CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 ottobre 2018
74.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 43

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Martedì 16 ottobre 2018. — Presidenza del presidente Alberto STEFANI.

  La seduta comincia alle 13.35.

Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale.
Emendamenti C. 893-A Orlando.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Elisa TRIPODI (M5S), relatrice, rileva come gli emendamenti presentati in Assemblea alla proposta di legge C. 893-A Orlando, recante disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale, contenuti nel fascicolo n. 1, non presentino profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi nulla osta.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta, a chilometro zero o utile e di qualità.
C. 183-A Gallinella.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

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  Giuseppe D'AMBROSIO (M5S), relatore, rileva come gli emendamenti alla proposta di legge C.183-A Gallinella, recante norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta, a chilometro zero o utile e di qualità, contenuti nel fascicolo n. 1, non presentino profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi nulla osta.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 13.40.

SEDE REFERENTE

  Martedì 16 ottobre 2018. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. — Interviene il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta Vincenzo Santangelo.

  La seduta comincia alle 13.40.

Modifica all'articolo 71 della Costituzione in materia di iniziativa legislativa popolare.
C. 726 cost. Ceccanti e C. 1173 cost. D'Uva.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Fabiana DADONE (M5S), relatrice, segnala come la Commissione sia chiamata ad avviare l'esame, in sede referente, della proposta di legge costituzionale C. 1173 D'Uva, recante «Modifica dell'articolo 71 della Costituzione in materia di iniziativa legislativa popolare», inserita nel programma dei lavori dell'Assemblea per il mese di dicembre, cui è abbinata la proposta di legge costituzionale C. 726 Ceccanti, recante «Modifica dell'articolo 71 della Costituzione, concernente l'iniziativa delle leggi e l'introduzione del referendum propositivo».
  Entrambe le proposte di legge costituzionale modificano l'articolo 71 della Costituzione nella parte in cui disciplina l'iniziativa legislativa popolare, introducendo una procedura «rinforzata» che si può concludere, al verificarsi di alcune condizioni, con lo svolgimento di una consultazione referendaria.
  In merito rammenta che la Costituzione attribuisce l'iniziativa legislativa al Governo, a ciascun membro delle Camere e agli altri organi ed enti cui sia attribuita da legge costituzionale (ai sensi dell'articolo 71 della Costituzione), al CNEL (ai sensi dell'articolo 99 della Costituzione) e ai Consigli regionali (ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione). L'iniziativa legislativa è inoltre consentita ai Consigli comunali limitatamente alle proposte di legge volte al mutamento delle circoscrizioni provinciali e all'istituzione di nuove province (articolo 133).
  Il secondo comma dell'articolo 71 della Costituzione attribuisce, inoltre, il potere di iniziativa legislativa anche ad «almeno cinquantamila elettori», con l'unico vincolo della proposta di un progetto redatto in articoli. Le modalità di presentazione di tali proposte, che possono essere sia ordinarie sia costituzionali, sono disciplinate dalla legge n. 352 del 1970.
  Ricorda in proposito che la disciplina costituzionale dell'iniziativa legislativa popolare è stata oggetto di discussione nell'Assemblea costituente in connessione con l'istituto del referendum. Successivamente, gli istituti della partecipazione popolare al procedimento legislativo attraverso una revisione delle norme costituzionali, che disciplinano l'iniziativa legislativa popolare o gli istituti referendari, sono stati oggetto di diverse ipotesi di modifica, prevalentemente nell'ambito di più generali progetti di riforma costituzionale a partire dalla IX legislatura.
  Per quanto riguarda l'istituto del referendum, rammenta che la Costituzione prevede due forme di consultazione referendaria a livello statale: il referendum abrogativo, disciplinato dall'articolo 75 Pag. 45della Costituzione, e quello costituzionale, ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione.
  Nell'ordinamento italiano sono inoltre previste, in alcuni casi, forme di consultazione referendaria per oggetti limitati e che coinvolgono solo parti del corpo elettorale (articolo 132 della Costituzione per le modificazioni territoriali).
  Al contempo, con un'apposita legge costituzionale (la legge costituzionale 3 aprile 1989, n. 2, «Indizione di un referendum di indirizzo sul conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo che sarà eletto nel 1989») si è fatto ricorso, in un unico caso, all'istituto del referendum di indirizzo, svoltosi il 18 giugno 1989 contestualmente alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, con un quesito «consultivo» relativo al conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo.
  Ricorda, altresì, che lo strumento di partecipazione popolare è previsto dalla Costituzione anche a livello regionale e locale: in base all'articolo 123 della Costituzione è, infatti, rimessa agli statuti regionali la disciplina dei referendum regionali e locali, che devono rispettivamente riguardare «leggi e provvedimenti amministrativi della regione» e «materie di esclusiva competenza locale». La Costituzione prevede, infine, un referendum confermativo eventuale per l'approvazione degli statuti delle regioni ordinarie e, nelle regioni a statuto speciale, per l'approvazione delle «leggi statutarie» (ai sensi dell'articolo 123 della Costituzione).
  Sotto il profilo del diritto comparato, ricorda, in estrema sintesi, che alcuni strumenti di democrazia diretta sono previsti, con diverse modulazioni, negli ordinamenti dei principali Paesi europei.
  Gli istituti di democrazia diretta costituiscono, in particolare, una peculiarità dell'ordinamento svizzero, dove è possibile, ad esempio, ricorrere al referendum entro un determinato arco temporale successivamente all'approvazione di una legge nonché promuovere un'iniziativa popolare federale per una modifica totale o parziale riguardante la Costituzione federale, da sottoporre al voto del popolo e dei cantoni al ricorrere di alcune condizioni. In ambito extra-europeo ricorda l'esempio dello Stato della California dove è previsto il referendum obbligatorio in caso di modifiche costituzionali o per determinate tipologie di leggi.
  Nell'ambito dell'Unione europea, il Trattato di Lisbona ha introdotto una nuova forma di partecipazione popolare alle decisioni politiche dell'Unione europea: l'iniziativa dei cittadini europei. La disposizione prevede che un numero di cittadini dell'Unione europea non inferiore a un milione possa invitare la Commissione europea a presentare una proposta in settori di sua competenza. L'iniziativa dei cittadini è stata poi disciplinata dal Regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011.
  Passando a illustrare il contenuto delle proposte di legge costituzionale in esame, la proposta di legge C. 1173 D'Uva, costituita da un solo articolo, al comma 1 inserisce sette nuovi commi nell'articolo 71 della Costituzione.
  La proposta di legge lascia immodificato il testo vigente dell'articolo 71 (composto di due commi) e lo integra, aggiungendo i nuovi commi da 3 a 9, con una fattispecie di iniziativa legislativa popolare «rinforzata» per le proposte di legge di iniziativa popolare ordinaria che siano sottoscritte da almeno 500.000 elettori.
  In sintesi, a seguito della presentazione dell'iniziativa legislativa popolare, la proposta di legge costituzionale in esame introduce un procedimento che prevede l'approvazione del testo da parte delle Camere entro 18 mesi, oppure – nel caso in cui, nello stesso arco di tempo, le Camere non abbiano concluso l’iter parlamentare, abbiano approvato un testo diverso o lo abbiano respinto – la consultazione referendaria.
  Ricorda quindi che il contenuto della presente proposta di legge prende spunto da quanto affermato nel corso dell'audizione sulle linee programmatiche del Ministro per i rapporti con il Parlamento e Pag. 46per la democrazia diretta, Riccardo Fraccaro, svolta dinanzi le Commissioni riunite (I Camera e 1a Senato).
  In tale sede, il Ministro ha evidenziato come il referendum propositivo – che si intende introdurre nella forma di «un'iniziativa popolare rinforzata» – dovrà essere un importante strumento di partecipazione per i cittadini, consentendo loro di concorrere all'assunzione delle decisioni politiche, anche influenzando le deliberazioni degli organi rappresentativi. In questa prospettiva, una proposta di revisione costituzionale in materia potrebbe favorire il confronto tra i promotori del referendum e le Camere. Il Ministro ha segnalato, inoltre, l'esigenza di valutare con attenzione l'introduzione di procedure volte a consentire un dialogo tra i promotori del referendum ed i competenti organi parlamentari, anche attraverso lo svolgimento di audizioni. Il dialogo e la partecipazione effettiva a un iter legislativo in sede parlamentare potrebbero costituire, infatti, un momento fondamentale della nuova procedura referendaria.
  Il Ministro ha, quindi, prospettato la possibilità per i promotori, all'esito di tale procedimento «partecipato», di ritirare la propria proposta in conseguenza dell'attività legislativa delle Camere, quando sia ritenuta idonea a soddisfare le esigenze sottese al quesito referendario. Nel caso contrario, si dovrebbe prevedere che gli elettori possano essere chiamati a scegliere tra la proposta dei promotori del referendum e una controproposta alternativa elaborata dal Parlamento. «In sostanza, come nel modello svizzero, il centro del sistema non dovrà essere costituito soltanto dalla consultazione referendaria, ma anche dal processo di partecipazione popolare che esso attiva. Non a caso, nel contesto elvetico accade spesso che i referendum siano «bocciati» dalla popolazione perché durante il loro iter il Parlamento ha saputo venire incontro alle istanze dei cittadini mediante uno specifico intervento legislativo».
  Passando al dettaglio delle norme recate dalla proposta legge C. 1173, per quanto concerne le modalità di sottoscrizione delle proposte di legge di iniziativa popolare, la proposta di legge in esame richiede, come si è detto, ai sensi del nuovo terzo comma dell'articolo 71 della Costituzione, la sottoscrizione di almeno 500.000 elettori per avviare la procedura «rinforzata» che si propone di introdurre.
  Il nuovo sesto comma dell'articolo 71 dispone, inoltre, che, durante la fase di raccolta delle sottoscrizioni, dopo aver raccolto almeno 100.000 firme i promotori possono richiedere un giudizio di ammissibilità alla Corte costituzionale. La legge attuativa potrà opportunamente prevedere che il controllo del numero delle firme possa essere devoluto all'Ufficio centrale per il referendum, «sgravando» le Camere di un compito che appare meglio «allocato» al loro esterno.
  Il nuovo nono comma dell'articolo 71 rinvia, quindi, alla legge ordinaria la definizione delle modalità di attuazione della nuova disciplina.
  Con riferimento agli ambiti di intervento, la proposta di modifica dell'articolo 71 della Costituzione, recata dalla proposta legge costituzionale C. 1173 non pone limiti di materia all'iniziativa popolare, né al numero massimo di proposte annue che possono essere presentate con tale procedura.
  Al riguardo, il nuovo terzo comma dell'articolo 71, come novellato dalla proposta di legge in esame, fa riferimento alle proposte di legge ordinaria, restando dunque espressamente escluse dalla possibilità di iniziativa popolare «rinforzata» le leggi costituzionali (quindi anche di modificazione degli statuti speciali) e le leggi di revisione costituzionale.
  L'istituto, dunque, incontra alcuni limiti. Esso è escluso per le proposte di revisione costituzionale, essendo limitato alla «legge ordinaria». Allo stesso modo esso non è ammissibile se è in contrasto con «i principi e i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione» nell'accezione lata usata dalla Corte costituzionale, che va ben oltre i «principi fondamentali» sanciti dagli articoli da 1 a 12.
  Sempre in armonia con la giurisprudenza costituzionale in materia di referendum, Pag. 47il ricorso al nuovo istituto deve considerarsi escluso, altresì, nei casi in cui la Costituzione prevede procedure legislative speciali o aggravate, come ad esempio: per le leggi ordinarie che richiedono particolari quorum di approvazione (quali le leggi di amnistia e indulto, la legge prevista dall'articolo 81, sesto comma, della Costituzione) e per le leggi che presuppongono precedenti adempimenti, quali le leggi per le intese con le confessioni religiose (di cui all'articolo 8 della Costituzione), o il caso peculiare dei Patti lateranensi (di cui all'articolo 7 della Costituzione); per le leggi di ratifica di trattati internazionali (di cui all'articolo 80 della Costituzione) e per le leggi sulle variazioni territoriali (di cui all'articolo 132 della Costituzione); o per le proposte di legge per le quali si prevedono sia particolari quorum di approvazione sia precedenti adempimenti (legge sull'autonomia differenziata, ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione); per le leggi ad iniziativa riservata (legge di bilancio e rendiconto dello Stato). In particolare, per quanto concerne le leggi di autorizzazione alla ratifica dei Trattati internazionali, è evidente che il nuovo strumento è inutilizzabile sia per i Trattati già ratificati (perché la loro abrogazione resterebbe vietata dall'articolo 75 della Costituzione) sia ovviamente per i Trattati non ancora conclusi. Resta una sola ipotesi residua, quella cioè di Trattati già conclusi ma non ancora ratificati. In questo caso sarebbe ammessa l'iniziativa popolare, la quale si chiuderebbe peraltro senza referendum, qualora il Parlamento approvasse la legge di autorizzazione alla ratifica.
  L'equiparazione dell'iniziativa legislativa popolare rafforzata al referendum abrogativo, sotto il profilo del rango di quest'ultima nell'ambito della gerarchia delle fonti, intende porsi in linea con la giurisprudenza costituzionale che ha qualificato il referendum abrogativo come «atto normativo pariordinato alla legge ordinaria». Già in alcune pronunce del 1978 la Corte costituzionale ha riconosciuto al referendum abrogativo una «potestà normativa diretta» In particolare, nella sentenza n. 29 del 1987 la Corte afferma che «la natura del referendum abrogativo nel nostro sistema costituzionale è quella di atto-fonte dell'ordinamento dello stesso rango della legge ordinaria». Tale orientamento è stato successivamente ribadito nella sentenza n. 64 del 1990 e nelle sentenze nn. 36 del 1997 e 13 del 1999, dove la Corte ammette che anche la mera abrogazione può avere effetti innovativi nell'ordinamento e produrre nuove norme, purché queste siano ricavabile ex se dall'ordinamento e non siano estranee al contesto normativo. Anche dalla natura di atto-fonte equiordinato alla legge ordinaria – desunta dal sistema costituzionale in relazione al referendum abrogativo dalla Corte costituzionale con una giurisprudenza evidentemente suscettibile di estensione anche al nuovo istituto del referendum propositivo – discende la non sottoponibilità a referendum della Costituzione, delle leggi di revisione o delle altre leggi costituzionali, delle leggi ordinarie a forza passiva rinforzata.
  Per quanto attiene ai parametri di ammissibilità dell'eventuale referendum, il nuovo quinto comma dell'articolo 71, individua alcuni parametri di ammissibilità dello stesso, rispetto ai quali la Corte costituzionale è chiamata a compiere un giudizio di ammissibilità, oltre naturalmente a quelli impliciti sopra richiamati.

