CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 4 ottobre 2018
68.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-00131 Testamento: Sugli interventi di recupero della Biblioteca Albino di Campobasso.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  L'onorevole Testamento, unitamente ad altri colleghi, richiede a questo Ministero quali iniziative intende assumere al fine di rendere nuovamente accessibile la Biblioteca Albino ai cittadini di Campobasso e a tutti i molisani.
  Permettetemi di rammentare che la questione della Biblioteca Albino nasce unitamente all'accordo di valorizzazione sottoscritto il 13 settembre 2016 tra il Ministero dei beni culturali, la Regione 20 maggio 2017 è stato firmato l'atto di assegnazione in uso governativo in favore di questa Amministrazione della Biblioteca Albino, già di proprietà della Provincia di Campobasso e ora di proprietà del Demanio dello Stato, così come stabilito con l'Accordo di valorizzazione stipulato a Roma il 13 settembre 2016 tra questo Ministero, la Regione Molise e le province di Campobasso e Isernia, a seguito della entrata in vigore della legge 7 aprile 2014, n. 56.
  Nel maggio del 2017, l'intero compendio è stato preso in consegna dal Segretario regionale ad interim all'uopo delegato dal Sottosegretario di Stato pro tempore che aveva gestito in prima persona la complessa procedura di acquisizione della Biblioteca in parola e degli altri beni di rilevante interesse culturale dalle province di Campobasso e Isernia.
  La Biblioteca è stata assegnata al Polo Museale del Molise, ai sensi dell'articolo 20 del decreto ministeriale 23 dicembre 2014.
  Nelle more della formalizzazione della assegnazione della Biblioteca al Polo Museale del Molise, il Segretario regionale del Molise (Ufficio del Ministero dei beni culturali) è stato incaricato tanto della pianificazione dei lavori e degli interventi necessari all'immobile per consentirne l'apertura al pubblico quanto della predisposizione degli atti necessari a consentire l'assegnazione di personale alla Biblioteca, previo confronto con le Organizzazioni sindacali.
  Purtroppo gli ambienti della struttura e quella dei depositi librari versano in una condizione di pericolo che si è rivelata più grave del previsto e priva delle necessarie misure di adeguamento alle norme di sicurezza e antincendio.
  L'avvicendamento governativo, e il turn over nella Direzione degli uffici centrali e periferici del Ministero non hanno reso possibile procedere con la stessa speditezza che si era all'inizio prevista anche se si è comunque provveduto ad eseguire lavori di manutenzione sull'edificio proprio per evitarne l'ulteriore degrado.
  Alla ripresa delle attività dopo il periodo feriale, il Direttore del Polo Museale del Molise (medio tempore destinato ad altro incarico) ha richiesto la convocazione di una riunione di coordinamento finalizzata alla definizione della vicenda amministrativa della Biblioteca per una futura, adeguata prospettiva gestionale ed a una programmazione del restauro del patrimonio librario ivi contenuto.
  Vi confermo sin d'ora la disponibilità a tornare in questa sede a riferirvi ogni utile aggiornamento sulla questione della Biblioteca Albino che, posso assicurare, è stata seguita con grande attenzione dall'Amministrazione dei beni culturali che si è impegnata, anche in via generale, nella ricerca delle soluzioni più idonee per consentire continuità agli Istituti ed al personale delle Province italiane, in particolare a quelle delle città meridionali, all'indomani della Legge Delrio.

