CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 6 ottobre 2020
447.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-03309 Incerti: Sulla cessazione delle attività nello stabilimento di Martorano di Columbus srl.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento alla richiesta in oggetto, sentita a riguardo la competente Direzione generale del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Lo stabilimento di Martorano, oggi sede della Columbus S.r.l., è una delle fabbriche emiliane storiche del comparto. Fondata nei primi anni del secolo scorso, l'azienda ha appena raggiunto i 100 anni circa di attività, risultando come una delle più moderne realtà del settore di trasformazione del pomodoro e di commercializzazione dei semilavorati e prodotti finiti da esso derivati.
  Premesso che, ad oggi, l'Italia è il Paese leader nella produzione di conserve e trasformati di pomodoro: il 13 per cento dell'intera produzione mondiale proviene dall'Italia, e all'interno dell'Europa la metà circa della produzione è Made in Italy. Nel 2019 i pomodori trasformati in Italia hanno raggiunto i 5 milioni di tonnellate, per un totale di 3 miliardi di euro.
  Questo significa, per l'economia italiana, avere risultati di business importanti – oltre che ovviamente a livello agricolo (coltivazione) – anche in tutti gli altri passaggi della filiera, da quello prettamente industriale (trasformazione del pomodoro e packaging) fino ai servizi, sul piano della logistica e dei trasporti nonché dal punto di vista della commercializzazione all'ingrosso e al dettaglio.
  È da evidenziare nondimeno che il comparto dei pomodori è strategico per l'agroindustria dell'Emilia Romagna: nei 22 stabilimenti presenti sul territorio regionale si produce circa l'80 per cento di tutto il trasformato del Bacino Nord e il 50 per cento della produzione italiana di derivati con un fatturato di 1,5 miliardi di euro (50 per cento del fatturato nazionale del comparto) e in particolare Parma deve parte della sua ricchezza alla commistione tra sistema agricolo e industriale.
  Nonostante, quindi, si sia di fronte ad un settore importante dell'agroindustria l'attuale proprietà risulterebbe che abbia comunicato alle Organizzazioni sindacali l'intenzione di non voler proseguire l'attività.
  Sino ad oggi la vertenza, avendo rilievo essenzialmente regionale, è stata seguita presso gli enti territoriali, oltre che dalla Prefettura stessa di Parma. Pertanto, al momento, presso il Ministero dello sviluppo economico non è stato avviato alcun tavolo istituzionale. Lo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito a riguardo sulla situazione occupazionale, ha comunicato di non aver ricevuto alcuna comunicazione né richiesta di intervento sulla specifica problematica della Columbus S.r.l.
  In conclusione, dunque, il Ministero della sviluppo economico, qualora richiesto, dà la propria disponibilità all'apertura di un tavolo di confronto, anche al fine di evitare la chiusura di una storica realtà produttiva del territorio parmense e di salvaguardare i lavoratori coinvolti.

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ALLEGATO 2

5-04067 Cunial: Sui controlli dei soggetti ammessi ai rimborsi previsti dal bando «Impresa Sicura» di Invitalia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'atto in discussione rimanda al Bando Invitalia «Impresa Sicura», rivolto alle aziende regolarmente costituite e iscritte come «attive» nel Registro delle imprese che vogliono chiedere un rimborso per le spese sostenute per l'acquisto dei dispositivi di protezione individuale, destinati al contenimento e al contrasto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.
  Occorre premettere che tale misura non è gestita dal Ministero dello sviluppo economico, ma direttamente dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa – Invitalia S.p.A. Infatti, l'articolo 43 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 ha previsto, allo scopo di sostenere la continuità in sicurezza dei processi produttivi delle imprese nonché delle attività di interesse generale degli enti del terzo settore, il trasferimento dall'INAIL a INVITALIA dell'importo di 50 milioni di euro da erogare alle suddette imprese e agli enti del terzo settore per l'acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale.
  Sentita nel merito, quale soggetto a cui la stessa legge attribuisce l'attuazione della misura, INVITALIA ha comunicato che la procedura di accesso al richiamato Bando «Impresa Sicura» è stata articolata in tre fasi temporalmente consecutive:
   Fase 1 – Prenotazione del rimborso: in questa fase, le imprese interessate all'intervento hanno potuto inviare la prenotazione del rimborso. Tale fase si è svolta a partire dalle ore 9.00 dell'11 maggio 2020 fino alle ore 17 del 18 maggio 2020, attraverso la piattaforma informatica dedicata;
   Fase 2 – Pubblicazione dell'elenco cronologico delle prenotazioni del rimborso: in questa fase, l'Agenzia ha provveduto alla pubblicazione dell'elenco di tutte le imprese che hanno inoltrato la prenotazione, secondo l'ordine cronologico di trasmissione, fornendo il dettaglio delle prenotazioni che, secondo il medesimo ordine di trasmissione, sono risultate collocate in posizione utile all'accesso alla fase tre;
   Fase 3 – Compilazione e istruttoria della domanda di rimborso: in questa fase, le imprese ammesse alla fase tre hanno potuto compilare e trasmettere la domanda di rimborso. Tale fase si è svolta a partire dalle ore 10.00 del 26 maggio 2020 e fino alle ore 17.00 dell'11 giugno 2020, attraverso la piattaforma informatica dedicata.

