CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 3 aprile 2019
169.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (III e IV)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Sugli esiti della Conferenza per il controllo parlamentare sulla Politica estera e di sicurezza comune e sulla Politica di sicurezza e difesa comune, svoltasi a Bucarest il 7-8 marzo 2019.

RELAZIONE

  Una delegazione della Camera dei deputati, composta dagli onorevoli Andrea Orsini e Vito Comencini, in rappresentanza della Commissione Affari esteri e comunitari, e dall'onorevole Giovanni Luca Aresta, in rappresentanza della Commissione Difesa, unitamente alla Presidente della Commissione Difesa del Senato della Repubblica, Donatella Tesei, ha partecipato alla Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), che si è tenuta a Bucarest il 7 e 8 marzo 2019.
  La Conferenza interparlamentare per la PESC/PSDC è composta da delegazioni dei Parlamenti nazionali degli Stati membri dell'Unione europea e del Parlamento europeo e si riunisce due volte l'anno, nel Paese che esercita la Presidenza semestrale del Consiglio. I Parlamenti nazionali sono rappresentati da delegazioni composte da un massimo di 6 membri, mentre il Parlamento europeo è rappresentato da una delegazione di massimo 16 membri. Alla Conferenza possono partecipare – come osservatori – anche i Parlamenti dei paesi candidati all'adesione ed i Parlamenti di Paesi europei membri della Nato.
  Seguendo la prassi recentemente instaurata, la Conferenza non ha adottato un documento conclusivo, ma solo una Dichiarazione finale, a cura della Presidenza (Parlamento romeno e Parlamento europeo). Oltre a temi più tradizionali (difesa europea, allargamento ecc.), la Conferenza si è occupata anche di argomenti di particolare interesse regionale del Paese ospitante (partenariato orientale, Mar Nero, regione del Danubio, ecc.). Tra i relatori delle diverse sessioni di lavoro c’è stata una presenza molto significativa di personalità romene, mentre è stata molto ridotta – come sottolineato criticamente in alcuni interventi – la presenza femminile. L'esigenza di una maggiore partecipazione femminile è stata espressa anche dalla Dichiarazione in occasione della giornata internazionale delle donne, sottoscritta – a margine della Conferenza – dalle rappresentanti di alcune delegazioni parlamentari nazionali (Belgio, Romania, Slovacchia e Islanda).
  Nell'ambito dei lavori della Conferenza era previsto anche un intervento in video conferenza dell'Alta Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini, che però non ha potuto avere luogo per difficoltà tecniche nel collegamento video e audio.
  Prima dell'apertura ufficiale della conferenza, si è tenuta un incontro informale del c.d. Gruppo dei Parlamenti del sud dell'Unione europea, che ha riunito i delegati di Italia, Grecia, Spagna, Cipro e Portogallo. Il formato, nato alcuni anni fa su iniziativa greca, con la denominazione di Group Med, ha lo scopo di promuovere una condivisione di intenti nella disamina di dossier europei di interesse comune, in particolare in occasione delle riunioni della Conferenza PESC/PSDC. Da parte greca si è sottolineata la necessita di una maggiore visibilità del gruppo dei Parlamenti del sud e si è espresso rincrescimento per il fatto che anche in questa Conferenza, come in quelle immediatamente precedenti, la Presidenza ha deciso Pag. 11di non procedere alla discussione e all'approvazione di conclusioni della Conferenza, ma si è limitata a prevedere l'adozione una dichiarazione finale. La discussione si è poi spostata sulla questione dei flussi migratori, riproponendo il tema della necessità di una maggiore condivisione a livello europeo. La delegazione cipriota ha posto la questione della sicurezza delle risorse energetiche, con riferimento agli ostacoli posti dalla Turchia alle attività di ispezione condotte al largo di Cipro (preoccupazioni condivise dalla delegazione italiana, anche per gli interessi economici italiani nell'area). Il tema della Brexit è stato discusso anche con riferimento ad aspetti di interesse specifico di singoli Paesi del Gruppo (tra cui la questione di Gibilterra per la Spagna e quella della cooperazione militare per Cipro). La delegazione portoghese, infine, ha invitato a mantenere l'attenzione anche sui temi economici, rilevando come le divergenze sempre maggiori nell'area euro mettono a rischio le prospettive di cooperazione economica.
  Nel corso della riunione sono intervenuti anche l'onorevole Orsini – che ha posto il tema del rapporto con la Turchia e della risposta dell'Unione europea al fenomeno migratorio, che non può essere ridotto ad una mera difesa di confini ma può essere affrontato solo con una risposta politica ed economica e con una visione geostrategica che abbia come interlocutori i paesi di origine dei flussi migratori e prenda in considerazione la possibilità di una sorta di «Piano Marshall» per l'Africa – e la Presidente Tesei – che ha evocato la necessità di dare un'applicazione pratica e un seguito effettivo ai principi e alle determinazioni concordate a livello europeo in tema di migrazione e di una maggiore equità nella distribuzione degli sforzi per fronteggiare i fenomeni migratori.
  La delegazione cipriota ha rinnovato l'invito ad ospitare il prossimo incontro del Gruppo, in un periodo compatibile con le scadenze elettorali che riguardano diversi Paesi.
  Dopo gli indirizzi di saluto, la Conferenza si è poi aperta con la prima sessione di lavoro, dedicata al tema «Il Partenariato orientale. 10 anni di aspirazioni europee».
  Il Ministro degli esteri romeno, Teodor Melescanu, ha sottolineato l'importanza, per il suo Paese, del partenariato orientale, che in questi 10 anni ha costituito – per i sei Paesi coinvolti – uno stimolo essenziale per le riforme e per l'incremento dei rapporti commerciali con l'Unione europea. I progressi maggiori sono stati ovviamente possibile con i Paesi che hanno operato una chiara scelta europea, in particolare Moldova, Ucraina e Georgia, grazie anche agli accordi commerciali e sui visti. Il Ministro ha poi esposto le iniziative – sul punto – della Presidenza romena, sottolineando che il rafforzamento del partenariato «deve essere una priorità per tutta l'Unione europea, non solo per la Romania». Thomas Harding, Direttore per l'Europa e l'Asia Centrale del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), ha esposto, in modo più tecnico e dettagliato, progressi compiuti nei dieci anni appena trascorsi, soffermandosi in particolare su commercio, energia, sviluppo della società e mobilità (in particolare studentesca). Ha sottolineato che la scelta europea di alcuni dei Paesi partner non significa una prospettiva di futura adesione all'Unione europea e che il rafforzamento della cooperazione si deve svolgere in un equilibrio – difficile ma necessario – tra inclusività e differenziazione. Rispondendo a una domanda, Harding ha spiegato che la scelta di non organizzare, nel 2019, il tradizionale summit di fine anno sul partenariato, è dovuta alle imminenti elezioni europee e al rinnovo della Commissione, previsto nel mese di novembre. Sempre nel corso del dibattito, ha anche rilevato che – per i Paesi del partenariato – i progressi compiuti nelle relazioni con l'Unione europea sono certamente maggiori di quelli realizzati in ambito Nato. Titus Corlatean, senatore ed ex Ministro degli esteri romeno – con un approccio molto diverso dai precedenti oratori – ha sottolineato la necessità di un Pag. 12approccio negoziale, da parte dell'Unione europea, che sia non solo tecnico, ma anche politico, anche tenendo conto che alcuni dei Paesi interessati hanno dispute territoriali con la Russia o addirittura hanno truppe russe nel proprio territorio. Per questo tali Paesi non devono essere spinti a scegliere tra l'Unione europea e la Russia, ma devono piuttosto costituire un «ponte» con Mosca. Per loro – ha concluso – non c’è ragione per chiudere adesso ogni prospettiva di futura adesione, considerato che l'allargamento (come la storia di paesi come la Romania insegna) è da sempre uno degli strumenti più incisivi della politica estera dell'Unione europea. Nel corso del dibattito è anche emersa una diffusa preoccupazione per le dinamiche di riarmo, anche nucleare, che rappresentano un pericolo per tutta l'Unione, ma hanno un impatto particolarmente incisivo proprio nell'area dei paesi partner.
  La seconda sessione è stata dedicata a «L'importanza strategica del Mar Nero nell'agenda dell'Unione europea», che ha avuto come relatori Ioan Mircea Pascu, capo della delegazione del Parlamento europeo, Gabriel Beniamin Les, rappresentante del Ministero della difesa romeno, e Sorin Ducaru, diplomatico romeno ed ex Assistente Segretario generale della Nato. La regione del Mar Nero rimane una delle regioni cruciali per la sicurezza dell'Unione europea. In diversi hanno espresso condanna nei confronti delle azioni in violazione del diritto internazionale condotte dalla Russia nel Mare di Azov, della costruzione del ponte di Kerch e nella posa di cavi sottomarini verso la penisola della Crimea. I relatori hanno espresso preoccupazione anche per la militarizzazione russa del distretto di Kaliningrad e la ricorrente violazione delle acque territoriali dei paesi europei nel Mar Baltico. Le istituzioni europee devono aumentare la visibilità della regione del Mar Nero e costruire un approccio regionale più articolato in grado di affrontare i problemi comuni in modo congiunto. Nel corso del dibattito sono emerse alcune somiglianza tra l'attuale situazione nel Maro Nero e quella di alcuni fa nel Mar Baltico per la comune «ingombrante» presenza russa nell'area. L'area del Mar Nero, pertanto, rappresenta un importante punto di passaggio anche per la c.d. «Nuova Via della Seta» e dunque occorre tener conto che anche la Cina intende giocare una sua partita di influenza economica e geopolitica. Per questo – è stato rilevato – ricucire i rapporti con la Russia metterebbe l'Unione europea in una posizione di maggiore forza nel confronto con la Cina. L'onorevole Orsini è intervenuto nel dibattito richiamando la necessità per l'Unione europea di dedicare attenzione in modo complementare oltre che al fronte orientale dell'Europa anche a quello meridionale della sponda sud, ricordando che la regione del Mar Nero pone il grande tema dei rapporti con interlocutori ingombranti ma imprescindibili come la Russia e la Turchia, anche considerando che quest'ultima ha perso l'occasione per un percorso di avvicinamento all'Europa, sottolinea come comunque rimanga un Paese strategico per una serie di profili.
  Venerdì 8 marzo, la conferenza ha proseguito con la sua terza sessione, dedicata al «Triangolo PSDC: Card, Pesco, Fondo europeo per la difesa. La procedura per la revisione coordinata annuale sulla difesa (CARD), le iniziative condotte nell'ambito della cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa (PESCO) e l'istituendo Fondo europeo per la difesa sono i tre strumenti fondamentali nei quali si collocano i futuri progressi nel settore della politica di sicurezza e difesa nell'Unione europea. La sessione è stata moderata da Mihnea Motoc, vice direttore generale del Centro europeo politico strategico, che ha rilevato come i progressi in materia di difesa costituiscano anche un importante strumento di rilancio dell'integrazione europea. A seguire, Jorge Domecq, Capo esecutivo dell'Agenzia europea per la difesa (EDA) ha ripercorso lo sviluppo delle iniziative in materia a partire dal 2016, fino agli importanti passi compiuti lo scorso anno. Per questo il 2019, ha aggiunto, «deve essere innanzitutto l'anno dell'implementazione, soprattutto a livello Pag. 13nazionale, degli strumenti che esistono, anche per quanto riguarda i profili dell'industria della difesa». Il Piano di sviluppo delle capacità (CDP) approvato nel 2018 indica le priorità sia con riferimento ai profili operativi, sia in relazione allo sviluppo della cooperazione tra gli Stati, individuando in particolare i settori dove è necessario concentrare le energie per colmare le lacune esistenti. Se questi strumenti indicano «dove muoversi», la cooperazione strutturata permanente indica invece «come muoversi» per raggiungere gli obiettivi definiti insieme. I progetti finora approvati (complessivamente 34) sono in linea con gli obiettivi definiti in termini di capacità e sono, per la prima volta, vincolanti per gli Stati che vi partecipano. Domenecq ha concluso esponendo il compromesso raggiunto sul Fondo europeo per la difesa (EDF) e sottolineando la coerenza tra le varie iniziative in corso. Andrei Ignat, Segretario di Stato alla difesa romeno, ha ricordato l'impegno in materia del suo Paese, uno dei pochi a rispettare l'obiettivo del 2 per cento di spesa militare, e ha esposto le diverse iniziative intraprese nell'ambito del semestre di presidenza, in particolare per quanto riguarda il negoziato su EDF. Arnout Molenaar, Capo di divisione del SEAE, ha stigmatizzato la frammentazione dei mercati nazionali (che rappresenta un problema non solo in sede UE, ma anche in sede Nato) e ha ricordato l'importanza del coordinamento con la Nato, oltre che la funzione di stimolo che i Parlamenti nazionali possono svolgere nel rapporto con i rispettivi governi. Ha invitato infine gli Stati membri a proseguire i negoziati per l'European Peace Facility, volta a sostenere la capacità dell'UE di rispondere agli impegni internazionali. Intervenendo nel dibattito, la Presidente Tesei ha sottolineato come nel contesto di una situazione di crisi dell'Unione europea, il settore della difesa sia uno dei pochi in controtendenza e nel quale si sono compiuti molti passi in avanti. Ciò può apparire in un certo qual modo paradossale, considerato che la difesa è un tema di cui gli Stati membri sono storicamente molto gelosi, ma indica anche che le politiche dell'Unione europea destinate ad aver maggior successo sono quelle in grado di garantire un valore aggiunto per gli Stati. La senatrice ha anche ricordato il lavoro svolto dal governo italiano, con il supporto del Parlamento, durante tutte le fasi del negoziato per il Fondo europeo per la difesa, in particolare su alcuni temi cruciali (evitare le eccezioni al principio della cooperazione tra imprese di almeno tre Stati, valorizzazione delle piccole e medie imprese, giusta considerazione dei costi indiretti, ecc.).
  A seguire si sono svolti, in contemporanea, quattro diversi workshop.
  Il primo è stato dedicato a «Il futuro della PESC/PESD nella prospettiva della Brexit». L'incontro è stato moderato dall'europarlamentare portoghese Ana Gomes. Sono intervenuti Danut Sebastian Neculaescu, Segretario di Stato agli affari esteri romeno, che ha evidenziato come l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea deve essere affrontato con la consapevolezza del ruolo svolto da questo Paese nello scenario europeo e internazionale: si tratta, infatti, di una potenza mondiale, di uno dei più grandi contributori della Nato, nonché di un membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazione Unite. Ritiene dunque che i Paesi dell'Unione europea debbano fare uno sforzo per individuare il modo per collaborare al meglio con questo Paese, evitando in ogni caso duplicazioni. In questo quadro, si potrebbe, ad esempio, valorizzare il ruolo del Regno Unito quale anello di congiunzione tra la Nato e UE oppure come «ponte» per avere migliori relazioni con alcuni Paesi terzi.
  Jean Jacques Bridey, Presidente della Commissione difesa dell'Assemblea nazionale francese, dopo avere ripercorsi i grandi progressi registrati negli ultimi tre anni, che costituiscono la base per una politica di difesa comune, evidenzia tuttavia come ancora su alcuni temi ci sia necessità di elaborare delle risposte comuni: in particolare ritiene che la convergenza delle minacce debbano indurre l'Europa a elaborare delle risposte congiunte. Pag. 14Non può esistere, a suo avviso, una politica europea di difesa senza il coinvolgimento del Regno Unito e invita quindi gli Stati membri ad essere creativi, a fare cioè uno sforzo per elaborare possibili soluzioni in tal senso. Ciò in considerazione di una serie elementi: il Paese fa parte dei confini europei, è una potenza militare e industriale nonché membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazione Unite. Ritiene che sia fondamentale che il Fondo europeo della difesa sia reso operativo subito dopo le elezioni europee e che si adottino decisioni al fine di inserirlo nella programmazione 2021-2027; invita quindi gli Stati membri a vigilare su questo punto.
  Markus Kaim, dell'Istituto tedesco per gli affari internazionali e di sicurezza (SWP) ritiene che la decisione dell'uscita del Regno unito dall'Unione europea richiede agli Stati membri di elaborare un'autonomia strategica e al contempo un'indipendenza dalla capacità militare britannica.
  In sintesi dai lavori è emersa la necessità di cercare soluzioni creative per la futura cooperazione tra l'Unione europea e il Regno Unito nel settore della PESC e della PSDC per garantire che gli interessi reciproci non siano compromessi. Sono necessari una stretta cooperazione in tutti i settori, in particolare nel coordinamento delle posizioni nelle organizzazioni internazionali e per quanto riguarda le sanzioni. Nell'ambito della politica di sicurezza e difesa si dovrà garantire la cooperazione più stretta possibile tra il Regno Unito e gli Stati membri, anche attraverso la Nato.
  Nel workshop su «Strategia per la regione del Danubio» sono intervenuti Audrone Perkauskiene, Capo divisione SEAE per il Partenariato orientale e le relazioni con l'OSCE, e Radu Gorincioi, coordinatore per la Romania della Strategia Eu per il Danubio (EUSDR), moderati dal parlamentare europeo Doru Claudian Frunzulica. È emerso dai lavori – come si legge nel dichiarazione finale della conferenza- che la strategia dell'Unione europea per la regione del Danubio deve essere rafforzata come strumento per lo sviluppo della cooperazione macroregionale a livello politico, economico e sociale nei quattordici Stati rivieraschi e in particolare dei nove Stati membri dell'Unione europea: Austria, Bulgaria, Repubblica ceca, Croazia, Germania, Ungheria, Romania, Slovacchia, Slovenia, nonché dei cinque stati non membri dell'Ue: Bosnia Erzegovina, Montenegro, Repubblica di Moldova, Serbia e Ucraina.
  Un altro gruppo di lavoro si è occupato di «Mobilità militare: una sfida per lo sviluppo di sinergie tra Nato e UE». L'incontro è stato moderato da Victor Bostinaru, componente della Commissione Affari esteri del Parlamento europeo, che ha ricordato l'importanza di questo tema, che necessita non solo di investimenti per migliorare le infrastrutture e la logistica, ma anche di cooperazione per snellire le pratiche amministrative e doganali legate all'attraversamento delle frontiere. La mobilità, peraltro, non riguarda solo l'aspetto terrestre, ma anche il dominio marino e aereo. Si tratta di uno dei settori in cui la cooperazione europea è maggiormente complementare con gli interessi della Nato. Eduard Simon, responsabile della logistica nel Supremo Comando alleato in Europa, ha ripercorso la storia recente della cooperazione militare Ue-Nato, culminate nella Joint Declaration del 2016, da cui sono derivate una serie di misure concrete di cooperazione operativa, anche nell'ambito della mobilità militare. Il progetto Pesco sulla mobilità militare, cui non a caso partecipano tutti i 25 Stati membri, sulla scia del Piano d'azione del marzo 2018, «può essere un game changer nello sviluppo della difesa europea», ha aggiunto il generale, che pure ha ammesso che vi sono ancora alcune difficoltà da superare, ad esempio in temi di informazioni classificate. È poi intervenuta Aukje de Vries, Presidente della Commissione difesa della Camera olandese, che ha ricordato come il suo Paese sia il leader del progetto Pesco sulla mobilità militare, sottolineando la necessità di un forte impegno degli Stati Membri (anche attraverso il coordinamento tra le diverse amministrazioni Pag. 15interessate) nella fase di implementazione del progetto. La parlamentare ha ricordato l'importante conferenza sulla cooperazione con la Nato, svoltasi durante la presidenza bulgara dell'Unione. L'ultimo relatore è stato Constantin Negrea, Capo della direzione logistica delle Forze armate romene, che ha esposto l'andamento nel suo Paese del programma di implementazione del programma sulla mobilità militare. Per un Paese nella posizione geografica delle Romania – ha aggiunto – si tratta di un tema non solo di cooperazione europea, ma di sicurezza nazionale: «In altri tempi avremmo detto che il nostro obiettivo è creare una Schengen per la libertà di circolazione militare – ha chiosato non senza amarezza il generale – ma oggi Schengen in molti Paesi ha assunto un significato negativo, quindi è meglio non usare questa analogia». Nel successivo dibattito è emersa la proposta di considerare le spese nazionali per facilitare la mobilità militare come spese militari, in relazione al raggiungimento dell'obiettivo del 2 per cento sul PIL nazionale, concordato in sede Nato. È stato anche sottolineato che gli interventi per la mobilità militare, in parte finanziabili con risorse europee, non devono ostacolare gli investimenti per le infrastrutture civili. Altri interventi hanno sottolineato l'importanza di esercitazioni congiunte Nato-Ue, e hanno auspicato l'istituzione, nell'ambito della struttura amministrativa della Commissione europea, di una Direzione generale dedicata alla difesa.
  Nel workshop dedicato a Cybersicurezza e guerre ibride, moderato dalla parlamentare europea Ramona Manescu, sono intervenuti Bruno Lété, esperto di sicurezza e difesa presso il German Marshall Fund, Mircea Costiou, rettore del Politecnico di Bucarest e Catalin Arama, responsabile dell'Autorità nazionale romena sulla cybersicurezza. Come si legge nella dichiarazione conclusiva, la guerra cibernetica e ibrida è al centro delle sfide future che delle forze armate degli Stati membri dell'Unione europea. I Parlamenti dovrebbero promuovere la resilienza delle rispettive società, e il messaggio di democrazia, libertà, dignità umana e un ordine mondiale multilaterale, rafforzando l'identità europea e la indipendenza al fine di promuovere la pace, la sicurezza e il progresso in Europa e nel mondo.
  La sessione conclusiva dei lavori è stata dedicata a «Una strategia credibile per l'allargamento e per un impegno rafforzato dell'Unione europea nei Balcani occidentali». I relatori principali sono stati Victor Bosatinaru, membro della Commissione esteri del Parlamento europeo, Costas Douzinas, presidente della Commissione esteri e difesa del Parlamento greco (che ha dato conto dei mutamenti geopolitici dell'area e ha ripercorso i negoziati che hanno portato all'accordo sul nuovo nome della Macedonia del Nord) e Tanja Miscevic, capo negoziatore della Serbia per l'adesione all'Ue (che ha dato conto dei processi e delle difficoltà del percorso intrapreso). Tutti hanno espresso compiacimento per il raggiungimento dell'accordo tra la Grecia e la Repubblica della Macedonia del Nord sul nome di quest'ultima, accordo che potrà costituire un elemento fondamentale per la per la pace e la stabilità nell'Europa sudorientale. Nello stesso tempo occorre sfruttare lo slancio positivo per risolvere altre controversie di lunga data, in particolare quella tra Belgrado e Pristina, su cui l'Ue ha svolto e deve continuare a svolgere un ruolo essenziale. Una duratura riconciliazione interna ed esterna è infatti prerequisito per l'adesione all'Ue, che deve ribadire in ogni occasione il suo sostegno a buona governance e rispetto dello stato di diritto, sottolineando in particolare l'importanza del dialogo politico interno, della lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, della protezione dei diritti umani, in particolare delle minoranze e dei media.
  Al termine della Conferenza il Capo della delegazione del Parlamento finlandese, Mikko Savola, ha annunciato che la prossima conferenza interparlamentare si svolgerà ad Helsinki dal 4 al 6 settembre 2019 e sarà incentrata sui temi della Pag. 16politica di sicurezza e di difesa comune dell'Unione europea, sulle minacce ibride e cibernetiche e sulle relazioni transatlantiche, con particolare riferimento alle implicazioni dei cambiamenti climatici.
  La delegazione italiana ha anche incontrato l'Ambasciatore d'Italia a Bucarest, Marco Giungi, che ha fornito un quadro sulle relazioni bilaterali tra i due Paesi.

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ALLEGATO 2

Sugli esiti della Conferenza per il controllo parlamentare sulla Politica estera e di sicurezza comune e sulla Politica di sicurezza e difesa comune, svoltasi a Bucarest il 7-8 marzo 2019

DICHIARAZIONE FINALE

  La XIV Conferenza Interparlamentare per la PESC/PSDC si è tenuta a Bucarest nei giorni 7 e 8 marzo 2019. Hanno partecipato parlamentari degli Stati membri dell'Unione europea e del Parlamento europeo, dando vita ad uno scambio di opinioni su numerose questioni di politica estera e di sicurezza, che si riflette nella presente dichiarazione finale.

Le priorità e le strategie della PESC/PSDC. Il futuro della sicurezza europea.

  È giunto il tempo che l'Unione europea elabori un'autentica politica estera e di sicurezza comune (PESC), al fine di promuovere i propri interessi, principi e valori per far fronte alle sfide crescenti, in particolar modo quelle che riguardano il proprio vicinato. Gli strumenti a disposizione devono essere utilizzati in modo più efficace e dovrebbe essere accordata priorità alle posizioni unificate in ambito Unione europea.
  Le aspirazioni dell'Unione europea debbono essere soddisfatte mediante un impegno conforme in termini di processi decisionali. Idee diverse da quelle che comportano implicazioni militari o nel settore della difesa come la creazione di un Consiglio di Sicurezza dell'Unione europea e l'introduzione del voto a maggioranza qualificata all'interno del Consiglio dell'Unione europea su questioni inerenti la PESC, meritano un'analisi approfondita prima di essere prese in considerazione da parte degli Stati membri.
  La sospensione del Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio INF (Intermediate range Nuclear Forces Treaty) ci pone dinanzi alla prospettiva di una nuova corsa agli armamenti nucleari in Europa. Noi europei dobbiamo restare uniti e mobilitare la nostra sicurezza collettiva, dobbiamo agire in stretta cooperazione con i nostri alleati, mediante una NATO che sia il più forte e respingere le mosse della Russia volte ad intimidirci, a generare confusione all'interno della nostra unità, e a mettere a repentaglio una pace che dura oramai da decenni in Europa.

Il triangolo della PESC: CARD-PESCO-EDF.

  I nuovi strumenti della PSDC sono i seguenti: la Revisione Coordinata Annuale sulla Difesa (Coordinated Annual Review on Defence – CARD) armonizza le aspirazioni comprese nel Piano per lo sviluppo delle capacità con gli obiettivi di una Cooperazione strutturata Permanente (Permanent Structured Cooperation – PESCO). Gli incentivi messi a disposizione dal Fondo europeo per la Difesa (European Defence Fund –EDF) ampliano il livello di cooperazione dell'Unione europea, sviluppando tecnologie in materia di difesa e prototipi di sistemi futuri, principalmente sotto l'egida della PESCO. Questi tre strumenti sono essenziali per definire il futuro della politica di sicurezza e di difesa a livello dell'Unione. Osserviamo la necessità di realizzare dei passi avanti per poter fare un uso comune di questi strumenti, concertato tra noi e con gli altri, in particolar modo per quel che Pag. 18riguarda il processo di pianificazione della Difesa della NATO.
  I Parlamenti, a livello nazionale e dell'Unione, debbono sviluppare un approccio pratico alla loro cooperazione futura, dal momento che esiste un unico insieme di forze in Europa ed un'unica linea di contribuenti.
  Invitiamo gli Stati membri a proseguire i negoziati sullo Strumento europeo per la pace che può contribuire a supportare la capacità dell'Ue di rispettare gli impegni assunti in ambito internazionale.

Il Partenariato orientale –10 anni di aspirazioni europee.

  Ribadiamo gli impegni collettivi a livello di Unione europea per l'unità, la sovranità e l'integrità territoriale assunti dai Paesi del Partenariato orientale, per la risoluzione pacifica di ogni controversia e per l'applicazione del diritto internazionale, delle regole della democrazia e del rispetto dei diritti umani, dello Stato di diritto, e per una governance trasparente, retta da buone prassi.
  Crediamo nella necessità di concentrarsi sull'agenda per le riforme, applicando il principio «more for more» (più progressi, più aiuti) e creando incentivi e clausole condizionali, al fine di assistere coloro che condividono i nostri valori comuni e che dimostrano un desiderio reale di dare attuazione alle riforme necessarie. Per questo motivo, un Partenariato orientale Plus più ambizioso rappresenta un'opzione per i Paesi pronti ad accogliere iniziative più ambiziose.
  Deploriamo le continue violazioni del diritto internazionale da parte delle Russia e la guerra ibrida condotta dalla Russia nella regione.

L'importanza strategica del Mar Nero per l'agenda UE.

  La regione del Mar Nero resta una delle più importanti per la sicurezza dell'Unione europea. Condanniamo le iniziative adottate dalla Russia nel Mar d'Azov: esse rappresentano una violazione del diritto internazionale marittimo e degli impegni internazionali della Russia. Condanniamo altresì la costruzione del ponte di Kerch e l'installazione di cavi sottomarini nella penisola della Crimea, annessa illegalmente senza il consenso dell'Ucraina. La militarizzazione russa del Mar d'Azov, della regione del Mar Nero e del distretto di Kaliningrad, così come le ripetute violazioni delle acque territoriali di paesi europei della regione del Mar Baltico continuano a rappresentare motivi di seria preoccupazione.
  Facciamo appello alle istituzioni europee affinché sia aumentata la visibilità della regione del Mar Nero e si crei un approccio regionale più articolato, considerata la necessità di affrontare congiuntamente problemi comuni.

Il futuro della PESC/PSDC nella prospettiva della Brexit.

