CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 7 febbraio 2019
139.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-01407 Aprea: Sulla valutazione relativa all'insegnamento della religione cattolica o della materia alternativa per l'ammissione all'esame di Stato.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  Onorevole Aprea, il decreto ministeriale avente ad oggetto le modalità di svolgimento dell'esame di Stato, in attuazione dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 62 del 2017 è il n. 741 del 3 ottobre 2017. L'articolo 2, comma 4, del citato decreto ministeriale prevede che «in sede di scrutinio finale il consiglio di classe attribuisce alle alunne e agli alunni ammessi all'esame di Stato, sulla base del percorso scolastico triennale e in conformità con i criteri e le modalità definiti dal collegio dei docenti inseriti nel piano triennale dell'offerta formativa, un voto di ammissione espresso in decimi, senza utilizzare frazioni decimali, anche inferiore a sei decimi».
  Tale previsione, dunque, non prevede che il voto di ammissione sia espressione della media aritmetica dei voti assegnati alle singole discipline, essendo invece riferito a tutto il percorso scolastico svolto dall'alunno nel corso dei tre anni di scuola secondaria di primo grado.
  Nella circolare ministeriale n. 1865 del 2017, che ha fornito alle istituzioni scolastiche indicazioni in merito alle novità introdotte dal decreto legislativo n. 62/2017 e dal decreto ministeriale 741/2017, è stato confermato che il voto di ammissione all'esame di Stato è riferito al percorso scolastico triennale dell'alunno, con ciò intendendo che tale voto non corrisponde a sommatorie o medie di voti, ma ad una valutazione globale dello studente, in termini di impegno, modalità di apprendimento, competenze acquisite.
  In questa prospettiva, tutti i docenti del consiglio di classe partecipano alla deliberazione del voto di ammissione, ivi compresi i docenti preposti all'insegnamento della religione cattolica e delle attività alternative a tale insegnamento per gli alunni che se ne avvalgono.
  Giova, comunque, ricordare che anche le previgenti norme in merito all'attribuzione del voto di ammissione all'esame di Stato facevano riferimento al percorso scolastico triennale e non a medie aritmetiche dei voti assegnati alle singole discipline.
  Infatti, già l'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2009, prevedeva che il «giudizio di idoneità» – corrispondente al voto di ammissione all'esame Stato di cui alla vigente normativa – introdotto dall'articolo 11, comma 4-bis, del decreto legislativo 59/2004, veniva espresso dal consiglio di classe in decimi, considerando il percorso scolastico triennale compiuto dall'allievo nella scuola secondaria di primo grado.
  Tanto premesso, la circostanza che la valutazione espressa dal docente di religione cattolica si riferisca ad un giudizio e non ad un voto in decimi, non inficia la partecipazione alla deliberazione in merito all'attribuzione del voto di ammissione all'esame di Stato dal momento che, si ribadisce, tale voto di ammissione all'esame non è, e non era, frutto di una media aritmetica.

