CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 25 luglio 2019
228.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Indagine conoscitiva sui sistemi tributari delle regioni e degli enti territoriali nella prospettiva dell'attuazione del federalismo fiscale e dell'autonomia differenziata.

PROGRAMMA DELIBERATO DALLA COMMISSIONE

  La legge 5 maggio 2009, n. 42 recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, ha delineato un nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, incentrato sul superamento del sistema di finanza derivata e sull'attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati, nel rispetto dei principi di solidarietà, riequilibrio territoriale e coesione sociale sottesi al nostro sistema costituzionale.
  La legge ha stabilito in modo puntuale la struttura fondamentale delle entrate di regioni ed enti locali, definito i principi per l'assegnazione di risorse perequative agli enti dotati di minori capacità di autofinanziamento e definito gli strumenti attraverso cui garantire il coordinamento fra i diversi livelli di governo in materia di finanza pubblica. Ciò con l'obiettivo di superare il vecchio criterio della spesa storica sulla quale si basavano i trasferimenti agli enti territoriali e di consentire l'esercizio concreto dell'autonomia tributaria da parte dei governi decentrati, nonché un adeguato livello di flessibilità fiscale.
  A tal fine, la riforma ha previsto l'individuazione di due parametri fondamentali:
   la capacità fiscale, che rappresenta il gettito potenziale da entrate proprie di un territorio, date la base imponibile e l'aliquota legale;
   i fabbisogni standard, che rappresentano le reali necessità finanziarie di regioni ed enti locali in base alle loro caratteristiche territoriali e agli aspetti socio-demografici della popolazione residente.

  Il percorso attuativo del federalismo fiscale – che si è sviluppato attraverso l'emanazione di diversi decreti legislativi – si è realizzato solo parzialmente, anche a causa di importanti mutamenti del quadro istituzionale, riconducibili principalmente all'aggravarsi della crisi economica e finanziaria e alla conseguente necessità di una maggiore centralizzazione delle decisioni di entrata e di spesa. I tagli di spesa e gli aumenti di entrata hanno infatti posto in secondo piano il federalismo fiscale, riducendo gli spazi di autonomia finanziaria degli enti territoriali e imponendo limiti più stringenti alle regole di spesa del patto di stabilità interno. In tale assetto, peraltro, uno degli elementi più innovativi della disciplina federalista, costituito dai fabbisogni standard, ha assunto un ruolo importante come criterio di assegnazione delle risorse agli enti locali.
  Per quanto concerne le Regioni a statuto ordinario il nuovo sistema di finanziamento delineato dal federalismo fiscale, costituito da entrate di tipo tributario ed entrate proprie, è stato più volte rinviato, da ultimo al 2020 ad opera della Legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 778, della legge n. 205/2017).
  La mancata attuazione del disegno federalista ha lasciato immutate le esigenze di autonomia finanziaria e gestionale delle regioni, sfociate nei referendum consultivi in Lombardia e in Veneto, volti a sollecitare Pag. 70l'attivazione delle procedure per il riconoscimento di ulteriori forme di autonomia, ai sensi dell'articolo 116, comma 3, della Costituzione. A tali iniziative si è aggiunta analoga richiesta della regione Emilia-Romagna.
  Tali istanze debbono essere valutate, secondo il dettato costituzionale, alla luce dei principi stabiliti dall'articolo 119, che collega la ripartizione del fondo perequativo al parametro oggettivo della minore capacità fiscale per abitante ai fini di reperire, attraverso la leva fiscale, le risorse necessarie per l'esercizio delle funzioni e dei compiti che l'ente territoriale è tenuto istituzionalmente a svolgere. Ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, è lo Stato ad avere competenza esclusiva sulla materia della «perequazione delle risorse finanziarie».
  La perequazione fiscale prevede il trasferimento di risorse allo scopo di attenuare le differenze di capacità fiscale esistenti tra diverse aree territoriali. Ciò al fine di garantire, a parità di sforzo fiscale ed efficienza dei governi locali, il medesimo livello in termini quantitativi e qualitativi dei servizi pubblici di carattere regionale o locale, in un'ottica di equità orizzontale.
  La presente indagine conoscitiva si propone pertanto in primo luogo di acquisire informazioni e dati aggiornati in merito allo stato di attuazione del federalismo fiscale, con particolare riferimento al processo di definizione delle capacità fiscali e dei fabbisogni standard nonché alle modalità di trasferimento delle risorse alle Regioni e agli enti territoriali.
  In tale ambito, particolare attenzione potrà essere dedicata al tax gap, differenza tra il gettito teorico e quello effettivo, tenuto conto del rilievo che esso può assumere nell'attribuzione della capacità fiscale. Ciò anche al fine di verificare la possibilità per i governatori e gli amministratori locali di intervenire più efficacemente sul recupero dell'evasione fiscale.
  Obiettivo dell'indagine è inoltre di individuare l'orizzonte di riferimento all'interno del quale collocare l'azione di Governo in tema di federalismo fiscale ed autonomia differenziata, tenendo ben presente i canoni di solidarietà economica, di garanzia delle prestazioni pubbliche essenziali e di inviolabilità dei diritti fondamentali della persona.
  Ciò dovrebbe consentire l'effettivo passaggio ad un modello istituzionale in grado di contemperare le istanze di autonomia con le esigenze di perequazione, basato su capacità fiscali e fabbisogni standard.
  L'indagine conoscitiva, che dovrebbe avere una durata di 6 mesi, si articolerebbe secondo il seguente programma di audizioni:
   Ministro dell'economia e delle finanze, prof. Giovanni Tria;
   Ministro degli affari regionali e delle autonomie, sen. Erika Stefani;
   Ministro per il Sud, sen. Barbara Lezzi;
   Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, on. Giancarlo Giorgetti;
   Ragioneria generale dello Stato, Ministero dell'economia e delle finanze;
   Dipartimento delle Finanze, Ministero dell'economia e delle finanze;
   Dipartimento per gli Affari interni e territoriali, Direzione centrale della Finanza locale, Ministero dell'interno;
   Rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'ANCI e dell'UPI;
   Commissione tecnica per i fabbisogni standard;
   SOSE – Soluzioni per il sistema economico S.p.A.;
   Ufficio parlamentare di Bilancio;
   Corte dei conti;
   SVIMEZ;
   Banca d'Italia;
   Confindustria;
   Esperti e studiosi della materia.

