CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 23 settembre 2021
662.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO
Pag. 50

ALLEGATO 1

5-06710 Lapia: Iniziative per la regolamentazione delle modalità di somministrazione delle terapie antiblastiche per via endovenosa nelle strutture ambulatoriali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La somministrazione ambulatoriale delle terapie antiblastiche in via endovenosa è disciplinata dal decreto ministeriale 22 luglio 1996; i medicinali antiblastici iniettabili possono essere erogati a carico del Servizio Sanitario Nazionale anche in regime di ospedalizzazione domiciliare, ai sensi del decreto ministeriale 14 luglio 1999.
  Rientra nelle competenze delle Regioni la programmazione degli accessi alle strutture sanitarie dedicate alla terapia oncologica: peraltro, nell'ambito delle iniziative in tema di tutela della salute e sicurezza dei pazienti ed uniforme erogazione dei LEA nel territorio nazionale, il Ministero della salute, in collaborazione con Regioni ed altri «stakeholder», elabora una serie di Raccomandazioni per garantire ai pazienti prestazioni sanitarie efficaci, sicure e di qualità.
  In particolare, la Raccomandazione n. 14 del 2012, in fase di aggiornamento, precisa che la scelta del «setting assistenziale» per la somministrazione della chemioterapia può influenzare la sicurezza delle cure, per cui va posta attenzione ai criteri per classificare i pazienti in accesso al trattamento (condizioni generali; tipo di farmaco e durata della terapia; tipologia di accesso venoso; età pediatrica; condizioni logistiche).
  Nella prevenzione degli eventuali errori nel corso delle terapie è decisivo il ruolo rivestito dalle Direzioni mediche di struttura (presidio ospedaliero/ASL).
  La somministrazione delle terapie con farmaci oncologici rappresenta una fase critica, che non può essere considerata avulsa dalla preparazione della terapia, da effettuare nell'Unità farmaci antiblastici (UFA), con personale dedicato e formato.
  Sulla base della citata Raccomandazione, la somministrazione parenterale degli antineoplastici può essere effettuata presso strutture ospedaliere dotate di una Unità Operativa Complessa di Oncologia (quindi anche IRCCS, ASL/ASP o strutture private); essa avviene anche al domicilio del paziente, ove sia attuabile il regime di ospedalizzazione domiciliare.
  La Regione Sardegna ha comunicato di aver autorizzato alla prescrizione e somministrazione dei medicinali oncologici indicati per i tumori solidi le strutture ospedaliere pubbliche e le due strutture private accreditate per l'oncologia riportate nella tabella allegata.
  Al fine di consentire ai pazienti la somministrazione delle chemioterapie in strutture adeguate più prossime alla loro residenza, sono stati autorizzati anche i due ambulatori di oncologia di Macomer e di Siniscola, in quanto garantiscono la necessaria sicurezza.
  Pertanto le eventuali temporanee sospensioni delle attività potrebbero essere dovute a problematiche organizzative legate alla carenza di personale di cui soffrono tutte le Aziende sanitarie, poste sotto stress anche dalla attuale situazione pandemica.

