CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 9 luglio 2020
405.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Trasporti, poste e telecomunicazioni (IX)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie nelle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G e alla gestione dei big data

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO

INDICE

Premessa  76

Il Contesto di riferimento  78
Il 5G nel quadro delle nuove tecnologie digitali e la loro integrazione  78

Le tematiche oggetto dell'indagine conoscitiva  79
Le infrastrutture di rete e l'infrastruttura 5G. L'integrazione tra operatori economici nel mercato del 5G. La carenza della domanda di servizi  79
Le caratteristiche del 5G e delle diverse bande di frequenza oggetto dell'asta  85
Il FWA: l'integrazione tra banda ultralarga e 5G per il superamento del digital divide nelle aree remote  90
Le sperimentazioni 5G  91
La transizione verso il 5G. Le conseguenze del 5G e la necessità di costruire un ecosistema integrato  94
Gli investimenti delle società di telecomunicazione sulle reti. La contrazione dei ricavi  96
L'inquinamento elettromagnetico e i rischi per la salute  97
La saturazione dello spazio elettromagnetico  102
Le problematiche relative alla cybersicurezza  102
Il concetto di spazio cibernetico  103
Elementi informativi e spunti problematici emersi nel corso delle audizioni sulla cybersicurezza  103
I «big data» e gli algoritmi: un binomio fortemente integrato  109
L'intelligenza artificiale e il 5G  112
Il sistema delle nuove tecnologie e gli effetti sul mercato del lavoro: una questione aperta  113
L'esigenza di promuovere la formazione di specifiche compe-tenze digitali  116
Il 5G per gli operatori radiotelevisivi: opportunità e proble-matiche  118Pag. 75
La posizione degli over the top e le nuove problematiche della società iperinterconnessa. I rischi di manipolazione e le politiche di contrasto alla disinformazione. Gli effetti e i rischi della «digitalizzazione delle reti sociali»  121
Le nuove tecnologie e la digitalizzazione nella pubblica amministrazione. Un patrimonio utilizzato poco: i big data amministrativi  126

Conclusioni  129

Approfondimenti normativi  133
La normativa europea  133
Le disposizioni in tema di spettro radio  133
Lo sviluppo del 5G e il nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche  134
La banda ultralarga  134
Gli interventi in materia di cybersicurezza  135
Intelligenza artificiale, big data e blockchain  136
I limiti all'esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza  137
Le piattaforme digitali  138
La normativa nazionale  138
L'assegnazione delle frequenze per il 5G  139
Il sistema radiotelevisivo. La riorganizzazione delle fre-quenze televisive  140
Gli interventi normativi per la riorganizzazione delle fre-quenze radiotelevisive  140
Il Sistema Informativo Nazionale Federato delle Infrastrut-ture (SINFI). Gli interventi normativi di semplificazione  142
Gli interventi nazionali e i bandi per la realizzazione della banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato  143
Intelligenza Artificiale, blockchain, IoT, big data  145
I piani generali per la digitalizzazione del Paese  146
La Cybersicurezza e l'utilizzo dei poteri speciali nel 5G  147
La normativa sulle emissioni radio  149
Le scelte normative in materia di applicazione e sviluppo del modello wholesale only nel settore delle telecomunicazioni in Francia, Germania e Regno Unito  151
Francia  151
Germania  154
Regno Unito  156

Pag. 76

Premessa

  La Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni, nella seduta del 27 settembre 2018, ha deliberato lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G ed alla gestione dei big data.
  Il rapido sviluppo delle tecnologie nelle telecomunicazioni apre sempre più di frequente nuovi scenari, nei quali si ampliano le opportunità per i cittadini e per le imprese. Al momento, si profila una nuova fase per l'ecosistema digitale, caratterizzata dalla capacità di raccogliere e scambiare dati e informazioni con una velocità ed una precisione in precedenza non consentite. Al contempo si prospettano nuovi rischi, legati proprio alla accresciuta quantità di dati e informazioni che possono essere raccolti ed elaborati nonché alla sicurezza del loro corretto utilizzo.
  L'indagine conoscitiva ha inteso soffermarsi in particolare sugli sviluppi legati al 5G, la quinta generazione di tecnologia delle telecomunicazioni mobili, che consentirà di trasmettere quantità notevolmente superiori di dati in tempi ridottissimi, favorendo anche il decollo dell’Internet of Things (IoT), in cui entrano a far parte della rete anche gli oggetti, e aprirà la strada per la convergenza di servizi fissi, mobili e di radiodiffusione.
  Sono stati oggetto di approfondimento i temi dell'emissioni elettromagnetiche e il possibile impatto sulla salute nonché il tema della sicurezza cibernetica.
  Un secondo aspetto che l'indagine ha inteso approfondire riguarda il tema dei cosiddetto Big Data, ossia della raccolta ed analisi di elevate quantità di dati, compresi i dati personali, provenienti da fonti diverse, che sono oggetto di trattamento automatizzato mediante algoritmi informatici o altre tecniche avanzate. I progressi delle tecnologie di comunicazione e l'imponente utilizzo di dispositivi elettronici e dei nuovi e sempre più variegati strumenti messi a disposizione della rete hanno determinato l'accumulo di vasti insiemi di dati in costante crescita che, una volta elaborati, consentono di tracciare un quadro prima non immaginabile del comportamento umano e dell'intera società.
  L'indagine ha quindi analizzato le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, da cui possono trarre origine rilevantissimi benefici per i cittadini, ad esempio nel campo della sicurezza dei trasporti o per il funzionamento delle città intelligenti, mettendo a fuoco i rischi connessi alla sempre più rapida circolazione dei dati, anche al fine di elaborare proposte.
  Nel corso dell'indagine conoscitiva si sono svolte in particolare le audizioni dei seguenti soggetti: rappresentanti del Governo, delle Autorità di garanzia, operatori ed imprese del settore delle telecomunicazioni; dirigenti e funzionari del Governo competenti in materia; esperti di cybersicurezza; associazioni di categoria ed organizzazioni sindacali; associazioni dei consumatori e di tutela dell'ambiente; università, istituti di ricerca ed esperti della materia.

  Per quanto riguarda i rappresentanti delle istituzioni e delle Autorità di riferimento si sono svolte le audizioni di Rita Forsi, direttrice generale dell'Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione (ISCOM) del Ministero dello sviluppo economico, di Nunzia Ciardi, direttrice del Servizio di polizia postale e delle comunicazioni del Ministero dell'interno, di Teresa Alvaro, direttrice generale dell'Agenzia per l'Italia digitale (AgId), del prefetto Gennaro Vecchione, Direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di Filippo Arena, segretario generale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di Roberto Viola, Direttore generale DG Connect Commissione europea, della Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico, Mirella Liuzzi e di Angelo Marcello Cardani, Presidente dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM).

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  Per quanto concerne gli esperti della materia si sono svolte le audizioni del professor Nicola Blefari Melazzi, direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT), di Domenico Talia, professore ordinario di ingegneria informatica presso l'Università della Calabria e di Riccardo Zecchina, professore ordinario di fisica teorica presso l'Università Bocconi di Milano, del professor Antonio Capone, preside della Scuola di ingegneria industriale e dell'informazione presso il Politecnico di Milano, del professor Mario Rasetti, presidente della Fondazione ISI – Istituto per l'Interscambio scientifico e di Antonio Sassano, presidente della Fondazione Ugo Bordoni.

  Con riferimento al tema specifico dell'elettromagnetismo si sono svolte le audizioni di Alessandro Vittorio Polichetti, primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto Superiore di Sanità e di Mario Cirillo, direttore del Dipartimento per le valutazioni, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA, Rita Massa, professoressa associata di campi elettromagnetici, Università degli studi di Napoli «Federico II», e direttrice dell'ICEmB, di Katiuscia Eroe, responsabile elettromagnetismo di Legambiente, di Vittorio Barison, responsabile sviluppo e progettazione della Società Impianti Elettrici e Telecomunicazioni – Simetel Spa, di Alessio Marsili, responsabile sistema gestione qualità di Simetel spa, di Guglielmo D'Inzeo, professore ordinario di campi elettromagnetici, Università degli studi di Roma «La Sapienza», di Maria Rosaria Scarfì, responsabile laboratori bioelettromagnetismo CNR-IREA, ICEmB, e di Carmela Marino, responsabile divisione tecnologie e metodologie per la salvaguardia della salute ENEA, ICEmB, di Stefania Borgo, segretaria generale dell'Associazione Medici per l'Ambiente – ISDE Italia onlus, di Giovanni Cancellieri, presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM), di Fiorella Belpoggi, direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus, e di Lucio Sibilia, Associazione Medici per l'Ambiente – ISDE Italia onlus.

  Per quanto riguarda gli operatori televisivi si sono svolte le audizioni di Gina Nieri, consigliera di amministrazione e direttrice Divisione affari istituzionali, legali e analisi strategiche di Mediaset Spa, di Stefano Ciccotti, responsabile area tecnologia della Rai-Radiotelevisione italiana SpA e di Francesco Angelo Siddi, presidente di Confindustria Radio Televisioni.

  Per quanto concerne gli operatori telefonici e del mondo di internet si sono svolte le audizioni di Michelangelo Suigo, direttore Affari istituzionali e governativi di Vodafone Italia Spa, e di Sabrina Baggioni, direttrice Progetto 5G d di Vodafone Italia Spa, di Francesco Russo, Direttore Affari Pubblici di TIM Spa, e di Enrico Maria Bagnasco, Responsabile Gestione Portfolio prodotti tecnologici di TIM Spa, di Massimo Angelini, Direttore delle Pubbliche relazioni di Wind Tre Spa, Enrico Barsotti, Direttore dell'Ufficio dell'Amministratore delegato di Wind Tre Spa, e Benoit Hanssen, Direttore della Rete di Wind Tre Spa, di Alberto Calcagno, amministratore delegato di Fastweb Spa, di Diego Ciulli, responsabile relazioni istituzionali di Google Italy Srl, di Elisabetta Ripa, amministratrice delegata di Open Fiber Spa, e di Franco Bassanini, presidente di Open Fiber Spa, Laura Bononcini, direttrice relazioni istituzionali per il Sud Europa di Facebook Italy Srl, di Benedetto Levi, amministratore delegato di Iliad Italia Spa, e Pinar Serdengecti, direttrice affari regolamentari e della concorrenza di Iliad Italia Spa, di Pietro Guindani, presidente di Assotelecomunicazioni (ASSTEL), di Antonio Bosio, direttore di soluzioni e prodotti di Samsung Electronics Italia, di Zhong Hong, responsabile mondiale della cybersicurezza di ZTE Corporation, di Luigi De Vecchis, Presidente Huawei Italia, di Giuseppe Pignari, responsabile tecnologia e sicurezza di Huawei Italia, di Alessandro Verrazzani, responsabile degli affari regolatori ed istituzionali di Eolo Spa.

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  Le audizioni programmate nel corso dell'indagine si sono concluse nel mese di novembre 2019.

Il Contesto di riferimento

Il 5G nel quadro delle nuove tecnologie digitali e la loro integrazione.

  Negli ultimi anni si è verificata una straordinaria accelerazione delle trasformazioni economiche e sociali derivanti dall'avvento di un ventaglio di nuove tecnologie. Si tratta di un puzzle che si compone di infrastrutture (la rete a banda ultralarga e la rete fisica per la realizzazione del 5G), fattori abilitanti complessi (come il 5G) e fenomeni come l'intelligenza artificiale, il cloud, l’edge computing, il machine learning, che combinandosi tra loro (e ad esempio applicandosi alle evoluzioni della robotica, non solo industriale) stanno producendo, in tempi estremamente rapidi, cambiamenti radicali nella nostra realtà.
  Il 5G è quindi il tassello di un mosaico molto più articolato di tecnologie che in passato avevano avuto alterne vicende e che, proprio in questi anni, contemporaneamente ed indipendentemente le une dalle altre, sono giunte ad una piena maturazione. Tra queste vanno ricordati, da un lato, la banda larga mobile, dall'altro, le nuove possibilità di archiviare, gestire e trarre valore dall'enorme produzione di dati che le reti, i sistemi, gli esseri umani e, da ultimo, gli oggetti stanno generando tramite strumenti di intelligenza artificiale.
  Rispetto all'archiviazione di tali dati si sta sviluppando in maniera notevole l'utilizzo del cloud computing, che prevede la possibilità di archiviare in maniera praticamente illimitata grandi quantità di dati, i big data, ma soprattutto permetterà di avere capacità di elaborazione praticamente infinite e centralizzate, sviluppando ulteriormente le capacità di intelligenza artificiale che, integrate con la possibilità di trasmettere quell'informazione in mobilità a livelli di latenza bassissimi (cosa consentita dal 5G), permetteranno di abilitare i servizi remotizzati, che saranno immediatamente disponibili laddove se ne abbia richiesta.
  Contemporaneamente, attraverso l’edge computing, ossia l'utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale sulle macchine terminali, si potrà ottenere, con particolare riferimento alla straordinaria massa di dati che potranno essere trasmessi e scambiati dagli oggetti, che non tutte le informazioni rilevate dai sensori siano trasmesse in maniera puntuale e in tempo reale, cosa poco efficiente e che occuperebbe comunque risorse radio. Al contrario una serie di elaborazioni, proprio in considerazione di questa tecnologia, si potranno eseguire direttamente sul dispositivo, consentendo la trasmissione di un'informazione frutto di elaborazioni effettuate localmente. Il termine edge computing connota per l'appunto la circostanza per la quale le elaborazioni dei dati sono effettuate in prossimità del luogo fisico in cui i dati vengono raccolti e analizzati, ossia «al margine» (in inglese edge) della rete.
  Come risulta dalla recentissima comunicazione della Commissione europea COM (2020) 66 final, Strategia europea per i dati, il modo in cui i dati vengono archiviati ed elaborati i dati cambierà radicalmente nei prossimi 5 anni. Oggi l'80 per cento dell'elaborazione e l'analisi dei dati avviene nei data center e nelle strutture di elaborazione centralizzata e solo il 20 per cento negli oggetti connessi in modo intelligente, come automobili, elettrodomestici o robot di produzione, e in strutture di calcolo vicine all'utente (appunto edge computing) ma entro il 2025 è probabile che queste proporzioni vengano invertite.
  Come si vedrà più avanti, tale massa di dati, archiviati ed utilizzabili con latenze bassissime, è il carburante sul quale si innestano le tecnologie dell'intelligenza artificiale che dopo 50 anni, grazie ad alcune geniali intuizioni dell'ultimo decennio, consente già oggi prestazioni inimmaginabili fino a pochissimo tempo fa.
  Ciò ci conduce all’« internet delle cose» (o Internet of Things – IoT) che già oggi ha molteplici applicazioni nelle smart city, Pag. 79nella domotica, nei sistemi di monitoraggio ambientale o nell'agricoltura di precisione, oltre che nell'industria 4.0.
  L’internet delle cose consente, tra l'altro, anche di rappresentare nella realtà digitale un gemello digitale del fenomeno fisico, e di costruire conseguentemente algoritmi con cui affrontare più efficacemente (oltre che con tempi e costi minori) varie problematiche come ad esempio l'ottimizzazione del trasporto pubblico urbano, la gestione del traffico, la risposta alle emergenze e molto altro.
  Nei prossimi anni, grazie allo sviluppo e alla diffusione della banda ultralarga – in particolare alla cosiddetta fibra FTTH (Fiber to the Home) e alla linea mobile con il 5G – si raggiungerà l'obiettivo europeo di una «Gigabit society», formulato dall'Unione europea, e gli apparati tecnologici potranno rapportarsi con la realtà con velocità di reazione addirittura sovraumane: si passerà da latenze in decine di millisecondi a latenze di 4 o 5 millisecondi, in alcuni casi addirittura di 1 o 2 millisecondi, di molto inferiori quindi alle reazioni umane (un cervello umano ad altissimo quoziente intellettivo e molto allenato, riesce a percepire con 5-6 millisecondi di latenza).
  L'introduzione e il progressivo rafforzamento di queste tecnologie comporterà trasformazioni molto profonde della nostra società e della nostra economia e richiederà competenze molto diverse rispetto a quelle attuali. Sebbene ciò possa offrire all'umanità intera opportunità impensabili fino a pochissimi decenni fa, esistono rischi ed elementi di inquietudine riguardo alla effettiva governabilità di questi interventi in termini di sicurezza dei dati, di sicurezza delle persone e persino di sicurezza dei nostri sistemi democratici.
  Inoltre sarà significativo l'impatto di queste tecnologie sul funzionamento del mercato del lavoro, rispetto al quale, sebbene sia incerto cosa succederà nel lungo periodo, si porrà sicuramente un problema di sostituzione di competenze in un periodo di transizione che potrebbe anche comportare complessi problemi di gestione, al fine di evitare situazioni di tensione sociale.
  È quindi fondamentale conoscere e comprendere tali realtà al fine di utilizzarne nell'interesse nazionale tutte le potenzialità e limitarne al tempo stesso i rischi eventuali ed è quindi necessario, per governare la trasformazione digitale in modo sostenibile, per lavoratori, imprese, consumatori, e garantire un posizionamento centrale al nostro Paese, costruire rapidamente e in modo efficace le nuove competenze che servono per realizzare la trasformazione digitale.

Le tematiche oggetto dell'indagine conoscitiva

Le infrastrutture di rete e l'infrastruttura 5G. L'integrazione tra operatori economici nel mercato del 5G. La carenza della domanda di servizi.

  Alla base dello sviluppo tecnologico assicurato dallo sviluppo del 5G è certamente un significativo impegno sotto il profilo infrastrutturale, sia con riguardo alla cablatura in fibra ottica delle reti fisse sia con riferimento alla realizzazione delle celle e dell'infrastruttura di rete per la comunicazione mobile di quinta generazione.
  In realtà proprio le caratteristiche dell'infrastruttura di rete necessaria per lo sviluppo del 5G ha evidenziato la necessità di una forte convergenza tra le due infrastrutture, essendo il rilegamento in fibra ottica della rete 5G un presupposto indispensabile per il pieno sviluppo delle tecnologie.
  Con riferimento, innanzitutto, alla realizzazione della banda ultralarga (in merito alla quale si vedano anche i paragrafi ad essa riferiti nell'ambito della normativa europea e nazionale) nel corso dell'indagine conoscitiva l'esame si è soffermato su due profili essenziali.
  Innanzitutto, è stato oggetto di approfondimento il modello secondo il quale sarà organizzata la fornitura dei servizi a banda Pag. 80ultralarga anche in considerazione del fatto che i tre bandi pubblici per la realizzazione della rete nelle aree a fallimento di mercato del Paese hanno adottato il modello wholesale only. Tale modello prevede una società che gestisce esclusivamente la rete e la mette a disposizione (dietro corrispettivo) alle società che intendono avvalersene per vendere i servizi ai clienti finali, senza essere essa stessa fornitrice di servizi telefonici o web al pubblico.
  Rispetto alla rete telefonica tradizionale quindi, che in Italia era in capo all'operatore di telefonia un tempo monopolista (Telecom Italia) e che risultava organizzata con un'impresa integrata verticalmente titolare sia della rete sia offerente di servizi di connessione, lo sviluppo della rete in fibra si sta realizzando parzialmente in modo diverso.
  In primo luogo, accanto all’incumbent, almeno un altro operatore ha autonomamente provveduto da tempo a costruire una sua rete in fibra (Fastweb).
  In secondo luogo, la nascita della società Open Fiber, aggiudicataria dei 3 bandi pubblici per la realizzazione della rete in fibra nelle aree a fallimento di mercato, ha, come sopra ricordato, introdotto proprio questo modello di offerta dell'infrastruttura di rete agli operatori di telefonia che intendono usufruirne. Il modello wholesale only è un modello innovativo rispetto al passato ma che, anche in ragione dell'imponente mole di investimenti necessaria per la realizzazione della rete in fibra, secondo quanto comunicato nel corso dell'audizione da Open Fiber, si sta velocemente affermando nell'ambito europeo, posto che tutti gli operatori nuovi entranti nel mercato hanno adottato proprio questo modello (sul punto si veda l'approfondimento concernente: «Le scelte normative in materia di applicazione e sviluppo del modello wholesale only nel settore delle telecomunicazioni in Francia, Germania e Regno Unito»).
  Tuttavia, negli altri Paesi europei, inclusi Francia, Germania e Regno Unito, gli operatori wholesale only sono piccole imprese di carattere locale o singole realtà metropolitane (ad esempio, Cityfibre), mentre l'Italia è l'unico Stato membro in cui è stato costituito un operatore wholesale only su scala nazionale. Gli unici altri esempi di operatori wholesale only su scala nazionale, nati su presupposti molto diversi dal contesto italiano, si hanno in Australia (in cui il Governo ha in pratica acquistato la rete legacy in rame dell'operatore storico) e Nuova Zelanda (in cui il Governo ha finanziato la rete ultrabroadband su scala nazionale e non solo nelle aree bianche).
  Il nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche (direttiva UE 1972/2018), che dovrà essere recepito dagli Stati membri entro il 21 dicembre 2020, ha previsto, all'articolo 80, che le imprese che operano solo sul mercato all'ingrosso dei servizi di comunicazione elettronica (ossia secondo il modello wholesale only), non sono assoggettati a vincoli diversi da quelli relativi all'accesso, alla non discriminazione e alla pratica di prezzi ragionevoli alla loro clientela ancorché operanti in posizione dominante in tale mercato all'ingrosso. Ciò denota un certo favore del legislatore europeo nei confronti di tale modalità di organizzazione dell'accesso alle reti, che appare più adeguata a garantire quella parità di trattamento tra gli operatori, fondamentale nello sviluppo di una competizione sana sul mercato dei servizi di telecomunicazione, in quanto essa viene vista come particolarmente idonea a canalizzare e sviluppare investimenti nella realizzazione delle reti di nuova generazione.
  In ogni caso, il modello wholesale only non è l'unico nuovo modello regolamentare promosso dal Codice delle comunicazioni elettroniche: vi è infatti anche il modello del co-investimento al quale il codice riserva un più favorevole trattamento regolamentare (con la completa abrogazione della regolamentazione precedente).
  Nelle aree a mercato è possibile che gli investimenti per la realizzazione della rete in fibra siano realizzati sia dagli operatori commerciali (a partire dall'operatore storico) sia dall'operatore wholesale only con il rischio di una non ottimale allocazione delle risorse. La duplicazione delle reti costituisce anche un ostacolo per la rapidità di sviluppo delle coperture: non a caso, i Pag. 81Paesi europei nei quali si registra una maggiore copertura FTTH sono Spagna e Portogallo, in cui sono stati favoriti accordi di co-investimento tra i diversi operatori, proprio per evitare duplicazioni inefficienti. Nel corso della sua audizione, anche Fastweb ha sottolineato come, a suo avviso, tale possibilità non sia necessariamente da intendersi negativamente posto che l'esistenza di una pluralità di reti stimola l'innovazione e la concorrenza (peraltro i servizi a banda ultraveloce nelle altre realtà europee vedono anche una concorrenza tra operatori telefonici e servizi offerti dagli operatori delle televisioni via cavo).
  Anche con riferimento alle infrastrutture necessarie per la connessione mobile 5G, in primo luogo attraverso una diffusione capillare di small cell, gli interventi dovranno essere, secondo quanto indicato nella delibera AGCOM 231/18/CONS, particolarmente stringenti: entro 54 mesi dalla disponibilità nominale delle frequenze, gli aggiudicatari dei lotti di frequenza in banda 700 MHz FDD sono collettivamente tenuti a raggiungere, sulla base di accordi reciproci nel rispetto delle norme sulla concorrenza, la copertura del 99.4 per cento della popolazione nazionale con avvio del servizio commerciale.
  Per quanto riguarda gli aggiudicatari delle bande di frequenza 3,6-3,8 MHz (per frequenze pari ad almeno 80 MHz su base nazionale), essi devono presentare, entro 90 giorni dall'aggiudicazione, «una lista d'obbligo» che comprenda almeno il 10 per cento di tutti i comuni italiani con popolazioni inferiore ai 5.000 abitanti, in cui sono presenti richiedenti prioritari (001), comprovando di essere pronto a fornire, entro 72 mesi, il servizio a tutti i richiedenti prioritari nei comuni dichiarati nella propria lista d'obbligo.
  Proprio l'importanza di tale investimento dà luogo alla medesima criticità evidenziata con riguardo all'infrastruttura in fibra: potrebbe essere meno onerosa una sinergia tra gli operatori mobili al fine di contenere i costi, resi assai elevati anche dall'esito della gara per l'assegnazione delle frequenze e dalle condizioni di mercato che hanno visto una progressiva erosione dei margini di utile.
  Sull'integrazione delle infrastrutture mobili nel corso delle audizioni non hanno espresso posizioni precise le compagnie telefoniche TIM e Vodafone, ancorché successivamente abbiano concluso accordi relativi alla condivisione della componente attiva della rete 5G, alla condivisione degli apparati attivi della rete 4G e all'ampliamento dell'attuale accordo di condivisione delle infrastrutture di rete passive; Fastweb ha manifestato l'intendimento di costruire una propria rete indipendente anche al fine di poter meglio organizzare la sua offerta commerciale (successivamente all'audizione è stato concluso un accordo con Wind Tre), mentre ILIAD ha segnalato la sottoscrizione di accordi con Wind Tre e con le principali tower companies italiane, tra le quali nel corso dell'audizione è stata ricordata Inuit.
  Come ha segnalato nel corso della sua audizione AGCOM, sono comunque in corso (non solo in Italia, ma anche in altri Paesi europei) dei processi di consolidamento fra le società (ad es. tra quelle che dispongono delle torri per l'installazione degli apparati radio) e sono in discussione accordi di condivisione delle infrastrutture di rete (sia di accesso che core), al fine di condividere gli sforzi nella realizzazione dell'architettura di rete 5G e creare sinergie in grado di liberare risorse per fronteggiare al meglio i necessari investimenti che, come ricorda sempre l'Autorità stessa, sono assai significativi non solo per l'acquisizione delle frequenze radio, ma anche nell'intera architettura di rete così da consentire la realizzazione, tra l'altro, delle funzionalità di network slicing e orchestrazione.Pag. 82
  In relazione a questo processo, con particolare riferimento alla rete centrale in fibra, si pone per l'Italia il problema di realizzare un'infrastruttura nazionale partendo da una situazione per la quale l'operatore storico, secondo quanto indicato nel corso dell'audizione dell'AGCOM, è tuttora titolare della rete più sviluppata mentre la società Open Fiber, che ha individuato il proprio modello di business inquadrandolo nel modello wholesale only, sta realizzando anch'essa una propria rete in fibra.
  L'integrazione tra tali reti comporterebbe una ottimizzazione degli investimenti ma le modalità di realizzazione di tale integrazione appaiono estremamente problematiche, considerate le inefficienze rappresentate da parte della società TIM.
  Occorre peraltro ricordare che la società Open Fiber è nata proprio perché l'operatore storico aveva privilegiato la realizzazione di una rete FTTC capillare sul territorio nazionale, ad eccezione delle aree bianche, piuttosto che sviluppare una rete FTTH secondo il modello adottato da Open Fiber, che ha anche rappresentato uno stimolo per l’incumbent ad estendere la propria infrastruttura FTTH.
  Pur nel rafforzamento degli investimenti derivanti dallo stimolo proveniente da Open Fiber, la medesima società segnalava che, a fine gennaio 2019, gli abbonati alla fibra to the home sono per l'80 per cento abbonati su infrastruttura Open Fiber. Tuttavia, i clienti FTTH di Open Fiber, a fine 2019, rappresentano solo il 7 per cento degli accessi totali BB+UBB del Paese e meno di un settimo degli accessi totali FTTC.
  In tale quadro quindi, le modalità secondo le quali tale possibile integrazione si realizzerà appaiono assolutamente incerte e non neutrali per le due società coinvolte sotto il profilo dei risultati patrimoniali ma anche con riferimento al controllo dell'infrastruttura medesima.

  In secondo luogo, è stata affrontata la tematica della semplificazione delle procedure per effettuare la posa della fibra. Nel corso della legislatura sono stati posti in essere una serie di interventi volti a semplificare tali iter (si veda il paragrafo relativo al SINFI e alle semplificazioni in materia di stesura della fibra ottica). Tuttavia è stata segnalata la rilevanza dell'onere regolamentare con particolare riferimento non solo alla disciplina normativa, che pure presenta la sua complessità, ma soprattutto alla difficoltà di interfacciamento con la molteplicità di amministrazioni locali e centrali coinvolte e alla persistenza di una ricca e articolata regolamentazione secondaria locale che comporta alcune significative complicazioni operative.
  Tale aspetto è stato sottolineato nel corso dell'audizione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha segnalato che «risultano emanate una serie di normative locali e regionali che sono difformi dal quadro regolatorio nazionale e si traducono in una serie di ostacoli per l'implementazione delle infrastrutture necessarie affinché il 5G possa funzionare veramente» e che «la frammentazione delle regolazioni spesso ingiustificatamente restrittive della possibilità di installare questi impianti si può tradurre nella perdita del tempo che invece abbiamo guadagnato rispetto ad altri Paesi europei e che sarebbe bene non perdere».
  In particolare, Vodafone ha segnalato l'opportunità di importanti interventi di semplificazione per quanto concerne le reti mobili, con riferimento all'estensione del regime autorizzativo semplificato per impianti microcellulari, l'introduzione della possibilità di ricorrere ad autocertificazione per modifiche non rilevanti agli impianti esistenti e la riduzione dei termini massimi di durata dei procedimenti di sovrintendenze e altri enti; con riferimento alle realizzazione delle reti fisse in fibra, fondamentali per lo sviluppo delle reti anche in tecnologia 5G, si auspicava la predisposizione di un regolamento nazionale sugli scavi, che privilegi l'utilizzo di tecnologie non invasive, l'estensione dell'istituto del silenzio/assenso ai procedimenti per l'ottenimento di ordinanza di viabilità del traffico e l'introduzione di una disciplina semplificata per l'accesso agli scavi condominiali.
  La società Open Fiber ha segnalato come per la realizzazione del proprio progetto infrastrutturale sono stati stimati ben Pag. 83100.000 permessi da ottenere fino alla fine del progetto (solo nella città di Roma ne serviranno 25.000) mentre Fastweb ha segnalato che sono necessari «nel caso della fibra fino a venti permessi», ricordando come più rapido sarà il rilascio dei permessi più veloce sarà il roll out della rete.

  In conclusione, con riferimento alla situazione relativa allo sviluppo delle reti, nel corso dell'audizione di AssTel sono stati forniti i dati relativi allo stato attuale della realizzazione delle stesse. È stato in particolare ricordato come nel 2014 l'Italia aveva un ritardo di oltre 20 punti percentuali nel dispiegamento delle reti a 30 megabit mentre negli anni successivi questo ritardo è stato completamente colmato, e ora l'Italia si trova marginalmente avanti, rispetto alla media europea.
  Con riferimento alle reti in fibra a 100 megabit al secondo il tasso di adozione dei collegamenti a 100 megabit è solo il 5 per cento mentre a livello europeo è del 15 per cento. La copertura in fibra in Italia nel 2017 aveva raggiunto il 22 per cento, mentre a livello europeo tale copertura è assai maggiore (essendo pari al 58 per cento). Tuttavia il 58 per cento europeo è composto per circa la metà da reti in fibra (27, per la precisione) e poco più della metà (31) invece dalle reti in cavo coassiale delle reti televisive (via cavo) che in Italia non si sono mai affermate.
  Da ultimo il rapporto DESI 2020 sull'indice di digitalizzazione dell'economia e della società dà conto del fatto che «Rispetto al 2018, la diffusione (“take-up”) complessiva della banda larga fissa è aumentata di un punto percentuale. La diffusione della banda larga fissa ad almeno 100 Mbps è passata dal 9 per cento nel 2018 al 13 per cento nel 2019 (...). Tutti i dati sopra riportati sulla diffusione della banda larga sono inferiori alla corrispondente media UE. La copertura delle reti d'accesso di prossima generazione (NGA) ha continuato ad aumentare, ma solo di un punto percentuale, raggiungendo l'89 per cento delle famiglie e superando così di tre punti percentuali la media UE (86 per cento). Per quanto riguarda la copertura VHCN, l'Italia ha accelerato il ritmo di diffusione della fibra ma resta ancora indietro (con solo il 30 per cento) rispetto alla media UE del 44 per cento (che tuttavia comprende anche il passaggio delle reti via cavo al DOCSIS 3.1)».

  Il piano industriale di Open Fiber ha come obiettivo la copertura, con una rete in fibra, di 19 milioni di unità immobiliari entro il 2023 (alla fine del 2018 erano già coperte circa 5 milioni di unità immobiliari). I 19 milioni di unità immobiliari si dividono sostanzialmente in due grandi cluster: 9 milioni si riferiscono alle aree metropolitane (cluster A e B) e 9,6 milioni circa si collocano nei cluster C e D (a fallimento di mercato) con riferimento ai quali Open Fiber risulta aggiudicataria dei bandi pubblici Infratel. Per tali unità immobiliari Open Fiber assicurerà un collegamento ad almeno 100 mb (scalabile a 1 Gb) per 8 milioni di unità immobiliari e di 30mb per le unità immobiliari residue (1,6 milioni, per le quali si prevede essenzialmente l'utilizzo delle connessioni FWA). Il Piano di Open Fiber non copre invece le cosiddette «aree grigie» (ossia quelle per le quali erano previsti investimenti da parte di un singolo operatore).
  Proprio con riferimento al dispiegamento della fibra ottica da parte di Open Fiber nelle aree a fallimento di mercato, sono emersi dati (tratti da notizie di stampa) che hanno destato preoccupazione con riferimento al ritardo con il quale procede la realizzazione dei lavori di infrastrutturazione.

  Con riferimento allo stato dei lavori di dispiegamento della fibra ottica, secondo gli ultimi dati ad oggi disponibili sul sito del Ministero dello sviluppo economico, su un totale complessivo di 7146 comuni previsti con copertura in fibra ottica, solo 296 comuni risultano collaudabili (per un totale di 370 mila unità immobiliari), mentre i comuni già disponibili agli operatori sono 172 (per un totale di 105 mila unità immobiliari).

  Più in particolare, in data 15 giugno 2020, Infratel ha messo on-line una nuova piattaforma con lo stato attuale Pag. 84dei lavori dei comuni OF del piano BUL (https://bandaultralarga.italia.it/mappa/?indicator=fiber).
  Lo stato di avanzamento pubblicato al 15 giugno 2020 è riportato nella tabella seguente. Il totale dei comuni a piano è pari a 7.146, a seguito della eliminazione di 349 comuni dai piani OF sulla base di sopralluoghi congiunti Infratel-OF in cui si è riscontrata la presenza di infrastrutture UBB in aree precedentemente ritenute bianche.

  A differenza del passato, viene, inoltre, fornito un file di Open Data (in allegato) che, per tutti i comuni fibra, riporta: (i) lo stato di avanzamento dei lavori di copertura in fibra, (ii) la data prevista di avvio dei lavori fibra; (iii) la data prevista di chiusura dei lavori fibra; (iv) la data prevista di operatività del servizio. Informazioni analoghe sono riportate anche per i comuni wireless per i quali, in oltre il 90 per cento dei casi l'avvio lavori è rimandato a metà 2022.
  Al netto di alcune discrepanze sul numero totale dei comuni OF fibra (che risultano 7.349 anziché 7.146) dal file di Open Data si può desumere il seguente piano di completamento dei lavori e operatività del servizio che conferma lo sforamento di oltre 2 anni dei tempi per la realizzazione dei bandi BUL 1 e 2 (che dovevano essere completati a giugno e novembre 2020) e, inoltre, lascia prevedere il rischio di un ritardo ancora maggiore, in quanto 3.877 comuni (pari al 52,6 per cento) dovrebbero diventare operativi nel corso del 2022 e, tra questi, ben 2.456 (33,4 per cento) sono stati tutti concentrati nella deadline del 31/12/2022.

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  Un ultimo profilo emerso dalle audizioni, anche per le sue ricadute in termini di redditività per le compagnie di telecomunicazione, è quello della limitata domanda da parte dell'utenza italiana di servizi di connessione fissa ultraveloce (meccanismo che potrebbe replicarsi con riferimento all'utilizzo dei servizi del 5G). Le ragioni sono in parte legate alla composizione sociale e demografica italiana (utenza anziana e meno interessata alle nuove possibilità tecnologiche) e in parte, come ricordato dall'AGCOM, dalla mancanza di contenuti idonei ad invogliare all'uso di tali nuove possibilità. Da più parti è emersa l'esigenza di favorire, attraverso lo strumento dei voucher per i quali sono disponibili ingenti risorse (1,3 miliardi di euro), l'acquisto delle connessioni basate sulla nuova tecnologia. In tal senso si è espressa anche, nella sua audizione, la sottosegretaria allo sviluppo economico Liuzzi.
  In senso parzialmente contrario si è orientato il Presidente dell'AGCOM che ritiene che il mercato (ossia l'offerta di prestazioni allettanti per l'utenza) sia assolutamente in grado di garantire la progressiva crescita della domanda mostrando quindi scetticismo sulla effettiva necessità di tale strumento.
  Nel corso di un'audizione del 3 dicembre 2019 (svoltasi al di fuori dell'indagine conoscitiva, nell'ambito dell'esame della risoluzione n. 7-00351 relativa all'introduzione di incentivi per l'attivazione di servizi di connessione alla rete internet ad alta velocità) Infratel ha fornito elementi informativi con riferimento alla possibile destinazione dei voucher.
  La destinazione del beneficio dovrebbe concernere le piccole e medie imprese (fino a 250 addetti, pari a 3.911.000 unità), tutte le scuole (si tratta di 39.966 plessi scolastici) e centri per l'impiego (561) e le famiglie (13.822.000 linee residenziali idonee). Peraltro, considerato l'obiettivo europeo della connessione a 100 mb in download (e 50 in upload), si prevede che tale incentivo possa essere assicurato anche per tecnologie diverse dalla fibra ottica «fino a casa» (ad esempio l'FWA o la VDSL purché assicurino un collegamento oltre i 100 mb). L'incentivo potrà operare dove sono disponibili le connessioni di rete con le caratteristiche sopra indicate.

Le caratteristiche del 5G e delle diverse bande di frequenza oggetto dell'asta.

  Il termine 5G indica sinteticamente le comunicazioni mobili di quinta generazione. Tuttavia, come si vedrà, la tecnologia 5G presenta caratteristiche ed impatti assai più complessi che sono alla base di trasformazioni assai radicali nel complesso del sistema delle comunicazioni e, ancor di più, sull'economia, sui modelli di business, sulle modalità di lavoro e sui servizi che potranno essere assicurati a cittadini, pubbliche amministrazioni e imprese. In tal senso il 5G è un fattore abilitante in grado di accelerare la trasformazione digitale che investe la nostra realtà sociale ed economica.
  Come segnalato dall'AGCOM «il 5G sarà in grado di abilitare nuovi modelli di business non solo per gli operatori di telecomunicazioni, ma anche per nuovi player, quali ad esempio Over The Top (OTT), service provider, aggregator, broker, asset developer, etc., che potranno giocare un importante ruolo all'interno delle catene del valore. D'altronde anche il concetto di utente, come visto, si svilupperà dai “classici” consumatori retail fino ai mercati verticali passando per le ’cose’ (in ambito IoT)».
  Da un punto di vista funzionale, come ricordato dall'AGCOM nel corso dell'audizione del suo Presidente, il 5G risponde innanzitutto all'aumento della «domanda di traffico dati da parte degli utenti, dovuta non solo al massivo consumo di contenuti multimediali da parte degli utenti finali, ma anche al continuo aumento di dispositivi Machine to Machine/Internet of Things (M2M/IoT) connessi alla rete e alla significativa dimensione raggiunta dalle comunicazioni mobili real-time che necessitano anche di elevata affidabilità».Pag. 86
  In tale contesto – prosegue l'AGCOM – l’International Telecommunication Union (ITU) ha definito tre categorie di possibili casi d'uso per il 5G, corrispondenti ai predetti scenari applicativi:
   1) enhanced Mobile Broadband (eMBB), ossia «banda ultralarga migliorata»;
   2) massive Machine Type Communications (mMTC), ossia «comunicazioni massive tra dispositivi»;
   3) Ultra Reliable Low Latency Communications (URLLC), ossia «comunicazioni ultra affidabili a bassa latenza».