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ALLEGATO 2

5-00211 Anzaldi: Sul murales «Tuttomondo» dipinto a Pisa dall'artista Keith Haring.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  L'onorevole Anzaldi richiede a questo Ministero notizie in merito ad alcune dichiarazioni dell'amministrazione civica di Pisa su un'ipotesi di rimozione dell'opera «Tuttomondo» di Keith Haring
  A tale proposito permettetemi di rammentare che Tuttomondo è il murale che il celebre artista statunitense Keith Haring, – capofila, con Jean-Michel Basquiat della tendenza artistica americana degli anni Ottanta conosciuta come Graffittismo o Graffiti Art, antesignana della moderna Urban (o Street) Art – ha realizzato nel giugno del 1989 a Pisa, sulla parete cieca del convento di Sant'Antonio Abate affacciata sull'omonima piazza.
  L'opera è stata realizzata in seguito a un accordo raggiunto tra l'artista, il Comune di Pisa e il parroco della chiesa di Sant'Antonio. Il murale è una delle ultime opere realizzate dall'artista prima di morire nel febbraio del 1990 ed è nato in occasione di un soggiorno a Pisa di Haring dietro invito di un giovane studente pisano che aveva conosciuto casualmente per le strade di New York.
  L'opera è un acrilico su muro che copre una superficie di 180 metri quadrati (10 metri di altezza per 18 di larghezza) e rappresenta, oltre che l'opera più monumentale di Haring, anche uno dei più grandi graffiti realizzati in Europa, considerato dall'artista stesso – come ricorda nei suoi celebri diari – uno dei più importanti progetti da lui realizzati.
  Tuttomondo è un lavoro site specific appositamente pensato per Pisa e per la piazza che lo ospita, e programmaticamente progettato, a differenza di altri lavori di Haring, per durare in maniera permanente. Questo aspetto è dimostrato dal fatto che l'artista ha scelto delle tempere acriliche (fornite gratuitamente da un'azienda) che potessero garantire una qualità cromatica per tempi piuttosto lunghi. L'esecuzione del murale è testimoniato, oltre che dai già citati diari, anche da due video realizzati durante i lavori.
  Le figure che popolano il murale sono trenta e tutte connotate simbolicamente o allegoricamente. La composizione a incastro delle figure tracciate con linea netta e colori saturi e brillanti, tipica dello stile di Haring, parte dalla croce pisana (formata dalla fusione di quattro personaggi), simbolo della città toscana, posta al centro. Da lì si propaga in senso centrifugo il resto della composizione, quasi a pensare che questa idea di fratellanza di pace parta e si diffonda proprio dal centro di Pisa, che in tal senso si fa portatrice di un messaggio universale e non semplicemente locale. A complemento di ciò, tuttavia, il radicamento dell'opera con il territorio rimane in ogni caso forte: non è solo la citata croce pisana che domina l'impostazione dell'immagine a porsi in stretta relazione con la città e la sua storia, ma è anche la scelta cromatica a dialogare armonicamente con il territorio circostante, laddove l'artista sceglie toni e cromie che recuperano colori dei palazzi circostanti, con il chiaro intento di creare un'opera che si inserisca senza traumi con la storia stratificata della città. In questo senso, dunque, l'opera – sebbene di recente esecuzione – assume anche un importante valore identitario per la cittadinanza e per il Pag. 72Paese, che travalica il mero interesse turistico, ponendosi come una delle icone della stessa città toscana.
  Nel 2011 grazie ad un accordo tra Comune di Pisa, la Keith Haring Foundation e l'azienda Caparolcenter, è stato avviato un delicato intervento di restauro, sotto l'alta sorveglianza della Soprintendenza, che ha ripulito il murale, senza ricolorarlo. Successivamente, nel 2012 è stata apposta una sostanza protettiva sulla pellicola pittorica al fine di rallentarne il naturale processo di invecchiamento.
  L'opera rappresenta il più importante intervento artistico su suolo italiano degli anni Ottanta e certamente un caposaldo della recente storia dell'arte, il cui valore – ampiamente storicizzato – è riconosciuto dalla numerosa bibliografia internazionale dedicata al murale, sia monografica che miscellanea.
  Essa è stata infatti sottoposta a tutela ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera d) del decreto legislativo n. 42 del 2004, proprio per la sua speciale relazione con la città, con il decreto n. 335 del Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Toscana del 22 luglio 2013, in quanto «esempio di arte neo pop, ormai unica testimonianza pubblica presente sul territorio italiano di opere realizzate dall'artista americano». Il vincolo di tutela è preordinato anche a garantire, per il futuro, forme corrette e controllate di conservazione e valorizzazione di un'espressione artistica che è testimonianza creativa della nostra epoca.
  E vorrei rassicurare l'onorevole Anzaldi circa il fatto che gli uffici del Ministero presenti sul territorio sono chiamati ad assicurare esattamente queste attività, nel rispetto di quanto previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.
  Concludo precisando che la locale Soprintendenza ha comunicato che non risultano pervenute note o documenti ufficiali riferite al murales di Haring e che le notizie riferite nell'atto parlamentare, lo stesso Ufficio le ha apprese dagli organi di stampa.

