CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 30 marzo 2021
559.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
Pag. 153

ALLEGATO 1

5-05612 Martinciglio: Accesso ai dati completi delle fatture elettroniche per rafforzare il contrasto all'evasione fiscale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante evidenzia che la fattura elettronica obbligatoria si è rivelata particolarmente utile per il contrasto all'evasione, e che dall'indagine conoscitiva sulla «Riforma dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e su altri aspetti del sistema tributario» è emersa l'esigenza di potenziare, a tal fine, gli strumenti di raccolta dati.
  Pertanto, l'Onorevole chiede al Ministro dell'economia e delle finanze, l'attuazione, in armonia con la normativa sulla privacy, dell'articolo 14 del decreto-legge n. 124 del 2019.
  Tale norma prevede la memorizzazione dei file delle fatture elettroniche fino al 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi ai fini dell'azione di controllo da parte della Guardia di finanza e dell'Agenzia delle Entrate.
  L'Onorevole interrogante ritiene, infatti, che per una più importante azione di contrasto all'evasione – ai fini del potenziamento degli strumenti di controllo e dell'analisi del rischio da parte dell'Agenzia dell'entrate e della Guardia di finanza – sia importante non solo l'accesso ai cosiddetti dati fattura ma anche alle informazioni concernenti la natura, la quantità e la qualità del bene ceduto e della prestazione resa.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria ed il Comando Generale della Guardia di Finanza, si rappresenta quanto segue.
  L'introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria ha consentito all'Amministrazione finanziaria di incrementare il proprio patrimonio informativo per effettuare mirate analisi di rischio, dirette a prevenire e reprimere i più rilevanti fenomeni di evasione fiscale e di frode.
  Incrociando i dati della fatturazione elettronica obbligatoria con quelli dell'Anagrafe Tributaria e di altri applicativi informatici è infatti possibile individuare, in modo molto più agevole e tempestivo, i soggetti a rischio nonché ricostruire le filiere commerciali e risalire ai beneficiari ultimi dei sistemi di frode.
  Tale misura ha inoltre ridotto sensibilmente il tempo necessario all'Amministrazione finanziaria per «intercettare» gli indizi tipici di una frode, evitando in tal modo che le condotte illecite si protraggano ulteriormente arrecando danni consistenti all'Erario.
  Al riguardo, la «Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contribuiva», allegata alla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2020, a riprova delle potenzialità sottese allo strumento in rassegna, ha confermato l'esistenza di un «nesso causale» tra l'incremento del gettito IVA e l'introduzione dell'obbligo della fattura elettronica, come attestato dalle analisi, di tipo macro e micro, svolte dalla Commissione incaricata. In particolare, l'effetto positivo sulla compliance dei contribuenti viene stimato in un extra-gettito, nel 2019, ricompreso tra 1,7 e 2,1 miliardi di euro.
  L'Onorevole interrogante evidenzia che un ulteriore impulso all'azione di contrasto all'evasione fiscale potrebbe, inoltre, derivare dall'attuazione – in armonia con la normativa sulla privacy – dell'articolo 14 del decreto-legge n. 124/2019, che ha introdotto i commi 5-bis e 5-ter nell'articolo 1 del decreto legislativo n. 127/2015, prevedendo la memorizzazione dei file XML delle fatture elettroniche fino al 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello di Pag. 154presentazione della dichiarazione di riferimento, ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi, per l'utilizzazione:

   a. nell'assolvimento dei compiti di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza;

   b. nelle attività di analisi del rischio e di controllo ai fini fiscali da parte dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza.