  Il 5G, come tutte le tecnologie mobili, nasce da uno sforzo di standardizzazione a livello mondiale.
  A livello internazionale, sin dall'inizio degli anni 2000, è nato il gruppo 3GPP (Third generation partnership project), al quale partecipano tutti i maggiori operatori mondiali (i maggiori fornitori, gli enti di ricerca e gli enti governativi). Tale gruppo ha provveduto alla standardizzazione della tecnologia 3G e ancora adesso garantisce la verifica degli aspetti tecnici necessari per la standardizzazione delle diverse tecnologie.
  A differenza del 3G, il 5G è uno standard a tutt'oggi in evoluzione. Il primo standard di rete 5G (3rd Generation Partnership Project o 3GPP Release 15) è stato adottato nel dicembre 2017 ed è anche conosciuto come 5G NR Non-Stand-alone (NSA), in quanto la rete è supportata dall'infrastruttura 4G esistente, in particolare per ciò che riguarda le funzioni di controllo non direttamente legate al trasferimento dei dati d'utente. Il processo di standardizzazione sta però continuando al fine di affinare e abilitare una serie di applicazioni innovative. Recentemente è nato il 5GPP (Fifth generation partnership project) che si occupa di estendere e di incrementare tutto quanto già fatto nelle precedenti reti verso le nuove.
  Il 5G vivrà sostanzialmente due fasi. La prima è la cosiddetta « non-stand-alone» ed è quella che attualmente gli operatori e anche lo standard hanno maggiormente definito e che si baserà sulle infrastrutture esistenti della parte 4G e 4.5G, sia come rete di accesso, sia per la cosiddetta «rete core», che governa tutta la parte di servizi.
  Gli operatori che hanno investito finora nel 4G e nel 4.5G potranno quindi ottimizzare i loro investimenti in una prima fase semplicemente aggiungendo un nuovo tipo di accesso radio, che darà immediatamente la possibilità di sfruttare le frequenze che loro hanno acquisito durante l'asta delle frequenze per il 5G e di cominciare a monetizzare i primi servizi, che saranno ancora di tipo tradizionale utilizzando anche le applicazioni fixed wireless access per assicurare in quelle aree dove la fibra non sarà immediatamente presente un accesso a larga banda.
  Si arriverà in un secondo momento – ma questo dipenderà molto dal mercato, dagli operatori, dalla disponibilità di investimento – alla «fase stand-alone», dove ci sarà una nuova rete core 5G, che sarà quella che abiliterà i nuovi servizi offerti dalla potenzialità di questa infrastruttura, come i servizi di tipo URLLC e mMTC e opererà senza il supporto dell'infrastruttura 4G. Tale versione dello standard, rilasciata dal 3GPP intorno alla metà del 2018, consentirà alcuni vantaggi in termini di semplificazione dei protocolli di comunicazione e miglioramento dell'efficienza del sistema, con conseguenti benefici di riduzione dei costi e incremento delle prestazioni.
  Nonostante quindi l'evoluzione del processo di standardizzazione sia ancora in corso, è già possibile delineare, con un sufficiente grado di precisione le caratteristiche fondamentali del 5G che non lo rendono semplicemente una nuova generazione di telefonia mobile, ma incidono profondamente sulla natura stessa delle reti.
  In effetti il primo elemento fondamentale che va sottolineato è che con il 5G viene in un certo senso a cadere la tradizionale distinzione tra infrastrutture fissa e mobile, in quanto la stessa rete diventa essa stessa virtuale. In conseguenza di ciò, una stretta combinazione di Pag. 87infrastrutture e software potrà garantire non soltanto prestazioni assai superiori rispetto a quelle fino ad oggi disponibili, ma una coesistenza su una medesima infrastruttura fisica di vere e proprie reti parallele con caratteristiche specializzate in relazione ai servizi da offrire.
  Data questa differenza essenziale rispetto al passato, si possono identificare le seguenti caratteristiche dell'ecosistema 5G:

  Maggiore velocità e maggiore quantità di dati trasmissibile
  Il 5G aumenta esponenzialmente la velocità di trasmissione in quanto è venti volte più veloce del 4G. Quanto alla quantità di dati che possono essere trasportati, una rete 5G può assicurare una velocità di più di 10 gigabit al secondo, mentre oggi un'ottima fibra FTTH o un 4.5G arrivano o superano appena un gigabit al secondo.

  Maggiore affidabilità
  Il 5G presenta un livello di affidabilità assai superiore a quello delle tecnologie di trasmissione di dati attuali. Si stima infatti che su cento milioni di pacchetti trasmessi possa verificarsi la perdita di un singolo pacchetto con una percentuale quindi pari allo 0,000000001 per cento dei pacchetti trasmessi.

  Basso consumo energetico
  Le infrastrutture 5G richiedono l'utilizzo di molta meno energia per il proprio funzionamento rispetto alle connessioni attuali. Sebbene questo aspetto non sia tra i più enfatizzati nelle società industrializzate, ciò è assai importante per le aree più svantaggiate del pianeta che potranno ottenere connessioni di eccellente livello anche con un uso limitato di fonti energetiche. Ciò contribuirà quindi a ridurre parzialmente i problemi di digital divide tra nazioni ricche e nazioni povere nel mondo.

  Bassa latenza
  La latenza indica la distanza temporale tra il momento in cui un evento succede e viene raccolto come dato (o dal momento in cui il dato è richiesto) e quello in cui un'azione consegue (o il dato è reso disponibile all'utente).
  Le reti 4G assicurano una latenza pari a 40-50 millisecondi. Con il 5G si prevede una latenza anche molto al di sotto dei 10 millisecondi (da 5 fino a 1 o 2 millisecondi).
  Per comprenderne le implicazioni di tale riduzione della latenza, basti pensare che un cervello umano ad altissimo quoziente intellettivo, molto allenato, riesce a percepire con fino a 5-6 millisecondi di latenza, mentre la latenza di un battito di ciglia è di 10 millisecondi. Ciò comporta tempi di reazione ad un impulso assai migliori di quelli di un cervello umano al massimo delle sue possibilità.
  Questa caratteristica permetterà l'abilitazione di una serie di servizi, in cui l'interazione in tempo reale è fondamentale per svolgere un'attività: tra interventi chirurgici di altissima precisione svolti a distanza o anche, per profili di molto minore impatto da un punto di vista sociale ma con significative prospettive economiche, il gaming in real-time che ha bisogno di livelli di latenza di quest'ordine di grandezza. Allo stesso modo, in ambito industriale, la bassa latenza nella reazione dei robot consente di assicurare maggiori standard di sicurezza e quindi di rafforzare l'integrazione tra lavoro umano e non umano superando problematiche connesse ai rischi per la sicurezza.

  Aumento della connettività (Maggiore quantità di dispositivi connessi)
  Il 5G consente la moltiplicazione delle connessioni in uno spazio finito. Si passa da circa 100.000 a circa un milione di connessioni per chilometro quadrato (con la rete 4G si riescono a connettere 10-15.000 sensori per chilometro quadrato). Ciò sarà un elemento fondamentale in considerazione della sempre maggiore diffusione dell’internet delle cose (Internet of Things), in cui milioni di dispositivi si scambieranno dati ed informazioni a prescindere da qualsivoglia interazione Pag. 88umana e che è uno degli elementi più innovativi delle reti 5G oltre che uno dei suoi campi di attuazione fondamentali.
  Alcune stime, riportate da AGID nella sua audizione, indicano che entro il 2020 si passerà da circa 6,5 miliardi di dispositivi oggi attivi e connessi alla rete a circa 20,8 miliardi (secondo il DIS si potrebbe arrivare addirittura a 50 miliardi di dispositivi). La realizzazione di una rete 5G ad alte performance diventerà quindi molto presto una risposta essenziale all'aumento dei volumi di traffico.

  Direzionalità del segnale
  Il segnale trasmesso dalle antenne nel 5G, a differenza del 4g, è direzionale, le antenne sono «adattive» (secondo la tecnologia MIMO ossia multiple in multiple out): non vi è quindi un fascio statico di illuminazione radio, ma un fascio dinamico destinato a ognuno dei terminali che stanno sotto quella copertura. In tal modo vi sarà un dialogo tra smartphone (o altri terminali) e antenna, che farà sì che l'antenna potrà seguire il device nei suoi movimenti orizzontali e verticali per dare una prestazione ottimizzata con una minore emissione di potenza da parte sia dell'antenna sia soprattutto del terminale.
  Ciò avrà effetti sulle emissioni radio a contatto (ossia quelle del telefono cellulare), che dovrebbero ridursi.

  Slicing
  Una delle caratteristiche proprie del 5G sarà quella di consentire, come detto, che su una stessa infrastruttura fisica si creino reti virtualizzate dedicate, isolate e specializzate per i diversi servizi (Network Slice).
  In altri termini, a differenza di tutte le generazioni precedenti, la rete 5G è essenzialmente una rete virtuale.
  La particolare struttura dell'ecosistema 5G consentirà che ogni servizio (con esigenze specifiche) avrà la sua «fetta» (slice) di rete, e si potranno costruire delle «fette di servizio» con caratteristiche specifiche che verranno riconosciute dagli utenti finali (e quindi anche dalle «cose» o dai «mercati verticali») come un singolo collegamento dedicato e indipendente, anche se fisicamente condiviso in maniera dinamica nell'ambito della stessa infrastruttura di rete.
  Da un punto di vista tecnico tale possibilità è assicurata delle tecnologie SDN (Software Defined Networks) e NFV (Network Function Virtualization), che rappresentano gli strumenti principali per realizzare il concetto di «affettamento» virtuale della rete 5G (così detto 5G network slicing), permettendo così di configurare dinamicamente su un'unica infrastruttura le necessarie istanze di rete in base alle specifiche esigenze delle varie applicazioni.
  Come ricordato dall'AGCOM, un ruolo chiave in tale processo sarà svolto dalla cosiddetta piattaforma di «orchestrazione», che in maniera automatizzata e centralizzata provvede alla gestione dinamica e coordinata delle varie funzioni di rete virtualizzate.
  Sotto il profilo pratico ciò comporta per esempio che sulla medesima infrastruttura fisica potranno operare un servizio generico di navigazione Internet, che avrà specifiche caratteristiche di latenza, di affidabilità e di sicurezza e applicazioni mission critical (ad esempio il controllo da remoto di un veicolo, di un robot o un intervento di natura chirurgica invasiva da remoto) in modo particolare in termini di prestazione, livello di sicurezza, livello di protezione, di affidabilità, dando poi conto che la prestazione richiesta sia effettivamente erogata, quindi con un service-level agreement reso noto. Tutti questi servizi non sono l'accesso «normale» a internet e quindi la differenziazione necessaria delle prestazioni resa possibile dallo slicing non dovrebbe porsi in contrasto con il principio di neutralità della rete.
  Su tale aspetto tuttavia l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sottolineato, nel corso della sua audizione, come sia essenziale che i singoli servizi, ragionevolmente differenziati, debbano essere comunque messi a disposizione di tutti i richiedenti evitando ogni forma di discriminazione.Pag. 89
  Naturalmente ciò ha influenza sotto il profilo della sicurezza. In primo luogo, visto che la medesima infrastruttura fisica contiene più «infrastrutture virtuali», è necessaria un'attenta gestione dei diversi operatori garantendo la piena segretezza e la piena adeguatezza del servizio assicurato ai diversi soggetti che interagiscono sulla medesima infrastruttura fisica (ma su infrastrutture virtuali differenti). Ciò consente al gestore di offrire livelli di sicurezza personalizzati a seconda della natura del servizio, naturalmente anche in tal caso mediante l'interazione tra infrastrutture hardware e software e di costruire moduli software che implementano specifici servizi di sicurezza (ad esempio di monitoraggio).
  Va segnalato che lo slicing assicura che ciascuna rete virtuale sia isolata rispetto alle altre e non interagisca con le medesime.
  Tale caratteristica quindi, unitamente alle altre connotazioni della rete 5G, pone specifici e complessi problemi in termini di sicurezza sia con riferimento ai flussi circolanti sulla rete che agli apparati di rete che la compongono (si veda l'apposito capitolo).

Le caratteristiche delle diverse bande di frequenza oggetto dell'asta

  Le caratteristiche tecniche delle frequenze destinate al 5G oggetto della recente gara, come indicati nel corso delle audizioni, presentano alcune differenze che le rendono più o meno adatte a specifiche destinazioni funzionali.
  Le frequenze più basse (a 700 megahertz) disponibili da luglio 2022 sono quelle frequenze su cui oggi viaggia la televisione digitale terrestre. Da un punto di vista tecnico, più bassa è la frequenza più facile è raggiungere una copertura completa, ma a costo di una velocità di banda più bassa. Tali frequenze sono quindi quelle più simili alle attuali frequenze in uso per il 4G, offrendo velocità assai simili in quanto la banda disponibile (10 MHz per operatore) non è molto grande, e risultano idonee a garantire il massimo standard di copertura e ad assicurare adeguatamente il servizio in mobilità. Esse inoltre garantiscono una eccellente penetrazione all'interno degli edifici.
  Le frequenze centrali (a 3,4 e a 3,6 GHz) sono le frequenze su cui si potrà vedere pienamente il «cambio di scala» tipico del 5G, in quanto si tratta di una banda molto larga, che darà la possibilità di avere diversi gigabit al secondo (anche in considerazione del fatto che le quote di banda acquisita all'asta dalle compagnie telefoniche è più ampia che sulla banda dei 700, Vodafone e Tim hanno acquisito banda per 80 MHz). Tuttavia su tali frequenze la propagazione è minore e quindi è necessario costruire un numero di maglie della rete più stretto. Le capacità di penetrazione in mobilità di queste onde sono di buona qualità. Anche in ragione di ciò si tratta delle frequenze per assicurarsi le quali gli operatori hanno effettuato l'esborso più rilevante.
  Come sottolineato dall'AGCOM, tale banda, per le sue caratteristiche di propagazione, non si presta ad essere utilizzata da sola per l'offerta di servizi a copertura nazionale, necessitando dell'impiego complementare delle più tipiche frequenze radiomobili fino a 3 GHz, e in particolare di quelle sub-GHz (ivi comprese le citate frequenze della banda 700 MHz), più idonee alla copertura estensiva del territorio, anche all'interno degli edifici. Tuttavia, fino a che le frequenze della banda 700 MHz non saranno disponibili (e ciò avverrà in Italia dal 2022) per l'offerta di servizi a banda larga e ultra-larga secondo un'architettura 5G NR NSA gli operatori dovranno avvalersi delle frequenze di cui già detengono l'uso su bande idonee, come la banda 800 MHz e la banda 1800 MHz.
  In tal senso, la realizzazione dell'architettura 5G NR NSA assicura un'ampia disponibilità di servizi wireless a banda larga e ultra-larga sul territorio nazionale in virtù dell'elevata percentuale di copertura fornita oggi dalle reti 4G e 4.5G che impiegano le predette frequenze radiomobili.Pag. 90
  Le frequenze più alte oggetto dell'asta, nello specifico a 26-28 gigahertz, sono state assegnate per uno spettro molto ampio (i lotti acquisiti sono di 200 megahertz di banda), cosa che consentirà un ulteriore crescita della velocità: se nelle frequenze centrali ci saranno velocità di alcuni gigabit al secondo, a 26 gigahertz saranno attese velocità nell'ordine di 10, 20 gigabit al secondo. Velocità così elevate saranno essenzialmente riservate ai processi industriali. Tali onde sono peraltro ottimali nei servizi point to point in cui le antenne non incontrano ostacoli fisici alla trasmissione.
  Una ulteriore differenza concerne la dimensione delle antenne necessarie per la trasmissione sulle citate frequenze. Tale dimensione diminuisce al crescere delle frequenze. Per cui le antenne per trasmettere sulla banda 700 megahertz saranno più grandi di quelle sulla banda 3,4/3,6 che, a loro volta, saranno più grandi di quelle relative alla trasmissione/ricezione sulle frequenze 26-28 gigahertz. Tali ultime frequenze sono quindi particolarmente indicate per l'utilizzo delle tecnologie FWA (su cui si veda il prossimo paragrafo).

Il FWA: l'integrazione tra banda ultralarga e 5G per il superamento del digital divide nelle aree remote.

  Il Fixed wireless access rappresenta un tipo di connessione a banda larga o ultralarga caratterizzata dal fatto che i dati viaggiano attraverso onde radio, in maniera simile a quanto avviene con le connessioni cellulari. Segnatamente i dati utilizzano l'infrastruttura in fibra fissa fino all'ultima parte del percorso di connessione, combinando quindi tale forma di connessione su cavo con la connessione wireless.
  Nel corso delle audizioni degli operatori di telefonia è stata affrontata la possibilità di utilizzare la tecnologia Fixed wireless access come uno strumento utile a superare le problematiche concernenti il dispiegamento della rete in fibra ottica fino all'appartamento dell'utente secondo il paradigma FTTH, nonché a risolvere definitivamente il problema del digital divide, nelle aree periferiche del Paese e non solo.
  Tale scelta tecnologica è stata realizzata negli Stati Uniti d'America da Verizon, che ha offerto un servizio commerciale basato su questa tecnologia in diverse grandi città americane come Los Angeles, Sacramento, Houston e Indianapolis.
  Tutti gli operatori auditi hanno concordato nel ritenere tale tecnologia estremamente utile per superare il digital divide in ragione dei costi molto più contenuti del suo dispiegamento e della minore complessità burocratica nella programmazione degli interventi.
  Riguardo tale possibilità, Vodafone in particolare ha sostenuto che si tratta di una tecnologia interessante nell'ottica della possibilità più capillare di raggiungere in maniera mirata e anche più efficiente e meno costosa determinate aree più remote e scarsamente abitate (tipicamente le zone rurali), ma che è difficile ipotizzare adesso che possa essere sostitutiva dell'ultimo miglio tout court, specie nei grandi centri urbani.
  Tim ritiene che il FWA sarà una possibile opzione tecnologica e il suo utilizzo dipenderà da logiche economico-commerciali che tengano conto dei costi ma anche dei tempi di realizzazione, in quanto coprire con una soluzione radio è comunque molto più veloce che coprire un territorio con una soluzione cablata «fino a casa». In ogni caso, anche secondo TIM, il FWA può diventare un elemento in più per sanare situazioni di divario digitale di prima generazione (zone nelle quali internet non è presente) o di seconda generazione (dove arriva con caratteristiche del tutto inadeguate per le applicazioni di oggi).
  Fastweb ha manifestato la convinzione che si andrà verso un'integrazione molto forte tra cablaggio in fibra (fino all'armadio di distribuzione) e la fornitura di servizi 5G per le utenze domestiche basate su connessioni mobili, ricordando come il FWA sarà uno strumento importante soprattutto Pag. 91nelle aree bianche in cui contribuirà a ridurre drasticamente i costi di dispiegamento della rete. Inoltre anche nei centri urbani potrà essere un ottimo strumento di integrazione. Fastweb ha infatti sottolineato come tale modalità di connessione potrebbe agevolare nel superamento di tutti i problemi ingegneristici e burocratici connessi al cablaggio in fibra «fino alla casa» dell'utente (ad esempio la necessità di interagire con i condomini, l'utilizzo delle canaline sugli edifici, eccetera), invitando anche a non considerare in termini dogmatici la fornitura della fibre «fino a casa» ma di valutare in termini equanimi le opportunità offerte da soluzioni tecnologiche idonee ad assicurare il medesimo risultato (come appunto l'FWA).
  Anche Samsung Spa ha dato conto dei risultati incoraggianti derivanti dalla sperimentazione sulla tecnologia condotta insieme a Fastweb nella città di Milano, in particolare con riferimento all'utilizzo della tecnologia per diffondere all'interno degli edifici connessioni 5G, evitando pertanto la cablatura interna.
  Open Fiber infine farà uso di servizi Fixed Wireless Access ai fini della copertura a circa 2 milioni di unità immobiliari nell'ambito delle concessioni dei cluster C e D del Piano per la banda ultralarga (ossia le zone a fallimento di mercato), ma ha altresì segnalato la difficoltà di un utilizzo diffuso di tale tecnologia nel contesto europeo connotato spesso da edifici alti e con mura spesse e strade anguste, che rendono difficile la propagazione delle onde radio, a differenza degli Stati Uniti che, nelle aree periferiche, vedono un tessuto urbano meno denso ed immobili in legno che non costituiscono un ostacolo strutturale alla propagazione delle onde.
  Anche Iliad, che ha segnalato che al momento non vi è da parte sua un interesse commerciale a fornire servizi di telefonia fissa, ha comunque riconosciuto le potenzialità di tale tecnologia.
  L'operatore Eolo considera invece tale scelta tecnologica un punto di riferimento, essendo la mission propria dell'azienda quella di assicurare copertura nei piccoli comuni, offrendo una velocità a 100mbps per secondo basata su tale tecnologia. Con riferimento alle bande utilizzabili, Eolo ha rappresentato l'opportunità di consentire agli operatori FWA di usare le frequenze a 5,8 Gigahertz, oggi riservate al Ministero della difesa. Tali frequenze sarebbero utilizzabili proficuamente per gli operatori che già fanno uso delle frequenze di banda adiacenti (5,4 Gigahertz). Eolo risulta peraltro licenziatario, fino al 2022, di frequenze sulla banda dei 28 Gigahertz, particolarmente idonee, come detto, per lo svolgimento di questa tipologia di servizio.

Le sperimentazioni 5G.

  Nel suo Action Plan per il 5G (Comunicazione CE n. 2016/588) la Commissione europea aveva invitato gli Stati membri ad individuare entro il 2018 almeno una città dove avviare la sperimentazione del 5G per far sì che in ogni Stato membro sia presente almeno una città principale «abilitata al 5G» entro la fine del 2020.
  L'Italia è riuscita, in questo ambito, a conseguire un brillante risultato, operando in anticipo rispetto alle tempistiche delineate dall'Unione europea e realizzando sperimentazioni di portata assai ampia. Ciò ha altresì comportato che, con riferimento allo specifico profilo riguardante la preparazione al 5G, l'Italia si collochi al secondo posto in Europa secondo gli indici DESI (ossia gli indici europei di digitalizzazione dell'economia e della società) per l'anno 2019.
  Già a marzo 2017, l'Italia aveva avviato le sperimentazioni della tecnologia 5G; in particolare, il Ministero dello sviluppo economico aveva autorizzato una serie di sperimentazioni pre-commerciali 5G nella porzione di spettro 3.6-3.8 GHz, in tre aree del Paese.
  Le città sono state selezionate sulla base di criteri relativi alla distribuzione geografica, alla capillarità di connettività ultraveloce, alla disponibilità di frequenze nella banda 3,7-3,8 GHz e all'appartenenza ai corridoi europei.Pag. 92
  Alla selezione per la sperimentazione hanno potuto partecipare le imprese autorizzate per la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica accessibile al pubblico ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo n. 259/2003, o quelle che si impegnassero a conseguirla entro un certo termine come capofila di progetti ai quali partecipano soggetti quali università e centri di ricerca etc., con l'obbligo della realizzazione entro quattro anni dei relativi progetti.
  Le sperimentazioni 5G sono state affidate tramite una procedura selettiva iniziata a marzo 2017 e della quale sono risultate aggiudicatarie le seguenti società:
   Area 1 – Area metropolitana di Milano: Vodafone;
   Area 2 – Prato e l'Aquila: Wind3 Spa e Open Fiber Spa;
   Area 3 – Bari e Matera: affidato ad un consorzio tra Telecom Italia spa, Fastweb spa ed Huawei Technologies Italia S.r.L.

  La sperimentazione nelle città è stata concretamente avviata il 22 settembre 2017 con il rilascio, alle società aggiudicatarie dei progetti, delle autorizzazioni per l'assegnazione del diritto d'uso di 100 MHz nella porzione di spettro 3.6-3.8 GHz.
  La sperimentazione è prevista fino al 30 giugno 2020 e i risultati sono monitorati dal Ministero con il supporto tecnico della Fondazione Ugo Bordoni.
  Quanto ai contenuti delle sperimentazioni, se la fase iniziale del 2018 è stata prevalentemente incentrata sulla realizzazione delle nuove reti, nel 2019, come ricordato nell'audizione della sottosegretaria allo sviluppo economico Liuzzi, le attività si sono incentrate sui casi di applicazione del 5G nei diversi campi: salute (diagnostica remota, ospedali di e-learning), industria (digitalizzazione dei processi, robotica collaborativa, catena di produzione), monitoraggio ambientale (ambiente intelligente, infrastrutture intelligenti), mobilità e sicurezza stradale (guida assistita, logistica, monitoraggio della superficie stradale), turismo e cultura (visite virtuali, realtà aumentata), agricoltura (agricoltura di precisione, monitoraggio della produzione), sicurezza pubblica (sicurezza della popolazione e supporto per l'applicazione della legge), porti e città (monitoraggio, logistica e altro), energia (smart grid e ottimizzazioni), università (campus intelligente).
  Successivamente il Ministero dello sviluppo economico, con decreto 26 marzo 2019, ha approvato il «Programma di supporto tecnologie emergenti nell'ambito del 5G», a valere sulle risorse disponibili dalla Delibera CIPE 61/2018, per un importo complessivo fino a 45 milioni di euro, con l'obiettivo di realizzare progetti di sperimentazione, ricerca applicata e trasferimento tecnologico, da sviluppare anche in collaborazione con gli enti territoriali, relativi alle tecnologie emergenti, quali Blockchain, Intelligenza Artificiale (AI), internet delle cose (IoT), collegate allo sviluppo delle reti di nuova generazione. La dotazione finanziaria del Programma è stata successivamente rimodulata dal decreto del Ministero dello sviluppo economico 5 giugno 2019, in relazione al numero delle manifestazioni di interesse ricevute dalle amministrazioni comunali (002).
  Il Programma ha l'obiettivo di realizzare framework progettuali basati sull'utilizzo di tali tecnologie che possano costituire dei volani per lo sviluppo imprenditoriale sul territorio. Le fasi di progettazione e di realizzazione degli interventi del Programma avverranno tramite il coinvolgimento, a vari livelli, delle amministrazioni pubbliche, con gli «ambienti 5G» in corso di sperimentazione ovvero in fase di avvio, al fine di rendere efficaci gli obiettivi del Programma con progetti immediatamente cantierabili. Il Programma è diviso in due Assi di intervento, con le indicate dotazioni finanziarie, come rimodulate:

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  Asse I – Casa delle tecnologie emergenti
  Scegliendo tra i comuni oggetto di sperimentazione 5G, ovvero Torino, Roma, Catania, Cagliari, Genova, Milano, Prato, L'Aquila, Bari e Matera (alla quale saranno assegnati 15 milioni di euro) e/o ogni altro comune che dovesse avviare una sperimentazione 5G nel corso di svolgimento dell'intervento, saranno realizzate le Case delle tecnologie emergenti: centri di trasferimento tecnologico volti a supportare progetti di ricerca e sperimentazione, a sostenere la creazione di startup e il trasferimento tecnologico verso le PMI, sui temi aventi ad oggetto l'utilizzo del Blockchain, dell'IoT e dell'Intelligenza Artificiale. La dotazione finanziaria dell'asse I, pari a 40 milioni di euro, è destinata alla realizzazione delle Case.

  Asse II – Progetti di ricerca e sviluppo
  Pubbliche amministrazioni – in particolare enti pubblici, agenzie, enti di ricerca, e università – potranno candidarsi alla realizzazione di specifici progetti di sperimentazione e ricerca applicata relativi alle tecnologie emergenti e collegati allo sviluppo delle reti di nuova generazione. I progetti, finalizzati al miglioramento dei servizi attraverso l'adozione di tali tecnologie, dovranno essere realizzati attraverso l'aggregazione di più soggetti, tra i quali dovrà essere individuato il capofila dell'aggregazione, con la partecipazione obbligatoria di almeno un ente pubblico di ricerca o università, ed in collaborazione con gli operatori titolari di frequenze utilizzabili per il 5G. I progetti oggetto di finanziamento in questo asse dovranno avere caratteristiche di sostenibilità e replicabilità sul territorio nazionale. La dotazione finanziaria dell'asse II, pari a 5 milioni di euro, è destinata al cofinanziamento, fino ad un massimo dell'80 per cento dell'investimento di ogni singolo progetto selezionato. Alla scadenza del bando per l'assegnazione delle citate risorse sono stati presentati 20 progetti.

  Da ultimo con un decreto del Ministero dello sviluppo economico, unitamente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sono stati finanziati interventi finalizzati alla sicurezza delle infrastrutture stradali attraverso la tecnologia 5G. I progetti saranno selezionati tramite un apposito bando e le risorse assegnate dal Ministero dello sviluppo economico sono pari a 2 milioni di euro.
  Infine, come ricordato dall'AGCOM, sulla base di accordi volontari tra operatori e amministrazioni locali, dal 2017 sono state avviate ulteriori sperimentazioni 5G in altre città italiane. Tali sperimentazioni sono state avviate a Torino, Roma, Genova, Modena, Cagliari e Catania, e si sono affiancate alle sperimentazioni ufficiali, in particolare in tema di sicurezza delle infrastrutture stradali (smart road) e e-Health.

  Nel corso delle audizioni gli operatori coinvolti nelle sperimentazioni hanno illustrato alcune delle attività in corso dando conto dell'amplissima varietà di use case che la nuova tecnologia è in grado di sviluppare nei più svariati settori.
  Ad esempio, Vodafone sta curando la sperimentazione 5G a Milano con un investimento di 90 milioni di euro in collaborazione con un network di 38 aziende (aziende private e aziende pubbliche, aziende grandi e aziende piccole, aziende internazionali e aziende prettamente locali), realizzando 41 use case, ossia «nuovi servizi», in diversi settori tra i quali sanità (ambulanza connessa), sicurezza, mobilità, industria 4.0, istruzione e turismo. Tra gli obiettivi assunti figura la copertura dell'80 per cento della città di Milano entro il 2018, completandone la copertura entro il 2019.
  Wind Tre, a settembre del 2017, ha vinto il bando per la sperimentazione 5G nell'area 2, che comprende Prato e L'Aquila, ed è capofila del partenariato insieme a Open Fiber, altra società fortemente coinvolta nel processo di aggiornamento delle infrastrutture in banda ultralarga. È stato creato un consorzio di 19 partner, mettendo insieme università ed enti di ricerca, come l'Università dell'Aquila, l'Università di Firenze, l'Università Pag. 94di Prato e con la collaborazione dell'Università di Genova, dell'Università di Bologna e della Fondazione Bruno Kessler. L'obiettivo è quello di cominciare a creare servizi (e quindi ecosistemi) mettendo insieme società che hanno competenze specifiche in settori su cui si svilupperanno i nuovi servizi. Il tutto per creare i primi tentativi di costruzione in comune di servizi per testare tecnologie, modelli di business e relazioni.
  I settori più significativi della sperimentazione illustrati nel corso dell'audizione riguardano: sicurezza delle città (mediante l'utilizzo di droni); monitoraggio delle infrastrutture (in particolare, vista la localizzazione a L'Aquila della sperimentazione, in contesti di rischio sismico); agricoltura (anche mediante l'utilizzo della blockchain).
  A Bari e Matera – una delle sperimentazioni messe a gara dal Ministero dello sviluppo economico nel 2016 – Fastweb insieme a TIM e Huawei si è aggiudicata il bando di gara del Ministero dello sviluppo economico per la sperimentazione della nuova tecnologia 5G e insieme ai 52 partner coinvolti tra privati, centri di ricerca, università e pubbliche amministrazioni, ha messo in campo attività per sperimentare servizi innovativi in settori come la sanità, l'industria 4.0, il turismo, la cultura e la sicurezza pubblica. L'investimento dei soggetti coinvolti è stato pari a 100 milioni di euro. Tra gli oggetti di tale sperimentazione sono state realizzate applicazioni nei settori della realtà virtuale per il turismo digitale, realtà aumentata a supporto dei processi produttivi e dell'industria 4.0, nonché interventi sulla sensoristica e sulla videosorveglianza, per lo sviluppo della telemedicina e per la sicurezza nei porti.
  Nella sperimentazione nel porto di Bari, sistemi di videosorveglianza evoluta e di people counting, controllano tutti gli accessi, grazie a sistemi di videosorveglianza evoluti e ad altissima definizione e sistemi di sensoristica che abiliteranno una trasformazione digitale della logistica, idealmente anche in connessione con altre forme di trasporto per ottimizzare tutto il ciclo.
  Con riferimento alle sperimentazioni volontarie, sono state ricordate nel corso delle audizioni quella di Fastweb che, a settembre 2017, attraverso un protocollo d'intesa con Roma Capitale, ha avviato un progetto di sperimentazione basato su tecnologie 5G e WI-FI per lo sviluppo di servizi di ultima generazione da realizzare entro il 2020 nei settori turismo e cultura, mobilità e sicurezza pubblica, in sinergia con la piattaforma WI-FI già diffusa e attiva in città e quella condotta sempre da Fastweb, insieme ad Ericsson, nella città di Genova.
  TIM, sempre nel corso delle audizioni, ha dato conto delle sperimentazioni del 5G nelle città di Torino e Roma; in particolare, è stata sperimentata la guida da remoto (da Roma è stato guidato un veicolo fisicamente a Torino) sfruttando la bassa latenza del 5G.

La transizione verso il 5G. Le conseguenze del 5G e la necessità di costruire un ecosistema integrato.

  La transizione verso l'ecosistema 5G, come risulta da tutte le audizioni svolte, deve essere considerata prioritaria.
  Gli operatori hanno segnalato alcune problematiche che possono ritardare o addirittura compromettere il vantaggio competitivo dell'Italia nella realizzazione della rete.
  Un primo problema già segnalato con riguardo alla realizzazione della rete fissa a banda ultralarga concerne la semplificazione degli iter e dei permessi necessari per l'installazione degli impianti.
  Un secondo problema, che sarà approfondito nella sezione dedicata ai rischi per la salute, concerne la ridefinizione dei limiti di emissione che, in Italia, sono assai più bassi dei livelli consigliati dai competenti organismi tecnici internazionali.
  Un terzo problema, segnalato dagli operatori di telefonia, in particolare, concerne la progressiva contrazione dei ricavi del Pag. 95settore a fronte di ingenti investimenti (si veda il successivo paragrafo). Ciò potrebbe portare, ancora una volta, a un rallentamento nella realizzazione delle infrastrutture. A ciò si affianca un livello storicamente basso di domanda di tecnologie a banda ultralarga derivante da alcune caratteristiche storiche del mercato italiano: dalla mancanza della tv via cavo al grande numero di utenti anziani, e quindi meno propensi ad investire su tecnologie innovative.
  Un quarto profilo, non strettamente connesso alla realizzazione dell'infrastruttura ma altrettanto rilevante, è infine emerso chiaramente dall'esame dei risultati delle sperimentazioni.
  Come si può comprendere sia dalle caratteristiche fortemente innovative del 5G sia dalle modalità secondo le quali gli operatori di telefonia hanno condotto le loro sperimentazioni, il 5G si presenta come un potente driver di innovazione costituendo il fattore abilitante di nuovi modelli di business, di nuovi modi per lo svolgimento di attività attuali con maggiori livelli di sicurezza e di nuove performance con potenzialità molto grandi.
  Tutte le sperimentazioni hanno infatti dimostrato in modo inequivocabile che il 5G è una leva fondamentale per l'efficienza e la competitività dei settori produttivi e che senza uno sviluppo rapido ed omogeneo di questa rete l'Italia rischia di essere fortemente penalizzata.
  A differenza delle altre generazioni della telefonia mobile tuttavia, le potenzialità del 5G potranno concretamente realizzarsi, anche secondo quanto le compagnie di telecomunicazioni hanno unanimemente sostenuto, solo se si verificherà una forte integrazione di sistema in grado di coinvolgere, sia nella formulazione degli obiettivi che nella stessa strutturazione dei processi, i vari soggetti interessati, in quanto sarà proprio il lavoro coordinato tra gli operatori della rete e i fruitori dei servizi a fare in modo che le potenzialità del 5G potranno concretamente svilupparsi.
  È quindi essenziale mettere in relazione una rete, una piattaforma e soggetti diversi che potranno contribuire con il proprio know how allo sviluppo di specifiche applicazioni nei vari settori di intervento.
  Secondo gli operatori (ad esempio, TIM), le opportunità offerte dal 5G riguarderanno allo stesso modo cittadini, pubbliche amministrazioni e imprese.
  Per quanto riguarda le imprese, la nuova fase che si apre sarà una vera evoluzione dell'Industria 4.0, che consisterà in una logistica completamente rinnovata, nell'utilizzo dello spazio e dei mezzi completamente digitalizzati, e che quindi, oltre al cambio dei macchinari, porterà fatalmente le imprese a entrare in una nuova fase di sviluppo digitale.
  Per le pubbliche amministrazioni e le realtà urbane sarà indispensabile immaginare sedi e strumenti per condividere con gli operatori una cornice che tutte le pubbliche amministrazioni possano utilizzare per beneficiare del 5G. In particolare il 5G sarà il motore vero che potrà dare maggiore concretezza all'idea di smart city.
  I cittadini infine beneficeranno di tutte le nuove opportunità offerte nei diversi ambiti nei quali il 5G potrà essere infrastruttura abilitante: dall'utilizzo della realtà aumentata nel turismo e nell'istruzione, a un maggior livello di sicurezza nei trasporti e sui posti di lavoro, alla telemedicina. Più in generale essi potranno utilizzare più efficacemente il proprio tempo e le proprie risorse.
  Tuttavia non tutte le applicazioni del 5G arriveranno contemporaneamente sul mercato e non si verificherà un immediato superamento delle precedenti generazioni di comunicazione via etere; esse seguiranno dunque l'evoluzione derivante dal passaggio dalla fase non-stand alone alla fase stand alone (si veda il paragrafo concernente le caratteristiche del 5G).
  Quanto alle principali novità applicative, sulla base dei dati elaborati dalle società di analisi e nell'ambito della comunità che studia il fenomeno del 5G da qui ai prossimi dieci-quindici anni, l'impatto riguarderà tre aree su cui il 5G si sta sviluppando.Pag. 96
  In primo luogo, il mobile broadband, ossia le connessioni sugli smartphone, rispetto alle quali si avrà un salto di un «fattore dieci» in termini di velocità. Ciò andrà ad abilitare di una nuova serie di applicazioni di realtà aumentata, di virtual reality, di video in tre dimensioni che invece oggi non sono sul mercato proprio per la limitatezza delle velocità disponibili.
  La seconda area, assai ampia, concerne le «comunicazioni ad altissima affidabilità e bassa latenza», che andranno ad abilitare una serie di applicazioni nell'ambito dei connetted vehicles, della gestione dei droni, dello smart manufacturing ed altro.
  La terza area, invece, riguarda l’internet of things e le massive machine-type communication: sensoristiche sparse sul territorio per le smart city, con una densità di sensori che probabilmente crescerà di un fattore mille rispetto alla data odierna. Anche questo sarà consentito dalle caratteristiche del 5G sopra ricordate.

Gli investimenti delle società di telecomunicazione sulle reti. La contrazione dei ricavi.

  Nel corso delle audizioni è emersa la rappresentazione da parte degli operatori di telecomunicazione di una complessa situazione finanziaria, legata ad alcune peculiarità della situazione italiana.
  Negli ultimi anni infatti tali operatori hanno contestualmente constatato l'aumento degli investimenti da porre in essere sia con riferimento all'ammodernamento delle reti sia con riferimento alle nuove tecnologie mobili (4G e, come sopra ricordato, 5G), l'aumento dei volumi di servizio erogati (sulle reti di telecomunicazioni fisse nel periodo 2007-2017 i volumi sono quintuplicati mentre nel traffico mobile i volumi si sono decuplicati) e la progressiva riduzione dei margini di utile. Con riferimento ai trend attesi, con i tassi di crescita dei volumi appena ricordati, nei prossimi cinque anni potrebbe ragionevolmente prevedersi un aumento di volumi di dieci volte mentre, su un arco di dieci anni, mantenendo tassi di crescita analoghi, i volumi di traffico arriverebbero addirittura a centuplicare.
  Con riferimento all'andamento degli investimenti nel medesimo periodo AssTel ha rilevato che esso è stato in crescita in particolare dall'anno 2013, anno in cui si è verificata una accelerazione con riguardo alla costruzione della rete 4G e, successivamente, anche delle reti in fibra. Il dato più recente fornito da AssTel concerne l'anno 2017, in cui si sono registrati oltre 7 miliardi di investimenti in capitale fisico, oltre a una quota di 1,8 miliardi per licenze (assai superiori agli investimenti effettuati negli altri settori concernenti i servizi di pubblica utilità, come elettricità, gas e acqua).
  Anche in rapporto agli investimenti effettuati nell'ambito dell'economia nazionale dal 2008 al 2017, mentre gli investimenti del settore telecomunicazioni sono cresciuti del 10 per cento, gli investimenti complessivi dell'economia italiana si sono contratti di un'analoga percentuale (-10 per cento).
  Infine le società hanno segnalato come lo svolgimento delle aste per l'assegnazione delle frequenze per il 5G abbia prodotto un esborso da parte delle compagnie assai superiore a quello effettuato in altri paesi europei (il corrispettivo pagato nelle aste è stato pari a diciotto volte il prezzo delle frequenze pagato nella Repubblica Ceca e fino a tre volte quello pagato in Regno Unito e Spagna).
  In relazione a questo aspetto il Presidente dell'AGCOM, nel corso della sua audizione, ha argomentato nel senso che il prezzo pagato nelle aste, secondo una logica di mercato non può essere considerato incongruo, posto che il meccanismo d'asta è definito come il meccanismo nel quale l'acquirente paga esattamente il valore monetario delle proprie preferenze. Ciononostante, tutto considerato, non viene ritenuta irragionevole una «restituzione al mercato» di parte delle risorse anche attraverso investimenti che vadano a vantaggio di tutti gli operatori e quindi, implicitamente, dei consumatori.Pag. 97
  A fronte di ciò, come rappresentato da AssTel, nel corso dell'audizione svoltasi il 9 aprile 2019, nel periodo tra il 2007 e il 2017 i ricavi complessivi del settore si sono ridotti da 36 a 27 miliardi (-9 miliardi di euro), con una riduzione del margine operativo lordo del 30 per cento e una riduzione dei flussi di cassa operativi da 9,6 a 4,6 miliardi, una riduzione pari quindi al 52 per cento.
  Tale riduzione dei ricavi discende essenzialmente dal crollo dei prezzi che, a sua volta, si collega alle peculiarità del mercato italiano, assai competitivo, che ha fatto sì che i volumi offerti ai consumatori in Italia a parità di prezzo rispetto agli altri Paesi europei siano particolarmente significativi: per una spesa di 10 euro fissa in Italia un cliente può comprare 9,3 gigabyte di dati, mentre la media europea, esclusa l'Italia, è 2,3 gigabyte.
  Nel corso della sua audizione anche il rappresentante di Wind spa ha ricordato come tale riduzione sia stata assai più accentuata rispetto agli altri Paesi europei: negli ultimi 16 anni, infatti, a fronte di un calo dei prezzi in Italia del 43 per cento, in Europa i prezzi sono calati di poco più del 20 per cento.
  Accanto a ciò, hanno contribuito alla riduzione dei ricavi interventi di regolamentazione (in particolare l'obbligo di fatturazione mensile e la cancellazione del roaming internazionale).
  A livello di investimenti futuri per il totale Europa la stima attesa è pari a 515 miliardi di investimenti fino al 2025; la quota parte estrapolabile e riferibile all'Italia è verosimilmente nell'ordine di 55-70 miliardi in un periodo di circa sette-otto anni. In particolare, per 5G e fibra si stimano circa 22-27 miliardi, sommando il costo delle infrastrutture con il costo delle frequenze.
  In ragione di tali dati AssTel segnala come il settore appaia in una situazione di ipercompetitività, con fortissimo trasferimento di valore ai clienti (in termini di costi assai contenuti), ma anche un fortissimo trasferimento di valore ai fornitori delle tecnologie e agli over the top. Tale situazione, ad avviso dell'associazione, va tenuta presente in quanto, dipendendo le prospettive di sviluppo del settore dall'equilibrio della catena del valore che, secondo l'associazione, presenta delle distorsioni, potrebbero emergere dei rischi sotto il profilo di sostenibilità per il futuro. In ragione di ciò auspica un riequilibrio dei ricavi in modo tale da sostenere gli investimenti previsti, fondato anche su una riduzione dei costi derivanti dal carico burocratico, dalla normativa in materia di limiti alle emissioni radio (fattore sul quale si sono concentrati molti interventi degli auditi e su cui si veda l'apposito capitolo) nonché dalla frammentazione della regolamentazione.

