CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 27 giugno 2019
213.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-02372 Murelli: Modalità di prosecuzione dei contratti a termine del personale specializzato assunto a seguito degli eventi sismici del 2012 in Emilia Romagna.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In relazione all'interrogazione in oggetto desidero anzitutto evidenziare che l'obiettivo primario di questo Governo, per fronteggiare le inevitabili conseguenze di questi disastri naturali, è quello assicurare agli amministratori locali e, soprattutto, ai cittadini del territorio ogni supporto o misura utile per garantire il ritorno alla normalità di tutte quelle fasce di popolazione colpite di questi drammi.
  Per la regione Emilia-Romagna questo obiettivo si traduce, più specificamente, nel rendere disponibile ogni strumento utile ad agevolare il completamento della ricostruzione a seguito degli eventi sismici del 2012.
  Conosco bene le criticità che hanno riguardato quelle aree terremotate, ma nel contempo posso anche dire che la ricostruzione, in quei territori, è stata celere e capace di dare delle risposte ai cittadini interessati, merito dello sforzo di tutti coloro che si sono impegnati per agevolare la ricostruzione di abitazioni, imprese, e per ripristinare tutte quelle opere pubbliche necessarie a riportare alla normalità la vita in quelle aree.
  Il riferimento è direttamente rivolto anche al team di professionisti, oggetto della presente interrogazione, che hanno messo al servizio dei cittadini il loro bagaglio di conoscenze professionali per garantire una ripresa efficace ed efficiente per tutti i comuni investiti dal terremoto.
  Specifico che questi lavoratori sono stati impiegati nella delicata fase della ricostruzione post sisma sulla base di una convenzione tra Invitalia e la regione Emilia-Romagna dove la scadenza del prossimo 30 giugno è stata determinata dalla scelta della stessa regione.
  Posso, comunque, affermare che, allo stato attuale, è in corso di perfezionamento una nuova convenzione, per la durata di diciotto mesi decorrenti dal prossimo 1o luglio, con volumi di attività che saranno in grado di giustificare l'utilizzo di personale in quantità analoga a quello finora utilizzato.
  Personalmente non vedo, tuttavia, alcuna correlazione tra il quadro normativo introdotto dal decreto dignità e la questione dei lavoratori di cui trattasi. Gli oltre 135 professionisti cui si fa riferimento con l'interrogazione prestano la propria opera in funzione della convenzione, e potranno verosimilmente proseguire grazie al rinnovo premesso. A prescindere dal quadro normativo, attuale come quello pregresso. Del resto, i numeri contenuti nella nota congiunta di Ministero del Lavoro, Istat, Inail, Anpal e relativi al primo trimestre dell'anno parlano chiaro: meno precarietà e più contratti stabili da quando il provvedimento è stato introdotto.
  Un importante segnale questo che certifica, numeri alla mano, che i provvedimenti del Governo e del Ministero del lavoro vanno nella direzione giusta.
  L'aspetto più importante che, invece, preme evidenziare è quello relativo alla ripresa del territorio, anche e soprattutto a livello amministrativo, ed è in questa prospettiva che valuto positivamente il nuovo piano assunzionale reso noto solo qualche giorno fa dalla stessa Regione Pag. 45Emilia-Romagna che prevede, per l'appunto, nuovi concorsi per un totale di 1.300 posti.
  Una decisione, quella della Regione, che rappresenta una positiva conseguenza della riforma previdenziale voluta da questo Governo e realizzata dal Ministero che oggi rappresento, che consente alle pubbliche amministrazioni di poter facilitare il ricambio generazionale dei propri dipendenti, ricambio reso possibile da «Quota 100»: una misura che sta riscuotendo grande successo visto il numero delle domande pervenute, circa 150 mila in base all'ultimo rilievo del 20 giugno.
  Sempre dalle dichiarazioni rilasciate dalla Giunta Regionale emerge come l'ente, nell'espletamento delle proprie procedure concorsuali, assicurerà dei posti di riserva in favore di chi ha svolto servizio nell'Ente medesimo, motivo per cui l'amministrazione regionale, nel rispetto della propria autonomia organizzativa e decisionale potrà, quindi, valorizzare l'esperienza acquisita da questi professionisti che già hanno messo al servizio dell'ente le proprie competenze.
  Concludo questo mio intervento ribadendo ancora una volta l'interesse a che il completamento della ricostruzione in Emilia-Romagna avvenga nel rispetto della tempistica fissata dalla dichiarazione dello stato di emergenza.
  A nome del Governo assicuro, a tal riguardo, il massimo impegno.

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ALLEGATO 2

5-02374 Zangrillo: Inquadramento previdenziale dei soci delle cooperative di artigiani.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, concernente la complessa problematica relativa all'esatto inquadramento previdenziale dei soci lavoratori di cooperative artigiane rappresento che la questione, così come del resto evidenziato dallo stesso Onorevole interrogante, affonda le sue radici già nella precedente legislatura.
  Dal punto di vista normativo, l'articolo 4 della legge 3 aprile 2001, n. 142, ha previsto che i soci di cooperativa possono dare vita ad un ulteriore e distinto rapporto di lavoro con la cooperativa stessa ed essere assicurati alle gestioni previdenziali, in qualità di lavoratori subordinati, autonomi o in qualsiasi altra forma.
  Tali forme vengono stabilite mediante un regolamento della stessa cooperativa ai sensi dell'articolo 6 della citata legge n. 142, cui seguiranno gli specifici contratti di lavoro stipulati con i singoli soci.
  In merito a quanto sopra riportato, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con nota del 16 gennaio 2018, ha comunicato che in base all'articolo 1 della legge n. 142 del 2001 il socio lavorativo di cooperativa, accanto al rapporto associativo, instaura con la cooperativa un rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma dal quale derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale, ritenendo dunque che ciascun socio lavoratore di cooperativa debba essere iscritto alla gestione previdenziale corrispondente alla tipologia di rapporto di lavoro instaurato con la cooperativa desumibile dal contratto di lavoro, o comunque dal concreto atteggiarsi del rapporto di lavoro.
  Tali indicazioni hanno determinato per l'INPS l'esigenza, nel caso in cui una cooperativa svolga un'attività rientrante nel settore artigianato e il lavoratore opti per un contratto di lavoro autonomo imprenditoriale, iscrivendosi con tale qualifica all'Albo delle imprese artigiane, di individuare correttamente il reddito da utilizzare come base imponibile per il calcolo della contribuzione dovuta.
  Il principale nodo interpretativo discende dal non allineamento tra le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 1 della legge n. 233 del 1990, come modificata dalla legge n. 243 del 1992, che individua, per i soggetti iscritti alle gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali, quale base imponibile il reddito d'impresa percepito nell'anno corrente, e l'articolo 1, comma 114, della legge n. 208 del 2015 il quale dispone che il reddito percepito dai soci di cooperativa artigiana è assimilato a quello da lavoro dipendente.
  È prioritario d'altronde che in queste situazioni non si possa muovere dall'aprioristica considerazione in base alla quale le società cooperative rivestano, sempre e comunque, la posizione di datrici di lavoro, essendo invece necessario svolgere un'indagine sulla concreta organizzazione d'impresa, al fine di procedere alla corretta iscrizione nella gestione previdenziale corrispondente alla specifica tipologia di lavoro.
  In questa prospettiva mi impegno, quale rappresentante del Ministero del lavoro, a svolgere tempestivamente le opportune interlocuzioni con tutte le amministrazioni competenti in materia, per stabilire chiarezza applicativa ad un quadro normativo che oggi non lo è.

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ALLEGATO 3

5-02375 Gribaudo: Stabilizzazione dei lavoratori in somministrazione presso Poste Italiane S.p.a.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La più generale questione del personale in servizio presso Poste Italiane è già stata oggetto di due atti di sindacato ispettivo, e precisamente dell'interrogazione a risposta immediata del 30 maggio 2019 alla XI Commissione della Camera dei deputati e dell'interpellanza urgente n. 2-00138 del 12 ottobre 2018 alla Camera dei deputati, entrambi dell'On. De Lorenzo (M5S). In quella sede, si è già dato conto delle iniziative poste in essere da Poste Italiane in favore del proprio personale, ricordando, tra l'altro, che l'azienda, in linea con lo spirito del «decreto dignità», ha sottoscritto lo scorso 13 giugno, con tutte le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (CGIL, CISL, UIL, CISAL-FAILP, CONFSAL e UGL) un importante accordo sulle politiche attive del lavoro, finalizzato alla stabilizzazione dei lavoratori a termine.
  La stessa Poste Italiane ha riferito, peraltro, che l'articolo pubblicato dal quotidiano indipendente Il Desk – riguardante i presunti annunci pubblicitari di ADECCO per la ricerca di 200 autisti per la suddetta azienda che dovrebbero sostituire i lavoratori somministrati in scadenza – è privo di ogni fondamento, trattandosi di un'informazione non corrispondente al vero, di cui la società ha chiesto l'immediata rimozione dal sito web e dai profili social.
  Ciò posto, con specifico riguardo alla problematica rappresentata dall'On.le interrogante, premesso che Poste italiane fa ricorso a contratti di somministrazione lavoro per le attività di trasporto, il contratto, in essere dalla seconda metà del 2017, con la società Adecco, in linea con le previsioni di legge vigenti, è stato attivato per sopperire a temporanei e specifici fabbisogni di personale sul territorio nazionale.
  In piena coerenza con le disposizioni di legge in materia di contratto di somministrazione di lavoro, il personale citato ha un contratto di lavoro con la società Adecco e presta servizio in Poste Italiane con la mansione di autista e con riconoscimento del trattamento economico previsto per il personale di Poste Italiane adibito alle medesime attività. In proposito si segnala, peraltro, che il livello di inquadramento in ingresso degli addetti trasporti (livello D) è più alto rispetto al restante personale operativo (portalettere ed addetti allo smistamento), che sono inquadrati nel livello E. Complessivamente ad oggi il personale con contratto di somministrazione adibito alle mansioni di «addetto trasporti» è pari a circa 300 unità ed è previsto un incremento di circa 100 unità a partire dal prossimo 1o luglio.
  Trattandosi di contratti di somministrazione, il rapporto di lavoro non intercorre con Poste Italiane ma con l'Agenzia di somministrazione (Adecco), che assume le risorse, procedendo alle relative selezioni, e le somministra all'azienda utilizzatrice (Poste), gestendo la dinamica evolutiva del rapporto di lavoro nella quale Poste italiane non ha alcuna legittimazione ad intervenire.
  Concludo ribadendo ancora una volta che il Governo ha al centro della propria agenda la riduzione del precariato e l'aumento delle tutele per tutte quelle categorie di lavoratori che ne risultano maggiormente esposti.
  È in questa prospettiva che abbiamo adottato il Decreto Dignità, che contiene importanti incentivi finalizzati all'aumento dell'occupazione come già le statistiche dell'INPS hanno dato riscontro.

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ALLEGATO 4

5-02376 Rizzetto: Impiego da parte dell'INPS delle risorse destinate al finanziamento degli assegni al nucleo familiare.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento a quanto rappresentato dall'Onorevole Interrogante, si fa presente che i contributi per gli assegni familiari sono determinati, in ossequio alle norme che regolano la materia, in misura percentuale sulla retribuzione lorda ed affluiscono nella «Gestione delle prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti», che eroga diverse prestazioni a carattere temporaneo.
  Come riferito dall'istituto di previdenza a seguito dell'istruttoria condotta, «i contributi per gli assegni familiari ammontano a circa 8,4 miliardi di euro annui, di cui solo 1,9 miliardi di euro sono versati dai datori di lavoro, mentre i restanti sono trasferimenti a carico del bilancio dello Stato per effetto delle normative che hanno introdotto sgravi fiscali e sotto-contribuzioni a favore di determinate categorie di lavoratori finalizzati alla riduzione del costo del lavoro».
  L'Istituto, interpellato, ha inoltre evidenziato che «le uscite totali per gli assegni familiari sono circa 5,4 miliardi annui» e che «l'apporto dei contributi realmente versati dalle aziende copre perciò il 35 per cento delle prestazioni».
  Non esiste, quindi, uno stanziamento specifico per gli assegni al nucleo familiare, entrate e uscite per prestazioni sono stabilite per legge e la loro differenza positiva o negativa, al pari di quanto avviene per le altre prestazioni istituzionali erogate dall'istituto, contribuisce ai risultati delle gestioni previdenziali o assistenziali cui afferiscono le prestazioni medesime.
  Nel caso degli assegni al nucleo familiare la differenza tra i contributi accertati e le prestazioni erogate contribuisce al risultato economico della Gestione delle prestazioni temporanee, al pari di tutti gli altri contributi e prestazioni temporanee che rientrano in questa Gestione.
  Il risultato economico della Gestione delle prestazioni temporanee contribuisce a sua volta al risultato economico del bilancio generale dell'istituto, insieme alle altre 47 gestioni che l'Inps amministra.
  Da ultimo, si fa presente che l'istituto di Previdenza si è reso disponibile ad incontrare le associazioni familiari per spiegare in modo approfondito tutti i dettagli che possono consentire di comprendere appieno il meccanismo che regola l'erogazione degli assegni alle famiglie.