Pag. 51

Pag. 52

ALLEGATO 2

5-06711 Bologna: Misure per sopperire alla carenza di medici e personale sanitario su tutto il territorio nazionale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In via preliminare vorrei evidenziare che è impreciso parlare di errata programmazione del numero di contratti di formazione medico-specialistica resi disponibili ogni anno presso gli Atenei italiani poiché la programmazione del fabbisogno va intesa in senso stretto, come determinazione triennale del fabbisogno formativo di medici specialisti, rilevata sulla base delle esigenze di programmazione delle Regioni, mentre il numero dei contratti è strettamente correlato alle risorse finanziarie disponibili. Lo scostamento tra fabbisogno accertato e numero dei contratti è rilevabile dalla tabella allegata, da cui emerge che ai contratti finanziati con risorse statali, vanno sommati anche i contratti finanziati dalle Regioni e da altri Enti.
  In questi ultimi anni, il Ministero della salute ha posto in essere una serie di interventi per incrementare le risorse destinate ai contratti per l'accesso alle Scuole di formazione medico specialistica (Legge di bilancio per il 2019, 2020 e 2021 e Decreto Rilancio).
  Inoltre con l'investimento 2.2 «Sviluppo delle competenze tecniche, professionali, digitali e manageriali», inserito nella Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), è stato previsto il finanziamento di ulteriori 4.200 contratti per 5 anni a partire dall'anno accademico 2020-2021.
  Per tale anno accademico, ai 13.200 contratti finanziati con risorse statali se ne aggiungono 4.200 finanziati dal PNRR, per un totale di 17.400 contratti di formazione specialistica, ossia 4.000 contratti in più rispetto all'anno precedente. Da una seconda tabella allegata si evince come gli ultimi due anni abbiano contribuito al superamento dell'«imbuto formativo», cioè la differenza tra il numero di laureati in medicina e il numero di posti di specializzazione previsto, garantendo un adeguato turn-over dei medici specialisti.
  I 17.400 contratti rappresentano più del doppio di quelli finanziati nell'a.a. 2018/2019 (pari a 8.000 unità) e quasi il triplo di quelli disponibili negli anni precedenti (circa 6.000 unità).
  Analogamente, da anni è all'attenzione del Ministero la questione relativa alla futura carenza di medici di medicina generale, legata all'età anagrafica. Al riguardo il numero di borse disponibili per l'accesso al relativo corso, nel triennio formativo 2018-2021 è stato raddoppiato rispetto al precedente. Inoltre il Decreto Rilancio ha disposto l'accantonamento di ulteriori 20 milioni di euro dal 2021 per attivare ulteriori borse di studio per i medici che partecipano ai corsi di formazione in medicina generale.
  L'articolo 12 del decreto Calabria ha previsto che fino al 31 dicembre 2021 i laureati in medicina abilitati all'esercizio professionale, già idonei al concorso di ammissione al corso di formazione in medicina generale e titolari di incarichi a tempo determinato, possono accedere, in soprannumero, al corso di formazione in medicina generale tramite graduatoria riservata, senza borsa di studio.
  Il concorso per l'accesso al primo anno di corso del triennio 2020/2023 si è svolto il 28 aprile 2021 e i posti messi a bando dalle Regioni risultano 1.332, a cui si aggiungono 714 posti assegnati in virtù del «decreto Calabria».
  Il citato investimento 2.2 della Missione 6 del PNRR prevede anche l'incremento delle borse di studio per la formazione specifica in medicina generale; per i trienni formativi 2021-2024, 2022-2025 e 2023-2026 saranno finanziate 900 borse di studio aggiuntive all'anno, per un totale di Pag. 532.700 per i 3 cicli, che contribuiranno a sanare il gap degli ultimi anni, legato ai pensionamenti e alle limitate risorse.
  Infine, per effetto della riorganizzazione delle reti ospedaliere e territoriali, connessa alla «Missione 6» del PNRR, sarà indispensabile definire nuove modalità di organizzazione del lavoro nell'ambito di team multidisciplinari.
  È dunque massima l'attenzione riservata dal ministero della salute alla tematica posta dall'onorevole interrogante e posso assicurare che anche nei prossimi mesi continueremo a monitorare la situazione ed ad assumere tutte le iniziative necessarie a superare in via strutturale la situazione di carenza di medici e di personale sanitario.

Pag. 54

TABELLA 1

TABELLA 2

Pag. 55

ALLEGATO 3

5-06712 De Filippo: Iniziative per garantire il rispetto dei LEA nell'erogazione delle prestazioni per gli ospiti delle strutture socio-assistenziali per anziani, anche non autosufficienti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'assistenza sociosanitaria presso le strutture residenziali e semiresidenziali alle persone non autosufficienti rientra nei Livelli Essenziali di Assistenza e costituisce una delle priorità del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
  Le azioni a sostegno degli anziani non autosufficienti prevedono investimenti infrastrutturali per consentire la permanenza in sicurezza degli anziani nel proprio territorio, in particolare tramite il potenziamento dei servizi domiciliari.
  Nel contempo, il Piano prevede il rafforzamento dell'assistenza sanitaria e della rete sanitaria territoriale.
  A completamento degli obiettivi del PNRR, verrà attuata la riforma della non autosufficienza, con il potenziamento delle infrastrutture tecnologiche del sistema informativo della non autosufficienza, nonché con la razionalizzazione dei meccanismi di accertamento e la semplificazione delle procedure di accesso, nell'ottica di un unico punto di accesso socio-sanitario.
  L'interrogazione in esame concerne i rapporti in essere tra il Servizio Sanitario Regionale della Basilicata e le locali strutture socio assistenziali autorizzate ed accreditate, le quali ricevono una quota giornaliera per ogni assistito, fissata dalla legge regionale n. 41/2020, che richiama la legge regionale n. 8/2018.
  È opportuno ricordare che in Italia non è previsto un riferimento nazionale per determinare le tariffe dell'assistenza territoriale residenziale rivolta agli anziani in quanto rientra nell'ambito dell'autonomia regionale stabilire le tariffe delle prestazioni residenziali, tanto per gli aspetti sanitari che per quelli logistici e alberghieri.
  Pertanto, le soluzioni più adeguate per garantire a tutti i pazienti di poter ricevere l'assistenza sanitaria devono essere individuate nell'ambito dei rapporti tra il Servizio Sanitario lucano e le strutture sociosanitarie che insistono sul territorio regionale.
  A tal riguardo, il Dipartimento Politiche della Persona della Regione Basilicata ha richiamato l'articolo 13, comma 4, della legge regionale n. 41/2020 a mente del quale: «Le quote giornaliere, nei valori di cui al comma 1 e nei limiti di cui ai commi 2 e 3, sono dovute, su richiesta, a tutte le strutture residenziali autorizzate e accreditate che alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano prestato assistenza alle persone anziane non autosufficienti o allettate sulla base della certificazione di non autosufficienza rilasciata dalla Azienda sanitaria competente».
  La legge regionale n. 41/2020, quindi, prevede l'aggiornamento delle quote giornaliere, previa, però, richiesta della struttura residenziale, da inviare all'ASL territorialmente competente, la quale riconoscerà tale quota in esito ad apposita verifica istruttoria.
  Il Dipartimento regionale precisa che, per il caso di specie, sono in corso gli accertamenti presso l'ASL territorialmente competente al fine di verificare se la struttura in questione abbia inviato una specifica richiesta, e se, in caso affermativo, l'Azienda territorialmente competente abbia proceduto a tutte le opportune verifiche, ai sensi della normativa in vigore.
  Il Ministero della salute è disponibile a verificare e a riferire in merito all'esito degli accertamenti in corso disposti dal dipartimento regionale.

Pag. 56

ALLEGATO 4

5-06713 Gemmato: Modifica del regolamento n. 166 del 2017 sulla documentazione sanitaria riguardante la prescrizione del farmaco talidomide ai fini dell'indennizzo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'articolo 21-ter (Nuove disposizioni in materia di indennizzo a favore delle persone affette da sindrome da talidomide) del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 ha integrato la previgente normativa in materia di indennizzo a favore delle persone affette da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia, nati negli anni dal 1959 al 1965 (legge 24 dicembre 2007, n. 244, decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207).
  In particolare, il citato articolo dispone, al comma 1, che l'indennizzo di cui all'articolo 2, comma 363, della citata legge n. 244, riconosciuto, ai sensi dell'articolo 31, comma 1-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 ai soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme suddette nati dal 1959 al 1965, è riconosciuto anche ai nati nell'anno 1958 e nell'anno 1966.
  Il seguente comma 2 precisa che: «L'indennizzo di cui al comma 1 è riconosciuto, (...) anche ai soggetti che, ancorché nati al di fuori del periodo ivi previsto, presentano malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide. Al fine dell'accertamento del nesso causale tra l'assunzione del farmaco talidomide in gravidanza e le lesioni o l'infermità da cui è derivata la menomazione permanente nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia, i predetti soggetti possono chiedere di essere sottoposti al giudizio sanitario ai sensi dell'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 2 ottobre 2009, n. 163».
  Con il decreto del Ministro della salute 17 ottobre 2017, n. 166, allegato A, sono state aggiunte le previsioni che, alla luce della letteratura scientifica ad oggi disponibile e nella considerazione che rimane un'area di incertezza nell'attribuzione della malformazione a sindrome talidomidica, questa debba essere risolta attraverso una accurata diagnosi differenziale, fondata su criteri clinici e molecolari e che – per i soli soggetti nati al di fuori del periodo dal 1958 al 1966 – si debba chiedere la documentazione sanitaria relativa alla patologia materna che ha richiesto la somministrazione della talidomide, da cui si evinca la prescrizione e l'assunzione del farmaco in gravidanza nel periodo tra il 20° e il 36° giorno dal concepimento.
  Le Commissioni Mediche Ospedaliere (CMO) sottopongono all'accertamento sanitario tutti gli istanti, anche quelli che non hanno presentato la documentazione sanitaria, ai sensi della lettera c) dell'allegato A del decreto ministeriale n. 166/2017.
  Nulla è cambiato nell'individuazione dei criteri medico-legali per l'accertamento del nesso tra assunzione della talidomide e menomazione, non solo per coloro che sono nati dal 1958 al 1966, ma anche per coloro che sono nati al di fuori di questo periodo.
  I giudizi negativi delle CMO non sono stati motivati dalla mancata presentazione della documentazione sanitaria, ma dalla non riconducibilità della tipologia della malformazione riscontrata ai criteri di inclusione ed esclusione di cui al citato decreto ministeriale n. 166/2017, già peraltro previsti dal parere dell'Istituto Superiore di Sanità n. 29140 del 1° luglio 2010, integralmente ripreso nei contenuti dal successivo parere del Consiglio Superiore di Sanità del 17 gennaio 2017, recepito nel decreto ministeriale.
  La normativa non prevede che l'istante possa presentare ricorso amministrativo avverso Pag. 57 il giudizio negativo della CMO del Ministero della Difesa.
  Sul punto il Consiglio di Stato, in sede di emanazione del parere obbligatorio sul Regolamento di esecuzione di cui al citato decreto n. 163/2009, ha ritenuto superata – alla luce dell'attuale ordinamento – la previsione dello strumento del ricorso gerarchico improprio (cioè impugnazione del provvedimento dinanzi ad amministrazione diversa da quella che lo ha emanato e del provvedimento di un organo collegiale dinanzi ad un organo monocratico).
  Resta salvo il diritto alla presentazione del ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale-sezione lavoro, competente in materia previdenziale ed assistenziale.
  Il passaggio in giudicato della sentenza rende definitivo, anche in sede amministrativa, il giudizio sulla domanda presentata.

Pag. 58

ALLEGATO 5

5-06714 Ianaro: Discrasia tra i tempi per la vaccinazione dei guariti da infezioni da SARS-CoV-2 e la durata di validità del green pass.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La normativa vigente prevede che:

   la durata della validità del green pass per i soggetti guariti da COVID-19 è di 6 mesi;

   la durata della validità del green pass per i soggetti vaccinati è di 12 mesi;

   le persone che guariscono da COVID-19 dovrebbero ricevere una dose di vaccinazione entro i 6 mesi, e comunque non oltre i 12 mesi (Circolare del Ministero della salute del 21 luglio 2021, n. 32884). Quest'ultima casistica è stata introdotta poiché le evidenze scientifiche mostrano una durata inferiore della protezione indotta da una singola infezione, rispetto a un ciclo vaccinale completo.
   In base alla normativa vigente non sussistono discrasie in merito alla valutazione e durata delle certificazioni verdi Covid-19 tra soggetti guariti tout court e soggetti guariti cui viene somministrata una dose di vaccino.
   La categoria di soggetti guariti tout court costituisce, infatti, un unicum specifico in cui l'osservazione scientifica ha evidenziato una risposta immunitaria più bassa rispetto ai soggetti che hanno completato il ciclo vaccinale. Tra questi ultimi deve ritenersi compreso il caso del «guarito» cui, entro 6 mesi, viene somministrata una dose di vaccino. La guarigione con la somministrazione di una dose viene, dunque, equiparata alla vaccinazione con conseguente validità della certificazione verde di 12 mesi a partire dalla somministrazione della dose in questione.
   La possibilità di effettuare la prima somministrazione entro i 12 mesi dalla guarigione costituisce altra ipotesi che consente al guarito di avere una distinta certificazione di vaccinazione avente validità di 12 mesi a decorrere dalla somministrazione.
   Pertanto, l'eventuale arco temporale tra i 6 e i 12 mesi è da intendersi, nelle more della prima somministrazione, come fisiologicamente privo di copertura, quanto a validità della certificazione verde Covid-19, poiché trattasi di ciclo di vaccinazione incompleto.
   In ogni caso, va rammentato che il regolamento europeo n. 953 del 2021 ha stabilito che i certificati di guarigione possono avere una durata massima di 180 giorni dal primo test molecolare positivo.
   Il Governo intende dare seguito all'impegno assunto (ordine del giorno n. 9/3223-A/67 Boldi, approvato nella seduta del giorno 9 settembre 2021 in Assemblea della Camera dei deputati ed altri di analogo tenore) di avviare un percorso di approfondimento con gli organi tecnico-scientifici competenti, ivi compreso il comitato tecnico-scientifico, al fine di verificare se, alla luce degli studi più recenti, vi siano le condizioni per prorogare la validità del certificato verde rilasciato ai guariti da 6 a 12 mesi, ferma restando la verifica di compatibilità di tale opzione con il regolamento europeo menzionato, quanto meno ai fini della mobilità transfrontaliera.

Pag. 59

ALLEGATO 6

5-06715 Novelli: Sulle modalità di sanificazione degli ambienti nel contesto sanitario e assistenziale per prevenire la trasmissione di SARS-CoV-2.

TESTO DELLA RISPOSTA

  I prodotti che vantano azione sanificante o disinfettante per il tramite di un'azione chimica ricadono nel novero dei biocidi di cui al Regolamento (UE) 528 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2012, ai sensi del quale può essere rilasciata l'autorizzazione all'immissione in commercio e all'utilizzo di un prodotto biocida esclusivamente se i relativi principi attivi sono approvati per la corrispondente tipologia di prodotto. Si applica in via transitoria il regime autorizzativo nazionale per l'immissione in commercio di prodotti biocidi per i quali, per la corrispondente tipologia di prodotto, il principio attivo sia in valutazione per l'approvazione. Pertanto i probiotici possono essere immessi in commercio ed usati, tra l'altro, per finalità di sanificazione se per la corrispondente tipologia di prodotto i relativi principi attivi siano stati approvati ai sensi del Regolamento o siano in valutazione.
  Per quanto riguarda i tre lavori citati nell'interrogazione, pubblicati su riviste internazionali e appartenenti allo stesso gruppo di ricerca, l'istituto Superiore di Sanità, pur concordando sulla possibile rilevanza di un approccio innovativo per la sanificazione degli ambienti a base di probiotici, ha pubblicato, in fase di emergenza, i rapporti ad interim ISS-COVID 19 n. 25/2020 e n. 12/2021, al fine di presentare lo stato dell'arte sulle conoscenze in merito alla diffusione del Coronavirus e agli approcci condivisi dalle varie agenzie internazionali per la prevenzione e controllo della pandemia.
  Mentre nel primo rapporto è stata presentata una panoramica dei prodotti e delle procedure di disinfezione delle mani e delle superfici – al momento della pubblicazione considerati tra i maggiori veicoli per la trasmissione del virus – nel secondo si è rivolta maggiormente l'attenzione agli apparecchi/sostanze in grado di contribuire alla sanificazione dell'aria, che si è dimostrata essere uno fra i veicoli di diffusione del virus tramite aerosol.
  Proprio per limitare l'impatto ambientale dell'uso dei prodotti chimici, nel rapporto n. 12 è stata presentata una disamina, con le indicazioni delle agenzie internazionali e sulla base di corposa bibliografia e di prove sperimentali, sull'utilizzo di purificatori a base di filtri e/o in grado di generare specie reattive dell'ossigeno in grado di contrastare la contaminazione/ri-contaminazione dell'aria ambiente comprese le superfici.
  Sulla possibilità di utilizzo di probiotici nel contrasto alla diffusione del virus l'istituto ha rappresentato la necessità di maggiori approfondimenti. Proprio nel lavoro pubblicato sulla rivista più autorevole (PLoS One) viene auspicato che i risultati presentati possano essere confermati in esperimenti applicati a coorti più grandi e con popolazioni target diversificate, al fine di considerare tale approccio eco-sostenibile come parte delle strategie di prevenzione e controllo delle infezioni.
  La ricerca di soluzioni innovative, sia nell'ambito dell'emergenza COVID che in generale per il contrasto alla diffusione di malattie, resta di importanza fondamentale nello sviluppo di approcci con basso impatto sull'uomo e sull'ambiente.