  L'utilizzo dei dati e delle informazioni, come disciplinato dal richiamato articolo 14 del decreto-legge n. 124 del 2019, consentirebbe di ridurre sensibilmente il lasso temporale tra la realizzazione della frode e la risposta dell'Amministrazione finanziaria.
  In relazione all'applicazione della citata disposizione è opportuna una preventiva definizione delle misure di garanzia e di sicurezza idonee ai fini della tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali.
  A tal proposito giova preliminarmente osservare che la normativa sulla tutela dei dati personali si pone come tema centrale nel contesto del fisco digitale.
  La normativa fiscale e, più in generale, l'attività della pubblica amministrazione non può naturalmente prescindere dal rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, introdotta in adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, la quale prevede (articolo n. 1 del decreto legislativo n. 196 del 2003, come successivamente modificato dal decreto legislativo del 10 agosto 2018 n. 1019) che il trattamento dei dati personali deve avvenire secondo «...le norme del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, … nel rispetto della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali della persona». Tale normativa costituisce, pertanto, un parametro di legittimità della normativa interna e impone che questa sia ispirata ai principi di necessità e proporzionalità.
  Ciò emerge con chiarezza dal già citato articolo 14 del DL. 124 del 2019 il quale dispone che «la Guardia di Finanza e l'Agenzia delle entrate, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adottano idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, attraverso la previsione di apposite misure di sicurezza, anche di carattere organizzativo, in conformità con le disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196; l'Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza sono tenute ad adottare, a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, tutte le necessarie misure di sicurezza, anche di carattere organizzativo, in conformità alle disposizioni del Regolamento 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.».
  Il Garante per la protezione dei dati personali si è più volte espresso in maniera critica in merito ad alcune previsioni contenute nei provvedimenti dell'Agenzia delle Entrate concernenti le regole tecniche relative all'emissione e alla conservazione delle fatture elettroniche (Provvedimenti del 18 novembre 2018, del 20 dicembre 2018 e parere del 9 luglio 2020).
  Il Garante, in particolare, ha ritenuto «sproporzionata la memorizzazione di dati non fiscalmente rilevanti e inerenti la descrizione delle prestazioni fornite.». L'Agenzia delle Entrate può procedere, pertanto, alla memorizzazione dei soli dati riportati nel file XML della fattura elettronica, necessari per i controlli automatizzati, i cosiddetti «dati fattura» (utili ad esempio incongruenze tra dati dichiarati e quelli a disposizione dell'Agenzia), con l'esclusione dei dati relativi alla descrizione della natura, qualità e quantità del bene o servizio oggetto di fattura.
  Deve, altresì, evidenziarsi che il legislatore è intervenuto sul tema con la legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020); il comma 681 dell'articolo 1 ha modificato il decreto legislativo n. 196 del 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali), precisando che, ai fini di tale normativa deve essere compreso, tra i rilevanti obiettivi Pag. 155 di interesse pubblico anche quello di prevenzione e contrasto all'evasione fiscale.
  Tanto premesso, stante l'importanza dei dati della fatturazione elettronica per le azioni di controllo dell'Amministrazione finanziaria, l'Agenzia delle entrate ha avviato un confronto tecnico con il Garante della protezione dei dati personali ai fini dell'emanazione di un provvedimento attuativo del suddetto articolo 14 del decreto-legge n. 124/2019, nel rispetto delle disposizioni del Regolamento 679/2016 UE (GDPR). In attesa della definizione del provvedimento, l'Agenzia mantiene memorizzati i file delle fatture elettroniche trasmesse e ricevute attraverso Sdi al solo fine di renderle disponibili in consultazione agli operatori IVA titolari delle stesse che hanno aderito allo specifico servizio.