  1) rispetto dei princìpi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione.
  Al riguardo ricorda che la Costituzione definisce come «Princìpi fondamentali» i primi 12 articoli, individuando quindi – nella Parte I (agli articoli da 13 a 54) – i «diritti e doveri dei cittadini». La categoria dei principi e dei diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, tuttavia, deve essere individuata ed interpretata alla luce delle pronunce della Corte costituzionale, che inevitabilmente hanno esteso tale nozione a un sistema molto più ricco e articolato di diritti e principi.
  La giurisprudenza costituzionale ha, infatti, introdotto il concetto di «princìpi supremi», che si è sviluppato in presenza della riconosciuta possibilità di sottoporre a giudizio di costituzionalità anche leggi Pag. 48costituzionali che siano ritenute confliggenti con i «princìpi supremi» dell'ordinamento costituzionale (sentenza n. 1146 del 1988). Nello specifico, nel ricordare i limiti assoluti al potere di revisione costituzionale riconosciuto direttamente dalla Costituzione, tra i quali, la forma repubblicana di cui all'articolo 139 della Costituzione, la Corte ha avuto modo di evidenziare che sono presenti, nel nostro ordinamento, alcuni princìpi supremi, che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali.
  La Corte ha evidenziato che i princìpi fondamentali ed i diritti inviolabili della persona costituiscono «gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell'ordinamento costituzionale». In particolare, il sistema dei diritti fondamentali trova fondamento nella norma di principio, contenuta nell'articolo 2 della Costituzione, per la quale «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (...)». La Corte costituzionale ha riconosciuto, quindi, con consolidata giurisprudenza, che i diritti inviolabili dell'uomo, a cui la Costituzione fa riferimento all'articolo 2, sono una disposizione «a fattispecie aperta»: il giudice delle leggi, a partire dalla sentenza n. 561 del 1987, ha man mano riconosciuto una tutela costituzionale a diritti «inviolabili», quali il diritto all'abitazione, il «diritto alla vita», il diritto «all'identità personale» definito come «diritto ad essere sé stessi», la libertà personale, intesa non solo come garanzia da forme di coercizione fisica della persona, ma che comprende anche la libertà di autodeterminazione del soggetto (sentenza n. 30 del 1962), il diritto d'informazione (sentenze n. 84 del 1969 e n. 348 del 1990).
  In questo contesto, si colloca anche l'emersione dei cosiddetti «nuovi diritti», che la Corte costituzionale ha enucleato a partire dalle disposizioni della Carta, con la definizione anche di limiti e vincoli per il legislatore. Il giudizio di legittimità ha incluso, infatti, una valutazione relativa alla possibilità che il parametro di costituzionalità evocato introduca un nuovo aspetto di un principio fondamentale enucleando una «categoria aperta» di nuovi diritti.

  2) rispetto dei vincoli europei e internazionali.
  Ricorda in merito che l'articolo 117, primo comma, della Costituzione, prevede che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato, dalle regioni e dalle province autonome nel rispetto, oltre che della Costituzione, dei «vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».
  Tale inciso, introdotto in Costituzione dalla legge di riforma del Titolo V della Costituzione (la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), incide sul sistema dei rapporti con l'ordinamento internazionale, come definiti dall'articolo 10 della Costituzione, mentre per ciò che riguarda l'ordinamento europeo esso va interpretato con riferimento al complesso dei princìpi elaborati dalla giurisprudenza, tutti interamente costruiti intorno al regime delle limitazioni di sovranità previsto dall'articolo 11 della Costituzione.
  In estrema sintesi, la Corte ha evidenziato che «le norme dell'Unione europea vincolano in vario modo il legislatore interno, con il solo limite dell'intangibilità dei princìpi fondamentali dell'ordinamento costituzionale e dei diritti inviolabili dell'uomo, garantiti dalla Costituzione».
  La Corte costituzionale ha, altresì, in tale quadro, chiarito che le norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU) «integrano, quali «norme interposte», il parametro costituzionale espresso dall'articolo 117, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali». Il significato delle disposizioni della CEDU e dei suoi Protocolli va tratto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, purché consolidata.

  3) contenuto omogeneo.Pag. 49
  In merito rammenta che l'omogeneità di contenuto è requisito di ammissibilità del referendum abrogativo sin dalla sentenza n. 16 del 1978 e che, per quanto riguarda l'omogeneità di contenuto per la decretazione d'urgenza, la giurisprudenza costituzionale ha fatto riferimento ad «una intrinseca coerenza delle norme» o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico.

  4) obbligo di individuare i mezzi per far fronte ai nuovi o maggiori oneri che la proposta di legge importi, riprendendo la formulazione del terzo comma dell'articolo 81 della Costituzione, il quale prevede che ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri debba provvedere ai mezzi per farvi fronte. Pertanto, per effetto della regola di copertura, ogni norma che comporti una nuova o maggiore spesa o una riduzione di entrate (ossia degli oneri) deve essere corredata da una clausola finanziaria, che identifichi i mezzi per compensare i relativi effetti onerosi. Dall'obbligo costituzionale di copertura finanziaria discende la necessità di una corretta quantificazione degli oneri derivanti da ciascuna norma.
  In merito ricorda che, in attuazione dell'articolo 81 della Costituzione, la legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità e finanza pubblica) disciplina, all'articolo 17, gli strumenti e le modalità per la corretta determinazione degli oneri e dei relativi mezzi di copertura, prevedendo, in particolare, che la copertura finanziaria dei nuovi o maggiori oneri può avvenire esclusivamente attraverso:
   utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali destinati alla copertura finanziaria di provvedimenti legislativi che si prevede siano approvati nel triennio compreso nel bilancio pluriennale;
   modifica o soppressione dei parametri che regolano l'evoluzione della spesa, da cui derivino risparmi di spesa;
   riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa;
   modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate.

  La quantificazione e copertura di tali oneri sono affidati ad analisi da svolgere all'interno di uno specifico procedimento, i cui esiti sono oggetto di verifica tecnica in sede parlamentare, principalmente nel quadro dell'attività consultiva delle Commissioni Bilancio di Camera e Senato.
  In tale contesto, la proposta di legge C. 1173 attribuisce, dunque, alla Corte costituzionale il giudizio sulla corretta quantificazione e copertura degli oneri finanziari, sul rispetto dei parametri costituzionali afferenti la corretta quantificazione e copertura degli oneri finanziari così come può avvenire anche per le leggi approvate dal Parlamento. Del resto, in mancanza di copertura finanziaria, la legge approvata dal Parlamento è rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica, che rileva proprio la sussistenza di tale profilo di illegittimità costituzionale.
  Rileva, inoltre, come la legge attuativa potrà disciplinare le modalità attraverso cui possono essere apportate eventuali variazioni o rimodulazioni delle fonti di copertura finanziaria originariamente individuate dalla proposta di legge di iniziativa popolare.
  Relativamente al giudizio di ammissibilità del referendum propositivo, ai sensi del nuovo sesto comma dell'articolo 71, il giudizio di ammissibilità della Corte costituzionale può intervenire o una volta raggiunte le 100.000 sottoscrizioni sulla proposta di legge popolare, come già ricordato, o successivamente.
  Il nuovo sesto comma dell'articolo 71 prevede, infatti, che «sull'ammissibilità del referendum la Corte costituzionale giudica, su istanza dei promotori, anche prima della presentazione della proposta di legge alle Camere, purché siano state raccolte almeno centomila firme».
  Trattandosi di una proposta di legge costituzionale, le modifiche all'articolo 71 della Costituzione sono ridotte all'introduzione delle garanzie necessarie al funzionamento corretto del nuovo istituto, demandando alla legge di attuazione tutte le Pag. 50altre tecnicalità. In particolare, la legge attuativa delle modifiche costituzionali così introdotte potrà stabilire in quale momento debba intervenire il giudizio della Corte, qualora non sia richiesto il «giudizio anticipato» dopo la raccolta di 100.000 firme.
  In proposito ricorda che per il referendum abrogativo, la legge vigente prevede, relativamente alla richiesta di referendum, un duplice vaglio: il controllo di legittimità-regolarità, condotto dall'Ufficio centrale per il referendum, presso la Corte di Cassazione; il giudizio di ammissibilità (quanto ad oggetto e contenuto della richiesta di referendum), condotto dalla Corte costituzionale. L'Ufficio centrale per il referendum è, inoltre, chiamato a valutare – sentiti i promotori della corrispondente richiesta – se l'eventuale nuova disciplina legislativa, sopraggiunta dopo la presentazione della richiesta di referendum abrogativo, abbia o meno introdotto modificazioni tali da precludere la consultazione popolare, già promossa sulla disciplina preesistente: trasferendo od estendendo la richiesta, nel caso di una conclusione negativa dell'indagine, alla legislazione successiva. Corrispondentemente, alla Corte costituzionale di verificare se non sussistano eventuali ragioni d'inammissibilità, quanto ai nuovi atti o disposti legislativi, così assoggettati al voto popolare abrogativo.
  Per quanto concerne l’iter parlamentare della proposta di legge di iniziativa popolare «rinforzata», in base al nuovo terzo comma dell'articolo 71 le Camere hanno diciotto mesi di tempo per approvare la proposta di legge. Spetterà pertanto alla legge attuativa ed ai regolamenti parlamentari la definizione delle relative modalità di esame per assicurare il rispetto del termine.
  Decorso il termine di diciotto mesi, dunque, «si interrompe» l’iter parlamentare e si innesta la procedura per l'indizione di un referendum popolare. Se invece il Parlamento ha approvato, entro tale termine, un testo differente rispetto alla proposta presentata, la legge approvata dal Parlamento non potrà essere promulgata in attesa dello svolgimento del referendum.
  La legge attuativa disciplinerà, altresì, aspetti di diritto intertemporale e ogni altra questioni procedurale (ad es. se la decorrenza del termine di 18 mesi sia interrotta dallo scioglimento delle Camere, tenendo presente che in base alle vigenti norme regolamentari tali proposte si considerano automaticamente presentate nella successiva legislatura).
  In proposito ricorda che per l'esame parlamentare dei progetti di legge di iniziativa popolare si seguono al momento le normali procedure previste dai regolamenti parlamentari per tutti gli altri progetti di legge. Naturalmente, i regolamenti delle Camere, quali fonti attuative subordinate alla Costituzione, potranno essere modificati per armonizzarli alla nuova disciplina costituzionale.
  In base al predetto nuovo terzo comma dell'articolo 71, se entro diciotto mesi dalla presentazione le Camere non approvano la proposta o la approvano in un testo diverso da quello presentato, si deve svolgere il referendum a condizione che:
   1) «i promotori non vi rinunzino»;
   2) la Corte costituzionale lo giudichi ammissibile secondo i parametri di ammissibilità sopra ricordati.

  La legge attuativa dell'istituto in esame disciplinerà le condizioni, i criteri e le modalità con le quali i «promotori» potranno eventualmente rinunziare alla iniziale proposta di legge di iniziativa popolare.
  In proposito sottolinea come le modifiche costituzionali in esame introducano una disciplina che rafforza il ruolo del Comitato promotore rispetto alla posizione da questo ricoperta nell'ambito del referendum abrogativo, dove, in caso di modifiche legislative che intervengano sulla disciplina oggetto di referendum, spetta ad un organo terzo (l'Ufficio centrale per i referendum della Corte di cassazione), sentiti i promotori, valutare se il referendum «si trasferisca» dalla legislazione Pag. 51precedente alla legislazione sopravvenuta (sentenza n. 68 del 1978 della Corte costituzionale).
  In tale contesto merita, del resto, segnalare come nel corso dell'audizione sulle linee programmatiche del Ministro per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta, Riccardo Fraccaro, svolta presso le Commissioni Affari costituzionali dei due rami del Parlamento (I Commissione della Camera e 1a Commissione del Senato) il Ministro ha, tra l'altro, evidenziato come «si dovrà valutare con attenzione l'introduzione di procedure volte a consentire un dialogo tra i promotori del referendum ed i competenti organi parlamentari, anche attraverso lo svolgimento di audizioni. Il dialogo e la partecipazione effettiva a un iter legislativo in sede parlamentare potrebbero costituire, infatti, un momento fondamentale della nuova procedura referendaria».
  Per quanto attiene allo svolgimento del referendum, il nuovo quarto comma dell'articolo 71 prevede che prendano parte al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
  Inoltre, ai sensi del nuovo settimo comma dell'articolo 71, nel caso in cui le Camere, nel termine dei diciotto mesi, non abbiano approvato la proposta di legge e sia stato indetto il referendum, la proposta è approvata se ottiene la maggioranza dei voti validamente espressi.
  Ai sensi del nuovo ottavo comma dell'articolo 71, qualora le Camere abbiano approvato un testo diverso da quello iniziale e sia stato indetto il referendum, questo dovrà svolgersi su entrambi i testi: in questa ipotesi il cittadino è chiamato a scegliere tra due opzioni (si/no a ciascuna delle due proposte di legge) e, nel caso di voto favorevole ad entrambe, può esprimersi anche tra i due testi alternativi (quello iniziale e quello approvato dalle Camere). È approvato il testo che ottiene la maggioranza dei voti validi. Nel caso in cui entrambi i testi ottengano la maggioranza dei voti validamente espressi, è approvato quello che ottiene più voti.
  Non è quindi previsto alcun quorum di partecipazione per la validità del referendum.
  Quanto al periodo di svolgimento del referendum ricorda, che in base all'articolo 31 della legge n. 352 del 1970, «non può essere depositata richiesta di referendum nell'anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione di una delle Camere medesime».
  Inoltre, ai sensi dell'articolo 34 della citata legge n. 352 del 1970, «nel caso di anticipato scioglimento delle Camere o di una di esse, il referendum già indetto si intende automaticamente sospeso all'atto della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica di indizione dei comizi elettorali per la elezione delle nuove Camere o di una di esse». Inoltre, «i termini del procedimento per il referendum riprendono a decorrere a datare dal 365o giorno successivo alla data della elezione».
  In tale contesto normativo, il legislatore attuativo della nuova previsione costituzionale sarà chiamato a valutare quanta parte delle disposizioni, che presiedono allo svolgimento del referendum abrogativo (come ad esempio, la citata prescrizione correlata alla piena «operatività» delle Camere), potranno trovare applicazione al nuovo istituto referendario, delineato dalla modifica costituzionale disposta dalla proposta di legge in esame.
  Evidenzia, infine, come in caso di approvazione di una legge con la procedura definita dal nuovo testo dell'articolo 71, tale legge sarebbe in ogni caso suscettibile di modifica, integrazione o abrogazione (in linea teorica anche subito dopo il referendum stesso), al pari di tutte le leggi ordinarie.
  Per quel che riguarda il contenuto della proposta di legge costituzionale C. 726 Ceccanti, composta anch'essa di un solo articolo, essa prevede un'integrale riscrittura dell'articolo 71 della Costituzione, il Pag. 52cui contenuto viene ampliato dagli attuali due a otto commi (la proposta di legge C. 1173 non interviene invece sui primi due commi dell'articolo 71).
  In particolare, il primo comma del nuovo articolo 71 riproduce quanto già previsto dalla formulazione vigente del medesimo articolo 71 in ordine ai detentori del potere di iniziativa legislativa, che sono il Governo, membri del Parlamento, altri soggetti individuati dalla legge.
  Il secondo comma del nuovo articolo 71 eleva invece da 50.000 a 100.000 elettori il numero minimo di firme richiesto per la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare (la proposta di legge C. 1173 non interviene invece su tale aspetto).
  I commi successivi del nuovo articolo 71 delineano l’iter per l'approvazione di tale proposta di legge, contemplando anche la possibilità della celebrazione di un «referendum propositivo».
  In particolare, al referendum si può giungere se:
   le Camere non approvano la proposta entro 18 mesi o la approvano in un testo modificato che ne alteri i princìpi fondamentali (ai sensi del nuovo terzo comma dell'articolo 71);
   si effettua una nuova raccolta di firme (non prevista invece dalla proposta di legge C. 1173), che deve superare la soglia di un milione di elettori su una richiesta di referendum propositivo sui princìpi fondamentali della proposta di legge (sempre ai sensi del nuovo terzo comma dell'articolo 71);
   la Corte costituzionale dichiara, entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta sottoscritta dal numero previsto di firme, l'ammissibilità del referendum propositivo (ai sensi del nuovo ottavo comma dell'articolo 71).

  La proposta di legge prevede inoltre, al nuovo quarto comma dell'articolo 71, che sia necessario, per la validità del referendum, un quorum di partecipazione costituito dalla metà più uno degli elettori che hanno partecipato alle ultime elezioni politiche per la Camera dei deputati (la proposta di legge C. 1173 non prevede invece alcun quorum di validità); si stabilisce inoltre che la proposta è approvata se ottiene la maggioranza dei voti validi.
  Ai sensi del nuovo sesto comma dell'articolo 71 non possano essere sottoposte a referendum:
   1) progetti di riforma della Costituzione o di leggi costituzionali (la proposta di legge C. 1173 fa invece riferimento ai princìpi e ai diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione);
   2) progetti di modifica di leggi che garantiscano minoranze linguistiche (limite non contemplato dalla proposta di legge C. 1173);
   3) progetti di legge relativi alle materie disciplinate dagli articoli 7 e 8 (concernenti, rispettivamente, i rapporti con la Chiesa cattolica e i rapporti con le altre confessioni religiose) (limite non contemplato dalla proposta di legge C. 1173);
   4) progetti che rechino significativi oneri per la finanza pubblica (la proposta di legge C. 1173 fa invece riferimento al fatto che la proposta non provveda ai mezzi per far fronte ai nuovi o maggiori oneri che essa determini);
   5) progetti meramente abrogativi (previsione non contemplata dalla proposta di legge C. 1173) o che si riferiscano a oggetti disomogenei.

  In base al nuovo quinto comma dell'articolo 71, qualora la proposta sottoposta a referendum sia approvata, le Camere, entro i sei mesi successivi alla data dello svolgimento del referendum, approvano il progetto di legge di iniziativa popolare o un altro progetto di legge che recepisca i princìpi fondamentali (previsione non contemplata dalla proposta di legge C. 1173).
  Il nuovo settimo comma dell'articolo 71 demanda alla legge il compito di stabilire le modalità attuative, ivi compresa la disciplina Pag. 53del comitato promotore del progetto di legge sia nella discussione parlamentare sia nella fase di enucleazione dei princìpi fondamentali da sottoporre alla Corte costituzionale e quindi a referendum.
  Inoltre il predetto nuovo settimo comma prevede anche (affrontando una tematica non contemplata dalla proposta di legge C. 1173) che la legge regoli l'accesso delle formazioni politiche e sociali interessate ai mezzi di comunicazione di massa.
  Con riferimento a tale proposta di legge segnala i seguenti aspetti meritevoli di approfondimento:
   andrebbe valutata l'opportunità di definire le modalità con le quali dovrebbe essere compiuta la valutazione se il testo approvato dalle Camere alteri «in maniera significativa i princìpi fondamentali», valutazione necessaria per promuovere la raccolta di firme sulla proposta di referendum confermativo;
   appare opportuno chiarire ulteriormente a chi spetti l'individuazione dei princìpi fondamentali della proposta di legge da sottoporre a referendum;
   appare meritevole di ulteriore specificazione la nozione di «significativi oneri per la finanza pubblica», trattandosi di un parametro di valutazione che potrebbe rendere difficoltoso il giudizio di ammissibilità da parte della Corte costituzionale, in assenza di elementi univoci da porre alla base del giudizio;
   andrebbe valutata l'esigenza di prevedere elementi in ordine alla disciplina della fase successiva all'approvazione del referendum, con particolare riferimento agli eventuali strumenti da attivare nel caso in cui la legge approvata dalle Camere successivamente al referendum sia ritenuta dai promotori dello stesso non conforme all'esito dello stesso ovvero in caso di inerzia del legislatore.

  Stefano CECCANTI (PD) richiama preliminarmente l'attenzione sui rilievi concernenti le proposte di legge in esame, in particolare su quelli relativi alla proposta di legge C. 1173, contenuti nella documentazione predisposta dagli uffici.
  Osserva infatti come l'eventuale approvazione della proposta di legge C. 1173 determini il rischio di un uso abnorme degli istituti del referendum e delle proposte di legge di iniziativa popolare, e un conseguente svuotamento del ruolo del Parlamento, richiamando come tale rischio sia ancora più concreto alla luce del fatto che, nel corso dell'esame in Assemblea della proposta di legge C. 543, recante norme in materia elettorale e di referendum, sono stati approvati emendamenti volti ad allargare in modo considerevole il novero dei soggetti competenti ad autenticare le firme dei sottoscrittori delle proposte di legge di iniziativa popolare e delle richieste di referendum, incentivando in tal modo un eccessivo ricorso a tali strumenti.
  In tale contesto stigmatizza la mancata previsione, nella proposta di legge C. 1173, di un quorum per la validità del referendum propositivo, per quanto ridotto rispetto a quello attualmente vigente, in quanto in tal modo si attribuirebbe la funzione legislativa a frazioni minoritarie del corpo elettorale.
  Rileva altresì come sia inopportuno consentire lo svolgimento di referendum su proposte di legge che comportino oneri finanziari con l'unico vincolo dell'indicazione della compensazione, poiché in tal modo si potrebbero determinare per via referendaria rilevanti modifiche nell'allocazione delle risorse, tali da incidere sull'attuazione dell'indirizzo politico della maggioranza parlamentare.
  Sottolinea infine come sottoporre a referendum proposte legislative dettagliate, anziché soltanto i princìpi fondamentali delle stesse, rinviando poi alle Camere la definizione puntuale del testo legislativo, si traduca in una mortificazione del ruolo del Parlamento.

Pag. 54

  Francesco Paolo SISTO (FI) sottolinea come la proposta di legge C. 1173 costituisca un vero e proprio attacco alla democrazia e ai principi costituzionali, prevedendo disposizioni che nulla hanno a che vedere con il sistema di democrazia parlamentare, come attualmente configurato dalla Carta costituzionale. Esprime forti perplessità, ad esempio, sulle norme che richiedono, ai fini dell'approvazione di una proposta di legge presentata da almeno cinquecentomila elettori, la sola maggioranza dei voti validamente espressi nel referendum, ritenendo ipocrita invocare le ragioni del popolo per proporre modifiche alla Costituzione di tale portata.
  Osserva, quindi, che, qualora si deciderà di andare avanti lungo la strada indicata dalla proposta C. 1173, con la quale la maggioranza mira a stravolgere i precetti costituzionali, come già avvenuto in altre occasioni nella corrente legislatura, il suo gruppo svolgerà una convinta opposizione. Si riserva, in ogni caso, di intervenire più approfonditamente sul merito dei provvedimenti in esame nel prosieguo del dibattito.

  Andrea CECCONI (Misto-MAIE), intervenendo sull'ordine dei lavori, chiede delucidazioni sui tempi che saranno dedicati allo svolgimento dell'esame preliminare e se sia già previsto un contingentamento dei relativi tempi.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, in riferimento alla questione posta dal deputato Cecconi, nel far notare che non è stato previsto allo stato alcun contingentamento per l'esame del provvedimento in oggetto, osserva che saranno assicurati tempi congrui per lo svolgimento della discussione. Rileva quindi le modalità di prosecuzione dell'esame saranno comunque definite nell'ambito delle prossime riunioni dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.15.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 16 ottobre 2018. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. — Interviene il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta Vincenzo Santangelo.

  La seduta comincia alle 14.15.

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2018.
C. 1201 Governo.

Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017.
Doc. LXXXVII, n. 1.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento e del documento in oggetto.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai sensi dell'articolo 126-ter del Regolamento, del disegno di legge C. 1201, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2018 e della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017 (Doc. LXXXVII, n. 1).
  Per quanto riguarda l'esame del disegno di legge C. 1201, la Commissione esaminerà le parti di sua competenza del predetto disegno di legge, assegnato in sede referente alla Commissione Politiche dell'Unione europea, e concluderà tale esame con l'approvazione di una relazione e con la nomina di un relatore, che potrà partecipare alle sedute della XIV Commissione.
  Ricorda altresì che, ai sensi dell'articolo 126-ter, comma 5, del regolamento, le Commissioni di settore possono esaminare Pag. 55e approvare emendamenti al disegno di legge, per le parti di rispettiva competenza.
  Possono ritenersi ricevibili solo gli emendamenti il cui contenuto è riconducibile alle materie di competenza specifica di ciascuna Commissione di settore; nel caso in cui membri della Commissione intendano proporre emendamenti che interessano gli ambiti di competenza di altre Commissioni, tali emendamenti dovranno essere presentati presso la Commissione specificamente competente.
  Gli emendamenti eventualmente approvati dalla Commissione saranno trasmessi, unitamente alla relazione, alla XIV Commissione, mentre gli emendamenti respinti dalle Commissioni di settore non potranno essere presentati presso la XIV Commissione, che li considererà irricevibili. Gli emendamenti respinti dalle Commissioni potranno, peraltro, essere ripresentati in Assemblea.
  Segnala peraltro come gli emendamenti possano comunque essere presentati direttamente presso la XIV Commissione, la quale li trasmetterà, prima di esaminarli, alle Commissioni di settore rispettivamente competenti, ai fini dell'acquisizione dei relativi pareri. Tali pareri delle Commissioni di settore avranno effetti sostanzialmente vincolanti, in quanto la XIV Commissione è tenuta ad adeguarsi ad essi, salvo che per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento.
  Ricorda quindi che, sulla base di quanto stabilito in seno all'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, nella riunione del 10 ottobre scorso, il termine per la presentazione di emendamenti al disegno di legge europea in esame, per gli ambiti di competenza della I Commissione, è fissato per le ore 16 di oggi, martedì 16 ottobre 2018.

  Gianluca VINCI (Lega), relatore, nell'illustrare i provvedimenti in esame, ricorda preliminarmente che la legge di delegazione e la legge europea sono i due strumenti, introdotti dalla legge n. 234 del 2012, che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, in sostituzione della legge comunitaria già prevista dalla legge n. 11 del 2005.
  In base alla riforma introdotta dalla predetta legge n. 234 del 2012, la legge di delegazione europea contiene le disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell'Unione europea, mentre la legge europea reca norme di diretta attuazione volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea.
  La fase discendente di esame ed approvazione dei disegni di legge europea e di delegazione europea – con il contestuale esame della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione – rappresentano, dunque, il momento per compiere, in sede parlamentare, una verifica complessiva dell'adempimento di tutti gli obblighi derivanti dall'appartenenza all'UE da parte dell'Italia. Sui due atti si svolge un procedimento di esame congiunto in Commissione ed in Assemblea, pur avendo l'uno natura legislativa e l'altro quella di indirizzo e controllo.
  Per quanto riguarda lo strumento della legge di delegazione europea 2018, ricorda che il comma 4 dell'articolo 29 della legge n. 243 del 2012 prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri Ministri interessati, presenta alle Camere, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, un disegno di legge di delegazione europea, con l'indicazione dell'anno di riferimento. Il termine per la presentazione è posto entro il 28 febbraio di ogni anno.
  Il contenuto del disegno di legge di delegazione europea è stabilito in linea generale all'articolo 30, comma 2, della legge n. 234 del 2012; nell'esercizio delle Pag. 56deleghe legislative conferite, il Governo è tenuto al rispetto dei principi e criteri generali di delega, nonché degli specifici principi e criteri direttivi aggiuntivi eventualmente stabiliti dalla legge di delegazione europea, come previsto all'articolo 32 della legge n. 234 del 2012. Ai sensi dell'articolo 29, comma 7, il Governo deve inoltre dare conto dell'eventuale omesso inserimento delle direttive il cui termine di recepimento è scaduto o scade nel periodo di riferimento, considerati i tempi previsti per l'esercizio della delega, e fornire dati sullo stato delle procedure di infrazione, l'elenco delle direttive recepite o da recepire in via amministrativa, l'elenco delle direttive recepite con regolamento e l'elenco dei provvedimenti con i quali le singole regioni e province autonome hanno provveduto a recepire direttive nelle materie di loro competenza. Tutte queste informazioni sono contenute nell'articolata ed estesa relazione illustrativa che precede il testo del disegno di legge.
  Più in dettaglio, il disegno di legge C. 1201, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2018, consta di 22 articoli, che recano disposizioni di delega riguardanti il recepimento di 22 direttive europee inserite nell'allegato A, nonché l'adeguamento della normativa nazionale a 9 regolamenti europei. L'articolato contiene inoltre principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega relativa a 12 direttive.
  Passando ad esaminare sinteticamente il contenuto del provvedimento, l'articolo 1, al comma 1, reca la delega al Governo per l'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A. Per quanto riguarda i termini, le procedure, i princìpi e i criteri direttivi della delega, il citato comma 1 rinvia alle disposizioni previste dagli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
  Il comma 2 dell'articolo 1 prevede che gli schemi di decreto legislativo recanti attuazione delle direttive incluse nell'allegato A siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari.
  Il comma 3 dispone che eventuali spese non contemplate dalla legislazione vigente che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi attuativi delle direttive di cui all'Allegato A esclusivamente nei limiti necessari per l'adempimento degli obblighi di attuazione dei medesimi provvedimenti. Alla copertura degli oneri recati dalle spese eventualmente previste nei decreti legislativi attuativi, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, qualora non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge n. 23 del 2012.
  Lo stesso comma 3 prevede inoltre che, in caso di incapienza del Fondo per il recepimento della normativa europea, i decreti legislativi attuativi delle direttive dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.
  È altresì previsto il parere delle Commissioni parlamentari competenti anche per i profili finanziari sugli schemi dei decreti legislativi in questione.
  L'articolo 2 conferisce al Governo, ai sensi dell'articolo 33 della legge n. 234 del 2012, una delega biennale per l'emanazione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi discendenti da precetti europei non trasfusi in leggi nazionali.
  Sugli schemi di decreto legislativo adottati in virtù di tale delega è prevista l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, secondo le modalità previste dal comma 3 del citato articolo 33.
  L'articolo 3 contiene i principi e i criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale, cosiddetta «direttiva PIF» (protezione Pag. 57interessi finanziari). Il termine per il recepimento della Direttiva è il 6 luglio 2019.
  L'articolo 4 contiene la delega al Governo per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939, il quale, sulla base della procedura di cooperazione rafforzata, ha istituito, la Procura europea (cosiddetto EPPO, European Public Prosecutor's Office). Gli obblighi di adeguamento previsti dall'articolo riguardano l'armonizzazione del diritto interno con il nuovo ufficio inquirente europeo, le nuove figure istituzionali e relative competenze, i rapporti con le autorità inquirenti nazionali nonché gli aspetti procedimentali della cooperazione.
  L'articolo 5 delega il Governo ad adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (CE) n. 655/2014, che ha istituito una procedura per l'ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari, al fine facilitare il recupero transfrontaliero dei crediti in materia civile e commerciale. Sono a tal fine individuati specifici princìpi e criteri direttivi per l'esercizio della delega.
  L'articolo 6 reca i principi e i criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/828, che modifica la direttiva 2007/36/CE per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti.
  La direttiva è volta a favorire un più consapevole e stabile coinvolgimento degli azionisti nel governo societario e a semplificare l'esercizio dei relativi diritti.
  Rileva, in proposito, come il comma 2 stabilisca che gli atti delegati sono adottati su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri della giustizia, del lavoro e delle politiche sociali, degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dello sviluppo economico.
  L'articolo 7 reca i principi e i criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/1852, sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell'Unione europea (cosiddetta direttiva DRM – Dispute Resolution Mechanism), il cui recepimento è previsto entro il 30 giugno 2019.
  L'articolo 8 conferisce la delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1129, relativo al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di titoli in un mercato regolamentato – che abroga la direttiva 2003/71/CE.
  L'articolo 9 conferisce la delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1131, sui fondi comuni monetari (FCM), che rappresentano uno strumento di finanziamento a breve termine per gli enti finanziari, le società e le amministrazioni pubbliche.
  L'articolo 10 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per l'attuazione nell'ordinamento interno dei seguenti provvedimenti europei:
   regolamento (UE) n. 2016/2031, relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante;
   regolamento (UE) n. 2017/625 in relazione alla normativa nazionale sulla sanità delle piante; a tale ultimo proposito, quanto agli ambiti di competenza della I Commissione, segnala come tale articolo, nel prevedere principi e criteri direttivi specifici di delega, al comma 3, la lettera d), preveda la revisione dei procedimenti amministrativi al fine di ridurre i termini procedimentali.