  Con specifico riferimento alla fase uno, oggetto dell'atto in discussione, l'Agenzia ha riferito che l'elenco delle prenotazioni trasmesse dalle imprese nella Fase 1, pubblicato a partire dal 21 maggio, contiene tutte le prenotazioni correttamente inoltrate dalle imprese, ordinate secondo il criterio cronologico definito sulla base dell'orario di arrivo della richiesta. Invero, come previsto dal punto 9.1 del bando, la prenotazione risulta regolarmente inoltrata solo qualora il codice fiscale dell'impresa e il codice fiscale del legale rappresentante/titolare della medesima siano correttamente indicati nell'ambito della Pag. 63procedura. Nel caso in cui i predetti dati non siano formalmente corretti o nel caso in cui differiscano dalle informazioni desumibili dal Registro imprese, la prenotazione del rimborso risulta irricevibile e la stessa si considera decaduta.
  Pertanto, sulla base dei controlli effettuati in fase di accesso, INVITALIA ha confermato che nessuna delle 3.150 imprese presenti nell'elenco delle prenotazioni ammesse risulta «cessata» al Registro delle imprese, che è la fonte di riferimento per la verifica in merito all'esistenza e allo stato in attività delle imprese.
  L'Agenzia ha precisato, inoltre, che i casi segnalati dall'Onorevole Interrogante fanno riferimento a sei imprese (tutte società per azioni) risultanti attive al Registro imprese, le quali hanno una partita IVA attiva diversa dal codice fiscale pubblicato nell'elenco delle prenotazioni. Si ricorda, a tal fine, che nel «Registro delle imprese» le aziende sono identificate in relazione al codice fiscale che può essere anche diverso dalla partita IVA attiva e che tali informazioni sono rinvenibili attraverso una visura camerale.
  Infine, con riferimento specifico alle modalità di controllo sull'effettiva attività delle partite IVA in capo alle aziende che hanno partecipato al Bando «Impresa Sicura», INVITALIA ha evidenziato che attraverso la verifica presso l'Agenzia delle entrate, possono essere accertati esclusivamente i dati relativi alla partita IVA delle imprese che, come detto, può essere diversa dal codice fiscale, mentre l'esistenza dell'impresa può essere accertata solo attraverso il Registro imprese.