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ALLEGATO 2

5-01409 Toccafondi: Sull'indizione di un concorso per docenti di religione.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  Onorevole Toccafondi, riconosco l'importanza della questione da Lei rappresentata considerato che l'ultimo concorso per l'accesso al ruolo di insegnante di religione si è tenuto nel 2004, nonostante la legge n. 186 del 2003 prescriva la cadenza triennale, e che ad oggi il numero dei posti da bandire è considerevole. Ritengo, tuttavia, che la problematica da Lei descritta vada necessariamente inquadrata e ricondotta nell'alveo del quadro normativo vigente.
  Come noto, ai fini dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali di ogni ordine e grado, sono istituiti due distinti ruoli regionali, articolati per ambiti territoriali afferenti alle diocesi, del personale docente e corrispondenti ai cicli scolastici previsti dall'ordinamento, ovvero un ruolo per docenti di infanzia e primaria ed un ruolo per i docenti della scuola secondaria di I e II grado.
  Come opportunamente da Lei ricordato l'accesso a tali ruoli è disciplinato dall'articolo 3 della legge n. 186 del 2003, il quale prescrive che tale accesso avvenga esclusivamente previo superamento di concorsi per titoli ed esami per i posti annualmente disponibili nelle dotazioni organiche.
  Più precisamente, secondo il disposto dell'articolo 3, comma 2, il concorso – ordinario e non riservato – è indetto su base regionale, con frequenza triennale, dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con possibilità di svolgimento in più sedi decentrate, in relazione al numero dei concorrenti, ai sensi dell'articolo 400, comma 01, del testo unico in materia di istruzione.
  La Conferenza episcopale italiana comunica a tal proposito al MIUR l'elenco delle facoltà e degli istituti che rilasciano i titoli secondo quanto previsto nell'Intesa tra il Ministro della pubblica istruzione e il Presidente della Conferenza episcopale italiana, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751. Tali titoli sono richiesti a decorrere dall'anno scolastico 2017/18, prevedendosi poi una disciplina transitoria nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore dell'Intesa (2012) e la decorrenza prevista dal 2017, fermo restando il riconoscimento dell'idoneità da parte delle diocesi. La medesima Intesa con decorrenza 2017-18 include peraltro ai fini del riconoscimento all'accesso anche una parte del personale che oltre ai titoli previsti in via transitoria abbia anche prestato servizio continuativo secondo puntuali presupposti descritti al punto 4.3.2. Secondo quanto previsto al punto 4.4 si rinvia poi ad accordi successivi tra le parti firmatarie qualora vi sia esigenza di modifiche o integrazioni.
  Precisato ciò, ritengo che l'immissione in ruolo dei docenti di religione non possa, a legislazione vigente, che avvenire attraverso un nuovo concorso ordinario, che, attraverso una quota riservata, possa piuttosto valorizzare l'idoneità conseguita e, in aggiunta, riconoscere il servizio prestato.
  Gli uffici del Ministero stanno vagliando la possibilità di addivenire ad una soluzione che necessita, comunque, la condivisione con tutte le amministrazioni coinvolte, in primo luogo il Ministero dell'economia e delle finanze in ordine ai profili finanziari e il Ministero per la pubblica amministrazione circa le modalità di espletamento della procedura concorsuale, nonché l'ascolto degli altri soggetti istituzionali interessati, tra cui la GEI e le organizzazioni sindacali.

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ALLEGATO 3

5-01408 Piccoli Nardelli: Sulle ipotesi di sperimentazione di nuove procedure di accesso al corso di laurea in medicina e chirurgia.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  Onorevole Piccoli Nardelli, La ringrazio per il quesito che mi pone in quanto mi permette di intervenire su un tema di stretta attualità. Sto seguendo, difatti, in prima persona, l'esame delle diverse proposte di legge sul tema dell'accesso ai corsi universitari incardinate proprio in questa Commissione.
  Il tema dell'accesso alla formazione universitaria e post universitaria, in particolare, in medicina, è oggetto di un ampio dibattito e merita un serio approfondimento per i riflessi che ha sul sistema universitario e sul diritto allo studio.
  Come noto, difatti, in ordine all'accesso programmato sussiste un nutrito contenzioso in merito alla prevalenza del diritto allo studio sulla necessità di programmare l'accesso in ragione del fabbisogno professionale e in ragione dei limiti dell'offerta formativa, stante le peculiarità dei corsi di laurea ad accesso programmato, così come previsto dalla legge n. 264 del 1999.
  La citata legge detta, infatti, disposizioni in materia di accesso ai Corsi di laurea, prevedendo, all'articolo 3, comma 1, lettera a), che la programmazione annuale del numero di posti disponibili a livello nazionale per i corsi a numero predefinito (quali i corsi di laurea in medicina o in medicina veterinaria ad esempio) tiene conto:
   1) della valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario;
   2) del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo.

  La limitazione degli accessi risponde, nell'ottica della legge n. 264 e secondo l'insegnamento dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sent. 16/2018), a più funzioni ed esigenze quali, a titolo di esempio:
   a) verificare la sussistenza dei requisiti di cultura per lo studente che aspira ad essere accolto per la prima volta nel sistema universitario;
   b) garantire l'offerta di livelli di istruzione adeguati alle capacità formative degli atenei;
   c) consentire la circolazione nell'ambito dell'Unione europea delle qualifiche conseguite.

  Siamo consapevoli della problematica e, nelle more della conclusione del dibattito parlamentare sulle abbinate proposte di legge sul tema dell'accesso ai corsi universitari e di una ottimale e organica riflessione sulla legge n. 264 del 1999, rappresento che stiamo lavorando, con il Ministero della salute, per aumentare il numero dei posti disponibili per le immatricolazioni, così come abbiamo già fatto, nell'ultima legge di Bilancio, per i contratti di specializzazione medica.
  Stiamo, inoltre, verificando in che modo superare le criticità dell'attuale sistema di accesso al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia fondato su di una prova a quiz nazionale. Ai fini di tale approfondimento si terrà conto anche della sperimentazione proposta dall'Università di Ferrara.

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ALLEGATO 4

5-01410 Melicchio: Sull'utilizzo delle risorse assegnate alla stabilizzazione dei ricercatori.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  Onorevole Melicchio, come Lei stesso ha ricordato l'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017, prevede che, nel triennio 2018-2020, le amministrazioni pubbliche, al comma 1 possono assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale che possegga specifici requisiti e al comma 2 possono bandire procedure concorsuali riservate a personale non dirigenziale che possegga specifici requisiti.
  A tal fine sono state destinate, come da Lei accennato, adeguate risorse. Rispetto al FOE, la legge di bilancio per l'anno 2018, ai commi 668 e successivi, ha disposto per gli enti di ricerca uno specifico stanziamento a favore del percorso di stabilizzazione. In particolare, ricordo che il comma 670 ha statuito che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri fossero individuati sia i criteri per l'attribuzione delle risorse che gli EPR beneficiari. Con il successivo comma 671 si è stabilito che gli enti di ricerca destinassero alle assunzioni in argomento risorse proprie aventi carattere di certezza e stabilità, pari ad almeno il 50 per cento dei finanziamenti ricevuti.
  Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in questione è divenuto efficace con la registrazione della Corte dei conti il 10 maggio 2018, così assegnando alla maggior parte degli enti le somme riportate nell'allegato 1. Lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha, nondimeno, previsto correttivi ai commi 2 e 4 dell'articolo 1. Si è, pertanto, in attesa degli esiti delle verifiche previste dal comma 3 sempre dell'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per poter corrispondere agli enti ancora le risorse del 2018 e poi quelle del 2019.
  Quanto alle risorse assegnate con il decreto di riparto del FOE, si è dato seguito alle «condizioni» formulate nel prescritto parere dalle due Commissioni parlamentari di merito. Pertanto, con il richiamato decreto, ulteriori 68 milioni di euro sono stati destinati alle stabilizzazioni previste dall'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 75, coprendo sia i costi salariali ordinari sia quelli accessori e sono stati ripartiti in proporzione all'assegnazione ordinaria del FOE per l'anno 2017.
  Anche l'utilizzo di queste ultime risorse sono sottoposte alla norma primaria (mi riferisco al più volte richiamato articolo 20) che sebbene incentivata anche con appositi finanziamenti sconta da un lato il procrastinarsi del tempo dovuto all'entrata in vigore e all'attuazione di diverse disposizioni e atti qui richiamati e sconta altresì la complessità, sicuramente, delle procedure di verifica dei requisiti dei candidati che, come anche Lei ha evidenziato, hanno richiesto anche il ricorso a pareri dell'Avvocatura e ad approfondite interpretazioni.
  La circolare del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione n. 3/2017 che Lei cita, indica con chiarezza tra i requisiti per accedere alle procedure di stabilizzazioni ai sensi dell'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017, l'aver maturato almeno tre anni di servizio presso l'amministrazione che procede all'assunzione anche con diverse tipologie di contratto Pag. 44flessibili, specificando che per gli EPR sono compresi anche i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e i contratti degli assegni di ricerca. Il bilancio dell'INFN è stato ridotto di circa 30 milioni nei due anni precedenti e quindi il Governo si è subito attivato per recuperare risorse aggiuntive e consentire all'Istituto di proseguire con tutte le stabilizzazioni con i 14 milioni restanti di fondi vincolati.
  Concludo ribadendo che il processo di stabilizzazione avviato è in corso e che questo Ministero anche per il biennio 2019 e 2020 promuoverà ogni possibile e concreta azione affinché tutte le risorse assegnate agli EPR per il suo completamento siano effettivamente utilizzate per favorirne la conclusione nel modo più inclusivo possibile e rispettoso delle intenzioni del legislatore.

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ALLEGATO 5

5-01411 Belotti e Sasso: Sulla distribuzione dell'opuscolo «che cos’è l'amor» nelle scuole di Bari.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  Onorevole Sasso, rispondo all'interrogazione riferendo quanto comunicato dal competente Ufficio scolastico regionale della Regione Puglia.
  L'iniziativa da Lei descritta è stata assunta dal Comune di Bari in totale autonomia senza interessare o, quanto meno, informare al riguardo il predetto Ufficio Scolastico che è venuto a conoscenza dell'iniziativa solo attraverso i mezzi di informazione.
  Inoltre, sempre per quanto riferito dall'U.S.R. della Puglia, l'opuscolo, di cui l'Ufficio, peraltro, non dispone di copia, non sarebbe stato effettivamente diffuso tra gli istituti superiori della città di Bari e che, comunque, solo un istituto avrebbe mostrato un qualche interesse per l'iniziativa, senza tuttavia chiederne la distribuzione.
  Preciso, inoltre, che l'Associazione Unione degli studenti che, a quanto risulta, avrebbe collaborato con il Comune di Bari all'iniziativa è stata destinataria, peraltro nell'anno 2016, di un finanziamento che nulla aveva a che fare con la distribuzione dell'opuscolo.
  Ciò premesso, non posso che concordare con Lei sul fatto che qualsivoglia iniziativa formativa extracurriculare necessiti di una preventiva informazione della componente genitoriale. Come noto, il Ministero è più volte intervenuto sul tema con specifiche circolari che hanno richiamato il rispetto delle norme e delle procedure previste per le attività di ampliamento dell'offerta formativa.
  Nello specifico, nella nota MIUR del novembre 2018, come anche indicato dall'interrogante, il Ministero ha inteso ribadire il corretto utilizzo degli strumenti normativi esistenti che puntano ad assicurare la massima informazione alle famiglie su tutte le attività previste dal Piano Triennale dell'Offerta Formativa.
  Ribadisco che, come indicato nella summenzionata nota, «sarebbe opportuno che la predisposizione del PTOF fosse anticipata il più possibile. Comunque, tutte le attività didattiche inserite nel PTOF, anche ove aggiunte in corso d'anno, devono essere portate tempestivamente a conoscenza delle famiglie, o degli studenti se maggiorenni».
  Inoltre, in questa prospettiva, giova ricordare alcuni dei principali provvedimenti normativi emanati nel corso degli anni e volti ad assicurare l'opportuna partecipazione dei genitori alla vita della scuola.
  Tra tutti, si fa riferimento al «Patto di corresponsabilità educativa» istituito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 235 del 2007, per le scuole secondarie di primo e secondo grado, finalizzato ad offrire agli insegnanti, ai ragazzi e alle loro famiglie, un'occasione di confronto responsabile, di accordo partecipato, di condivisione di metodologie e obiettivi fondanti la vita comunitaria in ambiente scolastico. Le famiglie hanno il diritto, ma anche il dovere, di conoscere prima dell'iscrizione dei propri figli a scuola i contenuti del Piano dell'Offerta Formativa e, per la scuola secondaria, sottoscrivere formalmente il Patto educativo di corresponsabilità per condividere in maniera dettagliata diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie.