CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 27 aprile 2022
785.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza
ALLEGATO
Pag. 299

ALLEGATO

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL'INDAGINE CONOSCITIVA SUL FUNZIONAMENTO E LA GESTIONE DEI SERVIZI SOCIALI CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID-19 (Doc. XVII-bis, n. 7).

1. Le finalità dell'indagine conoscitiva.

  La Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha ritenuto necessario approfondire, attraverso lo svolgimento di una indagine conoscitiva, la questione relativa al funzionamento e alla gestione dei servizi sociali con particolare riferimento all'emergenza epidemiologica da Covid-19. Si tratta di un tema molto ampio che merita un attento approfondimento in considerazione delle problematiche emerse in modo particolare in seguito alla adozione delle misure di contenimento della emergenza epidemiologica da Covid-19. Soprattutto durante i mesi del cosiddetto primo lockdown sono state registrate numerose criticità in relazione al funzionamento della rete territoriale chiamata a fornire assistenza alle famiglie, ai bambini e adolescenti anche con disabilità. Criticità che solo in parte si sono risolte nei mesi successivi, ma che, invece, hanno fatto emergere la presenza di alcune problematiche fortemente radicate nell'intero sistema e nell'azione dei servizi sociali in favore delle famiglie, soprattutto quelle in condizioni di maggiore fragilità.
  L'attività conoscitiva svolta dalla Commissione e i cui esiti sono riportati nel documento in esame, si è sostanziata, da un lato, nello svolgimento di alcune audizioni e, dall'altro nella acquisizione di un'ampia documentazione cartacea.
  Occorre sottolineare, in via del tutto preliminare, come con l'espressione «servizi sociali» ci si riferisca – in base a quanto previsto dal decreto legislativo n. 112 del 1998 – a tutte quelle attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della propria vita, ad esclusione soltanto di quelle assicurate dal sistema sanitario, nonché dall'amministrazione della giustizia. I servizi sociali, così intesi, rappresentano la diretta attuazione di quanto previsto dall'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui invita lo Stato a rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono lo sviluppo e il benessere della persona umana, promuovendo un'uguaglianza di tipo sostanziale. A ben vedere quindi i servizi sociali non coincidono con il servizio sociale professionale, in quanto se i servizi sociali sono un insieme di prestazioni, il servizio sociale professionale rappresenta solo uno dei titolari di tali prestazioni.
  La Commissione, a conclusione dell'indagine, si propone di offrire con il presente documento un quadro ricognitivo delle evidenze emerse, indicando, nel contempo, al Parlamento e alle altre istituzioni, a vario titolo, coinvolte, spunti di riflessione per porre interventi finalizzati ad ovviare alle criticità rilevate.

2. L'inquadramento giuridico: i servizi sociali e il servizio sociale professionale nel sistema di sussidiarietà orizzontale e verticale.

  Per riuscire a comprendere il funzionamento e la gestione dei servizi anche nel periodo della pandemia, appare necessario prioritariamente un inquadramento giuridico utile a collocare l'ambito di competenza dei servizi sociali e del servizio sociale professionale.
  L'importanza dell'assistenza sociale trova il suo fondamento nell'esplicazione del principio di uguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione. In particolare il comma 2 richiama la necessità di attuazione della Pag. 300cosiddetta uguaglianza sostanziale, attribuendo allo Stato il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscano il pieno sviluppo della persona umana. Per dare attuazione a tale principio nel nostro ordinamento sono stati adottati, nel tempo, interventi normativi che hanno dato luogo alla proliferazione di enti di assistenza e previdenza sociale con una frammentazione di competenze.
  Nella storia della Repubblica italiana il principio del decentramento amministrativo ha iniziato ad avere attuazione negli anni Settanta del secolo scorso, ma una svolta rispetto alla valorizzazione del ruolo degli enti locali si è avuta con il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, con il quale si è cercato di dare impulso alla partecipazione attiva della collettività alla cura degli interessi pubblici attraverso l'esercizio diretto delle funzioni amministrative. Si tratta della prima vera attuazione dell'articolo 5 della Costituzione, che riconosce proprio il decentramento amministrativo, promuovendo le autonomie locali. Il decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 riconoscendo, in particolare, agli enti locali tutti, in merito alle loro rispettive competenze, autonomia per materia, si poneva l'obiettivo di garantire l'effettiva realizzazione della vita del Paese attraverso una sua struttura più articolata e quindi più democratica. Le regioni, attraverso la programmazione, svolgevano un ruolo di collante tra le direttive statali e le singole realtà locali.
  Con tale norma, le competenze in materia amministrativa e civile dei tribunali per i minorenni furono trasferite dagli uffici di servizio sociale per i minorenni ai Comuni, quindi dallo Stato agli enti locali che le realizzarono attraverso l'istituzione dei servizi sociali e del servizio sociale professionale.
  Successivamente, nell'ambito della riforma della pubblica amministrazione e dell'opera di semplificazione dell'attività amministrativa, è stata avviata una rinnovata politica di decentramento, attraverso la legge 15 marzo 1997, n. 59 (cosiddetta legge Bassanini), contenente la delega al Governo per il conferimento alle regioni e agli enti locali delle funzioni e dei compiti amministrativi, nonché attraverso il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, di attuazione della suddetta delega, che ha realizzato il conferimento di funzioni e compiti agli enti locali di alcune materie espressamente indicate e riunite in quattro settori, tra i quali i servizi alla persona e alla comunità.
  Se la legge n. 59 del 1997 aveva come obiettivo la realizzazione del massimo decentramento possibile con legge ordinaria, nei limiti consentiti dalla Costituzione (il cosiddetto «federalismo a Costituzione invariata»), con la legge costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1, che ha riformato il titolo V della Costituzione, viene dato rango costituzionale alle novità legislative appena richiamate di riforma dell'assetto organizzativo della Repubblica, disegnando un'articolazione amministrativa tra diversi livelli di governo territoriale.
  Con essa vengono introdotti i principi di sussidiarietà orizzontale e di sussidiarietà verticale. Secondo il primo principio il comune viene individuato come nuovo centro del sistema amministrativo, in quanto soggetto più vicino ai cittadini, pertanto in grado di rappresentare al meglio le esigenze delle collettività di riferimento e assicurare servizi migliori anche con il coinvolgimento dei privati cittadini, individualmente o in associazione, per lo svolgimento di attività di interesse generale.
  L'articolo 118 della Costituzione esplicita, poi, il principio di sussidiarietà verticale, stabilendo che «le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza». La ripartizione delle competenze amministrative fra ente territoriale centrale ed ente periferico avviene nel rispetto del principio di sussidiarietà, secondo il quale, al primo spettano le funzioni tassativamente riservate dalla legge mentre tutte le altre sono di competenza del secondo, salvo che sia necessario garantire l'esercizio unitario da parte dell'ente superiore.Pag. 301
  Al comune, ormai ente a competenza amministrativa generale, spettano tutte le funzioni amministrative, ai sensi del comma 3 dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 59 del 1997, secondo le proprie dimensioni territoriali, con l'esclusione di quelle incompatibili che esulano dall'interesse locale e che necessariamente sono riservate all'ente immediatamente superiore (Provincia, Città metropolitana, Regione, Stato).
  Nel medesimo clima riformatore si inserisce la legge quadro di riforma dei servizi sociali, di poco antecedente alla legge costituzionale n. 1 del 2001: si tratta della legge 8 novembre 2000, n. 328, recante: «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali» che ha ridefinito il profilo delle politiche sociali creando un quadro normativo unitario valido a livello nazionale. Detta legge stabilisce che «la Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli art. 2, 3 e 38 della Costituzione».
  Secondo tale legge i Comuni, titolari dei servizi sociali, sono chiamati a una loro pianificazione e programmazione in forma associata e in relazione con altri soggetti del territorio, sia pubblici che privati. Lo scopo principale è quello di riuscire a dare risposte più adeguate ed efficaci ai bisogni dei cittadini mettendo in sinergia le risorse esistenti ed integrando i servizi evitando sovrapposizioni di competenze. Tale articolazione programmatoria segna una vera svolta nell'organizzazione dei servizi sociali, nella loro gestione e nella dinamica tra servizi sociali e cittadini, in forma singola e associata, compresi gli enti del terzo settore.
  Per la definizione di questi servizi, la legge rimanda all'articolo 128 del decreto legislativo n. 112 del 1998 che recita: «per “servizi sociali” si intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia». Pertanto, essi costituiscono l'insieme dei servizi e delle prestazioni erogati a tutela e garanzia dei diritti sociali fondamentali alla base del welfare e assicurano (o dovrebbero assicurare) il principio costituzionale di eguaglianza sostanziale.
  Per un corretto inquadramento della tematica oggetto della indagine conoscitiva occorre distinguere i servizi sociali dal servizio sociale professionale.
  Il servizio sociale è una professione basata sulla pratica e una disciplina accademica che promuove il cambiamento sociale e lo sviluppo, la coesione e l'emancipazione sociale, nonché l'empowerment e la liberazione delle persone. Principi di giustizia sociale, diritti umani, responsabilità collettiva e rispetto delle diversità sono fondamentali per il servizio sociale. Il servizio sociale è dunque una professione che opera a più livelli, con autonomia tecnica e professionale, in favore delle persone, dei gruppi e delle comunità, al fine di promuovere il loro benessere, contribuendo alla rimozione degli ostacoli che vi si frappongono e facendo leva sui processi di autonomia, autodeterminazione e responsabilizzazione delle persone e delle comunità. Il servizio sociale opera secondo un quadro teorico di riferimento, un patrimonio professionale di metodi e tecniche e un corpo normativo che regola la professione dal punto di vista etico.
  L'aggettivo professionale è spesso associato al servizio sociale per distinguere il lavoro professionale dalle attività di carattere volontario-filantropico e da quello di altre figure genericamente denominate operatori sociali, presenti nei servizi sociali, sanitari, educativi, assistenziali. Il servizio sociale è reso dall'assistente sociale, una figura professionale che segue un percorso di laurea organizzato su un livello triennale Pag. 302e un livello specialistico biennale, nell'ambito dei quali sono incardinati i tirocini formativi nei servizi. Per esercitare la professione è previsto il superamento di un esame di abilitazione.
  Pertanto, ai fini dell'indagine de qua, è opportuno precisare che i servizi sociali attengono a un sistema complesso e articolato entro il quale operano differenti figure professionali, tra le quali quella dell'assistente sociale. Tale affermazione implica una constatazione doverosa: qualunque prestazione offerta dai servizi sociali richiede un approccio multidisciplinare e integrato che tenga conto del bambino e del ragazzo nella sua interezza e come parte di uno o più sistemi (familiare, educativo, scolastico, amicale...).

3. Il funzionamento e la gestione dei servizi sociali a tutela dei diritti dei minorenni ai tempi del Covid-19.

  Con specifico riguardo al mondo dell'infanzia e dell'adolescenza occorre quindi affrontare il tema tenendo conto del delicato intreccio tra diritti delle persone di minore età, soprattutto quelle in condizione di vulnerabilità, e prestazioni e servizi resi dai servizi sociali degli Ambiti territoriali sociali di cui alla legge n. 328 del 2000.
  Il virus e le misure atte a contenerlo, in primis il lockdown iniziale, hanno paralizzato o comunque fortemente rallentato le attività dei servizi sociali. Le criticità comuni a molte famiglie con figli minorenni si sono presentate in maniera ancor più evidente in quei nuclei più fragili – famiglie multiproblematiche, monogenitoriali, in condizioni di povertà socio-educativa e culturale – generalmente più conosciute dai servizi. Si pensi ai bambini in povertà economica ed educativa non raggiunti dalla Dad, a quelli con disagio psichico conclamato la cui sospensione del servizio diurno ha interrotto una routine aggravando la loro condizione, a quelli inseriti nei percorsi di educativa domiciliare in ragione della problematica situazione familiare. Ed ancora a quei bambini, figli di genitori con separazioni conflittuali, costretti a vedere sospeso il diritto all'incontro con il genitore non affidatario, di solito garantito in presenza di un professionista (solitamente un educatore) all'interno di servizi specifici, variamente denominati («luogo/spazio neutro», «incontri protetti»). Inoltre la prolungata convivenza forzata nel quadro di dinamiche familiari «patologiche» o disfunzionali hanno aumentato le situazioni di abuso, maltrattamento e violenze intrafamiliari a danno di persone di minore età, ma anche delle donne, generando così situazioni di violenza assistita. Decisamente problematica è stata poi la gestione di quelle situazioni in cui si è dovuto provvedere al ricollocamento di un bambino o di un ragazzo quando entrambi i genitori sono stati ricoverati perché avevano contratto la malattia da Covid-19. Come si dirà più ampiamente in seguito, secondo una ricerca condotta dalla Fondazione nazionale assistenti sociali e dal Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali durante la pandemia si è registrata una estrema difficoltà del collocamento fuori famiglia, «anche a causa di cortocircuiti istituzionali: comunità e famiglie affidatarie non hanno dato la disponibilità in assenza di tampone e l'Ats non ha autorizzato il tampone ai bambini in assenza di sintomi».
  La mancanza dei servizi che, insieme alla scuola, svolgevano un importante ruolo di «antenne» per l'individuazione di fattori di rischio legati ai minori, ha non solo accresciuto il livello di problematicità, ma ha anche attenuato il diritto alla tutela e protezione dei minori.
  Dopo un primo momento di disorientamento e a seguito di indicazioni e linee guida sulla sicurezza emanati al livello centrale, i servizi sociali hanno ripreso le loro attività, riorganizzandole in condizioni nuove e non pianificate, spesso in risposta a nuove emergenze. Tra le indicazioni emanate al livello governativo, la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 1/2020, dedicata specificamente al sistema dei servizi sociali, ha chiarito che alcuni servizi, tra i quali «(...) centri di ascolto per famiglie che erogano tra l'altro consulenze specialistiche, attività di mediazione familiare e spazi neutri su disposizionePag. 303 dell'autorità giudiziaria, centri antiviolenza [si ritiene comprensivi dei centri anti tratta], nella misura in cui assicurano servizi strumentali al diritto alla salute o altri diritti fondamentali della persona (...)», avrebbero potuto continuare a operare nel rispetto delle misure di distanziamento.
  Le misure di contenimento del contagio hanno implicato la necessità di mantenere il distanziamento fisico dalle persone, sfidando dunque le modalità ordinarie e l'utilizzo di alcuni degli strumenti cardine del lavoro dei servizi sociali. Nel periodo del Covid-19 una criticità particolare ha colpito i luoghi e i modi dell'accesso dei bambini e dei ragazzi ai servizi, elemento non trascurabile, dato che l'accesso al servizio rappresenta anche il momento dell'«aggancio» per intraprendere un percorso di aiuto caratterizzato dalla fiducia.
  Alcuni aspetti fondamentali, come la relazione fisica, l'osservazione diretta, il linguaggio non verbale, sono andati perduti. E tuttavia, in molti casi, tali limiti sono diventati risorsa sia per i percorsi proseguiti on line sia per quelli che hanno cominciato esclusivamente in questa modalità: si pensi ai ragazzi cosiddetti «ritirati sociali», i cosiddetti Hikikomori, la cui distanza imposta dallo schermo ha costituito una possibilità di aggancio della persona non «costretta a subire la violenza» di un contatto fisico che non si riesce ad accettare. Ed ancora, nell'ambito di una esperienza progettuale nella Regione Campania, gli incontri a distanza rivolti a un gruppo di genitori hanno funzionato come luogo di prima accoglienza e di ascolto, volto a indirizzare le situazioni di disagio verso interventi specifici e verso una rete territoriale: la distanza ha permesso ai genitori di abbassare il livello di ansia e il timore nel raccontare le loro paure e le loro preoccupazioni, favorendo un'apertura non sempre agevole in questi processi.
  Un primo grande cambiamento realizzato è stato, dunque, quello del setting, una risposta adattiva e creativa a una emergenza, che si è rivelata una risorsa e può essere ripensata indipendentemente dalla pandemia, facendo dell'accesso un tema di attenta riflessione e progettazione sempre in relazione alla situazione concreta.
  In molti casi, i «servizi di supporto educativo scolastico in streaming», i gruppi di studio e il doposcuola on line, così come le video chiamate «protette» o gli «incontri protetti via skype» per consentire di mantenere i legami genitoriali, hanno costituito modalità innovative e creative attraverso le quali i servizi hanno cercato di dare risposte ai «bisogni vecchi e nuovi» dei bambini e delle famiglie. Le videochiamate e gli altri strumenti tecnologici hanno costituito dei «setting alternativi» che hanno consentito, da una parte, di mantenere il contatto visivo e di ottimizzare i tempi, anche del lavoro in équipe, dall'altra di agevolare la relazione, dato che ci si è concentrati sulla cura della relazione stessa: meno attenzione all'erogazione della prestazione in sé e maggiore interesse per gli aspetti di benessere e malessere della persona. In alcuni casi, l'interesse e la cura delle relazioni, unitamente alle preoccupazioni per i bambini e i ragazzi in condizione di fragilità, hanno condotto alla messa in atto di azioni proattive verso le famiglie e i minori, consentendo ai professionisti dei servizi sociali, in senso metaforico, di «uscire fuori dai servizi e dalle scrivanie» per raggiungere, dal punto di vista relazionale, le persone di cui prendersi cura. Il distanziamento sociale ha consentito di ri-tarare l'azione sulla relazione professionale e sull'ascolto empatico.
  La necessità di riorganizzare il lavoro e gli interventi attraverso modalità a distanza, ha costituito l'occasione per moltiplicare il lavoro di rete, le équipe multidisciplinari e gli incontri interistituzionali, anche con nuovi soggetti (come la Protezione civile o i Coc, centri operativi comunali). Tale modalità ha condotto, in taluni casi, all'accelerazione di processi decisionali e ha favorito l'assunzione di decisioni collettive in un'ottica integrata della persona di minore età.
  Tra le criticità è stata evidenziata la mancanza di una formazione specificamente orientata ad affrontare le emergenze, insieme all'assenza di strumentazione adeguata (pc, tablet, telefoni di servizio,Pag. 304 connessione). Non sono mancati gli aspetti problematici nelle modalità di risposta dei servizi sociali ai bisogni dei bambini e dei ragazzi durante la pandemia.
  Anche l'Indice regionale sul maltrattamento all'infanzia in Italia, presentato il 4 maggio 2021 e che ha dedicato una sezione all'impatto della pandemia sulla salute mentale dei bambini e dei ragazzi, ha evidenziato l'aumento preoccupante di situazioni di conflittualità, di violenza contro le donne e di violenza assistita, a fronte di un sistema dei servizi sociali e sanitari, tra cui quelli della salute mentale, che ha mostrato di essere inadeguato, nonostante la dedizione di molti operatori/trici. Come ha espressamente rilevato la dottoressa Carla Garlatti, Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza (vedi amplius infra) «La risposta dei servizi sociali non si è configurata, pertanto, come una risposta di sistema legata a una efficace governance territoriale in una logica di integrazione socio-sanitaria- educativa, quanto piuttosto come l'esito della somma di singoli eroismi e di volontà individuali».

4. L'attività conoscitiva svolta.

  La Commissione, nel corso dei primi sei mesi del 2021, ha svolto un ciclo di audizioni per approfondire i temi oggetto dell'indagine conoscitiva. In questo paragrafo si intende fornire una sintetica ricognizione delle audizioni svolte.

4.1. L'impatto della crisi epidemiologica sul sistema: il contributo degli esperti in pediatria, psicologia e psichiatria.

  La Commissione ha avviato la propria attività conoscitiva ascoltando alcuni esperti in psicologia, psichiatria e pediatria, i quali hanno forniti utili elementi soprattutto per la comprensione e l'individuazione delle criticità emerse nel sistema dei servizi sociali durante la fase del lockdown. In particolare sono stati auditi dalla Commissione, il professor Matteo Villanova, docente titolare di medicina preventiva e psicopatologia forense, neuropsichiatria infantile, educazione psicomotoria e responsabile dell'Osservatorio laboratorio tutela rispetto emozionale età evolutiva (O.L.T.R.E.E.E.), presso l'Università degli Studi Roma Tre, il professor Bruno Spinetoli, direttore UOC TSMREE (Tutela Salute Mentale e Riabilitazione dell'Età Evolutiva) del DSM ASL Roma 1; nonché il dottor Andrea Campana, responsabile di pediatria multispecialistica del reparto Covid-19 della Regione Lazio.

  La pandemia e gli effetti sulla salute psicologica di bambini e adolescenti soprattutto con disabilità.

  La pandemia Covid-19 e le misure restrittive per il contenimento dell'infezione (lockdown, chiusura delle scuole, distanziamento sociale – rinominato successivamente dalla WHO come «distanziamento fisico») hanno rivoluzionato la vita dei bambini e adolescenti. Una distorsione/modifica di abitudini, ritmi, assetti di vita non ancora del tutto superata. L'assenza di attività scolastiche, ricreative, ludiche e sportive ha costretto alla permanenza forzata in casa di migliaia di ragazzi e ragazze, con ripercussioni ancora non del tutto quantificabili. Il professor Villanova ha evidenziato a tal proposito le pesanti ricadute che la chiusura delle scuole e i prolungati periodi di didattica a distanza hanno avuto soprattutto sui bambini con disabilità per i quali la condizione di isolamento con riduzione dei rapporti relazionali con i pari ha compromesso non solo l'aspetto cognitivo con una riduzione degli apprendimenti sia per difficoltà legati alla connessione in DAD che ai brevi tempi di attenzione degli stessi discenti con dichiarata e documentata ricaduta sulla sfera emotiva (con disinvestimento degli apprendimenti scolastici, Disturbo d'Ansia, Depressione mascherata). Più in generale il professor Villanova ha evidenziato l'assoluta importanza di «prevenire ...i danni pandemici a lungo termine sulle sequele derivanti dal trauma emozionale ed affettivo e riguardante gli scenari sistemici di violenza assistita derivanti anche da vessazioni di ordine carenziale e vessatorio specifico (timore del presente e del futuro, quale PTDS e sindrome Neuroastenica) proprie dello stato attuale, Pag. 305con internalizzazioni (somatizzazione, dolore morale, ritiro sociale persistente fino all'Hikikomori, emergenti Parafilie e Perversioni, Dissocialità on line, uso compensatorio di alcool e sostanze, Autolesionismo o esternalizzati come delitti sessuali o delitti intrafamiliari addirittura commessi da Minori, confusione dell'Identità di Genere e dell'Orientamento)».

  La risposta del sistema sanitario e socio sanitario alla pandemia.

  In Italia, gli effetti pandemici dovuti al nuovo coronavirus Sars-CoV-2 hanno provocato un'emergenza sanitaria per Covid-19 cui è stata data risposta immediata con una serie di misure urgenti fin dalla dichiarazione dello stato di emergenza del 31 gennaio 2020. Come è noto sono stati adottati diversi Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e ordinanze regionali e del Ministero della salute per determinare un contenimento degli effetti epidemiologici, che si è tradotto in prima battuta in misure di sorveglianza sanitaria speciale (cosiddetta quarantena con sorveglianza attiva) e divieto di spostamento soprattutto per i soggetti con sintomi. Contestualmente, sono stati emanati ed approvati una serie di decreti legge per mettere in campo misure urgenti che, sotto il profilo sanitario, hanno disposto un consistente incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard (+1.410 milioni di euro per il 2020 stabilito dal decreto cosiddetto Cura Italia), impegnando le Regioni e le province autonome a redigere programmi operativi per utilizzare ed amministrare tali risorse incrementali, con monitoraggio congiunto del Ministero della Salute e del Ministero dell'Economia e delle finanze. Inoltre, tramite il Fondo per le emergenze nazionali (rifinanziato dal successivo decreto-legge cd. Rilancio), il decreto Cura Italia ha finanziato l'acquisto di impianti ed attrezzature specificamente diretti alla cura dei pazienti Covid-19, come gli impianti di ventilazione assistita nei reparti di terapia intensiva, ed ha disposto la requisizione di presidi sanitari e di beni mobili e immobili, anche alberghieri. In particolare, le risorse del Fondo per le emergenze sono state utilizzate dal Dipartimento della protezione civile e dal Commissario straordinario per l'emergenza per gli acquisti di dispositivi medici, dei dispositivi di protezione individuale (come le mascherine) e di quanto necessario per contrastare ed affrontare la crisi epidemiologica, considerate anche le deroghe relative alle caratteristiche, alle procedure di acquisto e di pagamento di tali dispositivi.
  Si è disposto l'immediato potenziamento dei reparti ospedalieri di terapia intensiva, soprattutto nelle regioni più colpite, diramando linee di indirizzo assistenziali specificamente individuate dal Ministero della salute per i pazienti affetti da Covid-19. Nella prima fase emergenziale è stata prevista la rapida attivazione di aree sanitarie temporanee, sia all'interno che all'esterno di strutture, pubbliche o private, di ricovero, cura, accoglienza ed assistenza, senza tutti i requisiti di accreditamento per la durata del periodo dello stato di emergenza. Con riferimento all'assistenza ospedaliera, è stato attivato un modello di cooperazione interregionale coordinato a livello nazionale, con il coinvolgimento delle strutture pubbliche e private accreditate con redistribuzione del personale, come medici e infermieri, da concentrare nei reparti di terapia intensiva e subintensiva, grazie a un percorso formativo rapido e qualificante per il supporto respiratorio. In particolare, le regioni sono state chiamate ad attivare specifiche Centrali operative regionali, dotate di apposito personale e di apparecchiature per il telemonitoraggio e la telemedicina, con funzioni di raccordo fra i servizi territoriali e il sistema di emergenza-urgenza, allo scopo di garantire il coordinamento delle attività sanitarie e sociosanitarie territoriali, così come implementate nei piani regionali. In linea con tali misure, è stata inoltre potenziata l'assistenza domiciliare integrata – ADI, con la finalità di intensificare le prestazioni domiciliari, diminuendo il ricorso a forme di assistenza e cura istituzionalizzate (lunghe degenze e ricoveri in RSA). Il decreto-legge Rilancio ha inoltre previsto, già dal 2020, il potenziamento e la riorganizzazione della Pag. 306rete dell'assistenza territoriale, oltre che il potenziamento della rete ospedaliera, in particolare dei reparti di pneumologia e virologia, mediante incremento del monte ore della specialistica ambulatoriale convenzionata, e dei Pronto soccorso. Le regioni sono state impegnate ad istituire, fino alla fine del periodo emergenziale, Unità speciali di continuità assistenziale per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19 senza necessità di ricovero ospedaliero. Idonee risorse sono state destinate anche per gli incrementi tariffari da destinare agli enti e alle aziende accreditate con il Servizio sanitario per il riconoscimento della specifica funzione assistenziale per i pazienti Covid-19.
  Inoltre, per garantire maggiore supporto ai sistemi sanitari regionali è stata autorizzata l'istituzione, presso il Dipartimento della protezione civile, di unità composte da personale sanitario (medici e infermieri) e socio sanitario (OSS), reclutato su base volontaria attraverso appositi bandi.
  Con specifico riguardo ai servizi per la salute mentale forniti dalle Asl importanti elementi conoscitivi sono stati acquisiti dalla Commissione attraverso l'audizione del professor Bruno Spinetoli. Questi – dando conto dell'esperienza presso la propria Asl (ASL RM1) – ha sottolineato come fin dall'inizio della pandemia tutti i servizi siano rimasti aperti assicurando in particolar modo l'accettazione delle richieste di intervento e attuando anche un servizio di Help-desk Covid-19 dedicato. Le azioni e le criticità affrontate sono state caratterizzate, più in generale, dalla assoluta necessità di «continua rimodulazione» dei servizi garantendo comunque continuità ed accessibilità. Rimodulazioni finalizzate alla riduzione del contagio, sia diretta per gli utenti e gli operatori, sia indiretta sulla popolazione diminuendo le occasioni di mobilità (Smart-Working, implementazione attività da remoto, scaglionamenti), ma che hanno assicurato una particolare attenzione ai bisogni espressi dalla popolazione in età evolutiva. Sono state infatti garantite tutte le prestazioni indifferibili comprese le consulenze in neonatologia e gli interventi precocissimi e tutte le urgenze psichiatriche anche con ricorso ad interventi domiciliari. Una specifica rimodulazione «in remoto» ha interessato invece le prestazioni differibili con azioni specifiche per Autismo, ADHD, Disturbi Psichiatrici, Disturbi di Sviluppo in età precoce (0-6).
  La risposta alla pandemia è stata inoltre connotata dal ricorso a azioni «innovative» che si sono sostanziate nella produzione di specifici «Tutorial» per la popolazione pubblicati sul portale aziendale e sui «social Aziendali»; nella partecipazione ad un FAD integrato con i Pediatri dedicato all'età evolutiva – Autismo-ADHD-Adolescenza; nella attivazione di percorsi di teleconsulto, teleriabilitazione (anche per Disturbi settoriali), psicoterapia da remoto, valutazione diagnostica da remoto.
  Il professor Spinetoli ha poi evidenziato, come durante l'esecuzione degli interventi riabilitativi da remoto, necessariamente in coaching con i genitori, sia emersa la necessità di fornire comunque ed «a latere» un intervento, svolto essenzialmente dagli assistenti sociali del servizio, centrato sulla «resilienza» del nucleo familiare.
  Maggiori criticità sono state ravvisate, ha precisato sempre il professor Spinetoli, nel passaggio alla «fase 2» : problematiche legate al contesto abitativo delle famiglie, alle barriere linguistiche, alla progressiva saturazione del carico sui genitori, avviando di fatto una riduzione della «compliance» all'intervento indiretto.
  Nel complesso, se il sistema ha cercato, come accennato, di far fronte alla situazione emergenziale, assicurando, per quanto possibile il servizio all'utenza, non sono mancate criticità e inefficienze, dovute in larga parte a «nodi critici» strutturali.
  Si tratta in particolare di limiti legati a scarsi interventi sul piano dell'edilizia sanitaria; alla mancanza di adeguate piattaforme informatiche idonee a consentire interventi «di qualità» da remoto; ed ancora più in generale l'assenza di una normativa quadro sui servizi di neuropsichiatria dell'età evolutiva con piante organiche e standard congrui rispetto alla popolazione servita e di un sistema informativo nazionale e regionale per la neuropsichiatria dell'infanziaPag. 307 e dell'adolescenza in grado di consentire una effettiva stima del bisogno.