L'inquinamento elettromagnetico e i rischi per la salute.

  Nel corso dell'indagine conoscitiva è stata dedicata particolare attenzione al tema dell'esposizione alle onde elettromagnetiche e dei possibili rischi per la salute.
  Come evidenziato dai rappresentanti dell'Istituto superiore di sanità sia in audizione che nel «Documento divulgativo sui rischi per la salute connessi al 5G» (003), occorre anzitutto operare una distinzione tra effetti a breve termine dell'esposizione ai campi elettromagnetici, oramai accertati dalla ricerca scientifica, dagli effetti a lungo termine, per i quali i numerosissimi studi sul punto non hanno prodotto evidenze scientifiche certe.
  Gli effetti a breve termine sono effetti di natura termica, connessi al riscaldamento dei tessuti del corpo umano. L'energia trasportata dall'onda elettromagnetica viene infatti in parte riflessa, in parte trasmessa e in parte assorbita dal corpo umano; la parte assorbita è convertita in calore e provoca dunque un aumento della temperatura corporea, generalizzato o localizzato a seconda delle modalità di esposizione, la cui entità dipende dai meccanismi di termoregolazione corporea. I limiti di esposizione internazionali sono appunto fissati in base a considerazioni Pag. 98termiche: nel caso di esposizione a corpo intero si considera tollerabile un incremento della temperatura interna del corpo entro 1o C. Al livello di esposizione in grado di generare tale incremento di temperatura vengono applicati fattori di riduzione per personale professionalmente esposto e, maggiori, per la popolazione.
  Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine relativi ad esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza emessi dai telefoni cellulari, da antenne radiotelevisive e antenne fisse per telefonia cellulare, a livelli inferiori da quelli raccomandati a livello internazionale, l'Istituto superiore di sanità richiama la classificazione operata dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) sugli agenti cancerogeni.
  In base a tale classificazione, nel gruppo 1 rientrano gli agenti «cancerogeni per gli esseri umani», come il fumo, le bevande alcoliche, i raggi solari e la carne rossa lavorata. In un secondo gruppo 2A rientrano gli agenti «probabilmente cancerogeni per gli esseri umani» ove figurano, a titolo di esempio, agenti quali la carne rossa non lavorata o l'acrilamnide (sostanza che tra l'altro si forma nel corso della frittura o della cottura a temperature elevate di alimenti contenenti amido). Nel gruppo 2B sono invece classificati gli agenti «possibilmente cancerogeni per gli esseri umani», ove, sempre a titolo esemplificativo, figurano agenti come il talco in polvere e, almeno fino a poco tempo fa, il caffè.
  L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato nel gruppo 2B anche i campi elettromagnetici a radiofrequenza, poiché, pur ritenendo che il complesso degli studi non supporti l'ipotesi di cancerogenicità dei campi elettromagnetici, ha individuato un'eccezione in alcuni studi epidemiologici di tipo caso-controllo che hanno evidenziato, a differenza di altri analoghi studi, un aumento del rischio di glioma (un tumore maligno al cervello) e di neurinoma del nervo acustico (un tumore benigno) unicamente in relazione all'uso intenso di telefoni cellulari.
  Nel corso delle audizioni svolte l'Istituto Ramazzini ha presentato i risultati di un recente studio, svolto esponendo con continuità e per tutta la durata della loro vita animali da laboratorio a campi elettromagnetici di diversa intensità (0 volt/metro, 5 volt/metro, 25 volt/metro e 50 volt/metro), che ha evidenziato, nel caso di esposizione all'intensità di campo più elevata, un aumento statisticamente significativo di particolari tipi di tumore (1,5 per cento a fronte di un background naturale dello 0,6 per cento).
  Il significato dei risultati di questo studio (004), così come di un analogo studio nell'ambito del National Toxicology Program del governo degli Stati Uniti, sono peraltro controversi a livello scientifico. Il citato Documento divulgativo dell'Istituto superiore di sanità evidenzia, però, che «questi due nuovi studi forniscono evidenze sicuramente importanti, ma presentano anche aspetti poco chiari e risultati non coerenti tra loro e con i risultati di molti altri studi sperimentali sulla cancerogenicità dei campi a radiofrequenza. Questi due studi non sembrano pertanto modificare in modo sostanziale il quadro d'insieme delle evidenze scientifiche riguardo al potenziale rischio cancerogeno da esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (in particolare i campi emessi dai telefoni cellulari), né ridurre le incertezze che tuttora sussistono su questa problematica. Le evidenze fornite da questi studi possono tuttavia fornire indicazioni per ulteriori ricerche al riguardo.» Nello stesso senso si è espresso l'ICNIRP in una nota pubblicata nell'agosto del 2019 (005), in cui rileva alcune limitazioni e Pag. 99anomalie dei predetti studi, che precludono la possibilità di trarre conclusioni con riferimento alla correlazione tra esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenze e aumento dell'incidenza dei tumori rispetto al tasso naturale. In particolare, una nota dell'ICNIRP del 2018 (006) osserva che secondo lo studio dell'Istituto Ramazzini l'aumento dell'incidenza di tumori nei ratti avverrebbe solo negli esemplari maschi (ma non nelle femmine) e che l'anomalia dei risultati sarebbe il valore di «zero casi» nel gruppo di controllo, quando, secondo quanto esposto nell'articolo dell'Istituto Ramazzini, questo valore dovrebbe essere almeno di «due casi». Secondo l'ICNIRP, l'aumento da 2 casi (su 412 animali: 0,6 per cento) a 3 casi (su 207 animali: 1,4 per cento) non sarebbe statisticamente significativo ma una semplice fluttuazione.
  Passando ad esaminare più specificamente la nuova tecnologia del 5G, essa comporta l'esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza emessi in bande di frequenza (694-790 MHz, 3,6-3,8 GHz e 26-27,5 GHz) diverse da quelle allo stato in uso per la telefonia mobile (comprese tra 800 MHz e 2,6 GHz).
  Le bande di frequenza 694-790 MHz e 3,6-3,8 GHz sono prossime alle bande di frequenza già utilizzate per le reti 2G, 3G e 4G e saranno impiegate per realizzare la copertura del territorio nazionale, in linea con gli obblighi sanciti dalle licenze per il diritto d'uso delle frequenze medesime; la copertura nazionale sarà primariamente assicurata mediante l'utilizzo delle infrastrutture esistenti che attualmente contano circa 60.000 stazioni radio base, cosiddette macro-celle, con incrementi limitati a quelli necessari in funzione della domanda di servizi.
  In particolare, la banda 26-27,5 GHz è una banda molto diversa da quelle attualmente in uso perché caratterizzata dalle cosiddette «onde millimetriche», con frequenza molto elevate. Rispetto alle onde in uso, le onde millimetriche sono dotate di una minore capacità di penetrazione corporea, coinvolgendo in pratica solo l'epidermide, risultando quindi meno invasive. Inoltre tali onde non riescono a penetrare attraverso edifici e a superare ostacoli e sono altresì facilmente assorbite dalla pioggia o dalle foglie.
  Limitatamente alla banda di frequenza 26-27,5 GHz – banda di frequenza che peraltro in una prima fase non sarà utilizzata – la tecnologia 5G potrebbe richiedere un aumento delle antenne, mediante l'impiego delle cosiddette microcelle caratterizzate da potenze minori, ed una loro diffusione più capillare sul territorio, in quanto le onde millimetriche non possono propagarsi per lunghe distanze. Contrariamente a quanto comunemente si ritiene, l'aumento del numero di antenne comporta in sé una riduzione delle emissioni elettromagnetiche: le antenne saranno infatti più vicine agli utenti e ciò consentirà una minore potenza di trasmissione.
  Bisogna d'altro canto considerare che nell’Internet of Things sarà molto più alto il numero di collegamenti alla rete, che riguarderanno appunto non più solo le persone ma anche le cose, così come la trasmissione dei dati a velocità più elevate rispetto al passato richiederà una maggiore potenza.
  Un vantaggio è comunque dato dal fatto che le nuove antenne utilizzeranno la tecnica del beamforming, ossia della formazione del fascio, nel senso che saranno in grado di orientare il fascio verso l'apparato ricevente, limitando la potenza al valore necessario per raggiungerlo e l'esposizione alla sola zona interessata al fascio.
  Ampio oggetto di dibattito nel corso delle audizioni sono stati i limiti alle emissioni elettromagnetiche prevista dalla normativa vigente (v. «La normativa nazionale»).
  L'Italia ha infatti adottato dal 1998 e confermato nel 2003 il limite di 6 volt al metro (definito come «valore di cautela»), che si applica negli edifici e nelle aree all'aperto intensamente frequentate, che risulta notevolmente più basso rispetto a quello raccomandato a livello internazionale Pag. 100ed europeo, pari a 61 volt al metro per frequenze comprese tra 2 e 300 GHz.
  Tale limite è stato individuato, in applicazione del principio di precauzione, a titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine eventualmente connessi con le esposizioni ai campi elettromagnetici. Esso non ha un preciso fondamento scientifico, come dimostrato dal fatto che esso è unico per tutte le frequenze d'onda, laddove è noto che gli effetti delle onde elettromagnetiche cambiano notevolmente in base alle frequenze e che dunque i limiti di emissione dovrebbero considerare queste variazioni.
  La maggior parte dei Paesi europei adotta come limite lo standard internazionale dei 61 volt al metro, con l'eccezione di Grecia, Croazia, Lituania, Belgio (solo in alcune regioni, in assenza di normativa nazionale), e Bulgaria. Tra i paesi che adottano limiti inferiori a quelli internazionali nel corso della audizioni figurava anche la Polonia, che all'inizio del 2020 ha modificato la propria normativa nazionale e che ora applica i limiti internazionali.
  Bisogna comunque considerare che, a seguito di una modifica della normativa avvenuta nel 2012, il valore di cautela di 6 volt al metro non deve più essere mediato su qualsiasi intervallo di 6 minuti, come avviene per i limiti raccomandati a livello internazionale, ma deve intendersi come media dei valori nell'arco delle 24 ore. Ciò consente dunque, in considerazione dei minori livelli di traffico telefonico e di dati durante le ore notturne, che il valore di cautela di 6 volt al metro possa essere superato nelle ore diurne.
  Le audizioni svolte dalla Commissione, che ha ritenuto di coinvolgere istituti e centri di ricerca pubblici e privati, esperti della materia, operatori delle telecomunicazioni ed anche associazioni ambientaliste e di medici, hanno evidenziato le diverse posizioni sul punto.
  Gli operatori delle telecomunicazioni hanno fortemente richiesto di adeguare agli standard internazionali ed europei i limiti di emissione nazionali, che comportano conseguenze notevoli in termini di maggior numero di macro-celle da realizzare per le nuove reti 5G e, quindi, in termini di occupazione del territorio ed affollamento nelle aree urbane.
  La ONLUS Associazione Medici per l'Ambiente – ISDE Italia ha espresso una posizione estremamente critica nei confronti della tecnologia 5G, ritenendo che essa possa avere effetti potenzialmente nocivi sulla salute umana, e hanno conseguentemente auspicato il mantenimento o, preferibilmente, l'abbassamento degli attuali limiti all'esposizione.
  L'Istituto Ramazzini, sulla base del già citato studio, ha sottolineato l'importanza di svolgere ulteriori ricerche, mentre il Centro Radioelettrico sperimentale G. Marconi (CReSM) ha richiamato la necessità di rispettare la normativa italiana.
  Legambiente ha invitato alla massima cautela sul punto, ritenendo che l'adozione del 5G dovrebbe essere preceduta da una ricerca indipendente su tutti i possibili effetti e richiamando uno studio dello Scientific committee on health, environmental and emerging risks (SCHEER), che opera presso la Commissione europea, che include la tecnologia 5G tra i 14 temi che in futuro possono generare rischi per la salute dei cittadini e dell'ambiente.
  Il Centro nazionale di ricerca interuniversitario sulle interazioni fra campi elettromagnetici e biosistemi (ICEmB) ha ritenuto invece che la normativa italiana sui limiti di emissione dovrebbe essere modificata per adeguarsi agli standard internazionali, in quanto gli studi condotti negli anni da soggetti istituzionalmente indipendenti quali università e centri di ricerca hanno confermato la validità di quegli standard. Ha inoltre evidenziato che lo studio dello SCHEER richiamato da Legambiente è uno studio che essenzialmente si basa sulla percezione del rischio, mentre il rapporto pubblicato nel 2015 dallo Scientific committee on emerging and newly identified health risks (SCENIHR), che opera anch'esso presso la Commissione europea, non mette in luce particolari pericoli.
  L'Istituto superiore di sanità conclude nel senso che i dati disponibili non fanno ipotizzare particolari rischi per la salute Pag. 101della popolazione connessi all'introduzione del 5G. Considera tuttavia necessario che l'introduzione di questa tecnologia sia affiancata da un attento monitoraggio dei livelli di esposizione e che proseguano le ricerche sui possibili effetti a lungo termine.
  La Fondazione Bordoni si è soffermata sull'importanza di una buona progettazione dei trasmettitori e delle reti e ha richiamato l'attenzione sulla necessità di prestare la massima attenzione nei periodi di transizione tra le diverse tecnologie (2G, 3G, 4G e 5G).
  La posizione del Governo è stata rappresentata dalla sottosegretaria allo sviluppo economico Mirella Liuzzi che, richiamando una riunione svoltasi il 30 ottobre 2019 tra il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero della salute, il Ministero dell'ambiente, l'Istituto superiore di Sanità, l'ISPRA e la Fondazione Ugo Bordoni, ha affermato che non risulta necessario modificare gli attuali limiti di emissione.
  Tale posizione appare condivisibile, in quanto gli attuali limiti appaiono sufficientemente cautelativi.
  Il fatto che gli studi non abbiano dimostrato una maggiore incidenza di rischi per la salute nei Paesi che adottano i meno stringenti standard internazionali (che prevedono limiti di 10 volte superiori) potrebbe comunque far avviare una riflessione sulla possibilità di un lieve aumento dei limiti previsti, tenendo altresì conto anche delle modalità di misurazione delle emissioni, che nel nostro Paese considerano una media nelle 24 ore.
  Più in generale, occorre richiamare l'attenzione sulla necessità di una corretta informazione della popolazione, che, in assenza di dati chiari, semplici e precisi relativi alle conoscenze scientifiche sulle emissioni elettromagnetiche, è soggetta a campagne inutilmente allarmistiche che diffondono dati confusi, spesso infondati, ed in alcuni casi vere e proprie fake news. La disinformazione riguarda spesso non solo i cittadini ma – cosa ancor più grave – gli amministratori locali, talora indotti a rallentare i procedimenti relativi alle nuove tecnologie.
  La presente indagine conoscitiva ha infatti chiarito alcuni aspetti che dovrebbero essere portati alla conoscenza di tutti, anche con apposite campagne informative di natura istituzionale, come il fatto che l'introduzione della nuova tecnologia del 5G, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche e nel rispetto dei limiti alle emissioni imposti dalla normativa, non risulta comportare rischi maggiori di quelli delle altre tecnologie delle telecomunicazioni, oramai in uso da molti anni. O come il fatto che le emissioni delle antenne di trasmissione non risultano comportare rischi per la salute, a meno che non ci si ponga all'interno del previsto volume di rispetto (in cui è vietato l'ingresso se non per motivi di manutenzione, in modo controllato), e che queste emissioni sono meno potenti quanto più numerose sono le antenne. O come il fatto che le emissioni degli apparecchi wi-fi e ancor di più quelle degli apparecchi bluetooth hanno potenze molto deboli e quindi non risultano nocive.
  Ancor più importante è richiamare l'attenzione dei cittadini sui comportamenti che dovrebbero essere adottati, in via meramente cautelativa, al fine di minimizzare i rischi eventualmente legati ad un uso molto intenso dei cellulari, rischi che le attuali conoscenze scientifiche non hanno ancora escluso in via definitiva. Dal momento che un fondamentale elemento per la riduzione delle emissioni ricevute è la distanza dalla fonte di emissione, è importante che quando il cellulare è in fase di trasmissione sia tenuto ad una certa distanza dal corpo, attraverso l'uso di auricolari o del sistema vivavoce. Allo stesso modo, i cittadini dovrebbero essere inoltre sensibilizzati su tutti gli altri comportamenti che potrebbero essere adottati come pura misura di cautela nell'uso del cellulare.
  È naturalmente necessario che prosegua la ricerca sugli effetti a lungo termine delle emissioni elettromagnetiche, che deve Pag. 102essere adeguatamente sostenuta a livello pubblico, nell'ambito delle istituzioni competenti in materia.
  Occorre inoltre assicurare il coinvolgimento degli operatori del settore, che sono attori imprescindibili nella progettazione delle reti, nel rispetto della normativa nazionale e delle esigenze di qualità del servizio.
  Per quanto riguarda i produttori di device, un'azione potrebbe essere intrapresa a livello europeo, pretendendo una particolare attenzione al tema della riduzione della esposizione alle emissioni inquinanti provenienti dai cellulari.
  Massima attenzione deve poi essere rivolta al monitoraggio delle emissioni da parte delle ARPA/APPA, che deve essere costante continuo e completo, al fine di tutelare pienamente la cittadinanza, alla luce del momento particolare di transizione dalle tecnologie precedenti a quelle di ultima generazione.

La saturazione dello spazio elettromagnetico.

  Come risulta dalla memoria depositata nel corso dell'indagine conoscitiva da ISPRA, a proposito dello spazio elettromagnetico a disposizione dei gestori, recentemente le ARPA/APPA hanno preparato un documento per rispondere alla segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato relativa agli ostacoli nell'installazione di impianti di telecomunicazione mobile e broadband wireless access e allo sviluppo delle reti di telecomunicazione in tecnologie 5G. In questo documento le ARPA/APPA hanno espresso un parere sulla compatibilità dei progetti di modifica e installazione degli impianti radioelettrici con i limiti di legge ai sensi degli articoli 87 e 87-bis del decreto legislativo n. 259 del 2003, recante il codice delle comunicazioni elettroniche. Tale decreto, (cfr. Allegato 13, modello A) prevede che il gestore alleghi per le valutazioni di ARPA i dati tecnici dell'impianto tra i quali la dichiarazione della potenza fornita al connettore d'antenna. I pareri delle Agenzie si basano quindi, ai sensi di legge, su tali dati, cioè sui dati di potenza nominali forniti dai gestori nella fase previsionale e non su quelli effettivamente erogati. Le potenze richieste e quindi autorizzate sono spesso superiori a quelle necessarie al funzionamento degli impianti. In altri termini le richieste da parte del gestore di potenze superiori a quella esperite riducono lo spazio elettromagnetico autorizzabile anche se in realtà esisterebbe altro spazio realmente utilizzabile. Tale criticità è già stata evidenziata dalle Agenzie e da ISPRA in molti tavoli, sottolineando che la richiesta di spazio elettromagnetico per potenze superiori al necessario spesso comporta anche l'emissione di pareri negativi da parte delle ARPA che potrebbero essere evitati. Nel documento preparato per rispondere alla segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato le ARPA/APPA segnalano che tale difficoltà potrebbe essere superata con una diversa disposizione normativa che preveda che il gestore, nell'istanza di autorizzazione, dichiari la potenza massima effettivamente erogata al connettore d'antenna.

Le problematiche relative alla cybersicurezza.

  Il tema del rafforzamento dei livelli di sicurezza dei sistemi e delle reti di telecomunicazioni, in parallelo al crescente sviluppo delle infrastrutture di nuova generazione, è da alcuni anni al centro dell'attenzione di tutti i Paesi occidentali. Esso rappresenta del resto un terreno di confronto fra diverse, e in qualche caso contrapposte, esigenze, che fanno capo da un lato alle strutture statali e dall'altro ad aziende e singoli cittadini.
  La fruizione di sempre più veloci ed efficienti modalità di collegamento e di reperimento di informazioni, garantito dalla rete internet, ha contestualmente prodotto una esposizione dei dati affidati agli archivi informatici ad attacchi e intrusioni da parte sia di organizzazioni criminali di hacker singoli o più spesso Pag. 103organizzati, sia di gruppi indirettamente riconducibili a entità statuali. Si registra un crescente attivismo di queste organizzazioni e gruppi, correlato a diverse finalità, e spesso idoneo a mettere in pericolo la sicurezza dei dati di cittadini, di aziende e di enti e organismi pubblici.
  I Paesi dell'Unione europea hanno avviato da tempo una strategia di contrasto di tali rischi, attraverso l'implementazione di strumenti normativi che peraltro solo negli ultimi anni sono divenuti concretamente operativi, anche e soprattutto in relazione all'imminente avvento delle nuove reti di quinta generazione (5G), che, grazie al notevole incremento di velocità e potenza rispetto alle precedenti, renderanno potenzialmente più vulnerabile il sistema.

Il concetto di spazio cibernetico.

  Lo «spazio cibernetico» rappresenta un nuovo dominio operativo di natura artificiale, trasversale agli altri quattro domini tradizionali (dominio terrestre, dominio aereo, dominio marittimo, dominio spaziale), nel quale gli esseri umani, e nel prossimo futuro verosimilmente anche le intelligenze artificiali, possono agire e interagire a distanza. Si tratta di un dominio di importanza strategica per lo sviluppo economico, sociale e culturale dei diversi Paesi ma al contempo di un nuovo «spazio virtuale» di competizione economica e geopolitica per l'ampiezza dei settori che ne sono coinvolti.
  Grazie ai progressi delle tecnologie di comunicazione e l'impiego diffuso di dispositivi elettronici e di monitoraggio, si intrecciano quotidianamente nello spazio cibernetico miliardi di interconnessioni, si scambiano conoscenze a livello globale e viene raccolto un gigantesco numero di dati e di informazioni compresi quelli di natura personale e sensibile (cosiddetti big data).
  In quanto dominio creato dall'uomo lo spazio cibernetico è, inoltre, in continua evoluzione e implementazione, in connessione con la rapida e pressoché ininterrotta evoluzione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (information and communication technology, ICT), grazie alle quali vengono erogati in misura crescente servizi essenziali per la collettività e strategici per il Paese.
  A questo proposito la dottrina che da tempo si occupa del tema della sicurezza cibernetica invita a riflettere sulla vastità dei settori che nelle moderne società si avvalgono dei servizi digitali. Servizi economici e finanziari, sistemi di comando e controllo militare, sistemi di fornitura di energia elettrica o acqua, assistenza sanitaria, telecomunicazioni, dispositivi fisici con cui interagiamo giornalmente sono controllati da sistemi informatici.
  Nello scenario di un futuro prossimo, osservano inoltre gli analisti, la diffusione di registri distribuiti in grado di registrare e gestire transazioni di vario tipo (Blockchain), di criptovalute (come Bitcoin, LiteCoin, Ether e Ripple), di sistemi di Artificial Intelligence (AI) e di smart cities (o città intelligenti) contribuirà ad un ulteriore ampliamento del dominio cibernetico e di conseguenza della superficie di attacco.
  In quanto dominio artificiale il dominio cibernetico presenta delle «vulnerabilità», ovvero dei punti di debolezza attraverso i quali è possibile acquisire illegalmente dati e informazioni che «transitano» nello spazio cibernetico oppure compromettere in tutto o in parte il funzionamento di servizi e sistemi digitali.
  Le vulnerabilità del dominio cibernetico rappresentano pertanto il rovescio della medaglia del progresso tecnologico ed informatico.

Elementi informativi e spunti problematici emersi nel corso delle audizioni sulla cybersicurezza.

  Allo scopo di approfondire gli aspetti più rilevanti relativi alla sicurezza cibernetica derivanti dal processo di transizione verso la tecnologia del 5G, la Commissione ha chiamato in audizione i rappresentanti del Dipartimento delle informazioni per la Pag. 104sicurezza (DIS), dell'Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione (ISCOM), dell'Agenzia per l'Italia digitale (AgID) e della Polizia postale.
  In particolare il contributo di tali soggetti, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, è stato particolarmente utile per acquisire elementi in ordine allo stato dell'architettura istituzionale e alla sua adeguatezza rispetto agli obiettivi di sicurezza prefissati dalla normativa europea e nazionale vigente, alle caratteristiche della minaccia cibernetica attualmente presente nel nostro paese, alle specifiche problematiche di sicurezza relative alle future applicazioni della tecnologia del 5G e in ordine agli eventuali interventi necessari al fine di potenziare gli attuali strumenti normativi e amministrativi.

La sicurezza delle infrastrutture di rete e la gestione dei big data.

  I rappresentanti del DIS hanno messo in evidenza i rischi in termini di sicurezza nazionale derivanti innanzitutto dalla flessibilità architetturale delle reti 5G composte da una pluralità di segmenti e terminali che presenteranno diversi aspetti di vulnerabilità e per le loro caratteristiche si configurano come possibili sedi di attacchi mai affrontati finora nelle attuali reti cellulari.
  È stato preliminarmente sottolineato che entro il 2020 saranno connessi alla rete circa 50 miliardi di dispositivi smart con un mercato potenziale di 12 trilioni di dollari entro il 2035 e che l'architettura del 5G, creando delle partizioni di rete, potrebbe configurare tre categorie di stakeholder: i fornitori di tecnologia per l'infrastruttura, gli operatori mobili che si aggiudicano le frequenze e i soggetti terzi, i cosiddetti «inquilini», che mettono a disposizione dei loro clienti servizi digitali avanzati.
  Un'architettura così complessa presenta rischi in termini di accessi non autorizzati, vulnerabilità delle diverse partizioni di rete, intercettazione del traffico, possibili conflitti nella gestione della banda assegnata a ciascuna tipologia di traffico. Inoltre, il 5G, proprio tramite le sue soluzioni tecniche, basate sullo sfruttamento di elevate porzioni dello spettro elettromagnetico e anche sulla diffusione capillare di antenne e microcelle, promettendo estesa copertura della rete, grande velocità di trasferimento, elevato numero di connessioni simultanee a bassissima latenza, farà esplodere l'utilizzo dell’Internet of Things (IoT) e dei big data all'interno della società.
  Il pericolo deriva essenzialmente dal fatto che ben presto gli oggetti perennemente connessi a internet attraverso l'infrastruttura 5G e onnipresenti nelle case e negli uffici diventeranno possibili punti di accesso di minacce alla sicurezza nazionale: l'incremento nell'uso di dispositivi e componenti di internet delle cose incrementerà e implementerà le potenziali vulnerabilità delle infrastrutture di rete, soprattutto se i produttori e i fornitori di questi dispositivi e servizi privilegeranno l'abbattimento dei costi rispetto alle funzionalità di sicurezza e se non verrà posto il giusto accento sulle misure di sicurezza cibernetica e sul controllo della catena di approvvigionamento.
  Con riferimento allo specifico tema dei big data, visto dalla prospettiva della sicurezza nazionale, è stato sottolineato un duplice risvolto: utilità dei big data come pilastro essenziale in attività che sono sempre più interconnesse e asset essenziale per l'esecutivo per la cui gestione serve pertanto un approccio strategico alla governance.
  È stato quindi evidenziato che se la tecnologia digitale è fondamentale per dare valore ai dati e se l'obiettivo finale è che i dati possano diventare la base del processo decisionale, strategico e operativo a tutti i livelli di governo, ne consegue che si rivelano comunque necessarie soluzioni tecnologiche che permettano di trasformare i dati grezzi in informazioni.
  In questo quadro è stata inoltre sottolineata la centralità del problema delle garanzie, essendo in gioco diritti fondamentali Pag. 105della persona, quali la riservatezza, l'identità personale, l'onore, la dignità, la reputazione.
  I big data, in quanto enormi quantità di dati generati da un numero incalcolabile di sorgenti devono quindi essere strutturati nell'ambito di nuovi sistemi di data storage inseriti in enormi data center, in grado di gestire quantità innumerevoli di informazioni a velocità elevatissima.
  In tale contesto il nuovo obiettivo di tutte le forze e degli attori in campo riguarda innanzitutto il terreno della prevenzione, nel presupposto che chi disporrà dei dati avrà la conoscenza e quindi il controllo dei medesimi, mettendo a sistema le capacità e le competenze del DIS e delle agenzie operative AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) e AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna) nell'ottica di una strategica unitaria di comparto.
  In questo contesto, le esigenze sulle quali gli operatori dell’intelligence hanno richiamato l'attenzione del legislatore sono rappresentate da tre principali ambiti: l'ampliamento delle capacità di immagazzinamento delle informazioni acquisite; l'individuazione e lo sviluppo di algoritmi in grado di analizzare le informazioni contenute e le loro correlazioni; la formazione specializzata, costruendo professionalità adeguate, una fra tutte quelle del data scientist. Si tratta in sostanza di promuovere una sempre maggiore integrazione tra TECHINT (technical intelligence) e HUMINT (human intelligence), ovvero tra le attività di raccolta ed elaborazione delle informazioni svolte mediante strumentazione tecnica e quelle svolte tramite contatti interpersonali.
  Al fine di affrontare le descritte criticità è stata quindi evidenziata la necessità di linee di azione concrete, un elevato livello di sinergie istituzionali, chiarezza di attribuzione di responsabilità intervenendo, laddove necessario, con le opportune iniziative legislative.
  Queste le tre principali direttrici di intervento indicate: stima precoce della minaccia, sicurezza dell'ecosistema dell'informazione, ascolto attivo e ingaggio responsabile di tutti i componenti del sistema Paese in un quadro di flessibilità e adattabilità al cambiamento.

Alcuni dati sulla minaccia cibernetica.

  I rappresentanti della Polizia postale hanno quindi fornito uno specifico contributo riportando i dati relativi al cd cyber crime, principale causa di attacchi, attacchi dei quali i quattro quinti sono effettuati per ottenere denaro o dati che successivamente verranno monetizzati.
  L’escalation che il cyber crime ha avuto negli anni è esponenziale: nel raffronto tra il 2014 e il 2018, gli attacchi gravi sono aumentati di oltre il 77 per cento, con un aumento percentuale che sfiora l'80 per cento, essendo oltretutto in aumento anche gli attacchi ordinari.
  Gli attacchi gravi sono aumentati di 10 volte nell'ultimo biennio e del 37,7 per cento rispetto all'anno precedente. Il peggioramento non riguarda soltanto la quantità degli attacchi, ma anche la qualità degli attacchi.
  Un altro dato che risulta significativo rappresentare è che questi aumenti non sono esaustivi dello scenario criminale, perché un grandissimo numero di aggressioni non diventa mai di dominio pubblico. Esiste infatti un sommerso di aggressioni rilevantissimo, che non viene mai reso noto o viene reso noto soltanto a distanza di tempo.
  In tale contesto il cyber crime generico, cioè quello dovuto alla monetizzazione degli attacchi, rappresenta la percentuale più alta. Più bassa, anche se molto insidiosa, è la percentuale che riguarda gli attacchi compiuti per ragioni varie, ascrivibili alle formazioni antagoniste, allo spionaggio industriale, alla guerra delle informazioni, attacchi dovuti a potenze ostili nei confronti del nostro Paese.
  È stato pertanto sottolineato che lo scenario degli attacchi cyber ha da tempo superato i livelli di guardia, rappresentando una delle principali minacce, se non la principale, alla tenuta economica del Paese.Pag. 106
  In tale contesto fattore determinante è innanzitutto la capillare accessibilità di software: si tratta di software malevoli che servono per colpire e per realizzare crimini anche di altissimo livello che si trovano comunemente nel dark web a cifre economiche decisamente modeste, rendendo evidente che per realizzare la difesa di un'azienda, di un'amministrazione pubblica, di una struttura sanitaria, ci vuole un investimento consistente, mentre gli attacchi richiedono risorse quantitativamente modeste.
  Le evidenze nelle investigazioni ci dicono che le organizzazioni criminali a livello internazionale, le più «professionali», così come le mafie nazionali, si sono dedicate largamente al settore del cyber crime che consente grandissimi introiti, con un rischio relativamente modesto.
  In questo scenario proprio i dati, le informazioni che vengono immesse nella rete, rappresentano la miniera d'oro: le aggressioni ai dati sanitari sono aumentate del 99 per cento, mentre il crimine finanziario attualmente è uno dei settori che preoccupa maggiormente. La polizia postale nel 2019 ha ricevuto, rispetto all'anno precedente, un aumento del 320 per cento di segnalazioni di attacchi alle aziende.
  Sul piano tecnico è stato quindi evidenziato che per le sue caratteristiche la rete 5G, come le altre reti radiomobili, si baserà su un sistema di antenne terrestri distribuite sul territorio in diversi settori, lungo una dorsale detta backbone, rete attraverso la quale riuscirà a passare una mole enorme di dati, incomparabile con quella attuale, con una velocità di connessione decisamente maggiore e una notevole diminuzione della latenza della connessione.
  A fronte di enormi potenzialità di sviluppo economico e di utilizzo di una tecnologia sofisticatissima, che contrarrà i tempi di utilizzo con la conseguente accelerazione dei processi di scambio, si avrà come contraltare l'acuirsi di enormi rischi. Alcuni rischi che si sono già aggravati con il 4G diventeranno ancora più insidiosi con il 5G, a cominciare dalla delicata questione dell'ostacolo all'esatta identificazione e localizzazione dei dispositivi mobili, rendendo più complessa la gestione del crimine informatico.
  In tale contesto sarà necessaria un'attenta valutazione dei gestori delle infrastrutture di comunicazione, intensificando a ogni livello l'attività di protezione delle reti.
  Lo scenario descritto richiede quindi di agire sia sul versante della legislazione nazionale che sui tavoli europei, uniformando le legislazioni e tenendo soprattutto conto delle maggiori esigenze di tutela dei dati e di contrasto al cyber crime.

Il processo di digitalizzazione nella pubblica amministrazione.

  Il contributo all'indagine conoscitiva di AgID ha riguardato soprattutto l'analisi dei dati gestiti nell'ambito del circuito delle pubbliche amministrazioni e dell'importanza di garantire il valore intrinseco della grande mole di dati in loro possesso prevedendo un adeguato sistema di governance della transizione al digitale.
  Preliminarmente è stato infatti sottolineato che la pubblica amministrazione dispone di un grande patrimonio di dati che non sono all'origine dati di qualità, che però non è sufficientemente valorizzato e immediatamente utilizzabile per quello che può generare in termini di valore.
  Al riguardo si è infatti evidenziato come l'utilizzo del dato da un punto di vista di intelligenza artificiale – sfida su cui si stanno confrontando grandi player internazionali – consente di avere dei dati di elevata qualità, anonimizzati per non confliggere con le regole di protezione dei dati personali.
  In questo quadro la tecnologia 5G, intesa come fattore abilitante, può certamente aiutare a erogare una serie di servizi a cittadini e imprese e alla pubblica amministrazione, incentivando iniziative di sviluppo di nuovi servizi digitali, a condizione che si individui un efficiente sistema di governance anche capillare della transizione al digitale.Pag. 107
  In tale quadro è emersa quindi la necessità di procedere ad una reingegnerizzazione dei processi mutando il paradigma operante all'interno della pubblica amministrazione affinché essa si trasformi da ostacolo generatore di adempimenti burocratici, in driver di crescita.
  In questo senso la chiave di volta appare essere l'applicazione del principio once only esteso, in base al quale le pubbliche amministrazioni debbono comportarsi come un'unica pubblica amministrazione. L'utilizzo di processi digitali uniformi consentirà ai cittadini e alle imprese la possibilità di avere un dialogo non incerto con la pubblica amministrazione, ottenendo l'accessibilità, la trasparenza e garantendo adeguata tutela della privacy e della security.
  Nell'ambito di servizi completamente full digital, è stata inoltre evidenziata, a titolo esemplificativo, la profonda trasformazione del mondo della logistica e dei trasporti. La logistica rappresenta infatti un settore strategico per l'economia nazionale utilizzabile come strumento di politica industriale allo scopo di valorizzare anche le eccellenze del sistema produttivo e per promuovere lo sviluppo del trasporto ecosostenibile. Occorre infatti considerare che quello logistico è un sistema ampio e complesso, composto da una pluralità di nodi logistici, porti, aeroporti, fino alle aziende manifatturiere. In tale quadro la tecnologia del 5G può essere utile per costruire un sistema in cui infrastrutture immateriali riescono a mettere in rete il sistema logistico (porti, aeroporti e interporti) innestando maggiore efficienza nel sistema logistico nel suo complesso.
  Altro tema di fondamentale importanza evidenziato riguarda, come già anticipato, il tema della governance che riguarda anche lo sfruttamento dei fondi europei. Anche in quest'ambito, in particolare nei trasporti e nella logistica, evidente risulta la necessità di far convergere le iniziative di tutte le pubbliche amministrazioni e dell'attuale insieme di piani operativi nazionali e regionali.
  È stata quindi evidenziata l'importanza di lavorare nell'ambito della programmazione europea 2021-2027, non solo per utilizzare i fondi strutturali in modo coordinato, ma anche per sfruttare con più intensità i fondi di ricerca e sviluppo, che consentono di attuare una stretta partnership con le imprese con l'obiettivo di una crescita inclusiva che non ripeta la situazione a macchia di leopardo attuale, evitando di avere la copertura 5G solo nelle zone ad alta redditività.
  A livello nazionale occorre elaborare piani di sviluppo per favorire il partenariato pubblico/privato e incentivare gli investimenti nelle zone a fallimento di mercato, con particolare riferimento agli specifici profili della cybersicurezza e dalla protezione dei dati.
  In presenza di dati assai preoccupanti relativi alla minaccia cibernetica si rivelano necessarie linee guida per la scrittura del software sicuro, per la sicurezza nel procurement, perché proprio nelle attività di procurement attraverso le quali le amministrazioni si approvvigionano di beni e servizi si possono nascondere gravi rischi in termini di sicurezza.
  Riguardo alle politiche di contrasto cyber, risultano quindi determinanti i gruppi tecnicamente definiti i CERT, Computer Emergency Response Team, mettendo a fattor comune anche aspetti quali la classificazione di un incidente e la nomenclatura da utilizzare.
  Fattore determinante risulta inoltre il governo dei dati gestiti nel circuito delle Pubbliche amministrazioni e la loro esfiltrazione da parte della criminalità informatica e degli attivisti.
  Nel contesto specifico dei big data, occorre quindi promuovere la cultura degli open data nella pubblica amministrazione, ampliando i dati disponibili e stimolando il settore privato a investire nelle piattaforme di big data, anche mediante la creazione di cataloghi nazionali dei dati di tipo aperto, affinché tutte le pubbliche amministrazioni rendano disponibile il più ampio spettro di data set.
  In estrema sintesi, ciò che è stato evidenziato è che, per fronteggiare adeguatamente l'economia digitale, servono politiche di valorizzazione del patrimonio Pag. 108informativo pubblico nazionale e politiche per migliorare la qualità del dato nelle pubbliche amministrazioni, prevedendo necessariamente la reingegnerizzazione dei processi e la riprogettazione dei servizi, introducendo una cultura del project management e dell'analisi dei processi anche nel contesto delle pubbliche amministrazioni e immaginando, a tal fine, nuove sinergie con l'accademia, con l'università, con tutte le componenti della società, allo scopo di migliorare l'approccio ai servizi offerti dalla pubblica amministrazione soprattutto nei settori della mobilità logistica, della telemedicina e del welfare.

