CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 22 dicembre 2020
500.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-05132 Bisa: Sulla riapertura dei termini di maturazione dei requisiti per partecipare all'esame di Stato per l'abilitazione alla professione forense inizialmente previsto per il 15, 16 e il 17 novembre.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogante ritiene che il rinvio delle prove scritte per l'esame di avvocato, originariamente fissate per i giorni dal 15 al 17 dicembre 2020, possa comportare «una grave ingiustizia» per tutti gli aspiranti che abbiano maturato i requisiti di ammissione alla procedura a partire dall'11 novembre 2020.
  Tale affermazione deriverebbe dalla circostanza che con il decreto ministeriale del 10 novembre 2020 si è stabilito che il rinvio delle prove comporti anche la proroga lei termini per la presentazione della domanda, la cui scadenza era prevista per il giorno 11 novembre 2020, pur rimanendo fermo alla data del 10 novembre 2020 il termine per la maturazione dei requisiti per accedere all'esame.
  In tal modo, per coloro che hanno maturato i requisiti per sostenere l'esame di avvocato successivamente alla predetta data, sussisterebbe il rischio concreto di ritardare per oltre un anno l'accesso alla prova in questione, qualora slittasse anche la prova del dicembre 2021, con tutte le inevitabili ripercussioni in termini occupazionali e di accesso ad altri concorsi da parte di coloro che stanno svolgendo il tirocinio professionale.
  Pertanto, l'interrogante chiede se il Ministero possa intervenire a riaprire i termini di maturazione dei requisiti individuando una data «a ridosso della prevista prova scritta» eventualmente coincidente con il termine per la presentazione della domanda.
  Va premesso che le criticità legate alla organizzazione della prova scritta dell'esame di abilitazione della professione forense durante una fase caratterizzata da recrudescenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 hanno imposto, per motivi di sicurezza e di tutela della salute pubblica, il differimento delle prove scritte dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense.
  Sebbene il suddetto differimento delle prove scritte sia stato effettuato con decreto ministeriale del 10 novembre 2020 sulla base del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 (quest'ultimo vigente per la durata di trenta giorni), nonché sulla base del parere del comitato tecnico-scientifico istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, va rilevato che il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2020 ha reiterato il divieto di espletamento di prove scritte di procedure concorsuali o di esami di abilitazione.
  Di conseguenza, proprio alla luce dell'aggiornato quadro normativo, anche se non fosse intervenuto il differimento in questione ad opera del Ministro della giustizia, si sarebbe dovuto procedere egualmente nel senso del rinvio.
  Tuttavia, la dilatazione dell'arco temporale per la presentazione delle domande (con termine di presentazione slittato al 12 febbraio 2021) non avrebbe potuto incidere sui requisiti soggettivi di partecipazione all'esame considerata la portata cogente del dettato normativo in materia.
  L'articolo 19, comma 4, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, stabilisce infatti che possono partecipare all'esame di abilitazione alla professione forense soltanto coloro che abbiano completato la pratica entro il 10 novembre dell'anno di riferimento. Intendendo per esso l'anno nel quale viene emanato il bando che, nel caso di specie, rimane quello del 14 settembre 2020, non revocato né inciso nei suoi tratti costitutivi, ma semplicemente modificato Pag. 32con provvedimento riguardante il rinvio delle date di espletamento.
  Quindi, proprio per evitare l'ingenerarsi di equivoci di sorta, nel decreto di differimento è stato ritenuto opportuno precisare all'articolo 2 che sarebbe rimasto fermo il termine del 10 novembre 2020 per la maturazione dei requisiti all'esame richiamando la normativa suindicata, peraltro, anche dal punto di vista organizzativo, suddetta previsione risulta più idonea a garantire un più efficiente e sicuro svolgimento delle prove.
  Rimane comunque obbiettivo del Ministero ripristinare la regolare cadenza delle prove di esame, compatibilmente con la situazione dell'emergenza epidemiologica, non recando quindi alcun danno a chi dovrà sostenere l'esame successivamente.

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ALLEGATO 2

5-05154 Zanettin: Sulla nomina del direttore della direzione generale dei detenuti e del trattamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto di sindacato ispettivo l'interrogante solleva precisi quesiti inerenti la scelta dell'occorsa nomina di un dirigente della carriera penitenziaria in luogo di un Magistrato nella posizione di Direttore generale dei detenuti e del trattamento in forza al D.A.P., quindi della nomina di un Magistrato e non già di un dirigente della carriera penitenziaria nella posizione di Vice Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria.
  Orbene debbo premettere che sul tema sono già state fornite risposte in ragione di interrogazioni di tenore parzialmente sovrapponibile avanzate nei due rami del Parlamento.
  Ciò detto, evidenzio che la posizione di Direttore generale dei detenuti e del trattamento si è resa disponibile a seguito del decreto del Ministro 11 giugno 2020 con il quale è stato disposto il richiamo nel ruolo organico della magistratura del dottor Giulio Romano che in data 21 maggio 2020 aveva fatto richiesta di ricollocamento in ruolo con esercizio delle funzioni giurisdizionali.
  Pertanto, in data 6 luglio 2020, è stato pubblicato avviso per la ricognizione di disponibilità relativa alla posizione dirigenziale di livello generale di Direttore generale dei detenuti e del trattamento, con scadenza al 27 luglio 2020.
  In data 14 settembre 2020, inoltre, è stato bandito avviso di riapertura dei termini, tenuto conto che il precedente interpello era stato pubblicato a ridosso del periodo feriale e che tale situazione, unitamente allo stato emergenziale determinato dalla pandemia, poteva aver verosimilmente contribuito alla presenza di un numero ridotto di candidati, al fine di ampliare la platea degli aspiranti, consentendo, al tempo stesso, una scelta più oculata sul miglior profilo da selezionare.
  Con decreto ministeriale del 4 novembre 2020 l'incarico è stato affidato al dirigente generale dottor Gianfranco De Gesu.
  Sul merito della scelta si rappresenta che il dottor Gianfranco De Gesu, prima della nomina a dirigente generale, ha diretto istituti penitenziari molto complessi avendo modo di acquisire una notevole esperienza nella gestione dei detenuti, anche di quelli appartenenti alla criminalità organizzata.
  Ha maturato, inoltre, esperienze professionali negli Uffici del Provveditorato e negli uffici del Dipartimento, ove è stato direttore dell'Ufficio del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria.
  Nel 2010 è stato nominato dirigente generale ed ha avuto l'incarico di Provveditore della Sardegna.
  Dal 2014 al 2016 è stato direttore generale delle risorse, beni materiali e servizi del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e successivamente ha svolto l'incarico di Provveditore della Sicilia e, da ultimo, Provveditore della Toscana e Umbria.
  Nella funzione di Provveditore regionale, tra l'altro, per gli effetti del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 444 recante «Attribuzioni degli organi centrali dell'Amministrazione penitenziaria e decentramento di attribuzioni ai provveditorati regionali dell'Amministrazione penitenziaria ed agli istituti e servizi penitenziari, a norma dell'articolo 30, comma 4, lettere a) e b), della legge 15 dicembre 1990, n. 395», ha avuto competenza specifica anche in materia di gestione dei detenuti ristretti negli istituti penitenziari del territorio di competenza. Pag. 34
  Peraltro, nella sua attività di Direttore Generale dei detenuti e del trattamento il dottor De Gesu coadiuverà il capo DAP ed in particolare il Vice Capo del Dipartimento al quale sono state delegate le iniziative da intraprendere, tra le altre cose, nella gestione dei detenuti alta sicurezza e dei detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis O.P.
  Ciò detto, rammento che la carriera dirigenziale penitenziaria individuata dalla legge 27 luglio 2005, n. 154 è retta dal proprio ordinamento rappresentato dal decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63 che, in particolare all'articolo 8 «Nomina a dirigente generale penitenziario» e all'articolo 9 «Individuazione dei posti di funzione» fa espresso rinvio a quanto previsto dall'articolo 18, decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 e dall'articolo 19 decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
  La pianta organica della carriera dirigenziale penitenziaria, come modificata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 giugno 2015, n. 84, prevede una dotazione organica di n. 16 dirigenti generali.
  L'articolo 18 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 al primo comma prevede le figure cui può essere affidata la direzione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro e la direzione dei dipartimenti, mentre al secondo comma prevede le figure cui può essere affidata la direzione degli uffici dirigenziali generali all'interno dei dipartimenti.
  Nello specifico, dunque, l'incarico di Direttore Generale può essere conferito ad un dirigente generale dell'Amministrazione penitenziaria o ad un magistrato fuori ruolo.
  Interpretazione assolutamente confermata dall'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante la procedura da utilizzare per il conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, che ai commi 4 e 5-bis prevede che gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale possano essere affidati ai dirigenti generali appartenenti ai ruoli dell'amministrazione ed entro i limiti stabiliti dalla norma anche a magistrati previo collocamento fuori ruolo.
  L'incarico di Direttore Generale è attribuito ai sensi dell'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63 per la durata di tre anni, e non è assoggettabile alla disciplina dello spoil system.
  Per gli effetti del comma 8 dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, infatti, solo gli incarichi di vertice (Capo del Dipartimento e Vice Capo del Dipartimento) cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo.
  In conclusione, si tratta di scelta pienamente ponderata, oltre che legittima.
  Quanto alla decisione di nominare come Vice Capo Dipartimento un magistrato in luogo di un dirigente penitenziario, si evidenzia che in più occasioni, in passato, il ruolo di Vice Capo del Dipartimento è stato ricoperto proprio da magistrati fuori ruolo.
  Come è noto, il dottor Roberto Tartaglia, è stato nominato con in data 30 aprile 2020.
  La piena legittimità della scelta, si ribadisce, si rinviene nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 giugno 2015, n. 84, recante «Regolamento di riorganizzazione del Ministero della giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche» ove all'articolo 3, comma 4, prevede che il Capo del Dipartimento sia coadiuvato nell'esercizio delle sue funzioni da un vice Capo, nominato per la durata del suo mandato all'interno delle dotazioni organiche dirigenziali complessive del Ministero, quindi dal decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 300, che all'articolo 18 comma 2 consente la scelta tra i dirigenti generali dell'Amministrazione penitenziaria ed i magistrati fuori ruolo.
  Il noto curriculum del dottor Tartaglia, già magistrato del pubblico ministero in funzione presso la D.D.A. della Procura preso il Tribunale di Palermo e, da ultimo, consulente della Commissione Parlamentare Antimafia, rendono ragione della bontà, nel merito, della scelta per il ruolo conferitogli.

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ALLEGATO 3

5-05192 Siracusano: Sulle iniziative
per l'istituto penitenziario di Gazzi a Messina.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione in esame l'onorevole Siracusano chiede al Ministro della Giustizia e al Ministro della Salute «... se il Governo non ritenga necessario prevedere per il carcere di Gazzi a Messina iniziative urgenti per: dotare l'organico della Polizia Penitenziaria delle 50 unità di personale mancanti; riattivare tempestivamente il reparto di chirurgia già funzionante e clamorosamente dismesso dal 2016...».
  In proposito si segnala quanto segue.

Organici del Corpo.

  Nella casa circondariale di Messina, alla data del 17 dicembre 2020, sono effettivamente presenti complessive 213 unità su 247 previste in organico, con un divario pari a 23 unità.
  Giova evidenziare, altresì, che l'organico della sede in esame è stato incrementato in occasione del piano di mobilità elaborato a seguito delle ultime assegnazioni del 175°, 176° e 177° corso per la nomina in ruolo degli agenti/assistenti, per un'aliquota complessiva pari a 16 unità (di cui 6 uomini e 10 donne).
  Relativamente, invece, alle procedure concorsuali in atto o in procinto di essere avviate, si evidenzia che è stato già bandito il concorso interno, per titoli, a complessivi 691 posti (606 uomini e 85 donne) per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria.
  Per quanto riguarda il ruolo dei sovrintendenti, è già stato espletato il concorso interno a complessivi 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile, ai sensi del decreto legislativo 29 maggio 2017 n. 95. I corsi di formazione tecnico professionale sono stati suddivisi, in relazione alla decorrenza della nomina, in tre periodi. L'ultimo corso, il cui inizio era fissato per il mese di novembre 2020, in considerazione dell'evolversi della situazione epidemiologica da COVID-19 nonché dell'incremento dei casi sul territorio nazionale si svolgerà in modalità e-learning.
  Relativamente al ruolo degli agenti/assistenti, invece, si stanno ultimando le procedure del concorso pubblico per il reclutamento di complessivi 754 posti di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria (elevati a 938), indetto con P.D.G. 11 febbraio 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – IV Serie speciale – n. 18 del 5 marzo 2019. Con P.D.G. 2 dicembre 2020 è stata approvata la graduatoria finale definitiva, pubblicata sul sito www.giustizia.it in data 3 dicembre 2020. L'assunzione formale degli allievi agenti avverrà il 30 dicembre 2020, mentre le attività didattiche saranno avviate in due tranche successive: la prima l'11 gennaio e la seconda il 25 gennaio 2021.
  Inoltre, ai sensi dell'articolo 259-bis del decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34 recante «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» convertito con modificazioni nella legge 17 luglio 2020 n. 77, è prevista l'assunzione di 650 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria (488 uomini e 162 donne), in via prioritaria, mediante scorrimento della graduatoria degli idonei del concorso pubblico a 302 posti, elevati a 376, di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria maschile e femminile, indetto con P.D.G. 11 febbraio 2019 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale IV serie speciale n. 18 del 5 marzo 2019, e, per la parte residua, mediante scorrimento Pag. 36della graduatoria della prova scritta del medesimo concorso.
  È in fase di definizione, altresì, il bando del concorso pubblico per circa 970 allievi agenti, riservato ai sensi dell'articolo 703 comma 1 lettera d) del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66, a valere sulle cessazioni (turnover) anno 2019 e sulle assunzioni straordinarie autorizzate ai sensi dell'articolo 1, comma 236, lettera c), della legge n. 205/2017 e dell'articolo 1, comma 381, lettera b), della legge n. 145 del 2018.
  L'articolo 259 del decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34 introduce peraltro una serie di misure in materia di procedure concorsuali per la funzionalità delle forze armate e di polizia, con la possibilità di disporre, anche in deroga alla normativa di settore, modalità semplificate di svolgimento delle procedure in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica. La stessa norma autorizza, inoltre, il rinvio delle assunzioni previste per l'anno 2020 entro il 31 dicembre 2021.

Riattivazione del reparto chirurgia del C.D.T. annesso all'istituto.