  L'articolo 11 conferisce al Governo la delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari.
  L'articolo 12 reca una delega al Governo per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/410, che modifica la direttiva 2003/87/CE in materia di scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra.Pag. 58
  L'articolo 13 stabilisce i principi e i criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2018/849, che modifica le direttive sui veicoli fuori uso (2000/53/CE), su pile e accumulatori (2006/66/CE) e sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, cosiddetti «RAEE» (2012/19/UE).
  L'articolo 14 reca principi e criteri direttivi specifici per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/850 che fa parte del cosiddetto pacchetto di misure sull'economia circolare e che modifica la direttiva 1999/31, relativa alle discariche di rifiuti, recepita nell'ordinamento nazionale con il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.
  L'articolo 15 detta una serie di princìpi e criteri direttivi specifici da osservare nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/851 e della direttiva (UE) 2018/852 in materia, rispettivamente, di rifiuti e di imballaggi e rifiuti di imballaggio, nonché disposizioni volte a disciplinare le procedure di emanazione dei decreti delegati.
  Il comma 1 reca principi e criteri direttivi specifici, tra i quali, per quanto riguarda i profili di interesse della I Commissione, segnala quelli indicati alla lettera l), in tema di razionalizzazione delle funzioni dello Stato e degli enti territoriali e del loro riparto.
  In particolare la predetta lettera l), in considerazione delle numerose innovazioni al sistema di gestione dei rifiuti rese necessarie dal recepimento delle direttive europee, prevede quale criterio di delega una razionalizzazione complessiva del sistema delle funzioni dello Stato e degli enti territoriali e del loro riparto, nel rispetto di una lunga serie di indicazioni che, in estrema sintesi, sono volte a perseguire la semplificazione dei procedimenti amministrativi (numero 1) e a garantire il rispetto del principio di leale collaborazione (numero 3). Ulteriori indicazioni riguardano l'espletamento dei compiti di vigilanza e controllo e la previsione di adeguati poteri sostitutivi (numero 9), il rispetto delle competenze delle autonomie speciali (numero 10) nonché la necessità di fare chiarezza su quali funzioni siano normative e quali non normative e sul regime giuridico degli atti attuativi (numeri 2 e 4). Indicazioni ancora più articolate sono finalizzate a fissare criteri specifici per l'attribuzione delle funzioni allo Stato, alle Regioni, alle Province e alle Città metropolitane, nonché ai Comuni (numeri da 5 a 8).
  Tali criteri di delega paiono orientati ad una riscrittura integrale degli articoli da 195 a 198 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che costituiscono il capo II (Competenze) del titolo I della parte IV (dedicata alla gestione dei rifiuti) del medesimi decreto legislativo. Con riferimento alle competenze statali, viene in particolare prevista l'attribuzione allo Stato della fissazione di standard, criteri minimi o criteri di calcolo che devono essere necessariamente uniformi su tutto il territorio nazionale (numero 5.2). Si prevede, inoltre, l'istituzione di una funzione di pianificazione nazionale della gestione dei rifiuti, anche con efficacia conformativa di quella regionale, con la individuazione di obiettivi, flussi, criteri, nonché di casi in cui promuovere la realizzazione di gestioni interregionali (numero 5.4). Anche la funzione di monitoraggio e verifica dei contenuti dei piani regionali nonché della loro attuazione viene attribuita allo Stato (numero 5.5). Con riferimento alle competenze delle Regioni, viene configurata come specifica responsabilità regionale, che deve essere esercitata senza poteri di veto da parte degli enti territoriali minori pur nel rispetto del principio di leale collaborazione, la programmazione e la pianificazione della gestione dei rifiuti, in modo da assicurare la chiusura del ciclo dei rifiuti a livello regionale (numero 6.1). Tale criterio è rafforzato dall'indicazione circa la necessità di prevedere idonei strumenti, anche sostitutivi, per garantire l'attuazione delle previsioni sul riparto in ambiti ottimali, nonché sulla istituzione e concreta operatività dei relativi enti di governo (numero 6.2). Il numero 6.3 inoltre prevede di assegnare alle Regioni la funzione di individuazione delle zone idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero, tenendo conto della pianificazione territoriale di area vasta.Pag. 59
  Con riferimento alle competenze delle Province, delle Città metropolitane e dei Comuni, il numero 7.1 prevede la possibilità che l'organizzazione del servizio (da intendersi di gestione dei rifiuti) sia affidata alla Provincia o alla Città metropolitana, se l'ambito ottimale è individuato con riferimento al suo territorio. Mentre il punto 8.1 prevede il mantenimento, in capo ai Comuni, delle sole funzioni dimensionalmente adeguate alla luce del riassetto della governance.
  L'articolo 16 contiene principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/2108 relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri.
  L'articolo 17 reca i principi e i criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/2109, finalizzata a incrementare e rendere tempestive le informazioni sul numero o l'identità delle persone a bordo di una nave, anche alla luce dei progressi tecnologici significativi realizzati nel corso degli ultimi anni per quanto riguarda i mezzi di comunicazione e di memorizzazione dei dati sui movimenti delle navi, che facilitano l'accesso alle informazioni relative a un numero significativo di passeggeri in caso di emergenza o in seguito a un incidente in mare.
  L'articolo 18 reca principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/2110, relativa a un sistema di ispezioni per l'esercizio in condizioni di sicurezza di navi ro-ro da passeggeri (nave avente dispositivi che consentono di caricare e scaricare veicoli stradali o ferroviari e che trasporta più di dodici passeggeri) e di unità veloci da passeggeri adibite a servizi di linea e che modifica la direttiva 2009/16/CE e abroga la direttiva 1999/35/CE del Consiglio).
  L'articolo 19 reca principi e criteri direttivi specifici (che si aggiungono a quelli generali previsti dall'articolo 1, comma 1, del disegno di legge) per l'esercizio della delega per il recepimento della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, con riferimento sia all'esposizione medica, sia alle persone soggette ad esposizione professionale, sia alla popolazione. Il termine per il recepimento della direttiva era fissato al 6 febbraio 2018.
  L'articolo 20 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/821 che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell'Unione di alcune materie prime originarie di zone di conflitto o ad alto rischio.
  L'articolo 21 reca principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/844 che modifica la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell'edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica.
  L'articolo 22 delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione, con le procedure di cui all'articolo 31 della legge n. 234 del 2012, acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/1938 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2017, concernente misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas e che abroga il regolamento (UE) n. 994/2010.
  Per quanto concerne la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2017, trasmessa alle Camere il 19 marzo 2018, rileva preliminarmente come la Relazione consuntiva venga presentata dal Governo alle Camere ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012, ai sensi della quale essa è trasmessa alle Camere, entro il 28 febbraio di ogni anno, «al fine di fornire al Parlamento tutti gli elementi conoscitivi necessari per valutare la partecipazione dell'Italia all'Unione europea» nell'anno precedente.
  La Relazione costituisce dunque, secondo l'impianto della citata legge n. 234 del 2012, il principale strumento per l'esercizio della funzione di controllo ex post Pag. 60del Parlamento sulla condotta del Governo nelle sedi decisionali dell'Unione europea. In particolare, la Relazione dovrebbe consentire al Parlamento di verificare se e in quale misura il Governo si è attenuto all'obbligo, previsto dall'articolo 7 della medesima legge, di rappresentare a livello europeo una posizione coerente con gli indirizzi espressi dalle Camere in merito a specifici atti o progetti di atti; la medesima disposizione impone al Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero il Ministro per le politiche europee di riferire regolarmente alle Camere del seguito dato agli indirizzi parlamentari e, nel caso in cui il Governo non abbia potuto conformarsi agli indirizzi in questione, di riferire tempestivamente alle Camere, fornendo le appropriate motivazioni della posizione assunta.
  A differenza della Relazione programmatica – che indica le grandi priorità e linee di azione che il Governo intende perseguire a livello europeo nell'anno di riferimento – la Relazione consuntiva dovrebbe recare un rendiconto dettagliato delle attività svolte e delle posizioni assunte dall'Italia nell'anno precedente, al fine di consentire alle Camere di verificare l'adeguatezza e l'efficacia dell'azione negoziale italiana e la sua rispondenza rispetto agli indirizzi parlamentari.
  Nello specifico la Relazione in esame è articolata in quattro parti. La Parte prima è dedicata agli sviluppi del processo di integrazione europea e al nuovo quadro istituzionale e consta, a sua volta di tre capitoli, aventi contenuto eterogeneo.
  Il capitolo 1 della prima Parte illustra brevemente le priorità generali delle Presidenze del Consiglio dell'UE nel 2017 (Malta e Estonia) accomunate dall'esigenza di affrontare le sfide interne ed esterne per l'Unione europea e di rilanciare il rapporto tra i cittadini e il governo dell'UE.
  Il capitolo 2, concernente le questioni istituzionali, delinea i rapporti con le Istituzioni europee, richiamando l'obiettivo di rafforzamento della coesione interna dell'Unione perseguito dai Paesi fondatori, anche attraverso l'impegno comune per un'Europa sicura, prospera, sostenibile, sociale e più forte sulla scena internazionale. In tale ambito il tema della Brexit è affrontato con riguardo all'inizio dei negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'UE.
  Vengono inoltre ricordati la ripresa del negoziato per la riforma della legge elettorale europea e il contributo attivo al processo di rafforzamento dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali nell'Unione, valorizzando l'esercizio del «Dialogo annuale» avviato nel corso della Presidenza italiana del Consiglio UE nel 2014, e viene ribadita la necessità di una più stretta integrazione dei valori fondamentali dell'Unione nell'attuazione di tutte le politiche UE.
  Nel capitolo 3, avente ad oggetto il coordinamento delle politiche macroeconomiche, vengono presi in esame i temi del processo di revisione del quadro normativo in materia bancaria e alle attività necessarie per il completamento dell'Unione Bancaria, dell'integrazione dell'Unione animato dalla pubblicazione, a marzo, del libro bianco sul futuro dell'Europa della Commissione europea.
  Nella Parte seconda la Relazione illustra l'azione svolta dal Governo nell'ambito delle principali politiche orizzontali e settoriali dell'Unione. Si tratta della parte più rilevante del documento, contenente indicazioni dettagliate relative a questioni specialistiche e tecnicamente complesse, per ciascuna politica o settore di attività dell'Unione.
  La Parte terza della relazione è rivolta al tema delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale, con particolare riguardo al valore europeo della politica di coesione.
  La Parte quarta concerne il coordinamento nazionale delle politiche europee, con particolare riguardo al ruolo e alle attività del Comitato interministeriale per gli affari dell'UE (CIAE), alle misure poste in essere dal Parlamento e dal Governo per dare attuazione al diritto dell'UE nell'ordinamento italiano e per risolvere il contenzioso dinanzi alla Corte di Giustizia dell'Unione europea. Di particolare interesse Pag. 61sono i dati relativi ai flussi di atti e documenti trasmessi dal Governo alle Camere, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 234 del 2012, nell'ambito del c.d. meccanismo di informazione qualificata.
