CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 maggio 2020
371.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-03995 Rizzetto: Iniziative normative in merito alle conseguenze dell'equiparazione dei casi di infezione da nuovo Coronavirus all'infortunio sul lavoro.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il presente atto parlamentare, l'Onorevole interrogante richiama l'attenzione sulla tutela delle imprese dalle potenziali conseguenze dannose derivanti dall'equiparazione dei casi di infezione da COVID-19 in occasione di lavoro agli infortuni sul lavoro.
  In via preliminare, preciso che la disposizione contenuta nell'articolo 42, secondo comma del decreto-legge «Cura Italia» ha, anzitutto, una portata chiarificatrice finalizzata ad indirizzare, in un momento delicato, caratterizzato dall'emergenza nazionale, l'azione dei medici certificatori e dei datori di lavoro, con lo scopo di apprestare velocemente le prestazioni agli infortunati vittime del contagio, evitando disguidi e sovrapposizioni di competenze.
  Nel merito, l'articolo 42 non modifica ma conferma i princìpi generali applicati per il riconoscimento delle prestazioni a favore di tutti i lavoratori in caso di infortunio da contagio da malattia infettiva e ciò anche in un periodo di pandemia caratterizzata da una larga diffusione dei fattori di contagio.
  Secondo i princìpi che regolano l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e, quindi, l'indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, l'Inail tutela tali affezioni morbose inquadrandole, per l'aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro, attraverso una equiparazione della causa virulenta a quella violenta, così come stabilito dalla disposizione in esame.
  I contagi da coronavirus non fanno, quindi, eccezione a tale regola e sono, pertanto, da ricondurre a tutti gli effetti nell'ambito degli infortuni sul lavoro; ciò sulla base di un consolidato orientamento sia dell'INAIL che della scienza medico-legale nonché della giurisprudenza.
  La disposizione in esame riafferma tale indirizzo e chiarisce che la tutela assicurativa Inail, spettante nei casi di contrazione di malattie infettive e parassitarie negli ambienti di lavoro e/o nell'esercizio delle attività lavorative, opera anche nei casi di infezione da nuovo coronavirus, contratta in occasione di lavoro e ciò per tutti i lavoratori assicurati.
  Per quanto riguarda le conseguenze derivanti dal riconoscimento come infortunio sul lavoro dei casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro, voglio precisare che da essi non discende automaticamente l'accertamento della responsabilità civile o penale in capo ai datori di lavoro.
  Infatti, sono ben diversi i presupposti per l'erogazione di un indennizzo Inail per la tutela relativa agli infortuni sul lavoro rispetto a quelli per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro. Queste ultime responsabilità devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail.
  Pertanto, il riconoscimento dell'infortunio da parte dell'Istituto non assume alcun Pag. 149rilievo per sostenere l'accusa in sede penale, considerata la vigenza in tale ambito del principio di presunzione di innocenza nonché dell'onere della prova a carico del pubblico ministero.
  Del resto, neanche in sede civile il riconoscimento della tutela infortunistica rileva ai fini dell'accertamento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario accertare la colpa di quest'ultimo per aver causato l'evento dannoso.
  Peraltro, la diffusione ubiquitaria del virus Sars-CoV-2, la molteplicità delle modalità e delle occasioni di contagio e la circostanza che le disposizioni regolanti le cautele da adottare in ambito lavorativo per contrastare la diffusione del contagio sono oggetto di continuo aggiornamento da parte degli organi tecnico-scientifici che supportano il Governo, rendono particolarmente problematica la configurabilità di una responsabilità civile o penale del datore di lavoro che operi nel rispetto delle regole.
  Al riguardo, voglio evidenziare che un ruolo essenziale è attribuito all'osservanza, da parte delle aziende, dei principi contenuti negli specifici protocolli, sottoscritti dalle parti sociali, d'intesa con il Governo, volti a rendere sicuri e salubri i luoghi di lavoro e a prevenire e contenere i rischi di contagio da COVID-19.
  Sotto questo aspetto, in caso di osservanza delle citate disposizioni, è ragionevole ritenere che la corretta applicazione dei criteri che presiedono all'accertamento della responsabilità in ambito civile e penale, anche alla luce dell'articolo 2087 del codice civile, dovrebbe certamente escludere la configurabilità di qualsiasi responsabilità in capo al datore di lavoro.