  L'infezione da Covid-19 nella popolazione pediatrica: cenni.

  La Commissione ha poi ritenuto utile un approfondimento sulle conseguenze sulla salute fisica dei minori del Covid-19, ascoltando, a tal fine, il dottor Andrea Campana, responsabile del reparto Covid-19 della Regione Lazio. A ben vedere, la condivisione di esperienze e di buone prassi rappresenta la strategia migliore per comprendere il fenomeno e per valutare le linee di intervento più opportune. È opportuno precisare che l'audizione del dottor Campana si è svolta nel marzo del 2021, e quindi i dati riportati sono riferiti ad una fase della crisi epidemiologica nella quale la campagna vaccinale era stata avviata da pochi mesi e non si erano ancora diffuse varianti, meno gravi sul piano dei sintomi, ma più contagiose soprattutto fra i più piccoli, quali la omicron.
  In particolare nel centro Covid-19 pediatrico della Regione Lazio nel periodo marzo 2019-marzo 2020, risultavano ricoverati 417 bambini. L'andamento dei ricoveri, che ha riguardato circa 1/3 dei pazienti risultati positivi giunti in Pronto Soccorso, fin dall'inizio della pandemia, risultava fortemente influenzato dalle strategie di prevenzione attuate, finalizzate a ritardare l'impatto della pandemia. Riducendo l'altezza del picco pandemico ed evitando la rapida diffusione del virus si è riusciti ad evitare che la contemporanea presenza di molti ammalati possa mettere in crisi gli Ospedali. L'allentamento delle misure restrittive, nel periodo estivo, si è tradotto, nelle 3-5 settimane successive, inevitabilmente in un aumento del numero dei bambini condotti in pronto soccorso e tra di loro di quelli ricoverati. E così se il numero di bambini ricoverati nella prima fase, da marzo al 31 agosto era di 93, dopo la «riapertura» nei 3 mesi estivi, dal 1° settembre al 31 ottobre sono stati ricoverati 110 pazienti. Allo stesso modo anche nei mesi successivi a distanza di circa 4 settimane dalla sospensione dei diversi provvedimenti restrittivi che si sono succeduti, si è osservato un aumento dei ricoveri ma con un trend complessivamente stazionario (tra i 45 ed i 50 al mese).
  Il dottor Campana ha poi fornito interessanti dati sulla diffusione del virus in ambito scolastico. Se, da un lato, infatti è stata indubbia la necessità di chiusure più o meno ampie fronte di focolai o del superamento della soglia d'allarme, dall'altro, si è potuto osservare come i casi di pazienti ricoverati contagiati in ambito scolastico siano stati un numero irrisorio a fronte di quelli contagiati in ambito domestico/familiare o, come nel caso della fascia d'età tra i 14 ed i 18 anni, per scarsa responsabilità dei comportamenti individuali.
  A fronte del costante aumento del numero dei ricoveri, che ha comportato un progressivo adeguamento del numero di posti letto dedicati da parte della Regione, si è verificata tuttavia una netta riduzione della degenza media e mediana, frutto principalmente della progressiva acquisizione di conoscenze riguardanti il virus. La conoscenza delle modalità di trasmissione, del periodo di incubazione, dell'espressione clinica di malattia e delle possibili complicanze, ha consentito la scelta del miglior setting e timing terapeutico. L'importanza della ridefinizione dei concetti di quarantena e di isolamento fiduciario, consentendo di dimettere con maggior facilità pazienti ancora positivi, ha permesso di sfruttare al meglio i posti letto a disposizione.
  L'efficienza della rete ospedale territorio nell'individuazione di strategie comuni ha consentito l'uso ottimale delle risorse a disposizione. Altrettanto importante è stata nella prima fase della pandemia l'individuazione di strutture alberghiere protette gestite dalla Regione ed ASL di appartenenza, in cui trasferire pazienti o genitori guariti dal punto di vista clinico, ma ancora contagiosi, in attesa di completare la quarantena/isolamento fiduciario prima di essere reintrodotti a domicilio o presso altre strutture di appartenenza. A questo riguardo fondamentale è stato il supporto fornito alle ASL, attraverso il ricorso al ricovero di genitori e pazienti anche paucisintomatici, per permettere il contenimentoPag. 308 del contagio in attesa del tracciamento dei contatti in occasione di focolai occorsi presso case famiglia, strutture di accoglienza, edifici occupati e centri di assistenza per persone bisognose.
  Elemento imprescindibile nella lotta alle pandemie è stata poi la permanenza degli Ospedali Covid-19. La formazione del personale dedicato, la riorganizzazione degli spazi, la separazione dei percorsi, la stesura di procedure, protocolli clinici e gestionali per definire le attività in linea con le direttive nazionali, sono i cardini che al momento hanno permesso di continuare ad assistere pazienti acuti con altre patologie medico/chirurgiche ed i tanti pazienti fragili con disabilità o con patologia croniche ad alta complessità. L'infezione da SARS CoV-2 in età pediatrica nel primo anno della pandemia, nella maggioranza dei casi, è stata connotata da quadri clinici lievi, generalmente paucisintomatici o asintomatici.
  Una criticità rilevata è da ricondurre ai gravi ritardi diagnostici per patologie acute e ai rinvii di appuntamenti programmati di fondamentale importanza, come nel caso eclatante delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, con possibili ripercussioni future non indifferenti. Per provare a contenere il dato ed invertire tale tendenza, nonché per assistere adeguatamente pazienti Covid-19 in isolamento fiduciario domiciliare o precedentemente ricoverati, impossibilitati a recarsi ad una visita di controllo perché ancora positivi, si sono rivelate estremamente utili innovazioni quali la televisita, la consulenza telefonica per familiari e pediatri di famiglia, l'assistenza psicologica a genitori ed adolescenti ex Covid-19 o con patologie psichiatriche post-traumatiche favorite dal lockdown.
  In un quadro di prevenzione il dottor Campana ha inoltre sottolineato l'importanza di mettere a disposizione – soprattutto dei bambini più piccoli – test salivari-molecolari di facile esecuzione ed accuratezza diagnostica sovrapponibile a quella dei tamponi rinofaringei, da eseguire possibilmente direttamente in ambito scolastico; la previsione di un adeguato e standardizzando follow-up dei bambini ed adolescenti guariti, al fine di escludere possibili complicanze/sequele a distanza ed infine l'esigenza di garantire un'adeguata assistenza alla vasta categoria di pazienti fragili, quali ad esempio quelli con disabilità e con patologie croniche ad alta complessità, che non possono ritardare ricoveri né interventi programmati e che è indispensabile continuino a vedere riconosciuta l'assistenza domiciliare nonostante le difficoltà delle ASL nel reperire le risorse umane necessarie.

4.2. Il ruolo del Terzo Settore di fronte alla sfida del Covid-19.

  Come già in precedenza accennato, la pandemia ha esacerbato le disuguaglianze presenti sul territorio nazionale. Le fasce più vulnerabili sono state influenzate anche dalla crisi che riguarda il Terzo Settore attore essenziale nel sostegno della popolazione più in difficoltà. Tale settore vive di volontariato, convenzioni pubbliche (sempre più marginali a causa della progressiva riduzione delle risorse registratasi negli ultimi anni) e donazioni, che durante l'emergenza Covid-19 si sono concentrate soprattutto, nelle prime fasi, sulle carenze del nostro sistema sanitario.
  A causa di simili impatti sul Terzo Settore, le fasce più vulnerabili della popolazione si sono trovate sempre più in difficoltà, private di un ulteriore elemento di sostegno in un momento di tale emergenza. Durante la prima ondata di Emergenza Sanitaria da Covid-19, numerosi sono stati i segnali di disagio. Nelle piccole comunità è stata pulsante la sensazione di un disagio forte, nascosto ma profondo. Un disagio che ha coinvolto in particolare le categorie esposte come famiglie e anziani, bloccati nei contatti e nello scambio di relazioni. Le relazioni di aiuto, di affetto, di svago, di supporto sono quelle che rendono le società forti e solidali e la cui mancanza fa rilevare una crescente povertà: non solo quella economica, alimentare, digitale o educativa, ma anche quella relazionale, emotiva e culturale provocata dall'isolamento forzato. Tutto ciò ha determinato pesanti ricadute negative nel sistema economico Pag. 309nel suo complesso. E anche nei sistemi di welfare che si sono trovati a dover fronteggiare da un lato una riduzione delle risorse a disposizione, e dall'altro un aumento dei bisogni vecchi e nuovi a cui dover rispondere con strumenti e modalità inedite. In questo scenario in cui il rischio di un aumento dell'esclusione sociale e delle disuguaglianze è forte, la Commissione ha ritenuto necessario approfondire, attraverso alcune audizioni, il ruolo del Terzo Settore – inteso nella sua accezione più ampia del termine, comprensiva quindi di tutte quelle associazioni e enti che perseguono finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale promuovendo e realizzando attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi – di fronte alle sfide della pandemia.

  L'impatto del Covid-19 sull'accoglienza dei minori.

  La Commissione ha ascoltato, in primo luogo, il dottor Gianni Fulvi, presidente del Coordinamento nazionale delle comunità di tipo familiare per i minorenni (CNCM), fondato nel 1990 con sede in Firenze presso l'Istituto degli Innocenti, uno dei soci fondatori. Il Coordinamento è presente in 19 regioni (escluso Trentino-Alto Adige e la Basilicata) con circa 100 soci che gestiscono circa 250 strutture. Tra queste anche strutture che accolgono bambini con genitore. Il dottor Fulvi ha quindi riferito alla Commissione gli esiti della ricerca svolta dalla propria associazione, dal titolo «Comunità CNCM e Covid-19 è andato tutto bene?», con la quale attraverso l'intervista sia di responsabili di strutture che di educatori e ragazzi, si proponeva di rappresentare i punti di forza e le fragilità del sistema di gestione dei minorenni durante l'emergenza, in particolare durante il periodo di isolamento (lockdown). Secondo tale indagine, se, da un lato, non si sono ravvisate particolari criticità nella gestione dei minorenni ospiti, dall'altro, numerosi limiti sono stati riscontrati nel rapporto con le istituzioni. In particolare è risultata complessa e non sempre chiara la comunicazione con i Tribunali per i minorenni in ordine alla gestione – stante la vigenza di limiti alla circolazione dovuti alle misure di contenimento adottate per circoscrivere la diffusione del virus – dei rapporti degli ospiti con le famiglie d'origine; dei rientri in famiglia per i fine settimana, più in generale della possibilità per i minori adolescenti di uscire dalle strutture di collocamento. Non particolari criticità sono state riscontrate invece nelle prestazioni fornite dai servizi sociali di riferimento i quali sono riusciti a mantenere un adeguato rapporto, anche con i ragazzi. Oltre alle problematicità connesse ai rapporti con le istituzioni non sono mancate criticità connesse alla applicabilità della normativa (dai DPCM alle varie ordinanze regionali) adottata per far fronte all'emergenza nella parte in cui reca generici riferimenti a strutture di accoglienza e RSA. Più in generale la pandemia ha fatto emergere sempre con maggiore chiarezza le disparità tra i territori a livello nazionali.

  L'emergenza nell'emergenza: le famiglie e i minori destinatari di provvedimenti amministrativi o giudiziari di collocamento extra familiare.

  Sempre con riguardo alle problematiche dei minori fuori famiglia, l'avvocato Catia Pichierri, responsabile dell'ufficio legale e legislativo dell'Associazione Rete Sociale A.p.s. ha evidenziato la drammatica situazione, durante il primo lockdown, delle famiglie con figli minorenni, destinatari di provvedimenti amministrativi e/o giudiziari che prevedevano i loro collocamenti extra familiari. Per loro infatti le limitazioni alla circolazione hanno significato mesi e mesi senza poter rivedere né tantomeno abbracciare i propri genitori. I servizi relativi ai così detti «spazi neutri» ossia i luoghi deputati all'incontro fra genitori e figli alla presenza di un educatore e usualmente gestiti da cooperative private finanziate dagli enti locali sono stati chiusi.
  In particolare dall'inizio della pandemia al giugno 2020 sull'intero territorio nazionale gli incontri fra genitori e figli minorenni collocati fuori dalla propria famiglia non sono stati garantiti. Quando poi i provvedimentiPag. 310 regionali, su richiesta di associazioni di categoria, si sono orientati specificando che il servizio erogato dallo spazio neutro fosse di rilevanza pubblica e in quanto tale dovesse essere senza indugio riaperto, alcuni rappresentanti di categoria si sono opposti o comunque hanno dilatato ulteriormente i tempi. La pandemia, secondo l'avvocato Pichierri, ha posto di fronte il Paese a una nuova crisi del sistema di assistenza sociale, che necessita quindi di essere ripensato con una attenzione specifica, all'emergenza sociale nel suo complesso, al ruolo del territorio, quale luogo ove si possa concretamente intervenire sulle famiglie; ai rischi connessi, alle fragilità interne alle famiglie ed infine al sostegno, inteso quale aiuto ed agevolazione da parte dello Stato nell'esercizio della funzione genitoriale, considerando solo in extrema ratio, il sistema come sostituto dei genitori nell'esercizio del loro compito educativo. Una riforma non può prescindere dalla previsione di adeguate risorse. Occorre a tal fine incrementare il Fondo nazionale per le politiche sociali, destinato alle regioni, stabilizzando i numerosi operatori precari, al fine di garantire la permanenza del minore nella famiglia mediante misure economiche e di sostegno, con l'aiuto di strutture domiciliari, residenziali e semiresidenziali; realizzando un'organica ed integrata politica di sostegno al nucleo familiare; perseguendo la tutela della salute della persona del minore nell'ambito familiare; promuovendo, con l'azione degli enti locali, politiche sociali, sanitarie e dei servizi finalizzate a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscano il pieno sviluppo della persona minore in ottemperanza al dettato costituzionale. Altrettanto importanti sono interventi finalizzati alla valorizzazione delle risorse informatiche e dell'uso della tecnologia, al fine di realizzare uno sportello di ascolto per i minori e per le famiglie fragili che operi in modo stabile e costante, fungendo da supporto concreto e di risposta alle emergenze e alle richieste di aiuto, investendo sui così detti servizi a distanza e sugli sportelli di ascolto con il potenziamento delle misure di controllo e gestione del rischio, soprattutto a livello psicologico e di crisi della famiglia stessa (telefonate, videochiamate, ausilio nella didattica, sedute con psicologi infantili, con neuropsichiatri), secondo il principio «lontani ma vicini». In questo modo, anche qualora la situazione pandemica permanesse o comunque di fronte a nuove situazioni emergenziali analoghe, i servizi sociali non sarebbero lasciati soli a gestire la sofferenza e fragilità familiare, ma sarebbero in grado di farsene carico adeguatamente con supporti rafforzati ed il coordinamento necessario, per la gestione della spesa, con lo Stato centrale e le Regioni.
  La drammaticità della situazione italiana relativa agli affidamenti di minori fuori famiglia è stata sottolineata anche dal dottor Massimo Rosselli Del Turco, responsabile della tutela dei diritti dei minori della Caritas della città di Mentana. Questi, oltre ad aver denunciato il fatto che nonostante il divieto legislativo, molto spesso i bambini sono allontanati dalle loro famiglie per problemi derivanti dalla povertà, ha posto in luce le gravi conseguenze, sull'intero tessuto connettivo della società, dell'allontanamento dei figli dal nucleo familiare di origine. La problematicità della situazione è confermata dall'elevata incidenza di minori affidati ai Servizi residenziali e dello scarso ricorso ai collocamenti familiari. Secondo il dottor Rosselli Del Turco il sistema si connota anche per ulteriori criticità: «il sistema informativo sulla protezione e la cura dei bambini e delle loro famiglie non è ancora del tutto fruibile dai Tribunali; i bambini nelle strutture perdono spesso i contatti con i fratelli e con i loro genitori; molti minori rimangono in affidamento nelle strutture “sine die” quando l'affidamento per legge è provvisorio; le relazioni delle interviste che arrivano ai giudici sui minori dagli assistenti sociali non sono quasi mai registrate per cui non possono essere contestate, negando così il costituzionale diritto alla difesa; spesso il Tribunale per i minorenni incarica erroneamente i servizi sociali di decidere sulla calendarizzazione degli incontri fra genitori e figli allontanati quando la legge impone che debba essere in sentenza; il 59 Pag. 311per cento dei Tribunali per i minorenni ci dicono che gli assistenti sociali non relazionano ogni sei mesi come dovrebbero, lasciandoli quindi senza informazioni sui minori in affidamento con il rischio che vengano dimenticati; non è possibile un adeguato controllo sull'operato delle comunità tanto che il 59 per cento dei Tribunali per i minorenni dicono di avere difficoltà nelle ispezioni».

  L'impatto della pandemia sulla popolazione con disabilità e non autosufficiente.

  L'emergenza sanitaria e sociale ha messo a dura prova il sistema di welfare: molti problemi non solo hanno riguardato le persone che vivono negli istituti, che non sono state protette in modo adeguato dal rischio di contagio, ma hanno pure coinvolto coloro che hanno continuato a vivere a casa propria, con la sospensione e la rarefazione di molti servizi e supporti, come l'assistenza personale e domiciliare. Anche gli studenti con disabilità hanno riscontrato difficoltà nell'accesso alla didattica a distanza, a molti di loro è stata interrotta l'erogazione di servizi socio-educativi e di riabilitazione, delegando la maggior parte della loro assistenza alle famiglie. A tutto questo si è sommato l'impatto del distanziamento fisico, imposto quale misura per contenere la pandemia. Privando delle relazioni sociali persone già fragili, questo distanziamento ha prodotto pesanti ripercussioni sulla salute fisica e psicologica.
  La Commissione ha ritenuto di approfondire tale tematica, interrogandosi anche su quanto questa drammatica esperienza abbia insegnato, al fine di affrontare meglio possibile emergenze future e soprattutto di rispondere in maniera più efficiente e integrata ai bisogni delle persone con disabilità. È stato a tal fine ascoltato l'ingegner Massimiliano Malavasi, referente dell'Associazione italiana assistenza spastici (AIAS), il quale ha sottolineato come la crisi epidemiologica abbia posto l'attenzione sull'importanza delle tecnologie digitali nel settore della cura alla persone, sviluppando soluzioni economicamente sostenibili, che valorizzano la qualità della vita e le autonomie delle persone vulnerabili. Le tecnologie in questione devono essere ricondotte a varie tipologie: dalle tecnologie di larga diffusione rivolte a tutti i cittadini alle tecnologie assistive realizzate per rendere accessibili e usabili i prodotti informatici anche a persone con disabilità alle assisted living in grado di garantire percorsi di autonomia a tutte le persone con forme di fragilità.
  Un primo punto di accesso a queste tecnologie è rappresentato dal servizio sanitario nazionale: da qualche anno sono stati compiuti significativi passi in avanti sull'accesso alle tecnologie assistive grazie ad una maggiore presenza all'interno dei LEA. Si tratta di un percorso complesso che necessita di un costante aggiornamento e potenziamento, che implica anche un rafforzamento della componente multidisciplinare. L'ingegner Malavasi ha sottolineato la positiva esperienza svolta a livello nazionale dalla rete italiana dei centro ausili tecnologici per persone disabili (GLIC). Si tratta di una tipologia di esperienza che meriterebbe un ulteriore approfondimento. Si sofferma quindi sull'impatto della tecnologia delle disabilità a livello scolastico, con particolare riguardo all'attuale crisi epidemiologica. Più in generale secondo l'audito sono necessari interventi – investendo anche su nuove forme di servizi, erogabili a distanza, al fine di poter migliorare la qualità delle prestazioni per l'utenza – per la digitalizzazione del sociale, da intendersi sia come digitalizzazione dei servizi pubblici istituzionali sia delle attività svolte dal terzo settore. Attualmente si rileva infatti la presenza di numerose criticità legate alla mancanza di linee di indirizzo nazionale, di strumenti e forme di competenza strutturata, nonché di adeguati percorsi di formazione specifica.
  L'urgenza di un intervento normativo sul tema della digitalizzazione dei servizi, da quelli scolastici a quelli sanitari, in favore delle persone con disabilità è stata anche evidenziata dall'avvocato Laura Lecchi, presidente dell'Associazione Cromosoma 2.0. Secondo l'avvocato Lecchi occorre che l'uso di tecnologie venga integrato nell'ambito della vita delle persone Pag. 312vulnerabili. Bisogna a tal proposito considerare anche le tecnologie embedded che sono per loro natura integrate nella persona disabile per aumentarne l'autonomia di vita. Presupposto essenziale per lo sviluppo di tecnologie in favore delle persone disabili è il potenziamento dell'infrastrutturazione informatica del Paese. Altrettanto essenziale è la formazione, intesa non solo come educazione dell'utente e di coloro che di esso si prendono cura all'uso degli strumenti tecnologici, ma anche come conoscenza delle regole tecniche e di sicurezza legate all'utilizzo di tali strumenti. Una formazione che deve essere accompagnata da un processo di digitalizzazione dei vari servizi resi e dal potenziamento di supporti di prossimità in grado di assistere le persone disabili rendendole maggiormente autonome.

  La pandemia come occasione per una complessiva riforma del servizio sociale.

  L'esigenza di un complessivo ripensamento dell'organizzazione del servizio sociale sul territorio è stata con chiarezza sollecitata dalla dottoressa Evelina Martelli, membro del coordinamento delle attività per i minori in Italia e nel mondo della Comunità di Sant'Egidio. Tale comunità, che rappresenta un osservatorio vasto sul disagio sociale e sui bisogni dei minori, ha proceduto ad una complessiva ristrutturazione dei servizi offerti all'utenza in conseguenza della crisi epidemiologica da Covid-19. Più in generale, secondo la dottoressa Martelli, l'intervento del servizio sociale è spesso tardivo, in quanto interviene quando ormai la situazione oggetto di segnalazione è oltremodo compromessa, con la conseguenza che gli unici interventi attuabili sono quelli «punitivi» dell'allontanamento del minore dal nucleo familiare di origine. La propria esperienza mostra come vi sia da parte delle famiglie bisognose una forte resistenza nel recarsi presso i servizi sociali, in quanto gli stessi vengono identificati più per l'azione repressiva e di allontanamento del minore che come fornitori di aiuto. Andrebbe pertanto modificato l'impianto della segnalazione, in modo da renderlo più rapido e tempestivo e da permettere interventi di sostegno e di accompagnamento. Particolare attenzione nella revisione del sistema deve essere prestata all'ambito scolastico, in quanto attualmente si deve rilevare la mancanza di un legame diretto fra il servizio sociale municipale e le scuole. Una assenza di collegamento che emerge con chiarezza se si considera l'elevato tasso di abbandono scolastico. Con particolare riguardo alla prima fase della pandemia si è rilevata un diffuso peggioramento delle situazioni familiari fragili, con un aumento anche dei casi di violenza domestica, dovuto anche alla difficoltà per i servizi sociali di effettuare le visite domiciliari. La dottoressa Martelli ha poi evidenziato come la Comunità di Sant'Egidio abbia riscontrato esperienze molto positive attraverso il potenziamento dei servizi telefonici di supporto alle famiglie, con l'apertura di nuove linee telefoniche di aiuto, attive tutti i giorni dal lunedì alla domenica: una linea telefonica di telemedicina e di orientamento sanitario; una linea per raccogliere le richieste di aiuto e veicolare gli interventi. A fronte delle problematiche connesse alla scarsa informatizzazione di molte famiglie, chiamate a supportare minori in didattica a distanza la Comunità Sant'Egidio ha aperto sportelli di assistenza informatica in decine di quartieri della periferia e si è fatta tramite di donazioni di device per centinaia di unità, pur nella consapevolezza di aver intercettato solo una parte del bisogno e della necessità che i presìdi territoriali dello Stato siano più vicini ai bisogni di lunga data e a quelli emergenti. Tale intervento si è peraltro sostanziato anche in forme di assistenza delle famiglie nelle pratiche «più disparate» dalla attivazione dello SPID a quella dei buoni spesa o all'accesso agli altri servizi erogati dai comuni o dalla Regione. Nel complesso secondo la dottoressa Martelli ci si trova davanti ad un servizio sociale fortemente sottodimensionato, rigidamente organizzato, poco interconnesso e pertanto non strutturato in modo flessibile per poter rispondere a bisogni emergenti o mutati nel tempo. Un servizio quindi da riformare attraverso un potenziamento dell'interconnessione tra servizi, inclusi quelli erogati Pag. 313dal terzo settore; un rafforzamento del legame col territorio e la previsione di specifiche competenze ed interventi in materia di accompagnamento alla scolarizzazione di prevenzione del rischio di dispersione. Una azione di accompagnamento delle famiglie fragili, di segnalazione delle opportunità di aiuto, di attivazione di reti di protezione, di supporto nelle pratiche e di orientamento aiuterebbe ad intervenire tempestivamente e ad evitare l'incancrenirsi delle situazioni, la sofferenza dei minori e la necessità di interventi repressivi.

4.3. L'audizione dell'Autorità garante dell'infanzia e dell'adolescenza: la necessità di una nuova governance del sistema dei servizi sociali.

  Articolate proposte di modifica dell'attuale sistema, nel quadro del delicato intreccio tra diritti garantiti e negati, competenze dello Stato e quelle degli enti territoriali, conseguenze economiche e psico-sociali del Covid-19, sono state formulate dalla dottoressa Garlatti.
  Secondo l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, occorre utilizzare un approccio positivo, accompagnare le fragilità, trasformare i punti di debolezza in punti di forza, integrare gli approcci e rafforzare la formazione, in modo da essere preparati ad affrontare nuove emergenze, anche se intervenienti su porzioni ristrette del territorio.
  È auspicabile quindi moltiplicare le esperienze di formazione continua, anche in chiave multidisciplinare, facendo in modo che tali programmi includano sia la formazione all'utilizzo creativo e interattivo delle tecnologie, sia una attenzione alla gestione delle situazioni di emergenza comunque causate, con particolare riferimento alle condizioni di fragilità dei bambini e dei ragazzi.
  Proprio per sostenere i processi di cura delle persone di minore età con fragilità che richiedono un grande investimento emotivo, è necessario mettere a sistema la supervisione professionale dei professionisti dei servizi sociali che può essere realizzata anche a distanza e grazie a esperti specificamente formati e dedicati. Connesso al tema della supervisione, c'è quello dell'affiancamento nella fase iniziale dell'ingresso in servizio. L'affiancamento dovrebbe essere garantito a tutte le professioni sociali che operano nell'ambito delle relazioni di aiuto, soprattutto se esse coinvolgono persone di minore età in condizione di vulnerabilità. Inoltre, l'affiancamento dovrebbe essere previsto anche per quei professionisti dei servizi sociali che lavorano con contratto a termine, quando vengono loro assegnati carichi di lavoro che intercettano la promozione e la tutela dei diritti dei minorenni. Il ruolo di tali professionisti, siano essi psicologi, assistenti sociali, educatori, pedagogisti, è di grande rilievo sotto il profilo dell'apporto tecnico – professionale che deve essere di qualità, in qualunque momento della presa in carico. Tale profilo coinvolge, pertanto, gli aspetti dell'affiancamento in servizio, la formazione continua, così come quelli dell'incompatibilità in particolare tra chi valuta (competenze genitoriali, necessità di allontanamento...) e chi prende in carico in funzione di aiuto e controllo/monitoraggio. Il binomio controllo-aiuto non è antitetico se diventa uno dei punti del «contratto o patto di aiuto» con la famiglia e se si è instaurata una relazione di fiducia.
  La dottoressa Garlatti ha ricordato in particolare come in una nota istituzionale (n. 1765 del 29 luglio 2019) indirizzata dall'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza alle competenti autorità per l'amministrazione attiva (ministeri, regioni, enti locali), in riferimento al tema della tutela minorile, sia stato messo in evidenza l'esigenza che le regioni e i comuni assicurino una tempestiva e continuativa presa in carico delle famiglie. Tale continuità non può essere assicurata se permane una condizione di precarietà nel sistema delle assunzioni dei professionisti da parte degli enti locali. Le assunzioni a progetto e/o a tempo determinato generano, fra l'altro, un turnover che incide negativamente sulla costruzione dei legami di fiducia indispensabili per coniugare il binomio controllo-aiuto nei percorsi di accompagnamento alle famiglie con figli minorenni. Inoltre il sistemaPag. 314 della esternalizzazione dei servizi, se ha una sua efficacia rispetto a servizi quali l'educativa domiciliare o quella cosiddetta di strada per l'aggancio dei minorenni a rischio di devianza o di uso/abuso di sostanze, non dovrebbe mai essere consentita – ha precisato l'Autorità garante – per il servizio sociale professionale che interviene nell'ambito della competenza civile e amministrativa del tribunale per i minorenni. Valutare le competenze genitoriali, costruire un progetto e controllarne l'andamento, ottemperare ai provvedimenti dei giudici in tema di allontanamento, affidamento, inserimento in comunità, sono compiti di spiccato interesse pubblico e richiedono un'approfondita riflessione sulla possibilità che siano demandati all'esterno. Situazioni di conflitto di interesse non possono in alcun modo sussistere.
  Il tema della continuità della presa in carico è connesso, poi, a quello del numero dei professionisti da assicurare per ogni Ambito territoriale sociale. Da questo punto di vista, la legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio per il 2021) all'articolo 1, comma 797 e seguenti, ha introdotto un livello essenziale delle prestazioni di assistenza sociale definito da un operatore ogni 5 mila abitanti e un ulteriore obiettivo di servizio definito da un operatore ogni 4 mila abitanti.
  In quest'ottica, ai fini di potenziare il sistema dei servizi sociali comunali, ha previsto l'erogazione di un contributo economico a favore degli Ambiti sociali territoriali in ragione del numero di assistenti sociali impiegati in proporzione alla popolazione residente. Il contributo, a valere sul Fondo povertà, ha natura strutturale e in questa direzione è sicuramente da considerare un traguardo nell'ottica della stabilizzazione dei servizi capaci di assicurare non solo una tempestiva e continuativa presa in carico delle famiglie in difficoltà, ma anche una attenta pianificazione degli interventi territoriali in un orizzonte di lungo periodo.
  L'esperienza del Covid-19, in ultima analisi, ha fatto emergere tanti vulnus, ma al contempo costituisce una occasione per ripensare gli interventi e i sistemi di funzionamento dei servizi, utilizzando anche le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Quest'ultimo, perché esplichi pienamente i suoi effetti, ha bisogno di essere accompagnato grazie a mirati progetti di fattibilità capaci di coniugare le esigenze di infrastrutturazione dei territori (medicina di prossimità, digitalizzazione, nuove tecnologie, riqualificazione aree urbane, parchi gioco inclusivi), con un investimento nel capitale umano di qualità e con un ripensamento ai sistemi di governance territoriale secondo modelli di integrazione socio-sanitaria-educativa che non rimanga su un piano di genericità.
  Il sistema dei servizi sociali è, dunque, assai complesso e frammentato, con competenze suddivise tra Stato, regioni e comuni sul piano verticale, nonché tra differenti professionisti incardinati, in alcuni casi, all'interno di organismi del privato sociale, sul piano orizzontale. Al di là di tale complessità, che richiederebbe un organico ripensamento dell'intero sistema, secondo l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza «gli “ingredienti” per fare di questa crisi una occasione di rinascita sembrano essere l'investimento nel capitale umano e il ripensamento dei modelli di governance e dei setting di aiuto. Per esempio potrebbe essere utile potenziare in modo strutturale (come quasi tutti i servizi territoriali hanno fatto nell'emergenza) la capacità di primo ascolto e risposta tramite telefono o video chiamate o incontri skype, o intraprendere iniziative proattive dei servizi, privilegiando le famiglie con bambini che sono in condizioni di rischio o di fragilità; ricomporre in luoghi unitari la possibilità per le famiglie, soprattutto quelle fragili, di avere accesso a diversi interventi, anche di rami differenti del welfare».
  Occorre quindi nuova governance fondata su un lavoro sinergico non solo con il Terzo settore, ma anche con nuovi soggetti in grado di intercettare le famiglie in condizione di vulnerabilità con figli minorenni. Come ha rilevato sempre la dottoressa Garlatti, negli ultimi anni il ruolo sia dei Caf e dei Patronati sindacali è molto cresciuto per le competenze relative al rilascio degli Isee, agli accessi per il Reddito/Pensione di Pag. 315cittadinanza, per il Reddito di Emergenza e per diversi bonus, per le procedure connesse alle prestazioni Inps per la disabilità e non autosufficienza. Tuttavia tale sistema non comunica con quello dei servizi sociali territoriali e con i servizi delle Asl.
  Un nuovo ruolo dovrebbe essere assegnato – secondo l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza – al Terzo settore anche alla luce dell'intesa raggiunta, il 25 marzo 2021, in sede di Conferenza unificata sul decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che ha adottato le «Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore previsto dagli articoli 55-57 del decreto legislativo n. 117 del 2017 (Codice del Terzo Settore)». Il decreto suddetto valorizza e riconosce il ruolo del Terzo settore, alla luce dei principi costituzionali e della normativa vigente, quale erogatore di servizi diretti alla realizzazione di finalità di interesse pubblico generale e quale co-programmatore delle politiche locali in quanto conoscitore attento delle dinamiche e dei bisogni territoriali, fermo restando il ruolo dell'ente pubblico quale «amministrazione procedente», ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.
  La dottoressa Garlatti ha inoltre ricordato le proposte inerenti il Piano nazionale di ripresa e di resilienza, formulate in una nota trasmessa al Presidente del Consiglio il 8 aprile 2021. In tale documento l'Autorità garante sollecitava per il contrasto alla povertà educativa delle persone di minore età il Governo a prevedere in primo luogo la realizzazione di patti educativi di comunità, quale livello essenziale di prestazione ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione, entro un determinato bacino di utenza e comunque in ogni territorio corrispondente al Comune, in forma singola o associata, ovvero all'ambito circoscrizionale o municipale, ove presenti. Tali piani dovrebbero essere adottati entro una cornice unitaria definita da linee guida elaborate al livello centrale. Le linee guida dovrebbero sviluppare, almeno, le seguenti voci: elementi costitutivi, soggetti dei patti, co-progettazione, governance, organismi tecnici di accompagnamento, obiettivi, funzioni, fondi utilizzabili. Le risorse da imputare al PNRR sarebbero relative esclusivamente alla previsione degli organismi tecnici di accompagnamento, ovvero soggetti che assumerebbero il ruolo guida e il compito di facilitatori, presenti fino alla costituzione formale dei patti che poi si autosostengono. Ancora l'Autorità garante segnalava nella medesima nota l'esigenza di finanziare programmi di formazione degli assistenti sociali, soprattutto di quelli dei servizi territoriali, relativi all'apprendimento di modelli di sviluppo di comunità, affinché intervengano con competenza nel territorio di riferimento ponendosi quali promotori e snodi per la costruzione dei patti territoriali nel quadro delle comunità educanti; di prevedere la infrastrutturazione digitale dei servizi socio-sanitari e in particolare del servizio sociale professionale dell'ente locale, quale misura di accompagnamento a quanto previsto dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178 (articolo 1 comma 791), al fine di consentire un efficace funzionamento del servizio sociale a promozione e tutela dei diritti delle persone di minore età. Una particolare attenzione va posta, in questo quadro, al lavoro di comunità che può essere realizzato nell'ambito dei costituendi Patti educativi quali livello essenziale di prestazione e che può costituire un volano per la ripresa del lavoro di promozione dei diritti dei bambini, essendo particolarmente centrato sulle sinergie tra le diverse risorse del territorio, a partire dalla partecipazione delle persone, singole e associate, comprese quelle di minore età.
  Infine la dottoressa Garlatti ha sottolineato la necessità di un intervento anche legislativo finalizzato alla implementazione di banche dati delle persone di minore età, in particolare quelle sui minorenni fuori famiglia, sui minorenni con disabilità e su quelli vittime di maltrattamento. Si tratterebbe, in particolare, di superare il «corto circuito» tra normativa sulla privacy e inserimento e trattamento dei dati delle persone di minore età connesso al raggiungimento di finalità di interesse pubblico generale. A ben vedere, peraltro, l'assenza di dati, non solo statistici ma disagreggati e Pag. 316anonimizzati, sulle persone di minore età costituisce una violazione dei diritti sanciti dalla Convenzione di New York del 1989 e crea una condizione di tutela attenuata in quanto non consente una adeguata programmazione politica ed economica con destinazione delle risorse lì dove si rileva maggior bisogno.

4.4. Il servizio sociale professionale: criticità e prospettive di riforma.

  Nella più riflessione sul funzionamento del sistema dei servizi sociali e sulle possibili prospettive di riforma la Commissione ha ritenuto opportuno approfondire le problematiche più strettamente connesse al servizio sociale professionale. Importanti elementi conoscitivi sono a tal fine stati acquisiti dalla Commissione attraverso l'audizione del Presidente del Consiglio dell'ordine degli assistenti sociali, dottor Gazzi. Questi ha in primo luogo evidenziato come i problemi portati dall'emergenza sanitaria si siano inseriti di fatto in una già complessa situazione connotata dalla drastica riduzione degli investimenti sia nei servizi, che nelle risorse professionali. La gestione dell'emergenza ha coinvolto l'intera comunità professionale su tutto il territorio nazionale: la risposta dei servizi sociali alle nuove sfide da affrontare è stata influenzata dalle strutture organizzative di appartenenza dei professionisti e dai modelli preesistenti per farvi fronte.
  Il dottor Gazzi ha quindi dato conto alla Commissione della promozione da parte del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali, e della Fondazione nazionale di una ricerca per monitorare la risposta dei servizi alla crisi in corso, dando voce alle esperienze degli assistenti sociali impegnati in prima linea nella gestione dell'emergenza. Sulla totalità della popolazione degli assistenti sociali, il 48 per cento dei professionisti ha partecipato alla rilevazione (circa 20 mila professionisti). Attraverso il questionario è stata rilevata la capacità degli enti di garantire la tutela dei professionisti e delle persone che accedevano ai servizi sociali, la preparazione delle organizzazioni di far fronte all'emergenza e le condizioni contrattuali degli assistenti sociali. Tre quarti dei rispondenti hanno dichiarato di essere impiegati come assistenti sociali nel lavoro diretto con le persone, distribuendosi in percentuali simili nelle varie aree dedicate: nella ricerca si rileva come la percentuale più elevata sia collocata nell'area dedicata al sostegno di minori e famiglie. Dalla ricerca è emerso come alcuni professionisti siano stati più esposti al rischio di contagio durante l'epidemia: circa la metà del campione ha svolto attività a contatto diretto con le persone, il 49,6 per cento dei professionisti ha dichiarato che i dispositivi di protezione non erano sufficienti. Dallo studio emerge inoltre come nell'area centro-settentrionale sia stata offerta ai professionisti una maggiore dotazione dei dispositivi di protezione, si rileva inoltre che il fatto di avere un contratto stabile o meno non ha influito sulla possibilità di accedere alle tutele di sicurezza per i lavoratori. In merito alle forme di lavoro, la maggior parte dei professionisti, il 41,5 per cento si è alternato tra il lavoro in presenza e lavoro da remoto, il 22 per cento ha lavorato esclusivamente da remoto, solo l'8,1 per cento ha dichiarato che il proprio datore di lavoro non ha concesso lo smart-working. Le visite domiciliari sono state drasticamente ridotte e previste soltanto per le situazioni estremamente necessarie, al fine di cercare di ridurre per il professionista e per la persona il rischio di contagio. Il dato significativo che emerge è che le strutture organizzative non erano affatto attrezzate per far fronte all'emergenza sanitaria e non erano previsti dei modelli organizzativi per rispondere tempestivamente alla complessità dei bisogni emergenti. Più in generale la condizione di distanziamento fisico, le limitazioni agli spostamenti, hanno configurato immediatamente una circostanza eccezionale e molto diversa dalle condizioni consuete di esercizio professionale, sia per il rischio sanitario sia per la necessità di reinventare velocemente strategie e pratiche operative adeguate a mantenere il contatto, nonché a prestare attenzione alla tutela dei diritti di chi si trova in maggiori difficoltà.Pag. 317
  Secondo il dottor Gazzi è evidente come siano state le donne ad aver pagato il peso maggiore delle difficoltà economiche legate all'emergenza sanitaria, sia perché inserite in numerose attività lavorative maggiormente colpite dall'interruzione imposta dallo Stato per il rischio di contagio, sia perché, con la chiusura dei servizi educativi e la limitazione dei rapporti con la rete familiare hanno dovuto farsi carico da sole dell'accudimento dei figli. La ricerca nazionale condotta con la Fondazione nazionale degli assistenti sociali ha confermato che la crisi pandemica ha fatto emergere l'inadeguatezza del sistema dei servizi. La pandemia e le condizioni emergenziali che ne sono derivate hanno aperto scenari nuovi, complessi e a differenti livelli nel sistema di welfare complessivo. Occorre, quindi, a suo parere il potenziamento e la riorganizzazione dei servizi a livello locale, per ricostruire un sistema dei servizi che possa intercettare bisogni vecchie nuovi e attivare risorse, promuovere reti, accogliere le istanze della comunità, promuovere l'integrazione tra servizi e professionisti, tra sistema pubblico, risorse del Terzo Settore e volontariato informale. Sono apprezzabili gli stanziamenti previsti nei diversi provvedimenti emergenziali che si sono succeduti, ma occorre che divengano strutturali e integrati in un disegno complessivo di diritti sociali. L'assenza di un sistema complessivo di livelli essenziali e dei relativi investimenti non permette il rinforzo dei servizi locali necessari a garantire l'integrazione reale tra i comparti sociale, sociosanitario ed educativo. In molte Regioni, come certificato dall'ISTAT, mancano le condizioni minime per mettere a sistema i servizi e i percorsi di supporto, assistenza e cura per famiglie e minorenni, ma non solo, anche per sviluppare adeguatamente e in modo diffuso il lavoro di comunità.
  Il dottor Gazzi ha inoltre sottolineato come la formazione degli Assistenti sociali in Italia sia ancora lontana dagli standard europei e internazionali. Sarebbe, a suo parere, necessaria una revisione del percorso formativo per renderlo quinquennale con un aumento delle materie di indirizzo e specifiche (Metodi e tecniche del servizio sociale, Principi e fondamenti del servizio sociale, Organizzazione dei servizi sociali, ecc.) e con la strutturazione di tirocini curriculari adeguati. Salvo alcune sedi che hanno investito adeguatamente sul percorso, molte sono le sedi in cui non viene prestata la sufficiente attenzione al tema. Esito di questa situazione è un forte sbarramento all'esame di Stato e un successivo investimento diretto del professionista in percorsi di formazione continua. Sarebbe quindi auspicabile una complessiva revisione dei percorsi universitari e più in generale una riforma della formazione, attraverso specifici interventi legislativi, così da ridefinire le competenze e l'esercizio della professione per coloro che conseguono il titolo di laurea triennale e per quelli che conseguono il titolo di laurea magistrale; l'introduzione di elenchi speciali e la definizione di specializzazioni; la previsione di investimenti nella ricerca e nello sviluppo di dipartimenti o perlomeno settori scientifico-disciplinari specifici nonché in dottorati di ricerca; l'individuazione di livelli omogenei per i tirocini curriculari (attualmente abbiamo notizia di tirocini svolti con professionisti radiati e di riconoscimento di percorsi di volontariato che nulla hanno di professionale); l'esclusione della possibilità di accesso all'esame di Stato per i candidati forniti della sola laurea Magistrale e non anche del titolo triennale.

4.5. La spesa per servizi sociali dei Comuni: alcuni dati dell'Istat.

  I Comuni sono i titolari della gestione della rete territoriale di interventi e servizi sociali, a supporto delle famiglie e dei bisogni specifici della popolazione. Tale funzione viene esercitata in parte singolarmente dai Comuni e in parte con l'apporto di Enti associativi sovracomunali (Ambiti socio-assistenziali, Consorzi, Unioni di Comuni e altre forme associative). Anche gli Enti privati, sia del settore profit che del non profit, concorrono all'offerta dei servizi sul territorio. Circa il 50 per cento della spesa sociale impegnata dai Comuni singoli e associati viene gestita in forma indiretta, ovvero affidando la gestione dei Pag. 318servizi a cooperative e imprese private. La Commissione ha quindi acquisito alcuni dati – si tratta di rilevazioni relative alla situazione ante pandemia – sulla spesa comunale per servizi sociali attraverso l'audizione del dottor Blangiardo, presidente dell'Istat.
  Nel 2018, la spesa dei Comuni per i servizi sociali è stata di 7 miliardi 472 milioni di euro, al netto del contributo degli utenti e del Servizio Sanitario Nazionale. Rispetto al 2017, la spesa è aumentata del 3,1 per cento (circa 224 milioni di euro), passando da 120 a 124 euro pro-capite. La crescita registrata dal 2014 al 2018 ha consentito di recuperare pienamente il calo registrato nel triennio 2011-2013.
  La spesa per abitante mostra differenze territoriali molto ampie: al Sud si attesta sui 58 euro annui, meno della metà del resto del Paese (124 euro) e circa un terzo di quella del Nord est (177 euro).
  La quota più ampia delle risorse è destinata ai minori in difficoltà e alle famiglie con figli (38 per cento); al secondo posto la spesa per le persone con disabilità (27 per cento). Le altre aree di utenza riguardano gli anziani (17 per cento), la povertà e il disagio adulti (7,5 per cento), gli immigrati, Rom, Sinti e Caminanti (4,7 per cento), le dipendenze da alcol e droga (0,3 per cento), le attività generali e per la multiutenza (sportelli tematici, segretariato sociale, ecc.).
  Con specifico riguardo ai servizi e agli interventi di supporto ai minori e alle famiglie con figli nel 2018, i Comuni hanno speso 2 miliardi e 800 milioni di euro per questi servizi, il 6 per cento in più rispetto al 2008.
  I nidi e gli altri servizi educativi per la prima infanzia assorbono il 38 per cento della spesa totale di questa area di intervento. I bambini che beneficiano dei servizi educativi comunali o convenzionati con i Comuni sono il 14,1 per cento dei residenti in Italia sotto i 3 anni, con un'elevata eterogeneità territoriale: dal 28,7 per cento della Provincia autonoma di Trento, dove il 93,2 per cento dei Comuni offre questo tipo di servizi, al 2,2 per cento della Calabria, dove i Comuni che li erogano sono solo il 19,1 per cento.
  Diversi tipi di servizi vengono offerti per attivare soluzioni a specifiche situazioni di disagio dei bambini, degli adolescenti e delle famiglie.
  Il servizio sociale professionale è la porta d'ingresso per la definizione di percorsi individuali di supporto e assistenza. Nel 2018, i bambini e nuclei familiari in difficoltà presi in carico dagli assistenti sociali sono stati oltre 670 mila, dato in aumento dopo un calo registrato negli anni successivi al 2009, in concomitanza con la crisi economica e con la riduzione della spesa dei Comuni per i servizi sociali (i minori e le famiglie presi in carico dal servizio sociale professionale hanno raggiunto il minimo nel 2011 con circa 582.500 utenti).
  L'accoglienza dei minori ed eventualmente dei genitori in difficoltà nelle strutture residenziali comunali o convenzionate con i Comuni ha riguardato circa 43 mila bambini, ragazzi e nuclei familiari. I Comuni hanno destinato 638 milioni di euro alle comunità alloggio, case famiglia, comunità educative. Per le famiglie in difficoltà economica e con problematiche sociali di varia natura la rete territoriale prevede anche diversi trasferimenti in denaro, fra cui i più rilevanti sono i contributi economici per coprire le spese di alloggio (69 milioni erogati nel 2018 per oltre 53 mila famiglie), i contributi a integrazione del reddito (62,8 milioni di euro per quasi 105 mila famiglie), quelli per l'affido familiare (63 milioni per oltre 17 mila beneficiari). Alcuni tipi di servizi sociali attivi sul territorio rivestono maggiore importanza in relazione alle problematiche giovanili emerse in seguito all'adozione delle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. Dal punto di vita del sostegno alle relazioni familiari, i Comuni offrono attività di sostegno alla genitorialità a circa 58.600 famiglie ogni anno; inoltre, si registrano quasi 67 mila utenti nei centri per le famiglie e oltre 10 mila nuclei familiari presi in carico dal servizio di mediazione familiare.
  Per i bambini e i ragazzi con fragilità sociale vengono messi in campo «interventi Pag. 319per l'inclusione sociale dei soggetti deboli o a rischio». Per questo tipo di interventi si registra, tuttavia, un calo sia delle risorse impiegate dai Comuni, sia dei ragazzi e dei bambini presi in carico: da 36,3 milioni spesi nel 2008, si passa a 16,7 milioni nel 2018, con un numero di utenti che passa da oltre 120 mila a circa 46 mila nello stesso periodo.
  Altri interventi importanti sono quelli di supporto ai bambini e agli adolescenti presso le scuole, ovvero il sostegno socio-educativo scolastico, con circa 47.500 utenti l'anno, il sostegno socio-educativo a domicilio o presso strutture del territorio, che viene offerto a circa 60 mila utenti l'anno, l'assistenza domiciliare a famiglie con minori (oltre 22 mila utenti).
  I Comuni che offrono il sostegno socio-educativo presso le scuole risultano il 33,5 per cento nel 2018, dato in debole aumento (dal 29 per cento nel 2008) e con una distribuzione non uniforme sul territorio: si passa da un minimo del 28,2 per cento al Sud a un massimo del 40,3 per cento al Centro.
  Il sostegno socio-educativo a domicilio o presso strutture territoriali è offerto dal 63,1 per cento dei Comuni (52,9 per cento nel 2008), con ampie variazioni territoriali: si passa dal 31,7 per cento dei Comuni al Sud al 52,3 per cento nelle Isole, 71,8 per cento al Centro, 74,6 per cento al Nord-ovest e 79,4 per cento al Nord-est.
  Per l'inclusione scolastica dei bambini e ragazzi con disabilità i Comuni hanno investito risorse crescenti. Nello specifico per il sostegno socio-educativo scolastico degli studenti disabili, che prevede figure di supporto presso le scuole, si registrano circa 81.500 utenti nel 2018, contro i 43.700 del 2008; la spesa corrispondente è passata da 236 milioni a 421 milioni di euro nello stesso periodo. In crescita anche la copertura del servizio sul territorio: i Comuni che hanno attivato il sostegno scolastico per i disabili sono passati dal 57,2 per cento nel 2008 al 67,3 per cento nel 2018; al Nord-est si registra la percentuale di copertura più alta (78 per cento dei Comuni) e nelle Isole la più bassa (44 per cento).
  Gli interventi di sostegno socio-educativo a domicilio o in strutture del territorio ha preso in carico circa 16 mila bambini e ragazzi con disabilità nel 2018. Per questo tipo di assistenza, la spesa dei Comuni non ha avuto lo stesso incremento del sostegno socio-educativo scolastico e il numero di utenti serviti ogni anno non ha ancora recuperato il calo registrato dal 2011. La percentuale di Comuni che ha attivato questo servizio risulta il 49,6 per cento nel 2018, leggermente in aumento rispetto al 2008 (43,1 per cento), con variazioni molto ampie sul territorio (dal 16,7 per cento del Sud si passa al 68,5 per cento del Nord-ovest).
  L'inserimento lavorativo per i disabili comprende l'attivazione di tirocini formativi, borse lavoro, bonus all'assunzione e ha interessato circa 25.700 utenti nel 2018.
  I Centri diurni, ovvero centri sociali di tipo aperto, che svolgono attività di sostegno, socializzazione e recupero per persone con disabilità hanno un'importante funzione di supporto e svolgono inoltre un ruolo di conciliazione degli impegni lavorativi e di cura per i familiari delle persone prese in carico.
  Il dottor Blangiardo ha rilevato come in seguito all'emergenza sanitaria per l'epidemia da Covid-19, la temporanea chiusura di queste strutture abbia determinato molto probabilmente pesanti ricadute sulla qualità della vita delle persone prese in carico e sulla sostenibilità del lavoro di cura per i relativi familiari. Ai fini del contenimento del disagio, dell'isolamento e dei rischi di dipendenze sono importanti anche le attività ricreative, sociali, culturali organizzate dai Comuni. Con riferimento all'area di utenza famiglia e minori si registrano oltre 243 mila utenti l'anno nel periodo precedente all'inizio della pandemia. Sia la spesa che il numero di utenti coinvolti in questo tipo di attività hanno subito un calo continuo nell'arco di oltre un decennio: da 35,5 milioni a 20,2 milioni di euro le risorse impiegate, con un calo del 56 per cento del numero degli utenti.

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4.6. Detenzione minorile e servizi sociali.

  Il servizio sociale ha consolidato la sua presenza in un ampio panorama di ambiti operativi, all'interno di un sistema di servizi caratterizzato dall'integrazione tra soggetti diversi. Un ruolo di indubbio rilievo il sistema dei servizi sociali riveste (rectius deve rivestire) nell'ambito delle politiche per il recupero e il reinserimento dei minori entrati nel circuito penale. A tal proposito la Commissione ha ritenuto opportuno acquisire il contributo della dottoressa Gemma Tuccillo, Capo del dipartimento per la giustizia minorile e di comunità.
  Il servizio sociale che opera nel settore penale penitenziario si è sviluppato in Italia, dapprima nel settore minorile e poi in quello degli adulti, secondo il modello anglosassone del penal welfarism, fondato sul principio che le misure penali dovrebbero, per quanto possibile, sostanziarsi in interventi riabilitativi volti al reinserimento sociale.
  Nel rapporto costante tra politiche sociali e penali, si riscontrano alcune tendenze che influiscono sul ruolo sia del servizio sociale come professione nel suo complesso, sia del singolo assistente sociale. A livello nazionale il servizio sociale, che opera in misura prevalente nel settore pubblico, svolge il suo ruolo in un contesto caratterizzato da una progressiva riduzione delle risorse economiche destinata alle politiche sociali. Tali tagli hanno comportato alcuni effetti importanti sulle politiche stesse, tra i quali la precarietà delle condizioni socioeconomiche delle persone-utenti e la conseguente marginalizzazione di coloro che ricevono servizi. Anche il sistema penale penitenziario deve fare fronte a carenze strutturali di risorse, che coinvolgono direttamente le professioni di aiuto che a vario titolo vi operano: educatori, psicologi, assistenti sociali. Il servizio sociale è messo in difficoltà da processi di ristrutturazione finalizzati alla riduzione ed al controllo dei costi.
  In generale, la riduzione di risorse destinate al personale che opera nei servizi pubblici e il blocco del turnover hanno generato non solo la difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro per i neolaureati ma anche l'aumento di carico di lavoro per coloro già operano nei servizi.
  Con specifico riguardo al sistema dei servizi del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, gli Uffici di servizio sociale per i minorenni (Ussm) si attivano nei confronti dei minori autori di reato e li accompagnano lungo tutto il percorso penale, fino al compimento del venticinquesimo anno di età. Gli Ussm intervengono in ogni stato e grado del procedimento penale, predisponendo su richiesta dell'Autorità giudiziaria la raccolta di elementi conoscitivi per l'accertamento della personalità, fornendo concrete ipotesi progettuali e concorrendo alle decisioni dell'autorità giudiziaria. Oltre ad avviare un tempestivo intervento nei confronti del minore in stato di arresto e di fermo gli Ussm svolgono attività di sostegno e controllo nella fase di attuazione delle misure cautelari, alternative e sostitutive disposte nei confronti dei minori e giovani adulti (18-25 anni), in collaborazione con gli altri servizi della giustizia minorile, i servizi socio-sanitari territoriali ed il privato sociale; predisponendo e gestendo, anche, in collaborazione con i servizi socio-sanitari territoriali ed il privato sociale, la misura della sospensione del processo e della messa alla prova.
  Il sistema delle risposte alle devianze minorili è fortemente connotato dal ricorso a misure alternative alla detenzione, in primis la misura della sospensione del processo e messa alla prova e le misure penali di comunità.
  L'applicazione di questa misura richiede un consistente investimento progettuale da parte degli Uffici di Servizio Sociale per i minorenni, che comporta una valutazione preliminare della personalità del minorenne e delle risorse familiari e sociali del suo contesto di vita.
  I programmi individualizzati di messa alla prova, realizzati in stretta collaborazione con i Servizi socio-sanitari e del privato sociale, sono finalizzati a promuovere e sostenere processi di comprensione del significato dell'azione deviante, di sviluppo di una responsabilità riflessiva, di apprendimento di scelte di vita positive e Pag. 321costruttive anche attraverso attività di riparazione del danno sociale provocato dalla commissione del reato e di mediazione con la vittima. Il nucleo familiare del minorenne, laddove possibile, viene attivamente coinvolto nel progetto di intervento educativo. E, ove necessario, si prevedono anche interventi diretti alla famiglia affinché siano aiutate a recuperare le competenze genitoriali.
  L'esperienza realizzata dai Servizi minorili ed i dati sugli esiti della messa alla prova nel periodo compreso fra il 2007-2020 – riportati dal Ministro della giustizia nel corso di un'audizione in Commissione – evidenziano che l'83,55 per cento dei provvedimenti di messa alla prova definiti in sede processuale ha avuto un esito positivo: ciò qualifica questa misura come una risposta altamente efficace per contrastare la devianza minorile e favorire percorsi di inserimento sociale.
  È evidente che per il buon esito del percorso di messa alla prova, decisivo è il coinvolgimento di diversi interlocutori, per incrementare l'offerta delle attività scolastiche e formative, i percorsi di orientamento e di inserimento al lavoro, l'accesso alle attività sportive, la sperimentazione di attività culturali e ricreative, lo svolgimento di attività socialmente utili, gli interventi di mediazione penale, l'attività di mediazione culturale per gli stranieri.
  Concludendo, il rapporto tra politiche sociali e penali, minorili in particolare, è un tema di particolare rilevanza ed attualità, al quale deve essere riconosciuta una centralità nel quadro di un più ampio dibattito sul sistema dei servizi. Pare importante in questa prospettiva mettere in atto azioni sinergiche al fine di prevedere il loro reinserimento nel tessuto sociale del Paese recuperandoli dall'emarginazione e dall'esclusione sociale in cui sono incorsi. Gli interventi di recupero devono essere attuati nel contesto di appartenenza, ma soprattutto con la partecipazione attiva di detti contesti. In questo sistema rivesta indubbia rilevanza il rapporto strutturato e continuativo con i servizi sociali degli enti locali al fine di dare continuità alle opportunità di istruzione o di formazione professionale che si rendono disponibili per il minore una volta entrato nel circuito penale e che non devono cessare nel momento in cui cessa l'esecuzione penale. Occorre quindi attivare tutti gli strumenti necessari per la prosecuzione delle misure adottate sulla base del progetto di intervento educativo e l'accompagnamento del minore anche nella fase post-pena. In questo contesto appare necessario potenziare l'azione coordinata tra gli uffici locali per l'esecuzione penale esterna, i servizi sociali territoriali e il personale civile che opera negli istituti penitenziari per i minorenni.

5. L'acquisizione documentale.

5.1. Il contributo del Ministro della salute.

  Importanti elementi conoscitivi sono stati acquisiti dalla Commissione grazie all'ampio e articolato documento predisposto dal Ministro della salute proprio sull'impatto che l'esperienza pandemica ha avuto nella sfera relazionale dei minori.
  In tale documento si osserva come la tutela della salute dei minori costituisca uno degli obiettivi prioritari del Ministero della salute e, in questa prospettiva, la riduzione dell'esposizione a fattori di rischio e la promozione di fattori protettivi rappresentino azioni efficaci per poter prevenire l'insorgenza o la maggiore severità di esiti patologici in età pediatrica. La gestione di una crisi sanitaria, come quella originata dall'esperienza pandemica Covid-19, ha imposto una attenta analisi delle situazioni che possono interferire negativamente con il processo di sviluppo psico-fisico e comportare una maggiore fragilità soprattutto in una fase emergenziale.
  Le conseguenze della crisi legata al coronavirus coinvolgono, infatti, anche la dimensione sociale e socio-assistenziale del sistema. È noto, infatti, come uno status socio-economico meno elevato sia associato a una maggiore vulnerabilità in emergenza, poiché, spesso, comporta una maggiore esposizioni a fattori di rischio.
  Le condizioni di salute rappresentano il risultato di un intreccio complesso e multifattoriale tra diverse componenti, ognuna Pag. 322delle quali può agire in termini di fattore di rischio o di fattore protettivo.
  L'esposizione a tali fattori relativi all'ambiente fisico e psicosociale, in un periodo particolarmente plastico e delicato come quello dei primi mille giorni di vita può comportare risposte potenzialmente adattive (variabili in relazione al periodo di esposizione), determinando, nel caso dei fattori di rischio, la comparsa di patologie e disturbi in età infantile o adulta e favorendo, nel caso dei fattori protettivi, un migliore sviluppo del bambino.
  In questo senso, gli interventi preventivi, protettivi o curativi, se realizzati con tempestività, assicurano risultati positivi per la salute del minore, dei genitori e della collettività in generale.
  Nella relazione consegnata il Ministro della salute rileva, poi, come i linea generale, con specifico riguardo alle iniziative di propria competenza che il 20 febbraio 2020, in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome, è stato sancito l'Accordo sul documento di indirizzo «Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita», elaborato dal Tavolo tecnico istituito dal Ministero della salute, in materia di tutela e promozione della salute nei primi mille giorni di vita. Proseguono poi le attività per offrire il documento in una versione plaquette accessibile alle mamme, alle coppie, ai caregiver e ai professionisti della salute ed è prossimo l'avvio delle attività del Tavolo paritetico permanente sui primi mille giorni di vita, costituito in attuazione del citato Accordo, con l'obiettivo di valutare la realizzazione e aggiornare il documento, armonizzandolo con le organizzazioni dei servizi materno infantili delle regioni.
  Il predetto documento di indirizzo, in linea con la Dichiarazione di Minsk (Ufficio Regionale dell'OMS per l'Europa, 2015), con gli Obiettivi per uno sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite (SDG Agenda 2030), con il documento «Nurturing care for Early childhood development: a global framework for action», prodotto dall'OMS, dall'UNICEF e dalla Banca Mondiale (2018), e con l'attenzione mostrata negli anni dal Ministero della salute per la riduzione delle disuguaglianze in salute, pone particolare attenzione allo sviluppo della prima infanzia (early life), ai determinanti di salute e all'accesso ai servizi, al fine di garantire il diritto alla salute della popolazione generale e dei gruppi di popolazione vulnerabili (per età, genere, condizione socioeconomica, grado di istruzione, provenienza geografica, e per condizione di disabilità, immigrazione o cittadinanza).
  Tale documento di indirizzo è stato realizzato allo scopo di sistematizzare le principali conoscenze e gli interventi a oggi disponibili relativi ai primi mille giorni di vita, con particolare attenzione alle azioni preventive e protettive che i genitori/caregiver possono mettere in atto per la tutela della salute dei bambini, anche con il supporto strategico offerto nei diversi setting sanitari dai professionisti della salute. Inoltre, su più ambiti e in modo trasversale, vengono considerate le azioni utili a contrastare le disuguaglianze in salute che, quando presenti, sono in grado di determinare effetti, anche persistenti, sulla salute dei bambini e il percorso di crescita nel suo insieme. Tra i rischi esaminati vi è anche il maltrattamento e l'abuso. I bambini che crescono in ambienti sfavorevoli dimostrano, a ben vedere, nel tempo maggiori disturbi comportamentali, di apprendimento e di integrazione sociale, condizioni che rischiano di amplificarsi nel tempo, producendo effetti trans-generazionali, laddove non sopravvengano interventi correttivi tempestivi.
  È di tutta evidenza come l'emergenza epidemiologica abbia messo a dura prova la capacità dei servizi sanitari e sociali. Inoltre, la didattica a distanza, imposta dal contesto di crisi pandemica, è venuta temporaneamente meno la rete di sicurezza rappresentata dagli insegnanti e dagli operatori scolastici, che vigilano sui fenomeni di disagio. Secondo il Ministro, la rete sociale esterna può rappresentare un utile supporto per affrontare le predette criticità.
  Le mutate condizioni di contesto hanno amplificato le situazioni di violenza e deprivazione nella vita di bambini e adolescenti. La scuola svolge infatti un ruolo Pag. 323importante nella cura e nella protezione dei minorenni, rappresentando un luogo sicuro talvolta finanche di accudimento e un osservatorio privilegiato per rilevare esigenze e criticità relative ai minori. La scuola è un contesto privilegiato in cui favorire l'acquisizione nei bambini e negli adolescenti di conoscenze sui fattori di rischio per la salute e lo sviluppo di abilità utili per contrastare le pressioni di gruppo e sociali verso l'adozione di comportamenti nocivi, nonché per attivare specifici interventi di prevenzione e promozione della salute.
  Proprio per tali ragioni, attraverso Protocolli d'Intesa sanciti tra il Ministero della salute e il Ministero dell'istruzione, è stato definito il coinvolgimento del mondo della scuola nell'attivazione dei programmi specifici finalizzati alla correzione di stili di vita e comportamenti a rischio. La collaborazione tra le due istituzioni, formalizzata attraverso i Protocolli di Intesa su «Tutela del diritto alla salute, allo studio e all'inclusione», del 2 aprile 2015 e del 20 febbraio 2019, allo stato in fase di rinnovo per un ulteriore triennio, è finalizzata a migliorare, coordinare e agevolare le attività di rispettiva competenza dei due dicasteri, al fine di garantire l'integrazione degli interventi per la tutela e promozione della salute e del benessere psicofisico, anche tramite la promozione di iniziative di informazione e sensibilizzazione su alcune aree di interesse prioritario per studenti, famiglie ed insegnanti, nonché per l'inclusione scolastica nei casi di disabilità e disturbi evolutivi specifici.
  Un ulteriore tassello del percorso congiunto e continuativo tra scuola e salute è rappresentato dal programma «Scuole che Promuovono Salute» (di cui al Piano Nazionale della Prevenzione, PNP 2020-2025, sancito con Intesa in Conferenza permanente Stato, regioni e province autonome del 6 agosto 2020) che ha la finalità di includere formalmente la promozione della salute, il benessere e la cultura della sicurezza e della legalità all'interno del sistema educativo di istruzione e formazione con una visione integrata, continuativa e a medio/lungo termine, secondo i principi dell'azione intersettoriale e della pianificazione partecipata, in coerenza con le norme e i programmi nazionali.
  Il Ministro sottolinea come sia necessario intervenire sia nell'ambito della prevenzione primaria, individuando i fattori di rischio e programmando interventi finalizzati alla loro riduzione o mitigazione e al rafforzamento dei fattori di protezione, sia nell'ambito della prevenzione secondaria, rafforzando la capacità dei servizi e degli operatori coinvolti nei diversi ambiti di relazione e cura dei minori, di intercettare precocemente le vulnerabilità.
  Le evidenze scientifiche dimostrano che le strategie di prevenzione richiedono un approccio multisettoriale e risultano tanto più efficaci, per l'individuo e la comunità, quanto più precocemente implementate. Nell'ambito della promozione e tutela della salute dei bambini e degli adolescenti, numerose sono le attività che vedono il Ministero della salute impegnato in collaborazioni interistituzionali, già realizzate o ancora in corso.
  Il nuovo Piano nazionale della Prevenzione 2020-2025 (PNP) prevede un rinnovato impegno nel campo della promozione della salute e mira a migliorare l'approccio per setting, contesto nel quale è più facile raggiungere individui e gruppi prioritari, per promuovere salute e benessere. Il PNP contribuisce al raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, che definisce un approccio combinato agli aspetti economici, sociali e ambientali che impattano sul benessere delle persone e sullo sviluppo delle società, affrontando dunque il contrasto alle disuguaglianze di salute quale priorità trasversale a tutti gli obiettivi. Gli interventi promossi rivestono un ruolo di primaria importanza per ridurre i fattori di rischio e promuovere i fattori di protezione, anche attraverso l'empowerment delle coppie, dei futuri genitori e, in generale, dei cittadini.
  Nell'ambito delle attività a sostegno della genitorialità prosegue il monitoraggio relativo ai progetti regionali afferenti alla diagnosi, cura e assistenza della sindrome depressiva post-partum, con particolare riferimento all'individuazione precoce di fattoriPag. 324 di rischio e disagio psichico perinatale, essenziale per la diagnosi, cura e assistenza di tale sindrome depressiva e per un'efficace presa in carico della diade madre-neonato e della famiglia nel suo insieme. In tale contesto, svolgono un ruolo essenziale i consultori familiari.
  Questi ultimi, fondati su principi di prossimità con il cittadino e di integrazione con gli altri servizi socioassistenziali, costituiscono servizi territoriali di base a tutela della salute della donna, degli adolescenti, della coppia e della famiglia e rappresentano ancora oggi un'esperienza del tutto originale nel panorama internazionale. Questi servizi sono contraddistinti da competenze multidisciplinari, che consentono di cogliere la complessità e il ruolo dei fattori sociali, l'offerta attiva, definita come la ricerca sul territorio delle persone da coinvolgere nelle attività anche per contrastare e superare le diseguaglianze, il forte orientamento alla prevenzione e alla promozione della salute anche tramite l'empowerment delle comunità.
  I livelli essenziali di assistenza (LEA), di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, hanno delineato una riqualificazione delle attività consultoriali richiamate nel Piano nazionale per la fertilità e nel Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza.
  Inoltre, coerentemente con l'esigenza di rafforzare i livelli di integrazione ospedale- territorio, nell'ambito del programma 2017 del Centro nazionale per la prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), il Ministero della salute ha promosso e finanziato il progetto «Analisi delle attività della rete dei consultori familiari per una rivalutazione del loro ruolo con riferimento anche alle problematiche relative all'endometriosi», affidandone la realizzazione all'Istituto Superiore di Sanità (ISS). Avviato nel 2018 e conclusosi nel gennaio 2020, il progetto ha reso disponibile un quadro aggiornato dell'attività dei consultori familiari. L'indagine ha riguardato 1.800 servizi consultoriali pubblici e privati accreditati presenti sul territorio nazionale.
  L'analisi realizzata conferma il ruolo essenziale che svolgono i consultori familiari a tutela della salute della donna, del bambino e degli adolescenti, nonostante si registri una diversità per area geografica. In generale, tra i consultori familiari che svolgono attività rivolte ad adolescenti/giovani, la promozione di stili di vita salutari, le attività a sostegno della salute sessuale/riproduttiva e il contrasto al disagio relazionale sono mediamente disponibili rispettivamente nell'82,6 per cento, 92,5 per cento e 87,7 per cento dei servizi. Il 57,4 per cento dei consultori del centro realizza interventi di promozione della salute nelle scuole, rispetto al 70,8 per cento del Nord e al 71,2 per cento del Sud e Isole.
  In relazione alla pandemia, alla luce delle disposizioni che hanno imposto il distanziamento fisico, la chiusura degli istituti scolastici e ridotto la mobilità personale, molti consultori hanno riorganizzato le attività offrendo il servizio da remoto, rivolto sia agli utenti già in carico che alle nuove richieste. In Campania, ad esempio, nella ASL Napoli 1 Centro, sono stati predisposti servizi telefonici dedicati per area di competenza e il servizio di psicologia ha attivato percorsi per gli adolescenti. In Lombardia, la ASST Fatebenefratelli-Sacco, che aveva attivato numerosi sportelli di ascolto e supporto psicologico in diversi istituti secondari di II grado, anche in seguito alle richieste dei dirigenti scolastici di sostenere gli studenti e le loro famiglie, ha proseguito l'attività degli sportelli in modalità telematica. In Piemonte, i CF della ASL Cuneo 1 durante l'emergenza hanno garantito agli adolescenti la contraccezione d'emergenza e i percorsi di accompagnamento alla interruzione volontaria di gravidanza (IVG). I ragazzi già inseriti in percorsi psicologici sono stati seguiti per via telematica. Gli studenti sono stati informati della possibilità di accedere agli sportelli di ascolto tramite telefono o WhatsApp.
  In diverse aree del Paese i consultori familiari sono stati in grado di fronteggiare l'emergenza pandemica introducendo modalità di offerta innovative per garantire le attività che li caratterizzano, come quelle dedicate agli adolescenti. Le realtà dove sono stati sostenuti percorsi socioassistenziali e sistemi informatizzati integrati hanno Pag. 325potuto rispondere con modalità più adeguate all'emergenza.
  Il Ministro nel documento consegnato ricorda poi come ne 2020 il proprio Dicastero abbia partecipato ai lavori per la definizione del «5° Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva», predisposto dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, e sul quale peraltro la Commissione ha espresso un lungo e articolato parere. L'impegno ministeriale è stato volto a rispondere agli impegni assunti dall'Italia in attuazione dei contenuti della Convention on the Rights of Child. I contenuti evidenziati di volta in volta nei diversi Piani di azione rimandano esplicitamente ai principi enunciati nella Convention on the Rights of Child, riassunti nello schema delle tre «P»: i provision rights si riferiscono all'accesso a servizi o beni materiali e immateriali (es. il diritto all'educazione o il diritto alla salute); i protection rights prevedono la protezione da situazioni di rischio, danno e pericolo; e infine, i participation (o promotion) rights riconoscono il ruolo attivo del minore come agente di cambiamento e portatore di idee e opinioni che devono essere prese sul serio.
  In particolare, il 5° Piano ribadisce l'urgenza di interventi di potenziamento della rete dei servizi al fine di intercettare precocemente le situazioni di rischio, consentire una presa in carico tempestiva, accompagnare e sostenere le vittime nello sviluppo positivo delle proprie risorse individuali, maggiormente necessari nei casi di maltrattamenti e abusi che avvengono tra le mura domestiche. A completamento degli strumenti a disposizione della rete, la prospettiva futura è rappresentata dalla validazione di un modello da attivare in ciascuna Regione attraverso linee guida d'intervento per le aziende sanitarie e ospedaliere, e nei servizi sociosanitari in tema di soccorso e assistenza dei minorenni vittime di violenza, anche al fine di facilitare l'operatore sanitario nel riconoscimento precoce di casi sospetti.
  In tal senso, gli operatori del pronto soccorso devono essere formati nelle materie di maltrattamento e abuso dei minorenni e sugli strumenti di screening, valutazione o diagnosi. È auspicabile che, all'interno dei pronto soccorso degli ospedali sia garantito un sistema che individui le situazioni di maltrattamento da prendere in carico e gestire con i servizi territoriali in maniera coordinata. Inoltre, la formazione di medici, infermieri e operatori dovrebbe avere inizio fin dal percorso degli studi universitari. A tal fine, sarebbe utile inserire materie specifiche, relative all'abuso e al maltrattamento, nei programmi universitari di studio di medici, infermieri, psicologici e tecnici sanitari.
  I Livelli essenziali di assistenza (LEA) già prevedono un potenziamento dei servizi a sostegno della genitorialità e a supporto dei bambini, anche in situazioni di disagio. In particolare, l'articolo 24 «Assistenza socio-sanitaria ai minori, alle donne, alle coppie, alle famiglie», comma 1, dispone che nell'ambito dell'assistenza distrettuale, domiciliare e territoriale ad accesso diretto, il Servizio sanitario nazionale garantisce alle donne, ai minori, alle coppie e alle famiglie, le prestazioni, anche domiciliari, mediche specialistiche, diagnostiche e terapeutiche, psicologiche e psicoterapeutiche, e riabilitative mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche, necessarie ed appropriate: (...) lettera l) consulenza e assistenza a favore degli adolescenti, anche in collaborazione con le istituzioni scolastiche; lettera m) prevenzione, valutazione, assistenza e supporto psicologico ai minori in situazione di disagio, in stato di abbandono o vittime di maltrattamenti e abusi.
  Infine il Ministro ricorda la partecipazione del proprio Dicastero ai lavori del Gruppo di lavoro interministeriale «Politiche e interventi sociali in favore dei minorenni in attuazione della Child Guarantee». Il gruppo è stato convocato lo scorso 3 dicembre 2021, per la definizione del piano di interventi, per il coordinamento degli interventi volti al contrasto delle situazioni di vulnerabilità dei minori e per la promozione di percorsi di inclusione, anche in coerenza con le politiche per l'infanzia e l'adolescenza definite nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.

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5.2. Il contributo del Ministro per le pari opportunità e la famiglia.

  La Commissione ha, poi, acquisito il contributo scritto anche del Ministro per le pari opportunità e la famiglia. In tale documento il Ministro ha dato conto degli interventi realizzati dal Dipartimento per le politiche della famiglia in materia di infanzia e adolescenza, a partire dal periodo dell'emergenza sanitaria, con riferimento alle iniziative in corso e da attivare, indicando, da un lato, le azioni che – seppure in un quadro più ampio e non specificamente incentrato nell'oggetto dell'indagine rivolto ai servizi sociali – possono offrire una risposta immediata alle situazioni di disagio e, dall'altro, gli interventi che rientrano in una strategia programmatica che si svilupperà in modo progressivo nei prossimi anni.
  Con riguardo alle possibili future strategie di intervento, il Ministro, oltre ad aver rinviato alle azioni presenti nel 5° Piano di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, si è soffermato sugli interventi posti in essere per il potenziamento dei servizi nel corso dell'emergenza Covid-19.
  In particolare nel corso della prima fase dell'emergenza sanitaria determinatasi dalla propagazione del virus SARS-CoV-2 e del conseguente aumento dei casi di Covid-19 anche in Italia, il Governo ha adottato provvedimenti restrittivi che hanno necessariamente disposto la sospensione anche delle attività educative e scolastiche in presenza, limitando per i bambini e gli adolescenti la possibilità di svolgere esperienze al di fuori del contesto domestico e familiare.
  In attuazione del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, il Governo ha adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio 2020, con il quale è stato dichiarato l'avvio della cosiddetta Fase 2 dell'emergenza, ossia la parziale riapertura delle attività che prevedono la presenza di più persone. Con l'allegato 8 al predetto decreto, il Governo ha inoltre fornito le indicazioni per la ripresa in sicurezza delle attività educative non formali e informali rivolte alle persone di minore età. Il documento, a cura del Dipartimento per le politiche della famiglia, della Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato redatto grazie al lavoro congiunto con Associazione nazionale comuni italiani, Unione delle Province d'Italia, Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Società italiana di pediatria, d'intesa con i Ministeri dell'istruzione, della salute, del lavoro e delle politiche sociali, delle politiche giovanili e dello sport, ed è integrato dalle raccomandazioni del Comitato tecnico-scientifico del Dipartimento della protezione civile, della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Le linee guida si sono poste l'obiettivo di incidere fortemente sulle condizioni di ordinario benessere dei bambini e degli adolescenti che si legano strettamente a diritti fondamentali come quelli all'incontro sociale fra pari, al gioco e all'educazione. Tale prospettiva è stata perseguita ricercando il giusto bilanciamento tra il diritto alla socialità, al gioco e in generale all'educazione delle persone di minore età e, d'altra parte, la necessità di garantire condizioni di tutela della loro salute, nonché di quella delle famiglie e del personale educativo e ausiliario impegnato nello svolgimento delle diverse iniziative.
  Gli elementi di riferimento trasversali alle esperienze e attività prospettate nelle diverse sezioni del documento sono state la centratura sulla qualità della relazione interpersonale, mediante il rapporto individuale adulto e bambino, nel caso di bambini di età inferiore ai 3 anni, e mediante l'organizzazione delle attività in piccoli gruppi nel caso dei bambini più grandi e degli adolescenti, evitando contatti tra gruppi diversi; l'attenta organizzazione degli spazi più idonei e sicuri, privilegiando quelli esterni e il loro allestimento per favorire attività di piccoli gruppi; l'attenzione particolare agli aspetti igienici e di sanificazione, al fine di ridurre i rischi tramite protocolli di sicurezza adeguati.
  Le linee guida rappresentano uno strumento indispensabile per i servizi socio-educativi territoriali e per tutti i soggetti che, a diverso titolo, organizzano attività extrascolastiche rivolte alle persone di minorePag. 327 età. Grazie anche ai numerosi contributi migliorativi ricevuti dall'associazionismo, il documento è stato successivamente migliorato e adattato alla positiva evoluzione del quadro epidemiologico italiano ed europeo.
  Nel 2021, con la costituzione del nuovo esecutivo, il documento è stato allegato all'ordinanza del Ministro della salute 21 maggio 2021, di concerto con il Ministro per le pari opportunità e la famiglia.
  Il nuovo testo presenta un'esemplificazione più chiara delle attività che possono essere svolte in diversi contesti, quali aree verdi, aree gioco e strutture dedicate alle attività ludico-ricreative rivolte ai minori. Inoltre, sono state particolarmente valorizzate le esperienze all'aria aperta, anche in contesti educativi (la cosiddetta outdoor education). Tale valorizzazione è giustificata non solo dai progressi positivi ottenuti grazie alla campagna vaccinale e alle guarigioni da Covid-19, ma anche alle indicazioni scientifiche che confermano una minore probabilità di contagio quando ci si trova in contesti all'aria aperta. Particolare attenzione è stata riservata inoltre a garantire maggiori opportunità di fisicità per i minori. Inoltre, è stata prevista una semplificazione delle indicazioni contenute nelle linee guida, con particolare riferimento ai rapporti numerici minimi tra operatori, educatori e animatori, anche volontari, e i minori, in quanto non più definiti, e alla semplificazione dei protocolli di accesso all'area dedicata alle attività, anche nel caso di pernottamento.
  Nel documento consegnato alla Commissione il Ministro ha poi dato conto degli interventi finalizzati al potenziamento dei centri estivi. In proposito il documento ricorda come a maggio 2020, al fine di sostenere le famiglie, il Governo, tramite il decreto-legge n. 34 del 2020, convertito nella legge n. 77 del 2020, il cosiddetto decreto rilancio, abbia destinato una quota di risorse aggiuntive – pari, complessivamente, a 150 milioni di euro – a valere sul Fondo per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  In particolare, la disposizione prevedeva, al comma 1, lettera a), un finanziamento pari a 135 milioni di euro destinato ai comuni per la realizzazione di iniziative, anche in collaborazione con enti pubblici e privati, volte a introdurre: «interventi per il potenziamento dei centri estivi diurni, dei servizi socio-educativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa destinati alle attività dei minori di età compresa tra zero e sedici anni, per i mesi da giugno a settembre 2020». Inoltre, il comma 2 del medesimo articolo prevedeva che il Ministro con delega alle politiche familiari stabilisse «i criteri per il riparto della quota di risorse di cui al comma 1» e ripartisse «gli stanziamenti».
  La proposta di riparto delle suddette risorse ha ottenuto l'intesa in Conferenza unificata il 18 giugno 2020 e conseguentemente è stato adottato il decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia 25 giugno 2020. Il 15 luglio 2020, il Dipartimento per la famiglia ha concluso la procedura di erogazione del finanziamento pubblico in favore dei comuni e, a decorrere dal 17 luglio 2020, le somme sono state accreditate nelle casse comunali tramite pagamento effettuato dalla Banca d'Italia. Per l'esecuzione delle attività di analisi e monitoraggio previste dall'articolo 2, comma 7, del decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia 25 giugno 2020, con decreto del Capo del Dipartimento per le politiche della famiglia 11 febbraio 2021 è stato istituto un gruppo di lavoro ad hoc.
  In base ad un'analisi effettuata ex post circa il 90 per cento dei comuni ha utilizzato i fondi ricevuti, del tutto o in parte, per il potenziamento delle attività rivolte ai minori. Tale successo dell'intervento testimonia quanto siano importanti gli interventi di contributo economico in tempo di emergenza, al fine di mitigare gli effetti negativi sull'economia. Il dialogo con i comuni ha in particolare evidenziato un significativo aumento dei costi di erogazione del servizio, dovuto principalmente alla necessità di rispettare i rapporti numerici fra educatori e minori stabiliti con le sopracitate linee guida, nonché l'acquisto di sufficienti dispositivi di protezione individuale, di garantire la sanificazione dei locali e le attività di pulizia straordinarie.Pag. 328
  Ancora, l'articolo 63, relativo a misure per favorire le opportunità e per il contrasto alla povertà educativa, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, recante misure urgenti connesse all'emergenza da Covid-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali, ha confermato, anche per l'anno 2021, l'integrazione delle risorse del Fondo per le politiche della famiglia di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, con risorse finanziarie pari ad euro 135 milioni.
  Tali risorse sono volte al finanziamento di iniziative dei comuni che sostengano le famiglie anche mediante l'offerta di opportunità educative rivolte ai figli. Le iniziative dei comuni, da attuare nel periodo 1° giugno-31 dicembre 2021, anche in collaborazione con enti pubblici e privati, sono finalizzate al potenziamento dei centri estivi, dei servizi socio-educativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa destinati alle attività dei minori. Con decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia 24 giugno 2021, su cui è stata acquisita l'intesa in Conferenza unificata, sono state ripartite le risorse destinate a 7.146 Comuni beneficiari. Sono stati esclusi dal finanziamento i Comuni che hanno espressamente manifestato di non voler avvalersi del finanziamento (articolo 2, comma 1 del medesimo decreto ministeriale). Il decreto è stato registrato dalla Corte dei conti il 20 luglio 2021. In data 12 luglio 2021, è stato pubblicato il messaggio n. 2 del 2021, con cui sono state elencate, a titolo meramente esemplificativo, alcune modalità di utilizzo delle risorse relativamente al finanziamento 2021.
  Le somme sono state accreditate nelle casse comunali tramite pagamento effettuato dalla Banca d'Italia a decorrere da giovedì 29 luglio 2021. L'accreditamento delle somme a favore dei Comuni che dispongono di codice conto tesoreria è stato immediato. Con riferimento ai Comuni che non dispongono di un codice conto tesoreria, ma esclusivamente di IBAN, l'operazione di accredito tramite bonifici è avvenuta il 4 agosto 2021. Il tasso di adesione dei Comuni al finanziamento di quest'anno è stato pari al 95 per cento e conferma il forte interesse di questa misura da parte dei Comuni.
  Con riferimento al monitoraggio e alla valutazione degli interventi realizzati da parte dei Comuni, il sopracitato decreto-legge prevede che il decreto ministeriale stabilisca, oltreché i criteri di riparto delle risorse tra i Comuni, le modalità di monitoraggio dell'attuazione degli interventi finanziati e quelle di recupero delle somme attribuite, nel caso di mancata manifestazione di interesse alle iniziative, ovvero di mancata o inadeguata realizzazione dell'intervento. Al riguardo, il decreto ministeriale prevede che il Dipartimento per la famiglia provveda, con la collaborazione delle regioni e per il tramite delle Anci regionali, a monitorare i trasferimenti delle risorse finanziarie, l'utilizzo delle stesse, la realizzazione delle azioni e il conseguimento dei risultati da parte dei Comuni sulla base della documentazione trasmessa informaticamente da ciascun comune, entro il 31 marzo 2022.
  Il Dipartimento per la famiglia, ha ricordato sempre il Ministro Bonetti, ha provveduto, con la collaborazione dell'Istituto degli Innocenti e del Dipartimento per i servizi strumentali di questa Presidenza, alla realizzazione di una piattaforma digitale per la raccolta delle informazioni e degli atti relativi alla realizzazione degli interventi da parte dei comuni tramite le risorse in oggetto, e per la conseguente valutazione degli interventi medesimi da parte del Dipartimento, in particolare con riferimento alla coerenza con le finalità della normativa vigente. La piattaforma ha lo scopo di rendere più semplice, intuitiva e rapida la raccolta dei dati sugli interventi realizzati dai soggetti beneficiari dei finanziamenti e favorire la valutazione d'impatto.
  Nel documento il Ministro si è poi soffermato sul tema dei nidi e delle scuole dell'infanzia. Il Fondo asili nido e scuole dell'infanzia è stato istituito dall'articolo 1, commi da 59 a 61, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio per il 2020), «per il finanziamento degli interventi relativi a Pag. 329opere pubbliche di messa in sicurezza, ristrutturazione, riqualificazione o costruzione di edifici di proprietà dei comuni destinati a nidi e scuole dell'infanzia».
  Il comma 59, in particolare, prevede che il fondo sia istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno, con una dotazione pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023 e a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2034, per un totale complessivo di 2,5 miliardi di euro. Il comma 60 stabilisce che il fondo è finalizzato ai seguenti interventi: progetti di costruzione, ristrutturazione, messa in sicurezza e riqualificazione di asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia, con priorità per le strutture localizzate nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane, con lo scopo di rimuovere gli squilibri economici e sociali ivi esistenti; progetti volti alla riconversione di spazi delle scuole dell'infanzia attualmente inutilizzati, con la finalità del riequilibrio territoriale.
  Il comma 61 prevede che, per accedere alle risorse del fondo, è necessaria l'elaborazione di progetti da parte dei comuni. Inoltre, è previsto che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia e il Ministro dell'istruzione, previa intesa in sede di Conferenza unificata, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, siano individuate le modalità e le procedure di trasmissione dei progetti da parte dei comuni e siano disciplinati i criteri di riparto e le modalità di utilizzo delle risorse. Lo stesso comma prevede che, entro 90 giorni dalla pubblicazione del sopracitato DPCM, sia adottato un decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia e il Ministero dell'istruzione, con cui vengano individuati gli enti beneficiari, gli interventi ammessi al finanziamento e il relativo importo.
  Il DPCM di attuazione è stato emanato il 30 dicembre 2020. Esso, fra le altre, prevede che, con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'istruzione, siano approvati l'avviso contenente i termini e il modello di presentazione della domanda, nonché le modalità operative di trasmissione della richiesta. Il provvedimento contenente l'avviso è stato pubblicato il 22 marzo 2021. Il 2 agosto 2021 è stato pubblicato il decreto di approvazione delle graduatorie provvisorie relative all'avviso. I progetti ammessi a finanziamento sono 453. Dei 453 progetti ammessi al finanziamento, il 54,4 per cento delle risorse è destinato a regioni del mezzogiorno d'Italia.
  Nell'ambito del Piano di ripresa e resilienza (PNRR) dell'Italia, parte dell'iniziativa europea Next Generation EU – ricorda sempre il Ministro nel documento consegnato – è previsto un finanziamento per la ristrutturazione e costruzione di nidi e scuole dell'infanzia su tutto il territorio nazionale, per il superamento dell'obiettivo europeo del 33 per cento di offerta, inserito nella Missione n. 4, «Istruzione e ricerca». La proposta mira a un'Italia più equa e più inclusiva. Punto di partenza per l'elaborazione della proposta è stata l'analisi del contesto socioeconomico attuale, anche a seguito della pandemia da virus SARS-CoV-2, e il quadro demografico complessivo relativo all'Italia, che presenta ormai da anni un tasso di fecondità fra i più bassi nell'Unione europea (Italia, 1,29 figli per donna – Ue, 1,56) e un continuo calo delle nascite. Peraltro nel documento si sottolinea che i nati registrati in Italia nel 2019, che già rappresentavano un minimo mai raggiunto in oltre centocinquant'anni di unità nazionale, potrebbero scendere – secondo uno scenario Istat aggiornato sulla base delle tendenze più recenti – a circa 408 mila nel bilancio finale del 2020, per poi ridursi ulteriormente a 393 mila nel 2021. In particolare, gli interventi finanziati attraverso il Piano integrano alcune misure strategiche contenute nel Family Act (assegno unico universale per i figli, misure sui congedi parentali e sui tempi di lavoro, sostegno alle famiglie per le spese di istruzione dei figli) e favoriscono un'interazione virtuosa con i livelli istituzionali Pag. 330interessati e il terzo settore. Le misure del Piano sull'imprenditoria femminile e sul potenziamento delle infrastrutture sociali e del comparto scuola 0-6 rafforzano quelle già previste nel Family Act che a sua volta disegna un'ampia strategia di aiuto alle famiglie fatta, oltre dalle misure sopra citate, dal sostegno alle spese per la crescita, per il mantenimento e per l'educazione dei figli e di incentivi per favorire misure di armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro e il rientro delle madri in servizio dopo il periodo di astensione obbligatoria.
  Nell'elaborare la proposta di investimento, si è tenuto conto degli interventi realizzati omessi in campo dall'Unione europea in materia di politiche dell'infanzia e promozione dei servizi per la prima infanzia, nonché gli interventi nazionali. Oltre alle conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona del 2000 e del Consiglio europeo di Barcellona del 2002, con riguardo all'opportunità di raggiungere il 33 per cento di offerta dei servizi per la prima infanzia in tutta l'Unione, una delle prime azioni dell'Unione europea con riferimento al settore delle politiche dell'infanzia e dell'adolescenza è stata la raccomandazione Investire nei bambini: rompere il ciclo dello svantaggio del 2013. Questo primo atto ha permesso di definire una cornice normativa di riferimento per sviluppare politiche e interventi per promuovere l'inclusione sociale e il benessere dei bambini, specialmente quelli che vivono situazioni vulnerabili, da parte della Commissione e degli stati membri. Inoltre, con l'adozione del Pilastro europeo dei diritti sociali (EPSR) nel 2017, l'Unione ha rafforzato l'importanza della promozione dei diritti dei bambini tramite il principio n. 11, il quale stabilisce che tutti i minori abbiano il diritto a poter accedere ai servizi educativi e di cura per la prima infanzia di buona qualità e a prezzi accessibili. Nel frattempo, tutti gli Stati membri hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (UNCRC). Sempre nel 2017, il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione europea di implementare un'azione preparatoria, chiamata Sistema europeo di garanzia per i bambini vulnerabili (Child Guarantee).
  In base agli ultimi dati Istat disponibili, il Ministro ha rilevato che la popolazione con età inferiore ai 3 anni (0-2), è attualmente pari a 1.259.577.1 servizi educativi per l'infanzia in Italia sono 13.834, con oltre 361 mila posti autorizzati, di cui circa la metà è nel settore pubblico. L'offerta media dei servizi per l'infanzia è pari a circa il 26,9 per cento. Rispetto all'anno educativo 2018-2019, la crescita percentuale dell'offerta a livello nazionale è stata pari all'1,5 per cento (25,5 per cento). Al Sud, l'incremento è stato del 4,9 per cento. I posti aumentano principalmente nel settore privato (da 9.806 a 12.031) e nelle sezioni primavera (da 2.161 a 4.606). Nonostante i segnali di miglioramento, l'offerta si conferma ancora sotto il parametro Ue pari al 33 per cento di copertura dei posti rispetto ai bambini. Questo era il target da raggiungere entro il 2010, stabilito nel 2002 in sede di Consiglio europeo di Barcellona, a sostegno della conciliazione tra vita familiare e lavorativa e della maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. La spesa dei comuni per i servizi educativi è cresciuta dello 0,6 per cento rispetto al Piano educativo 2018-2019.
  L'offerta si compone principalmente di nidi d'infanzia (78,8 per cento), ovvero gli asili nido istituiti nel 1971 (legge n. 1044 del 1971). I posti rimanenti sono in parte nelle sezioni primavera (12,6 per cento), che accolgono bambini dai 24 ai 36 mesi e si collocano prevalentemente nelle scuole d'infanzia, in parte nei servizi integrativi per la prima infanzia (8,6 per cento), che comprendono le tipologie degli spazi gioco, dei centri per bambini e genitori e dei servizi educativi in contesto domiciliare.
  Permangono tuttavia ampi divari territoriali: sia il Nord-est che il Centro Italia consolidano la copertura sopra il target europeo (rispettivamente 34,5 per cento e 35,3 per cento); il Nord-ovest è sotto ma non lontano dall'obiettivo (31,4 per cento) mentre il Sud (14,5 per cento) e le Isole (15,7 per cento), pur in miglioramento, risultano ancora distanti dal target.Pag. 331
  In termini di risorse complessive per l'investimento, il Pnrr prevede circa 4,6 miliardi di euro, di cui 1,6 miliardi di euro di risorse nazionali già stanziate e ulteriori € 3 miliardi di nuovi finanziamenti europei. In particolare 2,4 miliardi di euro sono destinati per la fascia 0-2 anni (il 55,29 per cento di queste risorse andrà al Mezzogiorno) e 600 milioni di euro per la fascia 3-5 (40 per cento al Mezzogiorno). Con tali risorse si realizzeranno complessivamente 1.800 interventi di edilizia scolastica e saranno creati 264.480 nuovi posti per accogliere bambine e bambini, migliorando il servizio offerto alle famiglie a supporto, anche, dell'occupazione femminile. L'avviso pubblico relativo all'intervento è stato pubblicato dal Ministero dell'istruzione il 30 novembre 2021.
  Infine, con riferimento a misure di sostegno del reddito dei nuclei familiari rispetto all'utilizzo del servizio così implementato, il documento ministeriale evidenzia che il progetto si inserisce in un quadro di riforma integrato nell'ambito del cosiddetto Family Act e, in particolare, nella istituzione dell'Assegno universale per ogni figlio a carico.
  Sul piano delle risorse nel documento si sottolinea come per l'anno 2021 le risorse del Fondo per le politiche della famiglia ammontino complessivamente ad euro 96.632.250,00 e siano destinate alla realizzazione di attività di competenza statale, regionale e degli enti locali.
  Le nuove azioni da intraprendere in merito ai servizi per l'infanzia e l'adolescenza sono contenute nel 5° Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, sul quale peraltro la Commissione bicamerale ha espresso un articolato parere.
  Nel documento ministeriale si segnala inoltre l'importanza del Servizio 114 Emergenza infanzia, un servizio di pubblica utilità, promosso dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia e dallo stesso co-finanziato gestito, a seguito di procedura di selezione, da Telefono Azzurro. Si tratta di un Servizio multicanale e multilingue, accessibile gratuitamente sia da telefonia fissa che da mobile, su tutto il territorio nazionale, 365 giorni all'anno, 24h su 24h, e rivolto a chiunque (bambini e adolescenti, adulti, operatori di servizi), voglia segnalare situazioni di disagio e/o pericolo riguardanti l'infanzia e l'adolescenza. Il servizio è in grado di fornire consulenza psicologica, psicopedagogica, legale e sociologica, e di intervenire in situazioni di disagio che possono nuocere allo sviluppo psico-fisico dei minori. Lo stesso servizio offre un collegamento in rete con le istituzioni e le strutture territoriali competenti in ambito sociale, giudiziario e di pubblica sicurezza. Durante il periodo dell'emergenza sanitaria, in cui l'adozione delle opportune misure di tutela della salute collettiva e individuale potevano rendere più difficoltoso, per i minori stessi, l'accesso a misure di protezione, al fine di assicurare il diritto di bambini/e e ragazzi/e ad essere protetti da «ogni forma di violenza fisica o mentale, lesione o abuso, abbandono o trattamento negligente, maltrattamento o sfruttamento, compreso l'abuso sessuale» – sancito dall'articolo 19 della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza – si è intervenuti attraverso la promozione di una campagna di comunicazione istituzionale, dal claim «Non aspettare. Riscrivi la tua storia» (che ha avuto inizio il 20 giugno 2020), per diffondere ad ampio raggio ogni utile informazione circa la possibilità di contattare il Servizio «114 – Emergenza infanzia». Infine in considerazione del persistere dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e del conseguente impatto sulle fasce più giovani della società, il Dipartimento per le politiche della famiglia ha stipulato – in data 28 dicembre 2020 – un accordo di collaborazione con il CNR – Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali (IRPPS), in tema di atteggiamenti e comportamenti delle persone di minore età ai fini della promozione del loro benessere individuale e relazionale, teso a sviluppare il progetto denominato «Osservatorio sulle Tendenze Giovanili» (OTG). Il progetto è condotto dal gruppo di ricerca «Mutamenti sociali, valutazione e metodi» (MUSA) del CNR-IRPPS, che si occupa di ricerca scientifica nell'ambito dell'orientamentoPag. 332 psicologico della sociologia, incentrato sui rapporti formali e informali tra individui. Ha avuto inizio a febbraio 2021 e si compone di tre moduli di intervento che prefiggono il raggiungimento dei seguenti obiettivi: il contrasto della violenza e della devianza sociale indotta sulla fascia infantile della popolazione dai condizionamenti sociali e dall'esposizione a serie TV e per il web, videogiochi e applicazioni con contenuti stereotipati e violenti; l'identificazione di fattori di tipo individuale e sociale ostativi alla diffusione del benessere, delle pari opportunità e dell'inclusione giovanile, attraverso l'analisi di atteggiamenti e comportamenti adolescenziali con particolare attenzione ai mutamenti in atto nell'interazione sociale, allo stato del benessere individuale e relazionale, alla violenza e alla devianza sociale, ai comportamenti e ai consumi a rischio, ai condizionamenti socio-culturali e alle opinioni circa la società e le istituzioni; ed infine l'identificazione di innovative policy e costruzione di una «Agenda delle policy» finalizzata al contrasto della devianza sociale e alla promozione di benessere, pari opportunità e inclusione giovanile.

5.3. Il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

  La Commissione ha poi acquisito agli atti il contributo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023, da questi elaborato. Il Piano, che si compone di tre capitoli, si presenta, nel quadro legislativo vigente, come un documento dinamico e modulare, che contiene all'interno di una cornice unitaria, una serie di piani settoriali. Il Piano delinea, per il triennio 2021-2023, «le azioni e gli interventi prioritari nell'ambito della lotta alla povertà, nell'ottica della progressiva definizione di livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale in ambito sociale, e costituisce l'atto di programmazione nazionale delle risorse afferenti alla Quota servizi del Fondo Povertà, individuando, nel limite di tali risorse, lo sviluppo degli interventi e dei servizi necessari per l'attuazione del Reddito di cittadinanza come livello essenziale delle prestazioni sociali».
  In particolare la cornice unitaria del Piano, nel quale si sostanzia peraltro il primo capitolo, mira a definire i contorni di un processo di strutturalizzazione di un sistema dei servizi sociali attualmente ancora frammentato e non in grado, sull'intero territorio nazionale, di offrire la certezza della presa in carico di coloro che si trovano in condizioni di bisogno e di promuovere quella coesione sociale e quella «resilienza» che sono emerse con forza, negli anni più recenti, come elementi imprescindibili. Una cornice unitaria, in grado di sostenere una logica complessiva di sviluppo dei servizi, nei vari ambiti in cui attualmente si articola la programmazione, fondata su un approccio volto a sostenere e valorizzare le risorse delle persone che vengono prese in carico da un sistema sempre più solido e competente, che sia capace di promuovere sul territorio la partecipazione delle reti di cittadinanza coniugando welfare e sviluppo della democrazia. I Piani settoriali, in particolare il Piano sociale nazionale 2021-2023 e il Piano nazionale per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà 2021-2023, ai quali sono dedicati rispettivamente i capitoli 2 e 3, declinano e sviluppano l'orientamento complessivo negli specifici ambiti, definendo obiettivi delle politiche e l'allocazione delle relative risorse finanziarie. Tali Piani individuano le priorità di finanziamento, l'articolazione delle risorse dei fondi tra le diverse linee di intervento, nonché i flussi informativi e gli indicatori finalizzati a specificare le politiche finanziate e a determinare eventuali target quantitativi di riferimento, nell'ottica di una progressione graduale, nei limiti delle risorse disponibili, nel raggiungimento di livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale.
  Con specifico riguardo al Piano sociale nazionale è opportuno rilevare come tra le azioni di sistema da esso contemplate vi sia il rafforzamento dell'istituto dei Punti Unici di Accesso PUA, con particolare riferimentoPag. 333 a tutti gli aspetti e i bisogni dei cittadini di natura socio sanitaria. Di indubbio rilievo è poi la previsione di un rafforzamento dei servizi sociali territoriali attraverso un aumento del numero degli assistenti sociali.
  Il Piano Povertà, invece, ha la specifica funzione di individuare lo sviluppo degli interventi a valere sulle risorse della quota servizi del Fondo povertà nell'ottica di una progressione graduale nel raggiungimento di LEPS. L'articolazione nel Piano riflette le tre funzioni individuate normativamente: attuazione dei livelli essenziali connessi al ReI/Rdc; interventi e servizi in favore di persone in povertà estrema senza dimora; sperimentazione interventi in favore di coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria. Ad essa si aggiunge la separata funzione di rafforzamento del servizio sociale professionale attraverso l'assunzione di assistenti sociali, ai sensi della legge n. 178 del 2020.

5.4. I contributi delle Regioni.

5.4.a. Le Regioni dell'Italia settentrionale.

  La Regione Valle d'Aosta.

  La Commissione ha in primo luogo acquisito un contributo dettagliato relativo alle attività svolte dalla Regione Valle d'Aosta. Nel documento si rileva preliminarmente come nel contesto valdostano la tutela dei minori rientri nell'ambito della competenza dell'amministrazione regionale, che ha quindi compiti di coordinamento e di gestione diretta anche dei servizi sociali. Con riguardo al funzionamento del servizio sociale professionale nella prima fase dell'emergenza epidemiologica la Regione ha dovuto procedere ad una rimodulazione dell'attività da questo svolta, attraverso il ricorso allo strumento dello smart working e alla emanazione di indicazioni relative alle attività da svolgere nel contesto lavorativo. È stato inoltre attivato un numero verde di pronto intervento sociale. Nel contesto valdostano operano diversi servizi per minori: dalle strutture residenziali per minori al servizio di assistenza domiciliare educativa al servizio per gli incontri protetti a favore dei minori e delle loro famiglie (il cosiddetto spazio neutro). Con riferimento alla prima fase dell'emergenza sono state adottate delle misure all'interno delle strutture residenziali che hanno visto la sospensione per ogni minore inserito delle attività esterne previste dal singolo progetto educativo; la sospensione delle visite protette a favore dei minori e delle loro famiglie, attivando in alternativa contatti telefonici e videochiamate; la sospensione dell'ingresso di volontari e di personale esterno alla struttura. Successivamente al fine di consentire la graduale riattivazione delle attività dei servizi per minori e per le loro famiglie, sono state individuate procedure e modalità operative cui attenersi nel rispetto delle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. In particolare nel documento la Regione sottolinea l'importanza dell'avvio, nel luglio 2020, ad integrazione dei servizi esistenti, di un servizio di accoglienza in una struttura residenziale atta a fornire una collocazione sicura fra gli altri ai minori soli, in quanto privi di rete familiare e figli di genitori ospedalizzati per Covid.
  Ancora, il sistema regionale dei servizi socio educativi per la prima infanzia garantisce nella Regione una pluralità di offerte flessibili e differenziate, idonee a rispondere in maniera adeguata alle esigenze dei bambini e delle loro famiglie. Tale sistema comprende nidi per l'infanzia, spazi gioco, servizi educativi in contesto domiciliare (la tata familiare) e centri per bambini e famiglie.

  La Regione Piemonte.

  L'epidemia da Covid-19 ha determinato, anche rispetto al sistema dei servizi sociali, modifiche sostanziali e riorganizzazioni del tutto impensabili fino all'inizio del 2020 e attuate nell'ambito di un complesso quadro normativo nazionale e regionale e in un arco temporale limitato durante il quale si è dovuto agire con immediatezza, nel massimo rispetto della sicurezza della salute Pag. 334dei cittadini e delle cittadine. Il sistema dei servizi sociali è stato chiamato a garantire attività e prestazioni a tutti i membri della collettività, allo scopo di far fonte anche a quelle situazioni in cui l'emergenza sanitaria ha determinato o accentuato condizioni di fragilità a livello personale e/o famigliare. Si è reso così necessario, per enti ed operatori interessati, ridefinire il proprio ruolo alla luce della situazione determinata dalle implicazioni dell'emergenza. La Direzione sanità e Welfare e i competenti Settori, in costante raccordo con l'Unità di crisi regionale e con il D.I.R.ME.I. – Dipartimento appositamente istituito, con il preciso obiettivo di contenere la diffusione del contagio da Covid-19 e di mantenere alti standard di sicurezza- ha progressivamente predisposto e proposto alla Giunta Regionale indicazioni operative sull'assistenza territoriale a cura dei servizi sociosanitari e nelle strutture residenziali e semiresidenziali socio sanitarie e socio assistenziali per minori, anche nell'ottica di garantire un bilanciamento tra le diverse esigenze di tutela della salute degli ospiti delle strutture: quella di prevenzione del contagio, da un lato, e quella di protezione del benessere psicologico e psichico, dall'altro. In tal senso la Regione Piemonte ha autorizzato gli enti gestori dei servizi sociali a emanare apposite direttive organizzative, in linea con le disposizioni nazionali del Governo, ed ha emanato linee guida ed indicazioni di dettaglio destinate agli enti gestori e relative a un insieme di servizi/prestazioni, tra i quali il servizio sociale professionale, il segretariato sociale, gli sportelli per il reddito di cittadinanza, le strutture residenziali, i centri diurni, l'assistenza domiciliare, gli affidamenti, il servizio di educativa territoriale per minori, i luoghi neutri per la garanzia del diritto/dovere di visita e gli incontri fra genitori e figli minori in collocazione etero-familiare. Su alcuni servizi le indicazioni regionali sono state generali, su altri più specifiche con una tendenza a garantire livelli minimi su tutto il territorio, da conciliare con l'assoluta necessità del distanziamento sociale e promuovendo l'utilizzo, in sostituzione della presenza fisica, del contatto da remoto attraverso strumenti multimediali (chiamate telefoniche e video colloqui, ecc.). Alla luce di quanto disposto dalle misure di contenimento adottate per il contrasto alla pandemia, nei primi mesi del 2020 e sulla base dall'esperienza dei Servizi, nonché dalle sollecitazioni delle Autorità Giudiziarie minorili, sono emerse all'attenzione del governo regionale diverse problematiche, collegate all'esigenza di collocazione fuori dalla famiglia di minori in condizioni di emergenza, ed anche in talune situazioni interessati nel loro ambito famigliare da contagio da Covid-19, in attuazione di Provvedimenti dell'Autorità giudiziaria. In considerazione dell'assoluta necessità di disporre di spazi adeguati allo svolgimento del periodo di quarantena per i nuovi ingressi e di presenza di operatori professionali dedicati, si sono infatti evidenziati due ordini di problemi nella realtà operativa: difficoltà ad accogliere minori allontanati in esecuzione di un provvedimento dell'Autorità giudiziaria, nelle strutture esistenti sul territorio regionale o in affidamento familiare di terzi, garantendo il rispetto di tutte le dovute cautele sanitarie per i minori che già si trovano inseriti e per il personale in esse operanti e per gli affidatari stessi; difficoltà ad accogliere minori con genitori interessati da Covid-19 ospedalizzati, che non dispongono di rete parentale e dove non possa venir disposto dai servizi sociali competenti lo spostamento per ragioni di sanità pubblica nelle strutture già esistenti sul territorio regionale o in affidamento familiare di terzi, garantendo le dovute cautele sanitarie per i minori che già si trovano inseriti e per il personale in esse operanti o per gli affidatari stessi. Sono così stati approvati i requisiti strutturali, organizzativi e gestionali delle strutture di accoglienza temporanea per minori soli necessitanti di tutela per la necessaria quarantena da utilizzarsi per la gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, individuazione del fabbisogno di strutture e procedure per l'attivazione; i criteri per l'attivazione di progetti di accoglienza sul territorio regionale da parte dei soggetti gestori delle funzioni socio-assistenziali, in accordo con le ASL territorialmente competentiPag. 335 e gli enti del terzo settore interessati all'attivazione e gestione di tali progetti di accoglienza, per far fronte alle esigenze di accoglienza di minori Covid-positivi asintomatici o paucisintomatici. Nel contrasto della situazione epidemica, al fine di assicurare la massima tutela della salute dei minori, delle loro famiglie, nonché degli operatori delle strutture di accoglienza è stato necessario adottare una serie di misure restrittive per i minori e le loro famiglie in generale.
  Anche nella Regione Piemonte, in linea con quanto evidenziato dalle indagini psicologiche effettuate sulla popolazione italiana, si è rilevato un aumento delle richieste di aiuto psicologico, in particolare rispetto ai minori, nonché un progressivo aumento del disagio minorile e delle problematiche psico-emotive e relazionali correlabili all'emergenza sanitaria e alle modificate condizioni dei contesti familiari, sociali e scolastico. Si è constatato inoltre un aumento delle segnalazioni di tutela minorile e della domanda di sostegno per conflittualità familiare, direttamente connesse alle condizioni emergenziali, sia della domanda per problematiche connesse al target adolescenziale, sia dirette di utenti adolescenti, sia di genitori in forte difficoltà nella gestione delle naturali dinamiche familiari alterate profondamente dalla pandemia in corso.
  Le situazioni maggiormente influenzate dall'emergenza sociosanitaria e sulle quali la Regione ha ritenuto necessario intervenire, risultano raggruppabili in alcuni ambiti: le problematiche connesse all'emergenza sanitaria hanno acuito le difficoltà presenti nei nuclei deboli della popolazione, in particolare le situazioni di disagio socio-ambientale e quelle condivise con l'Autorità Giudiziaria hanno risentito sia delle limitazioni dell'accesso ai servizi, sia dell'aumentata conflittualità genitoriale, sia della impossibilità dei minori di incontrare in presenza i genitori sottoposti a limitazione della responsabilità genitoriale, vista la sospensione degli incontri nelle strutture di accoglienza e negli spazi neutri dedicati; le richieste dovute a problemi emotivi e relazionali tra cui, è possibile evidenziare l'aumento significativo degli stati di ansia negli adolescenti, sentimenti di isolamento, fobie legate alle nuove regole igieniche e di isolamento, disturbi sul versante bio-istintuale; le problematiche connesse ai minori con disturbi dell'apprendimento, per i quali la ripetuta sospensione delle attività didattiche in presenza ha amplificato le difficoltà di apprendimento già presenti ed infine le questioni connesse alle difficoltà genitoriali.
  A fronte di tali criticità l'intervento regionale si è sostanziato in primo luogo nella promozione di un'azione strutturata di supporto psicologico di tipo continuativo in favore dei minori, sia accolti nelle strutture residenziali presenti sul territorio regionale, sia nell'ambito della propria famiglia d'origine, su problematiche Covid-19 correlabili; nel sostegno a progetti ed interventi di tipo socializzante e ludico-ricreativo a sostegno dei minori accolti in strutture residenziali del territorio piemontese; nel sostegno alla ripresa in sicurezza non solo delle opportunità di Centri estivi e di Centri vacanza per bambini e adolescenti, ma anche delle attività dei Centri per le Famiglie operanti sul territorio regionale e di quelle in favore delle famiglie e dei minori.
  Nel documento la Regione infine segnala alcune delle prestazioni rivolte in favore dei minori allo scopo di assicurarne il benessere. Si tratta in particolare della promozione di un percorso informativo di sensibilizzazione sui temi del sostegno alla genitorialità e della cura dei legami in favore delle famiglie residenti nel territorio piemontese, per sostenere l'esercizio del ruolo educativo nella gestione dei figli in riferimento alle diverse fasi evolutive della loro crescita; della realizzazione di un percorso informativo degli operatori dei Centri per le Famiglie sui temi della cittadinanza attiva; nonché nella introduzione di strumenti scientifici per i Centri per le Famiglie per la valutazione del Benessere Emotivo di Bambini e Adolescenti del territorio regionale.

  La Regione Lombardia.

  Il contributo inviato dalla Regione Lombardia si focalizza maggiormente sui profili Pag. 336economici finanziari relativi al funzionamento e alla gestione dei servizi sociali.
  A tal proposito si evidenzia come la spesa sociale riferita all'area Famiglia e Minori sia sostenuta per il 73 per cento dai Comuni, per il 10 per cento dall'utenza, per il 7 per cento dal Fondo sociale regionale, per il 2,8 per cento dal FNPS e da circa il 7 per cento da altri fondi europei, nazionali e regionali. La prima voce di spesa è rappresentata dai servizi socio-educativi rivolti alla prima infanzia, cui seguono gli interventi e i servizi nell'ambito della tutela dei minori. Con riguardo alle risorse del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali 2019 nella loro ripartizione si è tenuto conto degli obiettivi di utilizzo definiti dal Piano sociale nazionale, in particolare garantendo l'integrazione dei Fondi nazionali finalizzati ad aree specifiche di intervento ed evitando la sovrapposizione di risorse su medesimi interventi e servizi. In particolare, per quanto riguarda l'area «Famiglia e Minori» sono state utilizzate nel 2020 le risorse del FNPS 2019 dagli Ambiti territoriali della Lombardia. Oltre il 50 per cento delle risorse è stato destinato alla macro attività finalizzata a misure per il sostegno e l'inclusione sociale, in particolare modo al supporto alle famiglie e alle reti familiari e al sostegno socio-educativo territoriale/domiciliare. Circa il 27 per cento è stato dedicato alle strutture comunitarie e residenziali: Strutture per minori a carattere familiare, Strutture comunitarie a carattere socio-assistenziale e Alloggi protetti (Centri di pronto intervento, Comunità educative e Comunità familiari). Le restanti risorse hanno riguardato il Segretariato sociale e i Centri antiviolenza, i centri con funzione socio-educative-ricreativa, l'assistenza educativa domiciliare e l'implementazione del Programma P.I.P.P.I.. Sono state inoltre assegnati oltre 56 milioni di euro del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali proprio alle esigenze connesse all'emergenza sanitaria Covid-19 nella Regione Lombardia. Sempre nel documento si sottolinea come per via dell'emergenza pandemica, la Regione Lombardia abbia previsto una quota aggiuntiva del proprio Fondo Sociale Regionale per il finanziamento delle strutture per la prima infanzia, quali Asili nido, micronidi, nidi famiglia e Centri per la prima infanzia. Nel 2020, inoltre, sono proseguiti gli interventi di contrasto al bullismo, cyberbullismo e di prevenzione alla violenza contro le donne che hanno visto un coinvolgimento attivo delle scuole e degli enti del territorio. Sia per il contrasto al bullismo che per la prevenzione della violenza sulle donne sono state costituite delle reti di scopo con capofila delle scuole che, in una ottica di Patto educativo di Comunità, hanno creato delle reti attraverso cui attivare interventi di prevenzione e di identificazione precoce dei rischi e delle situazioni più fragili. In particolare, in una logica di welfare di comunità, sono portate avanti iniziative di sensibilizzazione, di formazione e laboratoriali (anche attraverso l'utilizzo dei social) rivolte ai ragazzi, ai genitori e agli insegnanti. Durante la fase emergenziale gli interventi sono proseguiti seppur a distanza e hanno permesso di intercettare fenomeni di disagio da parte dei ragazzi e di approfondire tematiche specifiche con i genitori.

  La Regione Veneto.

  Con particolare riferimento alle azioni messe in campo a sostegno del mondo dell'infanzia e dell'adolescenza, la Regione Veneto ha operato distinguendo due fasi: la prima, che coincide con il primo periodo di lockdown, in cui sono stati messi in campo interventi emergenziali, mentre nella seconda sono stati definiti alcuni orientamenti e la messa a sistema delle azioni. In primo luogo, nel marzo del 2020, in deroga alle allora vigenti sospensione delle attività e limitazione della circolazione, è stata prevista la possibilità, per le persone con grave disabilità intellettiva, disturbi dello spettro autistico e patologie psichiatriche ad elevata necessità di supporto, di uscire dalla propria abitazione con l'assistenza necessaria di un accompagnatore e apposito certificato, inviato dall'Azienda Ulss alla famiglia/tutore, attestante le condizioni di salute e la situazione di necessità.
  In relazione agli interventi economici è stato previsto un intervento economico straordinario, pari a 4.500 mila euro, alle scuole Pag. 337dell'infanzia non statali e ai servizi per la prima infanzia operanti sul territorio regionale, al fine di sostenerli nell'emergenza: la situazione epidemiologica ha comportato la chiusura di tutti i servizi scolastici, compresi quelli rivolti alla fascia 0-6 anni, determinando pertanto l'insostenibilità dell'intero sistema di offerta presente nel territorio e la difficoltà delle famiglie coinvolte, come fruitori e come operatori, nel sistema dei servizi per la prima infanzia. La Regione, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette da parte delle famiglie a causa della sospensione dei servizi in presenza, ha riconosciuto contributi straordinari per circa 3 milioni e mezzo di euro. Con l'obiettivo di assicurare un supporto ai nuovi nuclei colpiti dall'emergenza Covid-19 e privi di ammortizzatori sociali sono state finanziate specifiche misure finalizzate all'inclusione e al reinserimento sociale. Inoltre è stata data prosecuzione a interventi rivolti a persone o famiglie in situazioni di disagio e/o in condizioni di fragilità abitativa o di povertà educativa, ampliando peraltro il target di minori beneficiari alla fascia 3-17 anni. A sostegno delle famiglie in difficoltà nel pagamento dei canoni di locazione dell'abitazione principale a causa del confinamento per l'emergenza Covid-19 la Regione Veneto ha disposto l'erogazione di specifici contributi. Le misure di isolamento adottate ai fini di contenere la diffusione del contagio hanno inciso in particolare su adolescenti e preadolescenti, favorendo il manifestarsi di comportamenti a rischio e lo sviluppo di dipendenze anche comportamentali. Al fine di contrastare il disagio giovanile sono stati potenziati specifici interventi, nonché definiti gli indirizzi e le indicazioni operative per l'implementazione presso le Ulss di équipe territoriali per la presa in carico multidisciplinare di giovani. La Regione ha inoltre proceduto al reclutamento di professionisti sanitari e di assistenti sociali dei servizi territoriali e ospedalieri di neuropsichiatria infantile e dell'adolescenza, nonché al reclutamento straordinario di psicologi allo scopo di assicurare le prestazioni psicologiche, anche domiciliari ai cittadini e di garantire le attività previste dai Lea. Infine la Regione ha messo in atto azioni più sistematiche, anche attraverso il potenziamento della rete di attori coinvolti. In questo contesto si inseriscono le attività motorie e sportive realizzate nell'estate del 2021 grazie alla Convenzione con l'università degli studi di Padova.

  La Regione del Trentino Alto-Adige.

  Con riguardo alla Regione Trentino Alto Adige la Commissione ha acquisito il contributo scritto, da un lato, della Provincia autonoma di Bolzano e, dall'altra, quello della Provincia di Trento.
  Nel primo contributo, si sottolinea come con l'inizio della pandemia, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, la Provincia autonoma di Bolzano, attraverso una legge provinciale e una serie di provvedimenti, abbia messo in atto tutte le misure, incluse quelle di prevenzione e contenimento, in conformità a quanto indicato dal Governo centrale e dal Ministero della Salute. Sono state emesse in particolare deliberazioni specifiche per il settore dei servizi sociali, tra cui anche i servizi per l'infanzia e l'adolescenza, con le quali – in conformità con la normativa statale e provinciale – sono state formalizzate indicazioni sulla gestione e riattivazioni dei servizi sociali residenziali e semiresidenziali presenti sul territorio provinciale, in particolare riguardo agli inserimenti, la gestione delle quarantene, l'utilizzo dei dispositivi di protezioni individuali (DPI), la gestione delle visite. Queste deliberazioni sono state adeguate man mano secondo l'evolversi della pandemia e dei bisogni emersi. La Provincia autonoma di Bolzano ha deliberato inoltre agevolazioni per i servizi sociali pubblici e privati sia in termini di semplificazione amministrativa (proroga di scadenze e agevolazioni per l'assunzione di personale) sia in termini finanziari per coprire le maggiori spese legate alla gestione dell'emergenza Covid-19. Nel luglio 2020 è stato istituito inoltre un comitato di monitoraggio nel settore sociale (Monitoringausschuss Soziales) con l'obiettivoPag. 338 di preparare i servizi sociali ad affrontare la seconda ondata di Covid-19, anche alla luce delle criticità riscontrate nelle precedenti fasi. I lavori del comitato sono terminati con settembre 2020 con l'istituzione e l'avvio di due gruppi task-force, una generale sui servizi sociali (inclusi i servizi sociali territoriali e tutti i servizi sociali residenziali e semiresidenziali) e una specifica per le case di riposo. Le sfide che i servizi sociali pubblici e privati della Provincia autonoma di Bolzano hanno affrontato non appaiono dissimili da quelle degli altri servizi sociali territorio nazionale: dall'aumento delle situazioni di violenza intrafamiliare all'incremento del fenomeno del ritiro sociale (hikikomori) di bambini e adolescenti. A seguito delle rigorose misure restrittive, delle pressioni e dell'assenza di momenti di socialità ed aggregazione dovuti alla pandemia, anche nella Provincia autonoma di Bolzano si è registrato un aumentato disagio psichico tra i minori, sia tra quelli già in carico ai servizi, sia a fronte dell'incremento del numero di richieste di accesso a posti socio-sanitari. La rete Psy-Help Covid-19 si è costituita in seno all'Azienda Sanitaria dell'Alto Adige con la partecipazione di servizi sia pubblici che privati, creando il sito internet «Non sei sola/o» proprio al fine di offrire un sostegno psicologico facilmente accessibile, di attenuare così l'impatto psicosociale della crisi e promuovere comportamenti protettivi, tentando di ridurre il malessere psicologico con interventi mirati e precoci tramite consulenze telefoniche e video-conferenze. Sono rimaste invece sempre aperte le strutture residenziali per minori, in quanto servizi essenziali. Durante il primo lockdown segnato dalla temporanea impossibilità dei minori collocati in queste strutture di incontrare e mantenere contatti diretti con le proprie famiglie il ricorso a strumenti digitali di conversazione ha costituito una risorsa preziosa, che ha permesso nella distanza di stare vicini. Con riguardo ai servizi residenziali e semiresidenziali, il rispetto delle misure di distanziamento e di isolamento in caso di positività sospette o accertate ha comportato una difficoltà nella gestione degli spazi, con la necessità di apportare certi adeguamenti, e del personale, dovendo trovare nella riorganizzazione interna il miglior modo di garantire la continuità dell'offerta a beneficio dell'utenza. Al fine di monitorare l'evolversi dei contagi all'interno delle strutture, è stato mantenuto un canale di comunicazione importante tra gli uffici provinciali competenti e gli enti gestori pubblici e privati, cui è stato richiesto di fornire aggiornamenti immediati e a cadenza mensile in caso di collaboratori e/o utenti positivi ed è stata messa a disposizione strutture di quarantena gestite dalla Protezione Civile per supportare anche i servizi nel collocamento degli utenti in quarantena in caso di emergenza.
  Anche la situazione nella Provincia autonoma di Trento ha evidenziato, relativamente all'ambito dei servizi sociali, socio sanitari e del terzo settore, alcuni aspetti critici ma anche delle risposte virtuose per far fronte ai bisogni dell'utenza accentuati dalla complessità del periodo. Con specifico riguardo ai servizi sociali territoriali la pandemia ha acuito anche nel territorio della provincia di Trento la fragilità di alcune famiglie in cui la mancanza o la riduzione delle reti sociali, ha determinato un aumento delle disuguaglianze e del malessere interno. I bambini e i ragazzi con bisogni speciali, con disabilità, soprattutto, nei periodi in cui le restrizioni sono state maggiori, hanno subito le conseguenze della mancanza di supporto offerto sia nel contesto scolastico che all'interno di servizi specializzati. I servizi sociali hanno poi individuato bisogni presenti nei diversi territori e azioni da progettare, quali maggiori spazi di incontro e ascolto per i ragazzi e le loro famiglie, l'attivazione e il sostegno delle reti informali, un costante confronto e dialogo con gli altri servizi e in particolare con la scuola. In merito alla gestione organizzativa, educativa e sanitaria nei contesti residenziali del territorio, con l'avvento della pandemia da Covid-19, nel territorio provinciale trentino è stato costituito un sistematico tavolo di confronto tra direttori delle comunità residenziali che ha interloquito con la Provincia anticipando e proponendo soluzioni e indicazioni per la gestionePag. 339 e la prevenzione del contagio. I servizi residenziali hanno mantenuto l'apertura al pubblico e proseguito il quotidiano lavoro, anche se con modalità non «tradizionali». In particolare nella prima fase della pandemia, il rapporto con i servizi sociali e con l'utenza, è stato connotato a ben vedere, dall'ampio ricorso agli strumenti digitali. L'emergenza epidemiologica ha portato a ridefinire l'operato e le metodologie di lavoro anche delle comunità di accoglienza genitore-bambino. Nel documento della Provincia autonoma di Trento si ricordano infine le attività progettuali messe in campo dall'Agenzia provinciale per la famiglia nel periodo pandemico 2020- 2021 all'interno del Piano operativo a supporto di bambini, ragazzi e famiglie per il superamento dell'emergenza Covid-19. Tale Piano elaborato nell'aprile del 2020 si proponeva di raccordare l'azione delle varie strutture nei settori dell'informazione, dell'ascolto dei bisogni di bambini-adolescenti e famiglie. Nell'ambito del piano oltre ad essere stati attivati «distretti famiglia», ovvero delle realtà territoriali che incrociano i mondi del profit e del non profit in un impegno di azioni a favore del benessere familiare, sono stati istituiti una linea telefonica e uno sportello di ascolto e supporto educativo e psicologico.

  La Regione Friuli Venezia Giulia.

  Anche nella Regione Friuli Venezia Giulia la pandemia da Covid-19 del 2020 ha costretto i Servizi sociali dei Comuni (SSC) a rivedere le modalità di risposta all'utenza e l'offerta di alcuni servizi. Dopo una prima fase, durante il primo lockdown, che ha visto una momentanea sospensione di alcune servizi sul territorio, in attesa di precise indicazioni nazionali e regionali per fronteggiare l'emergenza in atto, i SSC si sono attivati per avviare modalità a distanza, si sono messi a disposizione della Protezione civile e hanno cercato di mettersi in rete con diverse associazioni di volontariato. In generale sono state rinforzate fin da subito le funzioni di informazione e segretariato sociale in quanto fondamentali nel periodo di emergenza Covid-19. Sono state, inoltre, attivate e/o riorganizzate le collaborazioni con i Comuni, i servizi sanitari e socio-sanitari, l'Autorità giudiziaria e gli Enti del Terzo Settore.
  Gli obiettivi di tale lavoro sono stati oltre alla riorganizzazione dei servizi essenziali anche l'attivazione di nuove risposte più rispondenti alle mutate esigenze della popolazione, ponendo attenzione a garantire contestualmente la tutela della salute degli operatori impegnati nella presa in carico, dotandoli di dispositivi di protezione individuali e formandoli in merito al loro utilizzo e introducendo modalità di lavoro flessibile e agile per garantire comunque una risposta all'utenza e allo stesso preservare gli operatori dai rischi di contagio.
  La Regione rispetto all'emergenza Covid-19 ha diffuso prontamente delle linee guida operative per i diversi servizi sociosanitari e socio-assistenziali, soffermandosi, per quanto riguarda i minori, su linee operative rivolte ai servizi socio-educativi territoriali e alle comunità residenziali di accoglienza. La raccomandazione agli operatori sociali di «non lasciare soli» bambini, famiglie e persone non autosufficienti ha impresso alle prassi dei Servizi sociali dei Comuni (SSC) un'accelerazione inedita in ordine alle modalità di impiego delle tecnologie digitali. Nei primi giorni di interruzione dei servizi scolastici e domiciliari (fine febbraio 2020) gli operatori sociali, facendo uso del telefono, hanno mantenuto le comunicazioni con le famiglie dei beneficiari, offrendo supporto emotivo e consigli pratici sulla gestione di bambini e ragazzi durante le settimane di lockdown, contribuendo ad attivare delle micro reti di sostegno con insegnanti e altri compagni di classe desiderosi di mettersi in gioco e con le associazioni di volontariato presenti sul territorio. Per quanto attiene il servizio socio-educativo i SSC con le cooperative di servizi hanno sviluppato una sinergia che ha consentito interventi strutturati per la realizzazione di un vero e proprio servizio educativo a distanza, ridefinendo contenuti e modalità orarie per minori e famiglie e sviluppando negli operatori competenze di tipo digitale. Questa modalità più flessibile è stata recepita positivamente dalle famigliePag. 340 che non si sono sentite sole determinando un riconoscimento del lavoro sociale e un accrescimento della fiducia nei servizi. In supporto alle famiglie vulnerabili con minori a rischio di allontanamento, nel corso del 2020 è proseguita la sperimentazione del Programma di Intervento per la Prevenzione dell'Istituzionalizzazione (PIPPI) che si caratterizza per una presa in carico integrata del minore e della sua famiglia, per la predisposizione di un progetto di intervento intensivo con modalità di valutazione dei processi validate e un accompagnamento dell'équipe integrata attraverso una formazione specifica ed incontri di monitoraggio. la sperimentazione tre vecchie e nuove adesione ha coinvolto complessivamente 7 ambiti sociali territoriali. Nell'ottica di contenere la permanenza dei neomaggiorenni in comunità e facilitare il loro avvio all'autonomia, la Regione ha aderito al progetto nazionale Care Leavers che prevede l'attivazione in favore di questa platea di soggetti di uno specifico supporto economico (Borsa per l'autonomia), da un lato, e dall'altro un accompagnamento socio-educativo coordinato da un tutor territoriale con funzioni di promozione di percorsi volti alla ricerca di soluzioni abitative, all'inserimento lavorativo oltre che la conclusione di eventuali percorsi formativi. Il terzo settore si è rivelato come partner essenziale nella collaborazione e gestione in generale dei servizi sociali e tutti gli ambiti sociali territoriali hanno sviluppato interessanti reti di sostegno a favore dei cittadini. L'investimento nelle relazioni comunitarie tra attori istituzionali e non, anche grazie alle tecnologie digitali, ha incentivato la «cittadinanza attiva» e la mobilitazione delle reti comunitarie producendo lo sviluppo di risposte innovative in termini di processo e alternative in termini di proposte di attività.

5.4.b. Le Regioni dell'Italia centrale.

  La Regione Marche.

  L'emergenza epidemiologica da Covid-19 ha generato nella Regione Marche una situazione economica preoccupante: tutte le attività sociali, produttive e commerciali hanno subito conseguenze per fronteggiare e bloccare l'epidemia, che hanno determinato ricadute sia sulla vita sociale di ogni singoli cittadino e di ogni famiglia, sia sull'aspetto economico di ogni realtà di mercato e di ogni realtà operante in ambito no-market. Allo stesso modo, la società civile, gli Enti del Terzo Settore, gli organismi sportivi, ed ogni altro organismo attraverso il quale si realizza compiutamente lo sviluppo della persona umana sono stati colpiti dell'emergenza sanitaria, impedendo loro di svolgere le proprie funzioni finalizzate anche alla coesione sociale. Ugualmente le famiglie ed in particolare quelle che accolgono persone fragili hanno subito pesantemente gli effetti dell'isolamento e delle conseguenze economiche determinate dal Covid-19. Per tali motivi, con legge regionale sono state varate una serie di misure straordinarie ed urgenti in grado di dare risposte immediate e veloci al fine di garantire la ripresa di ogni attività, sia essa economica o meno, nonché per ovviare alla carenza di liquidità anche per far fronte agli oneri aggiuntivi conseguenti gli interventi per la sicurezza e la prevenzione. Sono stati stanziati contributi a favore di: persone in condizione di disabilità gravissima; Cooperative sociali di tipo A e B; Organizzazioni di Volontariato e Associazioni di Promozione Sociali; servizi educativi per la prima infanzia (0-3 anni) convenzionali e non convenzionati; scuole dell'infanzia paritarie e primarie parificate; scuole paritarie di I e II grado; organizzazioni sportive; enti ecclesiastici per le attività di oratorio. La Regione, oltre ad aver realizzato una serie di interventi diretti alle famiglie, fra cui l'erogazione di contributi in favore dei nuclei familiari più numerosi, ha posto in essere specifici interventi diretti ai minori. Grazie alle risorse del Fondo Famiglia nazionale, nelle Marche attraverso il coinvolgimento della quasi totalità dei Comuni, sono stati attivati «centri estivi» equamente diffusi sul territorio regionale. Parallelamente, la Regione Marche ha erogato finanziamenti, garantiti da fondi regionali, a favore degli Ambiti Territoriali Sociali, quale sostegno ai costi di gestione e Pag. 341funzionamento dei servizi socio educativi per i minori in fascia di età 3-18 anni. Il rifinanziamento del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, con l'obiettivo di sostenere l'infanzia svantaggiata ha portato alla emanazione di vari bandi il cui soggetto attuatore è stato individuato nella Fondazione con il Sud, attraverso l'impresa sociale «Con i Bambini». Tale impresa sociale ha pubblicato numerosi bandi, tra cui «Comincio da zero», e la Regione Marche ha stipulato apposito protocollo di intesa per la collaborazione a questo progetto, finalizzato ad incrementare l'offerta di servizi educativi e di cura per la prima infanzia, con particolare riferimento alla fascia 0-3 anni.
  Specifici interventi sono stati posti in essere con riguardo ai minori fuori famiglia la Regione Marche ha normato le modalità di rimborso dei costi che i Comuni sostengono per i minori temporaneamente collocati fuori dalla famiglia di origine. Sono stati in particolare individuate le tariffe standard che le varie tipologie di strutture di accoglienza per minori debbono applicare e sulla scorta delle quali vengono rimborsate le spese ai Comuni. Inoltre, sono stati disposti sostanziali interventi a favore dell'affidamento familiare, incentivando i Comuni a garantire alle famiglie affidatarie un contributo mensile, basato su un parametro di riferimento stabilito annualmente dalla Regione e che viene rimborsato per il 90 per cento. La situazione pandemica ha richiesto, anche nella condizione di minori fuori famiglia, l'applicazione di misure di prevenzione del contagio, che hanno richiesto la messa in atto azioni logistiche ed organizzative che hanno generato complessivamente maggiori costi per questa tipologia di utenza. Al fine di sollevare i Comuni dalla gravosità di tali oneri, la Regione ha stanziato con fondi propri e già dal 2020, una quota aggiuntiva, a quella che stabilmente dedica a tali finanziamenti, da trasferire in anticipazione ai Comuni per i costi sostenuti nel medesimo anno in cui è assegnato il fondo regionale.
  La Regione Marche inoltre, in linea con la strategia dell'UE per la gioventù 2019-2027 e con gli obiettivi dell'Anno europeo dei giovani 2022, ha adottato interventi volti a sostenere i giovani nei loro percorsi di emancipazione, coinvolgerli in una prospettiva di ripresa, stimolarli a presentare contributi e idee che possano guidare lo sviluppo del proprio territorio. I pilastri della strategia regionale sono rappresentati dall'inclusione sociale giovanile e da misure volte a favorire la crescita della cultura della cittadinanza attiva tramite nuove forme e strumenti di partecipazione inclusiva dei giovani alla vita sociale e politica dei territori; all'incremento dell'occupazione giovanile, con il recupero dei NEET, al favorire percorsi afferenti alle aspettative di autonomia e realizzazione anche mediante la partecipazione diretta dei giovani ad attività culturali e sportive. Fra gli interventi più significativi messi in atto la Regione nel documento acquisito dalla Commissione, ricorda il progetto «Ci sto Affare fatica! facciamo il bene Comune» volto a educare le giovani generazioni a un processo virtuoso di tutela del proprio territorio e stimolare, nel contempo, una riflessione del prendersi cura del bene comune, ponendo in essere attività per il recupero di siti e aree individuate dagli enti locali; il Bando «Aggregazione» con il quale sono stati finanziati 26 progetti presentati da partenariati composti da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, associazioni giovanili e organizzazioni non lucrative, le cui attività progettuali hanno coinvolto migliaia di giovani in tutto il territorio regionale e infine il bando Ostello, una misura che intende favorire la promozione e la valorizzazione delle strutture per l'accoglienza e l'aggregazione dei giovani, quali ostelli della gioventù, case vacanze o foresterie.

  La Regione Umbria.

  La Regione Umbria, a fronte della situazione epidemiologica, connotata da un progressivo aumento della situazione di fragilità sia relazionale che socio-economica dei nuclei familiari, ha portato avanti in primo luogo interventi di affiancamento alla genitorialità e, più in generale, progetti di prevenzione dell'allontanamento dei minoriPag. 342 dal nucleo familiare. In particolare sono state consolidate una serie di misure a favore dei minori e delle loro famiglie già incluse nella rete dei servizi sociali, migliorandone la qualità grazie anche all'incremento delle ore di erogazione dei servizi assegnati a ciascun utente. Inoltre, sono stati realizzati progetti personalizzati per i soggetti a maggior rischio e/o in condizioni di fragilità più rispondenti ai bisogni di ciascuno, soprattutto nella fase di emergenza sanitaria dove tale necessità è diventata ancora più urgente.
  La Regione ha poi attivato un percorso di mediazione familiare, finalizzato alla riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito ad una separazione o a un divorzio. Un ruolo importante è stato svolto dagli interventi di assistenza domiciliare dei minori, volti a mantenere e sostenere il minore all'interno della propria famiglia quando questa versi in situazioni di temporanea difficoltà e manifesti elementi possibili di rischio o pregiudizio per il minore. L'intervento è stato realizzato per fasce di età; in via prioritaria sono state svolte attività di animazione, socializzazione e interventi di natura educativa adeguati per il mantenimento e miglioramento delle capacità acquisite dal soggetto sul piano cognitivo, comportamentale e dei rapporti relazionali. Si tratta di un intervento sostenuto da una programmazione partecipata dal genitore e dal minore in linea con gli obiettivi stabiliti nel progetto Educativo Personalizzato (PEP) proposto dal Servizio Sociale.
  Con specifico riguardo ai minori con disabilità la Regione ha attuato interventi di tipo psico-socio-educativo-assistenziale in favore dei nuclei familiari, in cui sono presenti minori, caratterizzati da difficoltà relazionali e/o comportamentali, disagio personale, familiare, conseguenza di un contesto familiare disfunzionale alla crescita che rischia di creare situazioni di pregiudizio per il minore. È stato altresì realizzato un sistema di «family helper», volto a favorire – attraverso la corresponsione di un ristoro delle spese sostenute – la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro di membri attivi di un nucleo familiare, con membri che necessitano di cura, permettendo loro di accedere al mercato del lavoro o di svolgere formazione finalizzata all'accesso al lavoro.
  La programmazione e l'erogazione degli interventi e dei servizi sociali e socio sanitari è stata affiancata in Umbria da percorsi formativi dedicati agli operatori degli Uffici della cittadinanza al fine di sostenere l'innovazione degli stessi e, al contempo, garantire la riqualificazione dei percorsi di valutazione e presa in carico dei minori e delle loro famiglie. La formazione degli operatori, infatti, garantisce una maggiore appropriatezza nella fase di analisi, valutazione ed erogazione delle prestazioni.
  Al fine di ridurre l'istituzionalizzazione dei minori è stato attivato il Progetto Care Leavers che consiste nella sperimentazione di interventi in favore di coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria. L'obiettivo generale del progetto è quello di accompagnare i neomaggiorenni all'autonomia attraverso la creazione di supporti necessari per consentire loro di costruirsi gradualmente un futuro e di diventare adulti dal momento in cui escono dal sistema di tutele.
  La Regione ha poi attivato un intervento di family tech che prevede l'erogazione di un contributo a copertura dei costi che le famiglie sostengono per il noleggio o l'acquisto di strumenti tecnologici utili allo svolgimento di attività sociali, socio-educative, ludico-ricreative a distanza, e comunque funzionali all'erogazione dei relativi servizi socio assistenziali, socio educativi e socio ricreativi, purché non finanziati con altre misure adottate per fronteggiare l'emergenza. La fase di emergenza sanitaria da Covid-19, ha reso necessario integrare anche i servizi a favore delle persone con disabilità prevedendo ulteriori risorse per la realizzazione e la ripresa di tutte quelle attività socio-educative e socio-ricreative finalizzate a favorire e potenziare l'inclusione sociale, anche scolastica, delle persone con disabilità (minori e adulti), a partire dall'inizio del 2020 e nella fase post emergenza, in modo tale da alleviare il Pag. 343carico di cura delle famiglie e contrastare eventuali rischi di isolamento e di esclusione sociale delle persone con disabilità. Il maggior impegno è stato profuso sui Servizi di Assistenza Domiciliare ed integrazione scolastica per persone affette da disabilità residenti nei Comuni della Zona Sociale. Al fine di assicurare la piena attuazione nel territorio regionale dei diritti e degli interessi sia individuali che collettivi dei minori, soprattutto nella fase di emergenza sanitaria, la Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza, ha effettuato diversi incontri con i vari Soggetti istituzionali e non, che a vario titolo si occupano della tutela dei minori, ed espletato una serie di iniziative e progetti di sensibilizzazione ai diversi problemi che riguardano il mondo dell'infanzia e dell'adolescenza.
  Da ultimo, la Regione Umbria riconosce e valorizza la funzione sociale, educativa e formativa svolta dalle parrocchie e dagli istituti religiosi cattolici attraverso gli oratori. Gli oratori svolgono un prezioso servizio di prossimità alle giovani generazioni, di sostegno alle famiglie e alle scuole, di inclusione sociale e di integrazione. Sono spazi educativi, di aggregazione socializzazione, formazione e crescita particolarmente importanti perché contribuiscono a dare risposte concrete ai bisogni di tanti giovani e tante famiglie. In Umbria sono una realtà in forte crescita: secondo gli ultimi dati resi disponibili dal Coordinamento regionale Oratori, sono oltre 130 le strutture diffuse su tutto il territorio regionale, con circa 25 mila minori coinvolti, adolescenti e giovani, e circa 4 mila Volontari che offrono la loro collaborazione e partecipano alle attività.

  La Regione Abruzzo.

  Nel documento che la Regione Abruzzo ha fatto pervenire alla Commissione è stata fornita una rappresentazione sinottica e sintetica delle misure adottate nell'ambito delle politiche sociali e dell'inclusione e delle misure integrative e complementari straordinarie a favore delle persone e delle famiglie nonché di sostegno alle organizzazioni di promozione sociale e del terzo settore poste in essere durante il periodo della pandemia da Covid-19 fino alla data del 31 dicembre 2021.
  La fase più significativa della fase pandemica è stata rappresentata dalle misure e azioni complementari ed integrative agli interventi ordinari poste in essere a livello regionale per il contrasto degli effetti della pandemia e che hanno recepito gli indirizzi del decreto-legge n. 18/2000, ed in modo particolare degli articoli 47 e 48 per le azioni riferite agli interventi e servizi sociali e sociosanitari. Un insieme di provvedimenti che ha progressivamente assunto sempre di più una caratteristica di multisettorialità, di diversificazione e complementarietà delle azioni dirette, di governance e di sistema, nella quale è risultata essenziale la capacità di condivisione con gli attori territoriali e di programmazione unitaria e integrata (di co-programmazione e co-progettazione) tra il livello della pianificazione ordinaria generale pluriennale e straordinaria regionale e l'intero sistema locale dei servizi alla persona gestiti dagli ambiti distrettuali sociali e dagli altri enti territoriali della sanità, dell'istruzione e delle politiche attive del lavoro e della giustizia. Dalla base normativa primaria sono derivati ulteriori interventi e misure per l'inclusione, il sostegno sociale e sociosanitario, messe a sistema con l'aggiornamento del sistema dei Livelli Essenziali delle prestazioni e dei servizi sociali (LEPS) e azioni di rafforzamento nel nuovo PSN 2021-2023 e del Piano Povertà 2021-2023, nel quale sono state individuate specifiche azioni di potenziamento per l'infanzia e i minori ed altri ambiti sociali. Oltre la programmazione sociale integrata sono state attivate a livello regionale una serie di misure complementari e specifiche per contrastare gli effetti della pandemia da Covid-19: dalla regolamentazione dei servizi alla persona, alle associazioni e al terzo settore, alla adozione di interventi di sostegno materiale primario ed economico per il contrasto dell'indigenza e della povertà e per il sostegno categorie fragili nella fase della pandemia da Covid-19. Con specifico riguardo ai minori e ai nuclei familiari specifiche risorse sono state destinate al finanziamento di servizi in loro favore: dal sostegnoPag. 344 economico per la frequenza dei servizi per l'infanzia ad interventi per l'accompagnamento e l'inserimento sociale di minori in situazione di disagio verso la maggiore età.

5.4.c. Le Regioni dell'Italia meridionale e insulare.

  La Regione Puglia.

  La pandemia da Covid-19 ha avuto sul territorio della Regione Puglia notevoli ripercussioni sul tessuto sociale ed economico, soprattutto nei confronti delle fasce più deboli della popolazione. Tale situazione emergenziale, anche alla luce delle criticità per gli accessi ai servizi sanitari, sociosanitari e sociali, ha richiesto l'implementazione delle misure e degli interventi da parte della Regione Puglia e dei Comuni/Ambiti Territoriali in favore delle fasce più deboli della popolazione. Sono stati così adottati in primo luogo interventi di sostegno economico, in particolare la Regione Puglia oltre ad aver riconosciuto un contributo economico straordinario in favore di persone in condizione di gravissima non autosufficienza, assistiti presso il proprio domicilio, per i quali è intervenuto un care giver familiare o altre figure professionali da cui gli stessi gravissimi non autosufficienti dipendono in modo vitale; ha deliberato l'assegnazione di specifiche risorse in favore dei Comuni pugliesi disponendone un utilizzo finalizzato ad affrontare la situazione emergenziale mediante l'attivazione di interventi di protezione sociale in favore dei nuclei familiari bisognosi e, quindi, al fine di contenere gli effetti economico-sociali derivanti dall'epidemia da Covid-19.
  L'emergenza sanitaria dovuta al coronavirus ha determinato, specie per i bambini/adolescenti in condizione di fragilità e vittime di precedenti esperienze traumatiche e per i loro genitori, un forte impatto sulla sfera emotiva e relazionale. Il confronto con le restrizioni determinate dall'emergenza sanitaria ha causato, in molti casi, un innalzamento dei livelli di stress personale sia per gli improvvisi cambiamenti della routine, sia per le tensioni che potrebbero essersi originate in casa, con conseguenti richieste di maggiori attenzioni, da parte dei figli, attraverso la manifestazione di problematiche comportamentali. In particolare, i bambini e gli adolescenti in Comunità o in altre strutture residenziali, già segnati dal confronto con le esperienze traumatiche, hanno manifestato maggiore difficoltà nell'adattamento all'esperienza contingente e si si sono potuti osservare comportamenti disfunzionali. Anche la sospensione dei percorsi di affido, dei rientri a casa, degli spazi neutri, delle sedute di psicoterapia o il rinvio di udienze al Tribunale, ha rappresentato per molti dei ragazzi un'ulteriore esperienza destabilizzante. Per queste ragioni la Regione Puglia ha individuato l'Équipe GIADA (Gruppo Interdisciplinare Assistenza Donne e bambini Abusati) dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Bari – Giovanni XXIII di Bari, per consulti ed azioni di supporto a distanza in favore di operatori delle strutture di accoglienza dei minori e dei minori con madri della rete antiviolenza regionale. Per fronteggiare le necessità derivanti dagli esiti della pandemia, in linea con le raccomandazioni del Comitato Permanente Inter-Agenzie, promosse dal Ministero della Salute e dall'Istituto Superiore di Sanità, GIADA ha messo in atto una serie di interventi, trasversali e specialistici, al fine di favorire sinergie operative tra i servizi per la programmazione e il monitoraggio delle attività in relazione ai bisogni conosciuti e a quelli nuovi emersi a seguito dell'emergenza. Le Linee Guida del Comitato Permanente Inter-Agenzia (IASC, 2020) si sono sostanziate in modelli di intervento multilivello. Nell'ottica dell'approccio psico-sociale sono state inoltre condivise raccomandazioni operative con pediatri di libera scelta, operatori del settore e genitori, educatori di comunità ed insegnanti per favorire l'adattamento ai cambiamenti nello stile di vita a seguito delle restrizioni e della conseguente didattica a distanza, per fronteggiare le disregolazioni emotive e comportamentali nei minorenni più vulnerabili, nonché l'eventuale evoluzione traumatica dei lutti durante la pandemia.Pag. 345 Le raccomandazioni sono state racchiuse in documenti operativi, denominati «Piccoli Passi», differenziate per i diversi target degli stakeholders e diffuse attraverso le reti formali ed informali.
  Ancora, durante il periodo della prima ondata della pandemia, a partire dal lockdown e per tutto il 2020 sono state svolte attività di prevenzione, diagnosi e cura della violenza all'infanzia; interventi di audit clinici con gli operatori delle reti antiviolenza territoriali referenti per la presa in carico multidisciplinare dei minori vittime di violenze interpersonali; attività di monitoraggio delle condizioni di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e delle scuole aderenti al programma Teenexplorer contro il bullismo, cyberbullismo e adescamento online ed infine interventi di realizzazione e diffusione di schede psicoeducative per famiglie e pediatri, educatori di comunità ed insegnanti. Nel corso della seconda e terza ondata della pandemia, coerentemente alle raccomandazioni IASC, sono stati organizzati numerosi spazi di formazione con pediatri di famiglia, educatori, insegnanti, operatori della rete pugliese contro le violenze per favorire l'individuazione precoce di minorenni che evidenziavano sintomi traumatici ed è stata garantita l'assistenza anche in condizioni di urgenza/emergenza.
  L'isolamento dettato dal lockdown della prima fase dell'emergenza e la convivenza forzata con i maltrattanti, ha avuto come effetto nel mese di marzo 2020 la significativa contrazione delle richieste di aiuto ai centri antiviolenza, tuttavia la convivenza forzosa ha nei periodi successivi condotto all'inasprirsi di numerose situazioni. La Regione Puglia ha quindi fornito indirizzi operativi alle reti territoriali, in primis ai centri antiviolenza e alle case rifugio, per garantire l'accoglienza di donne e minori in condizioni di sicurezza, nel rispetto delle indicazioni nazionali. I centri hanno implementato campagne di comunicazione per dare conto che i servizi antiviolenza, anche durante l'emergenza Covid-19, fossero attivi ed operanti, per promuovere l'uso del numero Unico nazionale 1522 e/o della app ad esso collegata, per promuovere altresì i numeri unici di emergenza e l'utilizzo della app YouPol delle Forze dell'Ordine. L'emergenza sanitaria ha determinato infine la necessità di mettere in campo nuove strategie che hanno portato a ridefinire le modalità di lavoro, a ripensare la relazione professionale, ad affrontare le gravi conseguenze della pandemia sulle fasce sociali più vulnerabili. Adattamento e creatività hanno caratterizzato – come si sottolinea nel documento predisposto dalla Regione Puglia e acquisito dalla Commissione – l'approccio dei professionisti guidati dall'esigenza di conciliare la tutela della salute con il mantenimento di servizi e prestazioni.

  La Regione Calabria.

  Con riguardo alla gestione dei servizi sociali in particolare nella fase dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, la Regione Calabria si è in primo luogo impegnata nel garantire il diritto allo studio agli studenti con specifiche situazioni di disagio socioeconomico e sprovvisti degli strumenti necessari per partecipare alle attività di didattica a distanza destinando circa 5 milioni di euro a sostegno delle scuole primarie e secondarie di I e di II grado statali della Regione. Tali risorse hanno consentito l'erogazione di un contributo per l'acquisto/noleggio da parte degli istituti scolastici di: attrezzature informatiche e strumenti informatici (PC, tablet e relativi accessori, compresi software e gli ausili e/o sussidi didattici) e/o di traffico dati internet, indispensabili per lo svolgimento della didattica a distanza; ulteriore strumentazione necessaria (ad esempio, software di sintesi vocale, ausili alla didattica, device adattati ecc.) per gli alunni e studenti disabili, per i soggetti affetti da disturbi dell'apprendimento e/o in possesso di diagnosi ai sensi della legge n. 170 del 2010 e per alunni con BES, al fine di garantire a ciascuno pari opportunità di accesso all'attività didattica a distanza.
  Ulteriori finanziamenti sono stati previsti per la sperimentazione di percorsi educativi e formativi multidisciplinari di sostegno agli studenti, prioritariamente a quelli con Bisogni Educativi Speciali (BES) finalizzatiPag. 346 a prevenire il rischio di abbandono prematuro della scuola e nel contempo a favorire l'integrazione e l'inclusione scolastica.
  Infine l'Amministrazione regionale ha disposto l'approvazione del Piano Sociale Regionale 2020-2022 finalizzato alla programmazione e organizzazione degli interventi e dei servizi sociali che, mediante un'analisi della popolazione e un approfondimento sul sistema di welfare regionale, si propone di una serie di indirizzi e priorità per riorganizzare il nuovo assetto delle politiche e dei servizi sociali a partire dai bisogni della persona. L'approvazione del Piano è peraltro funzionale alla programmazione dei fondi da destinare al rafforzamento e all'erogazione di interventi a favore delle persone fragili, nel contesto di emergenza sociale causata dal Covid-19.

  La Regione Sardegna.

  L'emergenza epidemiologica ha richiesto anche per la Regione Sardegna un notevole sforzo organizzativo sotto vari profili del sistema economico e sociale. Con riguardo al mondo dell'infanzia e dell'adolescenza nel documento predisposto dalla Regione Sardegna si dà conto delle iniziative adottate in primo luogo in favore dei minori fuori famiglia. Oltre ad essere stati previsti interventi di carattere economico – la Regione, a ben vedere, già a regime eroga dei contributi per l'inserimento in struttura, disposti dall'autorità giudiziaria e pertanto, obbligatori e inderogabili per l'affidamento di minori anziani e minori stranieri non accompagnati, sono state adottate a livello regionale diverse Deliberazioni volte a garantire un'immediata risposta in termini di accoglienza e inserimento nelle strutture del territorio regionale dei minori nel contesto emergenziale segnato da una serie di misure di contenimento adottate a livello nazionale.
  Ancora, in seguito all'emergenza Covid-19, una parte delle risorse destinata al potenziamento della prima parte della filiera (Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2007-2013 – Premialità Obiettivo di servizio II – Servizi per l'infanzia) sono state riprogrammate e indirizzate al mantenimento dei servizi in essere. In particolare nella Regione sono stati attivati tre interventi destinati principalmente a supportare l'attivazione di servizi per la prima infanzia tramite la riprogettazione degli spazi, delle necessarie attività di programmazione e rivisitazione dei percorsi, del necessario adeguamento dei servizi, in seguito all'emergenza Covid-19; e a garantire il mantenimento delle strutture per l'infanzia nei Comuni in cui i servizi sono stati danneggiati dall'emergenza Covid-19.
  Ulteriori interventi si sono sostanziati nella erogazione di risorse a favore dell'ATS per garantire l'acquisto di dispositivi di protezione individuale (DPI) da destinare a tutte le strutture residenziali, regolarmente autorizzate, destinate all'accoglienza di minori e anziani; nonché nella destinazione di fondi alle strutture/servizi diurni e semiresidenziali destinati all'accoglienza di persone con disabilità (minori inclusi).

Conclusioni.

  Come emerso in maniera chiara ed inequivocabile durante le numerose audizioni svolte nel corso dell'indagine conoscitiva, il sistema dei servizi sociali ha mostrato punti di debolezza solo in parte imputabili all'improvvisa emergenza che si è venuta a creare a causa della pandemia da Covid-19. Emergenza che ha prodotto conseguenze in tutti i settori della vita sociale, culturale ed economica del paese, che ancora per molto tempo dovrà subirne le conseguenze, e che ha amplificato i disagi di tutti i soggetti bisognosi di sostegno, in particolare di quelli più esposti sin da prima della pandemia; coloro che già presentavano una manifesta condizione di vulnerabilità e problematicità.
  La restrizione della socialità, l'adozione della didattica a distanza, l'interruzione dei colloqui tra minori in strutture e familiari, sono solo alcuni degli aspetti che hanno determinato nuove forme di disagio e esacerbato le condizioni di chi si trovava già in situazioni a rischio.
  Contemporaneamente, proprio la situazione pandemica ha evidenziato quanto Pag. 347importante sia la possibilità di godimento di questi servizi, rendendo ineludibile l'opera di analisi delle cause della debolezza emersa ma anche dei possibili interventi da adottare al fine di rendere più efficace ed efficiente il funzionamento.
  Appare prioritario chiarire in premessa che il campo potenziale di azione e di intervento del servizio sociale è davvero ampio, multisettoriale e di difficile definizione soprattutto in merito alle possibili azioni di intervento.
  Molteplici sono i settori in cui si esplica l'attività così come sono svariati i soggetti in capo ai quali può essere imputabile il loro buono o cattivo funzionamento. Conseguentemente, l'approccio dovrà essere multidisciplinare: non sarà individuabile, presumibilmente, una soluzione univoca che possa efficacemente adattarsi ai diversi ambiti in cui si svolgono le attività dei servizi sociali ma possono, e devono, essere individuati alcuni punti comuni sui quali agire affinché ne sia migliorata la funzionalità.
  A tal proposito, assume rilevanza l'adozione del Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 18, della legge n. 328 del 2000 – legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali – predispone triennalmente.
  Nel documento relativo al triennio 2021-2023, il Ministero stesso evidenza come la scarsità di risorse disponibili per il finanziamento delle politiche sociali sia uno dei fattori che hanno di fatto impedito il buon funzionamento del sistema e l'attuazione della legge n. 328 del 2000. Tale circostanza, così come una non chiara definizione delle competenze istituzionali, hanno anche, di fatto, limitato e ostacolato, la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) che l'articolo 117 della Costituzione riserva al Governo centrale e ostacolato la realizzazione dei necessari investimenti sul sociale. Questa indagine conoscitiva, avviata quando ancora era funzionante il precedente Piano, giunge a conclusioni simili a quanto indicato dal Ministero in termini di criticità per il funzionamento del sistema: tra tutte si segnalano principalmente l'aspetto delle risorse (finanziarie, strutturali nonché di personale) e l'assenza di dialogo tra le istituzioni preposte al funzionamento dei servizi. Da qui, così come evidenziato nel Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023, questa Commissione indica come prioritario l'adozione di misure volte alla strutturalizzazione del sistema dei servizi, ad oggi troppo frammentato.
  A tal fine, appare fondamentale segnalare l'intervento approntato con legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021) con il quale si è finalmente fornito la prima definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS), e individuato gli ambiti territoriali sociali (ATS) come sede di programmazione, coordinamento, gestione e realizzazione delle azioni necessarie al raggiungimento dei LEPS nonché alla definizione dell'offerta integrata dei LEPS sul territorio.
  La prima criticità individuata nel corso dell'indagine conoscitiva è relativa all'insufficienza dei servizi, sia in termini di personale che di strutture presenti sul territorio rispetto alle reali necessità emerse nonché in termini di maggiore e migliore interazione tra pubblico e privato: si pensi, per esempio, ai soggetti del Terzo Settore con i quali i servizi pubblici dovrebbero maggiormente comunicare e collaborare.
  Inoltre, non è secondario il fatto che la presenza dei servizi sociali sul territorio nazionale è caratterizzato da una distribuzione a macchia di leopardo. Esiste una disomogeneità tale che arriva persino alla assenza totale in alcuni territori.
  Tutto ciò si è reso ancor più evidente nel corso della pandemia, periodo durante il quale l'azione dei servizi si è svolta, dove è stato possibile, soprattutto attraverso l'uso dello strumento digitale. Come per altri servizi pubblici, quali ad esempio la scuola, anche per i servizi sociali si è resa palese l'impreparazione ad affrontare una condizione di crisi che avrebbe imposto un blocco dell'attività condotta con metodi usuali.
  Quindi tra gli interventi necessari da adottare, volti a migliorare la rete e il funzionamento dei servizi sociali, si impongonoPag. 348 prioritariamente quelli atti a potenziare la ramificazione dei servizi sul territorio e a preparare gli operatori della rete del servizio sociale ad affrontare situazioni di emergenza in maniera strutturale, dotandoli di adeguate conoscenze e mezzi affinché possano erogare i servizi essenziali anche nel corso di situazioni di crisi. L'esperienza trascorsa deve infatti rappresentare un'occasione fondamentale per imparare, crescere e rispondere positivamente alle necessità non altrimenti fronteggiabili.
  Tanto più se si considera che è emerso uno scollamento tra la funzione istituzionale svolta dal sistema dei servizi e la percezione che ne ha la società civile.
  Lo stesso Ministero del lavoro ha sottolineato la necessità di iniziative culturali, divulgative e esplicative che possano contribuire a rafforzare i livelli di credibilità e autorevolezza del sistema dei servizi sociali al fine di migliorarne l'operato e rafforzare il livello di fiducia tra cittadini e Istituzioni.
  La insufficienza in termini quantitativi della rete dei servizi sociali, come esplicitato da numerosi esperti nel corso delle audizioni, determina infatti l'insorgere di condizioni tali da comportare un loro coinvolgimento tardivo, ovvero solo quando ormai una situazione si presenta talmente grave e deteriorata per cui l'intervento si realizza soprattutto in termini sanzionatori o punitivi.
  È auspicabile che si potenzi la funzione dei servizi a livello di prevenzione evitando che chi ha bisogno di aiuto si rivolga ai servizi sociali solo quando il problema è ormai conclamato. Ciò è ancor più urgente oggi, poiché appare evidente che la pandemia ha inasprito e estremizzato (ha spostato ancora più ai margini) le situazioni di disagio preesistenti.
  Dalle audizioni emerge forte la richiesta di intervenire strutturalmente sul sistema, al fine di ripensare il principio ispiratore dell'organizzazione della rete dei servizi sociali proponendo di uscire dall'ottica del mero assistenzialismo.
  Ricorrere oggi ai servizi sociali significa esplicitare l'esistenza di situazione di grave disagio. Questo spinge le famiglie le cui problematiche non assumono tale intensità, ma le cui difficoltà si collocano in uno spazio che può essere definito intermedio, a non rivolgersi con prontezza ai canali dei servizi sociali. Quindi, di notevole rilievo, al fine di cercare di invertire questa tendenza, risulterebbero utili campagne di informazione e sostegno della funzione dei servizi sociali affinché sia evidenziato il loro ruolo in termini di prevenzione.
  La rete dei servizi deve essere messa in condizioni di agire con maggiore tempestività e di realizzare al meglio la sua funzione con interventi di prevenzione, sostegno e di accompagnamento. Deve esserci maggiore attenzione per lo sviluppo di azioni di prevenzione primaria finalizzati all'individuazione di eventuali fattori di rischio e alla predisposizione di interventi mirati alla mitigazione di tali fattori e dei sentimenti di disagio che ne derivano. Contemporaneamente è necessario potenziare le azioni di prevenzione secondaria rafforzando la capacità dei servizi e degli operatori di intercettare la vulnerabilità.
  Per fare questo è necessario ricostruire – come accennato precedentemente – un sentimento di maggior fiducia tra interlocutori, favorire la più stretta collaborazione tra soggetti diversi che interagiscono con i minori e tra questi e le famiglie e i diretti interessati.
  A tal fine non ci si può esimere dal prevedere interventi volti a garantire la continuità del personale nella gestione delle singole situazioni, perché è necessario costruire e preservare nel tempo un rapporto di fiducia e di progressiva apertura che si deve venire a creare tra operatore e soggetto assistito.
  Il Piano nazionale per la lotta alla povertà 2018-2021 ha indicato nel rapporto un assistente sociale impiegato nei servizi sociali territoriali ogni 5000 cittadini residenti un punto di partenza importante. Con la legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) si è definito tale rapporto numerico minimo con conseguente stanziamento di adeguate risorse per il perseguimento dell'obiettivo e si è introdotto l'ulteriore obiettivo di servizio di un rapporto tra assistenti sociali impiegati nei servizi sociali territoriali e popolazione residente pari Pag. 349a 1 a 4 mila. Da considerare anche che negli ultimi anni il servizio sociale professionale è andato in crisi da un lato per la riduzione del personale in seguito ad intensi flussi di pensionamento non bilanciati da ingressi a seguito del blocco del turnover, dall'altro dall'assommarsi di nuovi carichi di lavoro ai vecchi. Come evidenziato dal Ministero del lavoro in merito alla collaborazione tra pubblico e privato e al ricorso all'esternalizzazione per colmare le lacune del sistema pubblico, quest'ultimo ha dismesso il ruolo di guida a favore dei soggetti esterni, perdendo la capacità di elaborare una visione unitaria e sistemica, finendo per inseguire istanze e visioni provenienti dall'esterno, a volte assolutamente degne e disinteressate, ma spesso specifiche e settoriali. Ma è la presenza del pubblico a consentire lo sviluppo delle migliori esperienze di servizio e di protagonismo da parte delle stesse organizzazioni della società civile e di valorizzare il fondamentale ruolo del Terzo settore al benessere collettivo.
  A ciò si aggiunge che, per quanto evidenti le ragioni che spingono a definire un rapporto di riferimento per l'individuazione delle esigenze di personale, appare evidente che non si possono non considerare le rilevanti differenze tra i territori in relazione alle necessità quantitative e qualitative di intervento dei servizi nonché la forte sperequazione territoriale della spesa sociale. A tal proposito il Ministero del lavoro evidenzia come sia necessario non solo un rafforzamento generale, ma soprattutto garantire un livello uniforme di servizi sul territorio.
  Si auspica un maggiore investimento di risorse finalizzato a sostenere più efficacemente le famiglie tanto più se si considerano le difficoltà crescenti che si dovranno affrontare nel periodo post-pandemico in termini anche di gestione del disagio psicologico dei bambini e dei ragazzi. Come già evidenziato nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulle dipendenze, anche in questo contesto si rende necessario richiamare e ribadire il ruolo fondamentale dei servizi prevedendo l'istituzione del servizio psicologico presso le scuole, assicurando la presenza dello psicologo scolastico nelle istituzioni scolastiche il quale dovrebbe essere il punto di congiunzione tra studenti, istituzione scuola, famiglie, in raccordo con i servizi sociali territoriali.
  Nel corso dell'attività conoscitiva svolta è stato più volte evidenziato un altro aspetto critico del sistema che l'emergenza pandemica ha fatto risaltare che è quello della carenza di adeguata formazione dei servizi sociali professionali sia in senso generale che, in particolare, in relazione alla situazione di crisi che si è venuta a creare.
  Il servizio sociale professionale non esaurisce l'insieme delle professionalità necessarie all'espletamento dei servizi sociali per il quale altre professionalità sono necessarie, soprattutto in un approccio che vuole fondarsi su un approccio multidisciplinare – che è fondamentale – come già precedentemente indicato. Ma anche l'impiego di tali altre professionalità (educatori, psicologi), ha seguito una dinamica simile a quella degli assistenti sociali: riduzione degli organici in seno alle amministrazioni e tendenziale ricorso, dove tali professionalità sono presenti, a figure esternalizzate. Lo stesso Ministero del lavoro, «ventila il rafforzamento dell'utilizzo di tali professionalità» al fine di perseguire un potenziamento della loro presenza e l'eventuale estensione a tali figure di possibilità assunzionali.
  A quanto precedentemente sostenuto in materia di lacune del sistema, si aggiunge che spesso, nelle procedure, lo stesso soggetto ricopre più ruoli e interviene nei diversi stadi del percorso di valutazione così da poter assumere decisioni in completa autonomia e a volte anche al di fuori di una definita cornice metodologica. L'adozione di questa modalità può facilmente portare ad errori valutativi e, di conseguenza, ad errate scelte di strategia di intervento. Assistiamo ad una scarsa capacità comunicativa tra il servizio sociale e le altre strutture che agiscono intorno alle famiglie in difficoltà. Si rende quindi, urgente e necessario prevedere percorsi formativi congiunti e multidisciplinari, che coinvolgano operatori che intervengono nei diversi ambiti di tutela dei minori: giudiziario,Pag. 350 educativo, scolastico, sanitario, sociale. Questo richiederà una interlocuzione tra Ministero dell'università e l'Ordine degli psicologi, per la definizione di nuovi moduli formativi sia universitari che post-laurea che possano agire in tal senso.
  Nel periodo di emergenza Covid-19 i servizi che avrebbero dovuto essere svolti in presenza, sono stati garantiti ricorrendo a modalità a distanza. In alcuni casi sono mancati anche questi ultimi. In alcuni contesti ci si è trovati senza la disponibilità degli strumenti adeguati affinché tale attività, anche se solo a distanza, potesse essere svolta. E anche in questo caso, così come è successo per altri servizi essenziali, molto si è fatto grazie alla buona volontà dei singoli. Pur partendo dalla consapevolezza che la pandemia non era in alcun modo ipotizzabile, ciò nonostante non è ammissibile che per tali tipologie di servizi non sia predisposto un piano dedicato al fine di affrontare situazioni straordinarie e di emergenza.
  Per quanto riguarda l'ambito della giustizia civile minorile, ci sembra estremamente importante cogliere la sollecitazione della Garante per l'infanzia e l'adolescenza in merito alla necessità che sia destinato a questo settore un adeguato numero di operatori, anche al fine di prevedere una soluzione di continuità tra le diverse fasi delle procedure, sia per quanto attiene all'osservazione del minore che per quanto riguarda il momento decisionale, fasi che devono far capo a soggetti diversi.
  Lo stato di emergenza ha peggiorato fortemente la condizione dei minori e delle famiglie interessare da provvedimenti giudiziari o amministrativi che prevedevano la collocazione dei minori al di fuori del contesto familiare. Sono venuti a mancare gli spazi dedicati agli incontri tra genitori e figli che, in alcuni casi, non sono stati sostituiti neanche da comunicazioni a distanza con conseguenze estremamente rilevanti sulla difficile relazione genitoriale. A ciò si aggiunge la mancata chiarezza, a volte, dei protocolli di sicurezza da seguire.
  Per quanto riguarda i minori che vivono l'esperienza della detenzione e per i quali la pandemia ha rappresentato un inasprimento delle difficoltà e del disagio in cui vertono, soprattutto in relazione alla interruzione della garanzia della prosecuzione del legame affettivo a causa della interruzione dei colloqui. La sostituzione dei colloqui in presenza, soprattutto delle visite prolungate, con la modalità a distanza affinché fosse garantito quanto meno il contatto visivo con i propri famigliari, ha certamente sopperito a questa mancanza ma solo parzialmente. Inoltre, l'emergenza sanitaria ha evidenziato con maggior nitore la presenza di una serie di situazioni all'interno degli istituti penali per i minorenni sui quali è opportuno intervenire al fine di promuovere un adeguato percorso educativo e di crescita per i minori detenuti. Oggi, in generale, in materia di esecuzione della pena verso i minori, la prassi invalsa dà priorità al ricorso ai percorsi di giustizia riparativa quali le misure di comunità e la messa alla prova. Per questi ragazzi è necessario mettere in atto azioni sinergiche al fine di prevedere il loro reinserimento nel tessuto sociale del Paese recuperandoli dall'emarginazione e dall'esclusione sociale in cui sono incorsi. Gli interventi di recupero devono realizzarsi nel contesto di appartenenza degli stessi ma soprattutto con la partecipazione attiva di detti contesti. All'interno di questo sistema assume fondamentale rilevanza il rapporto strutturato e continuativo con i servizi sociali degli enti locali al fine di dare continuità alle opportunità di istruzione o di formazione professionale che, per paradosso, si rendono disponibili per il minore una volta entrato nel circuito penale e che non devono cessare nel momento in cui cessa l'esecuzione penale. Per questo è fondamentale attivare tutti gli strumenti necessari per la prosecuzione delle misure adottate sulla base del progetto di intervento educativo, che viene definito per ogni singolo individuo quando entra nel circuito penale, e l'accompagnamento del minore anche nella fase post-pena. In alcuni casi, infatti, l'ingresso nel circuito penale assume il carattere di possibilità di accesso allo studio e al lavoro.
  In tal senso sarà necessario potenziare l'azione coordinata tra gli uffici locali per Pag. 351l'esecuzione penale esterna, i servizi sociali territoriali e il personale civile che opera negli istituti penitenziari per i minorenni.
  Un efficace sistema di prevenzione e di intervento necessita della chiara conoscenza dei dati che possono comunicare ed evidenziare le situazioni di criticità o, anche solo potenzialmente tali. Contesti e circostanze di allerta non si presentano statici bensì in continuo movimento e una delle criticità che ritorna spesso nelle audizioni, e sulla quale questa Commissione è spesso tornata, è la mancanza di banche dati, di raccolte di informazioni che renderebbero più agevole non solo monitorare il sistema degli interventi, e gli interventi stessi, ma renderebbe anche più facile l'interconnessione e la comunicazione tra i soggetti che agiscono per la tutela dei minori, migliorando il risultato ottenibile. Per questo la predisposizione e l'aggiornamento di banche dati appare un punto fondamentale per calibrare e puntualizzare gli interventi della politica e degli addetti ai lavori.
  Se, infatti, l'emergenza pandemica ha evidenziato alcuni aspetti non del tutto positivi del ricorso alla digitalizzazione, questa rimane uno strumento di trasmissione e condivisione delle informazioni, così come di elaborazione comune di percorsi di intervento, estremamente utile. Da questo punto di vista auspichiamo che le risorse investite con il PNRR per la digitalizzazione di numerosi settori della vita pubblica costituisca premessa ma anche realizzazione di un sistema di banche dati strettamente connesse agli interventi propri dei servizi sociali.
  Pensiamo a una banca dati dei minori fuori famiglia, dei minori con disabilità, dei minori non accompagnati, ma anche delle strutture di accoglienza esistenti e dei servizi offerti.
  Preme anche sottolineare come la digitalizzazione dei servizi non deve sostituire le attività in presenza. La pandemia ha dimostrato che l'assistenza a distanza, che il sostegno a distanza può essere considerato solo in ottica emergenziale. Il corpo parla una lingua che si esprime attraverso gesti e posture che una telecamera spesso non riesce a cogliere. Oltre a ciò, è necessario tener conto che non in tutte le case ci sono strumenti digitali adatti a interventi di questo tipo. Si pensi, inoltre, alle dipendenze da smartphone, da internet, dalla tecnologia che certamente non possono essere affrontate utilizzando proprio quegli strumenti che sono alla base del disagio e della dipendenza.
  In tal senso si auspica un potenziamento dei consultori familiari quali presidi territoriali di prossimità che possono interloquire e collaborare con scuole, strutture di accoglienza, soggetti del Terzo settore. Il potenziamento della rete dei consultori territoriali dovrebbe riguardare in particolar modo i servizi di assistenza e sostegno psicologico a minori, adolescenti, famiglie affinché, inoltre, lavorino a stretto contatto proprio con le scuole.
  Non si può non dedicare attenzione al ruolo della scuola anche nell'individuare il disagio. I dati ISTAT relativi al 2020 dicono che vivono in condizioni di povertà assoluta più di due milioni di famiglie (per un totale di 5.6 milioni di persone di cui 1,337 milioni sono minori) con una crescita, rispetto al 2019, in termini percentuali dell'1,3 per cento per quanto riguarda le famiglie ma del 1,7 per cento per quanto riguarda le persone. Si tratta del livello più alto dal 2005 ad oggi. Il segmento demografico dei minori in condizione di povertà assoluta è pari al 13.5 per cento rispetto invece al 9,4 per cento di tutti gli individui. I dati dell'Istat indicano, inoltre, che peggiora la situazione di povertà assoluta delle famiglie con figli minori.
  Nel corso della pandemia sono andate in allarme alcune procure minorili che, in alcuni casi, sono arrivate a chiedere ai dirigenti scolastici di segnalare i casi di interruzione di frequenza scolastica e ne hanno ricavato un quadro estremamente preoccupante. In alcuni territori del Sud, per esempio, secondo le associazioni che lavorano sul territorio, il fenomeno è molto più diffuso e, soprattutto, riguarda nuovamente i bambini delle primarie.
  Altro dato rilevante che emerge dai dati Istat è che la diffusione della povertà diminuisce con il crescere del titolo di studio. Pag. 352Questo ci obbliga a tenere conto della necessità di prevedere interventi a valere sui servizi sociali per contrastare la povertà educativa, di spingere quindi per un potenziamento dei servizi volti a prevedere interventi e percorsi con le famiglie e con i minori a rischio di abbandono e dispersione scolastica. Interventi che coinvolgono istituzioni locali, scuole strutture di accoglienza.
  La povertà educativa agisce in maniera circolare: la disuguaglianza culturale si realizza nella impossibilità di accedere ad attività extrascolastiche e ad ambienti culturalmente più ricchi e stimolanti. Una situazione di svantaggio che ostacola, quando non impedisce, la partecipazione a progetti, ad attività sociali, culturali ricreative di fatto cancella possibilità di mobilità sociale. Determinando, in tal modo, il perpetuarsi e l'autoalimentarsi delle situazioni di svantaggio. Inoltre, la dispersione scolastica offre un bacino di raccolta per la criminalità organizzata che attrae i minori fuori dal circuito scolastico con l'idea di facili guadagni. C'è infatti una diretta correlazione tra dispersione scolastica e condotte devianti, deprivazione socioculturale e marginalità economica.