  La Relazione è inoltre accompagnata da cinque allegati, che presentano, oltre all'elenco degli acronimi (di cui all'Allegato V), dettagliate informazioni riguardanti: i Consigli dell'Unione europea e i Consigli europei svolti nel corso del 2017, con indicazione dei temi trattati e delle deliberazioni assunte (di cui all'Allegato I); i flussi finanziari dall'Unione europea all'Italia nel 2017, con relative tabelle riepilogative (di cui all'Allegato II); le direttive recepite dall'Italia nel medesimo anno (di cui all'Allegato III); i seguiti dati agli atti di indirizzo (o documenti conclusivi) approvati dalla Camera e dal Senato (di cui all'Allegato IV).
  Soffermandosi sulle politiche settoriali indicate nella Parte seconda della Relazione, in relazione agli aspetti di competenza della I Commissione, fa presente, anzitutto, che il documento, nell'ambito del capitolo 2, riguardante il mercato unico digitale, affronta il tema delle politiche dell’e-government, che, secondo la Relazione, nella più ampia e moderna accezione rappresentano una leva di trasformazione digitale dello Stato e dei servizi pubblici, a tutti i livelli amministrativi. Sotto questo profilo, la Relazione afferma che il 2017 ha rappresentato il punto di svolta per il percorso di crescita digitale del Paese, iniziato con l'approvazione del Piano Triennale per l'Informatica nella Pubblica amministrazione 2017-2019 e concluso con l'emanazione del decreto correttivo e integrativo del Codice dell'amministrazione digitale.
  Quanto al paragrafo riguardante il settore della cybersicurezza, sempre nell'ambito del capitolo 2 della Parte seconda, la Relazione segnala, in particolare, che il 2017 ha visto l'Italia impegnata nelle attività del SOGIS – MRA (Senior Officials Group Information Systems Security – Mutual Recognition Agreement, cioè l'accordo di mutuo riconoscimento delle certificazioni di sicurezza informatica di prodotti e sistemi) a seguito dell'interesse posto dalla Commissione europea alla definizione di uno schema europeo di certificazione per la cybersicurezza, che ha portato alla pubblicazione del relativo regolamento il 13 settembre 2017.
  Nell'ambito delle azioni intraprese per la realizzazione dell’One Digital Single Market» la Commissione europea ha rivolto l'attenzione alla certificazione dei prodotti ai fini della cybersicurezza. I lavori, terminati a settembre 2017, hanno portato alla definizione di una proposta di regolamento che, tra l'altro, definisce uno European IT Security Certification Framework per facilitare il mercato interno dei prodotti «sicuri». La procedura legislativa ordinaria ha iniziato il suo corso ed ha visto l'Italia fortemente impegnata nel predisporre gli elementi iniziali per contribuire al negoziato.
  Passando al capitolo 7 della Parte seconda, riguardante la riforma delle pubbliche amministrazioni e la semplificazione, oltre al paragrafo sulla cooperazione europea nel campo della modernizzazione del settore pubblico, segnala il paragrafo nel quale, in merito alle attività nel campo della semplificazione, si afferma che, nella prospettiva di avvicinare i cittadini alle istituzioni dell'Unione europea, puntando al loro coinvolgimento nei processi decisionali e alla modernizzazione e semplificazione della legislazione dell'Unione, il Governo si è adoperato per contribuire a rafforzare il dialogo con gli Stati membri e le istituzioni della UE nell'ambito dell'attuazione della riforma della better regulation. In tale settore della «migliore regolazione» il Governo italiano ha proseguito nella partecipazione all'attività che nelle sedi europee è finalizzata allo scopo, condividendo l'azione della Commissione europea impegnata a rendere la legislazione europea sempre più efficace e sempre meno onerosa per i cittadini e le imprese. Analogo impegno è stato sottoscritto dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell'UE nel recente Accordo interistituzionale «Legiferare meglio», sottoscritto nel 2016, nel quale anche gli Stati Membri sono stati Pag. 62invitati a dare tempestiva e corretta attuazione alla legislazione dell'Unione e ad adoperarsi per non appesantire il quadro normativo di recepimento con adempimenti eccessivi.
  Tra gli strumenti a disposizione vi è l'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), che consente di prevedere e stimare gli effetti attesi di una nuova proposta legislativa, e la valutazione a posteriori (Verifica dell'impatto della regolamentazione – VIR) degli effetti prodotti dalla legislazione attraverso le azioni del Programma REFIT. II Governo ha, altresì, dedicato particolare attenzione alla promozione del principio di innovazione, inserito per la prima volta nelle Conclusioni del Consiglio del maggio 2016, quale parametro per attuare e revisionare la legislazione, allo scopo di definire un quadro normativo «a prova di futuro» a sostegno del recupero della competitività e senza compromettere la tutela degli interessi pubblici e privati.
  Segnala, quindi, il capitolo 12 della Parte seconda, relativo alle politiche per il lavoro, per l'inclusione sociale e per le pari opportunità.
  In particolare, il paragrafo relativo Politiche per la tutela dei diritti e l'emancipazione delle donne, afferma che il Governo italiano, nel corso del primo semestre del 2017, ha preso parte ai negoziati sulle Conclusioni consiliari relative a «Migliorare le competenze delle donne e degli uomini nel mercato del lavoro europeo e alla negoziazione e approvazione delle Conclusioni del Consiglio su «Potenziare le misure per ridurre la segregazione orizzontale di genere nell'istruzione e nell'impiego».
  Allo scopo di promuovere l'accesso e l'avanzamento di carriera delle donne nei settori della scienza, della tecnologia, dell'ingegneria e della matematica (STEM), il Governo italiano ha portato avanti, anche nel 2017, l'azione di coordinamento del progetto TRIGGER (Transforming Institutions by Gendering contents and Gaining Equality in Research), terminato il 31 dicembre 2017, e ha completato le attività del progetto ELENA – Experimenting flexible Labour tools for Enterprises by eNgaging men And women».
  In tale ambito segnala come, al fine di assicurare il sostegno ad iniziative di carattere imprenditoriale femminile e di favorire maggiori occasioni di occupazione nel settore delle professioni e del lavoro autonomo, in linea con la strategia Europa 2020, il Governo italiano ha provveduto ad incrementare, di 4 milioni per il 2017 le risorse destinate all'apposita Sezione speciale del Fondo Centrale di Garanzia per le PMI, per favorire l'accesso al credito delle donne imprenditrici, portando così a 38 milioni di euro la dotazione complessiva della suddetta Sezione. Nel periodo 14 gennaio 2014 – 30 settembre 2017 sono state accolte a valere sulla Sezione speciale 16.150 operazioni (di cui 7.109 riferite a imprese start up), per un ammontare di finanziamenti accolti pari a 1,2 miliardi di euro, un importo garantito complessivo pari a 804,6 milioni di euro.
  Sempre nell'ambito del capitolo 12 della Parte seconda, richiama anche il paragrafo relativo alle Politiche per la parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni, nel quale si afferma che nel 2017 l'Italia ha proseguito il proprio impegno nella prevenzione e nel contrasto alle discriminazioni, in armonia con le priorità in materia di pari opportunità e di riduzione delle discriminazioni, della Commissione europea.
  Quanto al capitolo 16 della Parte seconda, in materia di spazio di libertà, sicurezza e giustizia, segnala i paragrafi relativi alle politiche sulla migrazione.
  In particolare, nella Relazione si afferma che, nel corso del 2017, il Governo si è impegnato fortemente per ottenere un rafforzamento ed una maggiore integrazione delle politiche migratorie interne ed esterne dell'Unione europea, con l'obiettivo prioritario di contenere i flussi migratori provenienti dal Nord Africa, garantire un adeguato sostegno ai Paesi europei maggiormente esposti, come l'Italia, e migliorare le condizioni di accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo nei Paesi africani. È, altresì, proseguita la Pag. 63pressione per una revisione del Sistema comune europeo d'asilo, e in particolare del regolamento Dublino, in grado di coniugare in concreto i principi di responsabilità e solidarietà.
  La Relazione si sofferma dunque sulla dimensione interna ed esterna della politica sulla migrazione; si afferma, al riguardo, che l'Italia ha continuato a richiamare con forza l'attenzione sull'esigenza di un approccio in grado di coniugare la dimensione interna delle politiche migratorie dell'Unione europea con quella esterna, in considerazione della necessità di sviluppare strategie organiche che non siano limitate a singoli settori d'intervento. In questa prospettiva, quanto alla dimensione interna, l'azione del Governo si è concentrata, tra l'altro, sulla necessità di una maggiore condivisione degli oneri sia sul piano dell'accoglienza dei migranti arrivati, sia su quello della gestione delle frontiere marittime esterne dell'Unione europea e dei rimpatri, principi ribaditi con forza in particolare in occasione del Consiglio Giustizia Affari Interni informale di Tallinn, svoltosi nel mese di luglio 2017. In tale contesto, la Commissione europea e la maggioranza degli Stati Membri hanno riconosciuto la fondamentale azione svolta dall'Italia per soccorrere i migranti in difficoltà in mare, contrastare i trafficanti di esseri umani e contenere i flussi illegali. Tuttavia, è indubbio che la declinazione concreta dei principi di solidarietà e responsabilità condivisa, nonostante l'impegno della Commissione europea, ha continuato ad essere oggetto di divergenti interpretazioni che hanno impedito la definizione di una strategia europea pienamente soddisfacente per il nostro Paese. Non sono, infatti, emersi segnali di apertura per quanto riguarda una redistribuzione dei migranti e dei richiedenti asilo tra i diversi Stati Membri, avendo prevalso una logica di collocazione geografica, in forza della quale la questione dell'immigrazione illegale sarebbe un tema di mero controllo delle frontiere, la cui responsabilità ricadrebbe sui Paesi europei di frontiera esterna. L'Italia ha, comunque, raggiunto l'obiettivo di mantenere costantemente al centro dell'agenda dell'Unione europea il tema dell'immigrazione, ottenendo anche alcuni risultati significativi, che vanno ad unirsi a quelli raggiunti attraverso la strategia nazionale e bilaterale in termini di riduzione dei flussi provenienti dalla Libia, a partire dai mesi estivi. In primo luogo, nell'ambito dell'Agenzia Frontex, su pressione italiana, è stato attivato un gruppo di lavoro specificamente dedicato alla revisione del Piano operativo dell'operazione Triton, con l'obiettivo di renderlo maggiormente aderente alle attuali esigenze operative italiane.
  Altro positivo risultato per l'Italia è stato il sostegno dell'Unione europea, ed in primo luogo della Commissione (con la quale si è svolta un'attività di preventiva consultazione), al cosiddetto Codice di condotta per le ONG operanti in attività di soccorso in mare nel Mediterraneo. Si tratta, infatti, di un'iniziativa fortemente voluta dall'Italia con lo scopo di incrementare il coordinamento nell'ambito di un'attività complessa il cui obiettivo primario rimane il soccorso delle persone in situazione di effettivo pericolo, in uno scenario nel quale occorre, tuttavia, anche contrastare i trafficanti di migranti che quotidianamente violano i più elementari diritti umani. L'Italia ha, inoltre, confermato nelle sedi europee l'importanza di garantire il normale funzionamento dell'Area di libera circolazione, anche nell'ottica di evitare decisioni di carattere unilaterale. In tale prospettiva, è stata ribadita, in particolare, l'esigenza di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri, fondata sui principi della fiducia reciproca e della condivisione delle decisioni. In merito al progetto di riforma del cosiddetto Codice frontiere Schengen presentato dalla Commissione, il 27 settembre 2017, l'Italia ha sostenuto la necessità di evitare sovrapposizioni tra le diverse motivazioni che consentono normativamente il ripristino dei controlli alle frontiere interne.
  Nel corso del 2017, l'Italia ha altresì mantenuto alta l'attenzione sullo sviluppo da parte dell'Unione europea di adeguati strumenti di migrazione legale. In quest'ottica, Pag. 64il Governo ha seguito con particolare interesse il negoziato sulla proposta relativa all'ingresso ed al soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente specializzati (cosiddetta Direttiva «Carta blu») e la proposta della Commissione europea relativa alla previsione di un quadro europeo per il reinsediamento, strumento fondamentale di solidarietà verso i Paesi terzi e le persone bisognose di protezione.
