CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 marzo 2019
162.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-01718 Osnato: Iniziative volte alla riduzione della tassazione sul ricavato della vendita di opere d'arte.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti evidenziano il timore dell'inasprimento del carico fiscale manifestato da parte dei soggetti privati che effettuano compravendita di opere d'arte.
  Sul tema, gli Interroganti rappresentano come molti operatori del settore abbiano preferito spostare su mercati esteri l'attività di compravendita, con conseguente impoverimento del mercato nazionale.
  Ciò premesso e considerata la difficoltà a sostenere un maggior carico impositivo in assenza di misure atte a favorire un aumento delle transazioni, gli Onorevoli chiedono di sapere se «il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per la riduzione della tassazione sul mercato dell'arte e l'apertura immediata di un tavolo di lavoro dove venga trattato il tema.».
  Al riguardo, in base all'attuale quadro normativo contenuto nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito, anche TUIR), i redditi derivanti dalla cessione di opere d'arte possono essere assoggettati ad imposizione ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera i), del TUIR, laddove qualificabili come redditi «derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente».
  Ai fini dell'applicazione di quest'ultima disposizione è, tuttavia, necessario provare lo svolgimento di un'attività commerciale, ancorché di carattere occasionale, e tale dimostrazione implica sovente complesse attività di analisi, dagli esiti spesso incerti, finalizzate a ricostruire una pluralità di atti – anche compiuti nell'arco di diversi anni – tra loro collegati e preordinati al conseguimento di un reddito attraverso la cessione dei beni in questione.
  Pertanto, alla luce dell'attuale quadro normativo, non si registra alcun aumento del livello di imposizione sulla cessione delle opere d'arte, atteso che – come appena illustrato – i relativi redditi già concorrono a formare il reddito complessivo del cedente, ove la cessione si inserisca nell'ambito dello svolgimento di un'attività commerciale, sebbene non esercitata abitualmente [articolo 67, comma 1, lettera i), del TUIR].
  In merito alle iniziative che il «Governo intende adottare per la riduzione della tassazione sul mercato dell'arte», deve evidenziarsi che ogni intervento potrà essere vagliato, tenuto conto degli spazi finanziari dettati dai vincoli di finanza pubblica.

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ALLEGATO 2

5-01715 Giacomoni: Avvisi di accertamento Irpef nei confronti di impiegati e funzionari delle ambasciate e consolati presenti in Italia e presso lo Stato della Città del Vaticano.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti in merito agli avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle entrate nei confronti di impiegati e funzionari delle ambasciate e dei consolati degli Stati esteri presenti in Italia al fine di recuperare a tassazione le imposte evase in assenza dei requisiti per beneficiare dell'esenzione dei relativi redditi.
  In particolare gli Onorevoli interroganti, nel far presente che le retribuzioni corrisposte sono sempre state considerate esenti da imposizione fiscale in forza dell'articolo 49 della Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963 e che in precedenza l'Amministrazione fiscale non ha mai manifestato alcuna pretesa nei confronti di tali soggetti le cui retribuzioni sono da sempre sottoposte alla sola ritenuta previdenziale, suggeriscono di intervenire con un accordo transattivo consistente nella riapertura dei termini per la regolarizzazione fiscale degli anni oggetto di accertamento e nell'assoggettamento dei redditi contestati ad una flat tax del 15 per cento o altra aliquota agevolata. Suggerirebbero, inoltre, l'azzeramento delle sanzioni e degli interessi e l'assoggettamento del reddito corrente dal 2019 alla normale imposizione fino a quando i soggetti opereranno nelle ambasciate presenti nel territorio italiano.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare, si precisa che i contribuenti interessati dalle attività di controllo sono fiscalmente residenti in Italia e non hanno la qualifica di Rappresentanti dello Stato estero. Nell'individuazione delle singole posizioni, infatti, in linea generale, si è proceduto alla verifica delle deroghe previste sia dalle convenzioni internazionali, sia dalla normativa domestica, in tema di redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia da parte dei dipendenti di rappresentanze diplomatiche. In particolar modo, si è fatto riferimento alla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961 e alla Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963.
  Inoltre, per gli Stati che hanno adottato il modello di Convenzione OCSE per la stipula delle convenzioni bilaterali, gli Uffici si sono attenuti alla previsione recata dall'articolo 19 (Funzioni pubbliche) che prevede, salvo deroghe particolari, che le remunerazioni, diverse dalle pensioni, pagate da uno Stato contraente (o da una sua suddivisione politica o amministrativa o da un suo ente locale) ad una persona fisica, in corrispettivo di servizi resi a detto Stato o a detta suddivisione od ente, «sono imponibili soltanto in detto Stato, tuttavia, tali remunerazioni sono imponibili soltanto nell'altro Stato contraente, qualora i servizi siano resi in detto Stato e la persona fisica sia un residente di detto Stato».
  In ragione di quanto sopra rappresentato, appaiono legittime le ragioni giuridiche a sostegno della pretesa erariale, contrariamente a quanto affermato dall'Onorevole interrogante circa l'esistenza di «una esenzione da ogni imposta e tassa a favore di tali contribuenti, ancorché residenti Pag. 53fiscalmente in Italia, limitatamente ai redditi percepiti nello svolgimento del proprio incarico».
  Si fa presente altresì che, in relazione alle annualità non a rischio di decadenza dal potere accertativo, sono state inviate Comunicazioni di promozione per l'adempimento spontaneo ai dipendenti delle Rappresentanze diplomatiche per segnalare le anomalie dichiarative riscontrate, nonché per ricordare loro di ricomprendere il reddito percepito all'interno della dichiarazione annuale ancora da presentare, evidenziando le possibilità – offerte dalla normativa vigente – di accedere al beneficio della riduzione delle sanzioni mediante l'istituto del ravvedimento operoso ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997.
  L'Agenzia si è adoperata per attivare tavoli di confronto con le Rappresentanze diplomatiche e con i loro dipendenti coinvolti nell'attività di controllo, al fine di individuare soluzioni ai problemi proposte dalle parti, coordinando allo stesso tempo le attività di accertamento demandate agli Uffici provinciali competenti.
  In relazione all'attività di controllo finora svolta, si rappresenta che i contribuenti che hanno ricevuto sino ad ora un avviso di accertamento sono circa 1600 a livello nazionale. La maggior parte dei contribuenti interessati dal controllo, rilevata la irregolarità della propria posizione, ha definito gli atti in acquiescenza o adesione. Solo una parte residuale ha contestato la pretesa impositiva, presentando istanze di annullamento in autotutela o impugnando l'atto.
  In ogni caso, per questi avvisi di accertamento resta salva la possibilità di avvalersi degli definizione agevolata prevista dall'articolo 2 del decreto-legge n. 119 del 2018 in relazione agli atti notificati entro il 24 ottobre 2018.

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ALLEGATO 3

5-01716 Fregolent: Bando di selezione pubblica del Ministero dell'economia e delle finanze per l'affidamento di incarichi gratuiti di consulenza.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In relazione all'interrogazione dell'onorevole Fregolent, come è stato già chiarito con un apposito comunicato stampa del Ministero dell'economia e delle finanze, il riferimento alla consulenza gratuita, pure se richiamata nel bando, non è da intendersi come rapporto di lavoro o fornitura di un servizio professionale, che come tale sarebbe regolato dalle procedure del Codice degli Appalti.
  L'invito è rivolto a personalità affermate, principalmente provenienti dal mondo accademico, che, in ottica di collaborazione istituzionale, desiderino offrire la propria esperienza in termini di idee e soluzioni tecniche in materie molto complesse.
  La procedura posta in essere dal Ministero dell'economia e delle finanze fa sì che l'amministrazione, prima di elaborare norme e disegnare strumenti, assicuri un doveroso confronto con professionalità di alto profilo competenti in materia.
  Peraltro, forme di collaborazione gratuita di questo genere sono diffuse in molte Pubbliche Amministrazioni.
  La novità sta quindi solamente nella pubblicità introdotta nella procedura, per esigenze di trasparenza e comparazione, come suggerito dalla Corte dei conti e ribadito dalla giurisprudenza amministrativa.
  Esula completamente da questi rapporti, quindi, il tema dell'equo compenso che si riferisce a rapporti professionali di lavoro nell'ambito del settore privato.

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ALLEGATO 4

5-01717 Centemero: Agevolazioni fiscali volte ad incentivare il rientro in Italia di ricercatori e docenti italiani residenti all'estero.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti in merito ai requisiti richiesti per fruire del regime fiscale agevolativo da parte dei ricercatori/docenti residenti all'estero e che desiderano rientrare in Italia ai quali, in base alle disposizioni previste dal decreto-legge n. 78 del 2010, si applica una tassazione agevolata pari al 10 per cento del reddito percepito.
  In particolare, gli Onorevoli interroganti, richiamano la circolare interpretativa emanata dall'Agenzia delle entrate del 23 maggio 2017, n. 17/E che, in proposito, ha precisato che l'agevolazione fiscale in esame spetta solo ai ricercatori iscritti all'A.I.R.E., seppure in presenza di tutti i requisiti sostanziali atti a dimostrare la residenza fiscale all'estero e degli altri requisiti previsti per la fruizione dell'agevolazione. A parere degli Onorevoli interroganti, tale interpretazione non solo risulterebbe discriminate per i lavoratori di nazionalità italiana, rispetto ai cittadini di diversa nazionalità i quali, pur non avendo mai vissuto nel nostro Paese, possono fruire del beneficio fiscale ma essa risulterebbe in contrasto con le convenzioni fiscali bilaterali che l'Italia ha con la maggior parte dei paesi, le quali prevedono che la residenza sia individuata secondo criteri sostanziali.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 44 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede un'agevolazione fiscale – ai fini IRPEF ed IRAP – diretta ad incentivare il rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all'estero per esercitarvi la loro attività lavorativa.
  In particolare, il citato articolo 44, al comma 1, prevede che: «Ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il novanta per cento degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all'estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato».
  La misura agevolativa è stata oggetto di esame da parte dell'Agenzia delle entrate con la circolare n. 4/E del 15 febbraio 2011 nella quale, al paragrafo 21, è stato precisato che: «L'agevolazione trova applicazione nei confronti dei ricercatori o docenti che si trovano nelle seguenti condizioni:
   siano in possesso di un titolo di studio universitario o ad esso equiparato;
   non siano occasionalmente residenti all'estero;
   abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi;
   acquisiscano e mantengano la residenza fiscale in Italia per tutto il periodo in cui usufruiscono dell'agevolazione».

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  La norma, dunque, fa espresso riferimento all'acquisizione della residenza fiscale in Italia ai sensi dell'articolo 2 del TUIR, precisando che l'agevolazione è applicabile nel periodo di imposta in cui il docente o ricercatore acquista la residenza in Italia e nei tre periodi di imposta successivi, a condizione che «acquisti e mantenga la residenza fiscale in Italia per tutto il periodo in cui usufruisce dell'agevolazione» (circolare n. 4/E del 2011).
  Con la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017, sono stati forniti più ampi chiarimenti con riferimento all'applicazione dei vari regimi agevolativi previsti per le persone fisiche che rientrano in Italia, tra i quali quello previsto dall'articolo 44 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, per docenti e ricercatori.
  In particolare, in relazione all'articolo 44, confermando l'orientamento già espresso con la precedente circolare n. 4/E del 2011, è stato ribadito che, così come per la fruizione delle altre forme agevolative, è richiesto che «prima del trasferimento nel territorio dello Stato, la persona fisica abbia mantenuto la residenza fiscale all'estero per un periodo di tempo minimo, variabile a seconda dell'agevolazione interessata. In particolare, nell'individuare i soggetti che possono beneficiare degli incentivi, le diverse norme (ad eccezione della legge n. 238 del 2010) richiedono che questi trasferiscano la residenza in Italia ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR). Il richiamo al TUIR implica che debba farsi riferimento al concetto di residenza valido ai fini reddituali. Il citato articolo 2, al comma 2, considera residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d'imposta, cioè per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Le condizioni appena indicate sono tra loro alternative; pertanto, la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia. Tenuto conto della rilevanza del solo dato dell'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente, il soggetto che non si è mai cancellato da tale registro non può essere ammesso alle agevolazioni in esame».
  Ciò comporta, per i docenti o ricercatori italiani che fanno rientro nel Paese, che la mancata cancellazione dall'Anagrafe della popolazione residente nel periodo antecedente il trasferimento della residenza fiscale preclude l'accesso all'agevolazione, legittimando, in conformità delle norme vigenti ed alla luce della prassi emanata, il recupero del beneficio fiscale eventualmente fruito.
  In ultimo occorre precisare che non sembrano rilevarsi contrasti con le disposizioni contenute nell'ambito delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni in quanto il concetto di residenza fiscale viene definito autonomamente nell'ambito della legislazione di ciascuno Stato.
  Tutto ciò premesso, si fa presente che sono allo studio ipotesi di modifiche normative al fine di semplificare l'accesso dei docenti e ricercatori all'agevolazione in commento.

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ALLEGATO 5

5-01719 Trano: Attuazione delle misure relative alla cessione dei crediti d'imposta relativi ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante fa riferimento alla disciplina di cui all'articolo 14, commi 2-ter e 2-sexies, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, che prevede la possibilità, in luogo della detrazione per le spese per interventi di riqualificazione energetica, di cedere il corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito;
  L'articolo 16, comma 1-quinquies, del citato decreto, prevede analoga possibilità per gli interventi antisismici effettuati sulle parti comuni degli edifici;
  L'Onorevole evidenzia che con provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle entrate dell'8 giugno 2017 sono state definite le relative modalità di attuazione ma lamenta che ad oggi, risultano non ancora operative le procedure per cedere il credito ad altri soggetti.
  Pertanto, l'Onorevole chiede di sapere «quali iniziative intenda assumere per l'applicazione delle disposizioni di attuazione, in particolare per garantire l'utilizzo del credito ceduto.».
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate rappresenta quanto segue.
  I provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 28 agosto 2017 (per l'ECOBONUS) e dell'8 giugno 2017 (per il SISMABONUS), prevedono che i dati dei crediti ceduti in relazione ai sopradescritti interventi, effettuati sulle parti condominiali, sono comunicati dagli amministratori di condominio all'Agenzia delle entrate negli stessi termini e con le stesse modalità di invio dei dati da trasmettere ai fini della dichiarazione precompilata.
  I medesimi provvedimenti specificano che i crediti ceduti debbano essere accettati dai cessionari e i relativi dati debbano essere resi disponibili nel Cassetto fiscale degli stessi cessionari.
  In proposito, occorre evidenziare che i dati relativi ai crediti ceduti per lavori effettuati nell'anno 2017 sono stati comunicati, dagli amministratori di condominio all'Agenzia delle entrate, entro il 9 marzo 2018 (per effetto della proroga del termine originario del 28 febbraio).
  I dati relativi ai crediti accettati sono stati resi disponibili nel cassetto fiscale dei cessionari, che pertanto già dal 2018 possono utilizzarli direttamente in compensazione tramite modello F24, indicando gli appositi codici tributo 6890 (per l'ECOBONUS) e 6891 (per il SISMABONUS), istituiti con specifica risoluzione dell'Agenzia delle entrate.
  Con riferimento ai crediti ceduti per i lavori effettuati nel 2018, si segnala che i relativi dati sono stati comunicati all'Agenzia delle entrate entro l'8 marzo 2019 (per effetto della proroga del termine originario del 28 febbraio).
  Pertanto, nei prossimi giorni tali informazioni saranno rese disponibili nel Cassetto fiscale dei cessionari, per consentirne l'utilizzo in compensazione tramite modello F24.
  Infine, relativamente alla possibilità di ulteriore cessione del credito, l'Agenzia delle entrate fa presente che è in corso di pubblicazione la relativa procedura informatica, accessibile dall'area autenticata del sito internet dell'Agenzia medesima.