  Riconosciamo l'esigenza di cercare soluzioni costruttive per il futuro della cooperazione tra l'Unione europea e il Regno Unito, in ambiti PESC e PSDC, al fine di assicurare che gli interessi reciproci non siano compromessi. Una stretta cooperazione e un forte impegno sono necessari in tutti i settori, in particolar modo in merito al coordinamento delle posizioni all'interno delle organizzazioni internazionali e per quel che attiene alla politica delle sanzioni.
  In ambito PSDC, il Regno Unito e gli Stati membri hanno espresso la volontà di mantenere la più stretta cooperazione possibile, anche attraverso la mediazione della NATO.

La Strategia dell'Unione europea per la regione del Danubio.

  Riteniamo che la Strategia dell'Unione europea per la regione del Danubio rappresenti uno strumento comunitario perfettamente adeguato alla cooperazione macro-regionale tra i quattordici Stati rivieraschi, nove dei quali sono Stati membri Pag. 19dell'Unione europea: Austria, Bulgaria, Repubblica ceca, Croazia, Germania (attraverso la mediazione dei Länder della Baviera e del Baden-Württemberg), Ungheria, Romania, Slovacchia, Slovenia e cinque Stati non-membri dell'Unione europea: Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Repubblica di Moldavia, Serbia e Ucraina.
  Sosteniamo il rafforzamento e lo sviluppo della cooperazione politica, economica e sociale nella regione e l'attuazione delle politiche e della legislazione dell'Unione europea nella macro-regione del Danubio.

Sicurezza cibernetica e guerra ibrida.

  La guerra cibernetica e ibrida è al centro delle sfide future che le nostre forze armate sono chiamate ad affrontare. Nella nostra veste di parlamentari, dobbiamo opporre resistenza, costruire una società resiliente ed essere instancabili portavoce del nostro messaggio democratico, difendere la libertà, la dignità umana e un ordine mondiale multilaterale, riaffermando la nostra identità europea e la nostra indipendenza, al fine di promuovere la pace, la sicurezza e il progresso, in Europa e in tutto il mondo.

La mobilità militare, una sfida per lo sviluppo di sinergie tra la NATO e l'Unione europea.

  Le sfide del contesto internazionale in materia di sicurezza richiedono un livello di attenzione maggiore nei confronti della difesa collettiva e delle esigenze ad essa connesse, in particolar modo per quel che attiene alla mobilità militare. Le procedure e le infrastrutture in Europa non sono dimensionate nel modo opportuno per una dislocazione di forze più ampia.
  Le nuove concezioni di mobilità militare, sviluppate recentemente in ambito NATO e i finanziamenti previsti, a carico dei bilanci nazionali e dell'Unione europea, porteranno ad uno snellimento delle procedure e consentiranno gli opportuni investimenti nelle aree adeguate all'interno degli Stati membri.
  La cooperazione inter-parlamentare è essenziale al fine di definire le priorità dei progetti, il relativo finanziamento e per il controllo politico comune dei progressi realizzati. Riconosciamo il ruolo dei parlamenti nazionali nel garantire un livello di armonizzazione più elevato della legislazione e delle corrispondenti procedure nazionali.

Una prospettiva credibile di ampliamento e rafforzamento degli impegni dell'Unione europea nei confronti dei Balcani occidentali.

  Sosteniamo la determinazione e il coraggio di cui hanno dato prova i soggetti civili e politici, che hanno condotto all'attuazione dell'Accordo di Prespa, pietra miliare per il consolidamento della pace e della stabilità nell'Europa sud-orientale. Esortiamo le istanze decisionali della regione ad adottare un atteggiamento positivo nei confronti della soluzione dei contenziosi di lunga data, principalmente attraverso il dialogo tra Belgrado e Pristina, facilitato dall'Unione europea. Ribadiamo l'impegno stabile dell'Unione a favore di una riconciliazione duratura, interna ed esterna, che costituisce un requisito indispensabile per l'ingresso nell'Unione europea e sollecitiamo i Paesi della regione affinché superino le divergenze non ancora risolte.
  Guardiamo con favore alle iniziative messe in atto nella regione per dare attuazione alle riforme e ribadiamo il nostro sostegno alla trasformazione della regione stessa, attraverso la democrazia, il buon governo, e la preminenza del diritto, pietre miliari per la costruzione di un futuro europeo sicuro e sostenibile per i Balcani occidentali. Il dialogo politico interno, la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, la tutela dei diritti umani, principalmente mediante la difesa dei diritti delle minoranze e della libertà di espressione della stampa, sono tutti elementi di particolare rilevanza.