Pag. 71

ALLEGATO 2

5-02589 Osnato: Accordi territoriali relativi alle imposte su immobili concessi in locazione a canone concordato.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento alla disciplina dei contratti di locazione ad uso abitativo «a canone concordato», e, in particolare, chiedono chiarimenti in merito all'opportunità di un intervento affinché l'attestazione della conformità del contratto ai criteri dettati dagli accordi territoriali sia consentita a tutte le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative che hanno sottoscritto la convenzione nazionale integralmente recepita nel decreto ministeriale 16 gennaio 2017 n. 62.
  Al riguardo, sentiti gli uffici dell'Amministrazione finanziaria ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si rappresenta quanto segue.
  La legge 9 dicembre 1998, n. 431 recante «Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo», nel definire le modalità di stipula o rinnovo dei contratti di locazione a canone concertato di cui all'articolo 2, comma 3, individua due distinti momenti procedurali, entrambi essenziali, per una corretta determinazione dei canoni.
  Tali fasi si sostanziano, la prima, ai sensi dell'articolo 4, comma 1 della richiamata legge 431, nella promozione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, della Convenzione nazionale che individua i criteri generali per la realizzazione degli accordi in sede locale per la stipula dei contratti di locazione sopra detti e la seconda, in attuazione del sopracitato articolo 2, comma 3, nel livello procedurale finalizzato alla sottoscrizione degli accordi in sede comunale.
  Entrambe le fasi sono concluse con l'adozione del Decreto interministeriale n. 62 del 16 gennaio 2017.
  A dette fasi partecipano, rispettivamente, le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale e le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello locale.
  In tale contesto va sottolineato il ruolo fondamentale svolto dai comuni nella attivazione delle procedure di definizione degli accordi locali in quanto spetta agli enti locali, sia l'individuazione che la successiva convocazione, delle predette organizzazioni di livello locale.
  Ciò detto, e per quanto concerne in particolare il profilo della attestazione della rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all'accordo locale, gli Onorevoli interroganti si riferiscono alla sentenza della Corte costituzionale n. 309 del 1996 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 convertito nella legge n. 359 del 1992, nella parte in cui prevedeva come obbligatoria l'assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori per la stipula di accordi in deroga alla legge n. 392 del 1978.
  La sentenza n. 309 del 1996 risulta rispettata dal sistema normativo successivo introdotto con la riforma delle locazioni (legge n. 431 del 1998 e successive modificazioni e decreto ministeriale 16 gennaio 2017), in quanto tale impianto Pag. 72normativo non prevede l'obbligo bensì la mera facoltà della proprietà edilizia e dei conduttori di avvalersi dell'assistenza delle organizzazioni sindacali (cfr. articolo 2, comma 2, legge n. 431 del 1998 e articolo 1, commi 4 e 8, articolo 2, comma 8, articolo 3, comma 5, decreto ministeriale 16 gennaio 2017).
  Tale impianto normativo, con il quale è stato superato il regime vincolistico introdotto dalla legge n. 392 del 1978, configura un sistema concertativo innanzi sinteticamente descritto, che appare rispettoso delle prerogative che l'ordinamento riconosce ai diversi soggetti coinvolti a vario titolo nel procedimento.

Pag. 73

ALLEGATO 3

5-02590 Bignami: Richiesta di dati da parte dell'Agenzia delle entrate ai fini dell'elaborazione degli indici di affidabilità fiscale (ISA).

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli lamentano che dall'applicazione degli indici sintetici di affidabilità (ISA), si è determinato un ulteriore aggravio burocratico a carico dei contribuenti poiché per l'elaborazione degli Isa si rende necessario integrare la documentazione con i dati fiscali degli ultimi 8 anni dei contribuenti.
  Gli Onorevoli interroganti evidenziano che tali dati, pur essendo già in possesso dell'Agenzia delle entrate, devono essere riacquisiti dai professionisti e ricaricati nuovamente sui sistemi informatici dell'Agenzia.
  Pertanto, gli Onorevoli interroganti chiedono «su quali basi normative si fondi questa continua richiesta di adempimenti da parte dell'Agenzia delle entrate e come si giustifichi una richiesta di dati, peraltro, già in possesso dell'Agenzia delle entrate, che appare agli interroganti in palese violazione dello Statuto del Contribuente, oltre che del buon senso.».
  Al riguardo, sentita l'Agenzia delle entrate, si rappresenta quanto segue.
  Il comma 1 dell'articolo 9-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 (convertito con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017) prevede che: «Al fine di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili e di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti e il rafforzamento della collaborazione tra questi e l'Amministrazione finanziaria, anche con l'utilizzo di forme di comunicazione preventiva rispetto alle scadenze fiscali, sono istituiti indici sintetici di affidabilità fiscale per gli esercenti attività di impresa, arti o professioni, di seguito denominati “indici”».
  Tale previsione si innesta nel percorso tracciato dalla legge n. 190 del 2014 (articolo 1, commi da 634 a 636), e persegue la finalità di ridefinire il rapporto tra fisco e contribuente: dal controllo ex post della posizione fiscale a un nuovo rapporto collaborativo-preventivo finalizzato a stimolare comportamenti fiscali virtuosi.
  All'interno del solco tracciato dalla disciplina di cui alla menzionata legge 190 del 2014, la richiamata disposizione sugli ISA prevede che, anticipatamente rispetto alla scadenze fiscali, l'Agenzia renda noti al contribuente gli elementi in proprio possesso, idonei a stimolare il corretto assolvimento degli obblighi tributari e l'emersione di base imponibile.
  Tale nuovo approccio dovrebbe mettere il contribuente nelle condizioni migliori per evitare situazioni di criticità con il fisco correlate ad errori o inadempienze.
  Tanto premesso giova rilevare che i dati forniti dall'Agenzia delle entrate per l'applicazione degli ISA non sono costituiti esclusivamente da dati dichiarati dal contribuente ma, in taluni casi, sono provenienti da fonti informative diverse dalle dichiarazioni fiscali dello stesso.
  Il comma 3 del citato articolo 9-bis dispone al riguardo che: «I dati rilevanti ai fini della [...] applicazione degli indici sono acquisiti dalle dichiarazioni fiscali previste dall'ordinamento vigente, dalle fonti informative disponibili presso l'anagrafe tributaria, le agenzie fiscali, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, l'Ispettorato Pag. 74nazionale del lavoro e il Corpo della Guardia di finanza, nonché da altre fonti».
  Ad esempio, in relazione ai compensi percepiti per prestazioni rese da un contribuente nell'ambito della propria attività professionale, l'Agenzia fornisce al contribuente stesso, quale elemento di riscontro, il dato comunicato all'interno dei modelli di Certificazione Unica da parte dei soggetti eroganti tali compensi.
  Gli ISA, attraverso tale sistema, mettono, pertanto, il contribuente in condizione di evitare future contestazioni dell'Agenzia.
  La messa in disponibilità di tali informazioni ha anche l'utilità di ridurre il numero di informazioni richieste al contribuente in fase dichiarativa; in tal senso, i modelli ISA approvati per il periodo di imposta 2018, se paragonati ai modelli di studi di settore approvati per l'annualità 2015, mostrano una rilevante contrazione delle informazioni richieste: si passa da 258 informazioni mediamente presenti nei modelli di studi di settore a 147 dei modelli ISA.
  Se si concentra l'analisi sui quadri contenenti i dati strutturali, la contrazione appare ancora più evidente; si passa da 83 variabili mediamente presenti nei modelli studi di settore a 29 variabili in media presenti nei modelli ISA.
  Tale percorso di semplificazione rappresenta, peraltro, solo un primo passo verso una più consistente riduzione degli adempimenti, posto che il decreto-legge del 30 aprile 2019, n. 34 (convertito con modificazioni, dalla legge n. 58 del 2019) ha previsto che, a partire dal periodo di imposta 2020, «Dai modelli da utilizzare per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli indici sono esclusi i dati già contenuti negli altri quadri dei modelli di dichiarazione previsti ai fini delle imposte sui redditi».
  Riguardo alle modalità con cui l'Agenzia mette a disposizione del contribuente e dell'intermediario le ulteriori informazioni utili al calcolo degli ISA, si ricorda che tali informazioni rimangono sempre disponibili all'interno del «Cassetto fiscale» del contribuente. Inoltre, le modalità di acquisizione massiva di tali dati da parte dell'intermediario sono del tutto simili a quelle già efficacemente sperimentate per il modello 730 precompilato.
  Il termine di disponibilità di 20 giorni (entro cui «l'Agenzia delle entrate è tenuta a cancellarli») all'interno dell'area riservata dei servizi telematici è un accorgimento a tutela del contribuente, finalizzato ad allinearsi al sistema implementato per lo scarico massivo dei dati relativi al 730 precompilato, in relazione al quale il Garante per la protezione dei dati personali ha manifestato parere favorevole.

Pag. 75

ALLEGATO 4

5-02591 Fregolent: Avvisi di irregolarità relativi al modello 770 del 2017 emessi dall'Agenzia delle entrate.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli sottopongono all'attenzione del Governo una problematica riferita dall'Associazione Nazionale dei Consulenti del Lavoro, secondo cui l'Agenzia delle entrate starebbe inviando avvisi di irregolarità relativi al modello 770/2017 fondati su una apparente incongruenza tra la certificazione unica e il modello 770/2017.
  Gli Onorevoli interroganti precisano che le differenze evidenziate negli avvisi di irregolarità deriverebbero da un errore di alcuni software di compilazione che hanno riportato l'ammontare del bonus al netto delle compensazioni. Tale errore si sarebbe generato «a causa di un disallineamento tra le istruzioni per la compilazione dei due modelli e la rimozione temporanea del controllo bloccante sui software di compilazione automatica».
  Gli interroganti segnalano, altresì, che per poter chiarire la difformità dei dati, molti professionisti hanno utilizzato i servizi di assistenza dell'Agenzia delle entrate, riscontrando un comportamento difforme sul territorio da parte dell'Amministrazione finanziaria.
  Ciò premesso, gli Onorevoli chiedono «se non ritenga necessario fornire a tutte le sedi territoriali indicazioni per applicare le stesse modalità operative d'intervento per la rapida risoluzione della problematica esposta.».
  Al riguardo, sentita l'Agenzia delle entrate, si rappresenta quanto segue.
  In sede di approvazione del modello 770/2017 e delle specifiche tecniche per la relativa trasmissione telematica era stato attivato un controllo consistente nella ricerca dell'identità tra l'importo del credito relativo al bonus Irpef recuperato dal sostituto d'imposta ai percipienti (SX47, colonna 3) e il corrispondente importo indicato a titolo di riversamento all'Erario (nei diversi righi del quadro ST). Tale controllo era stato attivato in coerenza con l'obbligo di compensare «esternamente» nel modello di pagamento F24 i crediti e i debiti relativi al rapporto di sostituzione con i dipendenti.
  Successivamente, alcune case di software hanno rappresentato all'Agenzia delle entrate difficoltà nel trasmettere le dichiarazioni dei sostituti d'imposta, considerato che questi ultimi, nel periodo d'imposta di riferimento, avevano già indicato nei modelli di pagamento F24 i debiti relativi al bonus Irpef al netto dei crediti afferenti al medesimo bonus Irpef.
  Al fine di accogliere le istanze pervenute dagli operatori del settore, è stato, pertanto, rimosso, in data 8 giugno 2017, in tempo utile per la trasmissione delle dichiarazioni in argomento (da effettuarsi entro il 31 ottobre successivo) il predetto controllo di tipo bloccante.
  In altri termini, la rimozione del blocco ha, di fatto, agevolato i sostituti che non avevano compensato «esternamente» il bonus Irpef e non costituisce la causa dell'invio degli avvisi di irregolarità di cui trattasi.
  Tali avvisi derivano, invece, dall'esposizione del bonus Irpef recuperato ai percipienti nel rigo SX47, colonna 3, del modello 770, per un importo inferiore a quello riportato nelle certificazioni uniche rilasciate ai medesimi percipienti.
  Relativamente alle lamentele circa il comportamento disomogeneo tenuto nel Pag. 76prestare assistenza ai sostituti, l'Agenzia delle entrate riferisce che, in data 28 giugno, sono state fornite a tutte le strutture dell'Agenzia che prestano assistenza ai contribuenti le istruzioni operative sulle modalità d'intervento, raccomandando alle stesse di astenersi, come di prassi avviene, dal chiedere l'esibizione o la trasmissione di documenti i cui elementi siano direttamente rinvenibili dalle banche dati e dagli applicativi in loro uso.

Pag. 77

ALLEGATO 5

5-02592 Sangregorio: Detraibilità fiscale delle prestazioni di massofisioterapia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti in merito al regime di detraibilità delle spese sostenute per le prestazioni rese dal massofisioterapista.
  In particolare, gli Onorevoli segnalano come l'Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 7/E del 27 aprile 2018, abbia precisato che le prestazioni del massofisioterapista sono detraibili solo se rese da soggetti che hanno conseguito il diploma di formazione entro il 17 marzo 1999 mentre non sono detraibili quelle rese da massofisioterapisti che hanno conseguito il diploma dopo tale data.
  A parere degli interroganti risultano incomprensibili le ragioni di tali disparità di trattamento e pertanto gli Onorevoli chiedono «quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per eliminare tali difformità di trattamento, consentendo così la detrazione delle spese sostenute ai pazienti di tutti i diplomati in massofisioterapia, a prescindere dalla data di conseguimento del diploma».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  In merito alla possibilità di riconoscere la detrazione d'imposta di cui all'articolo 15, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) per le spese relative alle prestazioni rese dai massofisioterapisti con diploma conseguito dopo l'entrata in vigore della legge n. 42 del 1999 (17 marzo 1999), l'Agenzia delle entrate ha chiesto al suddetto Ministero chiarimenti, atteso che il suddetto Ministero, con riguardo al trattamento IVA, aveva negato la natura sanitaria delle prestazioni in esame.
  A seguito della predetta richiesta del 2015 e dovendo, comunque, fornire indicazioni ai contribuenti e ai soggetti che prestano assistenza fiscale e al fine di uniformare sul territorio il trattamento fiscale delle prestazioni rese dai massofisioterapisti con diploma conseguito dopo l'entrata in vigore della legge n. 42 del 1999, l'Agenzia delle entrate ha chiarito, con la circolare n. 7/E del 2018 (richiamata dagli Onorevoli interroganti), che le prestazioni rese da tali soggetti non sono definibili, anche in presenza di una specifica prescrizione medica.
  Da ultimo, con la circolare n. 13/E del 31 maggio 2019, l'Agenzia delle entrate ha ribadito che: «le prestazioni del masso fisioterapista sono detraibili solo se rese da soggetti che hanno conseguito, entro il 17 marzo 1999, il diploma di formazione triennale. La detrazione spetta a condizione che, oltre alla descrizione della figura professionale e della prestazione resa, sia attestato il possesso del diploma a tale data.».
  La detrazione spetta, inoltre, per le prestazioni rese da massofisioterapisti che hanno conseguito, entro il 17 marzo 1999, il diploma di formazione biennale, «a condizione che il titolo sia considerato equivalente alla laurea di fisioterapista di cui al decreto ministeriale n. 741 del 1994 con Decreto Dirigenziale del Ministero della Salute».
  Nondimeno, l'Agenzia evidenzia che non risulterebbe in contrasto con la normativa Pag. 78fiscale il riconoscimento, per le prestazioni in commento, della detrazione di cui all'articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR, sempreché il Ministero della Salute affermi, nell'attesa del riordino della figura dei massofisioterapisti, la natura sanitaria delle prestazioni rese dai soggetti con titolo di massofisioterapista conseguito dopo l'entrata in vigore della legge n. 42 del 1999.

Pag. 79

ALLEGATO 6

5-02594 Centemero: Fatturazione relativa alla cessione dei prodotti ittici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti in merito all'applicazione della fatturazione elettronica per le cessioni di prodotti ittici effettuate tramite la Borsa merci telematica italiana o tramite il mercato regolamentato. Ciò in considerazione del fatto che nel momento in cui l'impresa di pesca cede il prodotto ittico non è a conoscenza del corrispettivo che le sarà riconosciuto dal grossista – in quanto legato alle oscillazioni giornaliere della quotazione del pescato – ed essendo, quindi, per tali cessioni, emesso un documento di trasporto (D.D.T.) privo di prezzo di cessione che verrà poi ricompreso in una fattura differita.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  Occorre, anzitutto, premettere che l'Italia è stata autorizzata con Decisione di esecuzione (UE) 2018/593 del Consiglio del 16 aprile 2018 – per il periodo dal 1o luglio 2018 al 31 dicembre 2021, in deroga agli articoli 218 e 232 della direttiva IVA 2006/112/ – ad introdurre, per finalità antifrode, l'obbligo di emettere ed accettare fatture in formato elettronico per le operazioni che intervengono tra soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano escluse quelle effettuate dai soggetti che applicano i regimi IVA di franchigia (forfettari o di vantaggio).
  Ciò premesso, con riguardo alla richiesta degli Onorevoli interroganti, posto che tra gli elementi del documento di trasporto (D.D.T.) di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996, n. 472 non è mai stato contemplato il prezzo, si evidenzia che, con diversi interventi – e da ultimo, per i documenti di prassi, con la circolare n. 14/E del 17 giugno 2019 – l'Agenzia ha dettagliatamente descritto i tempi, i termini e le modalità di emissione, nonché le relative eccezioni, delle fatture elettroniche tramite sistema di interscambio (SdI), documenti obbligatori, in linea generale, dallo scorso 1o gennaio 2019.
  Sono peraltro consultabili sul sito istituzionale dell'Agenzia, all'indirizzo www.agenziaentrate.gov.it, le necessarie precisazioni. Si rammenta, poi, che l'introduzione dell'obbligo di fattura in formato elettronico, salva espressa previsione, non ha modificato le regole di fatturazione previste dall'articolo 21, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, comprese quelle relative alla fattura differita di cui al comma 4 del medesimo articolo 21 e quelle relative alle cessioni con prezzo da determinare.
  In altre parole, l'obbligo di fatturazione elettronica via SdI, pur modificando la forma delle fatture (da analogiche ad elettroniche), non ha introdotto vincoli prima assenti, lasciando di per sé impregiudicati i termini di emissione di tali documenti e il loro contenuto, ivi compreso quello delle fatture cosiddette «differite» ossia da emettere entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione.