CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 3 dicembre 2020
486.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-05056 Bitonci: Interventi normativi in materia di definizione agevolata delle liti tributarie pendenti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti fanno riferimento a due procedimenti contenziosi tributari avviati per questioni di scarsa rilevanza economica, evidenziando come spesso l'attivazione della macchina giudiziaria per questioni di tal tipo determini costi eccessivi per l'Amministrazione finanziaria anche in considerazione degli importi irrisori che la stessa potrebbe riuscire a recuperare.
  Pertanto, gli Onorevoli interroganti chiedono se e quali tempestive iniziative di competenza, anche di carattere normativo, si intendano adottare, o nello specifico, se non convenga sull'opportunità di prevedere:

   a) una definizione agevolata strutturale delle liti tributarie pendenti, che consenta di evitare lo spreco di risorse, materiali e umane, reindirizzandole a questioni più rilevanti per l'erario e, al contempo, disintasare l'ingorgo della giustizia tributaria;

   b) un passaggio obbligatorio per l'amministrazione finanziaria volto alla transazione fiscale ovvero «all'abbandono del contenzioso qualora l'importo oggetto del contenzioso sia talmente irrisorio che il recupero rappresenti per la macchina fiscale un maggior costo, in termini economici e di personale impiegato».

  Al riguardo, sentiti i competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova, preliminarmente, ricordare che nel nostro ordinamento giuridico tributario sono presenti una serie di strumenti deflativi del contenzioso.
  Alcuni di questi risultano attivabili ante causam, quali ad esempio l'accertamento con adesione, altri come la cosiddetta «mediazione», per le controversie fino a 50 mila euro, risultano, tra l'altro, procedure obbligatorie.
  Inoltre, sono previsti istituti che permettono il raggiungimento di un accordo tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria anche successivamente all'instaurazione del contenzioso tributario, come la conciliazione giudiziale di cui all'articolo 48 del decreto legislativo n. 546 del 1992.
  Ciò premesso, si osserva che l'introduzione di una definizione agevolata strutturale delle liti tributarie pendenti, sul modello di quella disposta dall'articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018, appare contraddittoria, laddove si consideri che il modello di riferimento è per sua natura eccezionale e, per questo, incompatibile con l'ordinario presidio del dovere costituzionale di contribuzione (ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione) e con lo stesso diritto alla tutela giurisdizionale verso gli atti della Pubblica Amministrazione.
  L'introduzione della misura auspicata potrebbe, inoltre, provocare una disparità di trattamento nei confronti dei contribuenti che assolvono i tributi in maniera ordinaria, disincentivando l'adempimento spontaneo degli obblighi tributari e la compliance da parte dei contribuenti.
  Peraltro, come anzidetto, la finalità deflattiva che siffatta proposta mira a conseguire trova già adeguata ed armonica regolamentazione nell'ordinamento tributario attraverso la previsione di numerosi istituti quali il ravvedimento operoso, l'adesione a comunicazioni di irregolarità, verbali, atti di contestazione o accertamenti, i già menzionati accertamento con adesione, mediazione tributaria, conciliazione giudiziale in primo o secondo grado di giudizio. Pag. 41
  Tali strumenti, che prevedono una graduale attenuazione dell'entità della sanzione in capo al contribuente proprio in funzione del conseguente risparmio di risorse amministrative e giurisdizionali impegnate dall'Amministrazione, hanno già determinato nell'arco di pochi anni una drastica riduzione del numero e della durata delle controversie tributarie, che hanno oggi una durata media di circa due anni per la celebrazione e la conclusione dei due gradi di merito.
  Quanto all'osservazione secondo cui sarebbe auspicabile «l'abbandono del contenzioso qualora l'importo oggetto del contenzioso sia talmente irrisorio che il recupero rappresenti per la macchina fiscale un maggior costo, in termini economici e di personale impiegato», deve sottolinearsi, preliminarmente, che gli organi tributari hanno il potere/dovere di applicare concretamente il tributo istituito sulla base di una norma di legge, e che tale potestà è sostanzialmente vincolata dalla legge, irrinunciabile e tendenzialmente indisponibile.
  L'eventuale abbandono della pretesa tributaria da parte dell'Amministrazione finanziaria dovrebbe essere specificatamente previsto e disciplinato dalla legge.
  Inoltre, una riforma della giustizia tributaria, che disponga il non luogo a procedere con ulteriori gradi di giudizio, allorquando il costo del contenzioso sia, per l'Amministrazione finanziaria, superiore al mancato incasso dell'imposta non pagata, paradossalmente potrebbe incentivare l'impugnazione dell'atto impositivo al fine di vederne caducata l'efficacia.
  La valutazione circa l'opportunità di coltivare il contenzioso soggiace, comunque, a stringenti indicazioni di economicità, che precludono all'Amministrazione finanziaria, in molti casi, l'impugnazione in sede di legittimità, fatte salve le fattispecie che, per l'importanza o la potenziale diffusione del principio giuridico da salvaguardare, impongano valutazioni di ordine più generale, comunque esorbitanti rispetto alla singola controversia esaminata.

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ALLEGATO 2

5-04654 Ungaro: Status di residenza fiscale dei cittadini italiani residenti all'estero trattenuti in Italia a causa dell'emergenza da COVID-19.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti osservano che l'emergenza sanitaria da Covid-19 ha spinto i Governi di molti Paesi ad adottare misure restrittive sulla libertà di circolazione, costringendo molte persone a trattenersi in un Paese diverso da quello in cui normalmente vivono.
  Gli Onorevoli rilevano che tale circostanza potrebbe avere impatto sulla determinazione della residenza fiscale, spesso fondata sulla permanenza fisica della persona in un determinato luogo.
  A tal proposito, gli Onorevoli segnalano che l'OCSE, in un documento pubblicato il 3 aprile 2020, ha invitato le amministrazioni e le autorità competenti a considerare la circostanza eccezionale, dovuta al Covid-19, per prevedere periodi più idonei nella valutazione dello stato di residenza. Alcuni Paesi, tra cui il Regno Unito, l'Irlanda e l'Australia, si sono già adoperati in tal senso.
  A parere degli Interroganti appare, pertanto, utile e opportuno che, anche in Italia, vi sia un pronunciamento che recepisca tali misure eccezionali e che rimandi al 2021 l'applicazione della regola secondo la quale risulta acquisita la residenza fiscale in Italia, una volta trascorsi 183 giorni nel Paese.
  Alla luce di quanto premesso, gli Onorevoli interroganti chiedono «quali iniziative intenda adottare per garantire ai cittadini iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) di non vedere compromesso il proprio status di residenza fiscale all'estero, in ragione di un più prolungato periodo di permanenza in Italia nel corso del 2020, considerato che sia la mobilità nazionale che quella internazionale hanno risentito e continuano a risentire delle misure di contenimento del Covid-19».
  Al riguardo, sentiti i competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova, preliminarmente, osservare che, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del TUIR, «si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile». I predetti requisiti sono tra loro alternativi per cui, ai fini della verifica della residenza fiscale, risulta sufficiente la sussistenza di uno solo di essi. Inoltre, tutti i requisiti devono risultare combinati con l'elemento temporale, inteso come perdurare delle situazioni giuridiche delineate per un periodo non inferiore a 183 giorni all'anno (184 giorni in caso di anno bisestile).
  Le informazioni riguardanti i cittadini AIRE (data di iscrizione AIRE, Consolato di riferimento, indirizzo di residenza estera, e altro) vengono comunicate all'Anagrafe Tributaria dai comuni tramite l'ANPR (Anagrafe Nazionale Popolazione Residente) oppure a seguito dell'invio, da parte del Ministero dell'interno, dei dati dell'AIRE centrale, una banca dati istituita presso lo stesso Ministero che contiene i dati trasmessi dalle anagrafi comunali.
  Deve comunque precisarsi che l'iscrizione formale all'AIRE da parte di un cittadino italiano, infatti, non è elemento determinante e idoneo ad escludere la residenza fiscale in Italia qualora l'Amministrazione finanziaria accerti la sussistenza del requisito del domicilio (e/o della residenza). Pag. 43
  Tanto premesso, le disposizioni contenute nelle vigenti Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni stipulate dall'Italia, basate sul Modello di Convenzione fiscale dell'OCSE, regolano la potestà impositiva tra l'Italia e l'altro Stato contraente in relazione ai rispettivi residenti e ad una serie di tipologie reddituali, al fine di evitare fenomeni di doppia tassazione (nello Stato della fonte del reddito e nello Stato di residenza della persona).
  Nei casi in cui una persona fisica sia considerata residente di entrambi gli Stati contraenti, ai sensi delle rispettive normative domestiche, apposite disposizioni, generalmente contenute all'Articolo 4 delle Convenzioni, conformemente a quanto previsto dal Modello OCSE di Convenzione fiscale, individuano i criteri dirimenti (le cosiddette «tie-breaker rules») al fine di stabilire la residenza della persona ai fini della Convenzione. Tale regole prendono in considerazione, nell'ordine, i criteri della disponibilità di un'abitazione permanente, il centro degli interessi vitali, il luogo in cui il soggetto soggiorna abitualmente, la nazionalità (quando non sia possibile stabilire la residenza in base a detti criteri, le autorità competenti degli Stati contraenti devono accordarsi al riguardo).
  Nel documento OCSE del 3 aprile 2020 («OECD Secretariat Analysis of Tax Treaties and the Impact of the COVID-19 Crisis»), citato dagli Onorevoli interroganti, il Segretariato OCSE effettua alcune considerazioni in relazione all'interpretazione di talune disposizioni dei trattati sulle doppie imposizioni, in considerazione della situazione emergenziale della pandemia, in un'ottica di neutralizzare il più possibile gli effetti delle misure di restrizione dovute alla crisi Covid in tale ambito, in modo che non ne derivino ulteriori aggravi per le amministrazioni fiscali e i contribuenti.
  Nel documento viene trattata anche la problematica legata alle variazioni dello status di residenza per le persone fisiche.
  Con riferimento alle ipotesi in cui una persona si sia temporaneamente allontanata dalla residenza abituale, e rimanga bloccata nel Paese «ospitante», a causa della situazione emergenziale della pandemia e conseguenti misure adottate dai Paesi, in tal modo conseguendo la residenza del Paese ospitante in base alla relativa legislazione domestica, il Segretariato OCSE esprime il parere che la situazione emergenziale non dovrebbe incidere sullo status precedente di residenza del soggetto ai fini del trattato.
  Prendendo in considerazione il criterio del «soggiorno abituale», tra le citate «tie-breaker rules», viene, infatti, ricordato che, secondo il paragrafo 19 del Commentario OCSE all'Articolo 4, lo Stato nel quale si soggiorna abitualmente non può essere determinato soltanto prendendo in considerazione il numero dei giorni di presenza nel Paese in un dato periodo di riferimento, ma occorre anche valutare il carattere di «abitualità» del soggiorno, legato alla frequenza, durata e regolarità nella vita ordinaria del soggetto.
  Nell'ambito della valutazione dello status di residenza di una persona fisica, l'OCSE invita, pertanto, le amministrazioni fiscali e le autorità competenti a tenere in considerazione il carattere di circostanza eccezionale rivestito dall'emergenza da COVID-19.
  In sede di partecipazione ai lavori OCSE, l'Italia ha espresso al Segretariato OCSE parere favorevole alla pubblicazione di linee guida da parte dell'Organizzazione per la questione in esame.
  In via di principio, deve sottolinearsi che, per l'applicazione dei trattati fiscali, nella situazione in esame possa trovare applicazione l'orientamento generale raccomandato dall'OCSE nella situazione «eccezionale» della pandemia, nel senso di «neutralizzare» quanto più possibile l'impatto delle misure di restrizione dovute alla crisi Covid, in modo da non gravare sugli adempimenti delle Amministrazioni fiscali e dei contribuenti, mantenendo ove possibile la disciplina convenzionale ordinaria anche durante l'emergenza Covid-19.
  Di conseguenza, la circostanza per cui una persona fisica, non residente fiscalmente in Italia, sia stata costretta a prolungare il periodo di soggiorno in Italia a causa della circostanza straordinaria ed eccezionale della pandemia, indipendentemente dalla volontà del soggetto, dovrebbe Pag. 44essere tenuta in considerazione, al fine di stabilire per detta persona una variazione di residenza ai fini del trattato (con particolare riferimento al citato criterio del «soggiorno abituale»).
  In linea con l'orientamento sopra rappresentato sono stati già conclusi accordi con le Autorità competenti di alcuni Paesi, finalizzati a risolvere le problematiche interpretative, in relazione alle disposizioni convenzionali sul lavoro dipendente, con riferimento alla tassazione delle remunerazioni percepite dai lavoratori frontalieri che svolgono l'attività lavorativa in modalità agile, a causa delle misure per la pandemia da Covid-19.
  In particolare, si fa riferimento agli accordi interpretativi delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, rispettivamente, con l'Austria, in vigore dal 27 giugno 2020, con la Francia, vigente dal 24 luglio 2020, e con la Svizzera, in vigore dal 20 giugno 2020, i quali consentono che, nei confronti dei lavoratori dipendenti e dei lavoratori frontalieri, continuino ad applicarsi le specifiche disposizioni convenzionali, anche se gli stessi, a causa dell'emergenza epidemiologica, non oltrepassano più abitualmente la frontiera o, comunque, svolgono la propria attività lavorativa in uno Stato diverso da quello di residenza fiscale.
  Infine, è opportuno evidenziare che gli uffici dell'Amministrazione finanziaria, per quanto di competenza, confermano la loro disponibilità ad assicurare la trattazione di procedure amichevoli con le autorità dei Paesi interessati, ove siano rilevati casi di difficoltà o dubbi inerenti all'interpretazione o all'applicazione di specifiche disposizioni contenute nelle Convenzioni sulle doppie imposizioni, in considerazione delle circostanze verificatesi con l'emergenza sanitaria ancora in corso.

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ALLEGATO 3

5-04792 Foti: Iniziative per l'estensione al 31 dicembre 2020 del credito d'imposta per i canoni di locazione commerciale e gli affitti d'azienda.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono di sapere se il Governo intenda prevedere l'estensione al 31 dicembre 2020 del credito d'imposta per i canoni di locazione commerciale e degli affitti d'azienda, in considerazione delle perduranti difficoltà economiche in cui versano le imprese del commercio e i proprietari di immobili.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  Il credito d'imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d'azienda – introdotto dall'articolo 28 del decreto-legge n. 34 del 2020 e, successivamente, modificato dall'articolo 77 del decreto-legge n. 104 del 2020 – spetta ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d'imposta precedente, nella misura del 60 per cento dei canoni mensili di locazione, di leasing o di concessione e del 30 per cento dei canoni di affitto d'azienda di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell'attività.
  Il predetto credito d'imposta è commisurato all'importo del canone corrisposto con riferimento a ciascuno dei mesi di marzo, aprile, maggio e giugno 2020, a condizione che si sia verificata una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di riferimento di almeno il 50 per cento rispetto allo stesso mese del periodo d'imposta precedente. Per le strutture turistico-ricettive il credito d'imposta spetta fino al 31 dicembre 2020 e, relativamente all'affitto d'azienda, è commisurato al 50 per cento del canone versato.
  L'agevolazione in argomento è riconosciuta, altresì, agli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, e alle imprese esercenti attività di commercio al dettaglio, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d'imposta precedente, nella misura ridotta del 20 per cento dei canoni mensili di locazione e del 10 per cento dei canoni di affitto d'azienda, nonché, indipendentemente dal volume di ricavi registrato nel periodo d'imposta precedente, alle strutture alberghiere, termali e agrituristiche, alle agenzie di viaggio e turismo e ai tour operator.
  In relazione all'agevolazione in argomento, l'articolo 122 del citato decreto-legge n. 34 prevede – per i soggetti beneficiari – la possibilità di optare, fino al 31 dicembre 2021, in luogo della fruizione diretta del credito d'imposta, per la cessione dello stesso, anche parziale, ad altri soggetti, ivi inclusi il locatore o il concedente, a fronte di uno sconto di pari ammontare sul canone da versare, nonché agli istituti di credito e altri intermediari finanziari.
  Da ultimo, si segnala che, al fine di sostenere gli operatori economici interessati dalle nuove misure restrittive introdotte dal Governo con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre e del 3 novembre 2020 per contenere la diffusione dell'epidemia «Covid-19», con i decreti-legge n. 137 del 2020 (articolo 8) e n. 149 del 2020 (articolo 4) il credito d'imposta de quo è stato esteso per tali soggetti – indipendentemente dall'ammontare di ricavi dell'esercizio precedente – anche ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2020 con la facoltà, relativamente al canone di dicembre, di procedere al relativo versamento anche nell'anno 2021.
  Tanto premesso, si rappresenta che sono allo studio del Governo alcune disposizioni normative volte ad ampliare, compatibilmente Pag. 46 con le risorse disponibili, la platea dei beneficiari del credito di imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d azienda.
  Deve, inoltre, evidenziarsi che il credito d'imposta de quo è stato notificato alla Commissione europea e da questa autorizzato con decisioni C(2020) 4447 final del 26 giugno 2020 e C(2020) 7595 final del 28 ottobre 2020, nel rispetto di quanto previsto dalla Comunicazione del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final, e successive modifiche, recante il «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19» (cosiddetto «Temporary Framework»), e che, pertanto, ogni modifica che dovesse essere apportata allo stesso necessita di essere notificata e autorizzata dall'Esecutivo europeo.

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ALLEGATO 4

5-04996 Fragomeli: Applicazione delle norme sulle detrazioni fiscali in materia edilizia ed energetica alla realizzazione di opere destinate al superamento o alla eliminazione di barriere architettoniche.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante, fa riferimento alle disposizioni introdotte dall'articolo 121, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto Decreto Rilancio) che consentono, per le spese sostenute negli anni 2020 e 2021, di usufruire di alcune detrazioni fiscali in materia edilizia ed energetica sotto forma di crediti di imposta o di sconti sui corrispettivi, prevedente la possibilità di cessione del credito d'imposta, in deroga alle ordinarie disposizioni previste in tema di cedibilità dei relativi crediti tributari.
  A tal proposito, l'Onorevole chiede, in particolare, di sapere se la cessione del credito d'imposta sia applicabile anche alle prestazioni, con Iva al 4 per cento, di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi ad oggetto la realizzazione delle opere direttamente finalizzate al superamento o alla eliminazione delle barriere architettoniche.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 121, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020, nell'introdurre la facoltà per il contribuente, di esercitare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione, l'opzione per un contributo sotto forma di sconto sul corrispettivo, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi oppure per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, limita tale facoltà ai soli interventi riconducibili ad una delle previsioni richiamate espressamente dal comma 2 dello stesso articolo 121.
  Ne consegue che, in linea generale, per gli interventi finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche non è possibile esercitare l'opzione prevista dal comma 2 dell'articolo 121 in quanto tali interventi sono previsti dalla lettera e) dell'articolo 16-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, che non rientra tra le previsioni richiamate dal citato comma 2 dell'articolo 121.
  Tuttavia, se, tra gli interventi finalizzati all'eliminazione delle barriere architettoniche, ve ne sono alcuni che possono qualificarsi, ai sensi dell'articolo 16-bis, lettere a) e b) del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, come interventi di manutenzione straordinaria su singole unità immobiliare o di manutenzione sulle parti comuni dell'edificio, in relazione agli stessi è possibile avvalersi, a prescindere dalle specifiche finalità dell'intervento, dell'opzione prevista dall'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020.