Le conclusioni del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

  Ad ulteriore sostegno delle criticità descritte così come emerse nel corso delle audizioni svolte, appare utile segnalare le conclusioni del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che ha svolto una breve indagine conoscitiva al termine della quale ha presentato, in data 12 dicembre 2019, una relazione «sulle politiche e gli strumenti per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica, a tutela dei cittadini, delle istituzioni, delle infrastrutture critiche e delle imprese di interesse strategico nazionale» (Doc. XXXIV, n. 1).
  In particolare, nell'ambito delle valutazioni conclusive si evidenzia innanzitutto l'incremento costante degli attacchi cibernetici non solo sul piano quantitativo, ma anche sul piano della capacità innovativa mostrata dai soggetti autori di tali iniziative.
  Risultano inoltre confermate le preoccupazioni circa l'ingresso di aziende appartenenti a paesi esteri extraeuropei nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G, rendendo necessario un innalzamento degli standard di sicurezza.
  Sul tema della concorrenza si evidenzia altresì il problema del cosiddetto dumping praticato da determinate aziende estere anche se, in un contesto normativo di tutela del mercato e della concorrenza, appare di difficile prevedere l'esclusione di progetti ritenuti essenziali per lo sviluppo delle nuove tecnologie.
  Più in generale, si richiama l'attenzione sul fatto che il Governo ritenga fondamentale l'attuazione delle misure contenute nel decreto-legge istitutivo del perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e di quelle concernenti il Centro di valutazione e certificazione nazionale (CVCN), che ha rafforzato i poteri speciali attivabili nei confronti dei soggetti che operano nelle attività di infrastrutturazione di rete.
  Si evidenzia, altresì, l'opportunità di innalzare il livello di sicurezza cibernetica anche nella fase di definizione dei contratti di acquisto dei prodotti e dei servizi destinati alla pubblica amministrazione.
  Un ulteriore profilo oggetto di particolare attenzione riguarda la tutela dei dati personali, soprattutto rispetto al fenomeno del massiccio prelievo di dati da parte delle grandi piattaforme che operano in rete utilizzati nelle attività di «profilazione» degli utenti a scopi prevalentemente commerciali. Su tale specifico aspetto si ritiene opportuna un'iniziativa dell'Unione europea e in ambito di legislazione nazionale idonea a garantire il rispetto e la tutela dei dati personali, disciplinando le attività consentite alle piattaforme e ai social network nei riguardi degli utenti.
  Altro aspetto di particolare rilievo riguarda il tema delle risorse umane e della formazione degli operatori del settore, per la quale occorre valutare con attenzione investimenti aggiuntivi anche al fine di superare il divario significativo esistente fra i Paesi europei e gli Stati Uniti, la Russia e l'India.
  Nella recente relazione del 9 ottobre 2019, si evidenzia inoltre l'opportunità di una attiva partecipazione dell'Italia alla fase di elaborazione dei futuri interventi in ambito europeo e di verifica circa l'adeguatezza degli strumenti normativi attualmente previsti, valutando un rafforzamento della strategia di difesa comune nel settore della sicurezza cibernetica nonché l'individuazione di nuove specifiche fattispecie Pag. 109di reato adeguati a fronteggiare il descritto incremento esponenziale degli attacchi cibernetici a infrastrutture economiche critiche e nel settore economico-finanziario.
  Si tratta infatti di fenomeni in continua evoluzione che richiedono strumenti normativi adeguati, prevedendo possibili risposte di tipo proattivo e non solo difensivo agli attacchi di tipo cibernetico.

I «big data» e gli algoritmi: un binomio fortemente integrato.

  Come segnalato dal professor Talia nel corso della sua audizione, il 5G consentirà forme di interazione di nuovi servizi, nuove applicazioni, cambiando lo scenario digitale. Ciò indubbiamente comporterà un aumento della velocità e una diminuzione dei tempi di comunicazione ma il nuovo scenario digitale che si andrà a disegnare si caratterizzerà soprattutto per il fatto che i dispositivi personali conviveranno molto più strettamente con i servizi pubblici, con i servizi sanitari, con i contenuti in streaming, la mobilità autonoma, l'industria 4.0, ossia i dati prodotti dalle nostre interazioni con il mondo e i dati generati nella rete delle cose diventeranno un ecosistema strettamente integrato.
  Questo stato di cose implicherà un salto esponenziale con riferimento all'economia dei dati, posto che la quantità dei dati digitali che transiteranno attraverso il 5G cambierà le dimensioni delle informazioni che si hanno a disposizione con un impatto molto forte su vari aspetti del lavoro e della vita quotidiana delle persone.
  Con il 5G i dati che i cittadini inseriranno e lasceranno sulla rete diventeranno una moneta di scambio ancora maggiore, per la quale vengono offerti i servizi internet che apparentemente sono gratuiti.
  Uno degli effetti dello sviluppo del 5G è quindi relativo alle possibilità che tale nuovo ecosistema potrà fornire con riferimento alla nuova grande ricchezza del ventunesimo secolo, vale a dire la capacità di trarre valore (non soltanto economico, ma anche politico) dall'utilizzo dei cosiddetti big data.
  L'espressione anglolatina big data indica uno degli elementi più caratteristici dell'evoluzione tecnologica nelle società contemporanee. Il termine è stato originariamente coniato negli Stati Uniti per indicare una quantità di dati così ampia (ma non definibile ex ante in termini quantitativi) da essere di difficile gestione con le capacità tecnologiche degli elaboratori elettronici.
  I big data si caratterizzano per alcuni profili che vanno tuttavia al di là della semplice massa dimensionale (o volume dei dati, che costituisce la prima caratteristica dei big data).
  Un secondo elemento è infatti la natura eterogenea di tali dati che si presentano nelle forme più varie: i dati oggi disponibili consistono in immagini, video, testo, parlato, archivi documentali (varietà).
  Un terzo elemento è la velocità di produzione e diffusione dei medesimi dati.
  Come rappresentato dal professor Rasetti, nel solo anno 2018 sono stati prodotti (e registrati) tanti dati quanti ne sono stati prodotti nell'intera storia umana fino al 2017. Il tempo di raddoppio (ovvero il tempo di produzione e registrazione di una massa di dati doppia rispetto a quella presa in considerazione nella misurazione precedente) è stato quindi pari ad un anno nel 2018 ma continuerà in prospettiva a scendere in quanto, oltre ai dati prodotti dagli esseri umani, cresceranno esponenzialmente i dati prodotti dalle macchine. Secondo quanto indicato nella medesima audizione, entro cinque o sette anni saranno in rete, oltre agli umani, 150 miliardi di dispositivi che interagiscono tra loro e con gli umani. Per quanto sconvolgente possa apparire, in un futuro assai prossimo (5/7 anni) basteranno 12 ore per produrre tanti dati quanti ne sono stati prodotti nella precedente storia dell'umanità.
  I dati rappresentano da sempre la base della conoscenza scientifica, posto che proprio dai dati ricavati dall'esperienza si traggono elementi sulla base dei quali ricavare le leggi di natura.
  L'elemento rivoluzionario derivante dall'utilizzo di tali dati è legato al fatto che una tale massa di dati potrà consentire di Pag. 110studiare in modo assai più dettagliato la complessità dei comportamenti umani ed assicurare, in vari ambiti, conoscenze assai più approfondite.
  Se da una parte ciò rende evidente il valore (quarta caratteristica dei big data), anche economico, di tali dati, lo strumento attraverso il quale tale enorme massa di dati può essere utilizzata per ottenere un valore aggiunto non può essere ovviamente la lettura e l'analisi di singoli studiosi, che non avrebbero fisicamente né il tempo né le capacità di trarre elementi utili da una massa indeterminata di elementi informativi.
  Il meccanismo attraverso il quale viene estratto tale valore comincia quindi dalla ricerca, dall'analisi e dall'estrazione di pattern di informazione, volti a individuare relazioni tra i dati. Sulla base di tali dati, correlati tra loro in maniera adeguata si ottiene una «informazione strutturata» ossia una conoscenza che consiste in una rappresentazione fedele del sistema a cui i dati si riferiscono e che consente di costruire dei modelli e di realizzare degli algoritmi predittivi.
  L'economia dei dati si fonda nell'economia digitale essenzialmente su cinque elementi: la rete, i dati, la disponibilità di spazi di archiviazione, gli algoritmi di analisi e la potenza di calcolo. Tra questi gli algoritmi sono senza dubbio il profilo più rilevante, anche se tutti gli altri fattori ne costituiscono il necessario presupposto.
  Secondo la definizione contenuta nella enciclopedia Treccani, ripresa da vari studiosi, tecnicamente si definisce algoritmo una sequenza finita di operazioni elementari, eseguibili facilmente da un elaboratore che, a partire da un insieme di dati I (input), produce un altro insieme di dati O (output) che soddisfano un preassegnato insieme di requisiti. Spesso i requisiti vengono distinti in due categorie: i vincoli, ossia requisiti che devono essere soddisfatti in ogni caso, e gli obiettivi, ossia requisiti che devono essere soddisfatti il meglio possibile secondo un qualche criterio specificato.
  Un algoritmo è caratterizzato essenzialmente da due elementi: la complessità computazionale, relativa al numero di operazioni elementari necessarie per produrre l'output (direttamente legato al tempo di calcolo necessario per eseguire l'algoritmo), e l'approssimazione, relativa a quanto vengono soddisfatti gli obiettivi secondo il criterio specificato.
  Dalla metà degli anni 1980 le tecniche algoritmiche hanno subito notevoli evoluzioni sotto diversi aspetti: una migliore utilizzazione delle crescenti possibilità offerte dai moderni mezzi di elaborazione (in particolare sfruttando in modo adeguato le possibilità di parallelismo, sia attraverso l'esecuzione simultanea di operazioni analoghe, come nell'elaborazione vettoriale, sia attraverso l'uso di opportune reti di elementi di elaborazione, quali, per es., le reti neurali, generalmente calibrate su specifiche applicazioni); l'uso di strutture dati più sofisticate adatte alle particolari classi di problemi trattati; l'uso di euristiche più potenti e flessibili di quelle usate precedentemente (sfruttando a fondo i concetti di ricerca locale con memoria, inserendo spesso alcuni elementi di tipo probabilistico).
  Nel corso delle audizioni è emerso che l'analisi dei dati è ormai uno dei punti centrali di moltissimi operatori. Vodafone ad esempio ha investito molto per la realizzazione di sistemi di analisi dei flussi, in modo da analizzare le informazioni generate dalla propria rete 4G e 4.5G e da ricavare, dopo aver anonimizzato irreversibilmente e aggregato tali informazioni, analisi su presenze, mobilità e flussi della popolazione. Il valore aggiunto delle informazioni si collega ancora una volta alla massa di dati oggetto di analisi che, per Vodafone, sono pari a 25 miliardi di nuovi record di informazioni ogni giorno.
  Gli algoritmi sono quindi sia il punto di partenza avvalendosi dei quali si estrae valore dai dati sia il punto di arrivo che, sulla base di tali dati adeguatamente organizzati consente di costruire modelli predittivi in ambiti nei quali non troppo tempo fa era impossibile trarre informazioni ordinate. In altre parole i big data sono valorizzati solo quando un algoritmo li utilizza e li trasforma in informazioni di qualità.
  Come sottolineato dal prof. Sassano, presidente delle Fondazione Ugo Bordoni nel corso dell'audizione svolta presso la Pag. 111Commissione, non bisogna ritenere che gli algoritmi in sé siano una novità. Essi sono in uso da lungo tempo nell'ambito tecnologico e non solo. Tuttavia la novità risiede proprio nella capacità di trattare questa enorme massa di elementi fornitori di conoscenza producendo valore aggiunto.
  I grandi player (Google, Facebook, Amazon, Netflix) e i grandi broker (in ossia i data broker che vivono della raccolta di dati sulla rete e li rivendono) hanno già e avranno grandi benefici, perché riescono ad estrarre valore dai dati e dalla loro analisi. Si tratta di valori economici ma anche, almeno in astratto, di un enorme potere di conoscenza utilizzabile ai fini più svariati (politici, culturali, ecc.) capaci di intervenire pesantemente sulla stessa formazione delle pubbliche opinioni.
  Peraltro, con riferimento alla gestione di tali dati, Wind ha segnalato come le compagnie telefoniche siano assoggettate a regole assai stringenti, sotto il profilo della privacy, mentre per i cosiddetti over the top esiste un sistema di regole decisamente più snelle, auspicando quindi un riallineamento della disciplina.
  Pertanto appare chiaro come, mentre la disponibilità dei dati è semplicemente un dato di realtà, diventa essenziale comprendere, conoscere e, in un certo senso anche governare ciò che dai dati riesce a trarre valore: ossia gli algoritmi. Gli algoritmi e i sistemi software basati su questi algoritmi stanno evolvendo con modalità spesso non conosciute, se non per gli esperti, con ciò generando una sorta di « digital divide delle conoscenze» estremamente minaccioso per il nostro sistema informativo favorendo fenomeni distorsivi della realtà e non immediatamente percepibili dagli stessi destinatari dell'informazione.
  A fronte delle opportunità offerte dal complesso di tali tecnologie occorre sviluppare rapidamente forme di tutela e regole, che devono essere idonee a proteggere i nostri valori fondamentali rispetto all'evoluzione della tecnologia.
  Il rischio (come ricordato dal professor Talia nel corso delle audizioni) è quello che si sviluppi una sorta di algocrazia, altro neologismo, cioè che siano gli algoritmi (e quindi coloro che li generano, li comprendono e li controllano) a detenere il potere. È evidente l'impatto che questo potrebbe avere sui sistemi democratici: il fulcro della decisione e del potere finirebbe per spostarsi dai Parlamenti e dai Governi nazionali a pochi grandi operatori spesso sovranazionali capaci di condizionare (fino a determinare) come si organizza la vita dei cittadini.
  In conseguenza di ciò, come sottolineato dal professor Sassano, si pone il problema di affrontare la questione delle competenze, posto che la realizzazione di algoritmi idonei a trarre adeguati dividendi in termini di valore aggiunto conoscitivo ed economico richiede competenze specialistiche che vanno molto al di là della semplice formazione STEM, che pure ne rappresenta un presupposto (si veda il paragrafo sulle iniziative di formazione necessarie).
  Infine gli auditi hanno rappresentato come tale massa di dati, consentendo analisi assai approfondite, potrebbe portare ad avere un «ritratto digitale» delle persone assai realistico con intuibili rischi sia con riguardo alla privacy dei cittadini medesimi, sia con riferimento alla possibilità di condizionarne le decisioni e le scelte con evidenti rischi per la libera formazione del pensiero. Tuttavia, allo stato, non esiste alcun diritto dell'individuo ad essere considerato «proprietario» dei dati che genera, sebbene le nuove disposizioni (in particolare il nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, il GDPR) tendono a garantire un maggior controllo sui propri dati personali.
  Come ha sottolineato il professor Talia «i dati hanno anche un grande valore politico». A parte casi molto noti in Occidente come Wikileaks e Cambridge Analytica meritano attenzione anche le applicazioni fatte altrove, come ad esempio il social ranking attraverso i big data effettuato dalla Cina nei confronti dei propri cittadini. Nonostante le differenze di struttura politica tra la Cina e le democrazie occidentali, non si può escludere che questi rischi si presentino anche nei nostri sistemi democratici.Pag. 112
  L'avvento del 5G potrebbe essere uno stimolo per costruire quindi una cultura dei dati non solo per le implicazioni economiche dell'uso degli stessi ma per la stessa natura politica che la loro gestione malevola potrebbe produrre. Sarebbe quindi opportuna la definizione di nuove regole di garanzia per la produzione, la comunicazione, la raccolta e l'analisi dei dati e degli algoritmi necessari per l'analisi dei medesimi.

L'intelligenza artificiale e il 5G.

  Il 5G, assicurando la trasmissione di grandi quantità di dati, con estrema rapidità e bassissima latenza, processati dagli algoritmi per produrre nuovi fattori di conoscenza (ed eventualmente nuovi algoritmi) incrocia anche le problematiche connesse ai recenti sviluppi dell'intelligenza artificiale.
  Occorre preliminarmente chiarire che, allo stato attuale delle conoscenze, siamo tecnologicamente ancora ben lontani dallo sviluppo di una superintelligenza in grado di soppiantare le capacità umane in maniera completa ed in ogni campo di azione.
  Ciononostante negli ultimi anni la combinazione di tre fattori essenziali ha aperto la strada ad un rapidissimo progresso nel campo dell'intelligenza artificiale.
  In primo luogo l'aumento esponenziale della potenza di calcolo ha costituito il presupposto per costruire macchine sufficientemente potenti da effettuare le operazioni necessarie per sviluppare l'intelligenza artificiale. In secondo luogo, altrettanto determinante, è la presenza e la disponibilità di enormi quantità di dati (i cosiddetti big data) classificati in maniera più o meno raffinata che costituiscono il necessario «carburante» per sviluppare l'intelligenza artificiale. Il terzo aspetto è legato al recupero delle cosiddette reti neurali che, pur essendo state oggetto di studio e ricerca fin dagli anni Quaranta del secolo scorso, non erano state fino a tempi recentissimi utilizzate in maniera efficace.
  Lo sviluppo del cosiddetto deep learning, cioè la creazione di un meccanismo che consente un apprendimento rapido delle reti neurali utilizzando in maniera originale la potenza di calcolo offerta dalle GPU (Graphical Processing Unit), ha consentito in tempi piuttosto rapidi di creare reti a più strati corrispondenti a diversi livelli di astrazione concettuale. L'aumento dei livelli di astrazione è stato nel corso degli ultimi anni assai significativo. Imagenet, uno dei prodotti di deep learning nel 2015 riuscì a realizzare 152 livelli di astrazione, e questo consente alla macchina di classificare in maniera efficiente e gerarchizzata un numero estremamente ampio di informazioni, portando la capacità di comprensione della realtà dei computer a livelli inimmaginabili solo pochi anni fa in quanto i computer possono in maniera del tutto automatica, riconoscere, elaborare e persino creare immagini, testi in maniera simile (ma ancora non identica quanto alla qualità dei risultati) a quanto fa l'uomo.
  In considerazione di quanto si è detto il termine intelligenza artificiale è quindi parzialmente fuorviante posto che quello che è stato realmente oggetto di una profonda trasformazione è stato il machine learning ossia l'apprendimento automatizzato delle macchine.
  Fino a pochi anni fa infatti la modalità di «allenamento» delle macchine prevedeva, come ricordato dal professor Zecchina, nel corso della sua audizione, che, una volta caricato sulla macchina un database di elementi su cui si doveva fondare l'analisi, si richiedesse allo strumento di verificare se all'interno dei dati forniti fossero presenti alcune caratteristiche (decise in anticipo dagli esseri umani) e, sulla base della presenza di queste caratteristiche, di ottenere un output pertinente. Questa modalità di classificazione non ha tuttavia mai realmente funzionato, ad esempio con riferimento al riconoscimento di immagini.
  Oggi l'intelligenza artificiale consiste in macchine che imparano da grandi quantità di esempi, attraverso algoritmi che modificano un numero amplissimo di parametri Pag. 113(nell'ordine delle centinaia di milioni) richiedendo grandi potenze di calcolo. Sono tuttavia le reti (e non più gli uomini) a decidere cos’è rilevante nell’input e a classificare i dati. Tuttavia, sebbene i risultati di queste operazioni siano estremamente accurati non si è ancora capito nel dettaglio come funzionino questi sistemi (benché funzionino).
  Un aspetto che va tuttavia sottolineato negli attuali sistemi di machine learning è che gli algoritmi riescono a trovare relazioni e a produrre dei risultati sulla base di tali esami talvolta non comprensibili per gli esseri umani. Proprio per questo nelle recenti comunicazioni dell'Unione europea sull'intelligenza artificiale si fa sempre riferimento a un'intelligenza artificiale «centrata sull'uomo» (si veda in particolare la Comunicazione del 4 aprile 2019 COM(2019) 168 Final «creare fiducia nell'intelligenza artificiale antropocentrica»).
  Tuttavia tali sistemi non sono ancora in grado di individuare (e men che meno spiegare) nessi causali sebbene tale potrebbe essere la frontiera verso la quale si indirizza la ricerca sul machine learning.
  Un ulteriore problema che sta emergendo, e che è anzi al centro delle discussioni in termini di etica dei sistemi di intelligenza artificiale, concerne la possibilità di generare risultati viziati da «bias tecnologici» ossia sostanzialmente da pregiudizi che associno, in maniera fuorviante o comunque socialmente inaccettabile, determinati risultati a input derivanti dalle basi dati di allenamento delle macchine viziate o da «pregiudizi umani» (quindi da un'errata classificazione dei dati) ovvero dalla mera disponibilità «squilibrata» dei dati nell'ambito dell'apprendimento non supervisionato.

Il sistema delle nuove tecnologie e gli effetti sul mercato del lavoro: una questione aperta.

  Nel corso delle audizioni in diversi interventi è stato trattato il tema degli effetti che il nuovo ecosistema digitale genererà sul mercato del lavoro.
  La questione è da tempo oggetto di interesse e fonte di inquietudine per gli effetti che tale combinazione di innovazioni potrà comportare nel nostro sistema economico.
  Nel corso della XVII legislatura la 11a Commissione Lavoro del Senato della Repubblica ha svolto un'indagine conoscitiva sul tema specifico dell’«impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale».
  Nelle conclusioni della citata indagine conoscitiva si dava un approccio sostanzialmente ottimistico del futuro del mondo del lavoro in relazione ai progressi derivanti dall'innovazione tecnologica (con un focus particolare sui cambiamenti introdotti nel mondo industriale dall'industria 4.0). Infatti nelle conclusioni dell'indagine si affermava che «Il tratto dominante del futuro prevedibile del tessuto produttivo non sarà comunque costituito dalla “fine del lavoro”. Il progresso tecnologico non avrà negli anni a venire, come non ha mai avuto negli ultimi due secoli segnati da un progresso tecnologico continuo, il potere di rendere definitivamente inutile il lavoro umano» in quanto «sarà la stessa disponibilità di lavoro umano generata dalla scomparsa dei vecchi mestieri a stimolare la capacità di inventarne di nuovi». Si precisa tuttavia come «l'avvento della robotica e dell'intelligenza artificiale pone a rischio di sostituzione non più soltanto i mestieri di basso contenuto professionale, bensì anche quelli di contenuto elevato. E ciò potrà rendere più lunga e impegnativa la transizione dai vecchi ai nuovi lavori».
  Nel corso dell'indagine conoscitiva condotta dalla X Commissione Attività produttive della Camera dei deputati nella XVII legislatura su «Industria 4.0: quale modello applicare al tessuto industriale italiano. Strumenti per favorire la digitalizzazione delle filiere industriali nazionali» uno specifico intervento sugli effetti occupazionali delle trasformazioni digitali è stato effettuato dall'amministratore delegato di Fabbrica digitale che ha espresso posizioni meno ottimistiche sulle prospettive Pag. 114del lavoro, segnalando come, mentre il digitale della terza rivoluzione industriale era un digitale integrativo delle capacità umane, «la quarta rivoluzione industriale, quella nella quale noi siamo, è quella del digitale sostitutivo. Le tecnologie (...) sono sostitutive dell'attività dell'uomo».
  In alcuni studi condotti sugli effetti della trasformazione digitale del lavoro in effetti le considerazioni relative ai tassi di sostituzione appaiono meno nette.
  Se in uno studio del World Economic Forum del 2017 il team di Katja Grace dell'Istituto sul futuro dell'umanità dell'università di Oxford ha calcolato che la totalità dei lavori sarà automatizzata in un arco temporale di 120 anni ma c’è il 50 per cento delle possibilità che ciò avvenga entro soli 45 anni con rischi concreti di tagli salariali di massa, collasso dell'imposizione sul reddito e, in associazione a ciò, sovraccarico dei sistemi di protezione sociale (Thomas Metzinger), in altri studi emerge invece un saldo positivo a livello occupazionale, soprattutto nel breve periodo.
  Il report del World Economic Forum dal titolo « The Future of Jobs 2018» prevede ad esempio che entro il 2022 l'intelligenza artificiale creerà 133 milioni di nuovi posti di lavoro, ma al contempo 75 milioni andranno persi.
  Anche da importanti esperti di tecnologie industriali del settore sono state espresse preoccupazioni con particolare riguardo alle implicazioni dell'intelligenza artificiale e del nuovo paradigma tecnologico: nel 2014 Elon Musk (CEO di Tesla) ha ammonito sul fatto che «l'intelligenza artificiale è il più grande rischio cui la nostra civilizzazione si trova a far fronte», evidenziando i rischi che potrebbero derivare dall'abuso dell'intelligenza artificiale, e, in modo meno netto ma non in totale contraddizione con gli assunti di Musk, Stephen Hawking ha dichiarato: «non siamo in grado di prevedere cosa riusciremo a fare quando le nostre menti saranno amplificate dall'Intelligenza Artificiale. Forse, con strumenti nuovi, riusciremo anche a rimediare a tutti i danni che stiamo provocando alla natura, e magari saremo anche in grado di trovare soluzioni definitive a povertà e malattie. Ma... è anche possibile che con la distruzione di milioni di posti di lavoro venga distrutta la nostra economia e la nostra società».
  Più ottimista Bill Gates che ritiene che lo sviluppo tecnologico ci renderà più produttivi e creativi. Allo stesso modo Ray Kurzweil, ingegnere capo di Google, ritiene che anche se i robot porteranno via il lavoro, cosa molto probabile, gli uomini ne troveranno altri (conclusione assai simile a quella cui giunge anche l'indagine conoscitiva condotta dal Senato).
  Il professor Häggström, riprendendo le considerazioni formulate nel libro «La nuova rivoluzione delle macchine. Lavoro e prosperità nell'era della tecnologia trionfante» di Erik Brynjolfsson ed Andrew McAfee, ritiene che l'automazione di una grandissima quantità di lavoro intellettuale potrebbe condurre nel lungo periodo a problemi significativi di disoccupazione (e quindi di distribuzione del reddito e del benessere) arrivando a definire «non irrealistico» nel lungo periodo uno scenario di «disoccupazione 100 per cento». Anche nell'ipotesi di un approdo finale alla «società del tempo libero» immaginata dal professor Brundage (007), si porrebbe comunque il problema di gestire la transizione senza creare un livello mai visto nella storia di disuguaglianza economica e disordini sociali.Pag. 115
  Come risulta da tale, pur breve, disamina sebbene non vi siano posizioni concordi su quello che sarà l'esito finale di tale processo (maggiori posti di lavoro, più qualificati e meglio pagati; riduzione delle opportunità lavorative e crisi occupazionale e dei sistemi di welfare o addirittura una «società del tempo libero» tutta da organizzare), il punto di partenza sul quale sembra emergere un consenso diffuso è che tale evoluzione del lavoro e la velocità delle trasformazioni in corso comporteranno, indipendentemente dal saldo finale nel lungo periodo, una difficile fase di transizione, che è quella che stiamo vivendo e che connoterà i nostri sistemi economici e sociali nei prossimi anni.
  Anche gli intervenuti che hanno trattato tale problematica nel corso delle audizioni si sono trovati concordi sul fatto che nei prossimi anni si vivrà una fase storica nel corso della quale scompariranno, anche assai rapidamente, alcuni lavori ma se ne creeranno altri che, tuttavia, assai difficilmente potranno essere svolti da coloro che verranno espulsi dal mercato del lavoro.
  Questa è la prima importante questione relativa alla gestione politica del periodo «transitorio»: la sostituzione asimmetrica del lavoro. Mentre nella prima rivoluzione industriale i contadini divennero abbastanza facilmente manodopera per la nascente produzione industriale, appare assai più difficile che i soggetti espulsi dal mercato del lavoro possano rapidamente riqualificarsi per lavorare nei settori ad alta tecnologia.
  A ciò va anche aggiunto quanto ricordato dal professor Zecchina nel corso della sua audizione, ossia che «la velocità con cui vengono distrutti i lavori è maggiore rispetto alla velocità con cui vengono creati nuovi lavori».
  Da un punto di vista sociale, in questa fase «transitoria» si collocano generazioni di persone (ad esempio tra i 55 anni e l'età della pensione) che non hanno avuto una formazione sul digitale, per i quali sarà difficile (o comunque economicamente poco conveniente) un'attività di reimmissione nei flussi produttivi.
  Si potrebbe realizzare quindi in una prospettiva non troppo lontana una grave problematica sociale di espulsione di tali soggetti dal mondo del lavoro (con tutte le conseguenze sul piano umano, sociale ed economico che ne derivano) che rischia di infoltire la pattuglia, che già oggi conta un numero congruo di soggetti, «di coloro che Papa Francesco I ha chiamato “scartati”» (professor Rasetti).
  Nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione Lavoro del Senato a questo proposito si segnala che «è indispensabile (...) un congruo sostegno del reddito delle persone coinvolte».
  Anche l'Unione europea ha espresso una propria posizione su questa transizione.
  Nella «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — L'intelligenza artificiale per l'Europa» (COM 2018 137 Final) la Commissione, nell'invitare a «prepararsi agli effetti socioeconomici» derivanti dall'utilizzo dell'intelligenza artificiale evidenzia come «per effetto dell'IA compariranno nuovi posti di lavoro e nuove mansioni», segnalando tuttavia che «altri lavori e mansioni saranno sostituiti». Pur ritenendo che «la quantificazione precisa dell'impatto dell'IA sul lavoro è difficile da definire in questa fase», gli interventi da realizzare concernono: la preparazione della società nel suo complesso alle trasformazioni in atto; la predisposizione di strumenti di protezione per i lavoratori nelle occupazioni che probabilmente subiranno le maggiori trasformazioni o scompariranno per effetto dell'automazione, della robotica e dell'IA senza distinguere tra lavori subordinati ed autonomi individuando strumenti di protezione sociale; l'aumento degli specialisti in intelligenza artificiale.
  Il Comitato economico e sociale europeo, nel proprio parere sulla citata Comunicazione si concentra proprio sull'impatto concernente un'ampia fascia di lavoratori, affermando a questo proposito Pag. 116che: «La Commissione europea dovrà effettuare un'attenta valutazione degli effetti dell'intelligenza artificiale sul mercato del lavoro. Questa rappresenta una delle maggiori preoccupazioni per molti lavoratori europei già avanti nella loro carriera ma ancora lontani dall'età pensionabile, i quali guardano all'evoluzione in corso con diffidenza e timore. L'analisi deve tenere conto sia della possibile sostituzione di alcuni lavoratori da parte di dispositivi elettronici o robot, sia del fatto che alcune funzioni, anche se non saranno completamente automatizzate, risulteranno profondamente modificate da nuove tecnologie. Occorre quindi concentrare la valutazione e l'analisi non solo sull'inevitabile e attesa modifica delle linee di produzione, ma anche sul ripensamento dei processi organizzativi e degli obiettivi aziendali a seguito di un adeguato dialogo sociale con i lavoratori».
  Come si comprende, quindi, è emersa una sostanziale condivisione della necessità di essere preparati a tutti gli scenari possibili derivanti da tali trasformazioni con la consapevolezza che alcune serie problematiche sociali potrebbero emergere.
  In termini generali, secondo il professor Rasetti, la trasformazione digitale porterà a un miglioramento significativo della situazione degli esseri umani anche con riferimento al mondo del lavoro, a patto tuttavia che si comincino a introdurre rapidamente cambiamenti significativi ai nostri modelli sociali (come peraltro è sempre avvenuto nel corso delle grandi rivoluzioni industriali) anche con riferimento ad aspetti come la distribuzione stessa del lavoro e del reddito.
  Un altro punto di concordia tra gli operatori (ricordato sia da Vodafone che da Tim nel corso delle audizioni) concerne il tema della formazione delle competenze digitali, che appare evidentemente connesso anche ai possibili effetti di tale trasformazione sul mondo del lavoro.
  Secondo gli auditi l'attuale situazione del mercato del lavoro italiano con riguardo alle professionalità tecniche necessarie ad operare in questi nuovi mercati propone una situazione di mismatch, vale a dire che, pur vivendo in un contesto economico caratterizzato da un alto tasso di disoccupazione, in particolare giovanile, non si riescono a reperire i tecnici necessari. La questione della flessibilità e della riqualificazione dei lavoratori rappresenta quindi un problema centrale la cui esistenza è ben presente nella riflessione intellettuale e politica a livello globale. Per provare a ridurre tale « mismatch digitale» in Italia nel corso delle audizioni sono state presentate alcune iniziative da parte degli operatori delle telecomunicazioni e degli operatori nei settori più innovativi.
  Tale situazione, purtroppo significativa nel nostro Paese, secondo quanto sostenuto dal professor Talia nel corso della sua audizione fornisce una prima (e non incoraggiante) possibile risposta agli effetti sul lavoro della rivoluzione in corso, con specifico riguardo alla realtà italiana.
  Se sono effettivamente incerti gli effetti di lungo periodo ed è quindi una questione aperta quale sarà il risultato al termine della transizione, si può ritenere, con un discreto margine di certezza, che se l'Italia sarà pronta a gestire la trasformazione digitale, offrendo le competenze adeguate, senza quindi essere un mero importatore/consumatore di tecnologie, ciò potrà comportare, almeno nella fase storica che stiamo vivendo, un saldo occupazionale positivo, mentre è certo che porterà un saldo negativo la circostanza (non auspicabile) che il nostro sistema Paese non si trovi nelle condizioni di affrontare da posizioni di forza il cambiamento in essere.

L'esigenza di promuovere la formazione di specifiche competenze digitali.

  Tra le tematiche emerse in alcune delle audizioni svolte soprattutto relative ai rappresentanti del mondo accademico e delle istituzioni di ricerca, vi è quella relativa all'esigenza di promuovere lo sviluppo e la diffusione di specifiche competenze digitali in grado di affrontare il processo di transizione verso nuove tecnologie e i profondi Pag. 117mutamenti che riguarderanno l'organizzazione del lavoro nei settori più disparati.
  Una prima definizione di Competenze Digitali è stata proposta, nel 2006, dal Parlamento Europeo e successivamente nella Raccomandazione del Consiglio europeo del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l'apprendimento permanente, che indicava le otto competenze chiave per l'apprendimento permanente: « La competenza digitale presuppone l'interesse per le tecnologie digitali e il loro utilizzo con dimestichezza e spirito critico e responsabile per apprendere, lavorare e partecipare alla società. Essa comprende l'alfabetizzazione informatica e digitale, la comunicazione e la collaborazione, l'alfabetizzazione mediatica, la creazione di contenuti digitali (inclusa la programmazione), la sicurezza (compreso l'essere a proprio agio nel mondo digitale e possedere competenze relative alla cybersicurezza), le questioni legate alla proprietà intellettuale, la risoluzione di problemi e il pensiero critico». Questa definizione è stata in un secondo momento adottata anche dall'Agenzia per l'Italia Digitale (Agid), che fra le proprie attribuzioni ha anche quella di promuovere la diffusione delle competenze digitali per cittadini, imprese e pubblica amministrazione.
  L'Osservatorio delle Competenze Digitali – promosso da Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia, in collaborazione con Miur e Agid – ha provato, a cominciare dal Rapporto annuale per il 2016, a schematizzare i livelli di conoscenze e competenze, riconducendoli a quattro categorie: (i) le competenze per la cittadinanza digitale, necessarie a tutti i cittadini per potersi allineare alla digitalizzazione del contesto sociale; (ii) le competenze digitali dei lavoratori, che rispecchiano la capacità di saper usare nella quotidianità lavorativa strumenti informatici, a prescindere dalla funzione aziendale di appartenenza; (iii) le competenze specialistiche ICT, tipiche di figure che operano all'interno delle strutture ICT di realtà private e pubbliche o all'interno delle divisioni operative di fornitori di tecnologie e servizi ICT; (iv) le competenze di e-Leadership, che caratterizzano chi associa alla cultura digitale particolari attitudini e talenti che consentono di immaginare determinati percorsi di cambiamento e di contestualizzarli all'interno della propria organizzazione.
  In generale, le Competenze Digitali si possono ricondurre a due macro categorie: le digital hard skill e le digital soft skill. Le digital hard skill sono le Competenze Digitali tecniche di base, specifiche, che definiscono una figura professionale. Si possono acquisire a scuola, all'università, con master e corsi di perfezionamento, ma anche sul posto di lavoro spesso attraverso corsi di formazione mirati. In particolare, in questa categoria rientrano le competenze tecniche che riguardano l'area SMAC (Social, Mobile, Analytics, Cloud), cui si aggiungono quelle su Intelligenza Artificiale, Robotica, IoT, Cybersicurezza. Alle Digital Soft Skill fanno capo le abilità trasversali, che riguardano relazioni e comportamenti delle persone in qualsiasi contesto lavorativo, consentendo di utilizzare efficacemente i nuovi strumenti digitali. Le Digital Soft Skill non si imparano a scuola o a lavoro, e sono difficilmente quantificabili: dipendono dalla cultura, dalla personalità e dalle esperienze vissute dal singolo, sono strettamente connesse al modo di interagire, comunicare e cooperare in team e connotano comunque una più evoluta professionalità: apertura al cambiamento, conoscenza dell'inglese, problem solving, team working, pensiero creativo, capacità di parlare in pubblico, di gestire il tempo e di comunicare con i clienti/utenti.

  Nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione il tema della formazione e delle competenze digitali è stato affrontato sotto diverse angolazioni.
  In particolare, il professor Nicola Blefari Melazzi, direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT), evidenziando come in prospettiva l'intera rete diventerà programmabile e quindi non più solo un oggetto hardware non modificabile ma un Pag. 118vero e proprio software, ha evidenziato che in tale quadro l'operatore avrà un compito difficile perché dovrà saper orchestrare e gestire il nuovo ecosistema fatto di diverse componenti e diversi player. Ciò comporterà la necessità di persone (laureati, tecnici, professionisti, ricercatori) che si occupino di diversi e delicati profili. In particolare è stato evidenziato che mancano le necessarie professionalità e che in Europa l'Italia è, secondo i dati elaborati dall'Istat, terz'ultima per livelli di istruzione secondaria e per laurea.
  Servono quindi persone che si occupino di scienza e tecnologia, dal momento che i pochi laureati nelle materie ITC emigrano all'estero con sempre maggiore frequenza. Con riferimento alle best practice all'estero, sono state citate le aggregazioni che, ad esempio in Cina, le aziende fanno nelle università. Il centro di aggregazione è quindi considerato uno strumento di grande potenza, perché crea delle collaborazioni virtuose: i grandi centri di aggregazione, dalla Silicon Valley a Israele, sono realtà che portano beneficio a tutti gli attori.
  Anche il professor Domenico Talia dell'Università della Calabria ha evidenziato l'importanza delle competenze digitali al fine di creare più opportunità di lavoro nell'attuale prospettiva di forte evoluzione verso una società digitale.
  In tal senso dirimente sembra essere la formazione degli esperti, a condizione che le competenze presenti nel mondo accademico, nelle aziende e nelle start up siano adeguatamente valorizzate per formare i cittadini, gli operai, i lavoratori, i professionisti. Bisognerebbe quindi fare in modo che a livello universitario tutti i corsi di laurea prevedano una formazione informatica, così come anche nei licei, sfruttando inoltre il coding fin dalle scuole elementari al fine di assicurare un grado elevato di competitività all'Italia e di evitare la fuga all'estero dei migliori esperti e che l'importazione di nuovi modelli di business dall'estero.
  Il professor Riccardo Zecchina, professore ordinario di Fisica Teorica presso l'Università Bocconi di Milano, in linea con tali posizioni, ha sottolineato l'importanza di una formazione di base che parta dalle materie fondamentali sostenendo in particolare come fare formazione sull'intelligenza artificiale significhi, in realtà, sapere più matematica, sapere più fisica, materie che aumentano le capacità cognitive, potenziando una solida cultura multidisciplinare. In questo quadro si pone con chiarezza anche il tema della formazione degli insegnanti, a tutti i livelli.
  Il professor Mario Rasetti, presidente della Fondazione ISI – Istituto per l'interscambio scientifico, è intervenuto anche sul tema della formazione, ritenendo la questione quanto mai urgente, data l'arretratezza dell'Italia su questo versante ed evidenziando come le università italiane si siano rese conto, forse con ritardo, che sui big data e l'intelligenza artificiale non avevano gli strumenti adeguati e non stavano educando nessuno in grado di stare al passo con l'evoluzione tecnologica. Quest'ultima, in considerazione dei passi da gigante che si stanno compiendo, può essere paragonata alla nascita della stampa a caratteri mobili di Gutenberg, che ha consentito al mondo di evolversi: secondo la visione del professore infatti, rinascimento, illuminismo e rivoluzione industriale derivano essenzialmente dall'invenzione di Gutenberg. Anche nella formazione delle competenze digitali, non si deve pertanto immaginare di creare una società solo di informatici ma piuttosto di favorire un processo analogo a quello che ha seguito l'invenzione della stampa, cioè creare e diffondere una cultura digitale.

Il 5G per gli operatori radiotelevisivi: opportunità e problematiche.

  A seguito dell'asta per il 5G la banda di frequenza dei 700 MHz, oggi dedicata alla televisione digitale terrestre sarà, a partire dal 2022, destinata al 5G.
  In ogni caso, il ruolo della radiotelevisione nello stesso successo di tale tecnologia, soprattutto con riferimento alla fornitura di contenuti in alta definizione, sarà assai rilevante nello stimolare la domanda.Pag. 119
  Confindustria Radio Televisioni a tal proposito ha esplicitamente segnalato come «uno dei volani principali per incentivare la domanda dei servizi ultra broadband verso la 5G sia rappresentato proprio dalla trasformazione della piattaforma televisiva broadcasting on-demand verso la TV 4.0 con dimensioni, risoluzioni e user experience di altissimo livello, in interazione con il servizio di TV enhanced».
  Nel corso dell'indagine conoscitiva, infatti, dal punto di vista dei broadcaster è emersa la consapevolezza delle possibilità che tale nuovo ecosistema tecnologico può fornire e come esso può intersecarsi con le attività dei fornitori di contenuti audiovisivi tradizionali.
  La Rai-Radiotelevisione italiana Spa ha precisato che il proprio ruolo nello sviluppo delle tecnologie 5G è imposto da diverse disposizioni del contratto di servizio che regolamenta le attività che deve svolgere il servizio pubblico radiotelevisivo. In particolare, uno dei compiti della RAI è proprio quello di assicurare e contribuire alla ricerca e all'innovazione tecnologica «al fine di favorire lo sviluppo industriale delle infrastrutture fondamentali del Paese» (articolo 2 del contratto di servizio), individuando anche un'organizzazione dedicata a questo scopo, rappresentata dal Centro ricerche e innovazione tecnologica di Torino (articolo 5), e prevedendo espressamente per la RAI l'obbligo di sperimentare la diffusione di contenuti «mediante l'uso di nuove tecnologie trasmissive».
  In particolare, la Rai-Radiotelevisione italiana Spa ha evidenziato l'idoneità delle connessioni 5G per agevolare la produzione remota di eventi, considerato che i flussi della produzione televisiva constano di diverse attività che possono svolgersi in momenti diversi (riprese, montaggio e post-produzione, color grading, sonorizzazione, ecc.) e che se realizzata su reti IP presenta attualmente limiti per fattori tecnici (latenza, sincronizzazione, affidabilità) e derivanti dal costo e dalla disponibilità della larghezza di banda necessaria (diversi Gbit/s).
  Inoltre nel caso di eventi «in esterna», quali news gathering oppure gare sportive, la disponibilità di collegamenti di alta qualità su base temporanea consentirebbe una riduzione dei tempi di allestimento e una riduzione dei costi (essendo possibile attraverso le connessioni 5G, utilizzare meno personale e meno attrezzature da inviare sul posto).
  Per quanto riguarda gli ambiti di utilizzo della rete 5G nella trasmissione di contenuti televisivi sono state indicate (in particolare dalla RAI) le modalità secondo le quali tale nuovo ecosistema può essere concretamente utilizzato rispetto alle attuali connessioni basate sulle infrastrutture satellitari, su punti fissi in fibra e sui ponti radio.
  Già adesso infatti i contenuti televisivi tradizionali sono veicolati sia via etere sia attraverso le reti mobili per essere fruibili tramite computer, smartphone, tablet in mobilità. Ciò dipende dal fatto che la trasmissione via etere è universale ed è di alta qualità e richiede impianti molto grandi ma relativamente poco numerosi che irradiano il segnale con grande potenza.
  Tuttavia questo tipo di trasmissione non è ricevibile tramite i device mobili e soprattutto può essere fornito solo in diretta (mentre è ormai diffusa l'esperienza dell’on demand). Queste ultime caratteristiche sono assicurate dalle reti mobili, che tuttavia non garantiscono, allo stato, né la qualità né l'affidabilità delle connessioni via etere. Per servire grandi audience con servizi live senza sovraccaricare la rete mobile, è stata quindi prevista una modalità simile al broadcast, detta « multicasting». Le due modalità « unicast» (servizi on-demand) e « multicast» (servizi live) convivono sulla stessa rete e si completano a vicenda.
  Con lo sviluppo delle reti 5G, la modalità multicast potrà essere utilizzata anche in architetture di rete con torri alte (HPHT) e distanze tra i siti di 50-60 km. Ciò permetterebbe di ridurre di un fattore 100 (rispetto alle reti mobili LPLT) il numero di torri necessarie a coprire vaste aree rurali o urbane.Pag. 120
  Tuttavia l'avvento del 5G non comporterà nell'immediato un abbandono della tradizionale distribuzione televisiva via etere verso le antenne televisive domestiche (quindi della riproduzione video da terminale fisso). Infatti, considerata la diversa dimensione fisica dei terminali mobili e delle televisioni fisse, sarebbe necessario un utilizzo di banda assai diverso. Inoltre la potenza necessaria per i servizi in mobilità sarebbe assai maggiore rispetto alla ricezione tramite le antenne domestiche dei contenuti televisivi. Peraltro, vista l'ormai ampia diffusione delle connessioni veloci, i servizi on demand potranno essere assicurati adeguatamente con i collegamenti fissi in banda larga. In un futuro non troppo remoto potrà realizzarsi un'unica macrorete 5G, che abbia le capacità anche di trasferire segnali televisivi, purché in alcuni casi utilizzata nella sua sotto-natura broadcast, che è stata comunque standardizzata e allora, come affermato anche da Mediaset, sarà un'ulteriore modalità con cui potrà essere sviluppata l'offerta di contenuti.

  Da un punto di vista strettamente tecnico i broadcaster hanno segnalato come la riduzione delle frequenze disponibili (vi saranno quattordici frequenze invece delle oltre venti disponibili precedentemente) si accompagnerà al passaggio della piattaforma televisiva terrestre al nuovo standard trasmissivo DVB-T2, che consentirà un utilizzo più efficiente delle bande destinate alla trasmissione televisiva. Ciò naturalmente comporterà dei costi per gli operatori televisivi che dovranno effettuare investimenti significativi.
  Tuttavia, allo stato, ben 17,8 milioni di famiglie italiane su un totale di 24,3 (oltre l'82 per cento del totale) hanno apparecchi televisivi di prima generazione che non risulta idonea alle trasmissioni DVB-T2. In concreto ciò implica che siano da adeguare complessivamente, tra prime e seconde case, comunità, alberghi ed esercizi pubblici, oltre 35 milioni di ricevitori televisivi che sono ancora DVB-T, prima generazione del digitale terrestre, entro il giugno 2022 (dati stimati sulla base di un'indagine Ipsos per Auditel). Secondo quanto emerso nel corso dell'indagine, sarà tuttavia sufficiente l'utilizzo di decoder e non sarà obbligatoria la sostituzione di alcun apparecchio televisivo.
  Sarà, ad avviso dei broadcaster, in tutti i casi necessaria un'adeguata campagna informativa al fine di far comprendere all'utenza la natura dell'intervento e le modalità di realizzazione dello stesso nel modo meno traumatico possibile.
  Le risorse per una parziale compensazione dei costi a carico degli utenti per la sostituzione degli apparecchi obsoleti, previste dalla legge di bilancio 2018 e incrementate dalla legge di bilancio 2019 sono pari a 151 milioni di euro. Questi contributi sono sufficienti a coprire le fasce più disagiate solo nel passaggio da PEG2 a PEG4 ma, ad avviso di Confindustria Radio Televisioni, andrebbero incrementati, anche nella forma di incentivi alla rottamazione dei vecchi televisori.
  Un aspetto assai rilevante per i broadcaster, in considerazione della progressiva integrazione tra offerta televisiva (anche non lineare) e reti 5G, è stato quello della notevole differenza di regolamentazione tra operatori globali over the top e broadcaster tradizionali. Mediaset ha inoltre sottolineato che il digitale terrestre presenta già un ampio livello di offerta e di concorrenza.
  In particolare, gli operatori globali (ad esempio Google, Amazon, Youtube, Netflix, eccetera) secondo i dati dell'Osservatorio europeo dell'audiovisivo, generano in molti casi fatturati riferibili al settore televisivo ben più alti degli editori tradizionali e radicati sul territorio.
  Confindustria Radio Televisioni ha sottolineato che queste imprese presentano un impatto diretto nei mercati dell'audiovisivo. In particolare, esse «competono per il tempo e l'attenzione degli utenti – è il caso dei social, degli aggregatori e contenitori di notizie e delle piattaforme di gaming –, per la fruizione dei contenuti audiovisivi attraverso device proprietari e non interoperabili (Apple TV, Google Chromecast e costruttori di smart TV), la distribuzione di contenuti in modalità Pag. 121streaming gratuito o a pagamento (i canali YouTube, Netflix, Amazon Prime Video eccetera) e la produzione di contenuti originali (Netflix stessa, Yahoo, Amazon)».
  Tali imprese globali, anche in considerazione della loro natura, realizzando una disintermediazione nel rapporto con l'utente a fini pubblicitari ed editoriali, producono riflessi importanti su vari ambiti dalla struttura del mercato pubblicitario, alla remunerazione della filiera creativa e, nel settore dell'informazione, sul controllo, la veridicità e la riferibilità delle fonti e delle notizie (ponendo il problema assai significativo delle cosiddette fake news).
  Da un punto di vista strutturale, si tratta inoltre di soggetti sostanzialmente «apolidi», secondo Confindustria «al di sopra delle leggi dal punto di vista fiscale e regolamentare: tasse, copyright, occupazione, obblighi di trasmissione, investimento, norme sui minori, eccetera». In ragione di ciò gli interventi di regolazione (come il GDPR, ossia il Regolamento (Ue) 2016/679, sulla protezione dei dati) hanno rappresentato un importante passo in avanti nell'omogeneizzazione delle condizioni giuridiche di esercizio.
  In relazione a questo specifico profilo, la raccolta dei dati fatta dai principali social network produce peraltro un depauperamento di risorse economiche per quanto riguarda gli investimenti pubblicitari e i big data, asset centrale di sviluppo e innovazione, principalmente in danno delle imprese audiovisive nazionali, che essendo oggetto di forte regolazione, si trovano in una situazione di sostanziale svantaggio competitivo, ferma restando l'esigenza di garantire produzione di informazione professionale e contenuti identitari di qualità.
  La natura identitaria dell'offerta culturale della televisione generalista è stata sottolineata dagli operatori intervenuti.
  Nel corso delle audizioni, Rai-Radiotelevisione italiana Spa ha segnalato infine le modalità di utilizzo, da parte dell'azienda, dei cosiddetti big data per le finalità proprie della propria attività di produzione televisiva, segnalando come tali dati siano rigorosamente non commercializzati (siano cioè utilizzati solo per finalità interne all'azienda).
  Anche in tal caso l'infrastruttura tecnologica e le piattaforme di supporto costituiscono i presupposti per l'utilizzo dei dati in modo da ricavare valore aggiunto per l'impresa medesima sia sotto il profilo dell'analisi in tempo reale delle reazioni al prodotto offerto, sia attraverso tutti gli strumenti caratteristici dell'analisi avanzata dei dati, che possono consentire all'azienda stessa di ottenere informazioni nuove mediante l'emergere di correlazioni tra dati sulla base di specifiche applicazioni.

La posizione degli over the top e le nuove problematiche della società iperinterconnessa. I rischi di manipolazione e le politiche di contrasto alla disinformazione. Gli effetti e i rischi della «digitalizzazione delle reti sociali».

  Lo sviluppo sopra descritto delle nuove tecnologie e la possibilità di costruire nuove catene di valore vede senza dubbio nelle grandi società multinazionali over the top i soggetti maggiormente interessati in quanto, ben prima di tutti gli altri operatori economici, hanno colto l'importanza dei dati quale fattore di posizionamento centrale nel sistema economico internazionale.
  Per « over the top (OTT)» l'AGCOM definisce, già nella propria relazione annuale del 2012, «imprese prive di una propria infrastruttura e che in tal senso agiscono al di sopra delle reti, da cui over-the-top», che forniscono, attraverso le reti IP, servizi, contenuti e applicazioni di tipo rich media, basati sulla forte presenza di contenuti audiovisivi e traggono ricavo, in prevalenza, dalla vendita di contenuti e servizi agli utenti finali (ad esempio nel caso di Apple e del suo iTunes) e di spazi pubblicitari, come nel caso di Google e Facebook.
  Nel corso degli anni tuttavia è divenuto chiaro come la vera forza economica (e successivamente anche politica) di questi Pag. 122soggetti sia dipesa dall'accumulazione di sterminate basi di dati e di capacità di analisi e utilizzo degli stessi.
  Come ricordato dai rappresentanti dei broadcaster tradizionali (si veda l'apposito paragrafo) gli over the top, contando sulla loro natura sostanzialmente sovranazionale sia sotto il profilo regolamentare che fiscale, riescono ad operare con risorse limitate in quanto le infrastrutture di comunicazione sono messe a disposizione dai costruttori delle medesime e dai fornitori di servizi di connessione, mentre i contenuti offerti e veicolati attraverso tali soggetti, non sono sottoposti a nessun controllo editoriale, in quanto essi non sono assimilabili giuridicamente né agli editori né ai broadcaster, e quindi non sono giuridicamente tenuti a un controllo preventivo dei contenuti né ad assicurare una «linea editoriale».
  Su tali premesse, si sono sviluppati gli interventi dei rappresentanti di Google Italia e di Facebook nell'ambito dell'indagine conoscitiva.
  Il rappresentante di Facebook ha in primo luogo rappresentato come il business di Facebook, che è una piattaforma di condivisione che non prevede pagamenti per l'utilizzo, derivi essenzialmente dalla raccolta pubblicitaria, ancorché le tematiche trattate nell'intervento si siano orientate maggiormente sulla gestione dei contenuti e delle criticità a ciò connesse. Il rappresentante di Google viceversa ha principalmente incentrato il proprio intervento sulle modalità di creazione di valore attraverso la pubblicità offerta in rete, che, nel 2012, l'AGCOM indicava come fonte primaria del finanziamento di Google medesimo.
  In particolare, il rappresentante di Google si è soffermato su due aspetti: come il business di Google sia influenzato dai dati e come le piattaforme di Google permettano ad altri soggetti di entrare nella cosiddetta economia dei dati. Il funzionamento di Google prevede che una parte dei risultati delle ricerche dipenda dagli algoritmi e sia indipendente da qualsivoglia contributo economico da parte di coloro che risultano in cima ai risultati delle ricerche, mentre un'altra parte concerne risultati derivanti da contributi pubblicitari pagati al motore di ricerca da parte degli operatori economici. I risultati derivanti da annunci pubblicitari sono connotati espressamente come tali.
  La cosa che connota l'efficienza della combinazione dei due metodi è sostanzialmente collegata all'effettiva possibilità che la ricerca (o l'annuncio pubblicitario) siano veicolati al momento giusto presso l'utente interessato. Il beneficio di Google risiede nel corrispettivo pagato dalla società che richiede l'annuncio per ogni contatto che questa riesce a ricevere a seguito della pubblicità realizzata.
  Un meccanismo analogo viene utilizzato anche da Facebook, che veicola le informazioni degli inserzionisti agli utenti sulla base dell'analisi delle attività degli utenti sulla rete e delle informazioni che gli utenti medesimi hanno fornito a Facebook al momento della loro iscrizione.
  Google trae tuttavia profitto anche da una forma diversa di raccolta pubblicitaria, offrendo cioè dei sistemi di pubblicità «dinamici» ai titolari dei siti che propongono contenuti (come ad esempio i giornali online). Tali soggetti, traendo essi stessi utili essenzialmente dalla pubblicità, lasciano degli spazi liberi sul proprio sito per ospitare, appunto, degli annunci pubblicitari. Google offre a tali operatori un servizio per il quale chi crea il contenuto web non solo non ha bisogno di preoccuparsi di vendere la pubblicità, ma soprattutto, in partnership con Google, monetizza gli annunci pubblicitari riuscendo ad avere una pubblicità di qualità maggiore. Ciò in quanto sul sito ospite ciascun utente vedrà una pubblicità diversa, quando è fornita da Google plasmata sugli effettivi interessi degli utenti (sulla base di dati che Google stessa è in grado di raccogliere e processare). Google riconosce una quota molto alta di quanto guadagna in pubblicità, che è comunque oggetto di contrattazione commerciale.
  Quanto alla trasparenza nella selezione dei contenuti da sottoporre agli utenti, Facebook ha sottolineato che i servizi offerti consentono alle persone di vedere Pag. 123le ragioni per le quali viene loro sottoposto un contenuto pubblicitario, controllare quali siano le categorie che Facebook ha associato al loro profilo e, se lo ritengono, di modificare attivamente queste categorie.
  Con riferimento al secondo aspetto, il rappresentante di Google ha segnalato le modalità secondo le quali la raccolta e l'analisi di dati, tipica caratteristica che fonda l'efficacia degli algoritmi di Google, può essere utilizzata per acquisire elementi informativi a fini commerciali da parte delle «imprese clienti». In particolare Google offre una piattaforma gratuita, Google Market Finder, che attraverso un'analisi di big data restituisce due indicatori chiave: il volume di ricerche per i prodotti indicati in tutti i Paesi del mondo e il dato di affollamento del citato mercato secondo un indicatore basato sul costo medio della pubblicità offerta su ciascun mercato. Tale indicatore segnala quanti competitor che offrono gli stessi prodotti stiano comprando pubblicità in quel mercato.
  Oltre a tali aspetti Google sfrutta la sua infrastruttura e il suo know how al fine di offrire infrastrutture e strumenti all'utenza commerciale e imprenditoriale per l'utilizzo dei propri dati. Tali ultime applicazioni avvicinano di più Google al vero cuore della rivoluzione dell'economia dei dati, mostrando anche alcuni dei servizi chiave da cui Google stesso trae il massimo vantaggio economico: le infrastrutture di archiviazione, la potenza di calcolo e gli algoritmi.
  Con riferimento alle infrastrutture di archiviazione (server, data center, eccetera) Google ha costruito una infrastruttura tra le migliori e più efficaci al mondo e la mette a disposizione (sulla base di accordi commerciali) a soggetti che altrimenti si troverebbero costretti ad investimenti assai significativi.
  Con riferimento alla potenza di calcolo necessaria all'utilizzo dei propri dati aziendali Google offre ai clienti business come servizio la potenza di calcolo costruita per offrire i propri servizi.
  Con riferimento infine agli algoritmi attraverso i quali ottenere valore dai dati, occorre tornare alle strategie di machine learning che rappresentano, come sopra descritto, il cuore dell'intelligenza artificiale. Google sta fornendo offerte commerciali con l'ambizione di «mettere a disposizione di qualsiasi impresa i nostri moduli di intelligenza artificiale per utilizzarla in prodotto nei loro servizi». Da novembre 2016 è stato reso open source TensorFlow, ossia la library di strumenti di intelligenza artificiale di Google, con ciò consentendo a qualsiasi sviluppatore del tutto gratuitamente di utilizzarli per produrre i propri moduli di intelligenza artificiale. L'altro aspetto concerne la messa a disposizione nel cloud di moduli di intelligenza artificiale e di machine learning.
  Oltre a tali aspetti tuttavia Google e gli altri over the top presentano un impatto significativo, con riferimento alla selezione dei contenuti delle ricerche libere, in settori che vanno al di là del tradizionale rapporto commerciale e pubblicitario, considerato che la rete, e nella specie i motori di ricerca e i social network, sono ormai luoghi nei quali ricercare informazioni attinenti a profili come la salute, la politica, e, in generale, la vita personale dei singoli cittadini e le cui risposte possono avere effetti non secondari sulla capacità di orientare le opinioni medesime.
  Tali profili sono stati segnalati nel corso dell'audizione di Google ed hanno formato l'argomento principale dell'audizione di Facebook, con particolare riferimento alle responsabilità di tutti gli operatori OTT in merito a problematiche concernenti la diffusione delle fake news attraverso siti di disinformazione, il diritto all'oblio, l’hate speech, la propaganda terroristica, l'istigazione al suicidio, la pornografia (nelle forme del revenge porn e della pedopornografia).
  Gli auditi hanno fatto il punto sullo stato dell'arte in merito al contrasto alla diffusione di tali contenuti e ai limiti che l'automazione tecnologica continua tuttavia ad incontrare.
  La relazione di Facebook, pur ricordando la peculiare natura dei servizi offerti da Facebook, Instagram e Whatsapp, Pag. 124il cui modello operativo non consente un controllo preventivo dei contenuti immessi e, men che meno, un controllo editoriale, ha riconosciuto come, vista la pervasività ed i rischi connessi ad una realtà virtuale sempre più connessa e impattante sulla vita reale delle persone, la regolamentazione e l'autoregolamentazione siano diventate essenziali per risolvere le complessità derivanti dall'utilizzo di questi mezzi.
  Con riferimento alla diffusione di contenuti critici, come la diffusione di propaganda terroristica, sia Facebook che Google hanno segnalato i grandi benefici derivanti dall'utilizzo dell'intelligenza artificiale.
  Facebook ha ad esempio rappresentato come attraverso i sistemi di intelligenza artificiale abbia conseguito efficaci risultati con riguardo alla rimozione di tali contenuti (il 99 per cento dei contenuti di apologia del terrorismo o legati in qualche modo al terrorismo vengono identificati attraverso sistemi di intelligenza artificiale, e rimossi spesso ancor prima di essere caricati). Anche Google ha segnalato che rispetto ai contenuti critici (ad esempio attinenti al terrorismo e ad altri crimini) si provvede alla rimozione di tali contenuti, in oltre l'80 per cento dei casi, prima che siano visti dieci volte.
  Con riguardo al contrasto della pedopornografia e del revenge porn, Facebook ha rappresentato come utilizzi uno strumento sviluppato da Microsoft (PhotoDNA) che permette di mettere una sorta di impronta digitale sui contenuti pedopornografici o di sfruttamento, e consente automaticamente di individuare un contenuto così caratterizzato che qualcuno sta postando, impedirne il caricamento, e soprattutto segnalare la persona che sta per postare questo contenuto alle Forze dell'ordine.
  Con riferimento alla combinazione tra intelligenza artificiale e operatori umani, Google ha inoltre sviluppato delle partnership (con l'Istituto italiano privacy, il Centro nazionale anti-ciberbullismo, oltre ovviamente al lavoro con la Polizia postale) con riguardo a questa tipologia di contributi per rendere ancora più efficace e rapida la segnalazione e la rimozione dei citati contributi.
  Anche Facebook ha segnalato che attività di ciberbullismo possono essere contrastate con l'uso dell'intelligenza artificiale associata a un'attività umana, ma con maggiori difficoltà rispetto al revenge porn. Ciò perché spesso le attività di ciberbullismo sono più ampie di quelle di revenge porn, in quanto possono constare di video, ma anche di commenti offensivi. Esistono applicazioni dell'intelligenza artificiale in grado di elaborare tali informazioni e fornire una segnalazione agli esperti di sicurezza (umani) che possono procedere, se del caso, alla rimozione dei contenuti.
  Allo stesso modo Facebook fa uso con successo dell'intelligenza artificiale al fine di segnalare (e talora risolvere) casi di rischio di suicidio attraverso l'intervento umano. In tali circostanze l'intelligenza artificiale è in grado di identificare delle caratteristiche simili nell'espressione e nelle modalità di espressione che hanno le persone a rischio, consentendo quindi di identificare automaticamente questi potenziali casi a rischio e di segnalarli alle persone che in tutto il mondo si occupano per Facebook di questo tema specifico. Solo nello scorso anno Facebook ha preso contatto con 3.500 persone che presentavano potenzialmente questo tipo di rischio (talora segnalando il caso alle forze di polizia che sono riuscite a impedire il gesto autolesionista).
  Tuttavia sia Facebook che Google hanno rappresentato che quando si passa da contenuti espressamente criminali a contenuti di «odio» la selezione automatica diviene assai più incerta e meno efficace. Facebook ha segnalato che, mentre per il terrorismo si ha il 99 per cento di contenuti rimossi automaticamente, per l’hate speech si arriva appena sopra il 50 per cento. Ciò dipende dal fatto che per identificare parole di odio è necessario l'intervento di un operatore umano in grado di comprendere il contesto. Facebook ha segnalato come ci siano 30.000 persone che nel mondo si occupano a vario titolo di rivedere e rimuovere i Pag. 125contenuti che sono sulla piattaforma e che non dovrebbero esserci (numero triplicato rispetto al 2017).
  Con riguardo a tali contenuti anche Google ha avviato delle sperimentazioni nelle quali strumenti di intelligenza artificiale segnalano a operatori umani contenuti dubbi. In tal caso l'intelligenza artificiale è stata utilizzata per la prima volta non per rimuovere automaticamente, ma per segnalare ai revisori umani quali contenuti possono essere problematici.
  Una ulteriore problematica connessa alla diffusione dei contenuti tramite gli over the top concerne da un lato la propaganda politica e dall'altro problematiche come la diffusione massiva di notizie false (anche tramite identità digitali false), il diritto alle rettifiche e il diritto all'oblio.
  Con riferimento a queste problematiche il rappresentante di Google, nel corso della sua audizione ha chiaramente rappresentato che, mentre la piena conformità alle norme in tema di diritto all'oblio (salvo i casi di contrasto interpretativo) è abbastanza agevole da assicurare, non è al contrario così semplice la rimozione di contenuti «falsi» in termini automatici proprio per la difficoltà di conciliare il diritto ad un'informazione corretta con quello della libertà di espressione. In tale ambito Google ha manifestato il supporto a coloro che svolgono l'attività di fact checking.
  Anche Facebook, con riferimento all'utilizzo dell'intelligenza artificiale per la rimozione di contenuti finti e fake news, ha precisato che al momento tale strumento è utilizzabile per svolgere attività che non richiedono di analizzare il contesto. In tal caso si potrebbe comunque utilizzare solo per segnalare contenuti potenzialmente negativi che però poi dovranno essere rivisti da persone umane.
  Facebook provvede comunque all'uso dell'intelligenza artificiale per identificare i contenuti potenzialmente falsi, anche grazie alla collaborazione con agenzie di fact-checking, sviluppate in tutto il mondo per riconoscere i segnali che potenzialmente possono caratterizzare un contenuto falso o una pagina che diffonde contenuti falsi.
  Anche in tale circostanza si rileva l'importante interazione tra intelligenza artificiale e attività umana. Il procedimento prevede che se Facebook identifica una notizia falsa (o anche un'immagine o un video) segnalata da un utente o attraverso l'intelligenza artificiale, trasmette la segnalazione all'associazione di fact-checking con cui opera (in Italia, Pagella Politica), che rivedrà la notizia: se tale soggetto valuta che effettivamente la notizia è potenzialmente falsa, produrrà un'analisi delle ragioni della falsità della stessa che comparirà sotto la notizia medesima. Comparirà anche un'ulteriore segnalazione se un utente cerca di condividere la notizia invitandolo a riflettere sul fatto che la notizia è potenzialmente falsa. Anche quando le notizie false non vengono rimosse ne viene comunque ridotta notevolmente la visibilità: c’è infatti l'80 per cento in meno di possibilità che la notizia venga vista dagli utenti.
  Altrettanto complicata, secondo Google, è la gestione della problematica delle rettifiche di informazioni o di aggiornamenti delle medesime (ad esempio, il collegamento tra la notizia di apertura di un'indagine su un determinato soggetto e la sua successiva archiviazione) proprio per la modalità di funzionamento dell'indicizzazione delle notizie, rimessa ad algoritmi che tengono conto di ciò che ha una maggiore evidenza e che riceve più link.
  Anche Facebook ha sottolineato che, ad esempio in ambiti delicati come quelli relativi alla propaganda politica, non dovrebbe spettare a una società privata il compito di definire limiti alla libertà di espressione ma, quanto meno alcune delle decisioni relative alla rimozione di contenuti debbano essere prese dalla società civile, ma soprattutto dal legislatore.
  Al contempo Facebook ha comunque predisposto modalità per rendere quanto più trasparente e riconoscibile possibile la propaganda politica. Anche in tale ambito elettorale, peraltro è utilizzata l'intelligenza artificiale soprattutto allo scopo di Pag. 126rimuovere i profili falsi da Facebook. Solo negli ultimi due trimestri del 2018 sono stati rimossi oltre 1,5 miliardi di profili fake, addirittura prima ancora che vengano caricati.
  In conclusione, sono comunque evidenti i conflitti che emergono tra valori egualmente importanti a livello sociale: occorre trovare soluzioni regolamentari che riconoscano l'equilibrio e la concorrenza tra i vari diritti in gioco. Basti pensare al conflitto tra il diritto alla privacy rispetto al diritto alla sicurezza o al diritto di proteggere le persone contro l’hate speech, ma anche di rispettare la libertà di espressione. Tale equilibrio dovrà essere trovato o nell'ambito dell'autoregolazione, attraverso rigorosi codici di condotta da parte degli operatori, anche in relazione al progressivo miglioramento degli strumenti informatici di controllo, o, se del caso, attraverso interventi regolamentari più pervasivi che dovranno appunto operare le scelte necessarie a definire il punto di equilibrio tra tutti i valori in gioco.
  Tutto ciò va anche inquadrato, come ha ricordato il professor Rasetti nella sua audizione, in una realtà di fruitori ed utilizzatori di tali tecnologie che in parti assai significative sono del tutto privi degli strumenti culturali per farne un uso consapevole e che, proprio in conseguenza del funzionamento delle reti di comunicazione, diventano sempre più polarizzati e difficili da indurre al pensiero critico e all'accettazione di opinioni diverse da quelle del cluster di riferimento.
  In Italia quasi una persona su cinque non è in grado di comprendere un testo scritto, ancorché sia in grado di leggere e scrivere. Ma in tempi assai brevi (entro il 2030) oltre agli analfabeti funzionali nel mondo fruiranno di internet circa 1,3 miliardi di persone totalmente analfabete e, purtroppo, i messaggi veicolati da internet a queste masse di persone culturalmente indifese (ma non solo) non sono necessariamente forieri di una crescita educativa e culturale.
  Sebbene infatti la grande funzione di internet, e del digitale in senso lato, sia quella di aumentare la nostra connettività, le reti di persone che si vengono a creare hanno delle proprietà che sono già state studiate in ambito scientifico. Una di queste proprietà è il fatto che gli utenti di queste reti in maniera naturale, in base ai loro interessi e al modo col quale operano, si raggruppano in cluster. All'interno di un cluster l'informazione si propaga con velocità altissima, mentre fra cluster diversi la comunicazione è molto più lenta, difficile e problematica. Ciò produce due effetti. Il primo è che naturalmente la tendenza di chi appartiene a queste reti sociali è di considerare il suo cluster di riferimento come il tenutario di tutte le verità. Dunque, si induce la quasi totale mancanza di senso critico, cioè il cluster diventa riferimento unico e per certi versi indiscutibile. Un altro effetto è la generazione di nuove solitudini prodotte paradossalmente dalle nuove forme di interazione e dalla ricerca di risposte «tecnologiche» ad esigenze strettamente umane.

Le nuove tecnologie e la digitalizzazione nella pubblica amministrazione. Un patrimonio utilizzato poco: i big data amministrativi.

  La pubblica amministrazione rappresenta, anche per le sue dimensioni, uno dei driver fondamentali dell'innovazione nel campo digitale.
  Le pubbliche amministrazioni infatti possono realizzare ingenti investimenti e, come si ricorda nei documenti dell'Unione europea, sono anche tra i principali destinatari degli obiettivi di digitalizzazione.
  L'Italia in questo processo di modernizzazione è ancora abbastanza lontana da Paesi, come l'Estonia, che rappresentano esempi avanzati di digitalizzazione dei processi amministrativi e di un vero e proprio cambio di paradigma nei rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni.
  Tuttavia proprio la posizione di leadership che l'Italia ha conseguito con riferimento al 5G può essere un'importante opportunità di cambiamento per il sistema Paese.Pag. 127
  L'ambito delle pubbliche amministrazioni in Italia è estremamente articolato: si tratta di 22.000 pubbliche amministrazioni e, anche riducendo a una sola unità il comparto scuola, si fa riferimento al ragguardevole numero di 13.500 pubbliche amministrazioni che erogano servizi e che fungono, soprattutto, da enti aggregatori. A queste vanno aggiunte 427 società in house con circa 15.000 dipendenti.
  Ovviamente non tutte le pubbliche amministrazioni presentano il medesimo livello di abilità, le medesime risorse da investire e la medesima missione. Proprio in ragione di ciò il processo di ammodernamento e digitalizzazione comporta un grandissimo sforzo di coordinamento.
  L'organizzazione del processo di diffusione della digitalizzazione è stato oggetto dell'audizione svolta da Agid che ha descritto le modalità secondo le quali ha operato per una definizione del perimetro delle proprie azioni.
  In particolare Agid ha realizzato una clusterizzazione della platea su cui intervenire e a tal fine individuando i maggiori player in un numero pari a 150 soggetti ricomprendendo le regioni, le società in house più importanti, gli enti e le agenzie. In tale lavoro di coordinamento è anche oggetto di verifica l'impatto sulle imprese e i cittadini dei processi e le modalità secondo le quali imprese e cittadini vivono la digitalizzazione, come la comprendono e come la attuano.
  L'Agid ha come propria mission la digitalizzazione del Paese e, a tale scopo, essa opera su tre livelli.
  A livello nazionale, individua proprio gli ambiti in cui le tecnologie emergenti possono fungere da acceleratore della digitalizzazione, intesa come nuovo paradigma al quale il Paese deve conformarsi. A tale scopo definisce quindi progetti, azioni e iniziative nel piano triennale per l'informatica nella Pubblica Amministrazione, che è il documento guida per la digitalizzazione del Paese.
  A livello europeo, presidia gruppi e comitati che a vario titolo trattano di tecnologie emergenti in coerenza con le strategie nazionali, quindi porta anche all'interno di questi gruppi e di comitati la visione e la strategia elaborata a livello nazionale.
  A livello internazionale l'Agid si occupa di standardizzazione e regolamentazione internazionale anche in quest'ambito. In tale attività monitora e influenza il processo di standardizzazione. Di particolare rilevanza, Agid coordina il gruppo OCSE, che si occupa proprio di tecnologie emergenti, in particolare di intelligenza artificiale e blockchain.
  Il principale capitale delle pubbliche amministrazioni nel sistema di gestione garantito dalle moderne tecnologie è essenzialmente basato sull'enorme massa di dati da esse posseduti che, come si è visto, se adeguati e di qualità, rappresentano un patrimonio fondamentale per garantire un miglioramento dei servizi offerti.
  Tale patrimonio di dati però, come evidenziato dall'AGID, non è sufficientemente valorizzato e immediatamente utilizzabile per quello che può generare in termini di valore. Il principale motivo di tale limitata valorizzazione dipende dal fatto che non si tratta diffusamente di dati di qualità. Come si è visto l'utilizzo del dato da un punto di vista di intelligenza artificiale consiste nell'avere dei dati di grande qualità, e anonimizzati.
  Ciò implica la necessità di assicurare alle pubbliche amministrazioni, al più presto, un utilizzo massivo, ma di qualità, dei dati a disposizione come patrimonio pubblico.
  La problematica relativa alla gestione dei dati si ricollega da un lato alla necessità di partire dal presupposto che il livello delle amministrazioni pubbliche in Italia non è, come detto, omogeneo e quindi occorre un notevole sforzo di carattere formativo ed informativo per evitare che si accentuino i divari tra i diversi soggetti della pubblica amministrazione, individuando quindi un sistema di governance della transizione al digitale che individui il punto di partenza da cui avviare i processi innovativi.Pag. 128
  Dall'altro occorre superare due ostacoli di carattere culturale che frenano lo sviluppo di una cultura digitale efficace e al passo coi tempi.
  Il primo aspetto concerne la visione medesima delle pubbliche amministrazioni come produttori di servizi a cittadini e imprese sfruttando le opportunità delle nuove tecnologie. Ciò implica la necessità di un approccio all'innovazione tecnologica che porti, ove necessario o anche solamente opportuno, ad una reingegnerizzazione dell'intero processo amministrativo anche operando le modifiche normative e regolamentari idonee ad assecondarne il pieno sviluppo.
  Talora infatti la normativa vigente diviene un ostacolo alla semplificazione e all'innovazione proprio perché pensata in un'ottica diversa: si richiede in tali casi che il processo di innovazione includa anche le revisioni normative necessarie per renderlo funzionale. In mancanza di ciò la tensione tra passato e futuro (tensione peraltro inevitabile a fronte di innovazioni che mutano in profondità i processi) può divenire irriducibile.
  Non sempre tale approccio è proprio di tutte le amministrazioni, con la conseguenza che diviene necessario attivare delle leve di informazione e formazione (oltre che di creazione del consenso all'innovazione) che rappresentano un momento irrinunciabile per una transizione efficace.
  Il secondo aspetto, strettamente connesso alla natura stessa delle nuove tecnologie, è quello, già descritto nell'esame delle implicazioni del 5G, della necessità di un approccio di sistema che coinvolga tutti i portatori di interesse nelle operazioni di reingegnerizzazione dei processi.
  Si va infatti verso un'integrazione degli ecosistemi passando da ecosistemi verticali nei quali la pubblica amministrazione, le imprese e i cittadini pur interagendo si trovano a operare su piani diversi, a un ecosistema cittadino/imprese, e poi a un unico ecosistema in cui pubbliche amministrazioni, cittadini e imprese interagiscono in termini di integrazione.
  Spesso i progetti di innovazione vengono invece affrontati guardando solo al segmento digitalizzazione e processi. I costi, gli obiettivi e le azioni di un progetto devono, al contrario tenere conto di tutta quella serie di iniziative ulteriori, sopra ricordate, che ne costituiscono una parte essenziale: la verifica di una sufficiente formazione, che deve essere parte integrante del progetto; la fornitura di un'adeguata informazione; la realizzazione all'interno delle amministrazioni, ma anche all'interno delle imprese che dovranno utilizzare le innovazioni, delle dovute modifiche organizzative, eccetera.
  In tal senso l'AGID ha segnalato la necessità di applicare in termini decisi l'approccio, peraltro già richiesto dal Codice dell'amministrazione digitale, once only esteso, ovvero il principio per il quale le pubbliche amministrazioni debbono comportarsi rispetto ai cittadini e alle imprese come un'unica pubblica amministrazione integrando tra loro i dati nell'ottica non dell'adempimento amministrativo o dei rapporti burocratici tra le stesse ma come mezzo attraverso il quale erogare in maniera più semplice, efficace ed efficiente i servizi.
  Ancora una volta il problema non è tanto quello dell'integrazione dei database quanto quello di reingegnerizzare i processi amministrativi affinché le amministrazioni pubbliche, attraverso la leva offerta dalle nuove tecnologie si comportino come un'amministrazione unica.
  Se tale processo verrà portato efficacemente a termine i benefici che ne deriveranno per il Paese saranno, ad avviso dell'AGID, enormi.
  In primo luogo emergerà la possibilità di agire chirurgicamente sulla normativa, che è assolutamente stratificata e genera degli enormi costi di incertezza su imprese e cittadini. Nel momento in cui, infatti, i nuovi processi saranno attuati, le norme di attuazione indicheranno la nuova cornice normativa e le norme o le normative da abolire. È evidente che ciò comporterà un'immediata riduzione di spesa, perché si avrà una ricaduta positiva anche sul back office delle amministrazioni, che lavoreranno Pag. 129finalmente con processi digitali armonizzati. Ogni amministrazione conserverà il suo segmento di controllo, ma senza far ricadere sul cittadino o sull'impresa tale onere, perché i controlli saranno finalmente basati sul controllo integrato tramite un'analisi dei rischi basati sul profilo soggettivo dell'impresa o del cittadino.
  Ciò peraltro potrà portare a una reale semplificazione burocratica e a una significativa limitazione degli oneri per i cittadini e le imprese oltre che per le stesse amministrazioni controllanti. Ad esempio, i controlli amministrativi sulle imprese, che adesso mediamente ammontano a 23 diversi controlli eseguiti in serie, potrebbero essere ridotti, secondo quanto risulta dalle best practice utilizzate, a un solo controllo.
  Nel piano triennale per l'informatica nella Pubblica Amministrazione 2019-2021, che individua 90 azioni per la crescita del paese, nel quadro sopra delineato, ha introdotto alcune novità in termini di approccio alla digitalizzazione da parte della pubblica amministrazione.
  La principale novità del piano triennale è di aver articolato le azioni del piano triennale secondo tre aree di intervento per misurare l'impatto su cittadini, imprese (novità espressamente presa in considerazione in tale ultimo piano) e pubbliche amministrazioni nel breve, medio e lungo periodo.
  Il nuovo piano triennale ha costruito poi una struttura di governance capillare, che si basa proprio sulle molteplicità delle pubbliche amministrazioni sopra descritta: è stata a tal fine costruita via via la rete dei responsabili della transizione al digitale che sono supportati dall'AGID nel loro ruolo dando leve di intervento per poter agire più efficacemente all'interno della pubblica amministrazione in cui operano. L'AGID cura anche il monitoraggio degli interventi sia a supporto di chi il piano deve coordinarlo sia a supporto delle pubbliche amministrazioni che devono attuarlo.
  Le modalità di realizzazione del piano si fondano sui modelli classici di dialogo e acquisizione degli elementi informativi da tutti i portatori di interessi in tutte le fasi del medesimo al fine di conseguire la condivisione consapevole degli obiettivi e dei risultati.
  Nel corso dell'audizione l'AGID si è soffermata infine anche sulle attività svolte in tema di big data e qualità dei dati nella pubblica amministrazione.
  In primo luogo l'AGID promuove la cultura degli open data nella pubblica amministrazione. A tale scopo l'AGID:
   gestisce i cataloghi nazionali dei dati di tipo aperto, che sono uno strumento di riferimento per la ricerca dell'insieme di dati resi disponibili già della pubblica amministrazione, stimolando le pubbliche amministrazioni affinché rendano disponibile il quanto più ampio spettro di data set e assicurando la realizzazione di iniziative diretti a rendere noti i dati messi a disposizione dalle pubbliche amministrazioni;
   promuove le politiche di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico nazionale cercando attraverso opportune iniziative di migliorare progressivamente la qualità dei dati in possesso della pubblica amministrazione;
   elabora linee guida per la valorizzazione del patrimonio informativo e definisce gli standard per la metadatazione (in questo campo l'Italia è tra i Paesi trend setter a livello europeo) favorendo quindi l'interoperabilità semantica per rendere omogenei i processi di accesso e di scambio delle informazioni, non solo tra le pubbliche amministrazioni, ma soprattutto tra le pubbliche amministrazioni, i cittadini e le imprese e cura il repertorio nazionale dei dati territoriali che è parte integrante dell'infrastruttura nazionale per l'informazione territoriale e del monitoraggio ambientale.