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ALLEGATO 2

5-05613 Sani: Estensione del credito d'imposta per investimenti pubblicitari alle associazioni sportive in regime forfettario.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento alle disposizioni introdotte dall'articolo 81 del decreto-legge n. 104 del 2020 (cosiddetto Decreto Agosto) concernenti l'introduzione di un credito d'imposta per gli investimenti pubblicitari in favore di leghe e società sportive professionistiche e di società e associazioni sportive dilettantistiche e chiedono di sapere se non si ritenga opportuno intervenire al fine di ricomprendere tra i beneficiari dell'agevolazione fiscale anche le associazioni sportive dilettantistiche che hanno aderito allo speciale regime tributario previsto dalla legge n. 398 del 1991 e che, per espressa previsione normativa, allo stato ne rimangono escluse.
  Gli Onorevoli interroganti, infatti, dopo avere richiamato il decreto-legge n. 34 del 2020, e, in particolare, l'articolo 217 del medesimo decreto, col quale è stato istituito il Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale, sostengono che le norme introdotte successivamente dal decreto-legge n. 104 del 2020 avvantaggerebbero solo gli investimenti pubblicitari verso le società sportive più importanti – che beneficeranno del credito d'imposta – mentre restringerebbero notevolmente la platea di beneficiari escludendo dal novero dei potenziali beneficiari i soggetti che aderiscono al regime previsto dalla legge n. 398 del 1991, in tal modo penalizzando la maggioranza delle piccole associazioni sportive che aderiscono a tale regime forfettario e che svolgono un ruolo educativo e ricreativo fondamentale per tanti giovani nei centri minori e nelle comunità marginali del Paese.
  Al riguardo, sentiti i competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 81 del decreto-legge n. 104 del 2020 dispone il riconoscimento di un contributo, sotto forma di credito di imposta, pari al 50 per cento degli investimenti in campagne pubblicitarie – incluse le sponsorizzazioni – effettuati esclusivamente tra il 1° luglio 2020 ed il 31 dicembre 2020. Ne consegue, anzitutto, che un'eventuale modifica normativa nel senso proposto dagli Interroganti non potrebbe pertanto avere - come auspicato - un effetto ulteriore sugli investimenti ammessi all'agevolazione.
  Peraltro, i termini per la presentazione delle domande di accesso all'agevolazione sono prossimi alla scadenza atteso che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 dicembre 2020, che ha dato attuazione alla norma disciplinando requisiti e modalità di presentazione delle domande, ha fissato al 1° aprile 2021 il termine ultimo di invio delle istanze per la richiesta dell'agevolazione.
  Ciò premesso, dal beneficio in argomento, per espressa previsione normativa, sono escluse le sponsorizzazioni nei confronti di soggetti che aderiscono al citato regime previsto dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398, esclusione che trova presumibilmente la sua giustificazione nella circostanza che gli enti che hanno esercitato l'opzione per il regime di cui alla legge n. 398 del 1991 sono già destinatari di benefici fiscali.
  Il legislatore non ha, pertanto, voluto cumulare detti benefici con quelli che l'articolo 81 del decreto-legge n. 104 del 2020 ha riconosciuto in capo ai soggetti che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie.
  Gli investimenti pubblicitari effettuati nei confronti dei soggetti che si avvalgono della legge n. 398 del 1991 già beneficiano, infatti, di uno specifico regime agevolativo Pag. 157che si sostanzia, per l'investitore, nella deducibilità della spesa ai sensi dell'articolo 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002 (riproposto dall'articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, recante riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo), e, per l'ente beneficiario, nella tassazione del corrispondente provento in base al coefficiente di redditività di cui alla predetta legge n. 398 del 1991.

