CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 maggio 2021
591.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-03706 Martinciglio: Iniziative finalizzate ad escludere il riconoscimento del reddito di cittadinanza in caso di detenzione di natanti da diporto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In tema di accesso al Reddito di cittadinanza con riguardo al godimento dei beni durevoli, trova applicazione quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera c), del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26.
  Tale disposizione, nel dettagliare i requisiti relativi al godimento dei beni durevoli, con particolare riferimento al possesso di navi e imbarcazioni dispone che «nessun componente deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171».
  Sul punto, il richiamato articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, oltre a fornire le definizioni di navi e imbarcazioni, alla lettera f) riporta quella di natante da diporto, secondo la quale «si intende ogni unità a remi ovvero con scafo di lunghezza pari o inferiore a dieci metri, misurata secondo la norma armonizzata di cui alla lettera c, con esclusione delle moto d'acqua».
  In ossequio a tale disposizione, come opportunamente evidenziato dall'interrogante, non osta alla concessione del beneficio in parola l'intestazione o la piena disponibilità di «natanti da diporto» di dimensioni inferiori al valore sopra indicato.
  Al riguardo, la ratio della norma, nel definire quale motivo di esclusione dal beneficio il possesso di navi e imbarcazioni, considerati beni durevoli di valore, escludendo tuttavia dal novero tutti i natanti (non potendo discriminare in base al loro valore di mercato), sembra essere quello di tutelare le necessità di coloro che vivono in particolari dimensioni geografiche quali, ad esempio, i nuclei familiari residenti nelle isole e in località di mare, per i quali la proprietà di piccoli natanti non denota necessariamente condizioni di stabilità economica.
  Analogamente, con riguardo al requisito patrimoniale di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) n. 2 del citato decreto-legge, il possesso di un immobile diverso dalla abitazione di residenza di poco valore non rileva ai fini del riconoscimento del beneficio; in tal caso il Legislatore ha inteso non escludere dalla misura, ad esempio, i nuclei familiari che vivono in contesti rurali e possiedono un piccolo appezzamento di terra per l'autoconsumo.
  Al riguardo, mi preme sottolineare che nel disegnare l'impianto dell'istituto del reddito di cittadinanza, il Legislatore ha inteso individuare requisiti molto stringenti per l'accesso al beneficio economico, proprio al fine di impedire possibili abusi, suscettibili di determinare situazioni di «ingiustizia sociale». D'altra parte, non si può certo negare che, in fase applicativa, si siano verificate distorsioni ed effetti contraddittori rispetto alla stessa ratio legis, indubbiamente volta a intercettare situazioni di reale disagio sociale ed economico.
  È per questo che è stato istituito il Comitato scientifico per la valutazione del Reddito di cittadinanza, con l'obiettivo proprio di valutare la resa dell'istituto e individuare le azioni necessarie, per renderlo più efficace e conforme alle intenzioni del legislatore.
  Alla luce della considerazione che effettivamente la maggior parte dei natanti non a remi hanno un valore commerciale molto alto, come ad esempio motoscafi, cabinati e le moto d'acqua, assicuro l'impegno Pag. 318 del Ministero a lavoro a valutare con attenzione tale specifica problematica, al fine di individuare interventi correttivi nel senso suggerito dagli interroganti.
  Per quanto riguarda l'esigenza di un intervento normativo per l'identificazione delle unità di diporto esistenti, la cui invisibilità ha conseguenze anche sul piano fiscale, nel condividerne la finalità, assicuro il sostegno dell'Amministrazione che rappresento, per quanto di competenza, a eventuali iniziative in tal senso.

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ALLEGATO 2

5-04786 Raciti: Interventi per il riconoscimento di benefici previdenziali a lavoratori esposti all'amianto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La questione sollevata nell'interrogazione parlamentare in oggetto attiene ad una specifica controversia giurisdizionale che ha riguardato alcuni lavoratori siciliani che hanno richiesto all'INPS l'attribuzione dei benefici previdenziali previsti dalla legge per chi è stato esposto all'amianto.
  Detti benefici previdenziali risultano rivolti ai lavoratori esposti all'amianto per oltre dieci anni, ma sono soggetti ad un regime regolativo differente (sotto l'an ed il quantum) a seconda che rientrino nella disciplina stabilita dapprima dall'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, e poi da quella stabilita dall'articolo 47 del decreto-legge n. 269 del 2003 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003.
  In ogni caso è richiesto che i lavoratori facciano una domanda all'INAIL per l'accertamento della cosiddetta «esposizione qualificata» (ossia ad oltre 100 fibre/litro per tutto il periodo di esposizione ultradecennale), e quindi una domanda all'INPS per l'accredito della maggiorazione contributiva.
  I lavoratori di cui si tratta avevano ottenuto, in primo grado, dal Tribunale di Siracusa (sentenza n. 900/2018), il riconoscimento dei più favorevoli benefici previsti dall'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 (non soggetti a decadenza alla data del 15 giugno 2005).
  La Corte d'Appello di Catania, con sentenza n. 416/2020, ha riformato la sentenza di I grado, stabilendo che i lavoratori rientrassero nel regime regolativo dell'articolo 47 del decreto-legge n. 269 del 2003, che detta una disciplina meno favorevole, prevedendo altresì un termine di decadenza per chi non avesse presentato la domanda all'INAIL entro la data del 15 giugno 2005 (termine stabilito dal decreto ministeriale 27 ottobre 2004, cui rinvia la legge). Poiché i predetti lavoratori hanno presentato domanda all'INAIL molti anni dopo il termine fissato dalla legge (fatto incontestato nel giudizio), la Corte d'appello ha dichiarato la domanda inammissibile per intervenuta decadenza.
  La questione risolta dalla Corte d'appello di Catania riguarda una tipica questione di diritto intertemporale che si ripropone nell'ordinamento tutte le volte in cui ad una prima disciplina normativa segue una diversa disciplina.
  La soluzione di tale questione nella fattispecie in esame è stata individuata dallo stesso legislatore che ha dettato in proposito una specifica disciplina di diritto intertemporale, contenuta anzitutto nel citato articolo 47 del decreto-legge n. 269 del 2003. Successivamente, questa stessa disciplina di diritto intertemporale è stata ampliata con la legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004), che con l'articolo 3, comma 132, ha considerato come diritti acquisiti (all'applicazione della più favorevole disciplina) quelli maturati da tutti i lavoratori che prima del 2 ottobre 2003 avessero ottenuto o anche semplicemente richiesto all'INAIL la certificazione dell'esposizione all'amianto.
  Dal momento che la norma ha fatto salva la posizione di coloro che al 2 ottobre avessero presentato domanda all'INAIL, risulta consequenziale che chi ha fatto domanda di certificazione all'INAIL in data successiva al 2 ottobre 2003 (come appunto i lavoratori cui si riferisce la sentenza della Corte d'Appello di Catania) non possa avere diritto all'applicazione del regime normativo pregresso e nei suoi confronti occorra applicare il nuovo regime stabilito dall'articolo 47 del decreto-legge n. 269 del 2003. Pag. 320
  La sentenza della Corte d'appello di Catania, oltre a rispettare le premesse normative richiamate (applicate dall'INPS fin dalla circolare n. 58/2005), risulta conforme con l'unanime giurisprudenza di legittimità.
  In proposito, è opportuno sottolineare che, in base alla stessa legge n. 257 del 1992, il diritto ai benefici previdenziali non deriva dal mero fatto dell'esposizione ultradecennale, ma è subordinato alla presentazione di apposita domanda amministrativa (all'INAIL e di seguito all'INPS), volta ad instaurare un complesso accertamento amministrativo sui requisiti costitutivi dei benefici previdenziali e sul loro accredito sulla posizione contributiva.
  Occorre poi soffermarsi sulla diversa questione della restituzione all'INPS delle somme che sono state erogate – nelle more, tra la sentenza di primo grado e la sentenza di appello – a titolo di benefici contributivi sulle pensioni dei lavoratori.
  Come ribadito dall'Istituto, allo stato attuale della disciplina, l'INPS non può abbandonare, senza una norma ad hoc, il recupero delle stesse somme che risultano corrisposte e non dovute. Norme di tale tipo riferite ai lavoratori esposti all'amianto sono state più volte introdotte nell'ordinamento. Esse sono certamente conformi ai principi, in considerazione del fatto che si tratta di somme, quelle del reddito di pensione, destinate alle improcrastinabili esigenze di vita dei lavoratori.
  Per questo, il Ministero del lavoro, nell'attribuire massima considerazione alla situazione di questi lavoratori, si impegna a valutare – compatibilmente con le ragioni di sostenibilità finanziaria – un intervento volto a sanare la questione dell'indebito. Aggiungo, inoltre, che il Ministro Orlando ha voluto avviare, proprio in questi giorni, un'attività di studio della legislazione in materia di amianto, con riguardo anche ai benefici previdenziali, al fine di giungere al riordino di tale disciplina, più volte nel tempo assoggettata a modifiche, che hanno determinato un insieme normativo per taluni aspetti disorganico e bisognevole di essere sistematizzato e razionalizzato.

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ALLEGATO 3

5-05791 Rizzetto: Riconoscimento per la settimana dal 29 marzo al 4 aprile 2021 della cassa integrazione guadagni per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Rispondo all'atto concernente il riconoscimento per la settimana dal 29 marzo al 4 aprile 2021 della cassa integrazione guadagni per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19.
  Come noto, con la legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021) sono stati previsti per l'anno 2021 nuovi interventi in materia di ammortizzatori sociali e nuove misure di sostegno al reddito nei casi di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa causate dall'emergenza epidemiologica da Coronavirus, prorogando ulteriormente i trattamenti di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge n. 18 del 2020.
  In particolare, ai commi da 299 a 305 dell'articolo 1, la legge di bilancio introduce la possibilità di accedere ad ulteriori dodici settimane del trattamento ordinario di integrazione salariale, dell'assegno ordinario e del trattamento di integrazione salariale in deroga, differenziando il periodo in cui collocare le predette settimane a seconda dell'ammortizzatore emergenziale spettante. Ed infatti, il comma 300 dell'articolo 1 prevede che le aziende sottoposte alla normativa CIGO possano richiedere le prestazioni tra il 1° gennaio 2021 fino al 31 marzo 2021, mentre le aziende che accedono all'assegno ordinario e alla cassa integrazione salariale in deroga nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 30 giugno 2021.
  Il decreto-legge n. 41 del 2021, nel prorogare i trattamenti anzidetti, segue la medesima logica di differenziazione dei trattamenti CIGO, da un lato, e dei trattamenti di CIGD e assegno ordinario dei Fondi di solidarietà dall'altro, prevedendo all'articolo 8, commi 1 e 2, sia una diversa durata massima sia un differente periodo di collocazione: 13 settimane per le prestazioni di CIGO tra il 1° aprile 2020 e 30 giugno 2021 e 28 settimane tra 1° aprile 2020 e 31 dicembre 2021 per le prestazioni di cassa integrazione in deroga e per gli assegni erogati dai Fondi di solidarietà.
  Tuttavia, allo scopo di riconoscere senza soluzione di continuità le prestazioni in oggetto a quei datori di lavoro interessati da ininterrotte sospensioni o riduzioni dell'attività lavorativa nel primo trimestre del 2021, l'interpretazione amministrativa fornita con la circolare INPS n. 72 pubblicata il 30 aprile 2021, ha chiarito – su conforme parere del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – che tali datori possano richiedere il nuovo periodo di 13 settimane di trattamenti – previsto dal decreto-legge n. 41 del 2021 – a far tempo dal 29 marzo 2021, consentendo quindi di anticipare la decorrenza dei trattamenti come espressamente indicata dall'articolo 8 del citato decreto.
  Il Parlamento ha voluto chiarire con una norma l'interpretazione già data dall'INPS, al fine di assicurare ai datori di lavoro maggiore certezza nell'applicazione della misura. Pertanto, in sede di conversione del decreto-legge n. 41, è stato approvato dal Senato un emendamento volto ad assicurare espressamente la continuità tra i trattamenti di cui alla legge 30 dicembre 2020, n. 178, e quelli di cui al decreto-legge n. 41 del 2021. Pag. 322
  In particolare, è stato introdotto all'articolo 8 del decreto-legge n. 41 del 2021, il comma 2-bis ai sensi del quale «I trattamenti di cui ai commi 1 e 2 possono essere concessi in continuità ai datori di lavoro che abbiano integralmente fruito dei trattamenti di cui all'articolo 1, comma 300, della legge 30 dicembre 2020, n. 178».
  Come noto il decreto-legge ora è all'esame di questo ramo del Parlamento e proprio in data odierna è prevista la votazione finale. Pertanto, appena diverrà norma di legge, l'INPS adotterà le azioni necessarie al fine di rendere la norma introdotta immediatamente applicativa.