  Per quanto riguarda le politiche in materia di asilo, il Governo è stato pienamente impegnato nel complesso negoziato riguardante la riforma del Sistema comune europeo d'asilo, reiterando la propria consolidata posizione volta ad ottenere un'equa distribuzione degli oneri ed una concreta capacità di gestire possibili situazioni di crisi. Particolare attenzione è stata riservata dall'Italia al regolamento Dublino allo scopo di ridurre l'onere sopportato dagli Stati membri di primo ingresso in base all'attuale disciplina. Il progetto in discussione conferma, infatti, il principio in forza del quale la responsabilità sui richiedenti asilo rimane in capo ai Paesi di primo ingresso, pur prevedendo un articolato meccanismo correttivo di assegnazione per gestire situazioni di eccessiva pressione sui sistemi nazionali di asilo. Il negoziato sul regolamento Dublino, negli ultimi mesi, si è sostanzialmente bloccato, a causa delle divergenti posizioni tra gli Stati Membri. Questo stallo è stato, di fatto, cristallizzato anche dal Consiglio europeo del 19-20 ottobre 2017, nelle cui Conclusioni è stato inserito un passaggio che sposta in avanti, e cioè alla prima metà del 2018, il termine per la ricerca di un consenso. Si tratta di uno slittamento che è stato ottenuto anche grazie all'iniziativa italiana, finalizzata ad evitare fughe in avanti sui temi maggiormente sensibili per il nostro Paese e ad affermare, ad ogni modo, l'esigenza di un giusto equilibrio tra istanze di solidarietà e di responsabilità. In quest'ottica, un elemento positivo può essere considerato il contenuto del rapporto presentato dalla Commissione Libe del Parlamento europeo, le cui posizioni appaiono in sintonia con quelle espresse dall'Italia e da altri Stati di frontiera esterna (prevalenza del criterio del ricongiungimento familiare e dei legami linguistico-culturali ai fini della determinazione dello Stato responsabile, valorizzazione delle preferenze manifestate dai richiedenti asilo per prevenire i movimenti secondari, eliminazione del vaglio preventivo di ammissibilità e istituzione di un meccanismo di redistribuzione sganciato dall'ammissibilità delle domande di protezione internazionale e da qualsivoglia percentuale di riconoscimento a livello europeo).
  Nel quadro del complessivo negoziato sulle diverse proposte della Commissione, è stata, pertanto, costante l'opposizione italiana a tentativi di introdurre ulteriori irrigidimenti nell'attuale normativa volti ad un rafforzamento ed ampliamento del criterio della responsabilità dello Stato di primo ingresso (cosiddetta responsabilità permanente), nonché a meccanismi di esame preliminare di ammissibilità sulle richieste di asilo, strutturati in maniera tale da produrre ulteriori oneri in capo agli Stati membri di primo ingresso. L'Italia ha, inoltre, ribadito che elemento prioritario per una riforma equilibrata, è quello di definire adeguati meccanismi di redistribuzione dei richiedenti asilo, quantomeno nelle situazioni di eccessiva pressione sui sistemi nazionali di accoglienza.
  In connessione a quest'ultimo aspetto della riforma del Sistema comune europeo d'asilo, s'inquadra anche l'impegno italiano per un'effettiva attuazione delle cosiddette Decisioni del Consiglio sulla relocation di richiedenti asilo dall'Italia (Decisioni n. 1523 e 1601 del 2015) e sulla loro estensione; questioni sulle quali il Governo ha tenuto una posizione coerente con la risoluzione della 1a Commissione del Senato della Repubblica del 1 agosto 2017 (Doc. XVIII n. 216, riferito a COM (2017)260 e COM (2016) 330).
  L'Italia, tra l'altro, nell'impossibilità negoziale di ottenere una proroga delle citate Decisioni, ha comunque preso contatti con altri Stati Membri per valutare la possibilità della prosecuzione degli impegni, su base volontaria, per la ricollocazione di Pag. 65richiedenti asilo arrivati in Italia oltre la scadenza prevista dalle Decisioni. In linea con la risoluzione approvata dalla 1a Commissione del Senato della Repubblica il 1o agosto 2017 (Doc. XVIII, n. 215, riferito al COM (2017)211), è possibile rilevare come gli sforzi del Governo hanno dato buoni risultati sul piano della ricollocazione di minori non accompagnati, ancorché non vi siano quote disponibili a soddisfare tutte le richieste dei potenziali candidati. Per le altre categorie di persone vulnerabili, soprattutto i casi sanitari, difficoltà oggettive (determinazione dei protocolli sanitari essenziali, misure di tutela, intervento dell'autorità giudiziaria nazionale) hanno invece determinato un prolungamento dei tempi per la ricollocazione.
  Quanto alla dimensione esterna della politica sulla migrazione, nella Relazione si afferma che l'Italia nel 2017 ha continuato a sostenere con forza l'esigenza di una maggiore proiezione esterna delle politiche dell'Unione europea in materia migratoria, al fine di favorire il dialogo con i Paesi terzi di transito e origine dei flussi migratori, con particolare riferimento a quelli africani. È stata, inoltre, fortemente sostenuta l'esigenza di sviluppare azioni di supporto in favore delle comunità locali di quei Paesi africani dai quali transitano i flussi migratori, con l'obiettivo di favorire lo sviluppo di economie alternative ai circuiti illegali alimentati dai trafficanti di esseri umani. In tale quadro, il 2017 ha fatto registrare una significativa inversione di tendenza nei flussi in arrivo verso l'Italia lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Gli arrivi sono scesi infatti a 119.369, una flessione del 34,2 per cento rispetto ai 181.436 sbarchi verificatisi l'anno precedente e del 68 per cento se si fa riferimento al solo secondo semestre (dati del Ministero dell'Interno al 31.12.2017). Tali risultati, benché necessariamente parziali alla luce della complessità del fenomeno migratorio, rappresentano una prima concreta conferma della buona direzione verso cui si è mossa la strategia dell'Unione europea in materia di migrazione, che l'Italia ha contribuito in maniera determinante a sviluppare, a partire dal 2015 e dal Vertice di La Valletta.
  Il lavoro sin qui svolto nel quadro del «Fondo fiduciario d'emergenza dell'Unione europea per la stabilità e la lotta contro le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati in Africa», di cui l'Italia è membro fondatore, secondo contributore e tra i primi quattro esecutori, in particolare nei settori della lotta alle cause profonde delle migrazioni nei Paesi di origine e del rafforzamento delle capacità in materia di gestione del fenomeno nei Paesi tanto di origine quanto di transito, ha, infatti, portato ad una marcata riduzione degli attraversamenti del Niger verso la Libia, da circa 291.000 persone nel periodo da febbraio a dicembre 2016 a 27.856 migranti nel periodo da gennaio a settembre 2017. Inoltre, la collaborazione sempre più strutturata tra la UE e l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha favorito la forte crescita dei rimpatri volontari assistiti dalla Libia, che hanno interessato oltre 17.000 migranti nel 2017, e l'individuazione di centinaia di persone in situazione di particolare criticità, potenzialmente eleggibili al reinsediamento verso la UE ed altri Paesi terzi disponibili.
  Sempre nell'ambito del capitolo 16 della Parte seconda, nel paragrafo relativo alla sicurezza interna e alle misure di contrasto alla criminalità, si afferma che il contrasto e la prevenzione del terrorismo è stata una delle principali priorità del Governo, nella consapevolezza che la complessità del fenomeno e degli scenari in corso non possano che essere affrontati con un'azione incisiva a livello di Unione europea. In particolare, l'Italia ha ribadito la crucialità del contrasto e della prevenzione del fenomeno dei cosiddetti foreign fighters, anche in considerazione dei possibili rientri in Europa di combattenti, a seguito delle sconfitte militari di Daesh in Siria ed Iraq e della perdita di città e territori controllati Pag. 66dal «califfato». In questa prospettiva, il Governo ha sostenuto l'importanza di sviluppare e attuare i meccanismi di condivisione delle informazioni, nella logica di intercettare la minaccia quanto più anticipatamente possibile ed intervenire preventivamente con i diversi strumenti a disposizione delle Autorità di contrasto. L'Italia ha, pertanto, accolto con interesse ed attenzione il «pacchetto antiterrorismo», presentato dalla Commissione il 18 ottobre 2017, che comprende misure su sicurezza e antiterrorismo da avviare nei prossimi mesi.
  In questo quadro, l'Italia ha altresì sostenuto le iniziative dell'Unione europea volte a migliorare le azioni di prevenzione e contrasto della radicalizzazione e dell'estremismo violento, con l'obiettivo di sviluppare anche efficaci strategie di deradicalizzazione. In particolare, l'Italia ha sostenuto l'istituzione del Gruppo di alto livello sulla radicalizzazione dell'Unione europea, che ha avviato le proprie attività l'11 settembre 2017. In linea con il documento finale adottato dalla Camera dei Deputati il 16 marzo 2017 riferito al (COM (2016) 230, relativo all'attuazione dell'Agenda europea sulla sicurezza, il Governo ha contribuito attivamente, in ambito Unione europea, al dibattito sullo sviluppo di meccanismi di contrasto della minaccia terroristica on line e la diffusione di contenuti propagandistici, anche e soprattutto attraverso iniziative con i provider e, più in generale, con la cosiddetta industria internet. Questa strategia, a testimonianza dell'impegno del Governo, è stata posta anche al centro del G7 dei Ministri dell'Interno presieduto dall'Italia e svoltosi ad Ischia nel mese di ottobre 2017.
  Nel corso del 2017, il Governo ha reiterato anche il proprio impegno volto a mantenere al centro dell'attenzione dell'Unione europea il contrasto alla criminalità organizzata, nel presupposto che le azioni illecite dei gruppi criminali assumono sempre più carattere transnazionale e comprendono una serie di attività di forte allarme, come ad esempio i traffici illeciti di droga e di armi, nonché le possibili connessioni con il traffico e lo sfruttamento di migranti. L'esigenza di dare assoluta priorità alla questione della lotta ai trafficanti di migranti, anche e soprattutto nella prospettiva di evitare ulteriori perdite di vite umane nel Mar Mediterraneo, è stato infatti un ulteriore aspetto centrale dell'impegno italiano in ambito Unione europea, come testimoniato, tra l'altro, anche dalla già citata progettualità di cooperazione con le Autorità libiche, presentata dall'Italia nel corso del 2017 ed ammessa a finanziamento nell'ambito del cosiddetto Fondo La Valletta dell'Unione europea. Sul piano del rafforzamento della sicurezza dei cittadini, il Governo, anche nel 2017, ha continuato a supportare le iniziative volte a migliorare lo scambio d'informazioni a livello di Unione europea. L'Italia ha, altresì, sostenuto gli sforzi dell'Unione europea per sviluppare e migliorare gli strumenti tecnologici utilizzabili per il controllo delle frontiere, con l'obiettivo di rendere più funzionale la gestione degli ingressi nell'area Schengen, migliorando contestualmente le necessarie verifiche di sicurezza.
  Passando al capitolo 17 della Parte seconda, sulla dimensione esterna dell'Unione, segnala il paragrafo 17.6, sulle Politiche e iniziative di sviluppo e cooperazione umanitaria in ambito UE, nel quale si afferma che nel 2017 il Governo ha partecipato con determinazione all'aggiornamento della politica di sviluppo dell'Unione, che ha riguardato la revisione del Consenso europeo in materia di sviluppo e l'assetto delle relazioni dell'Unione e dei suoi Stati membri con i Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico dopo la scadenza dell'Accordo di Cotonou il 29 febbraio 2020 (cosiddetto «post Cotonou»). Il Governo ha anche promosso il tema della migrazione e sostenuto la rinnovata centralità dell'Africa e del Mediterraneo nella politica di cooperazione allo sviluppo dell'Unione.
  Segnala, infine, nell'ambito del capitolo 18 della Parte seconda, sulle statistiche europee a supporto delle politiche, il paragrafo relativo alle statistiche sulle migrazioni, Pag. 67nel quale si afferma che il 22 settembre 2017, a seguito dei lavori di alto livello sul tema delle statistiche sulle migrazioni, il Comitato del Sistema statistico europeo ha adottato il Memorandum di Budapest. Il documento, alla cui adozione il Governo ha contribuito, rappresenta l'impegno del Sistema statistico europeo rivolto a rafforzare la qualità delle statistiche europee sulle migrazioni e la capacità delle stesse di rispondere alle esigenze degli utenti. In questo contesto, si afferma che il Governo nel 2018 contribuirà a dare attuazione alle linee di azione concordate nel Memorandum.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già prevista per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 14.30.