CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 novembre 2020
473.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO

DL 130/2020: Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. C. 2727 Governo.

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La II Commissione

   esaminato il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 130 del 2020, recante «Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale»;

   considerato che:

    il decreto-legge in esame interviene per correggere e superare gli aspetti più critici e ritenuti incostituzionali dei decreti-legge 4 ottobre 2018 n. 113 e n. 53 del 2019;

    il provvedimento risponde all'esigenza di dare seguito alle osservazioni formulate dal Presidente della Repubblica in sede di emanazione del decreto-legge n. 113 del 2018 e di promulgazione della legge n. 77 del 2019, che ha convertito in legge il decreto-legge n. 53 del 2019, stante che a seguito dell'entrata in vigore di tali disposizioni e della loro prima applicazione, si è manifestata – come si legge nella relazione illustrativa del decreto-legge in esame – la straordinaria necessità e urgenza di chiarirne alcuni profili, tramite una loro rimodulazione che tenga conto dei princìpi costituzionali e di diritto internazionale vigenti in materia e di porre rimedio ad alcuni aspetti funzionali che avevano generato difficoltà applicative;

    il 9 luglio 2020 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la norma che esclude i richiedenti asilo dall'iscrizione anagrafica, abolendo una delle parti più contestate del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, per due ordini di motivazioni: la norma è «irrazionale», perché non serve a controllare il territorio che è la finalità dichiarata dal decreto, e determina «irragionevole disparità di trattamento», visto che rende più difficile ai richiedenti asilo l'accesso ai servizi ad essi garantiti;

    i precedenti decreti-legge, invece di garantire la sicurezza nei territori e nelle comunità, hanno stressato il sistema di accoglienza al punto da renderlo inefficace perché, di fatto, sono stati esclusi dai centri moltissimi immigrati finiti poi in condizioni di precarietà e clandestinità;

   premesso che:

    il decreto-legge in esame segna indubbiamente un miglioramento nella gestione del fenomeno immigratorio nel nostro Paese, che non può e non deve essere ispirata solo da logiche emergenziali e da risposte securitarie;

    il fenomeno dei flussi migratori, che è epocale e molto complesso, deve essere affrontato non con la propaganda ma con una visione che duri negli anni e che preveda innanzitutto una risposta europea insieme ad altri strumenti, quali gli accordi bilaterali con i Paesi di provenienza, canali legali di ingresso in Europa, migliori politiche di integrazione e di riconoscimento della protezione umanitaria;

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   rilevato che:

    l'articolo 1 modifica il quadro dei divieti e dei limiti di navigazione per le imbarcazioni, prevedendo una deroga al divieto o limite di navigazione quando si tratta di navi che abbiano effettuato soccorso a norma delle convenzioni internazionali e che abbiano comunicato le operazioni alle autorità competenti nazionali o del loro Stato di bandiera;

    in particolare il comma 2 dell'articolo 1 disciplina soltanto il transito e la sosta, senza più fare riferimento all'ingresso della nave nel mare territoriale, escludendo dalla previsione normativa le operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e soccorso in mare, emesse in base ad obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare nonché dello statuto dei rifugiati;
    nei casi di inosservanza del divieto o del limite posto la pena della multa è da euro 10.000 ad euro 50.000 (che si aggiunge alla reclusione fino a due anni già prevista per le violazioni all'articolo 83 del codice della navigazione);

    sono contestualmente abrogate (articolo 1, comma 1, lettera c)) le disposizioni introdotte dal decreto-legge n. 53 del 2019 che prevedevano, in particolare, una sanzione amministrativa da 150.000 euro a 1.000.000 di euro, la responsabilità solidale dell'armatore con il comandante e la confisca obbligatoria della nave e l'eventuale distruzione dell'imbarcazione;

    il riferimento all'adempimento delle indicazioni della competente autorità dovrebbe escludere esplicitamente l'ipotesi che le autorità competenti diano indicazioni contrarie al diritto internazionale, evitando che le navi che abbiano osservato gli obblighi internazionali di soccorrere le persone in mare debbano anche obbedire a centri di coordinamento diversi da quello italiano, che potrebbero ordinare di portare le persone soccorse in mare in Paesi in cui avvengono violazioni dei diritti umani, certificate dalle organizzazioni delle Nazioni Unite o da altre organizzazioni umanitarie;

    sarebbe pertanto utile prevedere che l'articolo 1, comma 2 non si applichi nei confronti di navi che abbiano prestato soccorso in mare, anche rifiutandosi di rispettare indicazioni di coordinamento incompatibili con la salvaguardia della vita e della sicurezza in mare, oppure che abbiano agito in assenza di coordinamento in ragione del rifiuto di prendere in carico la situazione da parte di tutte le autorità potenzialmente competenti;

    l'articolo 2 interviene sulla procedura di esame delle domande di protezione internazionale, sulla relativa decisione e sulle procedure di impugnazione, attraverso alcune modifiche al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, di attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato;

    in particolare il comma 1, lettera f), dell'articolo 2, incide sulla disciplina delle controversie in materia di decisioni di riconoscimento della protezione internazionale, recata dall'articolo 35-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008, intervenendo sulle ipotesi di sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato e specificatamente sui casi di sospensione in presenza di gravi e circostanziate ragioni e assunte ove occorrano sommarie informazioni nel caso di ricorsi presentati: da parte di un soggetto nei cui confronti è stato adottato un provvedimento di trattenimento in un hotspot o un centro di permanenza e rimpatrio; contro il provvedimento di inammissibilità; avverso il provvedimento di rigetto per manifesta infondatezza; avverso un provvedimento adottato nei confronti di un soggetto proveniente da un Paese designato di origine sicuro, o fermato in condizioni di soggiorno irregolare, o che ha presentato domanda direttamente alla frontiera dopo aver eluso i controlli di frontiera;

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    la disposizione richiamata del decreto-legge specifica che il provvedimento di sospensione per gravi motivi deve essere adottato ai sensi dell'articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, a norma della quale tutte le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti delle commissioni territoriali e della commissione nazionale per diritto di asilo, anche relative al mancato riconoscimento dei presupposti per la protezione speciale, e quelle aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti adottati dall'autorità preposta alla determinazione dello Stato competente all'esame della domanda di protezione internazionale, sono decise dal tribunale in composizione collegiale;

    non ci si nasconde che la garanzia della collegialità, prevista in via eccezionale nelle controversie di primo grado, rischia di determinare un aggravio pesante per strutture già sottoposte ad un carico di lavoro straordinario, con la conseguenza di rendere più difficile e lento il lavoro dei giudici di primo grado e di vanificare i risultati ottenuti in termini di smaltimento dell'arretrato nel settore civile grazie alle riforme introdotte negli ultimi anni con l'introduzione degli istituti deflattivi e del processo telematico;

    d'altra parte il ricorso alla composizione collegiale nello svolgimento del contenzioso in materia di protezione internazionale rappresenta una garanzia indispensabile circa una maggiore obiettività delle decisioni, ancora più importante quando, come in questo caso, si tratta di diritti umani fondamentali e dove, soprattutto, si è abolito il grado di appello, proprio per favorire una maggiore speditezza delle decisioni;

    il comma 1, lettera f), numero 4), dell'articolo 2, novellando il comma 5 dell'articolo 35-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008, dispone che la mera proposizione del ricorso sospende anche l'efficacia esecutiva del provvedimento che dichiari inammissibile una reiterata domanda di riconoscimento della protezione internazionale ex articolo 29, comma 1, lettera b) (nuova domanda dopo rigetto da Commissione territoriale senza addurre nuovi elementi), introducendo la mancata applicazione dell'automatico effetto cautelare solo per la seconda dichiarazione di inammissibilità;

    si determina così l'ampliamento di un istituto, quale quello relativo alla sospensione automatica del provvedimento contestato, in controtendenza rispetto alla normazione processual-amministrativa più recente, volta ad introdurre deterrenti all'utilizzo strumentale di mezzi processuali;

    andrebbe quindi valutata l'opportunità di modificare la novella di cui all'articolo 2, comma 1, lettera f), numero 4), eliminando l'ipotesi della sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento che dichiari inammissibile una reiterata domanda di riconoscimento della protezione internazionale ex articolo 29, comma 1, lettera b),

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:

   a) all'articolo 1, comma 2, si valuti l'opportunità di non applicare la previsione normativa alle navi che abbiano prestato soccorso in mare, anche rifiutandosi di rispettare indicazioni di coordinamento incompatibili con la salvaguardia della vita e della sicurezza in mare, oppure che abbiano agito in assenza di coordinamento in ragione del rifiuto di prendere in carico la situazione da parte di tutte le autorità potenzialmente competenti;

   b) all'articolo 2, comma 1, lettera f), numero 4), si valuti l'opportunità di eliminare l'ipotesi della sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento che dichiari inammissibile una reiterata domanda di riconoscimento della protezione internazionale ex articolo 29, comma 1, lettera b).