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ALLEGATO 2

5-03996 Zangrillo: Iniziative dell'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro (ANPAL), anche alla luce delle conseguenze della crisi prodotta dall'emergenza COVID-19.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Passo ad illustrare l'atto concernente le politiche del lavoro attuate dall'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) in special modo in questo periodo emergenziale.
  Relativamente al Piano industriale 2020-22, voglio precisare che si tratta non del Piano industriale di ANPAL bensì della sua società in house ANPAL Servizi S.p.A.. Il suddetto Piano è stato sottoposto dal Presidente all'attenzione del Consiglio di Amministrazione nell'ultima seduta, ma si è deciso di rimandare l'approvazione in quanto, data la situazione di emergenza COVID-19, non vi era stato modo di condividere il documento a livello regionale. Pertanto, secondo quanto espresso dall'ANPAL, Il Piano verrà riportato in Consiglio di Amministrazione nei prossimi giorni.
  Con riferimento agli strumenti specificamente messi in campo per agevolare il collocamento o il ri-collocamento dei disoccupati, ANPAL si è dotata di strumenti a supporto degli operatori pubblici e privati, e lo ha fatto nel quadro delle competenze attribuite dal decreto legislativo 150/2015 e dal decreto-legge n. 4 del 2019.
  Nel quadro delle politiche attive messe in campo, voglio ricordare l'Assegno di ricollocazione, quale strumento di politica attiva del lavoro, introdotto dalla Legge di bilancio 2018 e per il quale, in questa fase e a seguito dell'adozione del DPCM 17 marzo 2020, si registra un forte interesse da parte delle parti sociali e delle aziende interessate dagli interventi di integrazione salariale straordinaria.
  L'assegno è previsto per lavoratrici e lavoratori coinvolti negli accordi di ricollocazione nelle ipotesi di cassa integrazione guadagni straordinaria per riorganizzazione aziendale o crisi. La norma (articolo 24-bis del decreto legislativo n. 148 del 2015) prevede infatti che, oltre all'agevolazione fiscale per le somme percepite in dipendenza dalla cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore possa accedere al cosiddetto «bonus rioccupazione», di misura pari al 50 per cento del trattamento di integrazione salariale che gli sarebbe stato altrimenti corrisposto. Tale misura è erogata da INPS previa la verifica dei requisiti presenti sugli archivi ANPAL.
  Voglio ricordare, da ultimo, l'incentivo «IO Lavoro», la nuova agevolazione contributiva prevista da ANPAL a valere su risorse del FSE ed erogata da INPS in favore dei datori di lavoro che assumano – per il periodo dal 1o gennaio al 31 dicembre 2020 – con contratto di lavoro a tempo indeterminato giovani disoccupati o soggetti qualificati quali «lavoratori svantaggiati».
  Concludo, pertanto, sottolineando che l'impegno dell'ANPAL, così come del Ministero che rappresento è massimo; la priorità del Ministero del lavoro, soprattutto, in questo momento, è infatti tutelare il lavoro e aiutare le imprese. Gli investimenti più importanti da fare, in questo momento, sono indirizzati proprio alle politiche attive per favorire il più possibile la ripartenza del lavoro in Italia.

