CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 11 luglio 2019
220.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-02474 Murelli: Situazione occupazionale presso lo stabilimento della Husqvarna Italia S.p.a. di Valmadrera (LC).

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito all'interrogazione dell'On. Murelli relativa alla vicenda di Husqvarna Italia S.p.A. di Valmadrera (Lecco), rappresento quanto segue.
  La vicenda dei lavoratori, interessati dalla crisi aziendale di Husqvarna Italia S.p.A., è oggetto, al pari delle altre di questo tipo, di massima attenzione da parte di questo Governo e delle amministrazioni coinvolte.
  L'azienda di cui si discute è una multinazionale svedese, con sede a Valmadrera (in provincia di Lecco), leader nel settore della produzione di macchine per il giardinaggio (nello specifico, tosaerba a marchio «McCulloch»).
  L'azienda, nel mese di maggio, ha annunciato la cessazione della produzione, motivata dalla scarsa profittabilità del prodotto, anche a causa della concorrenza cinese.
  Come afferma l'interrogante, nel sito di Valmadrera lavoravano 102 dipendenti.
  Di questi, 63 operai e 18 impiegati, appartenenti al reparto di produzione, erano interessati dalla annunciata riduzione.
  La regione Lombardia, interpellata, riferisce che, a fronte della situazione descritta, ha avviato immediatamente un'interlocuzione riservata con i rappresentanti aziendali e Confindustria Lecco, da un lato, allo scopo di vagliare soluzioni alternative utili al mantenimento della produzione, e con l'unità di crisi della provincia di Lecco, dall'altro.
  La medesima regione riferisce, altresì, che, in data 6 giugno 2019, l'azienda ha comunque formalmente avviato la procedura di licenziamento collettivo per gli 81 lavoratori anzidetti.
  D'altro canto, in data 18 giugno 2019, la società ha presentato istanza di convocazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l'espletamento – ai sensi dell'articolo 24, decreto legislativo n. 148 del 2015 – dell'esame congiunto della situazione aziendale finalizzato al ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale, per cessazione di attività, nei confronti dei 102 lavoratori impiegati presso lo stabilimento di Valmadrera (ai sensi dell'articolo 44, decreto-legge n. 109 del 2018). A fronte della predetta istanza, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha provveduto a convocare – per il 15 luglio 2019 – le parti sociali nonché i rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico e della regione Lombardia.
  Deve aggiungersi che presso il Ministero dello sviluppo economico si era già tenuto, nei giorni scorsi, un tavolo sulla crisi aziendale di cui si discute.
  In quell'occasione, alla presenza dei rappresentanti aziendali, dei sindacati, di Confindustria e della regione Lombardia, il Vice Capo di Gabinetto del MISE, che presiedeva l'incontro, aveva indicato come obiettivi prioritari quello di preservare un sito produttivo, come quello di Valmadrera, radicato da molti anni sul territorio, nonché quello di tutelare la professionalità dei suoi lavoratori.Pag. 46
  Il Vice Capo di Gabinetto del MISE aveva, altresì, suggerito l'avvio di un percorso, anche attraverso il supporto di advisor specializzati, diretto a verificare la presenza di possibili investitori interessati alla reindustrializzazione del sito lombardo.
  Il MISE, il Ministero del lavoro e la regione si erano, quindi, detti pronti fin da quell'incontro a mettere a disposizione tutti gli strumenti utili ad accompagnare il predetto percorso di mantenimento dell'unità produttiva, a partire dalla C.I.G.S. per reindustrializzazione, introdotta da questo Governo proprio per fronteggiare le crisi industriali.
  Il 5 luglio si è, infine, svolto l'incontro tra Husqvarna Italia e regione Lombardia per concordare i percorsi di politica attiva, incontro propedeutico all'esame congiunto della situazione aziendale.
  Per concludere, nelle more dell'accordo, posso assicurare che l'attenzione del Governo nei confronti del sito produttivo e dei lavoratori coinvolti resterà alta.

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ALLEGATO 2

5-02475 Serracchiani: Ricadute occupazionali sullo stabilimento ex Ilva di Taranto dell'abrogazione dell'immunità penale per gli amministratori della società Arcelor Mittal.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La gestione dei complessi aziendali dell'ex ILVA, oggi trasferiti ad Arcelor-Mittal, è una questione complessa e delicata, alla quale il Governo sta riservando la massima attenzione per garantire che il nuovo piano di rilancio aziendale sia in grado di salvaguardare non solo i livelli occupazionali dei dipendenti dell'azienda e dell'indotto, ma anche la tutela ambientale di quel territorio e, quindi, la salute di tutti i cittadini ivi residenti, diritti, questi ultimi, particolarmente meritevoli di tutela, così come previsto anche dalla nostra Costituzione.
  I timori manifestati in queste settimane dal nuovo gestore degli stabilimenti, connessi alla perdita della cosiddetta immunità a seguito della emanazione (e poi della conversione in legge) del decreto-legge «crescita», appaiono sovradimensionati rispetto al quadro normativo di riferimento dettato dalle nostre leggi e dalla stessa Costituzione.
  Ai nuovi vertici dell'acciaieria non possono di certo essere addebitati i disastri del passato, questo è evidente.
  Ma, al contempo, parlare di immunità o di esimente in maniera indiscriminata non è, giuridicamente, socialmente e moralmente accettabile.
  Proprio in questa prospettiva dev'essere probabilmente letto il recente provvedimento giudiziario col quale la Procura della Repubblica di Taranto, su indicazione del GUP del Tribunale della medesima città, ha ordinato lo spegnimento progressivo dell'Altoforno 2 dell'impianto di Taranto.
  Ricordiamo che questa vicenda nasce da un evento triste e inaccettabile, da una morte sul lavoro, sulla quale, sia pure indirettamente, ha avuto modo di esprimersi, nel marzo 2018, persino la Corte costituzionale, la quale, con la sentenza n. 58/2018, ha affermato la incostituzionalità del c.d. «decreto Ilva» (decreto-legge 4 luglio 2015, n. 92, fatto dal Governo Renzi), che consentiva la prosecuzione dell'attività di impresa degli stabilimenti, se di interesse strategico nazionale, nonostante il sequestro disposto dall'autorità giudiziaria per reati inerenti la sicurezza dei lavoratori: la Corte ha ritenuto, in particolare, che il suddetto decreto-legge ha privilegiato unicamente le esigenze dell'iniziativa economica e sacrificato completamente la tutela addirittura della vita, oltre che dell'incolumità e della salute dei lavoratori.
  Ecco, cose del genere non devono più accadere: logiche aziendali secondo cui si preferisce portare avanti piano industriali irrispettosi delle esigenze di tutela e sicurezza da accordare ai propri dipendenti, impiegati in siti produttivi particolarmente pericolosi per la salute, non solo condivisibili, non sono più tollerabili.
  Arcelor-Mittal, sicuramente, ha ereditato una situazione estremamente problematica creata dalla proprietà precedente, della quale è giusto che non risponda, ma adesso è questa società che gestisce, sia pure ancora in affitto, gli stabilimenti produttivi, ed è chiaro quindi che gli impegni assunti contrattualmente (e il riferimento è anche al c.d. «addendum ambientale», così come all'accordo sindacale Pag. 48dello scorso 6 settembre 2018) devono essere rispettati: il Piano ambientale dev'essere attuato puntualmente e secondo le tempistiche prefissate.
  Come Governo continueremo ad assicurare, in ogni caso, il massimo dialogo istituzionale con i rappresentanti della società e con le organizzazioni sindacali di categoria, così come avvenuto lo scorso martedì al Ministero dello sviluppo economico, ed è per questo che confido nel fatto che, a breve, possano maturare quelle condizioni utili per garantire la messa in sicurezza dello stabilimento siderurgico e la salvaguardia dei livelli occupazionali, incluso l'indotto, nel rispetto dei parametri ambientali necessari per tutelare e proteggere, senza se e senza ma, la sicurezza e la salute dei lavoratori e delle persone che in quei territori ci vivono.

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ALLEGATO 3

5-02476 Fatuzzo: Aggiornamento dei dati relativi al numero dei beneficiari della Pensione di Cittadinanza.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto parlamentare in esame gli Onorevoli interroganti chiedono di conoscere il dato relativo al numero delle pensioni di cittadinanza erogate dall'INPS, il numero delle domande respinte al 30 giugno 2019 e a quanto ammonta l'importo medio mensile liquidato, ripartito per fasce di entità.
  Devo in primo luogo ribadire che la legge di bilancio 2019 rappresenta un motivo di grande orgoglio per il Governo da me oggi rappresentato. Per la prima volta, infatti, hanno trovato ingresso nel nostro Paese importanti riforme che garantiranno delle condizioni di vita dignitose alle persone in cerca di occupazione.
  Negli ultimi anni una progressiva e iniqua redistribuzione della ricchezza in Italia, come in altri paesi occidentali, ha aumentato il divario tra i diversi strati sociali, contribuendo sempre più a ridurre il potere d'acquisto delle fasce più deboli.
  La pensione di cittadinanza, così come il reddito di cittadinanza, si inserisce all'interno di questo contesto sociale ed economico.
  Laddove il reddito di cittadinanza costituisce la misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro, la pensione di cittadinanza rappresenta la «misura di contrasto alla povertà delle persone anziane».
  L'obiettivo di questo Governo è anche quello di apprestare tutele forti alle categorie più deboli, tra le quali senza dubbio possiamo far rientrare le persone anziane. Con la pensione di cittadinanza si vuole restituire la dignità ai nostri anziani, titolari di pensione inferiore alla soglia di povertà.
  Contrariamente a quanto affermano i detrattori, la rilevante mole di istanze presentate rappresenta un segnale di successo della misura.
  La «Pensione di cittadinanza» (PdC), quale misura di contrasto alla povertà delle persone anziane, è rivolta a nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più soggetti di età pari o superiore a 67 anni, adeguata agli incrementi della speranza di vita di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 122 del 2010. La PdC può essere concessa anche nei casi in cui il/i componenti del nucleo familiare di età pari o superiore a 67 anni, convivano esclusivamente con una o più persone in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza di età inferiore al limite indicato.
  Si rammenta che la possibilità di presentare domanda per il beneficio PdC si è attivata contemporaneamente a RdC dal 6 marzo 2019, con prime erogazioni ai richiedenti in possesso dei requisiti richiesti dal decreto-legge n. 4 del 2019, convertito in legge n. 26 del 2019, entro la fine del mese successivo alla trasmissione della domanda all'INPS, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del citato decreto.
  Verificata la presenza dei requisiti per l'accesso al beneficio, il calcolo della PdC avviene secondo i principi definiti nella Pag. 50stessa norma, all'articolo 3, che tengono conto di diversi elementi (reddito familiare, composizione del nucleo e corrispondente parametro della scala di equivalenza, eventuale locazione o mutuo).
  Con riguardo alla specifica richiesta di dati, sul totale di domande RdC/PdC presentate, pari a 1.372.009, l'INPS interpellato sul punto riferisce quanto segue:
   domande accolte:
    737.159 domande RdC;
    102.661 domande PdC.

  L'Istituto ha precisato che il beneficio si caratterizza come PdC solo successivamente alla fase di istruzione e accoglimento della domanda; pertanto, le domande con problematiche emerse in fase di verifica dei requisiti (come ad esempio le respinte per superamento della soglia ISEE o del reddito familiare) sono indistinte dal punto di vista della classificazione RdC/PdC:
   domande respinte: 376.121;
   domande decadute: 8.952;
   domande sospese in attesa di documentazione integrativa: 25.908;
   domande revocate: 64.

  In ordine alle erogazioni PdC, l'istituto ha segnalato che sono stati disposti 239.896 accrediti per un totale di 49.654.562,01 di euro, riferiti alle mensilità poste in pagamento dal mese di aprile 2019 in relazione alle domande presentate a decorrere dal 6 marzo 2019.
  Infine, preciso che l'Istituto ha fornito il dettaglio per fasce di importi riferiti alla sola erogazione di primo accoglimento, come da tabella che rendo disponibile allegandola alla presente risposta.