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ALLEGATO 3

5-05614 Martino: Prolungamento delle moratorie bancarie in conseguenza del perdurare dell'emergenza sanitaria da COVID-19.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In riferimento all'interrogazione dell'onorevole Martino relativa alle moratorie bancarie ed alla richiesta di allungamento dell'attuale periodo di vigenza, si osserva, preliminarmente, che la moratoria ex articolo 56 del decreto-legge n. 18 del 2020 è già stata prorogata due volte (da ultimo con la legge di bilancio per il 2021).
  Va anche rilevato che attualmente non risulta che altri Paesi europei (forse con l'unica eccezione del Portogallo) abbiano manifestato interesse ad ulteriori proroghe delle misure di moratoria.
  Le Linee Guida dell'Autorità Bancaria Europea (ABE) sulle moratorie del 2 aprile 2020 EBA/GL/2020/02), come modificate, da ultimo, il 2 dicembre 2020 (EBA/GL/2020/15), hanno fissato, un limite di durata massima della sospensione dei pagamenti pari a nove mesi (o il termine maggiore di nove mesi purché concesso interamente prima del 30 settembre 2020), oltre il quale i benefici previsti dalle linee guida non sono più applicabili. Dopo tale termine le banche sono chiamate a valutare se classificare le esposizioni in moratoria come «oggetto di concessione» (forborne) e, qualora successivamente a tale classificazione ricorrano i requisiti previsti dalle Linee Guida dell'ABE sull'applicazione della definizione di default (EBA/GL/2016/07 del 28 settembre 2016), procedere alla classificazione come esposizioni forborne non-performing, con le conseguenze che ne derivano (anche in termini di applicazione del calendar provisioning).
  La classificazione come forborne non-performing di una impresa beneficiaria di una moratoria che sia stata già classificata come forborne, in base alle Linee guida EBA sulla definizione di default, potrebbe avvenire, tra le varie ipotesi previste:

   i) qualora il posticipo dei pagamenti, escluso il periodo coperto dalle linee guida EBA (come chiarito dall'ABE con una specifica FAQ del 29 gennaio 2021), abbia determinato una riduzione del valore atteso del finanziamento, rispetto al valore originario, sopra la soglia dell'1 per cento;

   ii) in presenza di una seconda misura di concessione, quale, ad esempio, un ulteriore rinvio dei pagamenti.

  Già con l'ultima proroga al 30 giugno 2021, prevista dalla legge di Bilancio per il 2021, le banche potrebbero procedere alla classificazione a forborne (qualora riscontrino uno stato di difficoltà del debitore) e, successivamente, alla verifica dei requisiti per valutare l'ulteriore classificazione a forborne non-performing.
  Ciò premesso, il Ministero dell'economia e delle finanze sta valutando possibili interventi di rimodulazione della moratoria di che trattasi anche al fine di renderla compatibile con il quadro comunitario.