Conclusioni

  Il quadro emerso dall'indagine conoscitiva, che questo documento ha sintetizzato, si colloca in una realtà in continua e tumultuosa trasformazione.Pag. 130
  Le innovazioni tecnologiche e le analisi che vengono realizzate sia nel nostro Paese sia dalle istituzioni europee ed internazionali hanno delineato un quadro di nuove opportunità e nuove complessità che il nostro Paese, se vuole essere protagonista della nuova realtà e non soltanto acquirente presso terzi di soluzioni tecnologiche, deve cercare di affrontare con efficacia al fine di non perdere i vantaggi competitivi derivanti dalla velocità con cui ha avviato le sperimentazioni delle piattaforme 5G.
  In tale quadro, dalle risultanze delle audizioni e dall'esigenza di ottimizzare l'uso delle risorse finanziarie disponibili per evitare inefficienze e duplicazioni di investimenti appare ineludibile, ad avviso della Commissione, assumere le necessarie iniziative per favorire la costituzione di una rete unica sul territorio nazionale che possa garantire il raggiungimento degli obiettivi di connessione ultraveloce «a prova di futuro» previsti a livello europeo e nazionale, mettendo a fattor comune le infrastrutture già esistenti sul territorio.
  Con riferimento alle scelte infrastrutturali diventa essenziale superare quanto prima le criticità legate alla diffusione delle connessioni in fibra ottica, sia con riferimento alla realizzazione della rete sia con riferimento alla promozione dell'utilizzo della stessa. Come emerso dalle audizioni i benefici del 5G potranno essere conseguiti solo con un'infrastruttura in fibra ottica completa ed efficiente quanto meno per quanto riguarda la connessione con l'infrastruttura «mobile» delle antenne 5G.
  Andrà inoltre valutata la possibilità di consentire l'utilizzo di soluzioni diverse dalla connessione FTTH per le aree remote, anche avvalendosi di tecnologie come l'FWA, che potrebbe consentire una significativa riduzione dei costi e dei tempi di realizzazione dell'infrastruttura e di assicurare prestazioni di grande qualità nelle aree remote. Sempre in questo quadro la realizzazione delle connessioni in fibra nelle «aree grigie», in cui peraltro si trovano frequentemente importanti realtà produttive, è un presupposto essenziale per evitare che, proprio le realtà imprenditoriali più dinamiche possano subire un'inaccettabile penalizzazione derivante da ritardi infrastrutturali.
  Con riguardo invece alla realizzazione dell'infrastruttura 5G, è di primaria importanza seguire le dinamiche di mercato e le scelte degli operatori sia nell'ottica di assicurare il conseguimento di un obiettivo di interesse nazionale sia di verificare, come pure richiesto nel corso delle audizioni da parte degli operatori, se le caratteristiche del mercato italiano, caratterizzato da una forte erosione dei margini, possa giustificare e a quali condizioni, una qualche forma di sostegno o partecipazione pubblica.
  Sarebbe inoltre necessario concentrarsi in futuro su tre interventi: (i) la riduzione del bit rate attraverso la compressione video (ii) la riduzione della perdita di pacchetti tramite algoritmi di Intelligenza Artificiale per la stabilizzazione delle linee, e (iii) la riduzione della latenza (ossia del Round Time Trip) con l'Edge Computing e le tecnologie associate, fra cui il caching trasparente. Il principale risultato è che l'azione concertata e correttamente prevista da queste tre misure può consentire agli operatori delle telecomunicazioni di uscire dalla «trappola» dell’UltraBroadBand, ovvero quella di investire in rete di accesso per ottenere bit rate nominalmente sempre più elevati senza però riuscire comunque ad offrire alla clientela una qualità sufficiente, riconducendo la rete a condizioni che ne assicurino la sostenibilità economica, e di aprire inoltre allo sviluppo di nuovi modelli di business che ne migliorino la monetizzazione.
  Dal punto di vista della sicurezza, non si può non rilevare che un sistema flessibile e complesso come quello delle reti 5G può risultare più facilmente vulnerabile ad attacchi cibernetici, fenomeno in aumento esponenziale e sempre più insidioso.
  Risulta dunque fondamentale proseguire nella strada intrapresa con l'istituzione del perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e con il rafforzamento dei poteri speciali attivabili nei confronti dei soggetti che operano nelle attività di infrastrutturazione Pag. 131di rete, operando nel quadro di sicurezza comune europea.
  Per quanto riguarda i profili legati all'inquinamento da emissione elettromagnetiche, è necessario che prosegua la ricerca sugli effetti a lungo termine delle emissioni elettromagnetiche.
  L'introduzione della nuova tecnologia del 5G, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche e nel rispetto dei limiti alle emissioni imposti dalla normativa, non risulta comunque comportare rischi maggiori di quelli delle altre tecnologie delle telecomunicazioni, oramai in uso da molti anni.
  Occorre in proposito richiamare l'attenzione su una corretta informazione della popolazione, che, in assenza di dati chiari, semplici e precisi relativi alle conoscenze scientifiche sulle emissioni elettromagnetiche, è soggetta a campagne inutilmente allarmistiche che diffondono dati confusi, spesso infondati, ed in alcuni casi vere e proprie fake news. La disinformazione riguarda spesso non solo i cittadini ma – cosa ancor più grave – gli amministratori locali, talora indotti a rallentare i procedimenti relativi alle nuove tecnologie.
  Allo stesso modo i cittadini devono essere informati sui comportamenti da adottare, in via meramente cautelativa, al fine di minimizzare i rischi eventualmente legati ad un uso molto intenso dei cellulari, rischi che le attuali conoscenze scientifiche non hanno ancora escluso in via definitiva.
  Anche in questo settore deve essere assicurato il coinvolgimento degli operatori del settore, che sono attori imprescindibili nella progettazione delle reti, nel rispetto della normativa nazionale e delle esigenze di qualità del servizio.
  Occorre inoltre assicurare una significativa semplificazione dei regimi autorizzatori a livello locale per il dispiegamento delle connessioni su rete fissa e mobile, tenendo presente, come è emerso dalle audizioni, che la frammentazione regolatoria e la debolezza delle strutture tecniche a livello locale sono fattori strettamente connessi.
  Sarebbe pertanto importante, oltre ad interventi normativi di semplificazione, assumere le iniziative per il raggiungimento di un protocollo di intesa tra Governo, Conferenza delle regioni ed ANCI per armonizzare le autorizzazioni amministrative sul territorio nazionale, favorendo tuttavia un approccio che privilegi il dialogo, il supporto tecnico e anche un'iniziativa di informazione nei confronti delle strutture amministrative e politiche locali che contribuisca a generare un clima di fiducia e sicurezza sulle implicazioni delle nuove tecnologie.
  Più in generale, tale attività di supporto agli enti locali potrebbe agevolare anche il generarsi di un circolo virtuoso rispetto a quella quota di cittadini, sicuramente minoritaria ma non irrilevante, che guardano con sospetto se non con paura a queste nuove tecnologie. Ciò avviene anche in ragione della disinformazione che purtroppo è ampiamente diffusa sulla rete e che fornisce ricostruzione deformate e tendenziose della effettiva natura di queste nuove tecnologie.
  Potrebbe essere utile, ad avviso della Commissione, un maggiore coinvolgimento del servizio pubblico radiotelevisivo nel fornire un'informazione equilibrata e corretta che consenta ai cittadini di poter acquisire una conoscenza più precisa di concetti, che pur avendo una loro complessità tecnica, possono e devono essere accessibili ai nostri cittadini. Ciò potrà contribuire in maniera decisiva a contrastare la disinformazione.
  Sarebbe quindi auspicabile che la RAI possa essere coinvolta nella realizzazione di campagne di sensibilizzazione della popolazione, ad esempio sulla tecnologia 5G, e, più in generale, nella promozione della conoscenza del settore del digitale e dell'uso corretto degli strumenti digitali.
  Come prevedono tutti i documenti strategici a livello nazionale ed europeo, le nuove tecnologie devono essere orientate alla tutela e al miglioramento delle condizioni della persona umana ma occorre che i cittadini siano consapevoli dell'uso, anche malevolo, che può essere fatto delle stesse. Per questo sia il sistema di istruzione Pag. 132che il servizio pubblico devono contribuire a sviluppare una nuova educazione alla dimensione del digitale che non è e non può essere una zona franca, aiutando la popolazione a comprendere le implicazioni delle proprie condotte nel mondo digitale (una sorta di «educazione civica digitale»).
  Un elemento che va senza dubbio valorizzato dell'esperienza delle sperimentazioni del 5G, che appare assai positiva, è legato alla necessità di un nuovo quadro di rapporti tra operatori pubblici e operatori privati e, soprattutto, all'interno del nostro sistema imprenditoriale e di formazione delle competenze. Fare sistema come Paese, con un'integrazione virtuosa tra pubblico e privato, centri di sviluppo delle idee (università, centri di alta formazione, ecc.) e sistema delle imprese, infatti non può più considerarsi una sfida per lo sviluppo del nostro sistema industriale ma una vera e propria necessità per la sopravvivenza stessa del ruolo dell'Italia come Paese all'avanguardia nello sviluppo mondiale.
  Ciò che hanno dimostrato le sperimentazioni sul 5G è proprio l'assoluta impossibilità, in questo settore, di conseguire un qualsivoglia risultato concreto senza passare per un continuo processo di confronto e integrazione di competenze tra tutti gli attori del sistema economico e civile del Paese, rendendo evidente come, per poter essere competitivi, non è più sufficiente possedere eccellenze isolate e scarsamente integrate ma è necessaria la creazione di un nuovo sistema di relazioni industriali e di un nuovo modo di fare business. Tale consapevolezza è emersa nelle audizioni sia delle società fornitrici dell'infrastruttura sia degli stessi operatori economici. Sarà quindi necessario orientare la politica industriale per favorire in ogni modo questi processi.
  In tale logica andranno assunte le necessarie iniziative di protezione sociale per far fronte alle trasformazioni in corso. Andrà, ad avviso della Commissione, evitata una logica emergenziale formulando per tempo strategie volte da un lato a recuperare, quanto più possibile, il personale che potrà essere espulso dai processi produttivi nei nuovi ambiti e nello stesso tempo andranno valutate le soluzioni necessarie ad alleviare eventuali situazioni di insicurezza sociale e sacche di esclusione che, alla luce di quanto emerso dalle audizioni, potrebbero riguardare una parte della popolazione.
  Nel processo di innovazione un ruolo importante sarà svolto dagli investimenti pubblici sia con riferimento al processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione sia al ruolo di committenza che le pubbliche amministrazioni potranno avere per quanto riguarda gli sviluppi più innovativi basati sull'applicazione del 5G (ad esempio la realizzazione delle infrastrutture necessarie per la guida autonoma, il monitoraggio dinamico delle aree a rischio sismico, ecc.). Se svolta in termini adeguati tale attività potrà anche favorire lo sviluppo di nuove realtà tecnologiche e industriali ad alto valore aggiunto che potranno assicurare nuova ricchezza alla comunità nazionale.
  Con riferimento alla progressiva integrazione dei dati nella pubblica amministrazione, prospettata nel corso delle audizioni, fino alla creazione di un cloud nazionale che potrebbe agevolare l'effettiva attuazione del principio once only, la Commissione intende sottolineare l'opportunità che tale attività si integri e si armonizzi con quella meritoriamente condotta dalle regioni in modo da favorire uno sviluppo sinergico ed efficace del progresso tecnologico anche valorizzando eventuali buone pratiche che potrebbero emergere se si favorirà un approccio fondato sul dialogo tra i diversi livelli istituzionali.
  Altro elemento di criticità emerso nel corso delle audizioni è la carenza di adeguate figure professionali in grado di promuovere e supportare le trasformazioni in corso.
  Da questo punto di vista, sono fondamentali le iniziative volte a creare e rafforzare una cultura digitale diffusa: partendo dall'insegnamento del coding nelle scuole elementari, passando per la scuola superiore per arrivare a livello universitario, Pag. 133dove in tutte le facoltà dovrebbe essere assicurata una formazione digitale di base. Un problema cruciale a questo proposito è quello della formazione degli insegnanti.
  Allo stesso modo, devono essere rafforzate le competenze specializzate. Dall'indagine conoscitiva è emersa infatti l'esistenza di un mismatch digitale, dovuto alla difficoltà di reperire le competenze tecniche necessarie – non solo per le attività intellettuali ma anche per quelle manuali – in un contesto caratterizzato peraltro da un elevato tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile. A questo proposito, esempi virtuosi sono quelli, provenienti dall'estero, dei poli di aggregazione tra università e centri di ricerche e imprese, punto di incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Approfondimenti normativi

La normativa europea.

Le disposizioni in tema di spettro radio.

  Con la decisione n. 243/2012/UE del 14 marzo 2012, è stato definito un programma pluriennale europeo in materia di spettro radio (« Radio Spectrum Policy Programme»- RSPP), che prevede che gli Stati membri e la Commissione europea cooperino per sostenere e conseguire una serie di obiettivi strategici, in particolare che adottino tutte le misure necessarie per garantire la disponibilità di spettro radio sufficiente (almeno 1.200 MHz) per copertura e capacità all'interno dell'Unione, al fine di consentire di disporre della banda larga più veloce e fare in modo che le applicazioni senza fili ed il ruolo guida europeo nei nuovi servizi possano contribuire efficacemente alla crescita economica e alla realizzazione dell'obiettivo dell'accesso ad una velocità della banda larga di almeno 30 Mbps entro il 2020 per tutti cittadini (Risoluzione del Parlamento europeo del 19 gennaio 2016).
  La comunicazione della Commissione del 6 maggio 2015 « A Digital Single Market Strategy for Europe» e la successiva la comunicazione, cosiddetta « Gigabit Society» del 14 settembre 2016 [COM(2016)587 final], hanno evidenziato che la disponibilità di un idoneo quantitativo di spettro radio rappresenta uno dei presupposti essenziali per la fornitura e diffusione dei servizi wireless a banda larga e ultra-larga, insieme ad adeguati standard a garanzia di una comunicazione efficiente tra i vari componenti digitali (quali dispositivi, reti e archivi di dati), sottolineando l'importanza delle reti di telecomunicazione ad alta capacità, ritenute un asset fondamentale affinché l'Unione europea possa competere nel mercato globale.
  La decisione (UE) 2017/899 del Parlamento europeo e del Consiglio, ha quindi ridefinito l'uso dell'intera banda di frequenza 470-790 MHz, attualmente utilizzata in tutta l'Unione per la televisione terrestre digitale («DTT») e per le apparecchiature PMSE audio senza fili (microfoni senza fili per la realizzazione di programmi e di eventi speciali). Nell'ambito di tali frequenze, la cosiddetta banda dei 700 MHz (frequenze da 694 a 790 MHz), è in particolare oggetto di una specifica Roadmap che fissa al 2020 per tutta Europa lo switch off per la sua liberazione a favore dei servizi 5G, prevedendo però la possibilità per gli Stati membri di arrivare fino al 2022 per completare il percorso.
  Tale percorso fa seguito alla Conferenza mondiale (WRC15), che ha portato a termine i negoziati internazionali per l'uso della «banda dei 700 MHz», stabilendo che questa sia assegnata alle comunicazioni a banda larga senza fili (broadband mobile), anziché alla televisione digitale terrestre. Tale banda consente infatti di supportare comunicazioni senza fili di alta qualità e fornisce allo stesso tempo capacità aggiuntiva e copertura universale, in particolare nelle zone rurali, montane e insulari nonché in altre zone isolate e per l'uso in ambienti interni e per le comunicazioni tra macchine ad ampio raggio.

Pag. 134

Lo sviluppo del 5G e il nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche.

  Le politiche europee per lo sviluppo del 5G sono esposte nel «Piano di azione per il 5G» della Commissione europea, di cui alla comunicazione della Commissione europea del 14 settembre 2016, COM(2016)588 final. La Comunicazione prevede una serie di azioni mirate al dispiegamento tempestivo e coordinato in Europa delle reti 5G. In particolare l'obiettivo è quello di assicurare l'allineamento delle tabelle di marcia e delle priorità per il dispiegamento coordinato delle reti 5G per una loro rapida introduzione entro il 2018 e per una progressiva introduzione su larga scala entro il 2020.
  In tale ambito il Radio Spectrum policy group ha individuato a partire dal 2016, in coerenza con le normative internazionali, le frequenze della banda 700 megahertz, quelle della banda 3,4-3,8 gigahertz e le frequenze 26 gigahertz quali bande prioritarie a supporto dell'introduzione del 5G.

  I lavori per la standardizzazione e lo sviluppo dei sistemi 5G, iniziati nel 2013 (a partire dall'iniziativa della Commissione UE: « 5G Public Private Partnership» e del gruppo di lavoro « 5G Architecture Working Group», sono tuttora in corso, con impiego di risorse europee che stanno finanziando numerosi progetti di ricerca (19 progetti).

  È stato poi approvato l'11 dicembre 2018 il nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche (direttiva 2018/1972/UE), che persegue un ulteriore obiettivo in materia di connettività: ampio accesso alla connettività fissa e mobile ad altissima capacità e diffusione della stessa per tutti i cittadini e le imprese dell'Unione, tutelando nel contempo gli interessi dei cittadini attraverso un maggiore livello di protezione uniforme in tutta l'UE. In questo ambito si prevede la promozione degli investimenti nel 5G, disponendo che gli Stati membri dovranno garantire agli operatori, in linea generale, la prevedibilità normativa per un periodo di almeno 20 anni per quanto riguarda la concessione di licenze relative allo spettro per la banda larga senza fili.

La banda ultralarga.

  Le disposizioni concernenti la realizzazione della banda ultralarga, che rappresenta un presupposto essenziale per lo sviluppo del 5G, hanno formato oggetto della programmazione europea di lungo periodo.
  Già il 19 maggio 2010 infatti, con la comunicazione «Un'agenda digitale europea» (COM(2010)245), si è avviato il processo di realizzazione della banda larga nei paesi europei (008).
  Nel 2016, con la Comunicazione COM(2016) 587 final «Connettività per un mercato unico digitale competitivo: verso una società dei Gigabit europea» la Commissione Europea ha annunciato gli obiettivi per il 2025:
   1. connettività di almeno 1 Gbps per scuole, biblioteche e uffici pubblici;
   2. connettività di almeno 100 Mbps, espandibile a Gigabit, per tutte le famiglie europee;
   3. copertura 5G ininterrotta in tutte le aree urbane e lungo i principali assi di trasporto terrestre.

  Nella medesima comunicazione si invitavano gli Stati membri a riesaminare i progressi dei rispettivi piani nazionali per la banda larga e ad aggiornarli entro la fine del 2017, adottando come orizzonte Pag. 135temporale il 2025, in linea con gli obiettivi strategici istituiti nella presente comunicazione e nel piano d'azione sul 5G.

  In relazione allo stato di realizzazione della banda ultralarga in fibra ottica, nella recente comunicazione della Commissione europea – «Plasmare il futuro digitale dell'Europa (COM(2020)67 final)», la Commissione ha ribadito come il presupposto essenziale di un futuro digitale per l'Europa sia proprio una connettività affidabile e sicura sia con riferimento sia alla banda ultralarga fissa in fibra sia con riferimento alle infrastrutture per le reti 5G (e per le future reti 6G). Con riferimento allo stato degli investimenti, la Commissione rileva tuttavia che: «Per le sole infrastrutture e reti digitali, l'UE ha una carenza di investimenti pari a 65 miliardi di EUR all'anno».

Gli interventi in materia di cybersicurezza.

  In materia di Cybersicurezza delle reti 5G, la Commissione europea ha approvato il 26 marzo 2019 la Raccomandazione 2019/534, che affronta i rischi di cybersicurezza nelle reti 5G, considerati di importanza strategica per l'Unione, presentando orientamenti sulle opportune misure di analisi e gestione dei rischi a livello nazionale, sullo sviluppo di una valutazione dei rischi coordinata a livello europeo e sulla definizione di un processo per lo sviluppo di un insieme di strumenti comuni volti a garantire la migliore gestione dei rischi.
  In questo ambito, l'Unione europea ha anche istituito una serie di organismi di cooperazione, tra cui l'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (ENISA) ed il Gruppo di cooperazione, istituito dalla direttiva 2016/1148/UE (la cosiddetta direttiva NIS, sulle misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nell'Unione), che riunisce le autorità competenti al fine di sostenere e facilitare la cooperazione, in particolare fornendo orientamenti strategici per le attività della rete dei gruppi di intervento per la sicurezza informatica in caso di incidente e che agevola la cooperazione operativa a livello tecnico.
  Il 17 aprile 2019 è stato quindi approvato il Regolamento UE 2019/881, il nuovo «regolamento sulla cybersicurezza», che introduce una certificazione europea della sicurezza cibernetica di hardware e software trasponendo in campo informatico gli stringenti standard già applicati alla sicurezza fisica dei beni prodotti nell'Unione europea. Responsabile delle certificazioni è l'Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (European Network and Information Security Agency, ENISA).

  In attuazione della Raccomandazione n. 2019/534, il Gruppo di cooperazione ha pubblicato il 9 ottobre 2019, la relazione sulla valutazione coordinata a livello di UE dei rischi per la cybersicurezza delle reti di quinta generazione (5G) (EU coordinated risk assessment of the cybersecurity of 5G networks).
  Una serie di misure di attenuazione concordate da applicare a livello nazionale ed europeo e si basa sui risultati delle valutazioni nazionali dei rischi per la cybersicurezza, effettuate da tutti gli Stati membri dell'UE (tale documento è stato pubblicato il 29 gennaio 2020).
  La relazione individua le minacce più rilevanti e i principali autori di tali minacce, le risorse più sensibili e le principali vulnerabilità (di natura tecnica e di altro tipo), nonché diversi rischi strategici, sottolineando in particolare i potenziali scenari di rischio connessi alla implementazione delle nuove reti:
   - maggiore esposizione agli attacchi e aumento del numero dei potenziali punti di accesso per gli autori di tali attacchi;
   - maggiore sensibilità di alcune apparecchiature e funzioni di rete, quali le stazioni base o le principali funzioni di gestione tecnica delle reti;
   - maggiore esposizione ai rischi legati alla dipendenza degli operatori di reti Pag. 136mobili dai fornitori, che aumenterà anche il numero dei percorsi di attacco sfruttabili dagli autori delle minacce (ivi compresi gli stati non membri dell'UE) ed esacerberà la potenziale gravità dell'impatto di tali attacchi;
   - aumento dei rischi derivanti da una forte dipendenza da un unico fornitore, che accresce l'esposizione al rischio derivante da un'eventuale interruzione dell'approvvigionamento;
   - sviluppo delle minacce alla disponibilità e all'integrità delle reti, che diventeranno importanti problemi in materia di sicurezza, in aggiunta alle minacce alla riservatezza e alla tutela della privacy.

  Le sfide per la sicurezza sono soprattutto legate a:
   le Innovazioni chiave nella tecnologia 5G (che introdurranno anche diverse migliorie specifiche in termini di sicurezza), in particolare la parte importante del software e l'ampia gamma di applicazioni e servizi resi possibili dal 5G;
   il ruolo dei fornitori nella realizzazione e nell'uso delle reti 5G e il grado di dipendenza da singoli fornitori per i soggetti che dovranno realizzare le reti.

  Entro il 1o ottobre 2020 gli Stati membri, in cooperazione con la Commissione, dovrebbero quindi valutare gli effetti della raccomandazione per determinare se vi sia bisogno di ulteriori interventi, tenendo conto dell'esito della valutazione europea coordinata dei rischi e dell'efficacia delle misure.
  In questo contesto, l'Agenzia europea per la cybersicurezza (ENISA) il 21 novembre 2019 ha pubblicato una mappatura specifica del panorama delle minacce per le reti 5G, che esamina più in dettaglio alcuni aspetti tecnici della relazione.

  Si ricorda anche che il 20 giugno 2019 è stata adottata la Direttiva (UE) 2019/1024 relativa all'apertura dei dati e al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico (direttiva Open data), che ha l'obiettivo di agevolare la creazione di prodotti e servizi a contenuto informativo estesi all'intera Unione europea basati su documenti del settore pubblico e di promuovere l'effettivo uso, oltre i confini nazionali, dei documenti del settore pubblico, da un lato, da parte delle imprese private, in particolare delle PMI, per ricavarne prodotti e servizi a contenuto informativo a valore aggiunto e, dall'altro, da parte dei cittadini per facilitare la comunicazione e la libera circolazione delle informazioni.

  Vanno infine segnalate le conclusioni del recente Consiglio dell'Unione europea Trasporti, telecomunicazioni ed energia, svoltosi il 3 e 4 dicembre 2019, e la Dichiarazione di Londra approvata dal Vertice dei Capi di Stato e di Governo della NATO, anch'esso svoltosi il 3 e il 4 dicembre 2019. Il Consiglio della UE, sul tema dei rischi connessi alle reti 5G, evidenzia la necessità di considerare fra i fattori di rischio per la sicurezza non solo i profili attinenti la tecnologia ma altresì quelli derivanti da fattori extra-tecnici, e collegati alle politiche e ai sistemi legali vigenti nei Paesi terzi, con i quali vengano instaurati rapporti per la fornitura di servizi e prodotti. Nella Dichiarazione di Londra, i Paesi della NATO si impegnano, tra l'altro, a garantire la sicurezza delle comunicazioni, anche con riferimento alle reti 5G, rilevando l'esigenza di poter fare affidamento su sistemi informatici sicuri e resilienti.

Intelligenza artificiale, big data e blockchain.

  In materia di intelligenza artificiale (AI), la Commissione europea ha adottato il 25 aprile 2018 una apposita Comunicazione (COM(2018)237 final), che ne analizza le caratteristiche e gli aspetti. Il 10 aprile 2018, venticinque paesi europei, tra cui l'Italia, hanno firmato una dichiarazione di cooperazione sull'intelligenza artificiale. Il 7 dicembre 2018 la Commissione UE ha presentato il «Piano coordinato Pag. 137sull'intelligenza artificiale» (COM(2018)795), accolto con favore dal Consiglio dell'UE che si è pronunciato il 18 febbraio 2019. Successivamente con la Comunicazione COM(2019) 168 Final, dell'8 aprile 2019, «Creare fiducia nell'intelligenza artificiale antropocentrica», ha ribadito la necessità di uno sviluppo dell'intelligenza artificiale che ponga comunque al centro l'essere umano, rigidamente ancorato ai valori essenziali dell'Unione, individuando gli orientamenti e i requisiti fondamentali per garantire l'affidabilità dell'IA anche sotto il profilo etico. Con la comunicazione COM/2020/65 del 19 febbraio 2020 è stato definito un libro bianco sull'intelligenza artificiale che individua le prime linee di intervento anche sotto il profilo regolamentare che potranno connotare l'azione europea in tema di intelligenza artificiale sottolineando l'opportunità di una iniziativa coordinata a tutela dell'unità del mercato comune.
  Con riferimento alla tematica dei big data, strettamente connessa a quella relativa all'intelligenza artificiale, il 19 febbraio 2020 la Commissione ha pubblicato la Comunicazione COM(2020) 66 Final che delinea «una strategia europea per i dati».
  L'Italia ha aderito il 27 settembre 2018 alla European Blockchain Partnership Initiative, promossa dalla Commissione UE con l'intento di creare una piattaforma europea basata sulla tecnologia blockchain per lo sviluppo di servizi pubblici digitali. L'Italia ha inoltre sottoscritto il 4 dicembre 2018 una dichiarazione sullo sviluppo della Blockchain nell'ambito del MED7, il gruppo costituito da sette Paesi del Sud Europa (Italia, Spagna, Francia, Malta, Cipro, Grecia e Portogallo).

I limiti all'esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza.

  Con riferimento alla normativa in tema di esposizione della popolazione generale ai campi elettromagnetici a radiofrequenza la disciplina di riferimento è costituita dalla Raccomandazione 1999/519/CE, con la quale il Consiglio ha raccomandato agli Stati membri l'adozione dei limiti proposti dall'ICNIRP (International Commission on Non Ionizing Radiation Protection), pur lasciando agli Stati medesimi la facoltà di fornire un livello di protezione più elevato di quello indicato nella raccomandazione stessa.
  Sono state recentemente pubblicate (a marzo 2020) dall'ICNIRP le nuove linea guida « for limiting exposure to electromagnetic fields (100 kHz to 300 GHz)» che sostituiscono le Guidelines for limiting exposure to time-varying electric, magnetic and electromagnetic fields (up to 300 GHz), emanate nel 1998.
  Le linee guida dell'ICNIRP costituiscono il principale riferimento mondiale in tema di protezione dagli effetti delle esposizioni ai campi elettromagnetici a radiofrequenza e stabiliscono i criteri per limitare l'esposizione della popolazione e dei lavoratori in modo da ottenere la massima protezione contro gli effetti negativi noti sulla salute umana.
  Le nuove linee guida presentano alcuni elementi di novità rispetto alle disposizioni del 1998. In primo luogo, in vista del 5G (che prevede che le antenne fisse indirizzino la radiazione emessa verso gli utilizzatori che in genere si troveranno in posizioni sempre diverse, per cui non emetteranno costantemente in tutte le direzioni come le antenne attuali), è stato preso in considerazione il fatto che in una data direzione le emissioni possono essere anche molto brevi, per cui sono stati definiti limiti per esposizioni di durata molto breve, comunque inferiori ai 6 minuti (indicati alle tabelle 3 e 7 delle linee guida).
  Questi limiti per esposizioni di durata compresa tra 0 e 6 minuti non sono attualmente previsti dalla normativa italiana.

  Il limite di intensità di campo elettrico fissato dall'ICNIRP nel 1998 con riferimento alle frequenze da 2 a 300 gigahertz (GHz) era di 61 Volt al metro (V/m) corrispondente a un valore di densità di potenza pari a 10 Watt per metro quadro (W/m2) e tale valore è utilizzato come Pag. 138riferimento nella massima parte dei Paesi europei.
  Le nuove linee guida pubblicate a marzo 2020 presentano alcuni elementi di novità con riguardo alle modalità di rappresentazione dei limiti di esposizione per il pubblico (e per i lavoratori).
  In particolare i valori di riferimento per il pubblico per l'intensità di campo elettrico non vengono ritenuti appropriati ai fini del rispetto delle linee guida per gli intervalli di frequenza riguardanti il 5G superiori a 2 GHz.
  Infatti, con riguardo ai valori di riferimento mediati per trenta minuti e concernenti l'esposizione di tutto il corpo, per l'intervallo di frequenza (400 MHz-2 GHz) si riscontra un valore di riferimento per l'intensità di campo elettrico da rispettare (esso è calcolato secondo la formula 1,375 fMHz0,5, con valori corrispondenti a 27,5 V/m per frequenze a 400 MHz fino a 61,49 V/m per le frequenze a 2 GHz). Per le frequenze oltre i 2 GHz viene invece preso in considerazione, ai fini del rispetto delle linee guida, solo il valore della densità di potenza incidente (espressa in W/m2 e pari a un valore di 10) e non quello dell'intensità di campo elettrico (il cui valore può comunque essere calcolato come pari a 61,4 V/m).
  Tale scelta è coerente con la maggiore idoneità del primo valore a rappresentare in forma più adeguata, per le frequenze più elevate, la quantità effettiva di energia assorbita dal corpo umano.
  Allo stesso modo con riferimento all'esposizione locale (ossia di zone del corpo), mediata su un periodo di sei minuti, i limiti per le frequenze tra 400 MHz-2 GHz in termini di intensità di campo elettrico sono calcolati con la formula 4.72 fMHz0.43 (da 62,06 V/m per frequenze a 400 MHz a 123,98 V/m per frequenze a 2 GHz) mentre con riferimento alle frequenze superiori viene preso in considerazione, ai fini del rispetto delle linee guida, il valore della densità di potenza incidente. I valori di riferimento sono pari a 40 W/m2 per le frequenze tra ›g2 e 6 GHz (cui corrisponde un valore di intensità di campo elettrico equivalente pari a 122,8 V/m) mentre per l'intervallo di frequenze tra ›g6 GHz e fino a 300 GHz i valori di riferimento sono calcolati secondo la formula 55 ƒ GHz 0,177 (tali valori diminuiscono all'aumentare della frequenza e sono compresi tra 40 W/m2 e 20 W/m2. Il valore di 20 W/m2 è applicato per la frequenza a 300 GHz). I valori di intensità di campo elettrico corrispondenti, che diminuiscono all'aumentare della frequenza, sono compresi tra 122,8 V/m fino a 86,8 V/m.

Le piattaforme digitali.

  In materia di piattaforme digitali è stato approvato il Regolamento UE 2019/1150, che si applica ai servizi di intermediazione online e ai motori di ricerca online ed avrà efficacia dal 12 luglio 2020. Il regolamento ha la finalità di garantire che gli utenti commerciali di servizi di intermediazione online e gli utenti titolari di siti web aziendali che siano in relazione con motori di ricerca online, dispongano di un'adeguata trasparenza, di equità e di efficaci possibilità di ricorso.

La normativa nazionale.

  Nei paragrafi che seguono verrà descritta la normativa nazionale riferita alle tematiche di interesse emerse nel corso delle audizioni. In primo luogo si darà conto dei presupposti normativi relativi alla complessa vicenda relativa all'assegnazione delle frequenze per il 5G, con la descrizione della procedura di assegnazione delle frequenze. Quindi si darà conto della (contestuale) disciplina concernente la riorganizzazione delle frequenze radiotelevisive derivante proprio dalla destinazione delle frequenze in banda 700 MHz alle reti 5G.
  Una seconda tematica, affrontata nell'ambito dell'indagine concerne la realizzazione delle infrastrutture di banda larga, che costituiscono il presupposto affinché le reti 5G possano offrire le proprie prestazioni. Si riportano a tal proposito gli Pag. 139interventi normativi di semplificazione introdotti nel corso degli anni, e, nello specifico in questa legislatura, per rendere meno complesso il dispiegamento della rete in fibra.
  Si fa infine cenno alle disposizioni in tema di intelligenza artificiale e nuove tecnologie introdotte nel corso della legislatura.
  Gli ultimi paragrafi concernono l'inquadramento generale del piano triennale per l'informatica nella Pubblica Amministrazione 2019-2021, oggetto dell'audizione di AGID, la disciplina delle emissioni radioelettriche e quella attinente alla cybersicurezza e all'esercizio dei poteri speciali, di recente introduzione e riferita proprio alle reti 5G.

L'assegnazione delle frequenze per il 5G.

  La legge di Bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, commi 1026-1046) ha previsto un articolato programma di redistribuzione delle frequenze destinate alla trasmissione televisiva sulle due bande UHF (470-613 MHz) e III-VHF (banda 174- 230 MHz) e di attribuzione al 5G delle frequenze in banda 700MHz, che si concluderà con la liberazione della banda e la riassegnazione agli operatori di banda larga mobile solo il 1o luglio 2022.
  Oltre alla banda dei 700 MHz (la banda di frequenza 694-790 MHz), le bande di frequenze interessate dal 5G sono la banda 3,6-3,8 GHz e quella 26,5-27,5 GHz (la cui liberazione è invece prevista già dal 1 dicembre 2018). Dall'attribuzione di risorse frequenziali agli operatori per la realizzazione del 5G si prevedevano proventi in misura non inferiore a 2.500 milioni di euro (comma 1045).

  Per le bande di frequenza 694-790 MHz, 3,6-3,8 GHz e quella 26,5-27,5 GHz la legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017, commi 1026-1046) prevedeva che l'AGCOM definisse la procedura di assegnazione a operatori di comunicazione a banda larga. Tale definizione è stata effettuata con la delibera 231/18/CONS.
  A seguito della citata delibera, il Ministero dello sviluppo economico ha avviato la procedura di gara per l'assegnazione dei diritti d'uso di frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazione elettronica in larga banda mobili terrestri bidirezionali nelle bande 694-790 MHz, 3600-3800 MHz e 26.5-27.5 GHz.
  Con l'asta sono stati messi a gara 1275 MHz di spettro nelle bande pioniere per il 5G attuando il 5G Action Plan europeo. Più precisamente:
   • 1000 MHz nella banda a 26GHz articolati in 5 blocchi da 200 MHz in modalità TDD (denominati D1-D5);
   • 200 MHz nella banda a 3.7 GHz articolati in due lotti da 80 MHz nominali e due lotti da 20 MHz nominali (uno specifico e tre generici, denominati C1-C4);
   • e 75 MHz in quella a 700 MHz articolati in 6 blocchi di frequenze da 10 MHz FDD (Frequence division duplex, A1-A6) e 4 blocchi da 5 MHz SDL (Supplemental downlink B1-B4).

  Secondo le previsioni della citata legge di bilancio le frequenze sulle bande 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz sono assegnate agli operatori mentre il Ministero dello sviluppo economico, previo adeguamento del Piano nazionale di ripartizione delle frequenze, assegnerà ad eventuali utilizzatori di tali bande, frequenze sostitutive.
  Per tutte le altre frequenze, la gara per il 5G si è conclusa il 2 ottobre 2018. L'ammontare totale delle offerte per le bande messe a gara ha raggiunto i 6.550.422.258 euro, con un forte aumento di introiti rispetto alla previsione della legge di bilancio 2018. Qui la tabella delle aggiudicazioni che hanno riguardato i lotti per la banda 700 MHz FDD, quelli per la banda 3700 MHz ed i lotti per la banda 26 GHz. Nessuna offerta è stata fatta per i lotti 700 MHz SDL, pertanto i soggetti che ne abbiano manifestato l'interesse potranno partecipare alla fase di gara successiva a partire dal 5 ottobre.Pag. 140
  Entro il 1o dicembre del 2018 era prevista la liberazione frequenze 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz che quindi sono in uso agli operatori di banda larga mobile, mentre per le frequenze della banda 700 MHz l'assegnazione è prevista con disponibilità a far data dal 1o luglio 2022.
  I diritti d'uso di tali frequenze, secondo la delibera 231/18/CONS, scadono tutti il 31 dicembre 2037.

Il sistema radiotelevisivo. La riorganizzazione delle frequenze televisive.

  La riassegnazione alle reti 5G delle frequenze sulla banda UHF da 694 a 790 MHz concerne frequenze che sono attualmente assegnate alla radiotelevisione.
  Si dovrà quindi procedere ad un rilascio e redistribuzione delle frequenze destinate alla trasmissione televisiva anche sulle due bande UHF (470-613 MHz) e III-VHF (ossia la banda 174- 230 MHz), che si concluderà con la liberazione della banda 700 MHz e l'assegnazione agli operatori di banda larga mobile della frequenza dei 700 MHz solo dal 1o luglio 2022. Per la banda di frequenza 470-694 MHz («al di sotto dei 700 MHz») si è stabilito che rimanga primariamente assegnata ai servizi di radiodiffusione televisiva. Dal punto di vista del servizio di diffusione radiotelevisiva la perdita delle frequenze della banda dei 700 MHz comporta una riorganizzazione totale delle frequenze.
  La legge di bilancio per il 2018 (n. 205 del 2017) ha introdotto infatti norme per la riorganizzazione delle frequenze destinate alla diffusione radiotelevisiva, a seguito della destinazione delle frequenze della banda 700 MHz (694-790 MHz) allo sviluppo delle connessioni radiotelefoniche di quinta generazione.
  A differenza infatti del precedente cambio di tecnologia (lo switch off dalle frequenze analogiche a quelle digitali completato a luglio 2012), a seguito dell'intervento previsto dalla legge di bilancio si verificherà una riduzione delle frequenze disponibili, sulle quali andrà ripartita la precedente capacità trasmissiva. Tale riduzione tuttavia non dovrebbe comportare una compressione proporzionale della capacità trasmissiva disponibile in quanto la nuova tecnologia DVB-T2, che sostituirà l'attuale sistema DVB-T, assicura una maggiore possibilità di trasmissione.
  Nel corso della propria audizione Confindustria Radio Televisioni ha rappresentato che la tecnologia broadcast, nella sua versione il DVB-T2 è la più efficiente, la più ecologica e la meno costosa per la diffusione dei contenuti a un numero molto elevato di persone contemporaneamente e in tempo reale. I sistemi broadcast sono i più rispettosi della privacy degli utenti e dei vincoli sulle emissioni elettromagnetiche.
  Anche in questo caso la nuova organizzazione delle bande di frequenza televisive verrà attuata per aree geografiche assicurando un periodo transitorio dal 1o gennaio 2020 al 30 giugno 2022.
  Anche in considerazione del cambio tecnologico descritto, il passaggio alle nuove frequenze comporterà che gli attuali impianti di ricezione televisiva dovranno in larga parte essere adeguati con costi a carico degli utenti finali per l'acquisto di apparecchiature di ricezione televisiva. A compensazione di tali costi è stato previsto uno stanziamento di 100 milioni di euro (aumentato di 51 milioni di euro dalla legge di bilancio per il 2019).

Gli interventi normativi per la riorganizzazione delle frequenze radiotelevisive.

  L'intervento di adeguamento richiede peraltro una serie di adempimenti sia di carattere programmatorio che nella relativa fase attuativa.
  In relazione a tale processo di liberazione delle frequenze della banda 700MHz, il Ministero dello Sviluppo Economico, con decreto ministeriale in data 4 settembre 2018, ha stabilito la creazione di un Tavolo di coordinamento denominato «TV 4.0» finalizzato ad armonizzare e coordinare le attività di rilascio della banda 700MHz, delineate dalla legge 27 Pag. 141dicembre 2017, n. 205, nonché ad elaborare strumenti volti a favorire la trasformazione digitale del settore televisivo (Qui la documentazione presentata dagli operatori del settore nelle riunioni del 15 ottobre 2018, del 27 novembre 2018, del 5 novembre 2018, del 27 novembre 2018, del 3 aprile 2019).
  Anche in conseguenza degli elementi acquisiti nel citato tavolo, tale complesso di interventi è stato oggetto di significative modifiche da parte della legge di bilancio per il 2019.
  La ripartizione della capacità trasmissiva disponibile tra le reti nazionali e quelle locali, secondo la disciplina vigente fino al 31 dicembre 2018, prevedeva la riserva di un terzo della capacità trasmissiva, determinata con l'adozione del piano di assegnazione delle frequenze per la diffusione televisiva su frequenze terrestri, ai soggetti abilitati a diffondere i propri contenuti in ambito locale (articolo 8, comma 2 del decreto legislativo n. 177 del 2005).
  La legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, comma 1101) ha superato questo vincolo prevedendo una riserva di capacità trasmissiva per le televisioni locali ma senza imporre il limite di un terzo e stabilendo che l'entità di capacità trasmissiva da attribuire alla diffusione televisiva per l'emittenza locale sia definita dal Piano nazionale di assegnazione delle frequenze.
  Il Piano, peraltro, in ciascuna area tecnica (ossia le aree in cui, ai fini della diffusione del segnale televisivo è diviso il territorio nazionale), dovrà assegnare più frequenze in banda UHF (ossia la banda 470-694 MHz) per la realizzazione di reti, di cui almeno una con copertura non inferiore al 90 per cento della popolazione dell'area, finalizzate alla messa a disposizione di capacità trasmissiva ai fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito locale (nuovo comma 2-bis dell'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 177 del 2005).
  L'AGCOM aveva adottato, secondo le disposizioni della legge di bilancio per il 2018, con la delibera 290/18/CONS un nuovo Piano di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre. Tale piano concerneva le bande III VHF (174-230 MHz) e UHF (470-694 MHz), ossia le uniche bande di frequenza che resteranno assegnate alle trasmissioni televisive, con esclusivo riferimento alle frequenze destinate all'Italia dagli accordi internazionali. Tuttavia a seguito delle modifiche effettuate dalla legge di bilancio per il 2019 (prima fra tutte la scomparsa del vincolo che prevedeva l'assegnazione obbligatoria all'emittenza locale di un terzo della capacità trasmissiva disponibile) l'AGCOM ha emanato un nuovo PNAF, con la Delibera AGCOM n. 39/19/CONS, del 7 febbraio 2019, per le frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre (in DVB-T2).
  Il PNAF pianifica le frequenze per le seguenti reti digitali terrestri:
   12 reti nazionali in banda UHF, di cui una decomponibile per macroaree e una integrata da frequenze della banda III-VHF;
   1 rete locale di 1o livello in banda UHF con copertura non inferiore al 90 per cento in ciascuna area tecnica (ad eccezione dell'area tecnica 3 in cui sono pianificate 2 reti locali di 1o livello e delle sub-aree tecniche 4a e 4b in cui sono pianificate ulteriori 3 reti locali di 1o livello);
   1 o più reti locali di 2o livello in banda UHF senza vincolo di copertura nel bacino di riferimento, in ciascuna area tecnica.

  Una ulteriore modifica prevista dalla legge di bilancio per il 2019 concerne la destinazione delle frequenze in banda III VHF (174-230 MHz). Nella formulazione della legge di bilancio per il 2018 tali frequenze sarebbero dovute essere pianificate per realizzare un multiplex regionale per la trasmissione di programmi televisivi in ambito locale e per massimizzare il numero di blocchi coordinati destinabili in ciascuna regione alla radiofonia Pag. 142digitale. La nuova formulazione della disposizione prevede invece che tali frequenze siano assegnate prioritariamente alla radiofonia digitale e soltanto «ove necessario» al servizio televisivo digitale terrestre.
  La legge di bilancio per il 2019 ha inoltre differito il termine, originariamente fissato al 30 settembre 2018, entro il quale l'AGCOM è tenuta a definire i criteri di conversione dei diritti d'uso delle frequenze di cui gli operatori di rete sono titolari sulle bande di frequenza citati in diritti d'uso di capacità trasmissiva in multiplex nazionali di nuova realizzazione.
  L'AGCOM ha definito tali criteri di conversione con la delibera 129/19/CONS del 18 aprile 2019 prevedendo che tali criteri riguarderanno 10 dei 12 multiplex nazionali, rimanendo l'assegnazione degli ulteriori due multiplex nazionali immessi sul mercato secondo la procedura definita ai sensi della legge di bilancio 2019 individuando anche le modalità di conversione. Con determine ministeriali rese note il 5 agosto 2019 è stata effettuata l'assegnazione di 10 diritti d'uso di frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre.

Il Sistema Informativo Nazionale Federato delle Infrastrutture (SINFI). Gli interventi normativi di semplificazione.

  Il decreto legislativo n. 33/2016 ha recepito nel nostro ordinamento la direttiva 2014/61/UE, che prevede l'adozione di misure per ridurre i costi dell'installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, disponendo la mappatura delle reti esistenti e l'istituzione di un Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture (SINFI) per svolgere le funzioni di «catasto delle infrastrutture».
  Il SINFI è stato istituito con il decreto del Ministero dello sviluppo economico 11 maggio 2016, con il quale sono state innanzitutto definite le regole tecniche per la definizione del contenuto di tale catasto, nonché le modalità di prima costituzione, di raccolta, di inserimento e di consultazione dei dati e le regole per il successivo aggiornamento, lo scambio e la pubblicità dei dati territoriali detenuti dalle singole amministrazioni competenti, dagli altri operatori di rete e da ogni proprietario o gestore di infrastrutture fisiche funzionali ad ospitare reti di comunicazione elettronica. Il Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture è gestito da Infratel Italia S.p.a.
  Confluiscono nel Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture, ad opera dei gestori delle infrastrutture fisiche, sia pubblici che privati, nonché ad opera degli enti pubblici che ne sono detentori, tutte le banche di dati contenenti informazioni sulle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità e sulle infrastrutture fisiche funzionali ad ospitarle, a carattere nazionale e locale, o comunque i dati ivi contenuti sono resi accessibili e compatibili con le regole tecniche del Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture. Il SINFI, quale sportello unico telematico, pubblica tutte le informazioni utili relative alle condizioni e alle procedure applicabili al rilascio di autorizzazioni per le opere, anche di genio civile, necessarie ai fini dell'installazione di elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità.
  Con il decreto del Ministero dello sviluppo economico 7 maggio 2019 è stato approvato il Piano operativo SINFI.
  Il decreto 11 maggio 2016 è stato successivamente modificato con il decreto del Ministero dello sviluppo economico 2 settembre 2019 (Gazzetta Ufficiale del 22 ottobre 2019), in particolare in relazione alle modalità ed ai soggetti legittimati alla consultazione ed all'accesso ai dati del SINFI: queste sono consentite agli operatori di rete che forniscono reti pubbliche di comunicazione, alle pubbliche amministrazioni e ad altri soggetti che ne facciano richiesta e ne abbiano interesse, secondo profili differenziati in funzione dei livelli di accesso e consultazione riconosciuti ai diversi soggetti.

  Il decreto-legge n. 135 del 2018 ha previsto norme per la semplificazione delle procedure relative al dispiegamento Pag. 143delle reti, in particolare per la semplificazione nel rilascio delle autorizzazioni relative alla realizzazione delle opere civili necessarie per la realizzazione delle reti ultraveloce, modificando in tal senso il Codice delle comunicazioni elettroniche (articolo 88). Con riferimento alla posa dei cavi si è semplificata la procedura di rilascio dell'autorizzazione archeologica nei casi nei quali siano utilizzate infrastrutture fisiche esistenti e tecnologie di scavo a basso impatto, prevedendosi anche che nel caso di utilizzo di tecnologie a basso impatto possa essere, a determinate condizioni, disposta l'esenzione dalla procedura di verifica preventiva dell'impatto archeologico. Negli edifici privati (non tutelati come beni culturali) possono essere equiparati ai lavori di manutenzione straordinaria urgente (secondo le previsioni dell'articolo 1135 del codice civile e quindi possono essere disposti direttamente dall'amministratore di condominio), i lavori necessari alla realizzazione di infrastrutture interne ed esterne all'edificio predisposte per le reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga, volte a portare la rete fino alla sede dell'abbonato. Si prevede poi un chiarimento con riguardo agli oneri cui possono essere soggetti gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica ed alcune semplificazioni in materia di autorizzazioni edilizie.

  Tra le misure per potenziare gli investimenti in reti a banda ultralarga vanno infine segnalate quelle previste dal decreto-legge n. 119 del 2018, che ha apportato modifiche al Codice comunicazioni elettroniche potenziando gli ambiti di intervento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nelle ipotesi sia di separazione funzionale che di separazione volontaria della rete, relativamente alla fornitura all'ingrosso di determinati prodotti di accesso. In particolare, l'AGCOM ha la facoltà di ordinare alle imprese verticalmente integrate la separazione funzionale, ossia l'obbligo per tali imprese di collocare in un'entità indipendente le attività relative alla fornitura all'ingrosso (wholesale) di determinati prodotti di accesso: la mancanza di effettiva concorrenza deve essere valutata anche in relazione al livello di autonomia dei concorrenti rispetto all'infrastruttura di rete dell'impresa verticalmente integrata avente significativo potere di mercato. Poteri dell'AGCOM sono altresì previsti nel caso di separazione volontaria da parte di un'impresa verticalmente integrata.

Gli interventi nazionali e i bandi per la realizzazione della banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato.

  Affinché la banda 5G possa essere pienamente funzionale è necessario che essa si integri su una rete in fibra ottica diffusa, che costituisce quindi uno dei presupposti del 5G.
  L'Italia sulla base degli obiettivi europei relativi alla prima fase (si veda il paragrafo concernente la normativa europea) ha adottato nel marzo 2015 la Strategia italiana per la banda ultralarga.
  L'obiettivo del Piano di azione delineato nella Strategia è quello di avere entro il 2020 la sottoscrizione da parte di almeno il 50 per cento della popolazione di servizi a più di 100 Mbps (velocità di trasmissione dati), attraverso un più preciso obiettivo di copertura per le reti ultraveloci ad oltre 100 Mbps fino all'85 per cento della popolazione e di portare il 100 per cento della popolazione ad almeno 30 Mbps. Si tratta quindi target superiori a quelli stabiliti per il 2020 dall'Unione europea. Tale Piano non è stato tuttavia aggiornato alla luce dei nuovi obiettivi individuati dalla Commissione europea per il 2025 (si veda l'apposito paragrafo).

  Il programma operativo della strategia italiana per la Banda Ultra Larga, è stato approvato con la delibera n. 65-2015 del CIPE che ha programmaticamente destinato, a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020, 3,5 miliardi di euro, di cui 2,2 miliardi di euro per interventi di immediata attivazione, rinviando a una successiva delibera l'assegnazione di ulteriori risorse nel limite Pag. 144massimo di 1,3 miliardi di euro. Ulteriori risorse, fino a 1,4 miliardi di euro, potranno essere conferite al Piano Strategico per la banda ultra larga, con successivi provvedimenti normativi (previo reperimento delle coperture finanziarie) per un totale di 4,9 miliardi di euro.
  Con la Delibera n. 71 del 7 agosto 2017 il CIPE, sempre a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione ha approvato, per il completamento del Piano Banda Ultralarga, l'assegnazione di 1,3 miliardi di euro per interventi a sostegno della domanda degli utilizzatori. Inoltre, con riferimento alle risorse di 2,2 miliardi di euro, previste nella delibera n. 65 del 2015 non utilizzate, ha previsto la destinazione di 100 milioni di euro per sostenere lo sviluppo di beni e servizi di nuova generazione e di 477,5 milioni di euro per interventi relativi al completamento dell'infrastruttura nelle aree grigie e nelle nuove aree bianche e per raggiungere le case sparse. Infratel Spa, società in house del Ministero dello sviluppo economico, agisce in qualità di soggetto attuatore degli interventi previsti dall'accordo.
  Quanto alle modalità di realizzazione della banda ultra larga, il 2 marzo 2016, il Comitato per la Banda Ultra Larga (COBUL) ha stabilito di focalizzare l'intervento pubblico nelle aree a fallimento di mercato mediante l'impiego del modello ad «intervento diretto» ed il CIPE, nella riunione del 1o maggio 2016 ha recepito tale orientamento stabilendo che nelle aree a fallimento di mercato si proceda esclusivamente con l'intervento diretto. Tale regime nazionale di aiuto è stato definito in conformità alla normativa europea in materia di aiuti di Stato.
  Gli obiettivi di realizzazione della rete sulla base del piano concernono 7635 comuni, 14 milioni di abitanti e 9,6 milioni di unità immobiliari.
  Il 3 giugno 2016 è stato pubblicato (Gazzetta Ufficiale 5 Serie Speciale) il primo bando per la realizzazione della rete in fibra nelle cosiddette «aree bianche», quelle cioè a fallimento di mercato (ossia quelle aree nelle quali gli operatori di mercato avevano dichiarato che non avrebbero effettuato investimenti per la realizzazione della rete ultraveloce), raggruppate nei Cluster C e D previsti dal Piano nazionale banda ultralarga. Il bando è diviso in cinque lotti e riguarda sei Regioni: Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto, con le quali sono stati siglati specifici accordi di programma e relative convenzioni operative per l'utilizzo, insieme con il Fondo Sviluppo e Coesione nazionale, dei fondi strutturali FESR e FEASR. I fondi pubblici saranno 1,4 miliardi, suddivisi in più di un miliardo di fondi statali (FSC) e 352 milioni di fondi strutturali a livello regionale. La gara è stata aggiudicata all'operatore economico Open Fiber spa, per tutti e cinque i lotti posti a gara. Il bando interessa 3.043 comuni di Abruzzo, Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Toscana e Veneto, 6,4 milioni di cittadini, circa 4,6 milioni di unità immobiliari e oltre 500 mila sedi di impresa e di Pubbliche Amministrazioni.
  Il bando riguarda la progettazione, realizzazione, manutenzione e gestione di una rete passiva e attiva di accesso in modalità wholesale, che consenta agli operatori di telecomunicazione di fornire servizi agli utenti finali a 100 Mbps e comunque non al di sotto dei 30 Mbps. La rete sarà data in concessione per 20 anni e rimarrà di proprietà pubblica. Da un punto di vista della modalità di connessione, il modello scelto è quello della connessione in fibra « to the home» cioè fino a casa (FTTH). La fibra ottica è infatti la migliore tecnologia «a prova di futuro» in quanto, pur richiedendo un grosso investimento iniziale, presenta un periodo di sostenibilità e di durata della tecnologia che i più importanti studi internazionali sul tema traguardano a 75-100 anni.
  Il 24 agosto 2016 è stato pubblicato il secondo bando, suddiviso in sei lotti funzionali, per la costruzione della rete pubblica a banda ultralarga nelle aree bianche, cioè a fallimento di mercato concernente le regioni Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Lazio, Basilicata, Campania, Umbria, Sicilia, Marche, Liguria e la Provincia di Trento. Anche in tal Pag. 145caso la procedura è stata aggiudicata all'operatore Open Fiber Spa, per tutti e sei i lotti posti a gara. Il bando riguarda 3.710 comuni per un totale di circa 4.7 milioni di unità immobiliari e 6.8 milioni di cittadini coinvolti.
  A seguito di numerosi ricorsi giudiziari di diversi operatori la sottoscrizione del contratto con il soggetto aggiudicatario è stato concluso nel novembre 2017 (come risulta dalla risposta data dal Governo all'interrogazione Capitanio 5-00885 nella seduta del 23 gennaio 2019 della IX Commissione Trasporti).
  Il terzo bando di gara, relativo all'aggiudicazione dei lotti riguardanti le tre regioni rimanenti (si tratta di 882 comuni in Puglia, Calabria e Sardegna) è stato pubblicato il 17 aprile 2018, la gara si è invece conclusa il 18 dicembre 2018 ed è stata aggiudicata il 30 gennaio 2019. Anche in tal caso, è risultato aggiudicatario per tutti i lotti l'operatore Open Fiber Spa.
  L'inizio delle progettazioni da parte di Open Fiber e la contemporanea gara ad evidenza pubblica svolta dal concessionario per individuare gli appaltatori incaricati di realizzare le opere, si sono potute avviare soltanto successivamente alla firma dei primi contratti.
  Nel corso dell'audizione di Open Fiber è emerso che la realizzazione del piano è stata rallentata da ben 18 ricorsi giudiziari.
  Il Piano di Open Fiber, ivi comprese le porzioni di rete da realizzare a seguito della vittoria dei sopra citati bandi prevede la copertura, con una rete in fibra, di 19 milioni di unità immobiliari entro il 2023 divise tra aree a mercato (circa 9 milioni di unità immobiliari) e aree non a mercato (circa 9,5 milioni di unità immobiliari). Per quanto riguarda lo stato di realizzazione delle infrastrutture da parte del concessionario e l'effettivo livello di copertura ottenuto fino ad oggi, si rinvia a quanto già segnalato nello specifico capitolo di questa relazione.
  Restano pertanto escluse dal Piano le cosiddette aree grigie. Sono invece state già realizzate la rete di trasporto e quella di backbone.

Intelligenza Artificiale, blockchain, IoT, big data.

  Presso il Ministero dello sviluppo economico sono stati istituiti nel 2019 due gruppi di lavoro di esperti sui temi dell'intelligenza artificiale e della blockchain. Il Gruppo di esperti sull'Intelligenza Artificiale ha elaborato tra gennaio e giugno 2019, un documento contenente le Proposte per una strategia italiana per l'intelligenza artificiale. Il Ministero le ha quindi sintetizzate il 31 luglio 2019 nella Strategia nazionale per l'intelligenza artificiale.

  Dal punto di vista finanziario, la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018, articolo 1, comma 226), ha istituito un Fondo per lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things, con una dotazione di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, per finanziare progetti di ricerca e sfide competitive in questi campi.
  Il Ministero dello sviluppo economico, con decreto 26 marzo 2019, ha quindi approvato il «Programma di supporto tecnologie emergenti nell'ambito del 5G», a valere sulle risorse disponibili dalla Delibera CIPE 61/2018 lettera c), per un importo complessivo fino a 45 milioni di euro, con l'obiettivo di realizzare progetti di sperimentazione, ricerca applicata e trasferimento tecnologico, da sviluppare anche in collaborazione con gli enti territoriali, relativi alle tecnologie emergenti, quali Blockchain, Intelligenza Artificiale (AI), Internet delle cose (IoT), collegate allo sviluppo delle reti di nuova generazione. La dotazione finanziaria del Programma è stata successivamente rimodulata dal decreto del Ministero dello sviluppo economico 5 giugno 2019 in relazione al numero delle manifestazioni di interesse ricevute dalle amministrazioni comunali. Il 5 agosto 2019, è stata avviata dal Ministero dello sviluppo economico la procedura di selezione dei progetti di sperimentazione, ricerca applicata e trasferimento tecnologico, in attuazione della Pag. 146delibera del CIPE n. 61/2018, nell'ambito dell'Asse II del Programma di sviluppo delle tecnologie emergenti. La dotazione finanziaria di questa parte del Programma è di 5 milioni di €, finanziati da risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020.

  Con il decreto-legge n. 135 del 2018 sono state inoltre introdotte nel nostro ordinamento le definizioni di blockchain e smart contract.
  Il 13 marzo 2019 presso il Ministero dello sviluppo economico è stato presentato il primo progetto pilota che promuove l'applicazione della tecnologia blockchain alle PMI per la tracciabilità del Made in Italy, con l'obiettivo di individuare i vantaggi della tecnologia blockchain in termini di tracciabilità dei prodotti lungo la filiera, certificazione al consumatore della loro provenienza, contrasto alla contraffazione, garanzia della sostenibilità sociale ed ambientale delle produzioni del Made in Italy. I risultati della sperimentazione sono stati presentati il 14 novembre 2019 ed è stato redatto un Documento di Sintesi che descrive lo studio di fattibilità «La Blockchain per la tracciabilità del Made in Italy», in tutte le sue fasi e riporta i risultati della sperimentazione realizzata.

  Con riferimento ai big data va segnalata la pubblicazione, il 10 febbraio 2020 delle risultanze dell'indagine conoscitiva condotta da AGCOM, AGCM e Autorità garante della protezione dei dati personale sui big data.

I piani generali per la digitalizzazione del Paese.

  Con riferimento alle iniziative di sistema per la digitalizzazione del Paese il Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione ha presentato, a dicembre 2019, il piano Italia 2025, una strategia complessiva per la digitalizzazione del Paese che indica tre sfide (società digitale, obiettivo innovazione e sviluppo sostenibile e inclusivo) per affrontare le quali sono delineate 20 azioni di innovazione in diversi ambiti: dall'identità digitale, alla progettazione e sperimentazione di soluzioni di intelligenza artificiale applicata ai procedimenti amministrativi e alla giustizia, in coerenza con i principi europei, all'utilizzo dei big data prodotti ma scarsamente utilizzati dai fornitori di pubblici servizi, alle modalità di trasferimento alla produzione delle capacità innovative della ricerca. La strategia sarà aggiornata ogni 4 mesi per verificare lo stato di sviluppo delle azioni, l'inserimento di nuove azioni e il raggiungimento della visione generale. Per approfondimenti si rinvia al citato documento.
  Accanto a tale documento va ricordato anche il Piano Triennale 2019-2021 per l'informatica nella Pubblica Amministrazione, redatto dall'AGID in base alla Legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 513 l. n. 208/2015), è stato approvato l'11 marzo 2019 dal Ministro per la Pubblica Amministrazione. Esso aggiorna la strategia di trasformazione digitale per lo sviluppo dell'informatica pubblica italiana, già definita nel Piano Triennale per l'informatica nella Pubblica Amministrazione 2017-2019 (approvato dal Presidente del Consiglio il 31 maggio 2017), nel quadro della «Strategia per la crescita digitale 2014- 2020» e del «Piano Nazionale per la Banda Ultralarga». Esso è coerente con il Piano di azione europeo sull'e-Government 2016-2020.
  Il Piano detta gli indirizzi per una strategia condivisa con tutti gli attori della trasformazione digitale del Paese: Pubblica amministrazione, cittadini, imprese, mercato, mondo della ricerca. Tra le novità vi sono le seguenti:
   - il recepimento delle modifiche introdotte del Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD- decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005) e delle recenti direttive e regolamenti europei sull'innovazione digitale;
   - il rafforzamento del paradigma Cloud della PA con l'applicazione del principio cloud first;
   - la definizione di modelli e strumenti per l'innovazione per la PA con Pag. 147un'attenzione ai temi dell’open innovation, dell'innovation procurement e al paradigma smart landscape;
   - un maggiore risalto al ruolo delle amministrazioni territoriali, che saranno accompagnate nel loro percorso di trasformazione digitale;
   - la condivisione con le amministrazioni degli strumenti di monitoraggio delle azioni;
   - il rafforzamento del tema delle competenze manageriali e digitali all'interno delle pubbliche amministrazioni.

La Cybersicurezza e l'utilizzo dei poteri speciali nel 5G.

  Nel corso degli ultimi anni sono stati adottati una serie di provvedimenti normativi volti a definire l'architettura strategica nazionale per la sicurezza cibernetica al fine di potenziare progressivamente le capacità di difesa cibernetica del Paese.
  La legge n. 133 del 2012 ha introdotto nel testo della legge n. 124 del 2007, recante «Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto», nuove specifiche competenze del Presidente del Consiglio, del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) e del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) in materia di sicurezza cibernetica.
  Successivamente, nel 2013, con il cosiddetto «decreto Monti» (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 gennaio 2013), l'Italia ha provveduto a definire le molteplici competenze di settore tra i diversi attori istituzionali delineando la governance nazionale in materia di cybersicurezza.
  Il 17 febbraio 2017 è stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante la «Direttiva in materia protezione cibernetica e sicurezza informatica nazionali» (cosiddetto «decreto Gentiloni») che ha interamente sostituito il precedente decreto del 2013, introducendo importanti innovazioni volte, in particolare, ad assicurare un maggiore coordinamento tra le diverse strutture istituzionali previste nel nuovo quadro strategico.
  Nel maggio del 2018 con il decreto legislativo n. 65 del 2018 di recepimento della direttiva 2016/1148 (cosiddetta «direttiva NIS») sono stati delineati ulteriori interventi di rafforzamento del sistema di sicurezza cibernetica del Paese. Dal 2018 trova, inoltre, applicazione il decreto legislativo n. 101 adottato per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 (noto come «GDPR» General Data Protection Regulation), che impone a chi custodisce e tratta dati personali (soggetti pubblici e privati) l'adozione di standard di sicurezza più elevati rispetto al passato.
  Da ultimo il Consiglio dei ministri, nella seduta del 19 settembre 2019, ha approvato il decreto-legge n. 105 del 2019 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 settembre 2019) che introduce disposizioni urgenti in materia di «perimetro» di sicurezza nazionale cibernetica.
  Il decreto-legge n. 105 del 2019 è finalizzato ad assicurare, in particolare, un livello elevato di sicurezza delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici delle amministrazioni pubbliche, nonché degli enti e degli operatori nazionali, pubblici e privati, attraverso l'istituzione di un perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e la previsione di misure volte a garantire i necessari standard di sicurezza rivolti a minimizzare i rischi.
  Più nel dettaglio, l'istituzione del perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, al fine di assicurare la sicurezza di reti, sistemi informativi e servizi informatici necessari allo svolgimento di funzioni o alla prestazione di servizi, dalla cui discontinuità possa derivare un pregiudizio alla sicurezza nazionale, è demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del CISR (Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica), previo parere Pag. 148delle competenti Commissioni parlamentari, entro 4 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione.
  Ai sensi del successivo decreto-legge n. 162 del 2019, che ha modificato e integrato il decreto-legge n. 105 del 2019, l'elencazione dei soggetti rientranti nel perimetro è contenuta in un atto amministrativo, adottato dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del CISR. Tale atto, non accessibile, sarà trasmesso al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.
  Entro 10 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione spetta ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – da adottare su proposta del CISR, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari – la determinazione delle procedure di notifica degli incidenti prodottisi su reti, sistemi informativi e sistemi informatici inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e le misure di sicurezza.
  I suddetti decreti sono aggiornati – con cadenza almeno biennale – con la medesima procedura prevista per la loro adozione. Secondo una modifica introdotta con il citato decreto-legge n. 162 del 2019 essi e i relativi aggiornamenti sono trasmessi anche al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.
  È infine rimessa ad un regolamento – da emanarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entro 10 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione – la definizione delle procedure, delle modalità e dei termini ai quali devono attenersi le amministrazioni pubbliche, gli enti e gli operatori nazionali, pubblici e privati, inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, che intendano procedere all'affidamento di forniture di beni, sistemi e servizi ICT, destinati a essere impiegati sulle reti, sui sistemi informativi e per l'espletamento dei servizi informatici individuati nell'elenco trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dello sviluppo economico. Si tratta, in particolare, dei beni appartenenti a categorie individuate da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base di criteri tecnici che dovrà essere emanato entro 10 mesi dall'entrata in vigore della norma di conversione del decreto.
  Sono poi individuati alcuni compiti del Centro di valutazione e certificazione nazionale (CVCN), con riferimento all'approvvigionamento di prodotti, processi, servizi di tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) e associate infrastrutture – qualora destinati a reti, sistemi informativi, sistemi informatici ricompresi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica.
  Al contempo sono determinati alcuni obblighi per: gli operatori dei servizi essenziali; i fornitori di servizi digitali; le imprese che forniscono reti pubbliche di comunicazioni o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica.
  È altresì previsto che il Presidente del Consiglio – su deliberazione del CISR – possa disporre la disattivazione, totale o parziale, di uno o più apparati o prodotti impiegati nelle reti, nei sistemi o per l'espletamento dei servizi interessati. Entro 30 giorni il Presidente del Consiglio è tenuto a informare il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) delle misure disposte.
  Al Presidente del Consiglio dei ministri è affidato inoltre il coordinamento della coerente attuazione delle disposizioni del decreto-legge che disciplinano il perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, anche avvalendosi del DIS che assicura gli opportuni raccordi con le autorità titolari delle attribuzioni e con i soggetti coinvolti. Il Presidente del Consiglio dei ministri trasmette alle Camere una relazione sulle attività svolte dopo l'adozione degli atti normativi secondari previsti dall'articolo 1 del decreto-legge per l'attuazione delle misure ivi stabilite.
  È disposta inoltre l'istituzione di un Centro di valutazione (CEVA) presso il Ministero dell'interno il quale, come quello del Ministero della difesa, sono accreditati presso il Centro di Valutazione e certificazione nazionale (CVCN) e sono tenuti ad Pag. 149impiegare metodologie di verifica e test quali definiti dal medesimo CVCN. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri saranno inoltre definiti gli obblighi di informativa di tali Centri con il CVCN.
  Il provvedimento reca quindi un articolato sistema sanzionatorio per i casi di violazione degli obblighi ivi previsti ed individua le autorità competenti all'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni. Le autorità titolari delle attribuzioni quali configurate dal decreto-legge, sono chiamate inoltre ad assicurare «gli opportuni raccordi» con il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) e con l'organo del Ministero dell'interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione.
  Parallelamente è autorizzata l'assunzione a tempo indeterminato di un contingente massimo di 77 unità di personale, di cui 67 di area terza e 10 di area seconda, tenuto conto dell'esigenza di disporre di personale in possesso della professionalità necessaria per lo svolgimento delle funzioni del Centro di valutazione e certificazione nazionale (CVCN). A sua volta, la Presidenza del Consiglio è autorizzata ad assumere fino a 10 unità di personale non dirigenziale, per lo svolgimento delle funzioni in materia di digitalizzazione. Il suddetto reclutamento del personale avviene attraverso l'espletamento di uno o più concorsi pubblici.
  Alcune disposizioni sono dettate per assicurare il raccordo tra il decreto-legge e la normativa in materia di esercizio dei poteri speciali governativi sui servizi di comunicazione a banda larga basati sulla tecnologia 5G. È inoltre esteso l'ambito operativo delle norme in tema di poteri speciali esercitabili dal Governo nei settori ad alta intensità tecnologica (cosiddetto golden power).
  Nuove norme sono, al contempo, dettate in materia di esercizio di poteri speciali da parte del Governo. Il nuovo articolo 4-bis infatti, riprendendo ed integrando le previsioni del decreto-legge n. 64 del 2019, non convertito in legge, modifica il decreto-legge n. 21 del 2012 in tema di poteri speciali del Governo nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni (cosiddetto golden power).
  Sono in particolare previste le seguenti modifiche: viene in generale allungato il termine per l'esercizio dei poteri speciali da parte del Governo, con contestuale arricchimento dell'informativa resa dalle imprese detentrici degli asset strategici; si amplia l'oggetto di alcuni poteri speciali; sono modificati e integrati gli obblighi di notifica finalizzati all'esercizio dei poteri speciali; viene modificata la disciplina dei poteri speciali in tema di tecnologie 5G, per rendere il procedimento sostanzialmente simmetrico rispetto a quello previsto per l'esercizio dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale; viene ridefinito il concetto di «soggetto esterno all'Unione europea» e sono precisati i criteri per determinare se un investimento estero è suscettibile di incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico.

La normativa sulle emissioni radio.

  La disciplina dei limiti all'esposizione alle esposizioni radio e ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici è contenuta all'articolo 4, comma 2, lettera a) della legge 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici).
  Tale disposizione rimette la definizione di tali limiti a due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri rispettivamente riguardanti la popolazione intesa in termini generali (lettera a) e i lavoratori e le lavoratrici professionalmente esposti (lettera b). Tale disciplina è stata attuata con riferimento alla popolazione con i due decreti dell'8 luglio 2003.
  Con riguardo ai valori limite di esposizione per i lavoratori è successivamente intervenuto il decreto legislativo n. 81 del 2008, in materia di tutela della salute e Pag. 150della sicurezza nei luoghi di lavoro, oggi novellato dal decreto legislativo n. 159 del 2016, che ha disciplinato i limiti per l'esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz. I valori limite di esposizione (VLE) concernono esclusivamente le relazioni scientificamente accertate tra effetti biofisici diretti a breve termine ed esposizione ai campi elettromagnetici e sono individuati nell'allegato XXXVI al decreto legislativo (009).
  Passando all'esame dei valori di riferimento per la popolazione generale nonostante l'ambito di applicazione della legge n. 36 del 2001 fosse esteso a tutti gli impianti, i sistemi e le apparecchiature suscettibili di comportare l'esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz (articolo 2), i citati decreti del Presidente del Consiglio dei ministri hanno distinti campi di applicazione. L'uno riguarda infatti i campi generati da sorgenti fisse con frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz (impianti radioelettrici) ovvero i campi ad alte frequenze; l'altro si riferisce invece ai campi generati da elettrodotti (frequenza di rete di 50 Hz), ovvero ai campi a basse frequenze. Nel merito, i due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri introducono valori limite complessivamente più restrittivi rispetto a quelli contemplati sia dalle disposizioni previgenti sia dalle norme europee e internazionali (si veda il paragrafo sulla normativa europea ed internazionale).
  Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente gli impianti radioelettrici prevede tre tipologie di valori limite:
   i limiti di esposizione (tabella 1 dell'allegato B);
   i valori di attenzione (tabella 2 dell'allegato B);
   gli obiettivi di qualità (che coincidono coi valori di attenzione).

  Si riportano di seguito esclusivamente i limiti concernenti l'intensità di campo elettrico, che sono stati oggetto di esame nel corso delle audizioni, e di densità di potenza che sono il riferimento essenziale nelle nuove linee guida dell'ICNIRP per il rispetto dei limiti d'emissione per valori superiori ai 2 GHz.
  Il limite di intensità di campo elettrico per le alte frequenze (tipiche della telefonia, delle antenne televisive e dei ripetitori 5G) della tabella 1 dell'allegato B è pari a 40 V/m per le frequenze da 3 a 300 GHz mentre è pari a 20 V/m per le frequenze da 3 MHz a 3 GHz. Tali valori devono essere rilevati ad un'altezza di m. 1,50 sul piano di calpestio e mediati su qualsiasi intervallo di sei minuti (secondo quanto previsto sia dal testo originario del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sia dalle modifiche intervenute con l'articolo 14, comma 8 del decreto-legge n. 179 del 2012).
  Il limite di intensità di potenza è pari a 1 Watt per metro quadro con riferimento alle frequenze tra 3 MHz fino a 3 GHz e di 4 W/m2 per le frequenze da 3 a 300 GHz.

  I valori di attenzione, definiti a titolo precauzionale per la protezione da possibili effetti a lungo termine eventualmente connessi con le esposizioni ai campi generati alle suddette frequenze, indicati nella tabella 2 all'allegato B sono stabiliti in 6 V/m senza distinzioni tra le diverse frequenze. Tali valori sono altresì utilizzati anche come obiettivi di qualità (indicati alla tabella 3 dell'allegato B). Allo stesso modo i valori di densità di potenza sono stabili in 0,10 W/m2 senza distinzione di frequenza sia come valori di attenzione che come valori obiettivo.
  I valori di attenzione si applicano, a seguito delle previsioni del citato articolo 14, comma 8 del decreto-legge n. 179 del 2012:
   all'interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere;Pag. 151
   nelle pertinenze esterne con dimensioni abitabili, quali balconi, terrazzi e cortili (esclusi i tetti anche in presenza di lucernai ed i lastrici solari con funzione prevalente di copertura, indipendentemente dalla presenza o meno di balaustre o protezioni anti-caduta e di pavimentazione rifinita, di proprietà comune dei condomini) solo nel caso di utilizzazione per permanenze non inferiori a quattro ore continuative giornaliere.

  I valori di attenzione (ossia quelli relativi ai 6 V/m) devono essere rilevati ad un'altezza di m. 1,50 sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell'arco delle 24 ore (ciò a seguito delle modifiche intervenute con l'articolo 14, comma 8 del decreto-legge n. 179 del 2012, posto che il testo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevedeva, analogamente alla verifica dei limiti di intensità che i risultati fossero mediati su qualsiasi intervallo di sei minuti).

  I valori obiettivo (coincidenti con i valori di attenzione) sono invece richiamati in quanto applicabili nelle aree intensamente frequentate all'aperto.
  Secondo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per aree intensamente frequentate si intendono anche superfici edificate ovvero attrezzate permanentemente per il soddisfacimento di bisogni sociali, sanitari e ricreativi.
  Anche tali valori di esposizione devono essere determinati ad un'altezza di m 1,50 sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell'arco delle 24 ore ai sensi di quanto stabilito dal citato articolo 14, comma 8 del decreto-legge n. 179 del 2012 (anche in tal caso il testo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevedeva, analogamente alla verifica dei limiti di intensità che i risultati fossero mediati su qualsiasi intervallo di sei minuti).
  Come si comprende da tale disciplina nella quasi totalità delle aree urbane italiane il limite di esposizione è pari a 6 V/m essendo residuali le possibilità di applicazione dei limiti di soglia di 20 e 40 V/m.

Le scelte normative in materia di applicazione e sviluppo del modello wholesale only nel settore delle telecomunicazioni in Francia, Germania e Regno Unito.

Francia.

  Entro il 2022, il territorio francese sarà coperto da connessione Internet superveloce (THD). Almeno questo è ciò a cui mira lo Stato francese con il suo piano per la Francia ad altissima velocità (France Très Haut Débit).
  Lanciato nel 2013, questo piano mira a fornire accesso a Internet a tutti gli alloggi, alle imprese e agli istituti privati e pubblici. In particolare, all'interno del piano si distinguono due zone: zone di iniziativa privata e zone di iniziativa pubblica (le cosiddette «Réseaux d'Initiative Publique» – RIP).
  L'obiettivo delle reti di iniziativa pubblica è quello di compensare l'assenza di iniziativa privata in materia di rete. Gli operatori privati hanno già avviato la distribuzione (un francese su due ha già accesso al THD), ma gli investimenti privati si sono rivelati finora insufficienti. L'idea è dunque quella di integrare gli investimenti privati con quelli pubblici tramite appunto le RIP.
  Il piano è organizzato in due zone distinte:
   zone di iniziativa privata. Si tratta di grandi città e capitali dipartimentali. In queste aree, gli operatori privati si sono impegnati a investire nello spiegamento della fibra entro il 2020. L'investimento rappresenta tra i 6 e i 7 miliardi di euro. Rende possibile offrire a singoli e professionisti l'accesso a Internet tramite fibra ottica ad altissima velocità;
   zone di iniziativa pubblica. Corrispondono a tutte le zone non incluse nella prima categoria. Le aree isolate sono in effetti molto meno redditizie per gli operatori privati e soffrono di una mancanza di investimenti. Questo è il motivo per cui le autorità locali hanno deciso di offrire reti di iniziativa pubblica intese a sviluppare Internet ad Pag. 152altissima velocità. Per la costruzione di tali reti ricevono una dotazione statale da 6 a 7 miliardi di euro, mentre il resto è parzialmente finanziato dalle entrate e dal cofinanziamento degli operatori.

  L'articolo L. 1425-2 del CGCT (Codice generale delle collettività territoriali), che integra l'articolo L. 1425-1, stabilisce i principi e le misure che le autorità pubbliche locali devono rispettare per raggiungere gli obiettivi del piano Altissima velocità.
  Le autorità locali possono svolgere tre tipi di azioni:
   installare infrastrutture passive di rete per renderle disponibili agli operatori. Si tratta di opere di ingegneria civile, costituite in particolare da piloni e cavi;
   eseguire un'attività di «operatore operatore», vale a dire prendere in carico servizi all'ingrosso e mettere a disposizione degli operatori le strutture (modello Wholesale);
   fornire servizi agli utenti finali, compresa la commercializzazione di abbonamenti Internet a banda larga o THD, non prima tuttavia di aver constatato la mancanza di iniziative private.

