CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 21 giugno 2022
817.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-08269 Tarantino: Termine per la richiesta da parte del contribuente di rimborso della maggiore imposta versata e non dovuta dell'ICI.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante richiama la disposizione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 504 del 1992 laddove si prevede che il contribuente abbia la possibilità, con riferimento all'ICI, di chiedere il rimborso della maggiore imposta versata e non dovuta entro il termine di 3 anni dal pagamento – termine portato a 5 anni dall'articolo 1, comma 164, della legge n. 296 del 2006 – ovvero da quello in cui è stato definitivamente accertato il diritto alla restituzione.
  A tale proposito, l'interrogante cita il caso specifico di una società contribuente che ha presentato istanza di rimborso ICI versata negli anni dal 1994 al 1998 a seguito di sentenza passata in giudicato con la quale, nel 2005, era stata rideterminata la rendita catastale di un fabbricato assegnandole un importo inferiore a quello precedentemente utilizzato ai fini del calcolo ICI.
  Ciò premesso, l'interrogante – stante la necessità di chiarire quale sia il termine prescrizionale del rimborso in relazione al caso di specie – chiede di sapere «se possa ritenersi applicabile il princìpio della “intangibilità dei cosiddetti rapporti esauriti” trattandosi di annualità già divenute definitive nell'anno 2005» e «se si intenda fornire chiarimenti per una corretta interpretazione della problematica in premessa e sulla legittimità dell'istanza richiamata».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Occorre, anzitutto, premettere che sulla questione sono formulabili solamente alcune ipotesi dal momento che la descrizione della fattispecie appare non del tutto completa.
  Sembrerebbe, infatti, che la stessa riguardi due periodi, vale a dire le annualità che decorrono dalla presentazione della proposta di rendita con DOC-FA e il periodo precedente in cui la società contribuente ha versato l'imposta sulla base dei valori contabili (1994-1998) e di cui si chiede il rimborso.
  Ed invero, secondo quanto riportato dall'Onorevole interrogante, viene affermato che il contenzioso è stato instaurato nel 1999 e cioè successivamente alle annualità di cui si vuole chiedere il rimborso.
  Se tale ricostruzione è esatta, le annualità 1994-1998 non sono state oggetto della sentenza, ragion per cui il contribuente non può chiedere il rimborso invocando la statuizione del Giudice che è intervenuto sulla domanda giudiziale diretta ad accertare se la rendita rettificata dall'Ufficio era o meno corretta avendo la società avanzato la proposta a seguito di «ampliamento, ristrutturazione e diversa distribuzione degli spazi esterni».
  Appare pertanto evidente che tale sentenza non possa fare stato rispetto ad un periodo (1994-1998) in cui l'immobile era stato valutato sulla base dei valori contabili dello stesso e quindi su criteri di determinazione della base imponibile diversi da quelli oggetto della sentenza.
  Affermando, infatti, che le annualità 1994-1998 sono «divenute definitive nell'anno 2005 essendo state già oggetto di liquidazione e/o accertamento», l'interrogante lascerebbe proprio intendere che la sentenza intervenuta non appare suscettibile di riaprire la valutazione di annualità oramai definite.
  Vale la pena inoltre ricordare che sul tema della decorrenza delle rendite catastali, si è espressa l'allora Agenzia del territorio che, nella risoluzione n. 1/T del 27 marzo 2007, ha preso atto della sentenza della Corte di Cassazione n. 6206 del 22 Pag. 72marzo 2005, con la quale l'organo di legittimità ha precisato che «l'efficacia della rendita catastale modificata con sentenza tributaria passata in giudicato non può non coinvolgere anche il periodo ricompreso tra la data di proposizione del ricorso e la data della sentenza».
  Come rammenta la risoluzione sopra citata, l'orientamento giurisprudenziale è stato ulteriormente confermato nella sentenza della stessa Corte di Cassazione, n. 13069 del 1° giugno 2006, anch'essa relativa all'ICI, con la quale è stato richiamato il principio generale secondo cui «gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda se... a tale momento, esistevano già le condizioni richieste per l'emanazione del provvedimento» (Cassazione, 26 ottobre 1983, n. 6322).
  Nella stessa risoluzione l'Agenzia ha osservato che la variazione di rendita conseguente alla decisione del giudice tributario non può qualificarsi come atto modificativo della rendita, quanto piuttosto come atto «tendente a ripristinare la correttezza e/o la legittimità di un provvedimento (l'atto attributivo o modificativo della rendita oggetto di impugnazione) errato sin dall'origine, cioè fin dalla sua emanazione».
  Pertanto, la sentenza tributaria passata in giudicato che determina una variazione nel classamento dell'immobile può essere equiparata, quanto ai suoi effetti, alla variazione del classamento attuata dall'ufficio in conseguenza del provvedimento di autotutela e al quale, con la circolare n. 11/2005, l'Agenzia del territorio ha riconosciuto efficacia retroattiva.
  In conclusione, stante il corretto inquadramento della fattispecie descritta dall'Onorevole interrogante, l'effetto retroattivo dovrebbe essere limitato al solo momento dell'instaurazione del contenzioso, vale a dire solo dal 1999 in poi e non travolgere le annualità precedenti poiché, si ribadisce, la base imponibile era valutata sulla base di criteri diversi da quelli accertati dalla sentenza stessa.
  Sulla base di quanto innanzi affermato si ritiene inoltre che non sia di alcuna utilità nel caso specifico chiarire se il termine prescrizionale del rimborso sia quinquennale ovvero triennale. Ad ogni modo, si fa presente che il termine quinquennale previsto dall'art. 1, comma 164, della legge n. 296 del 2006 riguarda tutti i tributi locali e quindi anche l'ICI (ora IMU) in quanto ha unificato i termini previsti per il «rimborso delle somme versate e non dovute» in relazione a tutti i tributi locali, abrogando implicitamente le precedenti disposizioni emanate per ciascun tributo.

