CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 3 ottobre 2019
248.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-02794 Bagnasco: Aggiornamento dei dati relativi al tumore al seno.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In via preliminare e nel merito dei dati riportati nell'interrogazione in esame, l'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) ha precisato che tali dati hanno quale fonte ufficiale il Programma nazionale di valutazione degli esiti (PNE), ovvero lo strumento attraverso il quale viene misurata l'efficacia degli interventi clinici in ambito ospedaliero da parte delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale.
  L'articolo di stampa in esame descrive possibili casi di inappropriatezza riferiti agli interventi di tumore al seno ed, in particolare, ai rischi di re-intervento.
  Quando è necessario eseguire una biopsia del linfonodo sentinella per decidere se eseguire o meno un intervento demolitivo, questo deve essere codificato in SDO come procedura di biopsia linfonodale, eseguibile anche in regime ambulatoriale, e non come intervento di mastectomia conservativa. Il dato PNE relativo alle proporzioni di reinterventi a 120 giorni, comprende il primo intervento solo quando è stato codificato in SDO come mastectomia conservativa ed il secondo come mastectomia demolitiva.
  Quando il valore relativo alla proporzione di re-interventi a 120 giorni si attesta come superiore alla media nazionale, è compito della struttura/direzione ospedaliera interessata mettere in campo una procedura di audit sulle proprie SDO, per verificare se la biopsia linfonodale è stata correttamente codificata come procedura di biopsia e non come mastectomia conservativa.
  Rimanendo sul tema, si stima che ogni anno siano diagnosticati in Italia circa 50.000 nuovi casi di carcinomi della mammella femminile.
  Il trend di incidenza del tumore della mammella in Italia appare in leggero aumento (+0,3 per cento per anno) mentre continua a calare, in maniera significativa, la mortalità (-0,8 per cento per anno). Numerosi studi hanno dimostrato come lo screening mammografìco possa ridurre la mortalità da carcinoma mammario e aumentare le opzioni terapeutiche.
  La diffusione su larga scala in Italia dalla seconda metà degli anni ’90 dei programmi di screening mammografico con l'aumento del numero di diagnosi di forme in stadio iniziale ha contribuito, unitamente ai progressi terapeutici e alla diffusione della terapia sistemica adiuvante, alla costante riduzione della mortalità per carcinoma mammario.
  La sopravvivenza a 5 anni delle donne con tumore della mammella in Italia è pari all'87 per cento. Complessivamente in Italia vivono 800.000 donne che hanno avuto una diagnosi di carcinoma mammario, pari al 43 per cento di tutte le donne che convivono con una pregressa diagnosi di tumore e pari al 24 per cento di tutti i casi prevalenti (uomini e donne).
  Tra queste donne, la diagnosi è stata formulata da meno di 2 anni nel 15 per cento dei casi, tra 2 e 5 anni nel 20 per cento, tra 5 e 10 anni nel 26 per cento, oltre i 10 anni nel 40 per cento.
  Quanto alle azioni promosse dal Ministero della salute, è fondamentale ricordare le indicazioni tracciate dal provvedimento Pag. 43della Conferenza Stato Regioni in merito alla istituzione dei Centri di Senologia Breast Units.
  Il documento «Linee di indirizzo sulle modalità organizzative ed assistenziali della rete dei Centri di senologia» approvato con Intesa dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 18 dicembre 2014, risponde ad una direttiva europea del 2006 che impegna tutti i Paesi membri ad attivare sul proprio territorio nazionale le breast units.
  Il documento indica le modalità di organizzazione, ridefinendo in particolare il ruolo delle breast units come percorsi diagnostico-terapeutici, debitamente coordinati, omogenei, unitari, integrati, multidisciplinari, dedicati alla diagnosi dei tumori della mammella sia per i casi provenienti dai programmi organizzati di screening di popolazione (oramai poco meno del 50 per cento dei tumori incidenti), sia per i casi clinici in donne sintomatiche o su presentazione spontanea al di fuori delle fasce di età dello screening mammografìco, alla mappatura e gestione del rischio genetico familiare, alla terapia chirurgica, radioterapica oncologica e palliativa, oltre che come Centro di riabilitazione e recupero funzionale e di counseling psicologico.
  La Breast Unit quindi è un modello di assistenza specializzato nella diagnosi (screening e diagnostica clinico-strumentale), nella cura e nella riabilitazione psicofisica delle donne affette da carcinoma mammario, dove la gestione del percorso della paziente è affidato a un gruppo multidisciplinare di professionisti dedicati e con esperienza specifica in ambito senologico.
  Una ottimale organizzazione della rete di strutture di senologia deve essere disegnata sulla base delle esigenze del territorio in funzione dei bacini di utenza; nel documento è previsto un Centro di senologia ogni 250.000 abitanti e per le strutture di screening il bacino d'utenza è compreso tra 200.000 e 500.000 abitanti.
  Inoltre, per definirsi tale una Breast Unit deve rispettare una serie di requisiti di base, essenziali e molto precisi, tra cui riveste una notevole importanza il volume di attività, determinante dell'esito delle cure, fissato a 150 interventi/anno, con un margine di tolleranza del 10 per cento (135 interventi/anno).
  Per le Regioni con le reti approvate, è stato avviato il monitoraggio dall'implementazione dei processi di riorganizzazione della rete ospedaliera, attraverso un'analisi puntuale degli interventi concretizzati da parte delle Regioni per il raggiungimento degli obiettivi.
  Inoltre, il Ministero della salute in relazione al documento approvato con Intesa Stato Regioni nel dicembre 2014, ha tracciato la linea da seguire affinché venga effettuata un'osservazione sistematica ed uniforme, stante la rilevanza sia per numerosità di casi sia per la sensibilità crescente, su un ambito specifico quale quello del tumore alla mammella, dando l'avvio ad un monitoraggio puntuale attraverso il Questionario Lea 2018 (rete dei centri di senologia), che lega il raggiungimento degli obiettivi, misurati attraverso indicatori condivisi con le Regioni, ad un riconoscimento economico.
  Da ultimo, il Rapporto sulla rilevazione delle apparecchiature sanitarie in Italia - Anno 2017, pubblicato sul sito internet del Ministero, sezione Monitoraggio apparecchiature sanitarie, (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2678_allegato.pdf) e dal quale sono state tratte le informazioni numeriche sulle percentuali di Mammografi che superavano i 10 anni di anzianità, riporta la situazione della rilevazione alla data del 14 novembre 2017. In particolare, risultavano registrati complessivamente 1.289 mammografi nelle strutture pubbliche e private, con la seguente distribuzione in termini di età:
   minori di 5 anni - > 37,3 per cento
   tra 5 e 10 anni - > 33,4 per cento
   oltre 10 anni - > 29,3 per cento.

  Alla data odierna la situazione è cambiata in valori assoluti, ma risulta sostanzialmente stabile in termini percentuali. In particolare, risultano registrati complessivamente Pag. 441.687 mammografi nelle strutture pubbliche e private, con un incremento della rilevazione pari a 398 unità, e con la seguente distribuzione in termini di età:
   minori di 5 anni -» 36,8 per cento;
   tra 5 e 10 anni -» 31,3 per cento;
   oltre 10 anni -» 31,9 per cento.

  Come rappresentante del Ministero della salute rassicuro che sarà avviato un processo di investimento tecnologico in sanità volto a garantire l'efficienza, l'efficacia nonché la sicurezza degli interventi, a garanzia del diritto alla salute dei cittadini italiani, nonché a garanzia dell'attività svolta da tutti gli esercenti sanitari.

Pag. 45

ALLEGATO 2

5-02795 Cecconi: Iniziative volte a ridurre il rischio di reazione avversa causata dalla somministrazione di vaccini.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In via preliminare sulla base del supporto anche dell'Agenzia Italiana del Farmaco - AIFA, per quanto attiene ai profili sanitari della interrogazione, si rappresenta quanto segue.
  Nell'Unione Europea i vaccini sono autorizzati in base ai requisiti di qualità, sicurezza ed efficacia definiti da linee guida europee e internazionali per tutti i medicinali con procedure comunitarie (che interessano l'EMA con il contributo di tutti gli stati membri) e nazionali che coinvolgono uno o più stati membri.
  Come pubblicato sul portale istituzionale dell'AIFA, indipendentemente dal tipo di procedura autorizzativa, i controlli di qualità vengono effettuati dalla ditta durante tutto il ciclo produttivo di ogni lotto di vaccino, prima della distribuzione sul mercato, secondo gli standard previsti dalle autorità internazionali (Farmacopea Europea, Organizzazione Mondiale della Sanità - OMS, EMA, etc.) e nazionali. I metodi utilizzati per i controlli effettuati sui vaccini dalle aziende produttrici e le relative specifiche sono approvati dalle autorità competenti al termine della fase di valutazione del prodotto.
  Inoltre, durante tutto il ciclo di vita del prodotto, gli effetti dell'utilizzo nei soggetti vaccinati vengono accuratamente monitorati mediante registrazione di ogni possibile reazione avversa, anche se solo apparentemente associata alla sua somministrazione. Pertanto, in base alle Direttive Comunitarie, tutti gli aspetti di qualità, efficacia e sicurezza, approvati nella fase autorizzativa, diventano legalmente vincolanti per l'azienda titolare dell'AIC.
  L'aderenza a tutti i requisiti approvati viene periodicamente verificata dalle autorità competenti in tutte le fasi di sviluppo e produzione del vaccino attraverso i sistemi ispettivi, sia prima che dopo l'autorizzazione al commercio.
  Inoltre, prima della commercializzazione sul territorio europeo, ogni lotto di vaccino è sottoposto al Controllo di Stato che consiste in controlli analitici condivisi con le autorità competenti in materia di farmaci, eseguiti da uno dei laboratori della rete internazionale di laboratori ufficiali per il controllo dei medicinali (Official Medicines Control Laboratories, OMCL), indipendentemente dalla nazione in cui un singolo lotto di vaccino viene distribuito. Questi laboratori vengono identificati, validati e controllati dall'European Directorate for the Quality of Medicines and Healthcare (EDQM), un organo tecnico-scientifico del Consiglio d'Europa. Le analisi eseguite dagli OMCL per il Controllo di Stato sono specifiche per tipologia di vaccino e definite da linee guida.
