CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 27 maggio 2021
596.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (VI e X)
ALLEGATO
Pag. 9

ALLEGATO 1

7-00630 Benamati: Misure volte a supportare il pluralismo distributivo nel commercio e a reagire alla desertificazione commerciale.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLE COMMISSIONI

   Le Commissioni VI e X,

   premesso che:

    in Italia, diversamente dal resto d'Europa, i piccoli negozi che esercitano il commercio al dettaglio, anche conosciuti come esercizi di vicinato, rappresentano non soltanto una rete commerciale, ma un vero e proprio presidio culturale e sociale nelle città di tutte le dimensioni e soprattutto nei piccoli centri, essendo uno straordinario fattore di antropizzazione del territorio, un baluardo contro lo spopolamento dei piccoli comuni, un luogo dove le persone non solo consumano ma si incontrano, parlano, socializzano;

    il commercio al dettaglio, di qualsiasi dimensione, è per il territorio nazionale un'infrastruttura sociale il cui rilievo è largamente legato alla funzione di servizio per la cittadinanza in termini di realizzazione di basilari funzioni quotidiane, come l'approvvigionamento dei beni e la fruibilità degli spazi urbani in contesti sicuri e di qualità; luoghi non solo di vendita, ma anche di aggregazione, socialità e cultura;

    le attività commerciali al dettaglio in meno di 10 anni hanno dimezzato il loro numero in Italia: dal 2012 al 2020 sono sparite dalle nostre città oltre 77.000 attività commerciali e la pandemia ha rafforzato una tendenza già presente. Nel corso delle audizioni informali sul rilancio del commercio alla luce della crisi causata dall'emergenza epidemiologica svolte dalla X Commissione (Attività produttive), è stato sottolineato che la crisi derivante dalla pandemia ha colpito in modo particolare i settori del commercio, della ricezione e della ristorazione, tutti settori in cui, peraltro, è maggiormente presente l'imprenditoria femminile (oltre che giovanile e straniera);

    nel 2020, le vendite al dettaglio hanno risentito fortemente dell'emergenza sanitaria dovuta all'epidemia COVID-19. A partire dal mese di marzo 2021 la dinamica delle vendite ha subito fluttuazioni di ampiezza mai registrata in precedenza: secondo i dati Istat diffusi nel febbraio 2021, nel corso del 2020, le vendite al dettaglio sono state fortemente influenzate dall'emergenza sanitaria, che ha determinato una flessione annua del 5,4 per cento con una forte eterogeneità dei risultati sia per settore merceologico, sia per forma distributiva. Il comparto non alimentare ha subito una pesante caduta, anche a causa delle chiusure degli esercizi disposte per fronteggiare l'emergenza sanitaria, mentre il settore alimentare ha segnato un risultato positivo. Hanno registrato un marcato calo delle vendite nel 2020 sia le imprese operanti su piccole superfici, sia le vendite al di fuori dei negozi. La grande distribuzione ha risentito negativamente dall'andamento del comparto non alimentare. L'unica forma distributiva a segnare una forte crescita è stata il commercio elettronico. L'andamento complessivo nasconde dunque una forte divaricazione tra vendite di beni alimentari e non alimentari;

    dai dati presentati in diversi studi, si evince che la crisi pandemica ha colpito negativamente soprattutto il settore del commercio e dei servizi e, in particolare, i comparti del commercio non alimentare e la filiera turistica in senso ampio: il mondo delle micro, piccole e medie imprese del commercio al dettaglio, dell'artigianato, del turismo, dell'agricoltura, della pesca, già investito da un profondo processo di mutamento generato dalla grande distribuzione prima e dal commercio on line dopo, ma tutt'ora presidio sociale ed economico decisivo in molte realtà locali, rischia semplicemente Pag. 10 di scomparire travolto dall'emergenza sanitaria;

    a completare il quadro di crisi del settore concorrono i dati relativi alla caduta dei consumi delle famiglie, ridottisi di 105 miliardi (-10,5 per cento) con la pandemia: è evidente che, senza una normalizzazione dei consumi (il rilancio del commercio sarà difficile anche perché ogni mese di ritardo determina 4,7 miliardi di mancato recupero dei consumi e una corrispondente perdita di Pil dello 0,3 per cento) per cui è inevitabile che molte imprese non avranno la forza di rimanere sul mercato;

    questa crisi rischia non solo di avere un grave impatto economico e occupazionale, ma di rappresentare una vera e propria crisi di un modo di vivere tipico della storia e della cultura italiana e delle nostre abitudini;

    il lento ma continuo processo di desertificazione commerciale riguarda le principali città italiane, dove si registra un importante cambiamento del tessuto commerciale soprattutto all'interno dei centri storici con continue chiusure di botteghe, immediatamente sostituite da negozi di catene di franchising o fondi che restano sfitti e cambia anche il panorama imprenditoriale con la scomparsa di imprese familiari dedite al commercio da generazioni;

    la pesantissima crisi del settore commerciale richiede quindi una serie di misure che intervengano sulla situazione in essere e sulle prospettive del comparto. Appaiono urgenti e non rimandabili una serie di interventi finalizzati al sostegno della domanda interna e dell'export, di potenziamento del «Made in Italy» e al miglioramento di un ecosistema favorevole alla ripresa delle attività commerciali e dei servizi. Il comparto commercio necessità altresì di interventi specifici per favorire un percorso di innovazione che tenga conto anche delle nuove esigenze di consumo e della crescente richiesta di servizi professionali avanzati, e fornisca alle imprese, soprattutto quelle di minori dimensioni, gli strumenti adeguati per garantire l'accesso al credito, un'adeguata patrimonializzazione e il rafforzamento della produttività e della competitività;