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ALLEGATO 2

5-08270 Martinciglio: Chiarimenti in merito alla quota di avanzamento dei lavori di ristrutturazione degli edifici ai fini del Superbonus 110 per cento.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, dopo aver premesso che con il decreto «Aiuti» è stata prorogata la scadenza per il completamento del 30 per cento degli interventi per gli edifici unifamiliari, mantenendo la scadenza del 31 dicembre 2022 per terminare l'intervento, richiamano un recente articolo del «Il Sole 24 Ore» nel quale si prospetta la possibilità per i cittadini proprietari di villette unifamiliari, che non sono certi di poter concludere il 30 per cento dei lavori entro il 30 settembre 2022, di poter usufruire comunque dell'agevolazione del 110 per cento anche solo versando le somme relative agli interventi previsti entro il 30 giugno 2022.
  Ciò considerato che la disposizione prevede che i benefici fiscali si maturano sulla base dei saldi di spesa del contribuente piuttosto che sullo stato effettivo dei lavori fermo restando che il completamento degli stessi deve comunque essere asseverato entro 48 mesi, pena la comunicazione da parte di Enea all'Agenzia delle entrate della mancata conclusione dei lavori e la conseguente rivalsa da parte dell'erario sul committente, pari all'importo del beneficio fiscale maggiorato del 30 per cento.
  Tanto premesso, gli Interroganti chiedono di sapere «se l'interpretazione del dato normativo di cui in premessa sia rispondente all'ambito applicativo dell'agevolazione fiscale e conforme alla disciplina in vigore con particolare riferimento agli adempimenti richiesti ai contribuenti rispettivamente per la data del 30 giugno 2022 e del 30 settembre 2022 ai fini del riconoscimento del beneficio del 110 per cento».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova preliminarmente rilevare che la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022) ha prorogato l'agevolazione denominata «Superbonus», di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, prevedendo scadenze differenziate in funzione dei soggetti che sostengono le spese ammesse in detrazione.
  In particolare, ai sensi di quanto previsto dal comma 8-bis dell'articolo n. 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 – norma introdotta dall'articolo 1, comma 28, della legge di bilancio 2022 – per gli interventi realizzati da persone fisiche sugli edifici unifamiliari il «Superbonus» spetta nella misura del 110 per cento fino al 31 dicembre 2022, a condizione che alla data del 30 giugno 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell'intervento complessivo.
  Come segnalato dagli Interroganti, la citata disposizione è stata di recente modificata dall'articolo 14, comma 1, lettera a), del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (cosiddetto Decreto Aiuti) attualmente in corso di conversione.
  In particolare, è stato riformulato il comma 8-bis del citato articolo 119 prevedendo che: «per gli interventi effettuati su unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera b), la detrazione del 110 per cento spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022, a condizione che alla data del 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell'intervento complessivo, nel cui computo possono essere compresi anche i lavori non agevolati ai sensi del presente articolo».
  In sostanza, le persone fisiche al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa o di arti e professioni, possono fruire della detrazionePag. 74 del 110 per cento con riferimento agli interventi eseguiti su unità immobiliari «unifamiliari» anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022. Ciò a condizione, tuttavia, che al 30 settembre di tale anno, «siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell'intervento complessivo».
  Nel computo della predetta percentuale, «possono essere compresi anche i lavori non rientranti nel Superbonus». Per effetto di tale ultima disposizione, quindi, è possibile scegliere se calcolare il 30 per cento dei lavori effettuati entro il 30 settembre 2022, considerando solo gli interventi ammessi al Superbonus, oppure includere anche altri lavori, esclusi da tale detrazione, effettuati sul medesimo immobile.
  Tanto premesso, in relazione alla possibilità per i proprietari di «villette unifamiliari» – che non sono certi di poter concludere il 30 per cento dei lavori entro il 30 settembre 2022 – di usufruire comunque dell'agevolazione del 110 per cento anche solo versando le somme relative agli interventi previsti entro il 30 giugno 2022, si osserva che, in considerazione della formulazione della norma, non è sufficiente, come prospettato dagli Onorevoli interroganti, il pagamento dell'importo corrispondente al 30 per cento dei lavori, se lo stesso non corrisponde allo stato effettivo degli interventi, ma è necessaria la realizzazione di almeno il 30 per cento dell'intervento complessivo, atteso che la norma fa espresso riferimento alla percentuale dei lavori effettuati.

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ALLEGATO 3

5-08273 Fragomeli: Chiarimenti sull'assoggettamento all'IVA dei finanziamenti erogati da pubbliche amministrazioni ai gestori di servizi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti in merito all'assoggettabilità all'IVA dei finanziamenti erogati dall'Ente dell'Ambito territoriale ottimale (ATO) al soggetto individuato per la gestione del servizio idrico integrato in relazione ai costi sostenuti per gli interventi programmati.
  Ad avviso degli Interroganti, detti trasferimenti sono contributi in conto capitale e non possono configurarsi come corrispettivo di uno specifico servizio reso dal gestore nell'ambito del rapporto sinallagmatico che invece l'Agenzia delle entrate ha prospettato in sede di risposta all'interpello n. 904-400/2022 giustificando la rilevanza ai fini IVA di detti finanziamenti.
  Gli Onorevoli segnalano che, nella risposta ad una precedente interrogazione n. 5-08028, di contenuto analogo, è stata evidenziata la necessità di valutare, caso per caso, se le somme elargite dalle pubbliche amministrazioni costituiscano «corrispettivi» per prestazioni di servizi, soggetti ad IVA ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, oppure si configurino come mere movimentazioni di denaro, fuori campo IVA ai sensi dell'articolo 2, terzo comma, lettera a), del medesimo decreto del Presidente della Repubblica.
  Conseguentemente, è stato rappresentato che le strutture centrali dell'Agenzia – nell'ambito dell'attività di monitoraggio ordinariamente svolta al fine garantire l'uniformità dell'interpretazione delle norme tributarie sul territorio nazionale – verificano la correttezza dei pareri resi dalle Direzioni regionali e, ove questi ultimi non siano condivisibili, possono proporne la rettifica.
  Pertanto, gli Onorevoli interroganti chiedono di sapere quale sia l'esito del predetto monitoraggio da parte degli Uffici centrali dell'Agenzia delle entrate in relazione al caso concreto richiamato auspicando una rettifica della posizione assunta nella risposta all'interpello 904-400/2022 al fine di esentare dall'IVA i finanziamenti erogati dall'ente d'Ambito al gestore per la realizzazione delle opere programmate.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova premettere che, ai sensi del citato articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, si realizza il presupposto oggettivo dell'IVA quando (tra l'altro) si è in presenza di una prestazione di servizi a titolo oneroso dipendente da un obbligo contrattuale. In linea generale, pertanto, un contributo è gravato da Iva se, nell'ambito di un rapporto giuridico sinallagmatico tra le parti, costituisce per il beneficiario il corrispettivo per il servizio effettuato; è, invece, esclusa l'applicazione dell'imposta, ai sensi dell'articolo 2, terzo comma, lettera a), del medesimo decreto, quando il contributo si configura come mera cessione che ha per oggetto denaro o crediti di denaro, ossia come elargizione di somme per il perseguimento di obiettivi di carattere pubblico generale.
  La corretta applicazione delle disposizioni richiamate richiede che sia verificata la sussistenza o meno del nesso di corrispettività tra l'elargizione delle somme e l'attività svolta dal soggetto beneficiario delle stesse, attraverso un'analisi dei presupposti e delle condizioni che caratterizzano la specifica fattispecie.
  Tanto premesso, l'Agenzia delle entrate ribadisce che il monitoraggio costituisce un'attività istruttoria per la quale sono necessarie opportune interlocuzioni tra le Pag. 76Direzioni Regionali che hanno reso i pareri e le Strutture Centrali che devono convalidarne la correttezza, all'esito delle quali se il parere espresso dalla Direzione Regionale non dovesse risultare condivisibile, la stessa Direzione Regionale provvederà a rettificare il parere medesimo e a darne comunicazione al contribuente interessato.
  Deve altresì evidenziarsi che, ove il contribuente istante ritenga di rappresentare circostanze e fatti nuovi, non evidenziati nella prima istanza, e considerati rilevanti ai fini del corretto trattamento IVA dei contributi, può presentare una nuova istanza di interpello alla Direzione Regionale competente.
  Da ultimo, si fa presente che, in base alle direttive interne, ad oggi, non risultano scaduti i termini entro i quali deve concludersi l'attività di monitoraggio cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.

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ALLEGATO 4

5-08274 Albano: Emanazione del decreto ministeriale per l'operatività del Fondo per l'indennità una tantum in favore di lavoratori autonomi e professionisti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'Onorevole interrogante richiama l'articolo 33 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 – entrato in vigore il successivo 18 maggio 2022 e attualmente in fase di conversione in legge (AC 3614) – che ha istituito il «Fondo per il sostegno del potere d'acquisto dei lavoratori autonomi» volto a finanziare, con una dotazione finanziaria di 500 milioni di euro per l'anno 2022, la concessione di una indennità una tantum per i lavoratori autonomi e i professionisti.
  Il medesimo articolo 33 prevede che i criteri e le modalità per la concessione di tale indennità una tantum sono definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 50 del 2022.
  Al riguardo, si evidenzia che il citato decreto-legge n. 50 del 2022 è attualmente in fase di conversione in legge ed è assegnato in sede referente alle Commissioni riunite V Bilancio e Tesoro e VI Finanze della Camera dei deputati (AC 3614), dove è in corso l'esame degli emendamenti.
  Ciò premesso, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, chiamato dalla norma a predisporre il decreto interministeriale in esame, ha comunicato che il relativo schema di decreto è in avanzata fase di predisposizione. In particolare, sono in via di definizione le modalità di attuazione della corresponsione, tenuto conto delle risorse disponibili stanziate, della misura massima dell'indennità al fine di assicurare che tutte le richieste siano soddisfatte e che non si determini disparità con la platea degli altri beneficiari dell'indennità una tantum di cui agli articoli 31 e 32 del decreto-legge n. 50 del 2022.
  Il Ministero del lavoro ha, altresì, comunicato che per quanto riguarda le modalità applicative, saranno definiti le ipotesi di incumulabilità delle indennità e risolte le criticità relative ai casi di doppia iscrizione alla gestione separata INPS e alle casse previdenziali private, peraltro riferiti a una ristretta platea di soggetti.
  Appena il decreto perverrà al Ministero dell'economia e delle finanze, si assicura il massimo impegno per un rapido perfezionamento dello stesso.

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ALLEGATO 5

5-08275 Pastorino: Iniziative per il contrasto all'evasione fiscale attraverso l'utilizzo di banche dati informatizzate e tutela della privacy.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante fa riferimento al decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze, previsto dall'articolo 1, comma 683, della legge n. 160 del 2019, a cui è demandato il compito di definire: a) le specifiche limitazioni e le modalità di esercizio dei diritti di cui agli articoli 14, 15, 17, 18 e 21 del regolamento (UE) 2016/679, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, in modo da assicurare che tale esercizio non possa arrecare un pregiudizio effettivo e concreto all'obiettivo di interesse pubblico; b) le disposizioni specifiche relative al contenuto minimo essenziale di cui all'articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/679; c) nonché le misure adeguate a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati.
  L'emanazione di tale decreto è inserita nell'ambito della Missione 1 Componente 1 del PNRR tra gli adempimenti da espletare entro il primo semestre del 2022.
  In particolare, è previsto che entro il 30 giugno 2022 venga completato il processo di pseudonimizzazione dei dati personali, di cui all'articolo 1, commi da 681 a 686, della legge n. 160 del 2019, e sia realizzata l'infrastruttura digitale per l'analisi dei mega-dati generali attraverso l'interoperabilità della banche dati completamente pseudonimizzata, al fine di migliorare l'efficacia dell'analisi dei rischi.
  Tanto premesso, l'Onorevole interrogante chiede di chiarire in che modo il decreto attuativo riesca a contemperare il diritto alla privacy dei soggetti interessati e l'aumento di efficacia della capacità di controllo e di analisi dei rischi dell'Agenzia dell'entrate.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente, è opportuno evidenziare che, come previsto dalla legge n. 160 del 2019 e come rilevato anche dall'Onorevole interrogante, ai fini della predisposizione dello schema di decreto in esame sono state condotte numerose interlocuzioni con il Garante della privacy.
  Alla luce delle indicazioni e delle osservazioni che sono state fornite dal Garante, il decreto, nel rispetto dei principi di necessità e proporzionalità, definirà le specifiche limitazioni e le modalità di esercizio dei diritti del Regolamento (UE) 2016/679 e, in particolare, del diritto di accesso dell'interessato (articolo 15), del diritto alla cancellazione dei dati o «diritto all'oblio» (articolo 17), del diritto di limitazione di trattamento (articolo 18) e del diritto di opposizione al trattamento (articolo 21), in modo da assicurare che il loro esercizio non arrechi un pregiudizio effettivo e concreto all'obiettivo di interesse pubblico di rendere più efficace i sistemi di analisi del rischio per combattere l'evasione fiscale. Il decreto conterrà inoltre le disposizioni specifiche relative al contenuto minimo essenziale di cui all'articolo 23, paragrafo 2, del Regolamento (UE) 2016/679 concernente le limitazioni al trattamento dei dati personali nonché le misure adeguate a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati.
  In attuazione del principio del Regolamento (UE) 2016/679, secondo cui le limitazioni del diritto alla privacy devono essere giustificate da un rilevante interesse economico o finanziario dell'Unione o di uno Stato membro, il decreto conterrà disposizioni necessarie ad assicurare che il periodo di conservazione dei dataset predisposti per le finalità indicate dalla legge Pag. 79n. 160 sia limitato al minimo necessario e, in linea con il principio di «minimizzazione» dei dati e di «esattezza», autorizzerà le sole operazioni di trattamento strettamente necessarie allo scopo di individuare criteri di rischio utili per fare emergere posizioni da sottoporre a controllo e incentivare l'adempimento spontaneo di cui all'articolo 1, comma 682, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.
  Con riferimento alle misure operative che saranno adottate in materia di protezione dei dati e alla realizzazione dell'infrastruttura digitale per l'interoperabilità della banca dati completamente pseudonimizzata, l'Agenzia delle entrate fa presente quanto segue.
  L'archivio dei rapporti finanziari costituisce un'apposita sezione dell'Anagrafe tributaria ed è una base dati che contiene le informazioni relative:

   ai conti correnti e agli altri rapporti finanziari di cui un contribuente è titolare o può disporre sulla base di deleghe o procure ad operare (cosiddetta «sezione anagrafica»);
   alle movimentazioni contabili in forma aggregata, al saldo iniziale, a quello finale e, per alcune tipologie di conto, al valore medio di giacenza, che interessano in un anno solare ciascun rapporto continuativo, nonché alle operazioni cosiddetto «extra-conto», vale a dire effettuate al di fuori di un rapporto continuativo con l'intermediario finanziario (cosiddetta «sezione contabile»).

  Detto archivio è stato istituito ad opera dell'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605 (sezione anagrafica) e dell'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (sezione contabile). Il comma 4 del citato articolo 11, ha, inoltre, previsto la possibilità, per l'Agenzia delle entrate, di utilizzare le informazioni in esso presenti per le analisi del rischio di evasione.
  Successivamente, il comma 682 dell'articolo 1 della legge n. 160 del 2019 ha disposto che l'Agenzia delle entrate, per le summenzionate analisi del rischio, si avvale, anche previa pseudonimizzazione dei dati personali, delle tecnologie, delle elaborazioni e delle interconnessioni con le altre banche dati di cui dispone, allo scopo di individuare i criteri di rischio utili a far emergere le posizioni da sottoporre a controllo o nei cui confronti incentivare l'adempimento spontaneo.
  Nonostante, come accennato, la norma citata contempli la pseudonimizzazione come una misura facoltativa, l'Agenzia delle entrate si è impegnata ad utilizzarla per tutti i trattamenti che coinvolgono i dati dell'archivio dei rapporti finanziari. E, in ogni caso, per tali trattamenti, l'Agenzia delle entrate ha posto in essere ulteriori misure per assicurare elevati standard di sicurezza per i diritti e le libertà degli interessati adeguati al livello di rischio «identificato».
  L'approccio adottato nell'utilizzo dei dati presenti nelle diverse banche dati (interconnesse) è quello di evitare di innescare attività completamente automatizzate di controllo.

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ALLEGATO 6

5-08271 Sangregorio: Iniziative a tutela di azionisti, investitori e dipendenti della Banca popolare di Bari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In riscontro al quesito posto dall'onorevole interrogante, con particolare riferimento all'impegno assunto dal Governo «a valutare la possibilità di istituire presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze un fondo destinato al ristoro dei risparmiatori e soci della Banca popolare di Bari ...», sentite le competenti strutture del MEF, si evidenzia che l'ipotesi di un fondo, alimentato da risorse pubbliche, che intervenga in luogo di una società operante sul mercato ed emittente strumenti finanziari, quale è Banca Popolare di Bari, per risarcire i risparmiatori a fronte di responsabilità per danno ingiusto che fossero accertate in capo a detto soggetto emittente, configurerebbe un'ipotesi di aiuto di Stato a favore dell'emittente.
  Tale ipotesi sarebbe incompatibile con la normativa europea, vanificando così il percorso di rilancio della Banca fin qui compiuto e le prospettive future della banca. Infatti, una banca che risulti beneficiaria di un aiuto di Stato deve essere posta in risoluzione in base al quadro normativo europeo.
  Le vicende della BPB hanno visto coinvolti circa 70.000 azionisti rispetto ai quali, in occasione dell'intervento di ricapitalizzazione della Banca Popolare di Bari effettuato a giugno 2020, BPB, il Mediocredito Centrale e il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi hanno definito alcune proposte «di risarcimento e incentivo» a favore della base sociale. Tra queste l'accordo transattivo che ha previsto la corresponsione di un indennizzo monetario, pari a euro 2,38 per ogni azione, a una ampia porzione di soci che avevano sottoscritto gli aumenti di capitale del 2014 e del 2015. Alla proposta ha aderito circa il 63 per cento dei soci destinatari.
  Con l'adesione all'Offerta Transattiva, gli azionisti hanno rinunciato ad ogni pretesa e/o azione legale nei confronti di BPB. Pertanto la pretesa risarcitoria dovrebbe essere giuridicamente venuta meno.
  Nel luglio 2021 è stata, inoltre, istituita una «procedura di conciliazione», tesa a risolvere in via transattiva le controversie in essere tra la banca e i propri soci attraverso il riconoscimento di un contributo economico di euro 2,38 ad azione per gli azionisti che si trovino in determinate situazioni di difficoltà finanziaria/sociale. Come precisato nel comunicato stampa di BPB del 30 marzo 2022, le Commissioni di Conciliazione – istituite per esaminare le domande pervenute dagli azionisti – hanno completato i propri lavori; è stata di conseguenza avviata la trasmissione dei verbali di conciliazione, nei quali verrà attestato l'accoglimento della domanda e indicato l'indennizzo transattivo che verrà accreditato sul conto corrente bancario indicato da ciascun socio.
  Infine, su un piano più generale, risulta che MCC (del cui Gruppo Bancario oggi BPB fa parte) ha espresso disponibilità al confronto con le Associazioni rappresentative degli azionisti.
  Si evidenzia altresì che, in ogni caso, la banca è uscita dall'Amministrazione Straordinaria, ed ha avviato un complesso processo di rilancio che ha richiesto (in base al decreto-legge n. 142 del 2019 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 febbraio 2020, n. 5, rubricato «Misure urgenti per il sostegno al sistema creditizio del Mezzogiorno e per la realizzazione di una banca di investimento») una ricapitalizzazione anche con l'impiego di risorse pubbliche, all'esito di un negoziato con la Commissione europea. La Banca sta tuttora completando il percorso verso condizioni ottimali di equilibrio:Pag. 81 il bilancio 2021 si è difatti chiuso con 170 milioni di euro di perdite, 320 milioni di euro di costi operativi, con un rapporto costi/ricavi ancora oltre il 100 per cento.
  Quanto ai profili sulla tutela del personale richiamati dall'interrogante, si osserva che l'attuale piano industriale della banca (arco temporale 2022-24) non prevede esuberi (ma, anzi, prevede 100 nuove assunzioni di profili specializzati) né chiusura di filiali, ma mira a ridurre i costi tramite un efficientamento delle spese amministrative e delle strutture interne.

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ALLEGATO 7

5-08272 Martino: Chiarimenti sull'applicazione dell'agevolazione fiscale «Tremonti Ambiente» (TA).

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti richiamano le disposizioni di cui all'articolo 6, commi da 13 a 19, della legge n. 388 del 2000 – la cosiddetta «Tremonti Ambiente» – con le quali, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2001, è stata introdotta un'agevolazione fiscale destinata a incentivare gli investimenti ambientali. Tali disposizioni prevedono, infatti, che la quota di reddito delle piccole e medie imprese destinata ad investimenti ambientali non concorra a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte dei redditi.
  Gli interroganti rilevano come, sulla base di tale presupposto, numerosi imprenditori collettivi piemontesi abbiano realizzato i predetti investimenti, beneficiando – a seguito dei chiarimenti recati dal cosiddetto «Quinto conto energia» (decreto ministeriale 5 luglio 2012) e di quelli forniti dall'Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 58 del 2016 in merito alla cumulabilità delle suddette agevolazioni entro il limite del 20 per cento del costo dell'investimento – di entrambi gli incentivi. Ciò nonostante, in Piemonte le Direzioni Provinciali dell'Agenzia delle entrate hanno rifiutato il riconoscimento della detassazione, costringendo i contribuenti ad adire il giudice tributario per reclamare il diritto all'agevolazione.
  Sulla questione, poi, il Gestore dei servizi energetici (GSE), con nota del 22 novembre 2017, ha affermato che la Tremonti Ambiente non è cumulabile con le tariffe incentivanti spettanti ai sensi del III, IV e V Conto Energia e che «Consiglio di Stato e TAR hanno annullato questa interpretazione».
  Tanto premesso gli Onorevoli interroganti chiedono di sapere «se non ritenga opportuno emanare disposizioni a tutela del legittimo affidamento dei contribuenti indicati in premessa la cui posizione procedimentale è pienamente conferente con le indicazioni della Risoluzione Ade n. 58/E/2016».
  Al riguardo, sentiti i competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova preliminarmente osservare che l'articolo 36 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, rubricato «Incentivi Conto Energia», interviene sulle problematiche applicative derivanti dal cumulo degli incentivi alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici con la detassazione fiscale per investimenti ambientali prevista dall'articolo 6, commi da 13 a 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
  Le agevolazioni tariffarie e fiscali in questione sono state già riconosciute ai beneficiari e ad esse, attualmente, non è più possibile accedere.
  La necessità di garantire il rispetto del divieto di cumulo tra le due agevolazioni non è dettata da norme di carattere fiscale, ma discende unicamente dalla disciplina delle tariffe incentivanti di cui ai decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, 6 agosto 2010, 5 maggio 2011 e 5 luglio 2012 (di seguito rispettivamente III, IV e V «Conto Energia»).
  Ciò posto, in merito alla cumulabilità dell'agevolazione fiscale per investimenti ambientali (cosiddetto «Tremonti Ambiente») con altre misure agevolative, infatti, l'Agenzia delle entrate si è espressa con la risoluzione n. 58 del 20 luglio 2016, nella quale ha rappresentato che «la stessa deve, pertanto, ritenersi fruibile anche in Pag. 83presenza di altre misure di favore, salvo che le norme disciplinanti le altre misure non dispongano diversamente».
  Sulla questione è intervenuto il Gestore dei Servizi Energetici (di seguito, GSE), con un comunicato del 22 novembre 2017, con cui ha precisato che, relativamente ai decreti di incentivazione della produzione di energia da fonti fotovoltaiche di cui al III, IV e V Conto Energia, non è possibile il cumulo tra i due incentivi. Inoltre, lo stesso GSE ha specificato che, per continuare a godere delle tariffe incentivanti, è necessario che il soggetto responsabile rinunci al beneficio fiscale goduto, manifestandone la volontà all'Agenzia delle entrate.
  Per consentire la rinuncia al beneficio fiscale e conservare le tariffe incentivanti, con la risposta ad interpello n. 114 del 2018, l'Agenzia delle entrate ha chiarito che, in merito «alle modalità attraverso le quali manifestare la rinuncia all'agevolazione fiscale della “Tremonti Ambiente”, essendo quest'ultima fruibile attraverso il meccanismo della variazione in diminuzione dell'imponibile da operare in sede di dichiarazione dei redditi, la società istante può, innanzitutto, avvalersi dello strumento della dichiarazione integrativa di cui all'articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. Tale dichiarazione può essere presentata esclusivamente entro i termini di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
  Peraltro, nell'ipotesi in cui la società istante non abbia usufruito dell'agevolazione in via ordinaria, cioè in sede di dichiarazione dei redditi, ma abbia presentato un'istanza di rimborso dell'imposta versata, la rinuncia all'agevolazione può essere manifestata attraverso una rinuncia espressa all'istanza di rimborso, sempreché lo stesso non sia stato ancora erogato.
  Al di fuori delle suddette ipotesi, ossia quando le dichiarazioni presentate non siano più integrabili essendo decorso il termine di cui al citato articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ovvero quando i rimborsi siano già stati erogati, la posizione fiscale della società istante, con riferimento all'agevolazione “Tremonti Ambiente”, deve ritenersi definitiva».
  Infine, per coloro che non potevano più avvalersi delle modalità di restituzione appena descritte, l'articolo 36 del decreto-legge n. 124 del 2019 ha introdotto nell'ordinamento una procedura volta a consentire alle imprese il mantenimento del diritto a beneficiare delle tariffe incentivanti di cui ai citati decreti del Ministro dello sviluppo economico, in caso di cumulo con la detassazione per investimenti ambientali.
  In particolare, la citata disposizione:

   subordina il mantenimento del suddetto diritto «al pagamento di una somma determinata, applicando alla variazione in diminuzione effettuata in dichiarazione, relativa alla detassazione per investimenti ambientali, l'aliquota d'imposta pro-tempore vigente»;
   chiarisce che, per avvalersi di tale definizione, è necessario «presentare apposita comunicazione all'Agenzia delle entrate», il cui contenuto e modalità di presentazione sono stati fissati con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 6 marzo 2020;
   precisa che la definizione si perfeziona con la presentazione della comunicazione e con il pagamento degli importi dovuti «entro il 30 giugno 2020» (termine posticipato al 31 dicembre 2020 dall'articolo 56, comma 8-ter, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 11 settembre 2020, n. 120).

  Tanto premesso, risulta chiaro che:

   le agevolazioni di cui ai conti energia non hanno natura tributaria;
   il GSE è l'unico soggetto titolare del procedimento amministrativo di ammissione e revoca delle tariffe incentivanti ai sensi dell'articolo 42 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28;
   la procedura disciplinata dall'articolo 36 del decreto-legge n. 124 del 2019 rappresenta solo una modalità operativa, senza pagamento di interessi e sanzioni, volta ad evitare la revoca delle tariffe incentivanti Pag. 84nei casi in cui la posizione fiscale del contribuente, con riferimento all'agevolazione Tremonti Ambiente, si è resa definitiva o per decorso del termine, di cui al citato articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, per presentare una dichiarazione integrativa, ovvero, nell'ipotesi in cui si sia usufruito dell'agevolazione per il tramite del rimborso percepito a seguito della presentazione di apposita istanza per la restituzione dell'imposta precedentemente versata;
   la suddetta procedura di definizione agevolata non comporta né riliquidazione delle dichiarazioni presentate né riapertura di posizioni fiscali che si sono rese definitive;
   alle somme richieste per definire la procedura agevolativa non può essere attribuita natura tributaria, non costituendo in alcun modo IRES/IRPEF restituita a seguito di riliquidazione delle dichiarazioni o di revoca di rimborsi erogati.