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ALLEGATO 3

5-04301 Baldelli: Sulla tutela dei consumatori circa l'attivazione non richiesta dei cosiddetti servizi telefonici a valore aggiunto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Gli Onorevoli interroganti richiamano l'attenzione sulle criticità del settore della telefonia, con particolare riferimento al persistere di eventi collegati all'attivazione non richiesta di servizi a valore aggiunto, a danno dei consumatori.
  Come noto, la disciplina normativa applicabile alle situazioni descritte, è stata modificata con l'entrata in vigore del decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 21, che ha recepito la direttiva UE « Consumer Rights» e con l'introduzione dell'articolo 66-quinquies, a seguito della riforma del Codice del Consumo, con il quale si stabilisce che il consumatore non è tenuto ad alcun pagamento nel caso di fornitura non richiesta di beni di consumo o altri servizi. In tali casi l'assenza di una risposta da parte del consumatore, a seguito dell'attivazione della fornitura non richiesta, non costituisce consenso.
  L'applicazione della citata normativa e la vigilanza del mercato sono opportunamente affidate dalla legge alle due Autorità competenti, le quali sono state sentite in merito alle problematiche in discussione.
  L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), il cui impegno di vigilanza per fronteggiare le attività commerciali illecite nel settore delle comunicazioni è stato evidenziato dagli Interroganti, con delibera 108/19/CONS ha vagliato il Codice di Autoregolamentazione per l'offerta dei servizi premium (CASP) nella sua versione 4.0, richiedendo l'inserimento di ulteriori misure a tutela dell'utenza, concordate tra gli operatori telefonici, i fornitori di servizi premium, le associazioni dei consumatori e vagliate dall'Autorità medesima, atte a rafforzare la consapevolezza dell'acquisto da parte degli utenti anche tramite l'introduzione del diritto di ripensamento, a consentire un celere rimborso, a trattare correttamente dati sensibili nonché ad evitare conflitti di interesse tra gli attori della catena del valore.
  Riguardo, in particolare, al riferito fenomeno di attivazioni fraudolente emerso recentemente alle cronache, l'AGCOM ha potuto stabilire, anche attraverso proprie attività ispettive, avviate a seguito di segnalazioni di clienti di due tra i principali operatori mobili, che lo stesso riguarda principalmente attivazioni M2M e cioè attivazioni di servizi premium su SIM dedicate al controllo da remoto di dispositivi di varia natura (ed esempio telesorveglianza, teleriscaldamento, e altro). Tale tipologia di attivazione fraudolenta è quella più difficilmente contrastabile con gli strumenti messi a disposizione dal citato Codice di Autoregolamentazione, posto che il cliente non riesce a rendersi immediatamente conto dell'attivazione, poiché l'SMS di welcome non è visibile essendo la scheda inserita in un apparato che non svolge la funzione di comunicazione testuale.
  L'Autorità ha segnalato, comunque, la progressiva riduzione delle attivazioni di servizi premium, passate da un valore di 18,9 milioni nel corso del terzo trimestre 2018 fino ad arrivare a un valore di 3,4 milioni nel secondo trimestre 2020.
  In esito alle attività di regolamentazione e vigilanza svolte, l'Autorità ha evidenziato che, in ogni caso, sta valutando l'adozione di nuove opzioni regolamentari Pag. 65— nei limiti consentiti dalle attuali normative — atte a rafforzare le garanzie contro l'attivazione inconsapevole di tali servizi.
  A tal riguardo, si rappresenta che l'articolo 97, comma 2 del nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche, di cui alla direttiva UE 2018/1972, il cui termine di recepimento è fissato al 31 dicembre 2020 (in fase di recepimento nel nostro ordinamento) prevede che «Gli Stati membri provvedono affinché le autorità nazionali di regolamentazione o le altre autorità competenti possano imporre ai fornitori di reti pubbliche di comunicazione elettronica o di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico di bloccare l'accesso a numeri o servizi, caso per caso, ove ciò sia giustificato da motivi legati a frodi o abusi e imporre che in simili casi i fornitori di servizi di comunicazione elettronica trattengano i relativi ricavi da interconnessione o da altri servizi».
  L'Autorità garante per la concorrenza e del mercato (AGCM), sentita per quanto attiene allo specifico caso della presunta truffa a danno dei consumatori e oggetto di indagine giudiziaria, ha osservato che, allo stato, non risultano procedimenti a riguardo, in capo alle proprie competenze.
  Tuttavia, quanto al fenomeno delle attivazioni non richieste a valore aggiunto, per i quali i consumatori hanno finito per pagare costi non dovuti, si fa presente come la stessa Autorità, negli ultimi anni, abbia adottato numerosi provvedimenti, sanzionando le società responsabili di quelle pratiche commerciali scorrette. L'Autorità ha, infatti, ritenuto responsabili delle condotte — oltre ai fornitori dei servizi (content provider) — anche gli operatori telefonici, poiché direttamente coinvolti nell'adozione della pratica commerciale. Gli operatori traggono, infatti, uno specifico vantaggio economico dalla commercializzazione dei servizi premium, in quanto condividono con i fornitori i ricavi dei servizi erogati, trattenendone un'elevata percentuale.
  Con riferimento alla richiesta di adottare eventuali iniziative anche normative a tutela dei consumatori per tali fattispecie, si rappresenta che l'articolo 26 del Codice del Consumo ha recepito nell'ordinamento interno la nozione di «fornitura non richiesta», relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno.
  L'articolo 27 del richiamato Codice del Consumo attribuisce all'AGCM la competenza ad applicare l'invocata disciplina e a sanzionare, fino ad un massimo di 5 milioni di euro, gli operatori che pongono in essere tali pratiche commerciali scorrette.
  Peraltro, da ultimo, si segnala che il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, (decreto-legge Rilancio) convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, ha previsto l'introduzione del comma 3-bis all'articolo 27 del Codice del Consumo, con cui l'Autorità garante per la concorrenza e del mercato, in conformità a quanto disposto dall'articolo 9 del Regolamento (UE) 2017/2394, può ordinare, anche in via cautelare, ai fornitori di servizi di connettività alle reti internet, ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione nonché agli operatori che in relazione ad esse forniscono servizi telematici o di telecomunicazione la rimozione di iniziative o attività destinate ai consumatori italiani e diffuse attraverso le reti telematiche o di telecomunicazione che integrano gli estremi di una pratica commerciale scorretta.
  In ottemperanza a tale disposizione, i destinatari dei predetti ordini hanno l'obbligo di inibire l'utilizzazione delle reti delle quali sono gestori o in relazione alle quali forniscono servizi, al fine di evitare la protrazione di attività pregiudizievoli per i consumatori, quali, a mero titolo esemplificativo, le ipotesi di attivazioni non richieste.
  Infine, con specifico riferimento al tema delle clausole vessatorie, in applicazione della competenza attribuita dall'articolo 37-bis del Codice del Consumo, si sottolinea che l'AGCM può accertare la sussistenza di clausole vessatorie nei modelli e nelle condizioni generali di Contratto che regolano i rapporti tra utente ed operatori delle telecomunicazioni.Pag. 66
  In conclusione, confermo l'impegno del Ministero dello sviluppo economico, nei limiti delle proprie competenze, affinché si garantiscano i necessari strumenti di prevenzione e controllo di tali fenomeni «illeciti» assicurando, anzitutto, la massima tutela dei consumatori, anche attraverso ulteriori interventi di sostegno alla regolamentazione del settore.