    è urgente e ormai non più rinviabile che si intervenga per favorire la riattivazione delle reti economico-produttive locali, introducendo misure di contrasto alla desertificazione commerciale dei centri storici in particolare nelle località minori;

    l'attuale proposta del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) all'esame del Parlamento, non contempla misure specifiche per il commercio, potendosi avvalere il settore, delle misure orizzontali previste nel programma stesso;

    occorre riaffermare il valore economico e sociale del commercio e dei servizi di prossimità, anche attraverso il ricorso allo strumento dei piani di marketing urbano, favorendo la riattivazione delle reti economico-produttive locali, valorizzando le risorse endogene e promuovendo, in particolare, i settori del turismo, della ristorazione, dell'artigianato e del commercio su aree pubbliche, fortemente connessi allo sviluppo sostenibile dei territori, attraverso misure per la riqualificazione, l'innovazione e il contrasto all'abusivismo e l'adozione di un piano di defiscalizzazione per le aree interne che nell'ultimo decennio hanno segnato un elevato tasso di spopolamento, privilegiando i territori colpiti da eventi calamitosi per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza;

    occorre inoltre favorire l'accelerazione della transizione digitale delle imprese e particolarmente delle piccole e medie imprese con lo sviluppo di una rete di connessione digitale veloce ed ultraveloce per diffondere innovazione e nuovi servizi, e con misure dedicate all'utilizzo di tecnologie e servizi digitali, adottando strumenti connotati da un approccio premiale nei confronti di progetti di rete rispondenti alle finalità strategiche di promozione dei processi di aggregazione e di crescita delle imprese partecipanti e valorizzando il ruolo dei digital innovation hub come piattaforme di riferimento per i compiti di formazione ed assistenza alle micro, piccola e Pag. 11media impresa (Mpmi) favorire le misure di pagamento elettronico anche mediante il calmieramento degli oneri connessi a tali operazioni a partire dalla fascia dei micropagamenti; supportare, in generale, le Mpmi del commercio nei processi di costruzione di un'offerta di servizio multicanale, che tenga insieme commercio fisico e commercio digitale;

    occorre riqualificare le infrastrutture logistiche essenziali e di collegamento, creare nuova edilizia pubblica nei settori di servizio per le comunità locali, introdurre agevolazioni fiscali in favore delle imprese insediate nei centri storici urbani e nei piccoli comuni, incentivazioni fiscali delle locazioni commerciali, favorire il recupero del piccolo commercio all'interno dei centri urbani, prevedere interventi per la rigenerazione urbana, soprattutto delle aree interne e delle aree costiere, secondo un modello che tenga insieme scelte urbanistiche e rivitalizzazione del tessuto economico e sociale di città e territori;

    occorre sostenere la partecipazione alle fiere nazionali, e internazionali e la nascita di imprese commerciali, definire di un piano d'internazionalizzazione da realizzarsi attraverso il potenziamento delle funzioni delle camere di commercio locali ed estere, delle micro, piccole e medie imprese, con il sovvenzionamento di progetti di rete diretti alla commercializzazione dei prodotti territoriali nei mercati internazionali;

    secondo un'indagine di Confcommercio tra il 2008 e il 2019 – quindi ben prima dell'arrivo della pandemia – hanno chiuso 70 mila attività, con una discesa del 12,1% su un totale di circa 980 mila negozi. Le cause: grande distribuzione, commercio on line, crisi economica, disaffezione della clientela;

    un trend in corso di consolidamento vede tuttavia la tenuta dei negozi di prossimità, già anticipato nella Ricerca 2020 dell'Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano che fotografava la rivalutazione della distribuzione su spazi più contenuti rispetto ai grandi centri commerciali;

    già prima della pandemia, nel retail italiano si era fatta strada l'idea del negozio del futuro: punti vendita di superficie ridotta, dunque, e diversi da quelli attuali per focalizzazione sull'aspetto relazionale e sul supporto alle operatività di e-commerce;

    il processo di trasformazione è già avviato: molti retailer sono impegnati sui fronti della diversificazione dei formati di vendita e dell'avvicinamento al consumatore mentre le grandi superfici in zone extra urbane sembrano destinate a ridursi, anche in risposta ai grandi cambiamenti culturali, mentre si riscopre il modello di commercio urbano, calibrato su piccole dimensioni per via dell'ingente costo degli spazi;

    nel corso dell'emergenza sanitaria questo orientamento si è consolidato, evidenziando altresì come il sistema del commercio al dettaglio non possieda solo una funzione puramente economica ma anche una funzione urbana e di aggregazione sociale;

    il commercio di vicinato è espressione che caratterizza la cultura e gli stili di vita di un territorio, con un ruolo sociale e ha la dignità di strumento che migliora e trasforma la città degli uomini;

    nel futuro contesto post pandemia il commercio di prossimità si lega in maniera profonda al tema della rigenerazione urbana: nel periodo di confinamento, i negozi di vicinato hanno riconquistato un ruolo di primo piano nella vita quotidiana e nelle abitudini dei consumatori, poiché sono risultati improvvisamente più aderenti alle mutate necessità dei cittadini, nella capacità di offrire servizi di prossimità accessibili a tutte le fasce di popolazione – anche quelle più deboli – e di garantire sicurezza e numerosi vantaggi, come: la consegna a domicilio di generi non solo alimentari, la spesa in negozio su prenotazione, la possibilità di approvvigionarsi con prodotti del territorio a chilometro zero o utile e a filiera corta, la presenza capillare nel territorio, la sicurezza di un ambiente conosciuto e la relazione umana con il Pag. 12cliente. E ora la sfida per gli operatori economici è quella di saper trasformare questo cambiamento in un'opportunità di rilancio, utilizzando al meglio le risorse previste per la ripresa anche per offrire nuovi servizi e consolidare il rapporto con le nuove tecnologie;

    incentivare la presenza dei negozi di prossimità dipende anche dalla capacità delle singole imprese di accedere alla dotazione di nuovi strumenti e competenze, accrescendo la necessaria integrazione tra mondo fisico e digitale per il rilancio dell'economia del Paese e la realizzazione di città smart in cui vivere meglio. A tal proposito, vanno segnalate le esperienze di molte Regioni che, negli anni passati, sono intervenute per arginare il fenomeno degli acquisti fuori città, sostenendo la creazione di aggregazione di imprese del terziario urbano, declinate localmente con accezioni e denominazioni differenti (Centri Commerciali Naturali, Distretti del commercio, Centri Integrati di Via, ecc.). Le esperienze condotte nei diversi territori testimoniano l'efficacia di tali strumenti di politica attiva, che promuovono la creazione di sinergie tra le imprese, insediate in un'area urbana definita, con la rispettiva Amministrazione comunale e altri soggetti pubblici e privati, per favorire la valorizzazione della funzione sociale del commercio e il rafforzamento delle azioni di sviluppo del sistema economico;

    tutti i rapporti del CRESME, Centro Ricerche Economiche, Sociologiche e di Mercato, segnalano dal 2000, dati inquietanti sul disagio abitativo e sul futuro dei piccoli Comuni in modo particolare per quanto riguarda le aree interne dell'arco alpino e della dorsale appenninica;

    il Libro Verde sul commercio redatto nel 1996 dalla Commissione delle Comunità Europee, ha rilevato che «Il commercio locale costituisce un sistema efficiente per cercare di ridurre il rischio di marginalizzazione delle popolazioni rurali, che devono poter disporre di un'ampia gamma di servizi in loco»;

    nel corso dell'anno 2020, caratterizzato dalla pandemia COVID-19, i residenti nei Comuni di misure più modeste hanno trovato nei piccoli esercizi, oltre al contatto umano – fondamentale dal punto di vista psicologico – ogni tipo di prodotto, dagli alimentari ai beni di prima necessità, oltre a svolgere un ruolo straordinario con la consegna a domicilio per le famiglie più fragili ed in particolare per gli anziani;

impegnano il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare ulteriori e specifiche misure – in coerenza con gli obiettivi strategici di fondo della transizione digitale ed ecologica, del rafforzamento della coesione sociale e territoriale, del perseguimento della parità di genere e dell'impegno in favore delle nuove generazioni – per garantire la ripartenza delle piccole, medie e grandi imprese operanti nel commercio, prevedendo altresì misure specifiche di tutela e di sostegno per i negozi e le botteghe storiche, consentendo un'iniezione di liquidità tale da consentire alle aziende tempi rapidi e certi di sostegno, nonché per tutelare in particolare le eccellenze nazionali e del made in Italy, al fine di valorizzare i prodotti che siano espressione di artigianalità, eccellenza qualitativa e siano in grado di rappresentare la diversificazione territoriale, artigianale e culturale che caratterizza il nostro Paese;

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a dare attuazione al modello di web tax globale;

   a valutare l'opportunità di prevedere ulteriori strumenti volti a sostenere le start-up e le PMI innovative, nonché volti alla diffusione di modelli di vendita multicanale – caratterizzati dall'integrazione tra commercio fisico e commercio digitale – e che agiscano come facilitatori dell'acquisizione di competenze e di strumenti tecnologici, con particolare riferimento ai voucher per la digitalizzazione delle piccole e medie imprese di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto-legge n. 145 del 2013, nonché al ruolo dei digital innovation hub/EDI riconosciuti dal «Piano Impresa 4.0»;

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a perseguire l'abbattimento, Pag. 13anche alla luce dei recenti sviluppi di settore, più marcato dei costi di utilizzo ed accettazione degli strumenti della moneta elettronica, con particolare riferimento ai cosiddetti micropagamenti;

   a valutare, compatibilmente con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, specifiche iniziative in materia di sostegno del settore del commercio e dell'artigianato, prevedendo, ove possibile, anche apposite misure fiscali più favorevoli e la definizione di una linea d'intervento dedicata al rapporto tra città ed economie urbane a supporto della costruzione di partenariati socio-economici locali, finalizzati alla messa in opera di progetti di sviluppo territoriale in materia di: marketing urbano; valorizzazione sostenibile delle risorse; innovazione imprenditoriale e costruzione e sviluppo di reti d'impresa e, in genere, di modelli di aggregazione competitiva delle micro, piccole e medie imprese;

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a promuovere il ricorso alla leva fiscale quale strumento d'incentivazione concorrente a politiche di reazione ai processi di desertificazione commerciale: sia attraverso riduzioni d'imposte, tributi e tariffe (ad esempio Imu, canone unico, Tari e con compensazione dei bilanci della amministrazioni locali) – volte alla rivitalizzazione del mercato delle locazioni commerciali e, per tal via, del tessuto delle attività e dei servizi di prossimità, anche in un'ottica di valorizzazione dell'identità culturale dei centri storici cittadini e, in generale, della funzione sociale svolta dalle reti dei servizi di prossimità –, sia attraverso l'impulso, anche assistito dall'intervento delle rappresentanze delle imprese e della proprietà immobiliare, a processi di riduzione dei canoni a fronte del riconoscimento di regimi agevolati;

   a valutare l'opportunità di individuare specifiche misure attuative della rigenerazione urbana ed economico-produttiva delle zone urbane, a partire dalle esperienze di successo dei Distretti urbani del commercio, dei Centri Integrati di Via e dei Centri Commerciali Naturali, finalizzate a favorire l'innovazione e la digitalizzazione del sistema distributivo commerciale, sostenere le imprese con adeguate politiche fiscali nazionali e locali di vantaggio, promuovere la transizione ecologica delle stesse;

   a valutare l'opportunità di adottare tutte le iniziative idonee per contrastare la desertificazione commerciale dei piccoli centri urbani.
(8-00121) «Benamati, Fragomeli, Nardi, Bonomo, Gavino Manca, Soverini, Zardini, Buratti, De Micheli, Sanga, Sani, Topo, Alemanno, Carabetta, Chiazzese, Davide Crippa, Fraccaro, Giarrizzo, Masi, Orrico, Palmisano, Perconti, Scanu, Sut, Cancelleri, Caso, Currò, Grimaldi, Lorenzoni, Martinciglio, Migliorino, Ruocco, Scerra, Troiano, Zanichelli».

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ALLEGATO 2

7-00651 Binelli: Interventi di sostegno e rilancio dei settori commerciale, dei pubblici esercizi, delle piccole e medie imprese e del made in Italy.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLE COMMISSIONI

   Le Commissioni VI e X,

   premesso che:

    l'impatto dal punto di vista economico determinato dalla pandemia da COVID-19, con la profonda crisi economica che ne è conseguita, è dimostrato dalla riduzione nel 2020 del prodotto interno lordo dell'8,9 per cento e dell'occupazione del 2,8 per cento;

    il tessuto produttivo del nostro Paese è caratterizzato dalle migliaia di aziende, di piccole e medie imprese, micro imprese e professionisti, artigiani, ambulanti, commercianti, in grado di creare occupazione e generare ricchezza, determinando una circolarità dell'economia a beneficio anche dello Stato, in un'ottica di miglioramento dell'erogazione dei servizi fondamentali per tutti i cittadini;

    tuttavia, il sistema produttivo italiano risulta attualmente in estrema difficoltà, a seguito del prolungato periodo di chiusure e delle precedenti scelte di politica economica risultate insufficienti e poco efficaci per un vero rilancio del settore dei comparti;

    alla crisi pandemica, quindi, si è affiancata una crisi economica che ha inciso negativamente su un sistema commerciale già pesantemente gravato dalla crisi finanziaria del 2008, che, solamente negli ultimi anni, iniziava a registrare deboli segnali di ripresa;

    gli effetti di questa doppia crisi, sanitaria ed economica, si ripercuotono con maggior forza sulle piccole realtà produttive che costituiscono il principale motore economico del Paese;

    come è ben noto, le richiamate realtà economiche sono spesso caratterizzate da una conduzione unipersonale o di natura familiare, da cui discende una capacità di resistere alle flessioni del mercato nonché agli urti della crisi in maniera decisamente ridotta rispetto alle multinazionali che da anni governano il mercato, anche in Italia;

    diviene fondamentale un chiaro e forte piano di rilancio delle «attività di quartiere», mediante un piano di sostegno economico, riduzione della pressione fiscale e modernizzazione tecnologica-digitale;

    di non minore importanza è la programmazione delle riaperture di tutte le attività, nonché un piano di incentivi e sostegno alle strutture ricettive e imprese operanti nel settore alberghiero e termale anche mediante bonus in materia edilizia, ristrutturazione, rifacimento ed efficientamento degli immobili a ciò adibiti;

    è evidente che, in assenza, verrà a crearsi un vuoto che sarà colmato dalle grandi catene economiche e dai colossi del commercio;

    a riprova di ciò, vi è il deciso incremento del commercio elettronico che, anche in virtù dalle misure di contenimento della pandemia e dalle prolungate chiusure, si è attestato quale unico settore con incremento positivo nel periodo 2020/2021;

    questa crisi rischia, quindi, di generare due immediati effetti: uno sul piano strettamente economico, derivante dal depauperamento commerciale, dall'impoverimento del tessuto produttivo italiano e dall'indebolimento del made in Italy; l'altro sul Pag. 15piano sociale, atteso che il venir meno di piccole e medie imprese, realtà professionali, commerciali e artigianali comporterebbe una rovinosa perdita di posti di lavoro mettendo in seria difficoltà interi nuclei familiari per i quali le suddette realtà, non raramente, sono l'unica fonte di sostentamento;

    ulteriore effetto negativo è il rischio dell'irreversibile processo di desertificazione urbana, che porterebbe i circa 8000 comuni italiani a perdere interi settori commerciali che li caratterizzano trasformandoli da luoghi di eccellenza, di attrattiva commerciale e turistica, a meri «dormitori» in favore di un accentramento del lavoro verso le grandi imprese e le grandi città;

    occorre agire immediatamente, risultando non più procrastinabile un intervento di riqualificazione e rilancio del tessuto commerciale del Paese che, oltre al connaturato risvolto economico, svolge una necessaria funzione sociale e di sicurezza del territorio,

impegnano il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare ulteriori e specifiche misure per garantire la ripartenza delle piccole, medie e grandi imprese operanti nel commercio, prevedendo altresì misure specifiche di tutela e di sostegno per i negozi e le botteghe storiche, consentendo un'iniezione di liquidità tale da consentire alle aziende tempi rapidi e certi di sostegno, nonché per tutelare in particolare le eccellenze nazionali e del made in Italy, al fine di valorizzare i prodotti che siano espressione di artigianalità, eccellenza qualitativa e siano in grado di rappresentare la diversificazione territoriale, artigianale e culturale che caratterizza il nostro Paese;

   a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative per sostenere le attività di pubblico esercizio come bar, pub, ristoranti e gelaterie danneggiate, mediante ulteriori indennizzi economici ed agevolazioni fiscali;

   a valutare l'opportunità di adottare tutte le iniziative idonee per contrastare la desertificazione commerciale dei piccoli centri urbani;

   a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative di competenza per sostenere le imprese operanti nel settore alberghiero e termale;

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative per prevedere l'estensione delle agevolazioni fiscali in materia di efficientamento energetico anche a più tipologie di interventi per le strutture ricettive, anche in collegamento con il rinnovo del sistema antincendio ovvero del bonus facciate per gli interni o per le strutture fuori da centri storici;

   ad adottare, nell'ambito di competenza, ogni iniziativa utile a velocizzare il piano delle riaperture delle attività economiche, anche con riferimento agli spazi interni;

   a valutare l'opportunità di prevedere ulteriori strumenti volti a sostenere le start-up e le PMI innovative, nonché volti alla diffusione di modelli di vendita multicanale – caratterizzati dall'integrazione tra commercio fisico e commercio digitale – e che agiscano come facilitatori dell'acquisizione di competenze e di strumenti tecnologici, con particolare riferimento ai voucher per la digitalizzazione delle piccole e medie imprese di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto-legge n. 145 del 2013, nonché al ruolo dei digital innovation hub/EDI riconosciuti dal «Piano Impresa 4.0».
(8-00122) «Binelli, Centemero, Andreuzza, Cantalamessa, Carrara, Cavandoli, Colla, Covolo, Fiorini, Gerardi, Galli, Gusmeroli, Micheli, Alessandro Pagano, Pettazzi, Ribolla, Piastra, Zennaro, Saltamartini».

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ALLEGATO 3

7-00652 Moretto: Iniziative volte alla promozione e al sostegno del settore del commercio, con particolare riferimento agli esercizi di vicinato e al commercio tradizionale.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLE COMMISSIONI

   Le Commissioni VI e X,

   premesso che:

    il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, nel disciplinare il sistema del commercio, ha anche introdotto la figura dell'esercizio di vicinato, per la quale si intende un esercizio avente superficie di vendita non superiore a 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti;

    da questa norma è previsto un pieno riconoscimento all'importanza e al valore sociale, oltreché economico, degli esercizi di vicinato che costituiscono l'ossatura economica e sociale di molti quartieri e centri storici delle nostre città;

    tuttavia, la vecchia impostazione dicotomica tra piccoli esercizi di vicinato e media e grande distribuzione oggi appare profondamente inattuale e fuorviante, mentre sembra più corretto parlare di un conflitto sempre più aspro e talvolta impari, tra commercio tradizionale ed e-commerce;

    con la pandemia da COVID-19 e a seguito dell'adozione di provvedimenti restrittivi quali il lockdown, mentre le attività commerciali, tra cui e soprattutto gli esercizi di vicinato, in molti casi chiudono, non essendo in grado di sopravvivere, i colossi del web aumentano i propri volumi di vendita, beneficiando di una situazione in cui si registra un maggior ricorso agli acquisti on line e dell'utilizzo di servizi internet;

    per la sola piattaforma Amazon e solo a titolo esemplificativo nel terzo trimestre 2020, questa ha triplicato i propri profitti che sono cresciuti del 197 per cento, con un aumento di fatturato di 6,3 miliardi di dollari e un aumento delle vendite del 37 per cento superando i 96 miliardi di dollari complessivi del periodo (dati sul periodo luglio-settembre);

    è il settore del commercio tradizionale in genere, infatti, ad essere stato fortemente colpito dalla crisi: i ricavi totali della distribuzione non alimentare, nel 2020, hanno registrato un calo in alcuni settori prossimo al 30 per cento;

    a causa di una situazione sanitaria ancora critica, il quadro non è mutato con l'anno nuovo: il permanere delle chiusure nelle sempre più numerose «zone rosse» e, indipendentemente dal colore della regione, dei centri commerciali durante le giornate festive e prefestive, delinea i contorni di una crisi per il comparto non alimentare sempre più pesante;

    il commercio rappresenta uno dei settori chiave per l'economia del Paese, con 542 miliardi di euro di fatturato generato e 9,8 miliardi di euro investiti nel solo 2019. Questo comparto è in grado di soddisfare bisogni essenziali; attraverso i negozi fisici è capace di sviluppare un elevato livello occupazionale particolarmente centrato su donne e giovani ed è caratterizzato dallo sviluppo di investimenti, che agiscono con moltiplicatori di crescita direttamente sui territori (la distribuzione non delocalizza), attraverso un indotto costituito principalmente da aziende di piccole e medie dimensioni e con grande beneficio economico, occupazionale e sociale;

    il lavoro femminile, poi, come detto, nell'ambito del commercio tradizionale ha assunto un ruolo importante e con numeri Pag. 17preminenti rispetto ad altri settori, tanto negli esercizi di vicinato, quanto nella media e grande distribuzione;

    oltre il 46 delle donne occupate lavora nel commercio e nel turismo e nei servizi e le imprese femminili, nei medesimi settori, sono il 66,4 per cento del totale; pertanto, è evidente che sostenere il commercio tradizionale significa oggi anche sostenere il lavoro femminile;

    anche le misure restrittive adottate dal Governo nei confronti di centri e parchi commerciali, poi, rilevano fino ad oggi circa centocinquanta giornate di chiusura (a cui si aggiungono le chiusure prefestive e festive per feste patronali e quelle nelle zone rosse), che si sono tradotte – secondo una stima ragionevolmente affidabile – in una contrazione del fatturato per ciascuna azienda che si attesta nell'ordine del 40 per cento rispetto all'anno 2019, con una conseguente diminuzione del fatturato annuo complessivo pari a circa 56 miliardi e una correlata perdita proporzionale del gettito tributario stimabile in oltre 11 miliardi di euro;

    il costo degli affitti, la mancanza di una politica fiscale adeguata riguardo la tassazione delle locazioni commerciali e costi fissi importanti che le politiche dei sostegni e dei ristori non sono riuscite compiutamente ad affrontare, rischiano, terminata l'emergenza pandemica, di desertificare interi quadranti delle nostre città;

    la situazione risulta ancor più grave nell'ambito dei «centri commerciali naturali», e nelle realtà commerciali, anche organizzate, che incidono sui territori delle nostre città d'arte a forte vocazione turistica, in cui una crisi senza precedenti rischia di portare alla perdita di importanti aggregazioni di esercizi commerciali che hanno fin qui operato integrandosi tra loro e che si rischia di non ritrovare al termine dell'emergenza sanitaria;

    è necessario, per sostenere la ripresa delle aziende del commercio, prevedere una politica compiuta di finanziamenti e di concessione di liquidità al comparto commerciale, attraverso adeguate politiche fiscali, ma anche con norme che facilitino l'accesso al credito;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza non prevede interventi diretti a favore degli esercizi di vicinato e, più in generale, del commercio tradizionale; saranno quindi indispensabili interventi di sostegno diretto alle reti economico-produttive, introducendo misure di contrasto alla desertificazione commerciale delle nostre città, promuovendo turismo, artigianato e commercio, soprattutto nell'ambito e attraverso la valorizzazione dei centri commerciali, tanto tradizionali quanto naturali,

impegnano il Governo:

   a valutare, compatibilmente con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, specifiche iniziative in materia di sostegno del settore del commercio e dell'artigianato, prevedendo, ove possibile, anche apposite misure fiscali più favorevoli e la definizione di una linea d'intervento dedicata al rapporto tra città ed economie urbane a supporto della costruzione di partenariati socio-economici locali, finalizzati alla messa in opera di progetti di sviluppo territoriale in materia di: marketing urbano; valorizzazione sostenibile delle risorse; innovazione imprenditoriale e costruzione e sviluppo di reti d'impresa e, in genere, di modelli di aggregazione competitiva delle micro, piccole e medie imprese;

   a valutare l'opportunità di porre in essere un confronto con le regioni e gli enti locali, teso ad arrivare alla liberalizzazione delle promozioni nel commercio tradizionale;

   ad adottare, nell'ambito di competenza, ogni iniziativa utile a velocizzare il piano delle riaperture delle attività economiche, anche con riferimento agli spazi interni;

   a valutare l'opportunità di adottare ulteriori e specifiche misure per garantire la ripartenza delle piccole, medie e grandi imprese operanti nel commercio, prevedendo altresì misure specifiche di tutela e Pag. 18di sostegno per i negozi e le botteghe storiche, consentendo un'iniezione di liquidità tale da consentire alle aziende tempi rapidi e certi di sostegno, nonché per tutelare in particolare le eccellenze nazionali e del made in Italy, al fine di valorizzare i prodotti che siano espressione di artigianalità, eccellenza qualitativa e siano in grado di rappresentare la diversificazione territoriale, artigianale e culturale che caratterizza il nostro Paese;

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a dare attuazione al modello di web tax globale.
(8-00123) «Moretto, Ungaro, Marco Di Maio, Mor».

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ALLEGATO 4

7-00661 Squeri: Misure a sostegno delle piccole e medie imprese commerciali al fine di contrastare il fenomeno della desertificazione commerciale.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLE COMMISSIONI

   Le Commissioni VI e X,

   premesso che:

    nell'Italia delle cento città e degli infiniti borghi il piccolo negozio vicino casa costituisce un punto fermo importante della vita sociale, uno spazio di aggregazione e di incontro, che offre ai suoi frequentatori non solo merci ma anche un servizio di carattere sociale e un luogo dove si consolida ed esprime l'identità culturale. In quanto tale esso è radicato nel territorio e lo rappresenta. Non a caso l'espressione «esercizio di vicinato» è stata elevata a dignità di norma;

    i mutamenti economici, culturali e sociali, lo spopolamento delle aree interne, il commercio online e da ultimo la pandemia da COVID-19 e la gravissima crisi dei consumi che ne è derivata, stanno fortemente compromettendo il tessuto economico-sociale degli esercizi di vicinato e di conseguenza l'elemento di coesione che essi rappresentano. Mai come in questo periodo un modo di vivere tipico della società e della cultura italiana, e un retaggio secolare, che può farsi risalire alle botteghe medioevali dell'Italia dei comuni, sono messi in discussione;

    nel febbraio 2021 Confcommercio, nello studio: Demografia d'impresa nelle città italiane, ha diffuso i dati sugli effetti combinati del COVID e del crollo dei consumi (-10,8 per cento pari a –120 miliardi sul 2019): la crisi porterà alla chiusura di oltre 390 mila imprese del commercio tra il 2020 e il 2021 delle quali 240 mila a causa della pandemia. Il tasso di mortalità delle imprese del settore, rispetto al 2019, risulta quasi raddoppiato e non sufficientemente controbilanciato dalla nascita di nuove imprese. Il comunicato Istat del 12 gennaio 2021 conferma il crollo nel 2020 delle vendite al dettaglio, con una riduzione media del 12,5 per cento per le piccole superfici, ma con punte del –45,8 per cento nel calzaturiero e del –37,7 per cento nell'abbigliamento;

    i numeri, impressionanti, si innestano su un generale trend di contrazione commercio al dettaglio in sede fissa che dal 2012 al 2019 ha visto ridursi tali attività da oltre 550 mila a poco più di 470 mila (-77.000 cioè il 14 per cento), sia nei comuni medio grandi che i quelli più piccoli;

    nelle zone montane, nei comuni alpini e appenninici, il fenomeno della desertificazione commerciale è ormai gravissimo: l'Uncem Unione nazionale dei comuni ed enti montani i segnala oltre 200 comuni montani senza un esercizio commerciale e circa un migliaio con meno di tre negozi. Ma il fenomeno colpisce anche i piccoli comuni in pianura: si consideri che nel 2015 l'Ascom di Torino segnalava in Piemonte 70 paesi senza neppure un bar, più altri 340 in cui tutti gli esercizi commerciali avevano ormai chiuso;

    nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) si evidenzia come una efficace politica per la coesione territoriale, volta alla riduzione dei divari tra i territori, rappresenti una priorità strategica per il Governo, indispensabile per riavviare uno sviluppo sostenuto e durevole in Italia. Per quanto riguarda il settore «commercio» nella missione n. 1, Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, si prevede la riattivazione delle reti economico-produttive locali, introducendo misure volte a contrastare la desertificazione commerciale dei centri storici in particolare Pag. 20 nelle località minori, attraverso misure per la riqualificazione, rinnovazione e il contrasto dell'abusivismo, nonché attraverso l'adozione di un piano di defiscalizzazione per le aree interne;

    quanto alla Strategia per lo sviluppo delle aree interne, che è rilanciata dal PNRR, il decreto-legge n. 104, all'articolo 28, ha assegnato alla Strategia ulteriori 110 milioni, che vanno ad aggiungersi ai 200 milioni – 60 milioni per il 2021 e 70 sia per il 2022 che per il 2023 – attribuiti dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1 comma 314). Il Fondo per il sostegno delle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne (ridenominato «Fondo di sostegno ai comuni marginali» dalla legge di bilancio 2021) istituito dalla legge di bilancio 2020 con una dotazione di 30 milioni per ciascuna annualità 2020-2022, è stato rifinanziato, nella misura di 60 milioni per il 2020 e di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022 dal decreto-legge n. 34 del 2020 (articolo 243), a cui si aggiungono ulteriori 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 per interventi nei comuni particolarmente svantaggiati, ivi compresi quelli per il contrasto alla desertificazione commerciale. Nelle mozioni sulle zone montane, approvate dalla Camera il 28 gennaio 2020, sono contenuti numerosi indirizzi per l'uso di queste risorse;

    la legge sui piccoli comuni (n. 158 del 2017), che interessa 5.500 comuni e 10 milioni di cittadini, si prefigurava di rilanciare lo sviluppo economico dei piccoli comuni oltre ad essere stata totalmente depotenziata per esigenze di finanza pubblica, risulta, a oltre tre anni dall'entrata in vigore, pressoché inattuata. Essa conteneva degli automatismi basati sulla concessione di contributi e agevolazioni fiscali volti a favorire l'insediamento delle attività economiche, in particolare artigianali e commerciali. Conteneva anche misure sulla falsariga del piano «1.000 bistrot» della Francia, varato per incentivare la presenza di bar e caffè e spazi commerciali polifunzionali nei piccoli borghi;

    ma è nelle grandi città, soprattutto nelle città d'arte, che la crisi pandemica ha colpito fortemente soprattutto il settore del commercio e dei servizi e, in particolare, i comparti del commercio non alimentare e la filiera turistica in senso ampio. Dal «Conto delle attività satelliti del turismo» elaborato dallo stesso Istat, si apprende che l'apporto all'economia nazionale del settore turistico non si limita ai soli servizi ricettivi, tour operator o trasporto aereo, ma riguarda anche altri settori in particolare lo shopping e la ristorazione. A tal fine elaborato specifici coefficienti turistici, definiti come la quota di produzione di ogni attività destinata a soddisfare la domanda turistica;

    nei centri turistici la pandemia ha reso catastrofici gli effetti della trasformazione in strutture di ospitalità turistica delle abitazioni un tempo abitate da residenti. A Roma circa 20 mila sistemazioni extra alberghiere sono nel centro storico, a Firenze un appartamento su quattro del centro storico è pubblicizzato come un affitto a breve termine, Venezia registra la più alta concentrazione di annunci su Airbnb, 580,6 ogni 10 mila unità abitative. A Napoli, dove il 50 per cento degli abitanti vive in affitto, a causa dell'esplosione dei fitti brevi si sono verificati vistosi fenomeni espulsivi e intere vie del centro hanno perso i precedenti, tipici esercizi commerciali e di ristorazione. L'Italia è il quinto mercato al mondo per Airbnb con oltre 220 mila proprietari di casa che utilizzano il suo portale. In questi luoghi fino al 2019 sovraffollati dal turismo – mordi e fuggi –, già stavano scomparendo i negozi, i locali tipici e gli artigiani (negli ultimi 30 anni le botteghe artigiane nel centro di Roma sono passate da 5.000 a 1.000) con evidente perdita del carattere originario: non a caso si parla di – Disneyficazione –;

    con il fermo del turismo dal marzo 2020 i centri storici si sono scoperti deserti. A Roma la situazione è stata ulteriormente aggravata con l'applicazione il lavoro agile che ha interessato Ministeri e organi costituzionali. Il lavoro agile ha riguardato l'86 per cento degli enti della pubblica amministrazione. A maggio 2020 lavoravano da casa l'87 per cento dei dipendenti, a settembre vi lavoravano in media il 70 per Pag. 21cento. Questo concorso di fattori ha prodotto la catastrofe del commercio: perdite di fatturo superiori al 90 per cento, chiusure a raffica, impatto brutale sul lavoro; dai dati Istat di novembre 2020 risulta che il commercio registrava a quella data già 191 mila occupati in meno (-5,8 per cento), per la gran parte donne, ove si consideri che le imprese femminili, nel commercio e nel turismo e nei servizi, sono oltre il 66 per cento del totale e rappresentano il 46 per cento delle donne occupate;

    con il comma 2-bis dell'articolo 182 del decreto-legge n. 34 del 2020 è stata prevista attribuzione di uno specifico codice Ateco alle attività commerciali nelle aree ad alta valenza turistica, che consentirebbe alle stesse di accedere ai sostegni destinate alla generalità delle imprese classificate come turistiche. L'Istat ha da tempo definito una classificazione dei comuni secondo la «categoria turistica prevalente» e la «densità turistica». Tuttavia, il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ancora avviato le procedure che consentiranno alle imprese commerciali e di servizi di tali aree di richiedere alle camere di commercio quest'attribuzione;

    l'Osservatorio Aub, cui partecipa la Bocconi, ha rilevato che il 33 per cento delle aziende familiari italiane ha una struttura finanziaria inadeguata ad affrontare la pandemia ed è quindi a rischio di liquidazione. Se prima del 2020 nelle principali città italiane si stava verificando un cambiamento del tessuto commerciale soprattutto all'interno dei centri storici con continue chiusure di negozi e botteghe condotte da imprese familiari dedite al commercio da generazioni, sostituite da negozi di catene di franchising, durante la pandemia, in particolare nelle città d'arte si sta verificando quello che l'assessore al commercio del comune di Venezia ha definito un «assalto alla diligenza», fatto di acquisizioni di attività quali negozi e piccoli alberghi da parte di investitori stranieri;

    la crescita dell'imprenditoria straniera nel settore del commercio è assolutamente in controtendenza: secondo il già citato studio «Demografia d'impresa nelle città italiane» dal 2012 al 2020 le imprese condotte da stranieri nel settore del commercio sono cresciute del 27,5 per cento, mentre quelle condotte da italiani sono diminuite del 6,9 per cento. Nello stesso periodo gli occupati stranieri sono cresciuti dal 21,9 per cento, mentre quelli italiani calati del 3,2 per cento. Uno studio della Fondazione Moressa del febbraio 2021 esplicita che tra il 2019 e il 2020 il numero degli imprenditori stranieri è cresciuto del 2,3 per cento nonostante l'epidemia. Da tempo sia Confesercenti che Confcommercio parlano di «concorrenza sleale» e segnalano l'anomalia di questo fenomeno, nel quale si registra un turnover pari al doppio delle corrispondenti imprese italiane e il frequente ricorso alla pratica «apri e chiudi». Circa un quarto di tali imprese non arriva all'anno di vita;

    quanto al commercio elettronico, secondo l'ultima indagine (aprile 2021) dell'Osservatorio e-commerce B2C del Politecnico di Milano, il comparto ha registrato, nel 2020, una crescita esplosiva. Complice il crollo dei consumi offline causa delle restrizioni al commercio fisico, la penetrazione dell'online sul totale Acquisti retail, dovuto alla pandemia, registra un significativo balzo in avanti e passa dal 7 per cento del totale del commercio al dettaglio registrato nel 2019 al 9 per cento 2020, con punte dal 2 per cento, 12,9 per cento negli acquisti nell'abbigliamento e calzaturiero e dal 2 per cento a 12,8 per cento negli acquisti di prodotti per la cura della persona. Poste Italiane ha comunicato di aver consegnato, nel mese di dicembre 2020, 20 milioni di pacchi legati all'e-commerce, quasi 10 milioni in più rispetto allo stesso periodo del 2019 (+56 per cento). E nel primo trimestre 2021, a fronte di una crescita record nel 2020 dell'e-commerce mondiale (+31,3 per cento), Amazon ha più che triplicato i profitti (8,1 miliardi di dollari), mentre l'aumento del fatturato è stato del 44 per cento (a 108,52 miliardi);

    secondo il report di Mediobanca, «I giganti del websoft», dell'ottobre 2020, le controllate italiane delle multinazionali del web ubicate nel nostro Paese, si sono viste applicare un tax rate del 32,1 per cento. Più Pag. 22in generale, spiega il report, «circa la metà dell'utile ante imposte delle WebSoft è tassato in Paesi a fiscalità agevolata, con conseguente risparmio fiscale cumulato di oltre 46 miliardi nel 2015-2019». Il tax rate effettivo delle multinazionali WebSoft nel 2019 è pari al 16,4 per cento;

    qui non si tratta evidentemente di demonizzare l'e-commerce, rispetto al quale, in termini di tassazione, si stanno muovendo sia l'Unione europea (il 1° luglio 2021 entrano in vigore le nuove regole Iva sull'e-commerce e successivamente quelle relative alla tassazione dei redditi generatisi con il commercio elettronico), sia l'Ocse (presso la quale la nuova amministrazione Usa ha proposto una tassazione globale al 21 per cento sui profitti delle multinazionali). Si tratta invece di favorire un processo di «ibridazione» tra esercizio commerciale fisico che offre servizi e quello via web, mediante l'adozione di specifiche misure;

    si tratta di semplificare la burocrazia che grava sul settore del commercio e più in generale sulle piccole e medie imprese. Davanti alla Commissione parlamentare per la semplificazione, nel febbraio 2021 l'Osservatorio nazionale della Cna, ha ripetuto quel che ripete da anni: sono troppi gli adempimenti burocratici necessari per avviare un'impresa in Italia; bisogna affrontare procedure lunghe, complesse e costose, fino a 86 adempimenti burocratici e quasi 20 mila euro di spese per un autoriparatore, 78 adempimenti per un falegname, 73 per una gelateria, 71 per un bar, ad onta delle innumerevoli leggi sulla «impresa in un sol giorno» o sugli «sportelli unici» che il Parlamento ha approvato. Secondo la Cgia di Mestre ammonta a 57,2 miliardi di euro il costo che ogni anno grava sulle imprese italiane a causa del cattivo funzionamento della nostra burocrazia;

    si tratta di ridurre il carico fiscale, sia diretto che indiretto, che incide sulla competitività. Secondo i dati della World Bank, «Doing Business 2020», dell'ottobre 2019 le piccole e medie imprese hanno un carico fiscale complessivo che si attesta al 59,1 per cento dei profitti. I giganti del web «pagano meno tasse di un negozio di via del Corso (...) dietro la riallocazione del carico fiscale c'è innanzitutto una concezione di equità» ha detto il commissario europeo all'economia Paolo Gentiloni, nel corso di una audizione dinanzi alle Commissioni Finanze di Camera e Senato nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla riforma dell'Irpef;

    si tratta di ridurre gli oneri dei servizi essenziali: secondo i dati dell'osservatorio per l'energia 2020 della Cna diffusi nel luglio 2020, per la classe di consumo elettrico fino a 20 MWh, nella quale ricadono le imprese micro, piccole e artigiane, l'energia elettrica costa il 54,3 per cento più che nel resto dell'Europa, per quel che riguarda il costo della materia prima. Le componenti «servizi di rete» e «oneri e imposte» incidono più della metà sul totale della bollette e portano tale divario al 64,2 per cento rispetto alla media dell'Unione europea. La Rete pullula di rimostranze di commercianti e ristoratori che si sono visti recapitare bollette di luce e gas di centinaia e migliaia di euro nonostante i consumi zero del periodo del lockdown;

    si tratta di introdurre talune regole sia in termini di tutela sia volte a creare un clima favorevole all'insediamento di nuove attività commerciali. Con l'articolo 31 del cosiddetto «decreto salva Italia» del Governo Monti si è introdotta la liberalizzazione assoluta in termini di insediamento commerciale, con la soppressione dei divieti di insediamento per talune tipologie di esercizi commerciali e del rispetto di distanze minime obbligatorie. Questo ha favorito la dispersione dei caratteri tradizionali di molti centri storici e l'abbassamento della qualità dei servizi commerciali e artigianali offerti. È quindi opportuno introdurre un assetto regolatorio, gestito dai comuni, non dettato esclusivamente sulla competizione di mercato, ma che tenga conto delle specificità e perfino del carattere storico-culturale di talune attività commerciali e artigiane, nonché della necessità di salvaguardare il presidio urbano e di servizio rappresentato dagli esercizi commerciali;

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    il blocco degli sfratti causa pandemia ha sin qui impedito l'espulsione dal tessuto produttivo delle innumerevoli attività commerciali, artigianali e del settore della ristorazione, in particolare nelle aree turistiche e nei centri storici, che hanno visto crollare i propri fatturati. Diversamente da quanto fatto per gli impianti sportivi (per i quali l'articolo 216 del decreto rilancio n. 34 del 2020 ha previsto la «rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziarie originariamente pattuite») o per il settore alberghiero, (che gode di un credito d'imposta per i canoni di locazione da marzo 2020 ad aprile 2021), per il settore del commercio è mancata una politica organica che tenesse conto del principale dei costi fissi dei negozi di vicinato e cioè il canone di locazione commerciale, il cui livello è rimasto commisurato al volume d'affari del 2019. Questo elemento, terminata l'emergenza pandemica, rischia di desertificare interi quadranti delle nostre città e di generare un abnorme contenzioso giudiziario;

    appaiono quindi urgenti gli interventi finalizzati a creare un ambiente favorevole al rilancio delle attività commerciali e dei servizi, strumenti che consentano il rafforzamento della produttività e della competitività, l'accesso al credito e un'adeguata patrimonializzazione. Il comparto del commercio necessita di misure volte favorire:

     a) una significativa semplificazione amministrativa e fiscale;

     b) un processo di innovazione che tenga conto anche delle nuove esigenze di consumo, garantendo una parità di condizioni sia di mercato che fiscali;

     c) la predisposizione di specifici strumenti di sostegno e incentivazione;

     d) la predisposizione di strumenti di tutela;

    il modello italiano di pluralismo distributivo, fatto di un tessuto fittissimo di piccole, medie e grandi imprese rappresenta un valore economico e un valore sociale, ma anche politico, ove si consideri che un tessuto sociale fatto di tanti, piccoli e proprietari costituisce elemento fondante e stabilizzatore di una democrazia,

impegnano il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a dare attuazione al modello di web tax globale;

   a valutare l'opportunità di prevedere ulteriori strumenti volti a sostenere le start-up e le PMI innovative, nonché volti alla diffusione di modelli di vendita multicanale – caratterizzati dall'integrazione tra commercio fisico e commercio digitale – e che agiscano come facilitatori dell'acquisizione di competenze e di strumenti tecnologici, con particolare riferimento ai voucher per la digitalizzazione delle piccole e medie imprese di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto-legge n. 145 del 2013, nonché al ruolo dei digital innovation hub/EDI riconosciuti dal «Piano Impresa 4.0»;

   ad adottare specifiche politiche in favore delle piccole e medie imprese commerciali e di reazione ai processi di desertificazione commerciale mediante stabilizzazione e ampliamento del credito d'imposta relativo ai costi a carico su dette imprese per l'utilizzo della moneta elettronica, perseguendo ulteriori iniziative in accordo con il sistema bancario, per l'azzeramento delle commissioni sui pagamenti di importo ridotto;

   a valutare, compatibilmente con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, specifiche iniziative in materia di sostegno del settore del commercio e dell'artigianato, prevedendo, ove possibile, anche apposite misure fiscali più favorevoli e la definizione di una linea d'intervento dedicata al rapporto tra città ed economie urbane a supporto della costruzione di partenariati socio-economici locali, finalizzati alla messa in opera di progetti di sviluppo territoriale in materia di: marketing urbano; valorizzazione sostenibile delle risorse; innovazione imprenditoriale e costruzione e sviluppo di reti d'impresa e, in genere, di modelli di aggregazione competitiva delle micro, piccole e medie imprese;

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   a valutare l'opportunità di adottare ulteriori e specifiche misure per garantire la ripartenza delle piccole, medie e grandi imprese operanti nel commercio, prevedendo altresì misure specifiche di tutela e di sostegno per i negozi e le botteghe storiche, consentendo un'iniezione di liquidità tale da consentire alle aziende tempi rapidi e certi di sostegno, nonché per tutelare in particolare le eccellenze nazionali e del made in Italy, al fine di valorizzare i prodotti che siano espressione di artigianalità, eccellenza qualitativa e siano in grado di rappresentare la diversificazione territoriale, artigianale e culturale che caratterizza il nostro Paese;

   a dare seguito tempestivamente al dettato del comma 2-bis dell'articolo 182 del decreto-legge n. 34 del 2020, in materia di attribuzione di uno specifico codice Ateco «valenza turistica» alle attività commerciali e ai servizi insistenti nelle aree ad alta densità turistica individuate dall'Istat;

   ad adottare iniziative per introdurre specifiche disposizioni per il contrasto all'abusivismo commerciale e al fenomeno delle imprese «apri e chiudi», con particolare riferimento alle attività commerciali che presentano una velocità di turnover tale da essere compatibile con una possibile evasione fiscale e contributiva, al fine di assicurare la parità concorrenziale con le attività commerciali correttamente strutturate.
(8-00124) «Squeri, Porchietto, Barelli, Baldini, Spena, Giacomoni, Paolo Russo, Giacometto, Bond, Nevi, Caon, Anna Lisa Baroni».