  In via preliminare, occorre osservare che, prima dell'emanazione del decreto legislativo 15 dicembre 2015 n. 222 recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana per il trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria», nella casa circondariale di Messina era attivo e funzionante un C.D.T. (Centro diagnostico terapeutico) con circa 50 posti letto, di cui 16 destinati al reparto di chirurgia. In tale reparto era ed è presente una sala operatoria, recentemente ristrutturata, che risponde ai requisiti strutturali e tecnologici previsti dall'accreditamento istituzionale (D.A. 890/2002), in cui venivano eseguiti interventi chirurgici in elezione di media e bassa complessità, anche con tecnica laparoscopica. Fino all'anno 2016 era in essere una convenzione con il locale Policlinico universitario, in virtù della quale il Direttore, lo staff chirurgico e l'anestesista della Prima Clinica chirurgica prestavano il proprio operato all'interno della casa circondariale di Messina per l'esecuzione in elezione degli interventi chirurgici selezionati. A seguito dell'emanazione del suddetto decreto legislativo 15 dicembre 2015 n. 222 anche nella regione Sicilia sono state trasferite al Servizio sanitario regionale tutte le funzioni sanitarie fino a quel momento svolte dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. All'erogazione delle prestazioni sanitarie deve provvedere l'Azienda sanitaria locale (oggi A.S.P. – Azienda sanitaria provinciale), mentre l'Amministrazione penitenziaria deve garantire la sicurezza dei detenuti e degli internati.
  Con l'emanazione del successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008 recante «Modalità e criteri per il trasferimento al SSN delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie, delle attrezzature e dei beni strumentali in materia di sanità penitenziaria», tale trasferimento ha trovato piena attuazione, anche in Sicilia.
  Alla Regione vengono attribuiti compiti di programmazione, coordinamento e indirizzo, mentre alle AA.SS.PP. i compiti di organizzazione e di erogazione dei servizi.
  Il principale obiettivo è quello di assicurare alla popolazione detenuta la prevenzione, la diagnosi, la cura e la riabilitazione previste dai livelli essenziali e uniformi di assistenza, attraverso prestazioni analoghe a quelle erogate ai cittadini in stato di libertà.
  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con la Conferenza Unificata del 22 gennaio 2015, ha previsto che le Aziende sanitarie, attraverso una specifica programmazione, garantiscano, all'interno del territorio di rispettiva competenza, cure adeguate ai detenuti con patologie croniche e/o disabilità nonché ai detenuti con disagio e/o disturbo mentale che necessitino di un regime particolarmente assistito, attraverso l'attivazione di sezioni specializzate dedicate extra ospedaliere. Tra le sezioni specializzate, particolare riguardo riveste quella di assistenza intensiva (S.A.I.) – già Centro diagnostico terapeutico (C.D.T.) –, che rappresenta l'entità organizzativa di maggiore complessità e vocazione sanitaria all'interno delle strutture penitenziarie. Detto servizio Pag. 37risponde ai bisogni di assistenza sanitaria specialistica continuativa, assicurando prestazioni sanitarie assistenziali di tipo estensivo e intensivo extra ospedaliere, che non possono essere garantite nei servizi a minore complessità organizzativa.
  Nel S.A.I. vengono infatti trasferiti e trattati detenuti non autosufficienti o affetti da patologie croniche, che non possono essere assistiti in un istituto penitenziario ordinario. Tali centri garantiscono assistenza medica, infermieristica diurna e notturna e assistenza specialistica più ampia rispetto alla sezione ordinaria, ma non di livello ospedaliero.
  Come indicato, le fonti normative definiscono le «modalità e criteri per il trasferimento al SSN delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie, delle attrezzature e dei beni strumentali in materia di sanità penitenziaria» (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008 e decreto legislativo n. 222 del 2015) nonché le «Linee guida in materia di modalità di erogazione dell'assistenza sanitaria negli istituti penitenziari per adulti» (Conferenza Unificata Stato Regioni del 22 gennaio 2015), individuando il target assistenziale e la tipologia di utenza delle sezioni sanitarie specializzate penitenziarie, ma non chiariscono i modelli organizzativi dell'assistenza sanitaria propri del servizio sanitario regionale a cui fare riferimento nel programmare le prestazioni delle sezioni specializzate. In effetti, l'articolo 2 comma 7 della Conferenza Unificata Stato Regioni, Accordo del 22 gennaio 2015, chiarisce esplicitamente che nelle sezioni specializzate (quale è, appunto, il S.A.I.) «si utilizzano i termini di trasferimento e permanenza», mentre si parla di «ricovero e degenza» solo per gli specifici reparti ospedalieri di medicina penitenziaria (già medicina protetta). Trova, quindi, conferma l'assunto secondo il quale i servizi sanitari erogati all'interno di S.A.I. sono esclusivamente di tipo extra ospedaliero. Orbene, mentre per ciò che riguarda il reparto di medicina del S.A.I. il modello operativo tracciato dal legislatore (struttura extra ospedaliera) trova applicazione organizzativa, prevedendo un archetipo del modello residenza sanitaria ad elevata assistenza polispecialistica di carattere prevalentemente medico, altrettanto non si può dire per il reparto di chirurgia, poiché non è ipotizzabile programmare ed eseguire interventi chirurgici in assenza di specifico ricovero e degenza. Infatti, per detta tipologia di prestazioni, è stato individuato l'ospedale Papardo che, nella rete ospedaliera regionale, dispone di quattro posti letto di medicina penitenziaria.
  Pertanto, sebbene la sala operatoria del reparto di chirurgia del S.A.I. annesso alla casa circondariale di Messina possegga caratteristiche tecnologiche adeguate, in assenza di specifiche indicazioni normative non è possibile utilizzarla per effettuare interventi chirurgici in elezione bensì, esclusivamente, interventi classificabili come chirurgia ambulatoriale che non necessitano di ricovero.
  Pertanto non essendo ipotizzabile, allo stato, la riattivazione del reparto chirurgia con annessa sala operatoria, la direzione della casa circondariale di Messina ha avanzato la proposta di destinare tale reparto alla degenza di ristretti di sesso femminile, trovando condivisione presso la locale Azienda sanitaria provinciale.
  Conclusi nel mese di settembre dell'anno 2020 i programmati interventi di manutenzione ordinaria che hanno interessato il secondo piano della sezione SAI della casa circondariale di Messina, a far data dai primi di ottobre l'ex reparto di chirurgia è stato destinato alla degenza di ristretti di sesso femminile. Il reparto risulta attivo ma, allo stato, non utilizzato per assenza di ricoverate.
  Da tutto quanto sinora esposto (dovendosi ricordare che in data 18 dicembre 2020 il Ministero della salute comunicava «... in esito alla istruttoria espletata ...» di non disporre «... di elementi di diretta conoscenza rispetto alla situazione segnalata presso il carcere Gazzi di Messina ...») emerge con assoluta evidenza il costante impegno del Ministro della giustizia al fine di assicurare la copertura dei posti scoperti nell'organico della Polizia Penitenziaria della casa circondariale di Messina e, nel mutato assetto normativo, di destinare l'ex reparto di chirurgia di tale struttura alla degenza di ristretti di sesso femminile.

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ALLEGATO 4

5-04920 Giachetti: Su un'iniziativa ispettiva presso la Procura di Roma per il mancato arresto dell'onorevole Bernardini.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In relazione all'atto parlamentare indicato in oggetto, in cui si lamenta che la Procura di Roma, in persona del procuratore f.f. Michele Prestipino, avrebbe impedito ai Carabinieri di procedere all'arresto di Rita Bernardini – ex parlamentare del partito radicale – per coltivazione di sostanze stupefacenti, avendo trovato nel balcone di casa della ex parlamentare 32 piante di marijuana, si osserva quanto segue.
  La circostanza del supposto mancato arresto sarebbe stata oggetto di protesta da parte di Enrico Sebastiani, militare che avrebbe voluto invece procedere all'arresto e che, secondo la prospettazione dell'interrogante «avrebbe avuto un procedimento disciplinare anziché un encomio».
  I fatti sono stati inoltre ricostruiti in un servizio delle Iene, secondo cui l'arresto sarebbe mancato solo per voler del Procuratore della Repubblica di Roma.
  Si chiede dunque se il Ministro della giustizia e il Ministro dell'interno siano a conoscenza, e se sussistano i presupposti di fatto e di diritto per un'iniziativa ispettiva presso la procura di Roma che non ha proceduto all'arresto dell'Onorevole Bernardini.
  La nota della Procuratore Generale della Corte d'appello di Roma pervenuta in data 23 gennaio 2020 e corredata dalla relazione di servizio del Pubblico Ministero di turno per gli arresti il giorno di cui trattasi ha evidenziato che non vi è stato alcun coinvolgimento del dottor Prestipino nella vicenda, invece gestita dal sostituto procuratore della Repubblica dottoressa Giulia Guccione di turno in quella data.
  È inoltre emerso che nessun arresto è stato impedito dalla Procura di Roma, né formalmente (in quanto, secondo il codice di rito, il pubblico ministero non ha potere di impedire gli arresti), ne sostanzialmente, essendo stati gli stessi superiori gerarchici del maresciallo Sebastiani dell'avviso di procedere alla denuncia a piede libero della Bernardini, come si procede usualmente nei casi in cui si tratti di mera coltivazione domestica, priva di proiezioni esterne.
  Non appaiono pertanto violate disposizioni di legge o principi di diritto, ovvero elementi relativi a specifiche condotte negligenti o deontologicamente non corrette; non si ravvisano pertanto condotte disciplinarmente rilevanti dei magistrati coinvolti nella vicenda.

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ALLEGATO 5

5-04922 Giachetti: Sulle procedure di collaudo della fornitura dei braccialetti elettronici e su modalità e tempi per la loro messa a disposizione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto mi pregio riferire quanto segue.
  In via preliminare ritengo doveroso ripercorrere la situazione inerente i braccialetti elettronici all'esito della prima ondata pandemica, per poi aggiornarla al 3 dicembre 2020.
  Orbene, come è noto, l'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27, al comma 3, ha previsto che, se la pena residua è superiore a sei mesi, è applicata la procedura di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici.
  In data 27 marzo 2020, pertanto, fu firmato il provvedimento del Capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria d'intesa con il Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza, previsto dal comma 5 dell'articolo 123 del predetto decreto-legge.
  Tale provvedimento ha previsto che il Dipartimento della pubblica sicurezza rendesse disponibili, complessivamente, n. 5.000 apparecchi per il controllo dei detenuti ammessi alla detenzione domiciliare, compresa la dotazione presente nell'immediato, pari a n. 920 dispositivi, senza alcun tipo di menzione relativa al numero di apparati installabili ogni settimana.
  Al fine di consentire l'effettiva e tempestiva esecuzione di tutti i provvedimenti disposti dalla Magistratura di sorveglianza, ai sensi dell'articolo 122 del decreto-legge in esame, con successiva nota 4 aprile 2020, il Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 forniva ampie rassicurazioni circa l'adozione di imminenti iniziative finalizzate al reperimento del maggior numero di braccialetti elettronici, in linea con quanto disposto dal comma 5 dell'articolo 123 del decreto-legge citato.
  Presso la Direzione generale dei detenuti e del trattamento del D.A.P. inoltre è stato istituito, in data 26 marzo u.s., un apposito gruppo di lavoro per gli adempimenti esecutivi di cui all'articolo 123 del decreto-legge n. 18 e sono state date le necessarie indicazioni operative alle Direzioni penitenziarie e ai Provveditorati regionali.
  Il numero di provvedimenti concessori della detenzione domiciliare, ai sensi dell'articolo 123 del sopracitato decreto, ammontava, al mese di aprile 2020 a n. 282; mentre, relativamente al disposto di cui all'articolo 124 del medesimo decreto, i detenuti ammessi al regime di semilibertà, per i quali è stato emesso provvedimento di concessione di licenze oltre i limiti previsti, ammontava a n. 648.
  Si rammenta, infine, che alla data del 17 marzo 2020, i detenuti presenti negli istituti penitenziari erano n. 60.176, diminuite al 10 aprile 2020 a 56.517.
  Ciò rammentato, passo a riferire dell'attuale situazione, aggiornata come detto al 3 dicembre 2020.
  Orbene, fermo restando che tutte le procedure relative alla gestione dei dispositivi in esame sono rimesse alla competenza esclusiva del Ministero dell'interno, si rappresenta che la misura della detenzione domiciliare precedentemente prevista dall'allora articolo 123, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, è ora disciplinata dall'articolo 30 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante «Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19». Pag. 40
  In virtù di quanto previsto dal comma 5 del citato articolo, in data 5 novembre 2020 è stato firmato il provvedimento del Capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria d'intesa con il Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza.
  Tale provvedimento prevede che il Dipartimento della pubblica sicurezza renda disponibili n. 1.200 apparecchi mensili per il controllo dei detenuti ammessi alla detenzione domiciliare.
  Ancora, al fine di consentire l'effettiva e tempestiva esecuzione di tutti i provvedimenti disposti dalla Magistratura di sorveglianza, ai sensi dell'articolo 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27, il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19, ha proceduto, in data 11 aprile 2020, alla formalizzazione di un contratto di fornitura di braccialetti elettronici e connessi servizi di attivazione e manutenzione per le finalità di cui all'articolo 123, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ed ora anche per le finalità di cui all'articolo 30, comma 5, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137.
  Detta fornitura è stata affidata a Fastweb S.p.A., già titolare della commessa per conto del Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza.
  Pertanto, Fastweb S.p.A., in forza del citato affidamento diretto espletato dal Commissario straordinario, ha garantito un'ulteriore fornitura di n. 1.600 braccialetti elettronici.
  Al fine di consentire un costante monitoraggio numerico delle effettive installazioni dei braccialetti elettronici riconducibili al provvedimento in argomento, così come richiesto dal Ministero dell'interno si è invitata la Direzione Generale dei detenuti e del trattamento a dare le opportune disposizioni a tutti gli istituti penitenziari affinché, nella trasmissione delle ordinanze ex articolo 30, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 alle competenti forze di polizia, venga inserita la dicitura «EMERGENZA SANITARIA COVID-19».
  Tale attività consentirà una immediata differenziazione rispetto alle altre installazioni di braccialetti elettronici e favorirà un percorso preferenziale sotto il profilo delle tempistiche.
  Il numero di provvedimenti concessori della detenzione domiciliare, ai sensi dell'articolo 30 del sopracitato decreto, alla data del 2 dicembre 2020 ammonta a n. 94, di cui n. 44 ammessi alla misura senza braccialetto elettronico e n. 50 con braccialetto elettronico.
  Relativamente, invece, al disposto di cui all'articolo 28 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante «Licenze premio straordinarie per i detenuti in regime di semilibertà», misura precedentemente prevista dall'articolo 124, decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, i detenuti ammessi al regime di semilibertà, per i quali è stato emesso provvedimento di concessione di licenze oltre i limiti previsti ammonta, alla stessa data, a n. 807.
  Ad ogni buon conto, si rappresenta che al 2 dicembre 2020, i detenuti presenti negli istituti penitenziari sono n. 54.337, di cui n. 53.418 fisicamente presenti in istituto.

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ALLEGATO 6

5-03521 Varchi: Sull'indennità di malattia e di rischio per i giudici di pace e i magistrati onorari.

5-05179 Tateo: Sulla situazione della magistratura onoraria.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-03521 l'interrogante, sulla premessa che «il 31 gennaio 2020 il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria per l'epidemia di nuovo coronavirus», chiede al Ministro della giustizia e al Ministro della salute di sapere «quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per definire il protocollo da attuare nei tribunali a tutela della salute dei giudici che prestano servizio... con riferimento sia all'attuale emergenza sanitaria sia alle altre malattie facilmente trasmissibili, come tubercolosi, colera, vaiolo, ebola ed epatite e se non ritenga di dotare il personale giudiziario di mascherine di protezione per arginare il rischio contagi» e «quali iniziative di competenza intendano assumere i Ministri interrogati per attivare immediatamente, anche per la magistratura onoraria, le tutele relative alle indennità di malattia e di rischio».
  Con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-05179, l'interrogante domanda al Ministro della giustizia «... quali siano le soluzioni normative adottate e adottande... a favore di una tempestiva ed efficace risoluzione della precaria situazione in cui versa l'intera magistratura onoraria italiana, prima che il sistema tracolli; se sia percorribile il ricorso alla decretazione d'urgenza per mantenere in servizio i magistrati onorari a tempo pieno e fino a 70 anni e riconoscere loro i diritti previdenziali, assistenziali e retributivi compatibili con le funzioni esercitate...».
  Ciò posto, appare necessario innanzitutto mettere in evidenza le tematiche più rilevanti che attualmente si pongono in relazione alla figura della magistratura onoraria, tematiche trattate in entrambe le suindicate interrogazioni alle quali per tale motivo si risponde congiuntamente.
  In proposito deve evidenziarsi che la distinzione tra la magistratura ordinaria e quella onoraria ha dignità costituzionale, ed è in particolare desumibile dall'articolo 106 della Carta fondamentale, come univocamente interpretato dalla consolidata giurisprudenza della Consulta. In particolare, secondo la Corte Costituzionale «la posizione dei magistrati che svolgono professionalmente e in via esclusiva funzioni giurisdizionali e quella dei magistrati onorari non sono fra loro raffrontabili ai fini della valutazione della lesione del principio di eguaglianza, in quanto per i secondi il compenso è previsto per un'attività che essi non esercitano professionalmente ma, di regola, in aggiunta ad altre attività, per cui non deve agli stessi essere riconosciuto il medesimo trattamento economico, sia pure per la sola indennità giudiziaria, di cui beneficiano i primi» (cff. ex plurimis Corte Cost. ord. 8 novembre 2000, n. 479).
  Tale quadro, peraltro, non pare essere stato intaccato dalla recente decisione della Corte di Giustizia del 16 luglio 2020, nella causa C-658/18, atteso che dalla globale impostazione della decisione della Corte di Giustizia non emerge un'equiparazione automatica o comunque l'assimilabilità delle dinamiche lavorative e dello status della magistratura ordinaria con quella onoraria: al contrario la CGUE ha più volte ribadito che spetta al giudice del rinvio e, quindi, al giudice nazionale, determinare se un giudice di pace si trovi o meno in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario, alla luce di una serie di Pag. 42elementi da valutare, quali l'esistenza di un concorso iniziale specificamente concepito per i magistrati ordinari ai fini dell'accesso alla magistratura (concorso che invece non è previsto per la nomina dei giudici di pace), la competenza dei giudici di pace e la circostanza che i giudici di pace possono svolgere soltanto le funzioni attribuite a giudici singoli e non possono quindi far parte di organi collegiali. Secondo la CGUE, proprio la peculiarità del ruolo rivestito dalla magistratura onoraria nel sistema costituzionale italiano e le modalità di accesso alla medesima potrebbero integrare una ragione oggettiva idonea a giustificare una differenza nel trattamento delle due categorie professionali nel rispetto dei principi comunitari.
  In tale cornice di principi, e ferme le distinzioni tra le stesse, il Ministero della giustizia, ben prima dell'insorgere dell'attuale emergenza sanitaria, ha intrapreso un percorso per rivedere la disciplina relativa alla magistratura onoraria, nell'ottica di garantirle un più adeguato riconoscimento, posto il fondamentale ruolo che essa svolge a servizio del sistema giudiziario.
  Voglio inizialmente riassumere alcune delle tutele recentemente riconosciute in caso di malattia del magistrato onorario.
  Va posto in risalto che, secondo quanto emerge dalla nota redatta in data 9 giugno 2020 dal Direttore Generale dell'Inail, ai sensi dell'articolo 25, comma 5, del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, i giudici onorari di pace e i vice procuratori onorari «immessi in servizio successivamente al 15 agosto 2017, data di entrata in vigore del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, nonché in servizio alla medesima data, come espressamente indicato dall'articolo 32, comma 1, del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116», sono destinatari della tutela Inail contro gli infortuni e le malattie professionali. Essi, pertanto, godono di tutte le prestazioni erogate dall'Istituto ai propri assicurati in caso di infortuni o malattie contratte in occasione di lavoro. Tenuto conto, inoltre, della situazione emergenziale legata alla diffusione pandemica da COVID-19, proprio in considerazione della eccezionalità della situazione, tutti i lavoratori con rischio di contagio godono appieno della tutela Inail. Ciò vale, ovviamente, anche per i magistrati onorari laddove, nei casi accertati di contagio da coronavirus (Covid-19) avvenuto in occasione di lavoro, gli stessi hanno diritto a tutte le prestazioni previste dal citato decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
  Inoltre, nella nota redatta in data 9 giugno 2020 dal Direttore Generale Vicario dell'Inps si evidenzia che il decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, emanato in attuazione della delega contenuta nella legge 29 aprile 2016, n. 57, ha esteso la tutela previdenziale e assistenziale obbligatoria ai magistrati onorari che ne risultavano privi, stabilendo all'articolo 25, comma 3, che, ai fini della tutela previdenziale e assistenziale, i giudici onorari di pace e i vice procuratori onorari sono iscritti alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
  Per quanto riguarda, poi, la specifica questione relativa all'assenza di tutele per la magistratura onoraria nei periodi di sospensione dell'attività giudiziaria a causa della pandemia da Covid-19, deve evidenziarsi che l'articolo 119 del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 70 del 17 marzo 2020 «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», cosiddetto Cura Italia, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ha previsto, tra gli altri interventi di sostegno economico, talune misure destinate ai magistrati onorari in servizio.
  In merito all'ambito di applicazione della norma, il riferimento ai magistrati onorari «di cui all'articolo 1 e 29 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto», consente di includere sia la nuova categoria di magistrati onorari disciplinata dallo stesso decreto legislativo, giudici onorari di pace, e vice procuratori onorari (articolo 1 decreto legislativo n. 116 del Pag. 432017), sia quei magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo che siano stati confermati ai sensi del decreto legislativo n. 92 del 2016, già giudici di pace, giudici onorari di tribunale (GOT) e vice procuratori onorari (VPO). Sono, quindi, esclusi solo coloro che sono cessati dal servizio in data anteriore al 17 marzo 2020.
  Si rappresenta che proprio il Ministero della Giustizia ha dato istruzioni ai funzionari delegati delle Corti di appello e delle Procure generali della Repubblica ai fini dell'erogazione del predetto contributo economico.
  A ciò si aggiunga che, con il disegno di legge, di conversione del decreto-legge n. 137 del 2020 (cosiddetto decreto ristori) definitivamente approvato in data 18 dicembre 2020, si è previsto che spetti ai magistrati onorari il pagamento della indennità di udienza allorquando l'udienza civile venga trattata in forma scritta mediante scambio telematico di note (trattazione che il giudice può disporre ai fini del contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 allorquando l'udienza non richieda la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti), dovendosi ritenere ciò equiparato alla modalità di svolgimento delle udienze civili in presenza.
  Tale disposizione, peraltro, ripropone in via normativa l'interpretazione sempre espressa dal Ministero che, con circolare della Direzione generale affari interni del 10 aprile 2020, per l'ipotesi di cui alla lettera h), comma 7 dell'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 (cura Italia), affermava testualmente che: «con particolare riferimento alla previsione della lettera h), trattasi in sostanza di una modalità alternativa di celebrazione dell'udienza civile definita a “trattazione scritta” che, in deroga al principio di “oralità” della causa, assicura la partecipazione processuale delle parti a mezzo dei soli difensori attraverso uno scambio di memorie depositate secondo le regole del processo civile telematico, in funzione della necessità di assicurare il servizio giustizia riducendo il più possibile i contatti personali» argomentando quindi «non vi è dubbio che, anche nel caso in cui sia fissata udienza a “trattazione scritta” ai sensi della norma citata, l'attività svolta dal magistrato onorario debba considerarsi svolta in udienza ad ogni effetto di legge; conseguentemente ... anche nel caso in esame, il magistrato onorario abbia diritto a percepire la relativa indennità».
  Tutto quanto sinora esposto fa emergere con solare evidenza l'impegno segnatamente economico profuso dal Governo al fine di assicurare alla magistratura onoraria una forma di sostegno in caso di sospensione obbligata, totale e parziale, dell'attività dei tribunali in costanza della crisi sanitaria. Un impegno che – garantisco – rinnoverà anche in futuro.
  Non può infatti parte tacersi il fatto che il Ministro della giustizia ha presentato il disegno di legge di riforma della disciplina della magistratura onoraria, recante modifiche al decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, e che tale provvedimento (congiunto ad altri) è attualmente all'esame della Seconda Commissione permanente (Giustizia) in sede referente del Senato (A.S. n. 1438) e persegue, tra gli altri obiettivi, anche quello della modifica del trattamento retributivo attualmente riconosciuto. L'impianto del testo viene mantenuto dal nuovo testo depositato dalle relatrici, con ulteriori misure volte a migliorare il trattamento, non solo economico, della magistratura onoraria e a rafforzarne le tutele.
  Va altresì ricordato, per quanto specificamente concerne le azioni di prevenzione della diffusione del contagio da coronavirus, che l'amministrazione centrale e i vertici degli uffici giudiziari, nell'ambito delle rispettive competenze, non solo hanno prontamente curato di fornire tutte le misure di informazione e prevenzione miranti a prevenire il rischio di ulteriore estensione del contagio assicurando la capillare diffusione di circolari e provvedimenti governativi diretti a tutto il personale amministrativo e di magistratura, ordinaria e onoraria, ma hanno concretamente provveduto ad applicare tutte le indicazioni e raccomandazioni per la pulizia, disinfezione e sanificazione degli ambienti di lavoro degli uffici giudiziari Pag. 44 previste dal Ministero della Salute e da altre Autorità (come indicato anche nella nota redatta in data 16 dicembre 2020 dal Ministero della salute, in cui si dà atto della proficua collaborazione interistituzionale sperimentata durante la fase pandemica con il Ministero della giustizia). Con particolare riferimento alla idoneità degli uffici giudiziari e delle aule di udienza sotto il profilo della salubrità degli ambienti e della sicurezza del personale tutto e dell'utenza esterna, l'azione di contrasto alla diffusione del contagio da COVID-19 posta in essere da questa amministrazione si è concretizzata, infatti, nel garantire l'approvvigionamento di tutti i beni e servizi necessari a contenere i rischi sanitari a tutela della salute. In tale ambito è stato predisposto uno specifico piano di spesa per la fornitura di dispositivi di protezione individuale e dei luoghi di lavoro e, in generale, per i sistemi di sicurezza.
  A tale scopo questa amministrazione ha subito ottenuto un ampliamento della spesa corrente da destinare specificamente a sanificazioni, acquisto di materiale DPI, igienizzanti, barriere parafiato, termoscanner e altri sistemi di misurazione della temperatura. Tale processo ha portato ad una previsione iniziale di stanziamento integrativo per circa venti milioni di euro che ad oggi ha determinato assegnazioni complessive e relativi accreditamenti per euro 24.763.701,50. Ciò costituisce l'evidente riprova che il Ministero e gli uffici hanno investito e si sono preparati proprio sulle misure di prevenzione.
  Preme infine sottolineare quanto segue in relazione ad alcune affermazioni riportate nella risposta all'interrogazione del Dep. Dalmastro Delle Vedove del 13 ottobre 2020 (res. n. 407 del 13 ottobre 2020), interrogazione sempre inerente la tematica della disciplina normativa della magistratura onoraria, citata nell'interrogazione del Dep. Tateo.
  In primo luogo si deve evidenziare che le frasi evidenziate non riportano parole o idee del Ministro, ma fanno riferimento ad argomenti storicamente datati e che ovviamente non possono essere riproposti nell'attuale contesto, in cui la magistratura onoraria riveste un ruolo centrale e insostituibile per garantire ad ogni cittadino italiano ed europeo il diritto ad un ricorso effettivo davanti a un giudice imparziale e lo svolgimento di un processo entro un limite ragionevole, ai sensi dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

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ALLEGATO 7

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2019-2020 (C. 2670 Governo).

PARERE APPROVATO

  La II Commissione,

   esaminati gli emendamenti Montaruli 3.1, Polidori 4.1 e Mantovani 21.1, gli articoli aggiuntivi 15.02 e 15.03 della relatrice e il subemendamento De Giorgi 0.15.03.1,

  esprime

PARERE CONTRARIO

  sugli emendamenti Polidori 4.1 e Mantovani 21.1, nonché sul subemendamento De Giorgi 0.15.03.1;

  e

PARERE FAVOREVOLE

  sull'emendamento Montaruli 3.1, sull'articolo aggiuntivo 15.02 della relatrice, nonché sull'articolo aggiuntivo 15.03 della relatrice a condizione che sia riformulato sotto il profilo formale nei seguenti termini: Dopo l'articolo 15, aggiungere il seguente: Art. 15-bis (Disposizioni per l'adeguamento alla direttiva (UE) 2011/93 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio. Procedura di infrazione n. 2018/2335; EU-Pilot 2018/9373). 1. Al regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, recante la approvazione del testo definitivo del codice penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 600-quater:

    1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Detenzione o accesso a materiale pornografico»;

    2) dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente:

  «Fuori dai casi di cui al primo comma, chiunque, mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione, accede intenzionalmente e senza giustificato motivo a materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa non inferiore a euro 1.000.»;

   b) all'articolo 602-ter, ottavo comma, dopo la lettera c), è aggiunta la seguente:

    «c-bis) se dal fatto deriva pericolo di vita per il minore.»;

   c) all'articolo 609-ter, primo comma, dopo il numero 5-sexies), è aggiunto il seguente:

    «5-septies) se dal fatto deriva pericolo di vita per il minore.»;

   d) all'articolo 609-quater:

    1) dopo il secondo comma, è inserito il seguente:

  «Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, chiunque compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni quattordici, abusando della fiducia riscossa presso il minore o dell'autorità o dell'influenza esercitata sullo stesso in ragione della propria qualità o dell'ufficio ricoperto o delle relazioni familiari, domestiche, lavorative, di coabitazione o di ospitalità, è punito con la reclusione fino a quattro anni.»;

    2) il terzo comma è sostituito dal seguente:

   «La pena è aumentata:

    a) se il compimento degli atti sessuali con il minore che non ha compiuto gli Pag. 46anni quattordici avviene in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, anche solo promessi;

    b) se il reato è commesso da più persone riunite;

    c) se il reato è commesso da persona che fa parte di un'associazione a delinquere e al fine di agevolarne l'attività;

    d) se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave;

    e) se dal fatto deriva pericolo di vita per il minore.»;

   e) all'articolo 609-quinquies, terzo comma, dopo la lettera c), è aggiunta la seguente:

    «c-bis) se dal fatto deriva pericolo di vita per il minore.»

   f) all'articolo 609-undecies, dopo il primo comma, è aggiunto il seguente:

  «2. La pena è aumentata:

   a) se il reato è commesso da più persone riunite;

   b) se il reato è commesso da persona che fa parte di un'associazione a delinquere e al fine di agevolarne l'attività;

   c) se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave;

   d) se dal fatto deriva pericolo di vita per il minore.».