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ALLEGATO 4

5-05615 Centemero: Determinazione del valore economico effettivo del marchio registrato.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti fanno riferimento all'articolo 110 del decreto-legge n. 104 del 2020, che ha previsto la possibilità di rivalutare, con possibile riconoscimento anche fiscale, nel bilancio di esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, i beni di impresa e le partecipazioni già risultanti dal bilancio dell'esercizio antecedente.
  Detta rivalutazione include anche i marchi d'impresa e può essere effettuata fino a concorrenza dei valori economici dei beni, tenuto conto del rinvio che la menzionata disposizione fa alle disposizioni della legge 21 novembre 2000, n. 342.
  L'articolo 10 della legge n. 342 del 2000 prevede che siano rivalutabili: «i beni materiali e immateriali con esclusione di quelli alla cui produzione e al cui scambio è diretta l'attività di impresa, nonché le partecipazioni in società controllate e in società collegate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, costituenti immobilizzazioni ...».
  L'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 14/E/2017, ha chiarito che la rivalutazione è, tra l'altro, applicabile alle «immobilizzazioni immateriali, costituite da beni consistenti in diritti giuridicamente tutelati».
  Con particolare riguardo ai marchi d'impresa, gli Onorevoli segnalano che, fino al 2017, detti beni erano ricompresi fra i beni ammessi al cosiddetto regime del «Patent box» di cui all'articolo 1, commi da 37 a 45, della legge n. 190 del 2014.
  La citata disciplina prevede che, in caso di utilizzo diretto del bene immateriale, le società possano attivare una procedura di ruling con l'Agenzia delle entrate, per determinare il contributo economico da esso derivante che ha concorso algebricamente a formare il reddito d'impresa.
  Tanto premesso, gli Onorevoli interroganti chiedono se «stante l'affermata rivalutabilità di un marchio registrato, i cui costi, anche solo di registrazione e/o di manutenzione, siano stati iscritti nello stato patrimoniale, debba considerarsi a tal fine, per la determinazione del suo valore economico effettivo, una relazione di stima elaborata sulla base dei criteri di individuazione del contributo economico dello stesso previsti per il Patent box».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 6 del decreto ministeriale n. 162 del 2001, applicabile anche alla rivalutazione prevista dall'articolo 110 del decreto-legge n. 104 del 2020 (in base al rinvio contenuto nel comma 7 del citato articolo), ha stabilito il limite economico della rivalutazione dei beni disponendo che, sia ai fini civilistici sia ai fini fiscali, il valore attribuito ad ognuno dei beni oggetto di rivalutazione, al netto degli ammortamenti, non può in nessun caso essere superiore al valore realizzabile nel mercato, tenuto conto dei prezzi correnti e delle quotazioni di borsa, o al maggior valore che può essere fondatamente attribuito in base alla valutazione della capacità produttiva e della possibilità di utilizzazione economica nell'impresa.
  Ciò posto, deve sottolinearsi che i criteri applicabili ai fini della determinazione del valore economico di un bene immateriale rivalutabile, non sono previsti da alcuna specifica disposizione tributaria.
  Conseguentemente, la verifica della corretta determinazione del valore economico di un bene si fonda sull'esame delle valutazioni effettuate ai fini civilistici. Pag. 160
  Gli Onorevoli interroganti richiamano l'applicazione della disciplina del cosiddetto Patent box.
  Il comma 39 dell'articolo n. 1 della legge n. 190 del 2014 stabilisce che, in caso di utilizzo diretto dei beni indicati, il contributo economico di tali beni alla produzione del reddito complessivo beneficia dell'esclusione dal reddito a condizione che lo stesso sia determinato sulla base di un apposito accordo con l'Agenzia delle entrate o, in alternativa, in base alla dichiarazione diretta del reddito agevolabile in dichiarazione, secondo quanto previsto dal decreto-legge n. 34 del 2019 in base a prefissati criteri.
  Il contributo economico oggetto di detassazione ai fini delle imposte sui redditi e Irap è costituito dalla quota di reddito di impresa ascrivibile al bene o ai beni immateriali, incorporata nel reddito complessivo (o nella perdita complessiva) derivante dall'attività d'impresa, che il soggetto beneficiario non avrebbe realizzato in assenza del bene immateriale stesso.
  Tale reddito figurativo è il risultato del «conto economico virtuale» riferibile al bene immateriale, che tiene conto, per la parte delle componenti positive, della «implicita» sul bene intangibile incorporata nel prezzo di vendita del bene materiale ceduto o del servizio prestato e, per la parte delle componenti negative, della sommatoria di tutti i costi, diretti e indiretti, relativi alle attività connesse alla creazione, allo sviluppo, al mantenimento e/o al miglioramento del bene immateriale medesimo.
  In merito all'applicazione della suddetta disciplina, giova precisare che la determinazione del «valore economico» nell'ambito della disciplina della rivalutazione risponde a presupposti e logiche differenti rispetto a quelle che portano a individuare il «contributo economico» nell'ambito della disciplina del Patent box.
  Pertanto, le valutazioni operate nell'ambito della disciplina del cosiddetto «Patent box» possono offrire un utile punto di riferimento, ma le stesse non possono essere assunte, in termini generali, come dirimenti o conclusive per le operazioni di rivalutazione di cui all'articolo 110 del decreto-legge n. 104 del 2020, anche in considerazione del fatto che si tratta, generalmente, di valutazioni di beni immateriali effettuate nell'ambito di procedure complesse e, spesso, non più attuali, e che dunque richiederebbero, quantomeno, un aggiornamento.

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ALLEGATO 5

5-05616 Ungaro: Criteri di individuazione delle tipologie di guanti di protezione cui si applica la riduzione dell'aliquota IVA.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, richiamando le disposizioni introdotte dall'articolo 124 del decreto-legge n. 34 del 2020 in materia di riduzione aliquota IVA per le cessioni di beni necessari per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, chiedono precisi ed univoci chiarimenti in merito alla definizione dei criteri di individuazione delle tipologie di guanti per i quali trova applicazione il regime di esenzione.
  Al riguardo, sentiti i competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 124 del decreto-legge n. 34 del 2020, concernente «Riduzione aliquota IVA per le cessioni di beni necessari per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19», stabilisce che alle cessioni di determinati beni finalizzati a fronteggiare l'emergenza sanitaria in atto, come, ad esempio, i dispositivi di protezione individuale, si applica, fino al 31 dicembre 2020, il trattamento di esenzione IVA con diritto a detrazione e, a partire dal 1° gennaio 2021, l'aliquota IVA ridotta del 5 per cento (di cui alla tabella A, parte II-bis, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633).
  I beni indicati ricalcano, in sostanza, quelli menzionati nell'elenco, indicativo e non esaustivo, allegato alla decisione della Commissione UE 2020/491 del 3 aprile 2020, per la quale è in corso la proroga al 31 dicembre 2021, relativa all'esenzione dai dazi doganali e dall'IVA all'importazione concesse per le merci necessarie a contrastare gli effetti della pandemia di Covid-19. Tale Decisione al punto 16 della lista fa riferimento a varie tipologie di guanti anche ricorrendo alla nomenclatura combinata.
  A tale riguardo si rappresenta che, ai fini dell'importazione dei beni ammessi al regime agevolativo IVA, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con la circolare n. 12/D del 30 maggio 2020, ha provveduto ad indicare i pertinenti codici di classificazione. Nello specifico, per gli «articoli di abbigliamento protettivo per finalità sanitarie quali guanti in lattice, in vinile e in nitrile» sono state individuate le seguenti voci doganali ex 3926 2000, ex 4015 1100, ex 4015 1900.
  Con la successiva circolare 45/2020, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha ribadito che la finalità sanitaria permette il trattamento IVA agevolato, espressamente previsto dal Legislatore e precisato dall'Agenzia delle Entrate nella circolare 26/2020.
  Con detta circolare, l'Agenzia delle entrate ha fornito i primi chiarimenti in merito all'applicazione del citato articolo 124, evidenziando la portata tassativa dell'elenco contenuto nella norma, che fa riferimento ad articoli di abbigliamento protettivo per finalità sanitarie, quali guanti in lattice, in vinile e in nitrile evidenziando la finalità sanitaria dei suddetti beni.
  Inoltre, l'Agenzia delle Entrate nella Risposta ad interpello n. 507 del 30 ottobre 2020, ha confermato che per l'applicazione dell'agevolazione IVA assume rilievo unicamente la «finalità sanitaria» dei beni, da intendersi in senso oggettivo.
  Ciò in quanto il citato articolo 124 del decreto-legge n. 34 del 2020 non indica i destinatari del trattamento agevolato. Ne consegue che sono agevolati i beni che possiedono le caratteristiche tecniche idonee a garantire in primis la protezione degli operatori sanitari dalla diffusione del virus. Inoltre, poiché successivamente all'entrata in vigore dell'articolo 124, i protocolli di sicurezza adottati nei diversi settori Pag. 162 economici hanno reso obbligatorio l'uso di questo tipo di abbigliamento ai fini della sicurezza dei lavoratori e degli utenti (ad esempio i protocolli di sicurezza adottati nel settore dell'industria alimentare, della grande distribuzione e della scuola, la cui finalità è ovviamente sanitaria poiché gli stessi sono finalizzati a contrastare il diffondersi delle pandemie, a protezione di lavoratori e utenti), anche gli operatori obbligati al rispetto di questi protocolli di sicurezza possono usufruire della agevolazione in commento.
  L'Agenzia delle entrate ha, inoltre, precisato che i beni in esame sono individuati nel Rapporto dell'Istituto Superiore della Sanità che indica quali sono i DPI e i dispositivi medici (guanti, mascherine, camici o occhiali) che gli operatori sanitari devono indossare nei principali contesti in cui entrano in contatto con i pazienti affetti da Covid-19. Inoltre l'Agenzia delle entrate ha evidenziato che: «Relativamente ai guanti, in lattice, in vinile e in nitrile, l'Agenzia delle dogane ha classificato questi beni alle voci doganali ex 3926 2000, ex 4015 1100, ex 4015 1900. Resta inteso che il trattamento IVA agevolato introdotto dall'articolo 124 non va applicato a tutti i beni rientranti in queste voci doganali ma solo a quelli che presentano le caratteristiche di DPI o di dispositivo medico. Tutto ciò considerato, alle cessioni dei guanti che sono considerati DPI o dispositivo medico, così come sopra descritti, si applica il regime di esenzione IVA qualora effettuate fino al 31 dicembre 2020, e l'aliquota IVA nella misura ridotta del 5 per cento, qualora effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2021.».
  Infine, con la risposta all'interpello n. 213 del 2021, l'Agenzia delle entrate, alla luce delle indicazioni e degli indirizzi di prassi sopra richiamati e tenendo conto delle caratteristiche tecniche del prodotto per il quale era stato presentato interpello, ha precisato che la caratteristica di «lunga durata» propria dei guanti «pluriuso» (caratteristica attestata, dall'esplicita descrizione, e che, in termini più generali, si può evincere anche dalla presenza, in ogni confezione, di un solo paio di guanti) porta ad escludere che gli stessi possano beneficiare del regime di favore previsto dall'articolo 124.

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ALLEGATO 6

5-05617 Raduzzi: Richiesta di risarcimento alla Commissione europea da parte della Banca popolare di Bari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione in riferimento, l'onorevole Raduzzi richiama la sentenza della Corte di Giustizia del 2 marzo 2021 con la quale è stata confermata la pronuncia del Tribunale dell'Unione europea di annullamento della decisione del 23 dicembre 2015, con la quale la Commissione europea, accertata la natura pubblica dell'intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) disposto nel 2014 a favore di Banca Tercas, lo dichiarava incompatibile con le regole del mercato interno.
  Al riguardo l'Onorevole interrogante chiede di conoscere «se ai sensi della suddetta sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea, lo Stato italiano intende presentare con urgenza domanda di risarcimento alla Commissione europea e perché la richiesta di risarcimento presentata all'Unione europea da parte della Banca Popolare di Bari non sia stata reiterata dopo il passaggio della medesima banca sotto il controllo del Medio Credito Centrale (MCC)».
  In proposito si rappresenta che la sentenza della Corte di Giustizia delinea chiaramente le caratteristiche, ricorrendo le quali, le misure diverse dal rimborso dei depositanti disposte da un sistema di garanzia dei depositi non sono assimilate ad aiuti pubblici.
  Nonostante la sentenza costituisca un importante chiarimento in merito all'interpretazione del diritto dell'Unione, essa riguarda solo la vicenda Tercas e solo le banche interessate possono quindi valutare l'interesse ad un ricorso per il risarcimento degli eventuali danni subiti in ragione della lettura della Commissione europea, ritenuta erronea dalla Suprema Corte.
  La Banca d'Italia, sentita sulla vicenda, ha ricordato che a marzo 2019, dopo la sentenza di annullamento della decisione della Commissione Europea da parte del Tribunale dell'Unione europea, gli organi della banca all'epoca in carica pubblicarono un comunicato stampa in cui esprimevano l'intenzione di «assumere determinazioni su eventuali azioni di rivalsa e di richiesta di risarcimenti nei confronti della Comunità Europea». Peraltro, non risultano formalizzate richieste di risarcimento danni all'Unione europea da parte dei precedenti organi. Neppure risulta che gli organi sociali attualmente in carica abbiano reso comunicazioni ufficiali al riguardo.