  A seguito del buon esito del doppio controllo effettuato dall'azienda produttrice e dall'OMCL, in Italia l'AIFA ratifica la certificazione di rilascio del lotto fornita dall'OMCL e autorizza la commercializzazione dello specifico lotto di vaccino sul territorio italiano. I lotti risultanti non conformi agli standard stabiliti non sono immessi sul mercato.
  Successivamente alla loro commercializzazione, tutti i medicinali, inclusi i vaccini, vengono sottoposti annualmente a controlli analitici definiti di Post-Marketing, Pag. 46stabiliti secondo programmi stabiliti a livello europeo tra EMA, EDQM e la rete degli OMCL (Centrally Authorised Products - CAP Programme), ovvero gestiti a livello nazionale con un programma di controllo ad hoc (PCA) effettuato in accordo con l'ISS (OMCL per l'Italia). I saggi analitici sono volti a verificare la rispondenza alle specifiche di qualità che sono state autorizzate per il singolo medicinale/vaccino e/o riportate nelle monografie di Farmacopea Europea.
  Il monitoraggio della sicurezza viene effettuato attraverso le attività di farmacovigilanza (vaccinovigilanza) che hanno lo scopo di valutare in maniera continuativa tutte le informazioni relative all'uso sicuro e al rapporto beneficio/rischio dopo la loro immissione in commercio e per tutto il loro ciclo di vita con metodiche condivise a livello globale e ratificate da Direttive Europee.
  Le attività di farmacovigilanza sono obbligatorie per legge sia per le autorità regolatorie (come AIFA ed EMA) sia per i titolari di autorizzazione all'immissione in commercio e si avvalgono di database delle reazioni avverse sia a livello nazionale (Rete Nazionale di Farmacovigilanza - RNF), che internazionali (EudraVigilance dell'EMA e VigiBase dell'Organizzazione Mondiale della Sanità).
  Ogni sospetto rischio che emerga dalle attività di farmacovigilanza deve essere discusso a livello del Comitato per la Valutazione del Rischio in Farmacovigilanza dell'Agenzia Europea dei medicinali EMA (Pharmacovigilance Risk Assessment Committee o PRAC), a cui partecipano tutti gli stati membri.
  Al fine di ottimizzare la vaccinovigilanza a livello nazionale, e di contribuire alle funzioni del PRAC è stato inoltre istituito dall'AIFA il Gruppo Di Lavoro sulla Vaccinovigilanza in collaborazione con i Centri regionali di Farmacovigilanza, i dipartimenti di Prevenzione regionali, il Ministero della Salute e l'ISS. Attraverso l'attività di tale gruppo, l'Agenzia è una delle poche autorità regolatorie al mondo che pubblica annualmente dal 2009 un rapporto sulla sorveglianza post-marketing dei vaccini.
  È opportuno precisare che il Rapporto Vaccini 2019 recentemente pubblicato sul sito dell'Agenzia e tutti i rapporti precedenti non è stata confermata la presenza di rischi aggiuntivi a quelli già noti. Pertanto, il rapporto beneficio/rischio dei vaccini utilizzati resta immodificato.
  Nell'ambito delle attività di monitoraggio dei vaccini, rientra l'esame della letteratura indicizzata e consolidata, relativa agli studi prodotti dalla comunità scientifica su qualità, efficacia e sicurezza di tali farmaci. Non risultano in tale ambito pubblicazioni, sia da fonti istituzionali che accademiche, relative alle problematiche sollevate dall'Associazione di genitori Corvelva, attraverso canali mediatici. Gli esiti delle attività della suddetta Associazione, per quanto inviati anche ad AIFA, sono mancanti di informazioni essenziali, soprattutto dal punto di vista metodologico, ai fini di una valutazione tecnico-scientifica, pertanto, nell'ambito dei compiti primari di tutela della salute pubblica, l'Agenzia ha richiesto e sollecitato la presentazione dei dati completi, requisito essenziale per la suddetta valutazione. I dati trasmessi nei mesi di luglio e agosto 2019 sono attualmente oggetto di approfondimento da parte di esperti anche dell'Istituto Superiore di sanità.

Pag. 47

ALLEGATO 3

5-02796 Siani: Divieto di utilizzo di medicinali contenenti ranitidina.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ringrazio gli onorevoli interroganti per aver sollevato una questione di particolare delicatezza e attualità, che mi consente oggi di fornire tutti gli elementi informativi al riguardo.
  L'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), come altre Agenzie regolatorie europee e internazionali del settore dei medicinali, ha disposto il ritiro di alcuni lotti di medicinali contenenti il principio attivo ranitidina.
  Si tratta di farmaci utilizzati nel trattamento dell'ulcera gastrica, del reflusso gastroesofageo e del bruciore di stomaco.
  A scopo precauzionale, l'AIFA ha anche disposto il divieto di utilizzo di tutti i lotti commercializzati in Italia di medicinali contenenti ranitidina, in attesa che vengano analizzati.
  Tale misura cautelativa è stata effettuata secondo un principio di massima precauzione, per garantire un'elevata qualità del farmaco a tutela della salute dei pazienti.
  È stata, infatti, rilevata in alcuni lotti di medicinali a base di ranitidina un'impurezza, la N-nitroso-dimetilammina (NDMA).
  Questa sostanza è un sottoprodotto che si genera in numerosi processi industriali, ma che è presente, anche se in basse quantità, in alcuni alimenti – ad esempio frutta in scatola, vegetali, pesci, carni, salumi e formaggi – e in alcune bevande – succhi di frutta, birra e superalcoolici.
  La NDMA è rilevabile anche nelle forniture di acqua a causa dei processi di disinfezione (ad esempio clorinazione, resine, ecc.).
  Anche i processi di preparazione di alcuni alimenti, come cotture, affumicatura, stagionatura provocano la formazione di tale sostanza.
  La NDMA è, inoltre, una delle sostanze chimiche che si trova nel fumo di sigaretta, sia in quello esalato dal fumatore sia in quello che deriva dalla combustione del tabacco.
  La NDMA è classificata come sostanza probabilmente cancerogena per l'uomo dall'Agenzia internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell'organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sulla base di studi condotti su animali, ma non ci si attende che possa causare danni se ingerita in quantità molto basse e in modo non cronico.
  Un analogo provvedimento cautelativo è stato implementato nel luglio 2018, quando la stessa impurezza è stata identificata nei sartani, una classe di farmaci utilizzati per il trattamento dell'ipertensione arteriosa.
  Il ritiro precauzionale dei medicinali contenenti ranitidina, così come il ritiro dei farmaci contenenti sartani, dimostra l'efficienza del sistema regolatorio di controllo e della farmacovigilanza, attività continue e costanti svolte dall'Agenzia per garantire la qualità dei medicinali e la sicurezza dei pazienti.
  A seguito, infatti, di questi continui controlli e grazie all'affinamento dei metodi analitici, che diventano sempre più precisi, sensibili e sofisticati, è stato possibile identificare questa impurezza, che è un sottoprodotto della sintesi chimica ma che non deve essere contenuta nei farmaci.Pag. 48
  A tal riguardo, l'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) il 12 settembre 2019 ha avviato, su richiesta dalla Commissione Europea e in accordo con le singole Agenzie del farmaco nazionali, la revisione dei medicinali a base di ranitidina, tramite procedure di «referrai» secondo la direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano.
  Inoltre, poiché solo qualche anno fa i metodi analitici non permettevano di tracciare simili sostanze, in via precauzionale, la Rete regolatoria Europea, tramite l'EMA, ha preso la decisione di avviare un'operazione di «routine» per testare tutti i farmaci che potrebbero contenere una simile impurezza, per garantire qualità e sicurezza dei medicinali a tutela della salute di tutti, prima della loro immissione in commercio.
  In particolare, in relazione ai medicinali attualmente in commercio, il Comitato per i Medicinali per Uso Umano dell'EMA (CHMP) ha richiesto, a titolo precauzionale, ai titolari di Autorizzazione all'Immissione in Commercio (AIC) di revisionare i propri processi di fabbricazione, al fine di minimizzare il rischio della eventuale presenza di impurezze nitrosamminiche.
  Le aziende titolari delle autorizzazioni in commercio del medicinali (AIC) hanno l'obbligo di informare immediatamente le Autorità competenti qualora i test di conferma dei processi di produzione evidenzino la presenza di un'impurezza nitrosamminica, indipendentemente dalla quantità rilevata, al fine di intraprendere le opportune azioni per la massima tutela della salute pubblica.
  Per completezza, segnalo che nel sito istituzionale dell'Aifa all'indirizzo: https://www.aifa.gov.it/web/guest/-/comunicazione-ema-sulla-presenza-di-nitrosammine-nei-medicinali-per-uso-umano. è stato pubblicato un comunicato ufficiale che fornisce le più dettagliate informazioni sulle azione intraprese.
  Concludo fornendo rassicurazione sul sistema di farmacovigilanza esistente che ha garantito prontamente gli interventi di ritiro dei medicinali, e contestualmente l'adozione di ogni misura volta a garantire le idonee alternative terapeutiche.

Pag. 49

ALLEGATO 4

5-02797 Bellucci: Risarcimento ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La legge 25 febbraio 1992, n. 210 «Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati», riconosce ai soggetti che a seguito di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati hanno riportato danni irreversibili, il diritto a percepire un indennizzo, a carattere vitalizio, da parte dello Stato.
  A seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000, le funzioni e le risorse in materia di indennizzi sono state trasferite alle Regioni, ad eccezione della Regione Sicilia, che a differenza delle altre, dotate di autonomia speciale, non ha tuttora provveduto a modificare il proprio Statuto con la previsione di tali competenze.
  Pertanto, il Ministero della salute gestisce, in via amministrativa, quasi 9.000 posizioni che riguardano sia gli indennizzati i cui ruoli di spesa fissa sono stati aperti antecedentemente al trasferimento delle funzioni alle Regioni, sia le pratiche dei residenti nella Regione Sicilia.
  La normativa in esame prevede il riconoscimento di un ulteriore indennizzo, di importo pari al 50 per cento di quello base, in caso di riconoscimento della seconda patologia tra HIV e una tra HCV e HBV.
  Inoltre, è previsto un assegno «una tantum» da riconoscere ai congiunti di danneggiati deceduti a causa della patologia correlata all'infezione di 77.000 euro circa, in unica soluzione o rateizzato in 15 anni.
  La sentenza n. 293/2011 della Corte Costituzionale in materia di rivalutazione della indennità integrativa speciale di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, ha dichiarato incostituzionale l'articolo 11 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che, al comma 13, disponeva che «il comma 2 dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modificazioni si interpreta nel senso che la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso di inflazione».
  Si è verificato, pertanto, a partire dal dicembre 2011, un aumento esponenziale dei giudizi instaurati al fine di ottenere quanto riconosciuto dalla Consulta.
  L'Amministrazione ha provveduto in via amministrativa all'adeguamento mensile dell'indennizzo vitalizio di tutti i soggetti, a decorrere dal 1o gennaio 2012, nonché al pagamento degli arretrati maturati a tale titolo.
  Si sta provvedendo alla liquidazione degli arretrati dal 2011 a ritroso, della rivalutazione degli indennizzi per coloro che hanno ottenuto tale riconoscimento in via giudiziale.
  Per quanto concerne il risarcimento dei danni, occorre precisare che non è mai avvenuto alcun blocco di alcun pagamento, e men che meno per incapienza delle risorse finanziarie.
  Tanto più che il legislatore, con l'articolo 27-bis del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito nella legge n. 114 dell'11 agosto 2014, ha introdotto un'equa riparazione per i danneggiati da trasfusione con sangue infetto, o emoderivati infetti, o vaccinazioni obbligatorie (o per i loro aventi causa, in caso di decesso) che abbiano presentato domanda di adesione alla procedura transattiva di cui alla legge 24 dicembre 2007 n. 244, entro il 19 Pag. 50gennaio 2010, e tale beneficio è stato previsto anche per coloro che, avendo aderito alla transazione, hanno instaurato un contenzioso per il riconoscimento del solo danno «jure proprio».
  In tal caso, il beneficio non può essere riconosciuto agli eredi che non hanno, all'epoca, aderito alla transazione, né che abbiano instaurato un contenzioso per risarcimento danni dopo la data del 1o gennaio 2008.
  In ogni caso, il Ministero della salute procede alla liquidazione dei titoli di condanna al risarcimento dei danni sia jure proprio che jure hereditatis passati in giudicato, secondo l'ordine cronologico di notifica.

Pag. 51

ALLEGATO 5

5-02798 Bologna: Criticità concernenti la raccolta di cellule staminali del cordone ombelicale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riguardo alla questione sollevata, in via preliminare preciso che è necessario distinguere la conservazione del sangue del cordone ombelicale per uso privato-personale, per ipotetici utilizzi futuri, come nel caso in questione, dalla raccolta e conservazione del sangue cordonale donato a fini solidaristici, a beneficio della collettività, per fini di trapianto di cellule staminali emopoietiche (CSE).
  In Italia il prelievo di cellule staminali emopoietiche (CSE) da sangue del cordone ombelicale è ricompreso tra le attività trasfusionali (legge 21 ottobre 2005, n. 219) e si fonda sui princìpi della donazione volontaria, non remunerata, anonima e responsabile e della gratuità del sangue che non è fonte di profitto.
  La conservazione del sangue cordonale è un interesse primario del Servizio sanitario nazionale ed è consentita presso strutture pubbliche (banche), in quanto finalizzata alla cura (trapianto) di pazienti affetti da patologie ematologiche ed oncoematologiche.
  Nel nostro Paese è anche possibile conservare in banche pubbliche, a spese del SSN, il sangue cordonale per un uso autologo-dedicato al bambino stesso o a un familiare, nel caso in famiglia ci siano patologie o malattie genetiche per le quali è consolidato l'uso delle cellule staminali emopoietiche.
  Infatti, il decreto ministeriale 18 novembre 2009 regola la conservazione, sul territorio nazionale, a carico del SSN, presso strutture pubbliche, del sangue da cordone ombelicale donato o per fini solidaristici o per l'uso autologo-dedicato. Attualmente, sono operanti nel territorio nazionale 18 banche pubbliche, coordinate dal centro nazionale sangue in collaborazione con il centro nazionale trapianti in cui oggi sono conservate oltre 37 mila unità di sangue cordonale messe a disposizione di tutti i pazienti bisognosi di un trapianto di cellule staminali, autorizzate e accreditate dalle Regioni e Province Autonome.
  In coerenza con i princìpi fondanti del sistema nazionale (il sangue non è fonte di profitto) il decreto ministeriale 18 novembre 2009 sulla conservazione autologo dedicata (articolo 3, comma 2) dispone che: «È vietata l'istituzione di banche per la conservatorie di sangue da cordone ombelicale presso strutture sanitarie private, anche accreditate, ed ogniforma di pubblicità alle stesse connessa».
  Al riguardo, è necessario ricordare che nei primi anni 2000, sulla base della diffusione di notizie riguardo alle potenzialità di impiego del sangue da cordone ombelicale, sorse un intenso dibattito sulla conservazione autologa per ipotetici utilizzi futuri. L'amplificazione mediatica del dibattito ha alimentato aspettative di cura, con prospettive ancora remote, contribuendo alla propaganda (da parte di Società private) della conservazione personale quale «assicurazione biologica» per il neonato e la famiglia.
  Da allora le Autorità nazionali, europee e internazionali e le Società scientifiche hanno continuato a scoraggiare l'istituzione di banche private a scopo di lucro e sostengono la donazione solidaristica in strutture pubbliche.Pag. 52
  Tuttavia, nel contempo dalla società civile cresceva la domanda, in nome del principio di autodeterminazione e di libera scelta, di poter conservare comunque il sangue cordonale per eventuali utilizzi in futuro.
  Nel rispetto della libera volontà dei genitori è stata consentita, attraverso reiterate Ordinanze ministeriali (2002-2009), l'esportazione dei campioni di sangue per la conservazione personale presso banche operanti all'estero.
  Con la emanazione dei due decreti entrambi in data 18 novembre 2009, uno sulla donazione autologo dedicata e l'altro sulla istituzione della Rete nazionale delle banche, si è consolidato il quadro normativo della conservazione del sangue cordonale nel territorio nazionale, e si è provveduto nel contempo a sostituire le Ordinanze ministeriali (misure contingibile e urgenti) con l'Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 29 aprile 2010 sull'esportazione di campioni di sangue cordonale per uso autologo, con il quale sono state stabilite le modalità per la richiesta e il rilascio della autorizzazione all'esportazione da parte delle Regioni.
  Nell'Accordo citato è previsto che i genitori interessati ottengano dalla Direzione Sanitaria della struttura sede del parto, le informazioni e la modulistica per la presentazione della domanda di esportazione dei campioni, nonché la sottoscrizione della avvenuta attività di counselling con la consegna di materiale informativo sull'uso appropriato del sangue cordonale, affinché vi sia la piena consapevolezza della scelta di esportare il campione presso banche estere.
  Al termine della procedura la Direzione Sanitaria, verificata la conformità della domanda e del Kit di trasporto, rilascia l'autorizzazione all'esportazione.
  Riguardo al DPCM 12 gennaio 2017 relativo ai LEA, l'articolo 47 prevede che «Il Servizio sanitario nazionale garantisce altresì la ricerca ed il reperimento di cellule staminali emopoietiche presso registri e banche nazionali ed estere», in quanto la ricerca e reperimento di CSE, quali Livelli essenziali di assistenza, avviene attraverso l'attività del Registro Nazionale dei Donatori di Midollo Osseo (IBMDR), istituito dalla legge n. 52 del 2001 presso l'Ospedale Galliera di Genova, che coordina la ricerca di cellule staminali emopoietiche da sangue midollare, periferico e cordonale, presso i Registri nazionali e internazionali. Quanto alle criticità legate alle banche estere, ribadisco che il sistema nazionale di donazione e trapianto di CSE è del tutto distinto dalla conservazione del sangue cordonale ad uso privato, svincolato dal circuito internazionale dei Registri di donatori di CSE per trapianto, mentre gli introiti delle banche private autorizzate all'estero derivano dalla libera scelta dei cittadini che stipulano contratti di natura privatistica con Società private con la sede di conservazione all'estero.
  Da ultimo, riguardo al caso specifico della Società «Cryo-save», assicuro che il Ministero della salute, tenendo conto delle richieste provenienti dai genitori interessati, si è attivato al fine di acquisire direttamente dalle Autorità elvetiche, attraverso i canali diplomatici, ed è in attesa di acquisire notizie attendibili circa la situazione della Società in questione.
  Concludo con alcune valutazioni di natura tecnico-politica, sono d'accordo nel dare la possibilità a tutti di donare con maggiore semplicità ed avere una banca solidale molto più ampia. Ribadisco, però, che si è sempre cercato di scoraggiare un sistema di raccolta individuale e privato per due motivi fondamentali: è improbabile che chi decide di conservare le cellule staminali ne abbia davvero bisogno personalmente in futuro e le evidenze scientifiche dimostrano che i risultati migliori provengono dalle cellule di un soggetto compatibile ma diverse dal paziente stesso. In secondo luogo, se una patologia insorge nel bambino a distanza di poco tempo dal taglio del cordone ombelicale il sangue potrebbe contenere già cellule malate. Ritengo, pertanto, che vada incentivata la raccolta di unità di sangue cordonale per aumentare la varietà genetica.