  Dopo aver verificato l'insufficienza delle iniziative private attraverso un bando di gara non andato a buon fine, le autorità pubbliche possono quindi intervenire a favore dello sviluppo digitale e scegliere tra differenti meccanismi giuridici generali, più o meno orientati verso il settore pubblico o privato. Per fare ciò, le comunità locali devono prima rispettare le condizioni previste dalla normativa e in particolare predisporre un progetto specifico, da trasmettere all'Autorità per le comunicazioni e le poste elettroniche (Autorité de régulation des communications électroniques, des postes et de la distribution de la presse – ARCEP) (010).
  Il progetto avviato nell'ambito di una rete di iniziativa pubblica deve rispettare una serie di condizioni formali. Durante la preparazione e almeno due mesi prima dell'istituzione o della gestione di una rete, la comunità deve presentare il proprio progetto all'ARCEP. In questo progetto, la comunità deve in particolare dimostrare di agire a causa della mancanza di iniziative private in grado di soddisfare le esigenze degli utenti finali. Il progetto deve includere altresì la descrizione precisa di ciascuno dei progetti e i relativi metodi di attuazione. L'ARCEP verifica quindi che il progetto sia conforme ai principi che regolano le RIP. Tutte le RIP devono in particolare essere coerenti, il che implica un forte coordinamento tra le diverse comunità. Devono inoltre garantire l'uso condiviso delle infrastrutture, ma anche rispettare il principio di uguaglianza e libera concorrenza. L'Autorità può anche verificare la politica dei prezzi delle autorità pubbliche, che devono rispettare le sue direttive.
  Una volta avviata l'attività, le autorità pubbliche sono costantemente soggette a controllo e devono rispettare i principi posti dall'ARCEP. Sono in particolare vincolate dagli stessi obblighi degli operatori di telecomunicazioni convenzionali. Inoltre, al pari di ogni delegazione di servizio pubblico, le autorità locali devono separare le loro attività tradizionali da quelle specifiche delle telecomunicazioni.
  Per quel che riguarda in particolare lo stato di avanzamento delle reti di iniziativa pubblica in Francia, si ricorda che sono in corso non meno di 84 progetti, alcuni dei quali hanno una portata extradipartimentale.
  Sul sito dell'ARCEP la pagina dedicata all'Osservatorio sull'altissima velocità consente inoltre di visualizzare e valutare lo stato di avanzamento del piano.
  In tale quadro normativo, ordinamentale ed economico si innesta l'attività di Orange Wholesale France (OWF) (011), che ha conosciuto una notevole diversificazione con l'aumento di potenza dello spiegamento Pag. 153dell'FTTH (acronimo di Fiber to the Home). Tenuto conto dell'entità degli investimenti da realizzare (Orange Wholesale France ha previsto di investire 4,5 miliardi di euro tra il 2015 e il 2018), l'ARCEP ha messo in atto un modello innovativo di cofinanziamento. Pertanto, prima che l'infrastruttura FTTH sia installata in un determinato comune o area geografica, Orange consulta gli operatori dichiarati presso l'ARCEP e li invita a partecipare al suo intervento.
  Gli operatori che si impegnano a cofinanziare le infrastrutture di Orange beneficiano, in cambio, di un diritto di lunga durata sulle reti FTTH. Per contro, Orange può anche partecipare allo sforzo comune e impegnarsi a cofinanziare le infrastrutture realizzate da un altro attore sulla zona ad alta densità (Tres Dense) – ZTD, o su una zona al di fuori della ZTD, e quindi acquisire diritti di lunga durata.
  Questo modello innovativo ha implicato per OWF una diversificazione delle sue relazioni con gli operatori. Con la rete in rame – essenzialmente di proprietà di Orange – gli altri operatori erano semplicemente i clienti di Orange. Con l'FTTH, OWF deve gestire una relazione spesso simmetrica. Per sviluppare la banda larga su tutto il territorio entro il 2022, come già anticipato, gli operatori privati e gli enti territoriali investiranno 20 miliardi di euro in dieci anni nel quadro del piano Francia THD.
  In particolare nell'ambito dell'attuazione e dello sviluppo delle reti RIP, quando l'offerta di OWF è accettata dalla collettività, OWF istituisce una struttura dedicata, al fine di realizzare il progetto: a seconda dei compiti affidati, può trattarsi di costruire infrastrutture di comunicazione elettronica e/o di sfruttarle tecnicamente o addirittura di assicurarne la commercializzazione. Si tratta quindi di attività specifiche per OWF che richiedono un monitoraggio particolare, anche se rientrano nel core business di Orange: costruire e gestire reti.
  In Francia, ARCEP agisce inoltre come ente di stimolo per preparare lo spiegamento del 5G, le cui licenze non sono state ancora definitivamente assegnate.
  Nel 2017 essa ha tuttavia in via temporanea rilasciato numerose autorizzazioni per l'utilizzo della frequenza a fini sperimentali, in particolare nelle bande TDD a 2,6 GHz e 3,5 GHz in cui dovrebbero essere introdotti nuovi servizi a breve termine (reti mobili professionali, 5G).
  All'inizio del 2018, ha aperto altresì uno sportello «pilotes 5G», che offre uno spettro per testare il dispiegamento su vasta scala di piloti 5G (porti, ospedali, strade collegate, ecc.) e anticipare i modelli economici di domani.
  Arcep ha inoltre implementato due nuove azioni per aiutare le aziende innovative:
   gestione di un «box normativo», che consente ad Arcep di ridurre temporaneamente (fino a due anni) gli obblighi di un operatore al fine di supportarlo nello sviluppo di una tecnologia o servizio innovativo;
   una presenza regolare nell'incubatore di Station F come parte di French Tech Central, per incontrare le start-up, informare le società innovative del quadro sperimentale in vigore e incoraggiarle a presentare richieste di sperimentazione e Piloti 5G.

  Infine, a luglio 2018, lo Stato ha adottato una tabella di marcia per facilitare lo sviluppo e la diffusione del 5G, che prevede l'intervento a vari livelli di molti enti pubblici coinvolti. Il suddetto sportello 5G supporta e verifica il dispiegamento di antenne sul territorio e garantisce il rispetto dei valori limite di esposizione pubblica alle onde mentre l'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, l'ambiente e la sicurezza sul lavoro (ANSES) è responsabile della valutazione dell'impatto sulla salute associato allo spiegamento del 5G.
  Per quel che riguarda invece il 4G, ARCEP ha assegnato le licenze 4G agli operatori una prima volta alla fine del 2011, quindi successivamente alla fine del 2015. Le aste del 2011 hanno portato più di 3,5 miliardi di euro allo Stato, mentre quelle del 2015 2,8 miliardi.
  All'esito dell'espletamento dei bandi di gara sopra citati 4 operatori si contendono a oggi il mercato:
   Bouygues Telecom;Pag. 154
   Free Mobile;
   Orange S.A.;
   SFR (unico operatore che non si è impegnato ad ospitare operatori virtuali sulla sua rete (012)).

  Le prime tre compagnie hanno optato non per un modello Wholesale, bensì per un modello che prevede la presenza anche di altri operatori di telefonia mobile accanto a quelli che gestiscono la rete (l'infrastruttura).
  SFR si allontana ancor più da questo tipo di modello, in quanto non contratta con altri operatori, ma si occupa direttamente della commercializzazione dei propri diritti oltre che di gestire la rete.
  Una volta che le reti 4G sono state implementate, gli operatori virtuali, come ad esempio Virgin Mobile (uno dei maggiori), hanno lanciato abbonamenti 4G a partire dall'inizio del 2014 ad un prezzo vicino ai 20 euro al mese.
  Infine, occorre ricordare che la Loi n. 2019-810 du 1er août 2019 visant à préserver les intérêts de la défense et de la sécurité nationale de la France dans le cadre de l'exploitation des réseaux radioélectriques mobiles (legge volta a preservare gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale della Francia nel contesto del funzionamento delle reti radio mobili, conosciuta anche come «legge 5G»), introduce un nuovo schema di autorizzazione preventiva per l'uso di dispositivi di rete 5G da parte degli operatori. Questa legge risponde, in particolare, a numerose preoccupazioni sui possibili rischi di spionaggio o sabotaggio ed è conosciuta anche come legge « anti Huawei».
  Partendo dalla duplice constatazione che le reti 5G presentano una maggiore vulnerabilità a possibili attacchi informatici a causa della loro ampia ramificazione (moltiplicazione di antenne, sensori e nodi di informazione) e che, potenzialmente, ciascuna antenna può diventare una parte sensibile della rete (diversamente dalle reti 3G e 4G che sono centralizzate), la legge prevede che qualsiasi operazione di determinate apparecchiature radio connesse allo sviluppo del 5G sia soggetta all'autorizzazione preventiva del Primo Ministro. Le richieste di autorizzazione sono elaborate dalla’Agence nationale de la sécurité des systèmes d'information (ANSSI) ed un'autorizzazione può essere rifiutata se sussiste «un grave rischio di danni agli interessi della difesa e della sicurezza nazionale».

Germania.

  Il gruppo societario Deutsche Glasfaser con sede a Borken (Renania settentrionale-Vestfalia) è un operatore di rete interamente in fibra « wholesale only» (in tedesco « ausschließlich auf der Vorleistungsebene tätige Unternehmen») che opera esclusivamente all'ingrosso offrendo l'accesso a condizioni eque e non discriminatorie a tutti gli operatori di mercato interessati. Questo tipo di operatore è definito in particolare dall'articolo 80 della direttiva 2018/1972/UE dell'11 dicembre 2018 che istituisce il nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche. La Germania, come tutti gli Stati membri dell'UE, dovrà recepire (013) la direttiva entro il 21 dicembre 2020.
  Con progetti di pianificazione e costruzione innovativi la Deutsche Glasfaser realizza, in stretta collaborazione con gli enti locali connessioni di rete con tecnologia FTTH (Fiber to Home – in tedesco Glasfaser bis ins Haus) in modo rapido ed economicamente efficiente, anche nell'ambito dei programmi esistenti che promuovono Pag. 155l'espansione capillare della banda larga. Finora il gruppo ha realizzato oltre 500.000 connessioni FFTH in tutto il territorio tedesco, come nessun altro investitore o operatore delle telecomunicazioni. Per attuare il piano di espansione di un milione di connessioni sono stati messi a disposizione circa 1,5 miliardi di euro di capitale.
  Il 6 dicembre 2019 sono stati avviati i primi progetti di cooperazione tra Deutsche Glasfaser e Vodafone Deutschland in Assia: la prima svilupperà le reti FTTH per darle in affitto a Vodafone. Questa collaborazione, che rientra nel modello wholesale(014), comporta un notevole risparmio di risorse e, soprattutto, mira ad accelerare la digitalizzazione dell'intera regione. Il compito della Deutsche Glasfaser sarà quello di portare la fibra ottica «fin dentro casa», mentre Vodafone – dopo un'efficace commercializzazione preventiva – prenderà a noleggio la rete gestendola in completa autonomia e procurandosi clienti con allettanti offerte internet.
  Recente (22 gennaio 2020) è la notizia di un progetto di collaborazione tra Deutsche Telekom(015) e Deutsche Glasfaser che, per la prima volta, prevede l'utilizzo comune dell'infrastruttura in fibra. Il progetto interessa alcune zone, in particolare Lüdinghausen, della Renania settentrionale-Vestfalia, in cui – secondo la dichiarazione di intenti sottoscritta dalle Parti – Deutsche Glasfaser metterà a disposizione di Deutsche Telekom l'infrastruttura di rete esistente ai fini dell'utilizzo. Quest'ultima avrà quindi la possibilità di sfruttare la fibra ottica del principale distributore di fibra (Deutsche Glasfaser) fin dentro la casa del cliente e di offrire così un portafoglio completo di prodotti. L'intesa raggiunta rappresenta un passo importante per accelerare l'espansione della fibra FTTH nell'interesse dell'utente finale il quale avrà a disposizione una più vasta gamma di offerte tra cui scegliere.
  La principale fonte normativa tedesca in materia di telecomunicazioni – nella quale sono state trasposte molte disposizioni di diritto comunitario – è costituita dalla Telekommunikationsgesetz del 22 giugno 2004, da ultimo modificata nel dicembre 2019 (016). Il nuovo Codice europeo delle comunicazioni non ha previsto un rimedio regolamentare sulla separazione societaria delle reti telecom dominanti, mantenendo le vecchie norme sulla separazione funzionale e su quella volontaria. In ambito europeo si era cercato infatti di contenere la posizione degli operatori dominanti nel settore delle comunicazioni riducendo gli effetti di potenziali abusi e discriminazioni con la direttiva 2009/40/UE, mediante la quale erano state introdotte specifiche disposizioni in merito alla separazione funzionale, mirante a separare, all'interno dell'azienda dominante, le funzioni wholesale da quelle retail. Per quanto concerne la separazione vera e propria, e cioè strutturale e societaria, dell'operatore dominante, essa è prevista dalla stessa direttiva, ma soltanto come «volontaria». In attesa che vengano recepite le novità introdotte dalla direttiva sul nuovo codice europeo delle telecomunicazioni (017), anche per la Germania si confermano Pag. 156il § 40 (funktionelle Trennung) e il § 41 (freiwillige Trennung durch ein vertikal integriertes Unternehmen) della Telekommunikationsgesetz, con i quali sono stati recepiti (018), rispettivamente, l'articolo 13-bis (separazione funzionale) e l'articolo 13-ter (separazione volontaria da parte di un'impresa verticalmente integrata) della direttiva 2002/19/CE relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all'interconnessione delle medesime, come modificata dalla citata direttiva 2009/40/CE.

Regno Unito.

  Il Digital Economy Act 2017 ha conferito al Governo britannico un ruolo propulsivo nella definizione delle priorità strategiche nel settore delle telecomunicazioni, nel presupposto che questo abbia rilievo determinante nell'ambito della strategia industriale del Paese e sia indispensabile per la crescita e la competitività del suo sistema economico. In esercizio di tale ruolo, il Governo adotta atti di indirizzo (Statement of Strategic Priorities) ai quali si conforma l'attività regolatrice dell'autorità di settore, Ofcom.
  La realizzazione di una rete di connettività digitale, tecnologicamente avanzata ed estesa all'intero territorio nazionale, è il tema del documento pubblicato nel 2018 con cui il Department for Digital, Culture, Media & Sport ha avviato una consultazione pubblica in materia (Future Telecoms Infrastructure Review). Tale obiettivo è enunciato in relazione a alla copertura del sistema di comunicazione in fibra ottica nella modalità FTTP (Fibre to the PreMinistero dello sviluppo economicos) e al passaggio della rete delle telecomunicazioni allo standard 5G.
  Per quanto concerne la realizzazione dell'infrastruttura nazionale in fibra ottica, è stimato un livello di investimenti pari a circa 30 miliardi di sterline, per il cui reperimento si reputa necessario un assetto regolatorio in grado di attrarre gli investimenti privati e di assicurare nel contempo la disponibilità dei servizi di connettività nelle aree periferiche del Paese. Se infatti per la realizzazione di tale infrastruttura viene fatto affidamento principalmente agli investimenti privati e alla regolazione del mercato da parte dell'autorità di settore, il carattere «universale» che deve connotarla, per contro, richiede il concorso pubblico affinché la copertura sia inclusiva delle zone rurali: in questo senso si è pronunciata la National Infrastructure Commission nel documento pubblicato nel luglio 2018.
  Il mercato dei servizi di telecomunicazione a banda larga nel Regno Unito si distingue per il carattere fortemente competitivo e per l'ampia offerta verso i consumatori. Il principale operatore è British Telecom (BT) che nel 2017 ha provveduto allo scorporo dalla compagine societaria di Openreach, responsabile della messa in opera dei collegamenti dell’«ultimo miglio» della rete di distribuzione, reso disponibile su basi non discriminatorie ai fornitori di contenuti digitali; Openreach è altresì tenuta a consentire l'utilizzazione della sua infrastruttura passiva da parte di altri operatori al fine di consentire ad essi la realizzazione di proprie reti.
  Il secondo operatore per dimensioni è Virgin Media, gestore della rete di telefonia fissa con copertura pari a più delle metà delle utenze su scala nazionale. Negli ultimi decenni, questo operatore ha ammodernato la propria rete (adeguandola allo standard tecnologico DOCSIS) al fine di fornire servizi di connessione super-veloce; caratterizzato da integrazione verticale, a differenza di BT esso non consente l'accesso alla propria rete da parte di operatori concorrenti. L'offerta agli utenti è integrata dai servizi da gestori di minori dimensioni (ad es. KCOM, Hyperoptic, Gigaclear) hanno operatività limitata perlopiù all'ambito locale, urbano o rurale; alcuni di essi si caratterizzano per l'innovativo modello gestionale basato sul finanziamento Pag. 157delle comunità locali (B4RN), oppure per la destinazione della rete a «parchi aziendali» (Glide).
  In tempi più recenti si è aggiunta l'offerta di CityFibre, caratterizzato da una infrastruttura a fibra ottica resa disponibile in più di quaranta centri urbani secondo il modello « wholesale-only», idoneo a incentivare gli investimenti per la realizzazione delle reti della separazione dei fornitori di capacità di banda da quelli di servizi destinati ai clienti finali.
  Al riguardo, nel documento di consultazione del 2018 (richiamato sopra) si è osservato come ad un modello competitivo denominato « in the market», poiché interno al mercato di riferimento e basato sulla concorrenza tra i soggetti che vi operano in relazione alla gestione di infrastrutture di rete o fornitura di servizi agli utenti, si sia affiancato un secondo modello definito « for the market», orientato ad assegnare ai gestori, su base competitiva, il diritto ad operare in ambiti geografici esclusivi (a carattere locale o nazionale). Peraltro, i due modelli non sono intesi come necessariamente alternativi, potendo essi coesistere in relazione alle differenti caratteristiche delle aree interessate.
  Circa la convenienza del modello « wholesale only», in particolare, il Governo britannico ha tratto l'orientamento (espresso negli allegati al documento suddetto, anche sulla base di un'indagine comparativa con le soluzioni adottate in altri Paesi) che esso possa agevolare migliori condizioni di competitività tra i gestori e incoraggiarne gli investimenti per la realizzazione di nuove infrastrutture di rete, con benefici per gli utenti in misura maggiore rispetto ai vantaggi di un assetto competitivo dell'accesso alla rete unitariamente gestita dall’« incumbent» British Telecom. A tale conclusione è peraltro giunta la stessa Ofcom, che ad esito di un'indagine effettuata nel 2018 ha riconosciuto nell'offerta resa in regime di concorrenza tra le reti un rilevante incentivo per investimenti a carattere continuativo nel settore, per l'innovazione tecnologica, per la riduzione dei costi e per assicurare benefici duraturi ai consumatori.
  Il modello suddetto, peraltro, è delineato unitamente ad una impostazione rivolta a minimizzare l'impatto di nuove regolamentazioni (regulatory forbearance), limitando l'intervento normativo allo stretto necessario. Sotto questo profilo e in linea di principio, l'approccio del Regno Unito appare in linea con gli orientamenti delineatisi in seno all'Unione Europea (ed ora accolti nel «Codice europeo delle comunicazioni elettroniche» istituito dalla Direttiva 2018/1972) in ordina alla separazione funzionale – sebbene da introdursi su base volontaria – tra l'attività wholesale e l'attività retail esercitate dai gestori di reti di telecomunicazione.

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ALLEGATO 2

Programma di lavoro della Commissione per il 2020 – Un'Unione più ambiziosa (COM(2020)37 final).

Programma di lavoro adattato 2020 della Commissione (COM(2020)440 final).

Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno 2020 (Doc. LXXXVI, n. 3).

PARERE APPROVATO

  La IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni),
   esaminati, per le parti di competenza, il Programma di lavoro della Commissione per il 2020 – Un'Unione più ambiziosa (COM(2020)37 final), il Programma di lavoro adattato 2020 della Commissione (COM(2020)440 final) e la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno 2020 (Doc. LXXXVI, n. 3);
   considerata preliminarmente la rilevanza dei documenti della Commissione europea, che individuano gli obiettivi della Commissione appena insediata;
   apprezzata la tempestività con la quale tali obiettivi sono stati rivisti e aggiornati alla luce dell'emergenza sanitaria, il cui impatto ha fortemente condizionato la vita e l'economia dell'Unione europea;
   preso atto che sono stati adottati, in tempi molto rapidi, 291 decisioni e altri atti dall'inizio dell'emergenza sanitaria da COVID-19, la maggioranza dei quali non era prevista né figurava nel programma di lavoro della Commissione europea per il 2020 in ragione dell'urgenza e della natura drammatica della situazione;
   rilevato che la Commissione ha dovuto riadattare il proprio lavoro passando dal conseguire obiettivi a lungo termine alla gestione immediata della crisi, confermando in primo luogo l'impegno a rispettare quanto previsto dal suo programma di lavoro ed in secondo luogo, a causa della natura e della portata della crisi e della necessità di concentrarsi sulla sua gestione, rivedendo la tempistica di alcune delle azioni proposte;
   preso atto positivamente che la Commissione ha confermato, tra le iniziative essenziali che saranno adottate nei termini inizialmente previsti dal Programma di lavoro, la strategia per una mobilità sostenibile e intelligente e la disciplina sui servizi digitali;
   apprezzata l'intenzione della Commissione di confermare anche i termini per l'iniziativa di carattere legislativo «FuelEU Maritime – Spazio marittimo europeo sostenibile», per l'iniziativa legislativa «ReFuelEU Aviation – Carburanti per l'aviazione sostenibili» nonché per il Pacchetto sui servizi aerei;
   considerata l'attenzione che la Commissione ha riservato al green deal europeo e alla trasformazione digitale, grazie ad iniziative quali la strategia complessiva per l'era digitale, la strategia in materia di dati non personali e il Libro bianco sull'intelligenza artificiale;
   preso atto della decisione della Commissione di rinviare al primo trimestre Pag. 1592021 il seguito del Libro bianco sull'intelligenza artificiale, anche in materia di sicurezza, responsabilità, diritti fondamentali e dati, nonché la disciplina legislativa su caricabatterie comuni per telefoni cellulari e altri dispositivi portatili e la revisione del regolamento sul roaming;
   apprezzata quindi l'intenzione della Commissione di prevedere interventi volti all'elaborazione di misure legislative per standardizzare i dispositivi di ricarica dei cellulari e di altri dispositivi con l'obiettivo di ridurre i rifiuti elettronici, nonché alla revisione della direttiva sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi e alla presentazione di un piano d'azione aggiornato per l'istruzione digitale;
   preso atto positivamente della strategia annunciata dal Governo in materia di riforma delle reti europee di trasporto TEN-T e in particolare delle attività in corso propedeutiche alla revisione del regolamento (UE) n. 1315/2013 sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete TEN-T, alla luce delle future nuove sfide economiche, politiche, tecnologiche e sociali ed a seguito dei negoziati in risposta all'uscita del Regno Unito dall'Unione europea e che la Commissione europea ha infatti deciso di anticipare tale processo di revisione al 2021;
   preso atto inoltre dell'intenzione della Commissione europea, superata la fase drammatica dell'emergenza, di favorire e guidare la ripresa anche con un piano specifico (COM(2020)456), che comprenda un nuovo strumento nell'ambito del quadro finanziario pluriennale rinnovato, come preannunciato nell'aggiornamento del programma di lavoro;
   ricordato che nel corso del 2020 è prevista anche l'adozione del nuovo regolamento che stabilisce lo strumento di finanziamento «Meccanismo per collegare l'Europa» per il periodo 2021-2027 (COM(2018)438) – nell'ambito del più ampio contesto del Quadro Finanziario Pluriennale dell'Unione europea – rispetto al quale il Governo sosterrà la posizione secondo la quale è opportuno non solo conservare ma anche incrementare la dotazione finanziaria dello strumento «Meccanismo per Collegare l'Europa», soprattutto sotto la forma di finanziamenti a fondo perduto, per le molteplici finalità d'uso dello stesso, ivi inclusi programmi di spesa per la sicurezza delle infrastrutture;
   rilevato che nell'ambito delle politiche di coesione sostenute con il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR), con riferimento ai grandi progetti infrastrutturali, coerentemente con quanto previsto dalla Programmazione 2014-2020, il PON Infrastrutture e Reti 2021-2027 potrebbe consentire la destinazione di risorse per il completamento delle direttrici TEN-T, mediante il finanziamento di interventi ricompresi all'interno di due progetti prioritari per il tessuto trasportistico del Mezzogiorno, quali la velocizzazione della linea ferroviaria Napoli-Bari e la velocizzazione della linea ferroviaria Messina-Catania-Palermo;
   evidenziato che con riferimento al trasporto stradale il Governo segnala che, in ordine alla proposta di modifica della direttiva 1999/62/CE, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastrutture [COM(2017) 275] (cosiddetta «Eurovignette»), sosterrà l'abolizione dei sistemi di tariffazione basati sul tempo, favorendo i sistemi basati sulla distanza percorsa e supporterà l'estensione di alcune disposizioni anche ad altre tipologie di veicoli, quali veicoli leggeri ed auto per trasporto passeggeri;
   apprezzato che, in ordine alla suddetta proposta di modifica, il Governo valuterà con cautela l'eliminazione dei tetti massimi dei costi esterni, in relazione ai nuovi valori di riferimento, provvedendo a sostenere quanto richiesto dal Senato con l'atto di indirizzo adottato dalla 8a Commissione Permanente in data 26 luglio 2017 (sub lettere a e b) ovvero di ampliare la portata del vincolo di destinazione degli introiti da mark-up (maggiorazione), prevedendo l'obbligo del reinvestimento nel settore dei trasporti, nonché di assicurare Pag. 160che gli introiti derivanti dalla riscossione di oneri connessi alla congestione del traffico siano destinati a sostenere le infrastrutture e i servizi di trasporto collettivo;
   segnalato altresì che il Governo valuterà l'opportunità di supportare la proposta di modifica della direttiva 1999/62/CE, per quanto riguarda determinate disposizioni concernenti le tasse su autoveicoli [COM (2017) 276], intesa ad abolire i livelli minimi di tassazione attualmente previsti per i veicoli pesanti, mediante progressiva riduzione del 20 per cento all'anno, per cinque anni, previa verifica degli impatti sulla fiscalità regionale;
   apprezzata pertanto l'intenzione del Governo, come richiesto dal Senato con l'atto di indirizzo adottato dalla 8a Commissione Permanente in data 26 luglio 2017 (sub lettera a), di prevedere l'esclusione dei veicoli leggeri dal meccanismo di riduzione della tassazione solo in via temporanea, per motivi precauzionali, individuando a regime qualche forma di compensazione anche per tale categoria di veicoli, che sono invece assoggettati alla proposta di direttiva sui pedaggi stradali;
   preso atto positivamente dei notevoli progressi in fase di negoziato, con riferimento ai Regolamenti n. 1071/2009 (accesso alla professione di trasportatore su strada), n. 1072/2009 (accesso al mercato del trasporto di merci su strada in ambito UE), n. 561/2006 e 165/2014 (normativa sui tempi di guida e riposo nel settore del trasporto stradale e sul tachigrafo) nonché con riferimento alla direttiva 2006/22 sui controlli della normativa sociale e alle direttive 96/71/CE e 2014/67/UE sul distacco dei conducenti nel settore del trasporto stradale, al fine di addivenire ad un'intesa di compromesso tra le posizioni del Consiglio, del Parlamento e della Commissione europea;
   apprezzato che con riferimento al trasporto di merci tra l'Italia ed il Regno Unito, a seguito della Brexit, la Relazione programmatica dà conto dell'intendimento del Governo, ove non dovessero essere assicurate a livello dell'Unione europea soluzioni normative certe per il periodo successivo alla scadenza del regolamento 2019/501, di tenere aperto anche il canale dei rapporti bilaterali fra Italia e Regno Unito, al fine di perseguire soluzioni idonee ad assicurare la continuità del trasporto merci su strada;
   apprezzato che con riferimento al trasporto marittimo, la relazione programmatica dà conto dell'intendimento del Governo di continuare a sostenere le azioni e le attività necessarie per semplificare gli oneri amministrativi a carico degli operatori marittimi, anche con la prosecuzione dei processi di digitalizzazione delle procedure e dell'impegno a favorire la conversione ecologica del trasporto marittimo, sostenendo l'implementazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla realizzazione di infrastrutture per i combustibili alternativi (2014/94/UE) nonché di ogni altra iniziativa per verificare il rispetto dei limiti per le emissioni di zolfo, CO2 e gas serra previsti dalla normativa IMO2020 nelle acque territoriali e nei porti, proseguendo la promozione della decarbonizzazione nel settore del trasporto marittimo;
   evidenziato che con riferimento al trasporto aereo, oltre che alla conclusione di alcuni accordi globali e di alcuni negoziati di accordo globale, nonché negoziati di revisione del regolamento (CE) 1008/2008 e del regolamento (CE) 261/2004, il Governo, al fine di proseguire nell'attività di partecipazione alla normativa comunitaria ed internazionale, sarà impegnato, tra l'altro, a seguire gli sviluppi della Brexit e a seguire le fasi preparatorie alla formulazione da parte della Commissione europea della nuova proposta sul Cielo Unico Europeo (presumibilmente presentata nel 2020);
   apprezzato che, con riguardo al settore delle comunicazioni, la relazione dà conto dell'intendimento di portare avanti le diverse iniziative avviate dal Governo in coerenza con gli obiettivi e i diversi piani d'azione stabiliti in sede europea (Banda Ultralarga, 5G, WiFi, IOT e Intelligenza Pag. 161Artificiale) tese a promuovere gli investimenti innovativi nelle reti ad alta capacità e nei servizi digitali integrati e che nel 2020 è previsto l'avvio della fase di copertura delle aree grigie a fallimento tecnologico ed il sostegno alla domanda tramite l'utilizzo di voucher per l'utenza;
   rilevato inoltre che con riferimento al 5G, il Governo dà conto dell'intenzione di continuare nell'attività di monitoraggio delle sperimentazioni e degli obblighi di servizio al fine di attuare le iniziative necessarie per il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda 2025;
   apprezzata l'intenzione da parte del Governo di dare seguito alla liberazione della banda 700 MHz da parte degli operatori di rete radiotelevisiva titolari di diritto d'uso per i canali DVB-T in ambito nazionale e locale ricompresi nella predetta banda e alla contestuale riassegnazione ai medesimi operatori di rete del diritto d'uso per i canali DVB-T ricompresi nella banda 470-694 MHz, ai fini di un corretto ed equilibrato passaggio delle frequenze agli operatori telefonici che ne hanno acquisito i diritti d'uso (a seguito dell'asta per l'assegnazione delle frequenze 5G);
   evidenziato altresì che, nell'ambito dell'iniziativa WiFi4EU per la promozione della connettività nelle comunità locali, il Governo dà conto dell'intenzione di proseguire con le iniziative avviate dall'Italia per la costruzione di una rete nazionale federata WiFi che consente di collegarsi con un unico accesso a tutte le reti WiFi pubbliche gestite dalle autorità locali (progetto Piazza WiFi Italia);
   apprezzata, nel quadro dell'impegno del Governo di favorire iniziative per l'attuazione del mercato unico digitale, l'intenzione di dare attuazione al cosiddetto «pacchetto contratti digitali» (direttiva contratti di fornitura di contenuti digitali e di servizi digitali e direttiva contratti di vendita di beni), nonché alle nuove normative afferenti il mercato unico digitale (regolamento piattaforme on-line, direttiva copyright e direttiva SAT CAB), nonché con riferimento alla tecnologia blockchain, di continuare la collaborazione con l’European Blockchain Partnership e con la Convenzione MED7 sulla Blockchain;
   apprezzata altresì l'intenzione del Governo, con particolare riferimento al settore del digitale e all’e-commerce, di giungere ad una modifica della direttiva allineandosi così alla giurisprudenza nazionale ed europea sul tema della responsabilità degli host provider (prestatori di servizi), che ha interpretato in senso restrittivo l'assenza di un obbligo generale di sorveglianza, evitando comunque vincoli impropri per chi opera nel web;
   preso atto positivamente che, riguardo al settore della cybersicurezza, oltre alla collaborazione con ENISA ed ECSO, il Governo dà conto dell'intenzione di contribuire ai lavori che saranno condotti in ambito UE, sulla base della Raccomandazione (UE) 2019/534, per rafforzare la cybersicurezza delle reti 5G, considerato che molti servizi essenziali dipenderanno da tale tecnologia e che un eventuale malfunzionamento potrebbe avere gravi effetti sulle imprese e cittadini,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) si valuti l'opportunità di inserire all'interno del PON Infrastrutture e Reti 2021-2027, nell'ambito della destinazione di risorse per il completamento delle direttrici TEN-T, il finanziamento di ulteriori progetti prioritari per il tessuto trasportistico del Mezzogiorno, quali il completamento delle linee dell'Alta velocità Salerno-Reggio Calabria, il completamento della direttrice siciliana Messina-Catania-Palermo, il raddoppio della tratta Termoli-Lesina sulla linea ferroviaria Bologna-Lecce, nonché il finanziamento di interventi volti al potenziamento dell'intero corridoio scandinavo-mediterraneo;
   b) si valuti l'opportunità di inserire all'interno del PON Infrastrutture e Reti Pag. 1622021-2027, il finanziamento dell'intervento di velocizzazione della linea ferroviaria Pescara-Roma e di velocizzazione, elettrificazione ed eventuale raddoppio della linea ferroviaria «Jonica» prevedendo i necessari collegamenti tra le varie infrastrutture della linea jonica;
   c) si valuti l'opportunità di elaborare, alla luce della strategia annunciata dal Governo in materia di riforma delle reti europee di trasporto TEN-T e in particolare delle attività in corso propedeutiche alla revisione del regolamento (UE) n. 1315/2013, uno studio di fattibilità per la creazione di un nuovo ed alternativo percorso che contempli la direttrice jonica quale completamento della direttrice adriatica fino a Reggio Calabria consentendo di valorizzare e collegare i porti ivi esistenti con il porto di Gioia Tauro;
   d) si valuti l'opportunità di inserire all'interno del PON Infrastrutture e Reti 2021-2027, il finanziamento degli interventi per il completamento dei progetti relativi al Mezzogiorno che, considerati i termini temporali di eleggibilità delle spese del PON Infrastrutture e Reti 2014-2020, non sono finanziabili in tale periodo di programmazione;
   e) si valuti l'opportunità di prevedere specifiche misure di rilancio del trasporto aereo per continuare a favorirne lo sviluppo, con l'obiettivo di sostenere il settore aereo e quello del turismo duramente colpiti dalla crisi a seguito dell'emergenza sanitaria;
   f) si valuti l'opportunità di prevedere opportune iniziative e misure per evitare ricadute negative sul settore dell'autotrasporto a seguito dell'uso di carburanti meno inquinanti per il trasporto marittimo, favorendo un bilanciamento dei maggiori costi prodotti al trasporto merci via mare;
   g) si valuti l'opportunità di continuare a operare a livello europeo al fine di favorire l'introduzione di regole fiscali omogenee in tutti gli Stati membri, per evitare situazioni di elusione fiscale da parte dei colossi del web che si avvalgono di inaccettabili vantaggi fiscali stabiliti da alcuni dei Paesi membri.

   (1) È inteso richiedente prioritario qualunque persona fisica o giuridica domiciliata, anche non stabilmente, presso unità immobiliari che, per ciascuna regione del territorio nazionale, sulla base dei progetti riguardanti il piano strategico BUL nazionale, relativi ai bandi di gara gestiti da Infratel, non risultano interessate da servizi di connettività a banda ultra-larga, nei comuni con numero di abitanti inferiori a 5.000 unità. Per ciascuna regione italiana, il Ministero, eventualmente sentita Infratel, pubblica con il bando di gara l'elenco delle stesse al fine di determinare il bacino dell'obbligo (articolo 14, comma 3, della delibera AGCOM 231/18/CONS)

   (2) In particolare le risorse per l'Asse I – «Casa delle tecnologie emergenti» sono state portate da 30 a 40 milioni di euro. Le risorse per l'Asse II – «Progetti di ricerca e sviluppo» sono state ridotte da 15 a 5 milioni di euro

   (3) Il documento è stato pubblicato l'8 agosto 2019

   (4) Falcioni L., Bua L., Tibaldi E., Lauriola M., De Angelis L., Gnudi F., Mandrioli D., Manservigi M., Manservisi F., Manzoli I., Menghetti I., Montella R., Panzacchi S., Sgargi D., Strollo V., Vornoli A. and Belpoggi F. (2018). Report of final results regarding brain and heart tumors in Sprague-Dawley rats exposed from prenatal life until natural death to mobile phone radiofrequency field representative of a 1.8 GHz GSM base station environmental emission. Environmental Research. https://doi.org/10.1016/j.envres.2018.01.037

   (5) ICNIRP Note: critical evaluation of two radiofrequency electromagnetic fields animal carcinogenicity studies published in 2018.

   (6) ICNIRP Note on recent animal carcinogenesis studies (04.09.2018).

   (7) Il professor Brundage, nel suo contributo allo Science and Technology Options Assessment (STOA) del Parlamento europeo, pubblicato a marzo 2018 «Dobbiamo aver paura dell'intelligenza artificiale ?», nel rilevare la natura versatile dell'intelligenza artificiale e, conseguentemente, la possibilità della stessa di essere utilizzata tanto a fin di bene che per scopi malevoli o addirittura criminali, considera comunque assai probabile un progressivo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale idonei a sostituire una grande quantità (se non la totalità) del lavoro umano (senza tuttavia indicare tempistiche ma orizzonti temporali: «nel corso di questo secolo»). Naturalmente in un tale scenario l'utopia (una «società del tempo libero» pacifica e nella quale gli uomini si dedicano solo a ciò che è a ciascuno gradito) e la distopia (una società autoritaria fondata sulla sorveglianza automatizzata, sulla coercizione e sulla repressione del dissenso assicurati con livelli di efficienza prima impossibili), oltre a tutte le possibili situazioni intermedie tra tali due estreme, sono sicuramente possibili ma le sue conclusioni sull'interazione tra esseri umani ed evoluzione tecnologica sono tendenzialmente ottimistiche

   (8) L'Agenda rappresenta una delle sette «iniziative faro» della Strategia per la crescita «Europa 2020». Tale Comunicazione prevedeva tre obiettivi in tema di banda larga ed ultra larga, con diverse scadenze temporali:
   • Banda larga di base per tutti entro il 2013;
   • Banda larga veloce (pari o superiore a 30 Mbps) per tutti entro il 2020.
   • Banda larga ultraveloce (velocità superiore a 100 Mbs) per almeno il 50 per cento degli utenti domestici europei entro il 2020

   (9) I limiti presenti nella tabella B1 dell'allegato XXXVI, con riferimento all'intervallo 400MHz fino a 2GHz, indicano un valore d'intensità del campo elettrico variabile (essendo calcolato sulla base della formula 3*10-3√frequenza, che produce risultati compresi tra 60 e 134 Volt per metro, a seconda della frequenza utilizzata, mentre per le frequenze tra 2 GHz e 300 GHz il valore è pari a 1,4*102 Volt per metro (ossia 140 Volt per metro)

   (10) Per una ricostruzione del quadro normativo vigente in materia è possibile consultare il dossier Le cadre réglementaire de la fibre (agg. 4 febbraio 2020) sul sito dell'Autorità per le comunicazioni e le poste elettroniche

   (11) Orange S.A. (nuova denominazione sociale dal 1o luglio 2013 di France Télécom) è la maggiore impresa di telecomunicazioni in Francia. Con i suoi 148.000 dipendenti e 266 milioni di clienti nel mondo, è una delle principali aziende mondiali del settore

   (12) Un operatore di rete mobile virtuale, noto anche con l'acronimo MVNO (Mobile Virtual Network Operator), è un operatore di telefonia mobile che, non avendo concessione di spettro di frequenza o propria infrastruttura di rete radio, contratta con operatori di telefonia mobile con una rete mobile (MNO, acronimo di Mobile Network Operator) per acquistare da loro un pacchetto al fine di utilizzare la propria rete radio e rivenderlo con il proprio marchio ai propri clienti

   (13) È stata pubblicata la sesta legge di modifica della Telekommunikationsgesetz (legge 14 febbraio 2020), che però recepisce soltanto l'articolo 113, commi 1 e 2 della direttiva 2018/1972/UE limitatamente all'interoperabilità dei ricevitori autoradio e dei ricevitori radio di consumo

   (14) Il termine sta ad indicare un modello di rete fornito da operatori infrastrutturali «puri» a cui possono accedere tutti gli operatori indipendentemente: in tale contesto gli operatori classici si occuperebbero solo della parte commerciale lasciando la fornitura e la gestione della rete ai fornitori che, non avendo più bisogno di interagire col singolo operatore, potranno dedicarsi completamente allo sviluppo della rete

   (15) Con circa 178 milioni di contratti di telefonia mobile, 28 milioni di utenze fisse e 20 milioni di connessioni a banda larga, la Deutsche Telekom si configura come una delle principali società di telecomunicazioni a livello mondiale. Essa offre prodotti e servizi di rete fissa/banda larga, telefonia mobile, internet e internet TV per clienti privati nonché soluzioni per grandi clienti o clienti d'affari nei settori dell'informatica e delle comunicazioni

   (16) La quinta legge di modifica della Telekommunikationsgesetz (5. TKG-Änderungsgesetz – 5. TKGÄndG), approvata dal Bundestag il 20 giugno 2019 e dal Bundesrat il 20 settembre 2019, è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale federale l'11 dicembre 2019

   (17) È in attesa di essere promulgata e pubblicata la sesta legge di modifica della Telekommunikationsgesetz, approvata dal Bundestag nella seduta del 18 ottobre 2019 e dal Bundesrat l'8 novembre 2019, che però recepisce soltanto l'articolo 113, commi 1 e 2 della direttiva 2018/1972/UE limitatamente all'interoperabilità dei ricevitori autoradio e dei ricevitori radio di consumo

   (18) Tali disposizioni sono state introdotte dall'articolo 1 della Gesetz zur Änderung telekommunikationsrechtlicher Regelungen del 3 maggio 2012.