CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 ottobre 2019
259.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO

7/00164 Pini, 7/00206 Troiano e 7/00277 Bellucci: Iniziative volte a garantire l'effettiva tutela della salute mentale.

PROPOSTA DI TESTO UNIFICATO DELLE RISOLUZIONI PRESENTATA DALLA DEPUTATA PINI

  La XII Commissione;
   premesso che:
    l'articolo 32 della Costituzione italiana recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». L'abolizione del rapporto disturbo mentale-pericolosità sociale sposta il fulcro dell'assistenza psichiatrica sul fronte dei diritti sociali, della fruizione delle prestazioni assistenziali volte a garantire il diritto fondamentale alla salute mentale come tutelato dall'articolo 32, restituendo così il diritto di cittadinanza alle persone con problemi di salute mentale;
    l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce la salute mentale come uno stato di benessere nel quale la singola persona è consapevole delle proprie capacità, sa affrontare le normali difficoltà della vita, lavorare in modo utile e produttivo ed è in grado di apportare un contributo alla propria comunità e, sempre secondo l'OMS una persona su quattro soffre di disturbi legati alla salute mentale, ma solo il 60 per cento dei malati cerca aiuto;
    in particolare, secondo l'ultimo Rapporto sulla salute mentale (dati relativi al 2017), pubblicato dal Ministero della salute, in Italia (esclusi i dati della provincia autonoma di Bolzano) sono 851.189 le persone con problemi di salute mentale assistite dai servizi specialistici (erano 807.035 nel 2016). Nel 53,5 per cento dei casi si tratta di persone di sesso femminile, di cui 335.794 entrate in contatto per la prima volta durante l'anno con i dipartimenti di salute mentale (di questi, il 91,7 per cento ha avuto un contatto con i servizi per la prima volta nella vita). La più alta concentrazione si ha nella classe di età tra 45 e 54 anni (25,3 per cento per gli uomini; 23,5 per cento per le donne); queste ultime presentano una percentuale più elevata nella classe superiore ai 75 anni (7,2 per cento per gli uomini e 12 per cento per le donne);
    la Società italiana di psichiatria (Sip), durante la Giornata della salute mentale del 10 ottobre 2018, ha evidenziato che già da tempo i giovani – in tutto il mondo, anche se in maniera e con percentuali diverse – sono diventati «bersaglio» della depressione, con un incremento dei casi del 20 per cento in dieci anni. La Sip evidenzia che sono circa 200 mila i giovani tra i 12 e i 25 anni che soffrono di disagi vari e che circa il 10 per cento di essi (secondo dati rilevati dall'Istat) si dichiara insoddisfatto della propria vita, delle relazioni sia con gli amici che con la propria famiglia e anche della propria salute;
    in ragione della sempre maggior difficoltà emotiva dei giovani, negli ultimi anni si stanno approfondendo le ricerche sui disturbi legati all'ansia e alla depressione, sui disturbi alimentari (a partire da Pag. 160bulimia e anoressia), sui disturbi pervasivi dello sviluppo, sulle dipendenze da sostanze, da gioco d'azzardo patologico, e su nuove forme di dipendenza tra cui quelle dipendenze tecnologiche;
    in questi casi, la prevenzione e la diagnosi precoce sono strumenti che possono, più di tutti, contrastare l'insorgere di malattie psichiche e contrastarne lo sviluppo e la degenerazione, in particolare nelle primissime fasi della vita, quando il soggetto inizia a formare la propria personalità, e durante l'adolescenza, che rappresenta un periodo di particolare fragilità e cambiamento. In ragione di ciò, la funzione dell'assistenza psicologica potrebbe risultare di grande utilità se inserita all'interno delle strutture scolastiche, ove, salvo rare eccezioni, vivono la propria quotidianità la totalità di giovani e giovanissimi consentendo così interventi mirati a prevenire e correggere disturbi psichici durante le fasi più delicate della crescita;
    anche le carceri costituiscono un luogo in cui il problema della salute mentale si pone con particolare gravità poiché può portare all'insorgere di fenomeni di radicalizzazione violenta, con possibili ripercussioni all'interno della società, una volta scontata la pena; basti pensare alla violenza contro le donne, ove chi ha commesso questi reati spesso non è neppure consapevole della gravità di ciò che ha fatto e imputa alla vittima la causa della propria, ingiusta – secondo il colpevole – carcerazione;
    alla luce di tali evidenze, risulta particolarmente importante la funzione di ascolto, di studio del benessere organizzativo e di analisi della domanda all'interno delle organizzazioni complesse quali i presidi sanitari e sociosanitari e gli istituti penitenziari, anche al fine di mettere in atto un'azione di prevenzione e di sostegno al pericolo di burnout degli operatori, problematica ormai cronicizzata all'interno delle strutture ad alta complessità, nonché al fine di formare il personale medesimo nel trattamento di primo intervento di vittime di eventi traumatici;
    la legge 13 maggio 1978, n. 180, nota anche come «legge Basaglia», caposaldo della legislazione nazionale in tema di salute mentale, ha avviato in Italia un percorso di riforma della psichiatria e del superamento del rapporto tra malattia mentale e pericolosità sociale, con un radicale mutamento del sistema dei trattamenti sanitari obbligatori nonché la preferenza per servizi e presìdi sociosanitari extraospedalieri di cura, prevenzione e riabilitazione diffusi nel territorio, per favorire l'inclusione sociale, ponendo fine al trattamento inumano delle persone con sofferenza psichica e disponendo la chiusura degli ospedali psichiatrici (cosiddetti manicomi);
    la lungimiranza di questa legge è stata riconosciuta anche dalla comunità internazionale, tant’è che l'Organizzazione mondiale della sanità, nel 2003, l'ha indicata come «uno dei pochi eventi innovativi nel campo della psichiatria su scala mondiale»;
    dal 1978 ad oggi, i principali atti di carattere generale attuativi dei princìpi della legge n. 180 sono stati il progetto obiettivo Tutela salute mentale 1994-1996, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 1994, e il progetto obiettivo Tutela salute mentale 1998-2000, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, testi sicuramente condivisibili, ma oramai ampiamente datati;
    lo stesso superamento dell'istituto del manicomio, pilastro della rivoluzione della «legge Basaglia», è stato lento e ci sono voluti circa vent'anni perché gli ospedali psichiatrici fossero sostituiti da centri di salute mentale (Csm), da centri diurni (Cd) per favorire la permanenza a casa, da strutture residenziali per chi ha bisogno di assistenza per lunghi periodi e da servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc), cioè i reparti psichiatrici degli ospedali;
    nel corso degli anni il Sistema sanitario nazionale, nelle sue articolazioni regionali, ha organizzato su tutto il territorio nazionale la rete dei servizi per la Pag. 161salute mentale strutturata, secondo quanto riportato nel predetto Rapporto salute mentale del Ministero della salute, in 163 dipartimenti di salute mentale, 1.460 strutture territoriali, 2.284 strutture residenziali che ospitano oltre 30.000 persone, 899 strutture semiresidenziali, 285 servizi psichiatrici di diagnosi e cura ospedalieri, per un totale di 3.623 posti letto, oltre 22 unità ospedaliere accreditate per ulteriori 1.148 posti letto. Si tratta di una rete che garantisce ogni anno l'assistenza a più di 800.000 persone, grazie al lavoro di circa quarantamila operatori, che viene considerata un modello a livello internazionale;
    nonostante tale organizzazione, ad oggi non sono tuttavia pienamente attuate alcune scelte e non sono, pertanto, pienamente esigibili alcuni diritti prospettati dalla riforma della psichiatria a causa di un'applicazione disomogenea tra le varie regioni per qualità, efficienza, efficacia nonché a causa delle risorse dedicate alla salute mentale dal Servizio sanitario nazionale, anche in comparazione con altri Paesi europei;
    grave, ad esempio, risulta l'assenza e la continua diminuzione dei posti letto in regime di acuzie in reparti specializzati di neuropsichiatria infantile per la corretta presa in carico di episodi di break-down minorile che non solo hanno un impatto devastante sulla salute mentale del minore ma anche sulla qualità della vita dell'intera famiglia di appartenenza, frequentemente sfornita di strumenti adeguati per affrontare tali drammatiche situazioni, correlate spesso a episodi di violenza domestica;
    in particolare, i dipartimenti di salute mentale (Dsm) presenti nelle regioni vanno diminuendo di numero, in ragione di accorpamenti di più aree territoriali conseguenti a programmi di «razionalizzazione» e di contenimento delle risorse, con conseguente estensione del bacino di utenza (in alcune regioni fino a 2 milioni di abitanti) che crea vere e proprie impossibilità di governo, ponendo fine alla dimensione della «piccola scala» che era uno dei princìpi fondativi della riforma del 1978;
    il quadro complessivo del personale dei Dsm risente non solo delle diminuite risorse finanziarie ma anche di difficoltà di investimento per quanto riguarda le risorse umane del Servizio sanitario (si vedano, ad esempio, i recenti rapporti della Siep, la Società italiana di epidemiologia psichiatrica);
    i Centri di salute mentale (Csm), presenti mediamente in numero adeguato in tutto il territorio nazionale (1 ogni 80-100.000 abitanti), non sono tuttavia equamente distribuiti e, in alcune regioni, per via delle razionalizzazioni e degli accorpamenti, vanno ulteriormente riducendosi di numero, insistendo su aree estese e popolazioni sempre più numerose, con fasce orarie di apertura ridotte e solo per cinque giorni alla settimana, facendo sì che gli interventi di gestione della crisi, di presa in carico individuale, di sostegno alle famiglie e di integrazione sociale finiscano per essere insufficienti o del tutto assenti;
    il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (Spdc) rappresenta, drammaticamente, l'unico servizio all'interno del territorio che risponde nell'arco delle 24 ore; il suo buon funzionamento è strettamente dipendente dalla coerente organizzazione dipartimentale e da un investimento rilevante sul Csm. La fragilità del servizio territoriale e spesso la totale mancanza di coordinamento e di comunicazione producono sovraffollamento, pratiche di contenzione, porte chiuse. Sono questi, infatti, i luoghi del trattamento sanitario volontario (Tsv) e del trattamento sanitario obbligatorio (Tso) e per la maggior parte (8 su 10) rimangono luoghi chiusi non solo per i ricoverati, ma anche, per le associazioni di familiari e per il volontariato formalizzato e informale;
    il Tso, regolamentato dalla legge n. 833 del 1978 (articoli 33-35), è un atto composito, di tipo medico e giuridico, che consente l'effettuazione di determinati accertamenti e terapie verso un soggetto, contro la sua volontà. Nell'esecuzione del Pag. 162Tso si sono verificati drammaticamente episodi di morte del paziente. Tale trattamento, infatti, rappresenta un momento molto delicato e problematico e necessiterebbe di linee guida omogenee per la sua esecuzione, al fine di non esporre i cittadini a cattive pratiche e a lesioni dei loro diritti fondamentali, e di dare certezze operative ai sanitari che lo devono disporre ed eseguire su tutto il territorio nazionale. Nelle statistiche si riscontrano differenze molto significative per quanto riguarda il ricorso a questa pratica, con una variazione tra le diverse regioni che va da un tasso minimo di 6 a un massimo di 29 casi di Tso su 100.000 abitanti per anno;
    inoltre, il fatto che le «strutture residenziali» siano presenti in tutte le regioni e che esse oramai assorbano più della metà delle risorse regionali per la salute mentale e la tendenza a ricorrere al «posto letto residenziale» riducono irrimediabilmente la consistenza e la capacità di intervento dei servizi territoriali;
    tali «strutture residenziali» in alcuni casi sono ancora regolate da logiche prevalenti di contenzione dei pazienti. Spesso sono separate dal Csm, hanno équipe del tutto distinte e con profili professionali a volte inadeguati al difficilissimo compito di cura di questa tipologia di malati;
    solo con le leggi 17 febbraio 2012, n. 9, e 30 maggio 2014, n. 81, è stata stabilita la chiusura dei sei ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) che erano ancora in funzione, le cui condizioni erano simili se non peggiori di quelle dei vecchi manicomi. Il superamento effettivo di queste strutture è stato completato nel 2017 per far posto non solo alle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive (Rems), ma soprattutto a percorsi di cura e riabilitazione individuali con misure di sicurezza non detentive (le Rems dovrebbero ospitare ex lege, non più di 20 posti letto);
    anche in questo caso, però, le differenze tra le singole regioni sono enormi, visto che accanto a edifici all'avanguardia provvisti di spazi verdi, laboratori e aree ricreative, permangono strutture che assomigliano a piccole carceri in cui si applica ancora il regolamento penitenziario nonostante l'accordo raggiunto in sede di Conferenza unificata il 26 febbraio 2015;
    è necessario trasformare i costi dei livelli essenziali di assistenza (Lea) sociosanitari in investimenti produttivi di salute, per limitare e superare, quando possibile, l'istituzionalizzazione o l'isolamento, non più sostenibile, delle persone con problemi psichici. Alcune regioni hanno sperimentato la metodologia dei »budget» di salute che, nelle sue applicazioni, si è dimostrata efficace ed efficiente nel superamento dell'assistenzialismo mercantile, escludente e spersonalizzato. Ha permesso un controllo di gestione programmatico, economico e attuativo da parte delle aziende sanitarie e degli enti locali, nonché generativo ed implementativo di sostenibilità, risparmio finanziario sul versante della spesa sociosanitaria e di investimento produttivo sul versante del benessere complessivo;
    al di là delle criticità evidenziate, è necessario diffondere una maggiore cognizione sulla curabilità dei gravi disturbi inerenti la salute mentale, dai quali si può guarire, avendo ben presente che, secondo le attuali conoscenze scientifiche, essi sono da considerarsi multifattoriali, con componenti psicologiche, biologiche e sociali;
    alla luce delle considerazioni svolte, appare oggi sempre più urgente assicurare una uniformità di trattamento ai malati mentali su tutto il territorio nazionale, con interventi che si pongano in continuità con la legge n. 180 e con i progetti obiettivo «Tutela salute mentale»;
    affinché si possa affermare un dibattito privo di conflitti ideologici, utile alla stesura di norme che partano dalle buone pratiche che esistono nel nostro Paese, è necessario che le istituzioni ascoltino e dialoghino con chi quotidianamente affronta la malattia mentale: le oltre Pag. 163800.000 persone affette, i circa 2 milioni di familiari che le seguono, gli operatori del Servizio sanitario nazionale; è necessario altresì che la Consulta nazionale per la salute mentale torni ad essere operativa e che nel prossimo futuro siano definiti i livelli minimi di assistenza e le procedure standard affinché si possano affrontare i nuovi disturbi mentali con interventi incisivi e non più differibili;
    se si riconosce che i bisogni e i diritti di chi soffre di disturbi mentali, anche gravi, sono da rispettare, diventa fondamentale che l'inclusione sociale, abitativa e lavorativa, e i progetti di autonomia rientrino a pieno titolo nel percorso terapeutico-riabilitativo, visto che una delle maggiori problematiche aperte nel campo della salute mentale è rappresentata dalla difficoltà che gli utenti, le famiglie e i servizi hanno nel portare avanti i percorsi di inserimento lavorativo. Ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, le aziende hanno l'obbligo di assumere persone rientranti nelle categorie protette in relazione al numero dei propri dipendenti; tale previsione, unitamente alle cooperative sociali, rappresentano una reale opportunità di impiego per chi soffre di disturbi psichiatrici, anche gravi. Si tratta, però, di due possibilità ancora troppo poco utilizzate ed estremamente difficoltose, per la cui attuazione un ruolo importante è svolto dalla collaborazione tra i dipartimenti di salute mentale e le politiche sociali degli enti locali, come dimostrano le esperienze più avanzate;

impegna il Governo:

   1. ad adottare iniziative volte a supportare le persone affette da problemi di salute mentale al fine di rimuovere qualsiasi forma di discriminazione, stigmatizzazione ed esclusione nei loro confronti, promuovendone l'esercizio attivo dei diritti costituzionali e delle libertà fondamentali, anche mediante campagne nazionali di comunicazione coordinate dal Ministero della salute, nonché, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e ad implementare il Piano nazionale per la salute mentale sulla base delle risultanze del lavoro svolto dal Tavolo di lavoro tecnico sulla salute mentale, istituito presso il Ministero della salute, anche includendo interventi, azioni e strategie finalizzati alla promozione della salute mentale, alla prevenzione e alla diagnosi precoce del disagio e dei disturbi mentali;
   2. ad aggiornare, al fine di garantire l'effettiva tutela della salute mentale quale componente essenziale del diritto alla salute, i livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, privilegiando percorsi di cura individuali in una prospettiva di presa in carico della persona nel complesso dei suoi bisogni, per una piena inclusione sociale secondo i princìpi della «recovery» e sulla base di un processo partecipato;
   3. ad adottare le iniziative di competenza per verificare il rispetto della normativa in materia di trattamento sanitario obbligatorio, in modo tale che vi sia uniformità di applicazione di questo istituto nei riguardi delle persone con disturbo mentale;
   4. ad adottare iniziative per assicurare, in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito della programmazione e dell'organizzazione dei servizi sanitari e sociali, la risposta ai bisogni di cura, di salute e di integrazione sociale attraverso un approccio multisettoriale e intersettoriale, al fine di favorire l'inclusione nelle attività del territorio, promuovendo l'uso del budget di salute come strumento di integrazione sociosanitaria, a sostegno dei progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati nei confronti di coloro che si trovino in condizioni di disabilità fisica o psichica tale da rendere necessari gli interventi sociosanitari integrati previsti all'articolo 3-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;
   5. a mettere in campo iniziative concrete volte a far fronte alle drammatiche differenze nell'accesso alle cure e ai servizi Pag. 164forniti dai dipartimenti di salute mentale nelle varie regioni, a tal fine prevedendo l'inclusione di un set di indicatori specifici nei principali strumenti di valutazione del Servizio sanitario nazionale, attraverso i quali monitorare l'impegno delle regioni nel superamento delle eventuali disuguaglianze evidenziate;
   6. ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a incrementare, sul territorio nazionale, l'attività dei consultori familiari, potenziandone gli interventi sociali a favore delle famiglie, promuovendone il ruolo nell'integrazione sociosanitaria e nell'assistenza psicologica alle famiglie, con particolare riferimento al sostegno delle responsabilità genitoriali, alla presenza di disabilità o di patologie gravi, alla protezione dei minori con l'intervento anche di figure professionali adeguate, come ad esempio gli psicologi della salute, nonché potenziando azioni di ascolto e di aiuto alle persone con disagio o disturbo mentale e alle loro famiglie, attraverso l'istituzione di percorsi o reti di ascolto, anche domiciliare;
   7. ad adottare le iniziative di competenza volte ad assicurare gli interventi di monitoraggio, indirizzo e supporto per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla legge 30 maggio 2014, n. 81, in raccordo con il Comitato paritetico interistituzionale di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, con particolare riferimento alla presa in carico delle persone dimesse da parte dei dipartimenti di salute mentale delle regioni di residenza, all'accoglienza e all'assistenza dei soggetti presso le Rems e all'assistenza dei destinatari di misure di sicurezza in condizioni di infermità psichica;
   8. ad assumere iniziative di competenza per lo stanziamento di adeguate risorse volte a promuovere politiche inerenti l'inserimento lavorativo e la reale inclusione sociale e abitativa delle persone affette da disturbi della salute mentale, in quanto elementi fondanti di percorsi tecnico-riabilitativi e di aiuto e sostegno alle famiglie;
   9. ad assumere iniziative di competenza, anche attraverso lo stanziamento di adeguate risorse, volte alla formazione e all'aggiornamento del personale sanitario, sociosanitario ed educativo, al fine di metterlo in grado di affrontare le nuove problematiche inerenti la salute mentale, anche alla luce delle nuove conoscenze scientifiche in materia;
   10. ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a definire percorsi di prevenzione, cura e presa in carico specifici ad accesso facilitato secondo i principi di tempestività e di integrazione funzionale tre le diverse équipe, prediligendo interventi meno invasivi per gli adolescenti e i giovani adulti che presentano disturbi psichici o del comportamento o significativi livelli di rischio.