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ALLEGATO 4

DL 44/2021: Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici. C. 3113 Governo, approvato dal Senato.

PARERE APPROVATO

  La XI Commissione,

   esaminato, per quanto di competenza, il disegno di legge C. 3113, di conversione del decreto-legge n. 44 del 2021, recante misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici, approvato dal Senato della Repubblica;

   considerato che gli articoli 3 e 3-bis del decreto-legge recano disposizioni volte a limitare la responsabilità degli operatori del settore sanitario per i casi di somministrazione del vaccino contro il virus SARS-CoV-2 e per i fatti commessi nell'esercizio di una professione sanitaria durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 che trovino causa nella medesima situazione di emergenza;

   rilevato che l'articolo 4 dispone, per gli esercenti le professioni sanitarie e per gli operatori di interesse sanitario di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 1 febbraio 2006, n. 43, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali, l'obbligo di vaccinazione, considerata requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative;

   viste le disposizioni recate dall'articolo 8 in materia di assunzioni a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni di lavoratori socialmente utili o impegnati in attività di pubblica utilità;

   considerata la nuova procedura semplificata, delineata dall'articolo 10 del provvedimento, per lo svolgimento dei concorsi pubblici relativi al reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, che prevede, in particolare, lo svolgimento di una sola prova scritta e di una prova orale, limitatamente ai concorsi per il reclutamento di personale non dirigenziale, l'utilizzo di strumenti informatici e digitali e, facoltativamente, lo svolgimento in videoconferenza della prova orale, l'introduzione, per i profili ad elevata specializzazione tecnica, di una fase di valutazione dei titoli legalmente riconosciuti ai fini dell'ammissione alle successive fasi concorsuali, nonché il concorso dei titoli e dell'eventuale esperienza professionale, inclusi i titoli di servizio, alla formazione del punteggio finale, in misura non superiore a un terzo;

   considerate le disposizioni di carattere transitorio, recate dal medesimo articolo 10, relative allo svolgimento delle procedure concorsuali già in corso o già bandite, nonché alla procedura per l'assunzione di personale a tempo determinato nelle amministrazioni pubbliche operanti nel Mezzogiorno, autorizzata dall'articolo 1, comma 179, della legge di bilancio per il 2021;

   osservato che l'articolo 10-bis reca disposizioni di interpretazione autentica dell'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 288 del 2003, concernenti la disciplina previdenziale applicabile ai direttori scientifici degli Istituti di ricovero Pag. 324e cura a carattere scientifico di natura pubblica;

   rilevato che l'articolo 10-ter dispone l'estensione all'anno scolastico 2021/2022 della disciplina transitoria che consente nelle scuole dell'infanzia paritarie comunali il ricorso ad incarichi temporanei, attingendo anche alle graduatorie comunali degli educatori dei servizi educativi per l'infanzia in possesso di titolo idoneo,

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PARERE FAVOREVOLE.