CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 19 novembre 2020
475.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-05040 Carnevali: Iniziative per implementare un programma nazionale di screening polmonare con LDCT nei soggetti ad alto rischio.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il tumore del polmone è la prima causa di morte per tumore nella popolazione italiana. Nonostante l'incidenza della patologia stia calando nei maschi (ma è in aumento nelle donne), il numero di nuovi casi annui si mantiene molto elevato (oltre 40.000 casi).
  I registri di popolazione riportano che la sopravvivenza a 5 anni è sostanzialmente ferma a un massimo del 17 per cento.
  Nel 2011 sono stati pubblicati i risultati del National Lung Screening Trial (NLST) statunitense e, successivamente, di studi Europei, fra cui tre italiani (ITALUNG (Paci, E. et al. 2017), DANTE (Infante M. et al. 2015), MILD (Pastorino U. et al. 2019). Recentemente sono stati presentati i risultati del più importante trial randomizzato europeo (NELSON). Tutti questi trials hanno evidenziato l'efficacia del LDCT (TAC a spirale a bassa dose) nel ridurre la mortalità per tumore polmonare: le riduzioni osservate variano fra il 20 per cento e il 40 per cento.
  Tali risultati, se da un lato danno una sufficiente certezza dell'efficacia di tale screening, dall'altro pongono rilevanti questioni su quale sia la migliore strategia di screening in termini di selezione della popolazione, modalità di approccio, percorso organizzativo, protocolli diagnostici, qualità delle strutture.
  D'altra parte, è ben noto che la migliore strategia contro il cancro polmonare rimane la prevenzione primaria e, in particolare, la cessazione del fumo. Si ritiene, pertanto, che un programma di screening polmonare possa quindi esistere solo se integrato con i programmi di disassuefazione al fumo.
  In base a tali considerazioni, il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo Malattie-CCM ha avviato un Progetto (dal titolo: Progetto Pilota per un programma di screening per il tumore polmonare integrato con la cessazione del fumo) che, in generale, intende acquisire tutti gli elementi organizzativi necessari per offrire alla popolazione un programma di screening per il cancro del polmone nei forti fumatori.
  Più in dettaglio, gli obiettivi che il Progetto si propone di affrontare sono i seguenti:

   Definizione dei criteri di accesso allo screening per soggetti a rischio e modalità di identificazione della popolazione target; modelli di reclutamento e quantificazione del rischio;

   Modalità di integrazione del percorso di reclutamento dello screening con le offerte di prevenzione Primaria (cioè lotta al fumo);

   Definizione dei criteri di qualità tecnico-professionale ed organizzativa delle strutture che potranno erogare lo screening; percorso e qualità dei protocolli diagnostici;

   Validazione di un modello di doppia refertazione della TAC con seconda lettura a distanza, ed impiego di software capaci di fornire le dimensioni volumetriche delle lesioni eventualmente identificate;

   Sistema informativo, gestione immagini, qualità e performance dell'imaging;

   Raccolta e stoccaggio in Banche biologiche dei campioni (Biopsia Liquida/escreto);

   Analisi organizzativa, costi e «budget impact».

  Il «Progetto Pilota per un programma di screening per il tumore polmonare integrato Pag. 75 con la cessazione del fumo» è stato finanziato dal Ministero della salute negli ambiti del programma CCM 2019 – Azioni Centrali. Lo studio è partito nel dicembre 2019 ed ha già avuto una proroga di 6 mesi per la pandemia dovuta al COVID-19.
  Tuttavia, si è posta l'esigenza di un'ulteriore proroga di 6-9 mesi, perché le condizioni della pandemia nelle regioni in cui operano i Centri partecipanti (Firenze, Pisa, Milano e Torino) rendono difficile programmare l'apertura di nuovi ambulatori per reclutare circa 600 pazienti, così come previsto dal Progetto, a fine gennaio 2021, come previsto dalla proroga già approvata dal CCM.
  In particolare, la richiesta di proroga si sostanzia in due motivi che illustrano, nel contempo, alcuni effetti della pandemia sui programmi di screening:

   1. Organizzare il percorso di screening per tumore del polmone, con effettuazione della TAC e dei percorsi per smettere di fumare tramite coinvolgimento dei Centri anti-fumo locali (a Pisa, Firenze, Milano e Torino), è estremamente difficile dal mese di ottobre 2020 perché i medici coinvolti nel Progetto, dai medici di medicina generale che sono chiamati a reclutare i pazienti, ai radiologi che devono effettuare la TAC, agli pneumologi che dovranno seguire i pazienti con eventuale TAC positiva, sono assorbiti dalla gestione della pandemia.

   2. L'adesione da parte dei pazienti eleggibili per effettuare dal mese di gennaio 2021 i nuovi percorsi previsti dal Progetto nei 4 Centri sopra indicati, rischia di essere in effetti molto bassa, per via della incidenza della pandemia da COVID-19.

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ALLEGATO 2

5-05043 Novelli: Iniziative per dare soluzione alla grave carenza di bombole di ossigeno per l'ossigenoterapia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Le Aziende produttrici di dispositivi per ossigenoterapia, farmacie ed AIFA hanno da tempo avviato una stretta collaborazione con l'obiettivo di ridurre i disagi dovuti al vertiginoso aumento delle domande di fornitura domiciliare di ossigeno a causa dell'emergenza sanitaria in corso.
  Inoltre, l'AIFA sta avviando ulteriori iniziative sia per il settore regolatorio, che per attività di sensibilizzazione per affrontare sui diversi fronti il problema, come peraltro richiesto anche da Assogastecnici e Federfarma.
  Il confronto costante tra l'AIFA e le citate organizzazioni, ha già permesso di avviare interventi risolutivi rispetto alle principali criticità riportate da alcune Regioni. L'aumento dei consumi di ossigeno determinati dall'emergenza in misura rilevante, ha infatti sicuramente avuto un impatto significativo sulla rete distributiva, a dispetto della disponibilità reale dell'ossigeno, che viene prodotto in Italia in quantitativi già dieci volte superiori al fabbisogno del territorio nazionale.
  Il numero di contenitori mobili (bombole e recipienti criogenici) disponibili per il trattamento domiciliare rappresenta la principale causa dei disagi riportati e l'incremento garantito dagli investimenti delle aziende in questi mesi (che Assogastecnici ha quantificato in 15 milioni di euro) ha avuto degli effetti positivi, a dispetto della domanda altissima a livello mondiale, e di un numero di produttori di contenitori molto limitato. Purtuttavia, tali investimenti non sono risultati sufficienti a fronte delle aumentate difficoltà di questi ultimi giorni.
  Per la questione in esame è necessario, inoltre, il forte supporto da parte delle regioni e province autonome, al fine di rafforzare l'attività di tracciamento dalle bombole da parte delle farmacie (anche sollecitando i pazienti alla restituzione dopo l'uso, come raccomandato da Federfarma), e di realizzare strutture in grado di fornire supporto terapeutico ai pazienti, riducendo così la richiesta dei contenitori per l'uso domiciliare.
  Infatti, in alcune Regioni (come la Lombardia) sono state allestite strutture come ospedali da campo o «COVID-hospital» dedicate alla somministrazione della sola ossigenoterapia e alimentate con serbatoi centralizzati (di facile realizzazione), anziché con bombole. AIFA, Assogastecnici e Federfarma stanno attualmente lavorando per promuovere la diffusione di queste esperienze e di altre «buone pratiche» analoghe, in grado di intervenire sul problema a livello organizzativo.
  A questo proposito, giova rilevare che anche la Commissione Tecnico-Scientifica (CTS) di AIFA sta valutando la possibilità di predisporre una scheda sull'uso dell'ossigeno, analoga a quelle già definite efficacemente per i farmaci utilizzati nel trattamento del COVID-19, a supporto di un utilizzo responsabile dell'ossigenoterapia, che ottimizzi l'uso delle risorse disponibili in questa fase di difficoltà operativa.
  La «cabina di regia» che AIFA ha predisposto, d'intesa con Assogastecnici e Federfarma, per risolvere i sopracitati problemi registrati sul territorio, proseguirà il lavoro di monitoraggio della situazione e la predisposizione di iniziative operative, come quelle già avviate nei giorni scorsi, al fine di fornire una risposta tempestiva ed efficace alle esigenze in questione.

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ALLEGATO 3

5-05039 Pedrazzini: Inserimento dell'ossigeno-ozono terapia tra quelle autorizzate dal Comitato etico dello Spallanzani.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Nelle premesse dell'atto ispettivo vengono richiamati alcuni studi pubblicati nelle riviste scientifiche internazionali, a cui faccio rinvio per le indicazioni già rese, per esigenza di sintesi.
  L'ISS sugli studi richiamati (Yano H Università di Nara e Fujita Health University) sottolinea che in entrambi gli esperimenti, l'abbattimento del titolo virale è stato ottenuto mantenendo una prestabilita concentrazione di ozono all'interno di un'area sigillata, preferibilmente in presenza di alte concentrazioni di umidità relativa (tra il 60 e l'80 per cento).
  Questo è in linea con quanto già descritto nel Rapporto ISS COVID-19 n. 56/2020 (del 23 luglio 2020), e nel relativo «summary»: «Un'azione disinfettante efficace contro il SARS-CoV-2 è pienamente plausibile; tuttavia, sarebbero utili ulteriori studi, effettuati secondo standard predefiniti, per definire protocolli per la “sanitizzazione” efficace e sicura degli ambienti/superfici, in modo da poter valutare parametri essenziali quali la concentrazione ed il tempo di contatto.».
  Secondo l'Istituto, in effetti, per la sanificazione di grandi spazi, in condizioni di uso reale, sulla base di quanto descritto nei due lavori giapponesi, risulta difficilmente riproducibile la condizione di «ambiente sigillato», all'interno del quale sono stati definiti le concentrazioni di ozono e i tempi di contatto necessari per l'abbattimento del titolo virale indicato. Inoltre, sono necessari ulteriori dati di ricerca per identificare le condizioni reali di applicazione dell'ozono, a fronte delle sue proprietà pericolose e dei rischi associati al suo utilizzo, al fine di garantire la massima efficacia del trattamento e adeguate misure di sicurezza per la tutela degli utilizzatori e della popolazione che afferisce agli ambienti trattati.
  Per quanto riguarda l'utilizzo sui pazienti per fini terapeutici, nel Rapporto COVID-19 n. 56/2020 l'ISS non ha parlato di «potenziale rilevanza... in assenza di rischi... in attesa di ricevere dati definitivi», ma ha piuttosto sottolineato come l'effetto dell'ozono in pazienti con COVID-19 fosse sostanzialmente imprevedibile, e quanto fosse necessario, al fine di chiarirne il potenziale ruolo, acquisire dati certi, derivanti da studi clinici.
  Rispetto agli ulteriori lavori citati nell'interrogazione parlamentare in argomento (Franzini M, Valdenassi ed altri e Zhishui Zheng, Minglin Dong) l'Istituto ha precisato quanto segue: Entrambi gli studi soffrono, in effetti, delle limitazioni legate allo scarso numero di pazienti e alla loro natura descrittiva e non controllata. L'Istituto rammenta che l'osservazione di un gruppo di pazienti trattati, in assenza di un braccio di controllo, non può mai essere considerata conclusiva, e tale limite è ancora più grave in una condizione, come il COVID-19, per la quale le conoscenze cliniche sono ancora limitate.
  Di fatto, quindi, questi due articoli aggiuntivi non consentono di modificare le conclusioni riportate nel Rapporto ISS COVID-19 n. 56/2020: Pubblicato il 23 luglio 2020. 6. Ozonoterapia e indicazioni di uso medico, che riporto di seguito: In attesa di disporre di evidenze derivanti da studi clinici, è opportuno richiamare che – per la complessità dei meccanismi attivati «a cascata» dall'ozono – è difficile prevedere l'effetto complessivo del trattamento, specialmente nel caso di pazienti in condizioni critiche. La reattività e la risposta immunitaria di base sembrano infatti delle variabili molto importanti, in grado di influenzare Pag. 78 in maniera drammatica (in senso sia positivo che negativo) l'esito del trattamento. Il dosaggio e la durata del trattamento nelle varie indicazioni devono inoltre essere definiti opportunamente con studi clinici dose-risposta. Infine, alcuni degli effetti esercitati dall'ozono (es. la sua capacità di rilasciare citochine proinfiammatorie) impongono un'ovvia cautela per l'uso nella condizione clinica in oggetto.
  Da ultimo, l'Istituto precisa che, per i pazienti con COVID-19 in ossigenoterapia, sono state recentemente autorizzate dall'EMA due opzioni terapeutiche: l'antivirale Remdesivir e il Desametasone.

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ALLEGATO 4

5-05041 Bellucci: Iniziative per attuare un piano straordinario per la protezione degli anziani ricoverati nelle residenze sanitarie assistenziali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito alla questione in esame, ricordo che l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha predisposto il Documento «Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell'infezione da SARS-COV-2 in strutture residenziali sociosanitarie», trasmesso alle regioni e province autonome con la Circolare del Ministero della salute n. 13468 del 18 aprile 2020.
  Le indicazioni delineate nel Documento riguardano, in particolare, gli aspetti della prevenzione e gli ambiti della preparazione a cui sono tenute le strutture in questione per poter affrontare la gestione di eventuali casi sospetti/probabili/confermati di infezione da COVID-19.
  Le misure contemplate prevedono il rafforzamento dei programmi in atto per la prevenzione ed il controllo delle infezioni correlate all'assistenza (ICA), con precipuo riguardo all'adeguata formazione degli operatori coinvolti.
  Il Documento contiene una sezione dedicata alla sensibilizzazione e formazione dei parenti e visitatori autorizzati, e tra gli allegati, è incluso un esempio di scheda di valutazione per l'ingresso dei visitatori.
  Vengono sottolineate le fondamentali misure di prevenzione: evitare strette di mano, baci ed abbracci; osservare la distanza di almeno un metro; utilizzare la mascherina; curare l'igiene delle mani; tenere comportamenti corretti, quali tossire coprendosi naso e bocca e non condividere oggetti.
  A tale Documento ha fatto seguito, in data 24 agosto 2020, il Documento diffuso dall'Istituto Superiore di Sanità nel Rapporto ISS COVID-19, n. 4/2020 Rev. 2: «Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell'infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali», anch'esso redatto, come la precedente versione dello scorso 17 aprile, dal «Gruppo di Lavoro ISS Prevenzione e Controllo delle Infezioni».
  Il Rapporto redatto nella recente versione del 24 agosto 2020 fornisce una serie di indicazioni, tra cui quelle per prevenire l'ingresso dei casi sospetti/probabili/confermati di COVID-19 nelle strutture residenziali.
  Le indicazioni vengono suddivise in tre paragrafi, con espresso riferimento agli accessi dei familiari, dei visitatori e di altre persone che non fanno parte dello staff sanitario.
  Nello specifico, il Rapporto prevede che: «nel caso di un focolaio nella stessa area geografica, per tutta la durata dell'emergenza, occorre disporre il divieto di accedere alla struttura da parte di familiari e conoscenti; la visita può essere autorizzata in casi eccezionali, soltanto dalla Direzione della struttura, previa appropriata valutazione dei rischi-benefici. Rimanendo nel tema, ricordo che al fine di superare l'attuale modello di presa in carico delle persone anziane nelle RSA, l'articolo 1 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, prevede espressamente una serie di interventi».
  Segnatamente, ricordo, che al comma 4, è previsto che le regioni e le province autonome «incrementano e indirizzano le azioni terapeutiche e assistenziali a livello domiciliare, sia con l'obiettivo di assicurare le accresciute attività di monitoraggio e assistenza connesse all'emergenza epidemiologica, sia per rafforzare i servizi di assistenza domiciliare integrata per i pazienti in isolamento domiciliare o sottoposti a quarantena nonché per i soggetti affetti Pag. 80 da malattie croniche, disabili, con disturbi mentali, con dipendenze patologiche, non autosufficienti, con bisogni di cure palliative, di terapia del dolore, e in generale per le situazioni di fragilità» tutelate ai sensi del Capo IV del decreto LEA (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017).
  Il medesimo articolo 1 prevede anche un più generale potenziamento, nonché la riorganizzazione della rete assistenziale territoriale, conformemente a quanto previsto nel recente Patto della Salute in tema di rafforzamento delle attività di assistenza territoriale.

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ALLEGATO 5

5-05042 Sportiello: Valutazione da parte del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta dell'eventuale prolungamento dell'isolamento per i casi positivi al Covid-19 a lungo termine.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ringrazio gli Onorevoli per aver sollevato una questione di particolare rilievo e attualità.
  Nel merito, si precisa che le persone, le quali pur non presentando più sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare per il virus SARS-CoV-2, in caso di assenza di sintomatologia (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia 4, che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione) da almeno una settimana, potranno interrompere l'isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi.
  Questo criterio potrà essere modulato dalle Autorità sanitarie territoriali d'intesa con esperti clinici e microbiologi/virologi, tenendo conto dello stato immunitario delle persone interessate (nei pazienti immunodepressi il periodo di contagiosità può essere prolungato).
  La valutazione clinica spetta certamente al Medico di Medicina Generale o al Pediatra di Libera Scelta.
  L'eventuale prolungamento, ad esempio, può dipendere dal perdurare della sintomatologia, condizione che venga identificata in corso di visita o di colloquio con il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta.
  In base a quanto stabilito dalla Circolare del Ministero della salute n. 18584 del 29 maggio 2020 «Ricerca e gestione dei contatti di casi COVID-19 (Contact tracing) ed App Immuni», l'operatore di sanità pubblica del Dipartimento di Prevenzione della ASL territorialmente competente provvede alla prescrizione della quarantena, ed informa il Medico di Medicina Generale o il Pediatra di Libera Scelta da cui il contatto è assistito, anche ai fini dell'eventuale certificazione INPS.
  In caso di necessità di certificazione ai fini INPS per l'assenza dal lavoro, l'operatore procede a rilasciare una dichiarazione indirizzata all'INPS, al datore di lavoro e al Medico di Medicina Generale o al Pediatra di Libera Scelta, in cui viene dichiarato che, per motivi di sanità pubblica, il contatto è stato posto in quarantena precauzionale, specificandone la data di inizio e fine.
  Poiché l'organizzazione dei Servizi socio-sanitari territoriali rientra, come noto, tra le competenze attribuite alle regioni, alcune regioni hanno previsto che la certificazione di fine quarantena/isolamento sia disposta anche in alternativa dal Medico di Medicina Generale o dal Pediatra di Libera Scelta.