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ALLEGATO 3

5-03999 Murelli: Vuoto normativo in materia di divieto di licenziamento al fine di salvaguardare i posti di lavoro nel periodo di sospensione dell'attività a causa dell'emergenza sanitaria.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il presente atto parlamentare, l'Onorevole interrogante chiede chiarimenti in merito alla ritardata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del cosiddetto «Decreto Rilancio» ed in particolare alle problematiche che tale ritardo potrebbe creare in materia di licenziamenti collettivi, stante la disposizione dell'articolo 46 del decreto legislativo n. 18 del 2020 che aveva previsto il divieto di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo, divieto valido fino al 16 maggio u.s..
  Al riguardo, mi corre l'obbligo di evidenziare il lavoro svolto fino ad ora dal Ministero che rappresento, che sin dalla prima emergenza COVID che ha inizialmente interessato solo alcune zone del nostro territorio e che si è poi estesa a tutto il Paese, è stato impegnato in prima linea nella definizione immediata delle norme idonee ad arginare gli effetti della crisi e al contempo dirette al sostegno di migliaia di lavoratori e di imprese.
  Con specifico riferimento ai lamentati ritardi nella pubblicazione del cosiddetto «Decreto Rilancio» va detto innanzitutto che deve essere chiara la portata della manovra pari a due leggi bilancio: sono stanziati complessivi 55 miliardi per la ripresa dell'Italia post lockdown e sono messe in campo misure per ogni settore economico e di attività.
  Il Ministero che rappresento è stato primariamente coinvolto nella definizione delle norme che si sono preoccupate di coprire esigenze di lavoratori ed imprese, cercando di guardare a tutto campo il quadro economico nazionale, le difficoltà delle famiglie, delle diverse tipologie di lavoratori, dei diversi contesti socio economici.
  Il Ministero del lavoro si è impegnato con tutte le proprie forze sin da subito e per il decreto rilancio ha inviato quasi immediatamente la propria piattaforma di norma che si sono andate via via affinando in esito alle interlocuzioni con i vari attori istituzionali e con il ministero dell'economia che ha il portafoglio delle risorse economiche.
  Non si è perso tempo anche nella consapevolezza che molti posti di lavoro erano e sono a rischio.
  La disposizione sul divieto di licenziamento è stata pensata e studiata proprio a tutela dei lavoratori più deboli ed esposti al rischio di perdere il lavoro. Il mio Ministero ha definito testi e relazioni e li ha rimessi nelle mani del Ministero dell'economia, capofila del provvedimento, che evidentemente ha avuto bisogno di affinare testi e distribuzione delle risorse disponibili, ma siamo certi che alla luce del combinato disposto della norma che prevede il rinnovo della cassa integrazione ordinaria e di quella in deroga e dell'articolo 80 del decreto-legge n. 34 del 2020 che, operando una modifica sostanziale dell'articolo 46 del decreto-legge n. 18 del 2020 prevede in capo al datore di lavoro il divieto di licenziamento per 5 mesi a far data dal 17 marzo 2020, nonché la possibilità di recedere dal licenziamento intimato al lavoratore e di consentire l'accesso alle misure di ammortizzatori sociali, Pag. 152previste nel decreto-legge n. 34 del 2020, i posti di lavoro siano stati messi in salvo.
  Nel ribadire che il Ministero che rappresento ha assicurato con il decreto Rilancio continuità e rafforzamento alle misure adottate nella prima fase di emergenza, rassicuro che l'azione ministeriale continuerà ad essere condotta con il massimo impegno al fine di garantire l'applicazione delle norme dirette a sostenere la tutela del lavoro e le imprese.

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ALLEGATO 4

5-03998 Serracchiani: Ritardi nelle procedure per la realizzazione di interventi a favore di giovani residenti nelle regioni del Mezzogiorno da parte dell'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro (ANPAL).

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il presente atto parlamentare, l'Onorevole interrogante chiede chiarimenti in merito alle procedure di cui al bando per il finanziamento del Programma Garanzia Giovani, paventando ritardi, da parte dell'ANPAL, nel perfezionamento delle convenzioni con i soggetti proponenti dei progetti.
  Il Programma Garanzia Giovani si inserisce nell'ambito del programma Operativo Nazionale «Iniziativa Occupazione Giovani» ed ha l'obiettivo di porre in atto strategie di contrasto alla disoccupazione giovanile tracciate a livello europeo.
  L'ANPAL, nel mese di marzo 2018 ha bandito l'avviso pubblico per l'individuazione di soggetti attuatori per la realizzazione dell'intervento «Competenze ICT per i giovani del Mezzogiorno». Il bando, come è noto, si pone l'obiettivo di rafforzare le competenze dei giovani NEET nei settori dell'ICT, allo scopo di formare figure professionali con competenze specifiche nei settori del digitale e dell'informatica, accrescendo per tale via le opportunità di impiego dei giovani.
  Con specifico riferimento ai palesati ritardi nelle procedure, paventati dall'interrogante, l'ANPAL, interpellata a riguardo, ha comunicato che dal mese di settembre al mese di dicembre 2019 ed in relazione alle procedure relative alle convenzioni da sottoscrivere sono state poste in essere tutte le attività propedeutiche alla stipula delle stesse e che dal mese di gennaio 2020 sono state stipulate 18 convenzioni rispetto ai 27 progetti approvati. ANPAL, ha precisato, inoltre, che per le restanti convenzioni sono in corso ulteriori verifiche relative ai controlli prescritti.
  L'impegno del Ministero che rappresento sarà quello di continuare a monitorare le attività poste in essere dall'ANPAL per il completamento e la totale realizzazione del Programma Garanzia Giovani.

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ALLEGATO 5

5-03997 Giannone: Esclusione di professionisti e lavoratori autonomi dal beneficio del reddito di ultima istanza, in presenza di redditi da pensione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il presente atto parlamentare, l'Onorevole interrogante pone l'attenzione sul reddito di ultima istanza istituito dal decreto «cura Italia», riportando il caso di una libera professionista esclusa dal beneficio perché titolare di una pensione di reversibilità, seppur di somma esigua.
  In relazione a quanto richiesto dall'interrogante, si rappresenta preliminarmente che il Governo che rappresento è stato sin dall'inizio ben consapevole delle difficoltà che anche i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti avrebbero attraversato a causa della pandemia da COVID-19, che ha procurato la paralisi dell'economia nazionale e la diminuzione di qualsiasi reddito da lavoro autonomo.
  Con questa consapevolezza ci si è battuti per l'inserimento dell'articolo 44 nel decreto-legge 18 decreto noto come «cura Italia» e per la sua rapida ed effettiva attuazione attraverso l'adozione dei necessari decreti ministeriali indispensabili a dare corso alla misura.
  Il Fondo che consente l'erogazione del reddito di ultima istanza è stato rifinanziato con il decreto Rilancio che ha previsto l'aumento del tetto di spesa di oltre 700 milioni di euro per consentire di far fronte alle richieste provenienti dalle platee interessate. Questo sforzo fortemente sostenuto dal Ministro del lavoro è frutto della profonda consapevolezza delle necessità di sostenere categorie che hanno avuto il fermo quasi totale della propria attività.
  In ordine al caso specifico riportato nella interpellanza e sul quale mi riservo di fare i doverosi approfondimenti, va precisato che l'INPS con la circolare n. 49/2020 ha specificato che per i beneficiari iscritti all'INPS (tra gli altri, i liberi professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla gestione separata nonché i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell'Ago) l'incompatibilità sussiste soltanto con la titolarità di un trattamento pensionistico diretto e non anche con quello di reversibilità.
  Il Ministero che rappresento ha cercato di ovviare ad alcune difficoltà applicative connesse all'erogazione delle indennità previste dalle norme adottate e presenti ad esempio nel Decreto «cura Italia» e che erano sorte in questa prima fase emergenziale, tant’è che nel decreto-legge cosiddetto Rilancio, di prossima pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, è stata altresì chiarita la cumulabilità delle suddette indennità anche con l'assegno ordinario di invalidità.

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ALLEGATO 6

5-04000 Cominardi: Iniziative per la stabilizzazione del reddito di emergenza attraverso l'inserimento di politiche attive del lavoro, anche al fine di prevenire e contrastare comportamenti illeciti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il presente atto parlamentare, gli Onorevoli interroganti chiedono al Governo se intende proporre, per il cosiddetto reddito di emergenza, una procedura analoga a quella utilizzata per i percettori del reddito di cittadinanza al fine di debellare comportamenti illeciti determinati dallo svolgimento di attività lavorative in nero.
  Innanzitutto, voglio sottolineare che l'istituendo Reddito di emergenza è previsto avere una durata limitata, durante la quale, peraltro, anche per i beneficiari del Reddito di cittadinanza è prevista una proroga della sospensione degli obblighi connessi alla fruizione del beneficio, tra cui la partecipazione alle politiche attive del lavoro, introdotta dall'articolo 40 del decreto-legge n. 18 del 2020, ad eccezione della accettazione di offerte di lavoro congrue nell'ambito del Comune di appartenenza e fermo restando che le attività di formazione professionale e orientamento al lavoro, nonché le altre attività connesse ai patti per il lavoro e ai patti per l'inclusione sociale che possono essere svolte a distanza sono rese nelle modalità citate.
  Al di fuori del periodo emergenziale, l'esigenza rappresentata può essere perseguita attraverso il Reddito di cittadinanza, che già rappresenta uno strumento adatto a favorire un percorso di emersione dal lavoro nero. Infatti, sebbene i redditi da lavoro nero per definizione non concorrano a determinare il valore dell'ISEE preso a riferimento per verificare i requisiti di accesso, l'obbligo di aderire ad un percorso personalizzato di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale e il sistema sanzionatorio, rendono incompatibile la fruizione di questo beneficio con la partecipazione al lavoro irregolare, fornendo al tempo stesso il sostegno economico per intraprendere un percorso di accesso ad un lavoro regolare.