CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 1 dicembre 2021
706.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-07175 Ungaro: Requisiti per l'iscrizione all'Albo dei soggetti abilitati ad accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti in merito all'emanazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze destinato alla definizione dei criteri di iscrizione obbligatoria in sezione separata dell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 per i soggetti che svolgono esclusivamente le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate.
  Gli Onorevoli chiedono altresì chiarimenti in merito alle Risoluzioni 4/DF e 9/DF del 2021 con le quali il Dipartimento delle finanze ha fornito, agli operatori interessati, indicazioni provvisorie per consentire l'espletamento delle procedure di affidamento dei servizi di supporto alle attività di accertamento e riscossione dei tributi locali.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Il decreto di attuazione volto a definire i criteri per l'iscrizione obbligatoria alla sezione separata dell'albo prevista dall'articolo 1, comma 805,1. 160/2019 è stato trasmesso in bozza al Consiglio di Stato per l'espressione del parere di rito ed è in corso l'interlocuzione nel merito con il richiamato Organo.
  Nelle more dell'emanazione del menzionato decreto di attuazione, con le citate Risoluzioni 4/DF e 9/DF il Dipartimento delle finanze ha inteso supportare gli enti locali che hanno richiesto di poter procedere all'espletamento delle gare per l'affidamento dei servizi di supporto.
  In relazione ai chiarimenti sollecitati dagli Onorevoli interroganti, si sottolinea che la richiesta di attestazione che le società devono presentare per partecipare a ogni singola gara, prevista in particolare dalla Risoluzione 9/DF, risponde all'esigenza di sopperire alla mancanza derivante dall'assenza della sezione separata dell'albo, ciò che in condizioni normali consentirebbe al singolo ente locale di verificare l'iscrizione della società, e di conoscere i comuni nei quali si è proceduto agli affidamenti in modo tale da avere il panorama delle gestioni in atto, in analogia con quanto previsto, ai sensi del decreto ministeriale n. 289 del 2000, per le società che effettuano l'attività di accertamento e riscossione (le comunicazioni avvengono attraverso un flusso informatico per il cui accesso è necessario abilitare l'operatore con apposite credenziali, all'evidenza non praticabile per le società di supporto).
  Peraltro, l'attuale disciplina del decreto ministeriale n. 289 del 2000 prevede all'articolo 19 che per la partecipazione alle gare la società debba richiedere il certificato d'iscrizione all'albo o, in alternativa, produrre autocertificazione. All'evidenza, la mancanza della sezione separata dell'albo non consente né all'Amministrazione di produrre un certificato né alla società di attestare con autocertificazione, pertanto, perseguendo un adeguato contemperamento tra le esigenze di controllo e quelle manifestate dagli enti locali, è stata ricercata una soluzione che conferisse all'attestazione rilasciata un valore di mera presa d'atto.
  Pertanto non è possibile definire un'efficacia temporale protratta nel tempo della predetta «iscrizione provvisoria» in quanto, l'iscrizione provvisoria, al di là della terminologia utilizzata, non è assimilabile all'iscrizione già prevista per le società che effettuano le attività di accertamento e di riscossione, per la mancanza dell'organo Pag. 70(la Commissione Albo nella composizione che sarà prevista dal decreto) che solo può procedere a deliberare l'iscrizione delle società.
  L'attestazione deve quindi essere inquadrata nello schema di una presa d'atto che, come chiarito dalla citata Risoluzione 9/DF, è tesa unicamente a fornire all'ente locale che intende procedere alla gara un supporto finalizzato a verificare che la società abbia i requisiti di capitale interamente versato in denaro per la fascia di popolazione dello specifico comune (requisito immediatamente applicabile perché previsto dalla norma primaria) e che abbia presentato l'istanza corredata dalle autocertificazioni in ordine all'assenza di cause impeditive (procedimenti penali, condanne, incompatibilità), cause impeditive che la circolare 4/DF ha necessariamente mutuato, in assenza del predetto decreto, dall'attuale disciplina recata dal decreto ministeriale n. 289 del 2000 che regola l'iscrizione all'albo delle società che effettuano attività di accertamento e riscossione; il tutto in attesa della rivalutazione della sua posizione alla luce di quanto sarà previsto dal decreto.
  Nella Risoluzione 4/DF è stato precisato che la documentazione da produrre è quella attualmente prevista dal decreto ministeriale n. 289 del 2000, per cui le società utilizzeranno il medesimo schema e la medesima modulistica.
  Circa l'efficacia dell'iscrizione provvisoria collegata alla produzione dell'autocertificazione è stato già in tal senso stabilito dalla circolare 4/DF che la società dovrà produrre istanza allegando le autocertificazioni riguardanti l'assenza di cause impeditive e, come per le società iscritte all'albo, lo statuto e l'atto costitutivo; l'attestazione rilasciata è una mera presa d'atto, rivolta al comune che intende procedere all'affidamento, delle circostanze che la società ha prodotto istanza con le autocertificazioni e che risulta avere i requisiti di capitale interamente versato in denaro utile per partecipare a procedure per quella determinata fascia di popolazione.
  In ordine alla capitalizzazione di utili non distribuiti questo Ministero, ove richiesto con singoli quesiti, ha già dato il proprio avviso in ordine alla legittimità della procedura. Ciò precisato il Dipartimento delle finanze assicura la disponibilità a procedere alla redazione di una nota a carattere generale che chiarisca tale punto.

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ALLEGATO 2

5-07176 Fragomeli: Cumulabilità con altre agevolazioni del credito d'imposta per investimenti in beni strumentali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, dopo aver ricordato come il credito d'imposta di cui all'articolo 1, comma 192, della legge n. 160 del 2019, sia cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell'IRAP, non porti al superamento del costo sostenuto, osservano che l'Agenzia delle entrate «ha confermato la cumulabilità definendo il citato credito d'imposta una misura di carattere generale che, applicandosi alla generalità delle imprese, non è inquadrabile come aiuto di Stato».
  Viene, poi, ricordato come le Regioni avessero espressamente comunicato che tale credito di imposta, potesse essere cumulato con i contributi del Programma di sviluppo rurale (PSR) 2014-2020, autorizzando l'erogazione del contributo, ma la Direzione generale dell'agricoltura e dello sviluppo rurale della Commissione europea ha comunicato – il 17 novembre 2020 – che il credito d'imposta per gli investimenti costituisce un sostegno pubblico e, conseguentemente, il sostegno del PSR, per le stesse spese ammissibili, può essere concesso, unitamente con il sopraddetto credito d'imposta, ma nei limiti di cumulabilità fissati dall'allegato II del regolamento (UE) n. 1305/2013, e che il medesimo documento impegna, inoltre, gli Stati membri ad intraprendere tutte le iniziative necessarie per il recupero dei contributi nel caso in cui si siano superati i limiti derivanti dall'applicazione delle aliquote massime di sostegno.
  A parere degli Interroganti tale posizione «impedisce di fatto ai soggetti beneficiari dei contributi di sviluppo rurale di accedere interamente a qualsiasi forma di agevolazione generale che lo Stato introduce per rispondere con la massima efficacia possibile ad un indirizzo generale di sviluppo».
  Tanto premesso, gli Onorevoli interroganti chiedono al Ministro dell'economia e delle finanze «se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per chiarire l'interpretazione della normativa in questione nel senso che i crediti d'imposta di cui all'articolo 1, commi da 184 a 197, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, sono comunque cumulabili con ogni altra agevolazione che abbia ad oggetto i medesimi costi».
  Al riguardo, sentiti i competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria e gli uffici del Ministero dello politiche agricole, si rappresenta quanto segue.
  Il quesito fa riferimento al parere interpretativo espresso dalla Direzione Generale Agricoltura della Commissione europea in data 17 novembre 2020 sulla possibilità di cumulo dei crediti d'imposta con le misure/sottomisure di sostegno agli investimenti dei Programmi di sviluppo rurale 2014/2020.
  Al riguardo, la menzionata Direzione Generale pur riconoscendo all'incentivo fiscale del credito di imposta il carattere di «misura generale» e che in quanto tale, non assurge ad aiuto di Stato, ha concluso, comunque, che le aliquote di sostegno massime fissate dal regolamento comunitario non possano in alcun caso essere superate, perché vincolanti. Il fondamento di tale limite è stato individuato nella circostanza che le agevolazioni nazionali introdotte dalla legge n. 160/2019 forniscono sostegno pubblico ai beneficiari, esentandoli specificamente da una parte del normale onere fiscale.
  A parere del Ministero delle politiche agricole l'assunto non appare condivisibile Pag. 72in quanto il regolamento (UE) 1305/2013, nel rinviare ai massimali di cui all'Allegato II, lo fa solo ed esclusivamente con riferimento ad interventi puntualmente circostanziati (ad esempio, l'articolo 17 fissa i massimali dell'allegato II con riferimento ai sostegni di cui al paragrafo 1, lettere a) e b); analogamente, l'articolo 18 lo riferisce ai sostegni di cui al paragrafo 1, lettera a) etc.). Pertanto, i massimali dell'allegato II sono massimali applicabili solo agli specifici contributi pubblici richiamati dal regolamento (UE) 1305/2013 e non costituiscono massimali generali di spesa pubblica.
  Inoltre il Ministero delle politiche agricole non concorda con l'interpretazione che gli utilizzatori del credito d'imposta sono esentati dal normale onere fiscale, essendo la variabilità una caratteristica intrinseca del sistema fiscale di uno Stato, che può essere modificato in ogni momento, restando neutrale rispetto alla normativa comunitaria.
  In relazione al chiarimento interpretativo richiesto dagli Onorevoli interroganti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria evidenziano che la questione verte sul rapporto/interazione tra una misura (il credito d'imposta) che, pur essendo di natura fiscale, non soggiace – avendo valenza generale e non selettiva – alla disciplina europea sugli aiuti di Stato, e un quadro di riferimento normativo (il Reg. 1305/2013) non di pertinenza dell'Amministrazione finanziaria e che involge piuttosto le prevalenti competenze del Ministero delle politiche agricole.
  L'agevolazione, integrando una misura di carattere generale, è cumulabile con le altre agevolazioni aventi ad oggetto i medesimi costi, a condizione, tuttavia, che tale cumulo non porti al superamento del costo sostenuto.
  Resta fermo che, in ogni caso, la predetta regola di cumulo non deve porsi in contrasto con la disciplina specifica dei singoli benefici, il cui esame rientra nelle competenza delle specifiche autorità di volta in volta coinvolte.

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ALLEGATO 3

5-07177 Troiano: Impugnabilità dell'estratto di ruolo emesso dall'Agenzia delle entrate-Riscossione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento a taluni articoli di stampa secondo cui è allo studio del Governo un intervento all'interno della riforma della giustizia tributaria volto ad introdurre il divieto di impugnare gli estratti di ruolo emessi dall'Agenzia delle entrate-Riscossione.
  Ad avviso degli Interroganti «la suesposta disposizione, che impedirebbe di impugnare l'estratto di ruolo per contestare la presenza di debiti (di cui in realtà il contribuente non ha mai avuto notizia), nel caso fosse confermata, rischia di determinare ulteriori difficoltà sia in relazione all'attuale situazione di crisi economica e finanziaria connessa agli effetti della pandemia, sia nel rapporto tra il fisco e il contribuente, che permane sempre faticoso e scarsamente trasparente» considerando altresì che «la cartella di pagamento e il ruolo emesso [sono] attualmente ammissibili ai fini dell'impugnazione da parte del contribuente stesso, come sancito dalla Corte di Cassazione – Ordinanza n. 7228 del 13 marzo 2020».
  Tanto premesso, ad avviso degli Onorevoli interroganti «tale decisione normativa, cosiddetto “salva-fisco” [...] “non trova alcun legittimo fondamento” avendo “il solo obiettivo di ridurre tali controversie che intasano le Commissioni tributarie e la magistratura ordinaria” ma, anzi, “risulterebbe essere stata decisa in relazione alla percentuale attuale, pari al 40 per cento dei ricorsi di coloro che non hanno ricevuto la notifica delle cartelle esattoriali, proprio a causa dell'estratto di ruolo avente come oggetto l'omessa notifica”».
  Ciò premesso, gli Interroganti chiedono di sapere «se il Ministro interrogato intenda confermare quanto esposto in premessa; in caso affermativo, se non ritenga tale decisione grave ed ingiusta, in quanto rischia di determinare l'evidente impossibilità per il contribuente di difendersi in via preventiva, contro un comportamento da parte dell'amministrazione tributaria considerato evidentemente irregolare».
  Al riguardo, sentiti gli Uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  In merito alla possibilità di impugnare l'estratto di ruolo nei casi in cui le relative cartelle di pagamento non sono state notificate o sono state irregolarmente notificate al contribuente, si evidenzia che l'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992, prevede, nel novero degli atti impugnabili alla lettera d), il ruolo e la cartella di pagamento (non menzionandovi anche l'estratto di ruolo).
  La medesima disposizione normativa prevede, altresì, al comma 3, che «gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo».
  Secondo quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 19 citato, l'impugnazione di un atto non notificato ricompreso nel novero dell'articolo 19 sarebbe consentita ove vi sia la notifica di un successivo atto, consequenziale al primo, la cui impugnazione consentirebbe, di conseguenza, di impugnare anche l'atto precedente non notificato.
  La Cassazione (ordinanza 7228 del 13 marzo 2020) citata dall'Onorevole interrogante, invece, fornendo un'interpretazione estensiva del cennato articolo 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992, ritiene ammissibile l'impugnazione della cartella Pag. 74di pagamento non notificata, unitamente all'estratto di ruolo, indipendentemente dalla notifica dell'estratto di ruolo medesimo, consentendola anche nel caso in cui lo stesso estratto di ruolo sia stato rilasciato dall'agente della riscossione su richiesta del contribuente, «senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell'ultima parte del decreto legislativo n. 546 del 1992, articolo 19, comma 3, posto che una lettura costituzionalmente orientata di una norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza».
  L'Agenzia delle entrate rappresenta, inoltre, che larga parte delle cause contro l'agente della riscossione consegue all'impugnazione degli estratti di ruolo presenti negli archivi di ADER, pur in assenza di una qualsivoglia attività di riscossione o di esecuzione rivolta agli stessi contribuenti che agiscono in giudizio e determina ingenti costi gestionali e amministrativi per il presidio dei relativi contenziosi.
  Infatti, negli anni, si è registrato un cospicuo incremento delle cause introdotte dinanzi alla Magistratura ordinaria e tributaria aventi ad oggetto contestazioni relative a cartelle di pagamento notificate anche molti anni prima.
  Deve sottolinearsi che l'estratto di ruolo, rilasciato allo sportello o acquisito in via telematica, non costituisce, evidentemente, un atto di riscossione o di esecuzione. Si tratta, invece, di un semplice documento, elaborato informaticamente, recante gli elementi delle cartelle di pagamento e dei ruoli ad esse sottesi. L'estratto di ruolo, dunque, è un documento ben distinto dal ruolo stesso, quest'ultimo atto amministrativo-impositivo dell'ente creditore e titolo esecutivo (notificato insieme alla cartella di pagamento che lo contiene), suscettibile di autonoma impugnabilità e composto dal nominativo del debitore e dall'indicazione delle somme da esso dovute.
  Ne consegue come – per sua natura – l'estratto di ruolo, privo di intimazione ad adempiere, non abbia di per sé carattere lesivo della sfera patrimoniale del debitore.
  In tale contesto, potrebbe essere valutata, pertanto, la possibilità di consentire l'impugnabilità dell'estratto di ruolo limitatamente a specifiche e tassative ipotesi, in base alle quali, dall'iscrizione a ruolo non immediatamente opposta, possa derivare, in capo al debitore, un effettivo pregiudizio.
  Si fa riferimento ad esempio alle ipotesi di preclusione alla partecipazione ad una procedura di appalto, in virtù di quanto stabilito dall'articolo 80, comma 4, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (Codice dei Contratti pubblici).
  Pertanto, dal punto di vista tecnico, l'Agenzia delle entrate ritiene auspicabile che sia adottata un'iniziativa volta a prevedere un limitata possibilità di impugnare gli estratti di ruolo emessi dall'Agenzia delle entrate-Riscossione in modo tale che possa evitarsi la compromissione del diritto di difesa del debitore paventata dall'Onorevole interrogante nei casi anzidetti, riducendo però al tempo stesso il contenzioso generato dagli innumerevoli ricorsi strumentali e dilatori avverso al documento in analisi.

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ALLEGATO 4

5-07178 Porchietto: Chiarimenti in ordine all'applicazione del Superbonus ad alcuni costi accessori.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti sollecitano chiarimenti interpretativi in merito all'ambito di applicazione della disciplina del Superbonus, con riferimento alla possibilità di portare in detrazione taluni costi connessi agli interventi richiamati nell'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020.
  Più in particolare, gli Onorevoli chiedono di «emanare disposizioni interpretative o una circolare esplicativa che, in analogia con la previsione dei costi di sostituzione previsti dalla circolare 30 E – 22 dicembre 2020, consentano di considerare “costi accessori” agli interventi relativi ai bonus edilizi, quelli relativi alla sostituzione delle coperture rimosse dai tetti (parti oblique) e quelli relativi al ripristino delle verticali facenti parte dell'aspetto originario di una facciata, qualora richiesti dai piani regolatori o dalle norme paesaggistiche».
  Al riguardo, sentiti gli Uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  Nella circolare n. 30/E del 22 dicembre 2020 dell'Agenzia delle entrate è stato ribadito che il Superbonus spetta anche per gli altri eventuali costi strettamente collegati alla realizzazione e al completamento degli interventi agevolabili, a condizione, tuttavia, che l'intervento a cui si riferiscono sia effettivamente realizzato.
  La citata circolare chiarisce, altresì, che l'individuazione delle spese connesse deve essere effettuata da un tecnico abilitato.
  In particolare, nell'ambito degli adempimenti prescritti dal comma 13 del citato articolo 119 del decreto Rilancio, ai fini del Superbonus (nonché dell'opzione per la cessione o per lo sconto di cui all'articolo 121), con riferimento agli interventi di risparmio energetico di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo 119, i tecnici abilitati asseverano il rispetto dei requisiti previsti dai decreti di cui al comma 3-ter dell'articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, e la corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati.
  Per gli interventi antisismici di cui al successivo comma 4, l'efficacia degli stessi, al fine della riduzione del rischio sismico, è asseverata dai professionisti incaricati della progettazione strutturale, della direzione dei lavori delle strutture e del collaudo statico, secondo le rispettive competenze professionali, iscritti agli ordini o ai collegi professionali di appartenenza, in base alle disposizioni del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 58 del 28 febbraio 2017. I professionisti incaricati attestano altresì la corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati.
  Pertanto, la possibilità di considerare «spese accessorie» quelle riferite agli interventi indicati dagli Onorevoli interroganti è subordinata alla condizione che tale caratteristica sia attestata dal professionista incaricato.

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ALLEGATO 5

5-07179 Zennaro: Iniziative per contrastare la chiusura di filiali «ex Tercas» della Banca popolare di Bari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Al fine di corrispondere alle richieste dell'onorevole interrogante sulla situazione della Banca popolare di Bari (BPB), si rappresenta preliminarmente che il piano di razionalizzazione delle filiali della Banca fu approvato dall'Amministrazione Straordinaria insediatasi nel dicembre del 2019 e costituì base imprescindibile del piano di salvataggio posto in essere dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e da Mediocredito Centrale (MCC), con la condivisione e l'avallo dell'Autorità di vigilanza bancaria italiana e delle competenti strutture della Commissione europea, ai sensi delle disposizioni normativo-regolamentari nazionali e della normativa europea in materia.
  Come rappresentato dalla Banca d'Italia, interpellata in ragione della competenza in materia, la ridefinizione dei modelli gestionali e delle strategie distributive delle banche è un fenomeno che sta coinvolgendo l'intero sistema bancario; negli ultimi anni si è registrata una complessiva riduzione del numero degli sportelli ed un maggior ricorso a canali digitali che consentono di contenere il costo del contatto con la clientela.
  Tale processo è stato favorito anche dalla digitalizzazione dei servizi bancari e finanziari, che ha costituito un elemento prioritario per assicurare ai clienti l'operatività degli intermediari senza soluzione di continuità anche nel periodo dell'emergenza sanitaria da Covid-19.
  Nel caso specifico della Banca Popolare di Bari, impegnata in un difficile processo di ristrutturazione ed al contempo di rilancio, i risparmi attesi dalle chiusure delle filiali sono conseguentemente destinati al riequilibrio del rapporto tra costi e ricavi.
  Si ricorda, altresì, che BPB è da poco uscita dall'amministrazione straordinaria e risulta ancora in una situazione precaria (di recente è stata anche effettuata una riduzione del capitale sociale per perdite di euro 101 milioni).
  Per quanto riguarda la richiesta di dialogo con gli amministratori delegati di Mediocredito centrale e della Banca popolare di Bari nonché con il presidente di quest'ultima e con le parti sindacali, si precisa che tali profili attengono esclusivamente alla responsabilità (e alla autonomia) del management della banca e lo Stato (azionista di INVITALIA, che è azionista di MCC che è, a sua volta, controllante di BPB) non ha ambiti di intervento.
  È utile peraltro evidenziare, come si apprende dalle informazioni rese da Mediocredito centrale, pervenute tramite INVITALIA SpA, che il piano di razionalizzazione originario prevedeva la chiusura complessiva di 94 filiali, delle quali 39 in Abruzzo. Proprio nella consapevolezza dell'impatto sui territori delle prospettate chiusure, Banca Popolare di Bari e Mediocredito Centrale hanno condotto un'analisi, che ha ridimensionato di 16 unità il numero delle chiusure complessive, delle quali 7 in Abruzzo – passando da 39 a 32 unità in chiusura.
  Il Piano di razionalizzazione è stato ultimato il 10 ottobre u.s. con il perfezionamento dell'ultimo lotto di chiusure (in continuità con le altre due precedenti finestre di razionalizzazione di punti operativi relative ai mesi di dicembre 2020 e aprile 2021).
  I servizi digitali di Internet banking e Mobile Banking sono assicurati per tutta la clientela interessata dal programma di chiusure, consentendo in via remota la quasi totalità delle operazioni bancarie.
  Con riferimento alle sei filiali citate dall'onorevole interrogante, sempre sulla base Pag. 77della predetta fonte, si evidenzia quanto segue:

   1. Filiale di Ancarano, accorpata nella filiale di S. Egidio alla Vibrata;

   2. Filiale di Aprati, accorpata nella filiale di Montorio al Vomano;

   3. Filiale di Canzano, accorpata nella filiale di Castelnuovo Vomano;

   4. Filiale di Castelli, accorpata nella filiale di Isola del Gran Sasso d'Italia;

   5. Filiale di Castilenti, accorpata nella filiale di Atri Corso Adriano;

   6. Filiale di Tossicia, accorpata nella filiale di Isola del Gran Sasso d'Italia.

  Si precisa, inoltre, che, per tutte le sei filiali sopra riportate, è presente un ufficio postale nel comune e che le chiusure di Castelli, Castilenti e Tossicia sono state posticipate da dicembre 2020 a ottobre 2021, per venire incontro alle comunità interessate nel particolare momento emergenziale.
  Nelle più volte citate comunicazioni di MCC è stato precisato, infine, che, come previsto dal Piano Industriale, nessuna chiusura ha comportato ricadute occupazionali: tutti i dipendenti delle filiali chiuse sono stati ricollocati in altre filiali del territorio di Banca Popolare di Bari o in strutture direzionali.

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ALLEGATO 6

5-07180 Pastorino: Dati relativi a costi e benefici del patent box nel periodo 2015-2020.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante fa riferimento alle recenti modifiche introdotte ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 ed, in particolare, dal comma 10 del menzionato articolo che ha disposto l'abolizione del regime agevolativo del «patent box» mediante l'abrogazione dei commi da 37 a 45 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nonché dell'articolo 4 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58.
  In particolare, l'Onorevole interrogante, ritenendo necessario, al fine di orientare le scelte del legislatore, acquisire puntuali informazioni inerenti al rapporto costi-benefìci del regime in esame per il periodo 2015-2020, chiede di sapere «se, sulla base di un'analisi comparata della performance dei beneficiari dell'agevolazione e di quella dei soggetti che non hanno beneficiato del regime in questione, il Governo consideri i costi del regime agevolativo, in termini di minori entrate, superiori ai suoi benefici economici connessi alla dinamica degli investimenti privati, alle ricadute positive sull'occupazione, alla crescita del numero dei brevetti nonché all'incremento in Italia della collocazione di beni immateriali detenuti all'estero da imprese italiane o straniere».
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  In relazione agli oneri a carico della finanza pubblica generati dal regime patent box di cui alla legge 190 del 2014, l'Agenzia delle entrate evidenzia che:

   nel periodo d'imposta 2019, in base ai dati presenti nel quadro RF dei modelli dichiarativi presentati dai soggetti che hanno aderito al regime patent box, il costo della misura agevolativa ha superato l'importo di 1,5 miliardi di euro;

   per il periodo di imposta 2020, non essendo ancora disponibili i modelli dichiarativi, è stata effettuata una stima basata sul tasso di incremento percentuale del numero delle adesioni, registrato negli anni 2015-2019, che è risultato pari al 23 per cento. In base ai risultati di detta stima, il costo del regime agevolativo in esame potrebbe superare i 2 miliardi di euro.

  Da un punto di vista quantitativo in termini aggregati, le stime di costo del patent box italiano determinano un mancato gettito, in rapporto al PIL, pari a circa lo 0,07 per cento del PIL. La misura riguarda poco più di 2.000 imprese, circa l'80 per cento del costo della misura è a beneficio di PMI e circa la metà delle risorse relative all'incentivo è utilizzata da imprese operanti nel settore manifatturiero.
  Per quanto riguarda l'esistenza di eventuali effetti economici positivi (cosiddetto spill-over) prodotti dal regime agevolativo in argomento, in base ai dati a disposizione dell'Agenzia, gli stessi non sembrano essersi verificati, quantomeno in termini di: incrementi occupazionali, aumento degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, creazione di nuovi beni immateriali, miglioramento, superiore rispetto alla media di settore, della redditività operativa e finanziaria delle imprese che hanno goduto del regime agevolativo.
  Ai fini di una più compiuta analisi dell'impatto economico della misura in argomento il Dipartimento delle finanze fa presente che sarebbe opportuna la creazione di un modello econometrico basato su microdati panel per un periodo di circa 10 anni, riguardanti dati di dichiarazione, di bilancio e, idealmente, dati relativi ai brevetti Pag. 79 per codice fiscale dell'impresa, da associare puntualmente ai dati fiscali e di bilancio.
  Il modello da applicare dovrebbe essere di tipo difference in differences in modo da confrontare i soggetti beneficiari della misura (trattati) con soggetti non beneficiari (non trattati) che abbiano però per il resto caratteristiche simile ai beneficiari.
  Il Dipartimento delle Finanze riferisce di aver effettuato uno studio di questo tipo sull'iper-ammortamento, ma non sulla patent box, anche se ha in programma l'estensione dell'analisi ai principali incentivi fiscali.
  Si precisa però che il Dipartimento delle finanze non dispone dei dati dei brevetti per singola impresa.

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ALLEGATO 7

5-07181 Baratto: Introduzione di agevolazioni fiscali per favorire la rilocalizzazione delle imprese italiane.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante fa riferimento al fenomeno del cosiddetto reshoring che, in contrapposizione al fenomeno industriale della delocalizzazione che ha caratterizzato gli ultimi anni, ha visto il rientro in Italia di aziende italiane, con evidenti vantaggi per il sistema economico.
  Tanto premesso, l'Onorevole interrogante chiede di conoscere quali iniziative si intendano assumere per introdurre un equo sistema di agevolazioni fiscali volto a favorire la rilocalizzazione di rientro.
  Al riguardo, sentiti i competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria e gli uffici del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Giova preliminarmente segnalare che sono state introdotte diverse misure agevolative di natura fiscale volte a sostenere la competitività delle imprese e favorirne i processi di transizione digitale ed ambientale nell'ottica anche di garantire le imprese che svolgono la produzione in Italia e scongiurare fenomeni di delocalizzazione.
  Tali interventi, tra gli altri, si concentrano sui beni strumentali nuovi, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi e per stimolare la spesa privata in ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative (come le attività innovative di design e ideazione estetica).
  Il Ministero dello sviluppo economico fa, poi, presente che è stata rafforzata la Struttura per le crisi di impresa attraverso la nomina del Coordinatore e di 10 esperti a supporto della medesima Struttura. Sono stati individuati inoltre, 10 esperti da destinare al funzionamento del Nucleo di esperti di Politica industriale al fine di potenziare e rendere più efficace l'attività di elaborazione delle politiche industriali dei settori maggiormente colpiti dall'emergenza COVID-19.
  A tale intervento si aggiunge la direttiva del Ministro dello sviluppo economico con la quale le Direzioni generali del Ministero sono state invitate ad inserire negli atti di prossima adozione – che comportino la concessione di incentivi, agevolazioni o misure di sostegno finanziario a valere su risorse del MiSE – una clausola di preferenza per i soggetti che si siano impegnati all'assunzione di lavoratori che risultino percettori di interventi di sostegno al reddito ovvero risultino disoccupati a seguito di procedura di licenziamento collettivo.
  Inoltre, il Ministero dello sviluppo economico sta procedendo alla revisione della tematica degli incentivi alle imprese che ha interessato i Contratti di Sviluppo al fine di favorire il rafforzamento delle filiere produttive e, in particolare, la permanenza delle aziende sul territorio nazionale.
  Infine è in corso di predisposizione il decreto ministeriale attuativo dell'articolo 1, comma 126, della legge 178 del 2020 in ordine ai criteri e modalità per l'accesso alle prestazioni del Fondo d'investimento per le piccole e medie imprese volte alla transizione tecnologica e alla sostenibilità ecologica ambientale dei processi produttivi nell'ambito aeronautico nazionale, nella chimica verde, nella fabbricazione di componenti per la mobilità elettrica e nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nonché le modalità per la partecipazione, Pag. 81 anche da parte di investitori privati, al medesimo Fondo.
  In tale atto si prevede di inserire una «premialità» per quei piani industriali che prevedano il recupero di impianti dismessi con ciò facilitando il reshoring nonché richiamare potenziali investimenti esteri per via del superamento di vincoli burocratici connessi a permessi e licenze collegate a tali impianti.

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ALLEGATO 8

5-07182 Villarosa: Promozione di un'azione di responsabilità nei confronti dei vertici della Banca Monte dei Paschi di Siena.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In riscontro all'interrogazione relativa alle vicende giudiziarie della Banca Monte dei Paschi di Siena si ricorda, preliminarmente, che la sentenza del tribunale di Milano nei confronti di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola è una sentenza di primo grado e, pertanto, manca un giudizio definitivo in capo agli stessi.
  Al fine, quindi, di corrispondere al quesito dell'onorevole interrogante relativo alle iniziative da adottare per promuovere un'azione di responsabilità nei confronti dei vertici della Banca Monte dei Paschi di Siena, si rammenta che in data 6 aprile 2021, in sede di assemblea dei soci di MPS, il rappresentante designato del Ministero dell'economia e delle finanze ha espresso il voto contrario sulle proposte di deliberazione dell'azione di responsabilità nei confronti di detti ex amministratori e nei confronti degli attuali amministratori della banca.
  Il Ministero dell'economia e delle finanze, come si ricorderà, si è contestualmente riservato di rivalutare la propria posizione in ordine alle possibili azioni a tutela della banca e della propria partecipazione, in relazione all'evoluzione dei giudizi in corso.

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ALLEGATO 9

5-07183 Bignami: Accertamento dei requisiti per la nomina del Capo di Gabinetto del Ministro dell'economia e delle finanze.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In riferimento all'interrogazione dell'onorevole Bignami, relativa agli incarichi rivestiti dal Capo di Gabinetto del Ministro dell'economia e delle finanze presso la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), si comunica quanto segue.
  Il Consigliere di Stato Giuseppe Chiné è stato nominato Capo di Gabinetto del Ministro dell'economia e delle finanze il 16 febbraio 2021.
  All'atto del conferimento dell'incarico, il medesimo ha sottoscritto apposita dichiarazione di assenza di cause di inconferibilità e incompatibilità e ha consegnato all'Amministrazione il proprio curriculum vitae; entrambi i documenti sono stati contestualmente pubblicati sul sito istituzionale del Ministero dell'economia e delle finanze (ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 33 del 2013).
  Nel curriculum vitae dell'interessato, datato 16 febbraio 2021, è indicato, tra quelli rivestiti dal medesimo a quel momento, il seguente incarico: «Dal 2004. Componente della Procura Federale FIGC», già autorizzato dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, organo di autogoverno dei Magistrati amministrativi.
  Il 1° luglio 2021 – data del conferimento dell'incarico di Procuratore federale F.I.G.C. – l'interessato ha quindi aggiornato la dichiarazione già rilasciata, nonché il relativo curriculum vitae, indicando in entrambi gli atti l'avvenuto conferimento del nuovo incarico, anche in questo caso autorizzato dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa.
  I predetti atti sono stati pubblicati sul sito istituzionale dell'Amministrazione, in sostituzione dei precedenti, con l'espressa dicitura «dati aggiornati al 1° luglio 2021».
  In sintesi e per maggior chiarezza, dagli atti sottoscritti dal Capo di Gabinetto e pubblicati dal Ministero dell'economia e delle finanze risulta che:

   nel curriculum vitae, datato 16 febbraio 2021 e pubblicato sul sito istituzionale dell'Amministrazione unitamente alla dichiarazione di assenza di cause di inconferibilità e incompatibilità, è stato espressamente indicato l'incarico di «Componente della Procura Federale FIGC», svolto a quella data e fin dal 2004;

   il 1° luglio 2021, all'atto del conferimento del nuovo incarico di Procuratore federale, sono state subito aggiornate le informazioni sul sito istituzionale.

  Pertanto, l'incarico di Procuratore Federale non risulta conferito a far data dal dicembre 2019 tenuto conto che, come emerge dai comunicati ufficiali della F.I.G.C. reperibili on line, in data 18 dicembre 2019 (cfr. comunicato n. 138/A) il Consiglio Federale – viste le dimissioni rassegnate dal Procuratore Federale pro tempore e considerati «i tempi procedurali necessari alla nomina di un nuovo Procuratore Federale» – affidava all'interessato, già componente della Procura (in qualità di Procuratore aggiunto), la mera attività di coordinamento della Procura Federale e soltanto in data 1° luglio 2021 (cfr. comunicato n. 226/A) sopravveniva la nomina a Procuratore Federale.
  L'assenza di omissioni nelle comunicazioni e nelle pubblicazioni relative alla posizione di Capo di Gabinetto del Ministro dell'economia e delle finanze soddisfa dunque l'esigenza di trasparenza e di conoscibilità degli incarichi in questione.
  Appare comunque utile rappresentare ulteriormente quanto segue.
  L'Autorità Nazionale Anticorruzione ha più volte evidenziato che «l'incarico di responsabile Pag. 84 degli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico è espressamente sottratto alla disciplina sulle inconferibilità e incompatibilità di cui al decreto legislativo n. 39 del 2013» (delibere n. 788 del 19 luglio 2017, n. 803 del 18 settembre 2019, n. 71 del 29 gennaio 2020). Sono quindi applicabili ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione – tra i quali figurano i Capi di Gabinetto dei Ministri – unicamente gli obblighi di pubblicazione sanciti dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 33 del 2013 e, in particolare, l'obbligo di pubblicare i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati.
  Pertanto, per quanto fin qui esposto, gli obblighi di dichiarazione e di pubblicazione gravanti rispettivamente sull'interessato e sull'Amministrazione risultano essere stati, nel caso di specie, correttamente e adeguatamente adempiuti.
  In definitiva, l'interessato, pur non essendo soggetto, come enunciato ripetutamente dall'ANAC, all'applicazione del decreto legislativo n. 39 del 2013 (disciplina dell'inconferibilità e incompatibilità), ma unicamente all'applicazione dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 33 del 2013 (obblighi di pubblicazione), in conformità alla prassi in uso presso l'Amministrazione finanziaria, sia all'atto dell'assunzione dell'incarico di Capo di Gabinetto, sia in occasione delle successive variazioni, ha comunque reso e tempestivamente aggiornato la dichiarazione recante l'assenza di cause di inconferibilità e incompatibilità.

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ALLEGATO 10

5-07156 Covolo: Richiesta di dati relativi al saldo contabile del Fondo di indennizzo risparmiatori (FIR) e chiarimenti in ordine alla eventuale redistribuzione delle eccedenze.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Le istanze di indennizzo presentate al Fondo indennizzi risparmiatori, valutate dalla Commissione tecnica, ammontano a circa 721 milioni di euro, a fronte di uno stanziamento pluriennale complessivo pari a 1.575 milioni di euro.
  Attualmente sono in corso di conclusione le valutazioni, da parte della stessa Commissione, per la definizione delle rimanenti istanze di indennizzo relative alla procedura forfettaria, mentre è stato avviato l'esame concernente circa 20 mila domande attinenti alla procedura ordinaria di accertamento delle violazioni delle banche.
  Appare pertanto prematuro formulare previsioni circa un avanzo in ordine alle risorse finanziarie stanziate.
  Riguardo alla possibilità di distribuire le eventuali eccedenze, occorre tenere conto che le misure di indennizzo stabilite dall'articolo 1, commi 496 e 497, della legge n. 145 del 2018 e successive modificazioni, pari al 30 per cento del costo di acquisto per gli azionisti ed al 95 per cento del costo di acquisto per gli obbligazionisti subordinati, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore, sono state fissate all'esito di interlocuzioni con la Commissione europea e ritenute compatibili con la disciplina comunitaria.
  Nell'eventualità, quindi, che risultino eccedenze disponibili, un incremento della misura dell'intervento finanziario pubblico del FIR dovrebbe essere preventivamente sottoposto a nuova valutazione della Commissione europea concernente l'ammissibilità e la misura dell'incremento.
  In relazione a quanto precede, pertanto, nella situazione attuale, non risulta possibile formulare una previsione attendibile riguardo agli eventuali residui ed indennizzi supplementari.

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ALLEGATO 11

5-07145 Fragomeli: Fruizione dello sconto in fattura per il bonus facciate e chiarimenti in ordine alle disposizioni di proroga del Superbonus.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento alle ultime novità introdotte dal decreto-legge n. 157 del 2021 che ha esteso, a decorrere dal 12 novembre 2021, l'obbligo del visto di conformità e dell'asseverazione, già previsto per il Superbonus, anche agli altri bonus edilizi nei casi in cui il beneficiario opti per la cessione del credito o lo sconto in fattura.
  A tal proposito gli Interroganti fanno presente come l'Agenzia delle entrate, nei chiarimenti rilasciati il 22 novembre 2021, ha precisato che la nuova normativa si applica alle comunicazioni trasmesse telematicamente a decorrere dal 12 novembre 2021 (data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 157/2021) ma, «ritenendo meritevole di tutela l'affidamento dei contribuenti in buona fede che abbiano ricevuto le fatture da parte di un fornitore, assolto i relativi pagamenti a loro carico ed esercitato l'opzione per la cessione, attraverso la stipula di accordi tra cedente e cessionario, o per lo sconto in fattura, mediante la relativa annotazione, anteriormente al 12 novembre, anche se non abbiano ancora provveduto all'invio della comunicazione telematica», ha anche chiarito che tali contribuenti sono esonerati dall'obbligo documentale.
  Ciò premesso, gli Onorevoli segnalano che molti cantieri hanno fermato le attività a causa del possibile rischio di perdere la detrazione del 90 per cento relativa al cosiddetto «bonus facciate» con riferimento a quei lavori che, presumibilmente, termineranno dopo la scadenza del termine per termine del 16 marzo 2022 per presentare all'Agenzia la comunicazione relativa all'opzione per la cessione del corrispondente credito a soggetti terzi, oppure per il contributo sotto forma di sconto, anche se per questi lavori si è provveduto, o si provvederà, al pagamento della fattura a saldo, successivamente al 12 novembre 2021 ma comunque entro il 31 dicembre 2021.
  Pertanto, gli Onorevoli interroganti chiedono anzitutto di sapere «se (si) ritenga utile chiarire, quanto già dichiarato in precedenti interventi, circa la possibilità di fruire dello sconto in fattura nel caso del “bonus facciate” pagando entro il 31 dicembre 2021 il saldo per il corrispondente 10 per cento che residua dalla fattura, specificando che, anche per tutte le opere fatturate entro fine anno, non è necessaria la presentazione del visto di conformità e dell'asseverazione, al fine di salvaguardare il legittimo affidamento di coloro che avevano iniziato i lavori ma che presumibilmente termineranno oltre il 16 marzo 2022».
  In secondo luogo, chiedono di sapere «se (si) ritenga di adottare iniziative per chiarire l'ambito di applicazione delle disposizioni di proroga del “Superbonus” per il 2022 affermando il presupposto che i lavori trainati all'interno dei condomini e degli edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, abbiano gli stessi termini e le stesse scadenze di esecuzione previsti per i lavori trainanti, posto che gli interventi trainati sono eseguiti solo dopo l'inizio dei lavori sulle parti comuni e terminati prima degli stessi».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  In relazione al primo quesito relativo al cosiddetto «Bonus facciate», si rappresenta che nella circolare n. 16/E del 29 Pag. 87novembre 2021 dell'Agenzia delle entrate è stato precisato che l'obbligo del visto di conformità e dell'attestazione della congruità delle spese ai fini dell'opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito si applica, in via di principio, alle comunicazioni trasmesse in via telematica all'Agenzia delle entrate a decorrere dal 12 novembre 2021 (data di entrata in vigore del decreto-legge 11 novembre 2021, n. 157).
  Tuttavia, è stato ritenuto meritevole di tutela l'affidamento dei contribuenti in buona fede che, in relazione ad una fattura di un fornitore, abbiano assolto il relativo pagamento a loro carico ed esercitato l'opzione per la cessione, attraverso la stipula di accordi tra cedente e cessionario, o per lo sconto in fattura, mediante la relativa annotazione, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 157 del 2021, anche se non abbiano ancora provveduto alla comunicazione all'Agenzia delle entrate. Si ritiene, pertanto, che in tali ipotesi non sussista il predetto obbligo di apposizione del visto di conformità alla comunicazione dell'opzione all'Agenzia delle entrate e di attestazione della congruità della spesa.
  La richiamata interpretazione è in linea con il dettato del menzionato articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 157 del 2021 che ha novellato l'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 estendendo, come anzidetto, l'obbligatorietà del visto di conformità e dell'asseverazione (rectius attestazione) della congruità delle spese ai Bonus diversi dal Superbonus qualora il beneficiario opti, in luogo dell'utilizzo della detrazione nella dichiarazione dei redditi, per le opzioni dello sconto in fattura o della cessione del credito.
  In relazione al secondo quesito relativo al cosiddetto Superbonus, giova preliminarmente evidenziare che nel disegno di legge di bilancio per il 2022 (cfr. l'articolo 9, comma 1) sono previste modifiche dei termini per l'applicazione del «Superbonus» e per l'esercizio dell'opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito.
  Per effetto di tali modifiche, fermo il termine entro il quale devono essere sostenute le spese per gli interventi (di efficienza energetica e di riduzione del rischio sismico) che danno diritto alla fruizione del «Superbonus», che resta fissato al 30 giugno 2022, è prevista la sostituzione del comma 8-bis dell'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto Rilancio), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, con la conseguente fissazione di nuovi termini di vigenza dell'agevolazione, diversificati in funzione dei soggetti che sostengono le spese.
  Più in particolare, il termine per il sostenimento delle spese che danno diritto alla fruizione dell'agevolazione è fissato al:

   31 dicembre 2022, per le spese sostenute dalle persone fisiche, al di fuori dell'esercizio dell'attività d'impresa o di arti e professioni, a condizione che, alla data del 30 settembre 2021, abbiano già effettuato la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) prevista dal comma 13-ter dell'articolo 119, ovvero, nel caso di interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici, risultino avviate le relative formalità amministrative per l'acquisizione del titolo abilitativo;

   31 dicembre 2025, per le spese sostenute per gli interventi (compresi quelli effettuati su edifici oggetto di demolizione e ricostruzione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001) effettuati dai condomìni e dalle persone fisiche proprietarie di edifici da due a quattro unità immobiliari. In sostanza viene uniformato il termine previsto per i condomìni e per i proprietari di edifici da due a quattro unità immobiliari senza prevedere alcuna condizione riferita alla percentuale di lavori realizzati. Viene, tuttavia, diminuita progressivamente l'aliquota di detrazione, che resta al 110 per cento per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023, mentre è ridotta al 70 per cento per quelle sostenute nell'anno 2024 e al 65 per cento per quelle sostenute nell'anno 2025;

   31 dicembre 2022, per le spese sostenute dalle persone fisiche, al di fuori dell'esercizio dell'attività d'impresa o di arti e professioni, che hanno un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente Pag. 88 non superiore a 25.000 euro annui, per gli interventi effettuati su unità immobiliari adibite ad abitazione principale;

   31 dicembre 2023, per le spese sostenute dagli Istituti Autonomi Case Popolari (IACP), comunque denominati, dalle società in house providing, nonché dalle cooperative di cui al comma 9, lettera d), del medesimo articolo 119, qualora, alla data del 30 giugno 2023, siano stati effettuati lavori per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo.

  Dal quadro normativo sopra delineato – attesa la chiara formulazione della norma riferita ai soggetti che sostengono le spese e non agli interventi realizzati – discende, pertanto, che, a differenza di quanto sostenuto dagli Onorevoli interroganti, per i lavori trainati eseguiti all'interno dei condomini e degli edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, non sono previsti, ai fini dell'agevolazione fiscale, gli stessi termini stabiliti per i lavori trainanti realizzati sulle parti comuni di edifici in condominio o composti da due a quattro unità immobiliari di un unico proprietario o in comproprietà tra persone fisiche al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, arti o professioni.
  In particolare, mentre per gli interventi trainanti si prevede la proroga al 31 dicembre 2025 del termine per fruire dell'agevolazione, al ricorrere delle condizioni indicate nel nuovo comma 8-bis dell'articolo 119 del decreto Rilancio, per gli interventi trainati effettuati dalle persone fisiche sulle unità immobiliari, il termine è, invece, fissato al 31 dicembre 2022, sempreché sussistano i requisiti indicati nel medesimo comma 8-bis.

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ALLEGATO 12

5-07146 Cancelleri: Modalità applicative del «bonus facciate».

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante richiama le ultime disposizioni introdotte dal decreto-legge 11 novembre 2021, n. 157 che estende l'obbligo per il visto di conformità anche in caso di cessione del credito o sconto in fattura relativamente alle detrazioni fiscali per lavori edilizi diversi da quelli che danno diritto al Superbonus.
  A tal proposito l'Agenzia delle entrate ha chiarito che l'obbligo del visto di conformità e dell'asseverazione non si applica ai contribuenti che prima del 12 novembre 2021 (data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto) hanno ricevuto le fatture da parte di un fornitore, assolto i relativi pagamenti ed esercitato l'opzione per la cessione o per lo sconto in fattura, anche se la relativa comunicazione non è stata ancora inviata, considerato che le incertezze persistono e stanno causando notevoli disagi all'avanzamento dei lavori per quanto concerne il bonus facciate.
  Tanto premesso l'Onorevole interrogante chiede, di sapere «se non (si) ritenga opportuno valutare di adottare iniziative volte a estendere il mancato obbligo del visto di conformità e dell'asseverazione al 31 dicembre 2021, per i contribuenti che, alla predetta data, non hanno trasmesso la relativa comunicazione ma hanno comunque ricevuto le fatture da parte di un fornitore, assolto i relativi pagamenti ed esercitato l'opzione per la cessione o per lo sconto in fattura».
  Al riguardo, sentita l'Agenzia delle entrate, si rappresenta quanto segue.
  In relazione alla richiesta prospettata dall'Onorevole interrogante è opportuno richiamare i chiarimenti interpretativi forniti dall'Agenzia delle entrate nella circolare n. 16/e del 29 novembre 2021.
  L'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 11 novembre 2021 n. 157 ha esteso l'obbligatorietà del visto di conformità e dell'asseverazione (rectius attestazione) della congruità delle spese ai Bonus diversi dal Superbonus, qualora il beneficiario opti, in luogo dell'utilizzo della detrazione nella dichiarazione dei redditi, per le opzioni dello sconto in fattura o della cessione del credito.
  Il visto di conformità non è necessario nel caso di fruizione diretta di questi Bonus nella dichiarazione dei redditi. Resta fermo che il contribuente è tenuto a richiedere il visto di conformità sull'intera dichiarazione nei casi normativamente previsti.
  Alla luce di quanto stabilito dagli articoli 119, comma 11, e 121, comma 1-ter, lettera a), del Decreto rilancio, il visto di conformità per l'opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito relativamente ai Bonus diversi dal Superbonus è rilasciato dai medesimi soggetti previsti ai fini del Superbonus e, in caso di visto di conformità infedele, sono applicabili, in linea generale, le sanzioni amministrative previste dal decreto legislativo n. 241 del 1997.
  In relazione all'ambito di applicazione temporale, l'obbligo del visto di conformità e dell'attestazione della congruità delle spese ai fini dell'opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito, si applica, in via di principio, alle comunicazioni trasmesse in via telematica all'Agenzia delle entrate a decorrere dal 12 novembre 2021 (data di entrata in vigore del citato decreto cosiddetto antifrodi).
  L'Agenzia delle entrate, tuttavia, ritiene meritevole di tutela l'affidamento dei contribuenti in buona fede che, in relazione ad una fattura di un fornitore, abbiano assolto il relativo pagamento a loro carico ed esercitato l'opzione per la cessione, attraverso la stipula di accordi tra cedente e cessionario, Pag. 90 o per lo sconto in fattura, mediante la relativa annotazione, anteriormente alla data di entrata in vigore del Decreto anti-frodi, anche se non abbiano ancora provveduto alla comunicazione all'Agenzia delle entrate.
  In tali ipotesi non sussiste il predetto obbligo di apposizione del visto di conformità alla comunicazione dell'opzione all'Agenzia delle entrate e di attestazione della congruità della spesa.
  Va da sé che le comunicazioni delle opzioni inviate entro l'11 novembre 2021, relative ai Bonus diversi dal Superbonus, per le quali l'Agenzia delle entrate abbia rilasciato regolare ricevuta di corretta ricezione della comunicazione, non sono soggette alla nuova disciplina di cui al comma 1-ter dell'articolo 121 del Decreto rilancio, per cui non sono richiesti l'apposizione del visto di conformità e l'attestazione della congruità delle spese (fermi restando gli ordinari poteri di controllo dell'Amministrazione finanziaria). I relativi crediti possono essere accettati ed eventualmente ulteriormente ceduti, senza richiedere il visto di conformità e l'attestazione della congruità delle spese, anche dopo 1'11 novembre 2021, fatta salva la procedura di controllo preventivo e sospensione di cui all'articolo 122-bis del Decreto rilancio, introdotto dal Decreto anti-frodi.
  La richiamata interpretazione è in linea con il dettato del menzionato articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 157 del 2021 che ha novellato l'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020.

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ALLEGATO 13

5-07157 Angiola: Chiarimenti in ordine alle procedure finalizzate alla definizione agevolata dell'imposta sul valore aggiunto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante fa riferimento all'articolo 5, commi da 1 a 9, del decreto-legge n. 41 del 2021 che ha previsto la definizione delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni, richieste con le comunicazioni di cui agli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017 (elaborate entro il 31 dicembre 2020) ed al 31 dicembre 2018 (elaborate entro il 31 dicembre 2021), per tutti coloro che abbiano subìto una riduzione maggiore del 30 per cento del volume d'affari dell'anno 2020 rispetto al volume d'affari dell'anno precedente, come risultante dalle dichiarazioni annuali dell'imposta sul valore aggiunto presentate entro il 30 aprile 2021.
  L'Onorevole evidenzia che, nonostante l'articolo 5 del cosiddetto decreto-legge Sostegni disponga una procedura automatica, avendo l'Amministrazione Finanziaria l'onere di inviare al contribuente la proposta di definizione con l'indicazione dell'importo ridotto da versare, determinato al netto di sanzioni e delle ulteriori somme aggiuntive, il successivo provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 18 ottobre 2021 ha introdotto un adempimento a carico del contribuente, subordinandone l'inefficacia della procedura di definizione in argomento.
  Si tratta dell'autodichiarazione prevista dall'articolo 1, commi 14 e 15, del decreto-legge n. 41 del 2021 mediante la quale si attesta l'esistenza delle condizioni previste dalle Sezioni 3.1 e 3.12 del «Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak – COM 2020/C911/01».
  A proposito dell'autodichiarazione richiamata dal provvedimento, l'Onorevole segnala che, ai sensi dell'articolo 1, comma 16, del citato decreto-legge Sostegni, si demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato – città ed autonomie locali, la definizione delle modalità di attuazione delle misure agevolative configurabili come aiuti alle condizioni e nei limiti previsti dalle citate Sezioni 3.1 «Aiuti di importo limitato» e 3.12 «Aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti» della Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19», e successive modificazioni.
  Tale decreto non è stato ancora attuato.
  Pertanto, l'Onorevole interrogante chiede di sapere: «quando si intenda adottare il decreto attuativo sopra citato, e, nell'attesa di tale decreto, se si intenda chiarire se i contribuenti debbano presentare l'autodichiarazione ai fini del perfezionamento e dell'efficacia della definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 5, commi da 1 a 9, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, ha introdotto la possibilità di definire in via agevolata le somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni. La misura agevolativa è rivolta ai soggetti con partita IVA attiva al 23 marzo 2021 che, a causa della situazione emergenziale dovuta all'epidemia di Covid-19, hanno subito nel 2020 una riduzione Pag. 92del volume d'affari maggiore del 30 per cento rispetto all'anno d'imposta precedente. Per i soggetti non tenuti alla presentazione della dichiarazione IVA, si considera, in luogo del volume d'affari, l'ammontare dei ricavi e compensi risultante dalle dichiarazioni dei redditi presentate per gli anni d'imposta 2019 e 2020. L'agevolazione consiste nell'esclusione del pagamento delle sanzioni (o delle somme aggiuntive in caso di irregolarità relative a contributi previdenziali) contenute nella comunicazione d'irregolarità.
  La misura agevolativa in argomento (articolo 5, commi da 1 a 9, del decreto «Sostegni») è stata autorizzata dalla Commissione europea con Decisione C(2021)7521 del 15 ottobre 2021, con la quale è stato ritenuto compatibile con il mercato comune, ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3 lettera b), del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea, il complessivo regime di aiuti notificato dall'Italia nell'ambito del «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza della Covid-19 adottato dalla Commissione il 19 marzo 2020 (C (2020) 1863), e successive modifiche».
  Pertanto, dal momento che l'efficacia della definizione in argomento è subordinata al rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla predetta disciplina degli aiuti di Stato, i contribuenti che intendono accettare la proposta di definizione sono tenuti a presentare l'autodichiarazione prevista dall'articolo 1, commi 14 e 15, del decreto-legge n. 41/2021, al fine di attestare il rispetto dei predetti limiti e condizioni.
  Infatti, giova ricordare che l'articolo 5, comma 13, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (attualmente in conversione – Atto Senato n. 2426) ha modificato il comma 13 dell'articolo 1, del citato decreto-legge n. 41/2021, al fine, in particolare, di ricomprendere la misura agevolativa di cui trattasi tra quelle in esso elencate, per le quali operano – in particolare – le disposizioni di cui ai successivi commi 14 e 15 del citato articolo 1 (possibilità per i beneficiari delle misure di avvalersi delle condizioni di cui alle Sezioni 3.1 e 3.12 del «Quadro temporaneo» mediante presentazione di una apposita autodichiarazione attestante l'esistenza di tali condizioni).
  Pertanto, il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 18 ottobre 2021, emanato ai sensi del articolo 1 comma 11 del citato decreto-legge n. 41 del 2021, ha sostanzialmente ribadito le condizioni di perfezionamento e di efficacia già previste dalla norma, richiamando, al contempo, un adempimento dichiarativo, ovvero l'autodichiarazione, già previsto dall'articolo 1, commi 14 e 15, dello stesso decreto-legge n. 41
  Tale adempimento riguarda tutti gli aiuti COVID elencati nel comma 13 dell'articolo 1 del citato DL Sostegni e richiede che il contribuente attesti il rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Temporary Framework per consentire all'Agenzia delle Entrate di svolgere le opportune attività di monitoraggio e verifica, necessarie anche al fine di scongiurare eventuali procedure di infrazione da parte della Commissione europea.
  Le modalità, i termini di presentazione e il contenuto dell'autodichiarazione saranno definiti con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia, successivamente all'emanazione del decreto previsto dall'articolo 1, comma 16, del decreto-legge n. 41 del 2021 il cui iter è in fase conclusiva.