provveda l'Agenzia stessa con delibera del Consiglio direttivo. Tali sedi devono essere istituite in regioni ove sono presenti in quantità significativa beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (lettera a), n. 1); sopprimendo il parere motivato del Comitato consultivo di indirizzo preliminare alla delibera del Consiglio direttivo con la quale l'Agenzia approva il bilancio preventivo e quello consultivo (lettera a), n. 2 e lettera b). L'articolo 37, infine, modifica l'articolo 113-bis del codice antimafia in materia di organico dell'Agenzia (comma 3). Più nel dettaglio il comma 3 dell'articolo 37 del decreto-legge: limita a 100 – su un totale di 170 previste – le unità di personale da reclutare per il potenziamento dell'organico dell'Agenzia attraverso procedure ordinarie di mobilità (lettera a); dispone che le restanti 70 unità possano essere reclutate mediante procedure selettive pubbliche, con oneri a carico dell'Agenzia, mentre per quanto riguarda la spesa «a regime» si provvede ai sensi dell'articolo 41 che detta disposizioni per la copertura finanziaria dei Titoli II e III del provvedimento (lettera b)); aggiunge due ulteriori commi (4-bis e 4-ter) all'articolo 113-bis del codice antimafia (lettera c).
  Rileva che l'articolo 37-bis modifica l'articolo 113 del codice antimafia in materia di organizzazione e funzionamento Pag. 21dell'Agenzia, prevedendo che essa possa richiedere la collaborazione di Amministrazioni centrali dello Stato, di Agenzie fiscali o di altri enti pubblici. Si tratta di un articolo inserito presso l'altro ramo del Parlamento, il quale modifica in particolare il comma 3 dell'articolo 113 del codice antimafia. La disposizione, oltre a sopprimere ogni riferimento al «Regolamento», estende il novero di soggetti della cui collaborazione l'Agenzia, sulla base di apposite convenzioni, può avvalersi. Nel dettaglio l'Agenzia potrà avvalersi della collaborazione di: amministrazioni centrali dello Stato; società ed associazioni in house (l'Agenzia potrà avvalersi di questi soggetti «con le medesime modalità delle amministrazioni); Agenzie fiscali; enti pubblici.
  Evidenzia che l'articolo 38 introduce una deroga, valida fino al terzo esercizio finanziario successivo all'adeguamento della dotazione organica, alle norme della spending review con riguardo alla Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati.
  Rileva che l'articolo 38-bis, infine, dispone in materia di sostegno delle vittime delle attività di estorsione e dell'usura. A tal fine esso propone novelle alla legge n. 44 del 1999 ( «Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura»). In particolare, preclude l'iscrizione agli elenchi delle associazioni e delle organizzazioni antiracket e antiusura ai soggetti che non siano in regola con la documentazione antimafia. Amplia i termini per la presentazione delle domande di elargizione a favore dei soggetti danneggiati da attività estorsive. Dispone inoltre circa: le modalità di concessione dell'elargizione quando dall'elargizione delle somme a valere sul fondo dipenda la ripresa efficiente dell'attività imprenditoriale; l'attività del Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura; i termini di alcune scadenze per il richiedente l'elargizione.

  Giulia SARTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.35.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante ripartizione delle risorse del Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
Atto n. 51.
(Rilievi alla V Commissione).