CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 16 dicembre 2021
715.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante istituzione dell'assegno unico e universale per i figli a carico. Atto n. 333.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XII Commissione,

   esaminato lo schema di decreto legislativo recante istituzione dell'assegno unico e universale per i figli a carico (Atto n. 333);

   premesso che:

    lo schema di decreto legislativo sottoposto al parere parlamentare appare complessivamente rispettoso e coerente con i princìpi e i criteri direttivi, generali e specifici, contenuti nella legge 1° aprile 2021, n. 46, recante delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale;

    le scelte adottate, infatti, confermano e precisano gli obiettivi generali perseguiti dal Parlamento con il riordino: sostenere la natalità e la genitorialità, alimentare indirettamente i servizi di welfare, mantenere un equilibrio previdenziale sul lungo periodo, contrastare la povertà minorile, riequilibrare il peso della spesa pubblica a favore delle famiglie, dei minori e dei giovani. Quanto alle sue caratteristiche, l'assegno si rivela una misura semplice, abrogandone ben otto; continua, perché erogata a prescindere dalla condizione lavorativa; equa, perché i figli sono trattati allo stesso modo e con una maggiorazione a partire dal terzo; universale, in quanto riconosciuta anche ad autonomi, liberi professionisti e incapienti; robusta, perché quasi quattro famiglie su cinque ottengono vantaggi rispetto alla situazione attuale, mentre i pochi svantaggiati saranno comunque tutelati;

    evidenziate alcune criticità e avanzati diversi suggerimenti, di seguito formulati come osservazioni, affinché siano tenuti in considerazione in vista dell'adozione definitiva del decreto legislativo,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:

   All'articolo 1:

    pur essendo precisato successivamente all'articolo 6, si ritiene utile indicare fin dall'articolo 1 che il beneficio si ottiene a fronte della presentazione di una domanda e non per il solo fatto di avere figli a carico.

   All'articolo 3:

    la volontà di osservare le indicazioni contenute nella procedura d'infrazione relativa alla mancata applicazione della direttiva europea 2011/98 ha determinato – come precisato nella relazione illustrativa – una nuova definizione della durata minima del permesso di soggiorno di cittadini non UE per motivi di lavoro o di ricerca, fissata in un periodo «superiore ai sei mesi».
    Non risulta invece motivata nella relazione illustrativa la modifica, rispetto alla legge delega, della durata minima – da almeno biennale ad almeno semestrale – del contratto di lavoro a tempo determinato. Pare verosimile ritenere che il Governo abbia valutato una diretta correlazione tra la durata del permesso di lavoro e quella del relativo contratto di lavoro a tempo determinato.
    La condizione di essere o essere stato residente in Italia, fissata in almeno due anni dalla legge delega e confermata nell'atto del Governo, è stata voluta dal legislatore al fine di evitare possibili comportamentiPag. 50 opportunistici. Si è fatto notare, sul tema in questione, come il dover vantare un certo periodo di residenza potrebbe determinare una discriminazione indiretta verso i cittadini dell'Unione europea, in quanto spesso i non residenti sono proprio i cittadini di altri Stati membri. L'articolo 4 del regolamento UE 883/04 peraltro impone agli Stati membri di concedere ai cittadini degli altri Stati UE le prestazioni sociali previste dalle proprie leggi alle medesime condizioni dei propri cittadini, mentre il successivo articolo 7 impone l'abolizione delle clausole di residenza. Volendosi confermare la volontà del legislatore espressa nella delega, si suggerisce pertanto che l'assegno unico sia riconosciuto anche ai soggiornanti UE presenti in Italia senza la residenza dopo due anni di domicilio. Poiché anche per i cittadini italiani vale il criterio di essere o di essere stati residenti per almeno due anni, non pare così esservi discriminazione.
    La questione relativa alla residenza è stata posta in riferimento alla speciale condizione dei rifugiati, ai quali viene concessa la protezione internazionale. Il regolamento 883/04 impone infatti agli Stati UE di assicurare ai rifugiati gli stessi diritti dei loro cittadini. Tuttavia, poiché si prevede che per i cittadini italiani valga il criterio di essere o di essere stati residenti per almeno due anni, non sembra rinvenirsi una discriminazione.
    Sempre in riferimento ai requisiti soggettivi del richiedente, si segnala la condizione di alcuni cittadini italiani residenti all'estero. I cosiddetti «non residenti Schumacker» possono attualmente fruire delle detrazioni per carichi di famiglia, e quindi anche per i figli a carico, in quanto producono più del 75 per cento del loro reddito complessivo in Italia e a patto che non usufruiscano di analoghi benefici dal Paese di residenza. Inoltre, alcuni soggetti residenti all'estero, anche non cittadini italiani, tra i quali anche i lavoratori a contratto operativi presso la rete del MAECI, ottengono oggi prestazioni, come gli assegni al nucleo familiare, in applicazione sia della normativa italiana in materia che di accordi bilaterali e multilaterali (regolamenti comunitari) di sicurezza sociale stipulati dall'Italia, cioè di strumenti giuridici sovranazionali che si impongono sulle legislazioni nazionali. Si ritiene pertanto opportuno prevedere le necessarie disposizioni affinché si salvaguardi anche con l'assegno unico e universale il valore di tali benefici a favore dei soggetti di cui sopra, i quali diversamente non potrebbero fruirne, in assenza del requisito di residenza e domicilio in Italia.

   All'articolo 4:

    in riferimento alle previsioni riconosciute ai figli con disabilità, si evidenzia come oggi gli assegni al nucleo familiare non cessino per i maggiorenni, qualora essi siano totalmente e permanentemente inabili al lavoro. Si richiede pertanto di rivedere gli importi determinati al compimento della maggiore età, e poi dopo i 21 anni, che dovranno risultare più elevati. Infatti, mentre per i figli normodotati l'abbattimento dell'importo alla maggiore età è giustificato con il fatto che l'assegno unico sostituisce le sole detrazioni, nel caso di figli inabili al lavoro la nuova misura sostituirebbe insieme sia le detrazioni che gli assegni familiari. Non si può quindi affidarsi alla mera «clausola di salvaguardia», peraltro finora prevista a termine, per i figli con disabilità: con gli importi attualmente previsti nell'atto del Governo sottoposto a parere essi risultano, infatti, maggiormente tutelati prima della maggiore età, ma non dopo.
    Pare, inoltre, opportuno non considerare negli indicatori di situazione reddituale e patrimoniale dell'ISEE le somme ricevute a titolo risarcitorio, poiché esse sono appunto riconosciute a causa della menomazione e non dovrebbero essere computate nel reddito o nel patrimonio del richiedente. Appare poi discutibile che il patrimonio destinato dalle famiglie con figli disabili al cosiddetto «dopo di noi» debba anch'esso essere considerato nell'ISEE e con lo stesso coefficiente previsto per gli altri beni patrimoniali; si propone pertanto una diversa considerazione di questi beni, purché vincolati allo scopo di proteggere i figli quando non potranno più contare sui loro genitori.Pag. 51
    Si ritiene, infine, utile che venga precisato nel decreto legislativo come il nuovo bonus disabili – previsto nella legge di bilancio 2021 e definito con recente decreto, la cui prestazione viene riconosciuta per il triennio 2021-2023 con un importo di 150 euro fino a un massimo di 500 euro mensili – sia pienamente cumulabile con l'assegno unico e universale.
    La prevista e opportuna maggiorazione nel caso in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro è certamente coerente con le indicazioni della delega. Tuttavia nell'attuale formulazione non si prevede – e quindi si suggerisce di considerarla – l'erogazione dell'importo direttamente al secondo percettore di reddito effettivo o potenziale, cosa che verosimilmente aiuterebbe a rendere meglio percepibile l'incentivo alla ricerca o al mantenimento del lavoro.
    La questione delle detrazioni per figli a carico, abrogate dai 18 fino a 21 anni ma mantenute nell'età successiva, non può essere considerata nel decreto legislativo ma resta come questione aperta, che merita una coerente evoluzione.

   All'articolo 5:

    la maggiorazione in oggetto è stata prevista per compensare le possibili situazioni in cui la somma degli importi delle misure attualmente vigenti superi l'importo dell'assegno unico e universale.
    Poiché la volontà del legislatore, espressa anche con l'approvazione di ordini del giorno, è che nessuno debba perderci, non si comprende il motivo per cui la copertura integrale sia prevista solo per il primo anno, se non per ragioni di contenimento della spesa. Pare invece ragionevole, come anche da più parti sollecitato, che almeno per un triennio la copertura sia integrale, poi gradualmente decrescente.
    Si suggerisce inoltre di modificare la definizione della maggiorazione (ad esempio, potrebbe essere definita come «maggiorazione di salvaguardia» o come «maggiorazione compensativa») e si invita a valutare l'opportunità di innalzare l'importo massimo del valore ISEE previsto per ottenerla.

   All'articolo 6:

    pare opportuno chiarire se la domanda, dopo essere stata avanzata e accettata una prima volta, debba essere presentata anche negli anni successivi. Si è portati a ritenere che basti avanzarla una sola volta, così che il beneficiario sia tenuto a comunicare, negli anni seguenti, i soli dati ISEE aggiornati e altre eventuali modifiche. Non si esclude che sia questo l'intendimento del Governo, nel qual caso si suggerisce di esplicitarlo meglio.
    Si raccomanda di prevedere un modello di presentazione della domanda che fin da subito consenta a entrambi i genitori di ottenere la metà dell'importo previsto per ogni figlio, così come definito nella delega. Sembra ragionevole che possa essere indicato un solo conto su cui versare l'assegno, purché sia evidente la volontà congiunta e autodichiarata. Dovrà comunque essere facilitata la possibilità, anche successiva, da parte del secondo genitore che non presenta la domanda, di poter richiedere la sua parte.
    Si fa presente che l'attuale formulazione sembra escludere i CAF dalla possibilità di raccolta delle domande, salvo si ritenga che la dizione «istituti di patronato» già li ricomprenda. Si invita, in ogni modo, a meglio precisare i soggetti titolari.
    Diversamente da quanto indicato nella legge delega, non è stato al momento previsto l'utilizzo del credito d'imposta. Tale scelta, che certo non semplifica il modello, dovrebbe tuttavia essere riconosciuta, pur solo a chi presenta la dichiarazione dei redditi. È verosimile pensare che pochi potrebbero usufruirne, poiché l'incasso del credito d'imposta avverrebbe mesi dopo, con il rischio di perdere valore reale dell'importo cui si ha titolo. Tuttavia questo è il modo previsto per affermare il ragionevole principio – sostenuto da più parti – di lasciare direttamente alle famiglie, se lo desiderano, una parte del costo del mantenimento dei figli.
    In considerazione della novità della misura, la Commissione è portata a ritenere che almeno nel 2022 possa essere posticipata la data entro la quale sia possibilePag. 52 presentare domanda e ottenere retroattivamente le mensilità spettanti.
    Al fine di assicurare la più ampia adesione alla misura, che può essere ottenuta solo a fronte di presentazione della domanda, si raccomanda un'ampia e capillare azione informativa, anche attraverso canali di comunicazione più tradizionali, in grado di essere compresi da tutti.
    Poiché va assicurata una capillare azione di sostegno dei richiedenti in pochi mesi e soprattutto nei primi due del prossimo anno, si chiede di valutare eventuali altre forme di supporto, specie nelle aree interne e lontane dai punti di assistenza. Al riguardo, si suggerisce di considerare il possibile ruolo che potrebbero anche svolgere i Comuni, nonché enti del terzo settore accreditati allo scopo sul piano nazionale.
    Con l'obiettivo di rendere immediatamente percepibile il valore dell'assegno unico e universale, anche a chi non ne beneficia in quel momento, si richiede che venga definita un'applicazione facilmente scaricabile, che consenta al potenziale beneficiario di calcolare, solo indicando il suo ISEE e altre poche informazioni, l'importo mensile di cui avrebbe diritto per ogni figlio, con le eventuali maggiorazioni.
    Il comma 4 non fornisce indicazioni precise in riferimento alla condizione dei minori in affidamento familiare ai sensi della legge n. 184 del 1983 e successive modifiche, che quindi si invita a definire. Si ricorda in proposito che l'articolo 80 della succitata legge prevede che il giudice, anche in relazione alla durata dell'affidamento, possa disporre che gli assegni familiari siano temporaneamente erogati a favore dell'affidatario.
    Una specifica precisazione sembra necessaria in riferimento all'affidamento congiunto o condiviso del minore a seguito di separazione, annullamento o scioglimento del matrimonio. In questo caso, la legge delega prevede che l'assegno, in mancanza di accordo, sia ripartito tra i due genitori. Tale principio va però integrato da un'esplicita indicazione secondo cui – nel caso di sentenza del giudice con affidamento condiviso ma collocazione prevalente o esclusiva presso uno dei due genitori, con assegni familiari finora riconosciuti al collocatario esclusivo, nonché con obblighi di mantenimento già definiti ed erogati – questi stessi obblighi restino e a questi si aggiunga l'obbligo, per il non collocatario, di versare al collocatario la sua quota di assegno unico. In alternativa e per semplificare, il decreto potrebbe definire che, in questo caso particolare, l'intero importo dell'assegno unico sia assegnato direttamente al genitore collocatario esclusivo.

   All'articolo 7:

    la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha espresso un parere, che è condiviso dalla Commissione, affinché sia chiaramente inserito nel presente articolo che «i benefici in denaro a favore dei figli a carico erogati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e Bolzano e dagli enti locali non sono computati ai fini dell'accesso, della quantificazione e del mantenimento dell'assegno unico e universale». Non pare infatti sufficiente indicarne la sola compatibilità.
    Le modalità previste con cui realizzare la compatibilità tra reddito di cittadinanza e assegno unico appaiono coerenti con gli indirizzi della delega. Si suggerisce comunque di valutare se sia opportuno vincolare l'intero importo destinato ai figli entro la carta acquisti del reddito di cittadinanza, con ciò determinando un'obiettiva differenza rispetto alle famiglie che ottengono direttamente l'assegno unico.
    Il dibattito parlamentare e il confronto con molti operatori sociali porta inoltre a suggerire al Governo di prevedere nuove soluzioni al fine di promuovere la genitorialità, tutelare le bambine e i bambini, nonché prevenire e contrastare la devianza e la marginalità minorile. Si suggerisce pertanto che – già nella versione finale del decreto legislativo ovvero in un successivo prossimo provvedimento – sia considerata la possibilità per i servizi sociali, sanitari, scolastici ed educativi di proporre alle famiglie di realizzare progetti, anche personalizzati e al domicilio, utilizzando una quota dei trasferimenti loro erogati dalle misure nazionali di contrasto Pag. 53alla povertà o per il sostegno dei figli a carico.

   All'articolo 9:

    la Commissione condivide la richiesta delle organizzazioni sindacali di poter far parte dell'Osservatorio nazionale.
    Manca al momento, e andrebbe inserita nel decreto legislativo – a meno che il Governo intenda regolarla con un successivo decreto – la previsione delle modalità di istituzione della Commissione prevista all'articolo 2, comma 1, lettera g), della legge delega, che ha l'obiettivo di concedere specifiche deroghe ai criteri previsti, a fronte di comprovate esigenze connesse a casi particolari e per periodi definiti.

   All'articolo 10:

    potendo contare su risorse diverse da quelle previste dalle disposizioni finanziarie di cui all'articolo 13, la Commissione intende raccogliere le sollecitazioni ad abrogare il residuo onere a carico dei datori di lavoro destinato alla copertura dei costi degli assegni familiari (il cosiddetto CUAF Cassa Unica Assegni Familiari). Tale onere è già stato, nel corso del tempo, in gran parte fiscalizzato ma la sua totale abrogazione appare necessaria, al fine di annullare la contribuzione per ogni tipologia di lavoro. In tal modo si potrà totalmente equiparare il lavoro subordinato a quello autonomo e portare interamente la misura a carico della fiscalità generale.

   All'articolo 13:

    il finanziamento della misura registra un incremento di circa il 50 per cento rispetto alla spesa storica 2020. Si tratta di una crescita importante, di sei miliardi circa, che consentirà di ampliare molto la platea dei beneficiari e di far guadagnare, rispetto alla situazione attuale, il 77 per cento dei nuclei familiari. Resta tuttavia necessario garantire a tutti la copertura delle eventuali perdite. Si chiede pertanto di considerare un innalzamento della soglia ISEE sopra la quale non scatta più la salvaguardia, nonché di garantire una copertura integrale almeno fino al medio periodo.
    Si prende atto – viste le risorse limitate seppur molto crescenti – della inevitabile scelta di applicare una certa selettività oltre una certa soglia, peraltro in coerenza con la selettività prevista dagli attuali assegni familiari e dalle detrazioni.
    Non poche osservazioni raccolte si sono poi concentrate sul peso, considerato eccessivo, della componente patrimoniale entro il calcolo dell'ISEE.
    Una maggiore potenziale disponibilità economica potrà essere accertata già nel corso del prossimo anno. Le stime di spesa oggi contenute nella relazione tecnica sembrano infatti basate, comprensibilmente, su prudenziali valutazioni del numero di domande che saranno presentate.
    In conclusione, si ritiene che i possibili risparmi rispetto alla spesa stimata e le auspicabili maggiori risorse che il Parlamento vorrà destinare alla misura dovrebbero essere principalmente destinati a garantire le salvaguardie, a ridurre il coefficiente che valorizza la componente patrimoniale ISEE e a limitare la selettività oggi prevista.

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ALLEGATO 2

Disciplina delle attività funerarie e cimiteriali, della cremazione e della conservazione o dispersione delle ceneri. Testo unificato C. 928 Brambilla, C. 1143 Foscolo e C. 1618 Pini.

PROPOSTE EMENDATIVE APPROVATE

ART. 2.

  Al comma 1, lettera g), sostituire le parole da: e alla pubblica sicurezza fino a: di sicurezza con le seguenti: con preminenti aspetti di natura igienico-sanitaria, svolte congiuntamente nel rispetto delle ineludibili esigenze di sanità e di sicurezza igienico-sanitaria.

  Conseguentemente, all'articolo 7:

   a) al comma 1, sopprimere le parole: e della pubblica sicurezza;

   b) al comma 6, aggiungere, in fine, le seguenti parole: fermo restando quanto previsto dall'articolo 163, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
2.50. Le Relatrici.

  Al comma 1, lettera i), dopo le parole: per «centro servizi», aggiungere le seguenti: e «società consortile».

  Conseguentemente:

   a) all'articolo 9, comma 3, primo periodo, aggiungere, in fine, le seguenti parole: o la società consortile di cui all'articolo 2615-ter del codice civile;

   b) all'articolo 9, comma 6, primo periodo, dopo le parole: tra il centro servizi aggiungere le seguenti: o la società consortile di cui all'articolo 2615-ter del codice civile;

   c) all'articolo 9, sostituire il comma 7, alinea, con il seguente: 7. Le aziende, denominate centro servizi o le società consortili di cui all'articolo 2615-ter del codice civile, di cui al comma 6 del presente articolo, che mettono a disposizione di altre imprese funebri le proprie dotazioni di mezzi e personale devono essere comunque in possesso, oltre ai requisiti previsti al comma 1, di:.
*2.15. Panizzut, Boldi, De Martini, Lazzarini, Paolin, Sutto, Tiramani.
*2.4. (Nuova formulazione) Carnevali, Lepri, De Filippo, Rizzo Nervo, Siani, Campana, Schirò.

ART. 8.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, le seguenti parole: , fatti salvi i massimali tariffari dei servizi di cremazione, stabiliti annualmente con apposito decreto ministeriale, sulla base dell'articolo 5, comma 2, della legge n. 130 del 2001.
*8.1. Carnevali, Siani, Lepri, Rizzo Nervo, De Filippo, Schirò, Campana.
*8.6. Panizzut, Boldi, De Martini, Lazzarini, Paolin, Sutto, Tiramani.
*8.5. Pella, Novelli, Bagnasco, Brambilla, Bond, Mugnai, Versace.
*8.8. Iorio, Sarli, Sportiello, Nappi, D'Arrando.

ART. 9.

  Al comma 1, alinea, sostituire le parole: per essere autorizzata allo svolgimento della propria attività con le seguenti: per poter svolgere la propria attività.
9.9. Acunzo, Siani.

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  Al comma 1, alinea, dopo le parole: di cui all'articolo 6 deve aggiungere le seguenti: operare nel rispetto della normativa UNI EN15017 ed.
9.1. Carnevali, Lepri, De Filippo, Rizzo Nervo, Siani, Campana, Schirò.

  Sostituire il comma 8 con il seguente: 8. Per ogni contratto sottoscritto tra centri servizi ed imprese funebri successivo al quinto, nonché per ogni rapporto di aggregazione con società consortili di cui all'articolo 2615-ter del codice civile successivo al quinto consorziato, in aggiunta alla dotazione minima prevista al comma 7, i centri servizi e le società consortili dovranno assumere con regolare contratto di lavoro stabile e continuativo ulteriori addetti in misura pari a un'unità lavorativa annua con mansione di necroforo e dotarsi di una ulteriore auto funebre ogni quattro contratti o nuovi consorziati, nel rispetto di un criterio di proporzionalità del volume di lavoro richiesto.
9.3. (Nuova formulazione) Carnevali, Lepri, De Filippo, Rizzo Nervo, Siani, Campana, Schirò.