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ALLEGATO 3

5-00221 Foti: Sull'obbligo di versamento agli archivi di Stato dei documenti relativi agli affari esauriti da oltre 30 anni.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  L'onorevole Foti richiede a questo Ministero quali iniziative intende attivare per garantire l'obbligo di versamento agli Archivi di Stato dei documenti relativi a questioni esaurite da trent'anni.
  A tale proposito, sentita al riguardo la competente Direzione generale Archivi, vorrei premettere che una eventuale azione disciplinare deve essere attivata con le modalità previste dal decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, secondo una gradualità gerarchica che è, comunque, in capo all'amministrazione di appartenenza del funzionario eventualmente inadempiente, e, di conseguenza, il Ministero per i beni e le attività culturali potrebbe effettuare, al più, una segnalazione dell'eventuale inadempienza all'Amministrazione presso la quale il funzionario in questione presta servizio.
  Occorre tuttavia inquadrare la problematica in un più ampio quadro normativo di riferimento, in particolare di fonti normative di rango primario che hanno avuto una peculiare influenza sul processo di razionalizzazione degli spazi destinati ad archivi.
  Mi riferisco ai commi 222-ter e 222-quater dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (come introdotto dall'articolo 3, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135) testualmente dispongono, da un lato, lo scarto degli atti di archivio al fine del completamento del processo di razionalizzazione e ottimizzazione dell'utilizzo, a qualunque titolo, degli spazi destinati all'archiviazione della documentazione cartacea, dall'altro, al fine del completamento di tale processo, il rilascio di immobili condotti in locazione passiva in modo da garantire per ciascuna amministrazione, dal 2016, una riduzione, con riferimento ai valori registrati nel 2014, non inferiore al 50 per cento in termini di spesa per locazioni passive e non inferiore al 30 per cento in termini di spazi utilizzati negli immobili dello Stato.
  Il combinato disposto dai due commi sopra indicati, del medesimo articolo, rendono evidente una palese incongruenza consistente, da un lato, nell'imporre a tutte le Amministrazioni pubbliche (con la sola esclusione dei presidi territoriali di pubblica sicurezza e di quelli destinati al soccorso pubblico e degli edifici penitenziari), di conseguire una riduzione degli spazi in uso, inclusi quelli destinati ad archivio, e, dall'altro, nel prevedere l'obbligo di versamento, a carico delle medesime Amministrazioni, del materiale documentario selezionato per la conservazione a fini storici (e, dunque, illimitata) nei competenti Archivi di Stato, i quali, però, non sono esentati dal processo di razionalizzazione degli spazi.
  In realtà, in ragione dei particolari compiti del Ministero per i beni e le attività culturali e del rilevante onere cui è chiamato sarebbe opportuno prevedere, per esso, una deroga alla disciplina generale fissata dall'articolo 2, comma 222-bis, della legge n. 191 del 2009, che gli consentisse di utilizzare integralmente l'importo dei risparmi conseguiti in sede di razionalizzazione degli spazi per aumentare lo spazio da destinarsi alla conservazione della documentazione storica, cosa Pag. 74che consentirebbe alle altre amministrazioni dello Stato di effettuare i versamenti documentali cui sono tenute.
  Concludo sottolineando che la recente modifica dei termini per il versamento agli Archivi di Stato della documentazione non più occorrente alle esigenze ordinarie del servizio, comporta la necessità, per i detti uffici, di accogliere, a breve, materiale documentario destinato a occupare 60.000 metri lineari di scaffalature. La prevista ristrutturazione delle circoscrizioni provinciali può altresì comportare ulteriori versamenti. A ciò si aggiunga il fisiologico incremento annuo, pari a 6.000 metri lineari annui di scaffalature.
  Nella grande maggioranza dei casi pertanto il mancato versamento di ulteriore documentazione, da parte delle Amministrazioni statali, agli Archivi di Stato competenti e riceverla per dislocazione territoriale dipende dalla impossibilità, da parte di detti Uffici, di accettare ulteriori versamenti atteso che la capacità di archiviazione dei relativi depositi risulta ormai esaurita.
  Ora, converrà con me l'onorevole interrogante, che la soluzione al problema rappresentato non può essere trovata nel ricorso allo strumento della sanzione disciplinare.

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ALLEGATO 4

5-00345 Piccoli Nardelli: Sulla Villa Paolina di Mallinckrodt del I Municipio di Roma, quartiere Coppedè.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  L'onorevole Piccoli Nardelli richiede a questo Ministero notizie in merito alla tutela della Villa Paolina di Mallinckrodt, sita nel secondo Municipio di Roma.
  A tale proposito, sentita al riguardo la competente Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio, vorrei premettere che l'immobile è ben noto agli Uffici di questo Ministero.
  Villa Paolina di Mallinckrodt è stata progettata nel 1920 da Enrico Vittozzi, su commissione di Gelsomina Cohen nell'ambito della lottizzazione di Villa Mirafiori; essa prende nome dalla fondatrice delle Suore della Carità Cristiana Figlie della Beata Maria Vergine dell'Immacolata Concezione alle quali è appartenuta dal 1922 al 2014.
  L'edificio è stato ampliato nel 1926 e nel 1927 e restaurato nel 1946 dopo il bombardamento subito nel marzo 1944. La sua prospettiva dal Largo XXI Aprile, tra viale XXI Aprile e via Carlo Fea, è caratterizzata ancor oggi dal Monumento ai Finanzieri, inaugurato nel 1930.
  Utilizzata come scuola fino al 1997, successivamente Villa Paolina è stata utilizzata come Casa di procura generale delle suore della Carità cristiana fino al 2014 quando, in previsione del trasferimento dell'istituto in Germania, è stata posta in vendita.
  Sotto il profilo della tutela l'interesse di Villa Paolina non risiede in un suo specifico o particolare valore in quanto edificio singolarmente considerato, peraltro in questo caso profondamente modificato nel tempo, ma nel suo appartenere ad un tessuto urbano di villini edificati nella prima metà del Novecento che, nel loro insieme, caratterizzano in maniera peculiare e rappresentativa ampie parti della città di Roma da tutelare con strumenti di carattere urbanistico.
  Pertanto, sottoposta a verifica dell'interesse culturale, ai sensi dell'articolo 12 del Codice dei Beni Culturali, in data 27 dicembre 2014, il procedimento si è concluso con una dichiarazione di non interesse (il 17 giugno 2015) sottoscritta, secondo le procedure di norma, dal Segretario Regionale del Lazio, in attuazione ad una delibera della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale, sulla base dell'istruttoria e del parere della Soprintendenza Speciale Belle arti e paesaggio di Roma (del 5 giugno 2015).
  La procedura di verifica ai sensi dell'articolo 12 del Codice dei Beni Culturali accerta infatti l'esistenza dell'importante interesse storico artistico di ogni singolo edificio e non l'interesse complessivo di un tessuto urbano.
  L'immobile è quindi risultato liberamente alienabile ed è stato acquistato dalla società CAM Srl che ha presentato al Comune di Roma richiesta di demolizione, ricostruzione e ampliamento ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera b) della Legge regionale n. 21/2009.
  Permettetemi di chiarire il quadro normativo di riferimento che, ad oggi, consentirebbe potenzialmente la distruzione di interi tessuti urbani di pregio.
  Livello nazionale: L'Intesa tra Stato, Regioni ed enti locali sull'atto concernente misure per il rilancio dell'economia attraverso l'attività edilizia, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 29 aprile 2009, n. 98, prevede un impegno da parte delle Regioni Pag. 76ad approvare proprie leggi al fine di disciplinare, tra gli altri, interventi straordinari di demolizione e ricostruzione di edifici con ampliamento della volumetria esistente, con finalità di miglioramento della qualità architettonica e dell'efficienza energetica.
  Il successivo «Piano nazionale di edilizia abitativa» (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009), cosiddetto «Piano Casa», facendo seguito al decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella legge 6 agosto 2008 n. 133, si pone l'obiettivo «di incrementare l'offerta abitativa a canoni sostenibili mediante programmi costruttivi orientati alla sostenibilità ambientale ed energetica promuovendo, al contempo, la partecipazione di soggetti pubblici e privati».
  Livello regionale: La Regione Lazio ha adottato il Piano Casa con Legge regionale 11 agosto 2009 n. 21 (integrata e modificata dalla Legge regionale n. 10/2011), rinnovandolo di anno in anno fino al 31 maggio 2017.
  Livello comunale: La Delibera comunale n. 9/2012 «Disposizioni in ordine all'attuazione del Piano Casa della Regione Lazio», ha ampliato l'ambito di applicazione della Legge «Piano Casa», includendovi anche l'ambito cosiddetto T5, in cui ricadano i «villini».
  A fronte di questo forte rischio, e a seguito della demolizione del villino di via Ticino, il Ministero ha esplorato tutte le possibili modalità che la norma consente per tutelare i suddetti tessuti urbani, anche in via surrogatoria rispetto agli enti locali – cui spetterebbe il compito di una corretta gestione del territorio tramite le competenze urbanistiche. A tal fine l'Ufficio Legislativo ha fornito proprie indicazioni con una nota del 23 febbraio del 2018.
  A seguito di sollecitazioni del Ministero dei beni culturali, il 29 marzo 2018 la Sovrintendenza Capitolina, rivedendo un precedente parere, si è espressa dichiarando l'intenzione di inserire Villa Paolina nella Carta per la qualità.
  In data 30 marzo, proprio a tutela di Villa Paolina, il Segretario Generale del Ministero ha organizzato una riunione di coordinamento nel corso della quale, con il supporto dell'Ufficio Legislativo, si è concordato che l'abito giuridico più calzante a disposizione del Ministero per la tutela del tessuto dei villini, potesse essere l'avvio del procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico ex lettera c) dell'articolo 136 del Codice, come complesso di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, relativo agli ambiti urbani esterni alle Mura Aureliane, interessati dalla presenza dei villini edificati tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, partendo prioritariamente dalle zone di maggior interesse.
  Tuttavia tale procedimento risulta estremamente complesso in quanto comporta la perimetrazione di vaste aree omogenee, previa individuazione e censimento dei suddetti villini, nonché la costruzione del sistema di prescrizioni e regole d'uso che dovranno normare l'attività edilizia all'interno del perimetro individuato.
  La Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Roma è attualmente impegnata in tale complessa ricognizione e il Ministero sta intraprendendo ulteriori iniziative di coordinamento al fine di favorire tale attività tecnica.
  Non si può pertanto che auspicare un'ampia convergenza trasversale a salvaguardia di questi tessuti urbani, anche a livello regionale.
  Come noto anche all'onorevole interrogante, la Legge regionale n. 7 del 18 luglio 2017 «Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio» dà infatti la possibilità nell'ambito dei cosiddetti «interventi diretti», di un ampliamento della cubatura pari al 20 per cento, creando così, anche per il futuro, il presupposto per nuove ulteriori demolizioni anche in tessuti edilizi di pregio.

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ALLEGATO 5

5-00349 Gallo: Sulle cisterne per lo stoccaggio di idrocarburi nel porto di Torre Annunziata (NA).

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

  L'onorevole Gallo richiede a questo Ministero quali iniziative intende assumere al fine di impedire la prosecuzione delle opere di ampliamento ed adeguamento deposito costiero di liquidi infiammabili mediante realizzazione di nuovo serbatoi nella zona di Torre Annunziata.
  Come è ben noto, la competente Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Napoli, il 12 aprile del 2018, ha espresso parere negativo al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica per i lavori in variante al progetto di ampliamento e adeguamento del deposito costiero liquidi infiammabili presso il porto di Torre Annunziata-Molo di Levante, trattandosi di un'area molto sensibile sotto i profili della tutela paesaggistica.
  Il parere negativo della Soprintendenza appare fondato, in quanto, come correttamente evidenziato nel provvedimento, per il vigente Piano Territoriale Paesistico (P.T.P.) l'intervento proposto in variante ricade in zona P.I. di piano (protezione integrale), risultando in contrasto con l'articolo 11 del PTP che vieta qualsiasi intervento che comporti incremento dei volumi esistenti (ampliamento); per la parte ricadente in zona A.P. (aree portuali), inoltre, la variante non risulta conforme al disposto dell'articolo 19 che, ai fini del parere paesaggistico, impone la cogenza di un «obbligatorio strumento di pianificazione ed attuazione della pianificazione delle aree portuali» che dovrà valutare la compatibilità delle attività e dei manufatti con le caratteristiche dei siti (ambientali, paesistiche, storiche, archeologiche) e con la natura e vocazione dei singoli approdi (commerciali, industriali, pescherecci, turistici, ecc....).
  Prima dell'emanazione del suddetto parere contrario, la Soprintendenza ha dato preavviso di diniego alla Soc. ISECOLD e al Comune di Torre Annunziata, come previsto per legge.
  Le successive osservazioni e controdeduzioni presentate dalla Soc. ISECOLD, non sono state ritenute raccoglibili dalla Soprintendenza che ha, pertanto, proceduto alla notifica del diniego al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica.
  Considerato che la Regione Campania non ha ancora redatto un nuovo Piano Paesaggistico a norma del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma sono tuttora vigenti i vecchi Piani Paesistici ex lege n. 431 del 1985, l'atto di diniego emanato dalla Soprintendenza si sostanzia come parere preventivo vincolante e obbligatorio che, di fatto, inibisce il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica e, in conseguenza, il rilascio, da parte dell'amministrazione comunale, del titolo a costruire.
  Pertanto, alla luce di quanto sopra evidenziato, risulta che, attraverso l'attività istruttoria espletata e le necessarie conseguenti verifiche, la Soprintendenza abbia adottato, attraverso l'atto di diniego, ogni necessaria tutela per impedire la prosecuzione dei lavori di ampliamento delle cisterne in parola.
  Permettetemi inoltre di cogliere il riferimento che l'onorevole interrogante fa a proposito del Grande progetto Pompei per rammentare che l'area in parola è in effetti ricompresa nel Piano strategico per lo sviluppo delle aree comprese nel piano Pag. 78di gestione del sito UNESCO «Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata» redatto dall'Unità Grande Pompei ed adottato in sede di Comitato di Gestione del 20 marzo 2018 a Roma. L'area in questione, potrebbe essere presa in considerazione per futuri interventi sul waterfront dell'area torrese.
   Vi riporto alcuni estratti delle descrizioni di due interventi strategici attinenti la tematica.

Riqualificazione ambientale-paesaggistica ed opere di difesa della fascia costiera e rigenerazione urbana-ambientale del waterfront (par. 7.4.26).

  «... La fascia costiera rappresenta un elemento rilevante per il futuro di tutti i comuni della buffer zone, quindi non solo per quelli costieri, anche se la fascia litoranea appare in gran parte degradata a causa di una serie di elementi “antropici” (edilizia residenziale o insediamenti industriali ed infrastrutturali, etc.) che hanno profondamente alterato la naturalità dei luoghi, peraltro molto sensibili dal punto di vista ambientale ...
  ... In tale area sono presenti porti e approdi di grande rilievo storico ed economico – quali il porto del Granatello a Portici, l'approdo della Real Favorita in Ercolano, i porti di Torre del Greco, di Torre Annunziata, di Castellammare di Stabia ed il porto turistico di Marina di Stabia – le cui caratteristiche funzionali sono state descritte nella parte di analisi territoriale.
  Il Piano di gestione del Sito UNESCO, tra gli itinerari culturali ritenuti prioritari, prevede un percorso nella direzione “da nord a sud” denominato “Talassa”, che propone appunto “lo sviluppo degli approdi turistici già esistenti al fine di favorire l'accesso all'area vesuviana dalla via del mare”.
  ... La riscoperta del rapporto città-mare passa, infatti, attraverso la difesa della costa, la riqualificazione degli arenili e lo sviluppo, in chiave turistica, dell'attività portuale. Queste attività devono, inoltre, essere strettamente connesse al tessuto urbano retrostante e contribuire allo sviluppo delle potenzialità naturalistiche ed ambientali dei luoghi al fine della rivisitazione del disegno del waterfront.
  La fascia costiera, intesa come parte del tessuto urbano esistente, dovrà essere considerata come parte integrante della città e offrire un contributo alla vitalità urbana. Gli interventi da individuare dovranno mirare principalmente a valorizzare i porti esistenti, attraverso la riorganizzazione di attracchi e servizi a sostegno della diportistica e della cantieristica locale, e potenziare i moli e le banchine per i collegamenti marittimi e per l'attività peschereccia».

Riqualificazione della Fascia di costo dal porto di Torre Annunziata a Foce Sarno, realizzazione Asse litoraneo e Parco Urbano Costiero, Asse Pompei-Petra Herculis ed Asse di interconnessione con la rete autostradale (par. 7.4.24).

  «Su iniziativa dell'Amministrazione comunale di Torre Annunziata, il Piano intende intervenire su un'area fortemente degradata ma ritenuta di alto potenziale per diversi aspetti. In primo luogo tale ambito può essere collegato all'area archeologica di Pompei e rappresentare un naturale sbocco della stessa città verso il mare, inoltre esso è situato in prossimità di una grande area industriale, in parte dismessa, e pertanto la sua riqualificazione si pone come punto di partenza per una più ampia rifunzionalizzazione in chiave turistica del contesto.
  L'obiettivo è quindi di recuperare il rapporto città-mare, indispensabile ai fini della riappropriazione del “bene costa” da parte della popolazione e di innescare un processo di sviluppo, economico e sociale.
  Risulta evidente che il recupero di quest'area è strettamente connesso al completamento delle opere di bonifica del Fiume Sarno lungo il corso del fiume stesso.
  Il Parco Urbano Costiero viene inteso quindi come un'entità aperta al territorio circostante e verso l'interno, in maniera trasversale alla costa, proponendo una Pag. 79connessione con gli scavi di Pompei e con i grandi contenitori per lo più dismessi da riusare e ridisegnare per nuove opportunità imprenditoriali, anche alla luce del possibile raccordo con la bretella di collegamento all'autostrada A3.»

  In particolare il secondo intervento riguarda un'area costiera immediatamente attigua al porto di Torre Annunziata a sud dello stesso.
  Concludo rassicurando l'On.le interrogante in merito al fatto che l'azione del Ministero sul territorio proseguirà attraverso l'istituzionale attività di vigilanza, controllo e valorizzazione, attraverso l'operato della Soprintendenza e degli altri Uffici presenti sul territorio stesso.