CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 10 novembre 2020
468.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO

Risoluzioni nn. 7-00556 Delmastro delle Vedove e 7-00575 Fassino: Sulla crisi nella regione del Nagorno Karabakh.

NUOVO TESTO DELLA RISOLUZIONE N. 7-00575 FASSINO

   La III Commissione,

   premesso che:

    il Nagorno Karabakh, regione appartenente all'attuale Repubblica dell'Azerbaijan, è storicamente abitata in prevalenza da una radicata e storica comunità armena;

    detta comunità – che dagli anni '80 rivendica il diritto all'autodeterminazione – nel 1991 si è unilateralmente costituita, con il sostegno dell'Armenia, in Repubblica indipendente dell'Artsakh non riconosciuta dalla comunità internazionale;

    tale decisione ha suscitato tra il 1991 e il 1994 un conflitto armato tra Azerbaijan, Armenia e Nagorno Karabakh che ha causato 30.000 vittime e centinaia di migliaia di sfollati;

    dopo la vittoria militare armena, Jerevan ha preso il controllo – oltre che del Nagorno-Kabarakh propriamente detto – anche di sette distretti totalmente azeri, costringendo centinaia di migliaia di azeri a sfollare dai propri villaggi;

    il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 1993 ha chiesto con quattro diverse risoluzioni il ritiro dei territori occupati da parte dell'Armenia;

    l'Azerbaijan ritiene illegittima e in contrasto con i principi del diritto internazionale la sottrazione alla sua sovranità del Nagorno-Karabakh;

    sin dal 1994 si sono susseguiti episodi di conflitto armato, fino a che il 27 settembre 2020 sono riprese le ostilità tra Armenia e Azerbaijan che, nonostante tre tregue umanitarie, hanno causato la morte di almeno 5.000 persone, nonché ingenti danni a infrastrutture, abitazioni e monumenti;

    la Turchia ha esplicitamente appoggiato l'intervento militare azero e, secondo numerose fonti, avrebbe favorito l'arrivo sul teatro di guerra caucasico di centinaia di miliziani radicali provenienti dalla Siria e dalla Libia;

    il Presidente iraniano Hassan Rohani ha affermato: «È inaccettabile per noi che qualcuno voglia trasferire terroristi dalla Siria e da altre parti, in regioni prossime ai nostri confini»;

    il Gruppo di Minsk – costituito in sede OSCE nel 1994 e formato da Russia, Stati Uniti e Francia e da altri dieci Paesi tra cui l'Italia e anche la Turchia – non è mai stato in grado di operare a causa dell'opposizione armena alla partecipazione turca;

    i co-chair del Gruppo di Minsk – USA, Russia e Francia – hanno invece condotto a lungo negoziati tra le Parti senza esito e le tregue umanitarie negoziate nelle scorse settimane, promosse dai tre co-chair di Minsk, con il sostegno anche dalla Unione europea, sono state violate in brevissimo tempo;

    il Presidente dell'Azerbaijan, Ilham Aliyev, ha esplicitamente dichiarato che, stante il fallimento fino ad oggi di soluzioni politiche negoziate, l'Azerbaijan intende recuperare con le armi il controllo dei distretti azeri occupati e del Nagorno Karabakh;

    il 7 ottobre 2020 l'Alto Rappresentante dell'Unione europea per la politica estera, Josep Borrell, ha annunciato lo stanziamento di mezzo milione di euro in aiuti Pag. 24umanitari europei per soccorrere le popolazioni civili colpite dal conflitto;

    con lo scoppio del conflitto, il Ministero dei trasporti, delle comunicazioni e dell'alta tecnologia dell'Azerbaijan ha annunciato la limitazione di internet in tutto il Paese specificando, in un comunicato sul sito web del Ministero, che tale decisione è direttamente correlata ai combattimenti con l'Armenia per impedire la diffusione di «provocazioni armene»;

    i ripetuti tentativi di mediazione, a partire dai cosiddetti Principi di Madrid discussi nel 2007, non sono riusciti fino ad ora ad avvicinare le parti e ad arrivare alla definizione di un percorso chiaro e condiviso;

    la lunga attesa non ha fatto altro che esasperare le ragioni del conflitto da una parte e dall'altra, per cui è urgente una soluzione condivisa e definitiva che ponga fine a recriminazioni o rivendicazioni di sorta;

    il 9 novembre i Presidenti Putin, Alyev e Pashinyan hanno sottoscritto una dichiarazione che prevede l'immediato cessate il fuoco, la restituzione all'Azerbaijan di territori occupati dall'Armenia e il dispiegamento lungo la nuova linea di contatto di una forza di interposizione russa,

impegna il Governo:

   a sollecitare tutte le Parti a sospendere le operazioni militari e a rispettare rigorosamente il cessate il fuoco e gli impegni convenuti il 9 novembre;

   a sostenere, in tutte le sedi opportune, le iniziative di OSCE, ONU e Unione Europea per l'avvio, senza precondizioni, di negoziati finalizzati a una soluzione politica, stante che non esistono durature soluzioni armate alle controversie internazionali;

   a sollecitare il Gruppo di Minsk a riprendere la sua iniziativa di mediazione tra le Parti;

   a richiedere alla Turchia e a ogni Paese terzo di astenersi da ogni forma di interferenza nel conflitto e di sostener e le iniziative di mediazione messe in campo dalle istituzioni internazionali;

   a sottolineare con le autorità azere, armene e del Nagorno Karabakh l'importanza di garantire, nei territori da loro controllati, la tutela dei diritti umani, il rispetto dell'identità di ogni comunità e del pluralismo culturale e religioso;

   a sostenere ogni iniziativa volta a tutelare la popolazione del Nagorno-Karabakn, che custodisce una presenza millenaria del cristianesimo in un contesto regionale di nazioni a maggioranza religiosa musulmana;

   a garantire il massimo impegno dell'Italia, d'intesa con le istituzioni comunitarie, per assicurare i necessari aiuti umanitari alle popolazioni civili colpite dal conflitto e per contribuire alla stabilizzazione e ricostruzione della regione;

   a tutelare la regolarità dei flussi energetici di oleodotti e gasdotti connessi all'Italia e all'Europa.