CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 settembre 2018
60.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-00474 Lapia: Sul finanziamento delle politiche sociali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Preliminarmente ritengo necessario illustrare una breve sintesi della tipologia dei Fondi deputati alle politiche sociali e alle risorse finanziarie ad essi attribuite.
  Il Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS) è dotato nel 2018 di circa 276 milioni di euro, nel 2019 e nel 2020 di circa 281 milioni di euro.
  Se da un lato si tratta di un ammontare indubbiamente non adeguato rispetto al fabbisogno, va evidenziato che, rispetto al quinquennio 2008/2012 nel corso del quale vi è stata una continua riduzione delle dotazioni finanziarie fin quasi ad un azzeramento (nella quota destinata alle regioni si è passati dai 956 milioni di euro del 2007 ai circa 11 milioni di euro nel 2012), a partire dal 2013 detto Fondo è stato rifinanziato con una dotazione di circa 300 milioni di euro, dotazione divenuta strutturale a partire dal 2015.
  Per le finalità originariamente previste in capo al Fondo nazionale politiche sociali, vi sono anche altri Fondi tramite i quali vengono ripartite le risorse finanziarie alle Regioni. Si tratta, più in particolare, del Fondo per le non autosufficienze, del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale nella sua quota servizi (dal 2018) e del Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare (cd. «Dopo di noi» dal 2016).
  Quanto al Fondo per le non autosufficienze, è in corso l'iter del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro delegato per la famiglia e le disabilità e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro della salute e il Ministro dell'economia e delle finanze con il quale sono state assegnate a tale Fondo 462,2 milioni di euro di cui 447 milioni di euro sono da ripartire per l'anno 2018, alle Regioni.
  Quanto al Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare che, a seguito della conversione del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 97 è rimasto nella gestione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ma il riparto avviene con decreto congiunto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per la famiglia e la disabilità, segnalo che il decreto di riparto alle regioni delle risorse per il 2018 ammonta a 51 milioni di euro ed è stata già acquisita l'Intesa in sede di Conferenza Unificata.
  Complessivamente, nel 2018 saranno ripartite alle Regioni risorse per oltre un miliardo di euro destinate a crescere, a legislazione vigente, fino a 1,244 miliardi di euro nel 2020.
  Risulta quindi evidente da quanto sopra esposto che rientra nelle priorità di questo Governo la tutela delle persone particolarmente vulnerabili.

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ALLEGATO 2

5-00475 De Filippo: Adozione di concrete iniziative del Governo in materia di politiche sociali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ringrazio l'On. De Filippo che con questa interrogazione mi consente di illustrare la centralità che le politiche sociali hanno nell'agenda di questo Governo.
  Il Reddito di cittadinanza è una delle priorità di questo Governo e la sua istituzione è prevista proprio dal contratto che è stato stipulato tra le due forze politiche di maggioranza.
  Il Reddito di cittadinanza, da intendere come misura di politica attiva del lavoro, e non già di mero assistenzialismo così come impropriamente sostenuto dai detrattori, sarà una delle tante misure protagoniste della prossima legge di bilancio.
  Con l'istituzione del Reddito di cittadinanza l'Italia recupererà il «gap» che la separa dalle altre democrazie europee, dove da tempo sono state introdotte delle forme di reddito minimo garantito con l'obiettivo di assicurare condizioni di vita dignitose alle persone in cerca di occupazione.
  Il Reddito di cittadinanza prevede una platea di beneficiari molto più ampia rispetto a quella prevista dal Rei che, erogando prestazioni appena sufficienti a garantire la sopravvivenza non può essere considerato una soluzione al problema della povertà.
  Il reddito di cittadinanza servirà a togliere le persone dallo stato di povertà e al contempo formerà i cittadini disoccupati per avviarli al mondo del lavoro.
  Un ulteriore aspetto sociale che il Governo ha preso immediatamente in considerazione è quello del precariato. La realtà quotidiana testimonia che i ragazzi di oggi sono il simbolo di una generazione per lo più abbandonata a se stessa, soprattutto senza tutele e con limitati diritti. Questo genera ansia sulle loro prospettive future di vita e di lavoro.
  E per questo motivo che il Governo ha elaborato e fatto approvare dal Parlamento il «Decreto Dignità», grazie al quale è stato disincentivato il ricorso ai contratti a tempo determinato attraverso l'introduzione di specifiche restrizioni in caso di rinnovo del contratto e la riduzione del numero delle proroghe riferite allo stesso contratto.
  Appare chiaro che una misura rivolta a contrastare un uso intensivo del contratto a tempo determinato, maggiormente diffuso tra i giovani, non può che essere intesa come un intervento che si concentra sulla fascia giovanile.
  Il Governo ha al centro della propria agenda la riduzione del precariato e l'aumentato delle tutele di quella categoria di lavoratori che è maggiormente esposta a questa condizione, ovvero quella dei giovani. È in questa prospettiva che abbiamo rilanciato gli sgravi contributivi per favorire l'occupazione dei giovani under 35.
  Lo sforzo di contrastare il fenomeno del precariato ha una valenza non soltanto economica, ma soprattutto sociale. Infatti siamo tutti consapevoli del fatto che un giovane con un lavoro precario non potrà mai progettare un futuro. La mancanza di prospettiva di crescita dell'individuo costituisce un blocco anche per l'evoluzione della nostra società, basata sul suo nucleo fondante, che è la famiglia. Con un lavoro precario non si può costruire neppure una famiglia e la società non cresce.
  L'attenzione del Governo rimane, dunque, alta anche sul versante del rilancio Pag. 120demografico della società italiana e, sebbene con il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, gli asili nido siano stati qualificati come servizi educativi, con consequenziale migrazione della competenza dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, posso in questa sede annunciare, che è in fase di approfondimento un sistema integrato di proposte normative volte a introdurre misure strutturali di sostegno alla natalità, ivi compreso il potenziamento dell'offerta dei servizi socio-educativi per la prima infanzia.
  Il Terzo settore costituisce un profilo di specifica attenzione nello sviluppo dell'azione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sia nell'aspetto regolativo, che in quello amministrativo.
  Tengo a precisare che il decreto legislativo correttivo del Codice del Terzo settore è stato, in realtà, puntualmente approvato dal Consiglio dei ministri con il decreto legislativo n. 105 del 3 agosto 2018, entrato in vigore l'11 settembre 2018.
  Tale impianto normativo ha generato un modello di regolazione promozionale del Terzo settore, finalizzato a porre le condizioni giuridiche ed amministrative affinché il Terzo settore possa autonomamente svilupparsi nella direzione di una maggiore autorganizzazione e di una maggiore capacità operativa.
  In tale prospettiva, pertanto, gli Enti del Terzo settore dispongono oggi di una disciplina unitaria ed organica, che valorizza il ruolo ad essi riconosciuto dal principio di sussidiarietà orizzontale, di soggetti chiamati a perseguire l'interesse generale e, in quanto tali, meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento giuridico.
  Il Ministero del lavoro garantirà il sostegno alle attività di interesse generale poste in essere dagli enti del Terzo settore, attraverso la messa a disposizione delle risorse finanziarie previste dal Codice, (pari ad euro 61.960.000,00 annui), secondo un approccio metodologico multidisciplinare, orientato ad un'implementazione sinergica ed integrata delle attività di interesse generale.
  In quest'ottica, la destinazione delle risorse finanziarie attuerà il principio di sussidiarietà non solo nella sua declinazione orizzontale, ma anche in quella verticale, attraverso la leale collaborazione con le Regioni e Province autonome, affinché siano da queste promossi interventi atti a soddisfare i bisogni dei singoli territori.

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ALLEGATO 3

5-00157 Novelli: Sulla certificazione dell'inidoneità alla guida dei veicoli a motore per epilessia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come noto agli onorevoli interroganti, i requisiti di idoneità psicofisica alla guida per i pazienti affetti da alcune categorie di patologie, tra le quali l'epilessia, sono stati modificati di recente con la direttiva 2009/113/CE.
  Tale direttiva è stata recepita, in data 30.11.2010, con decreto del Ministero dei trasporti — che rappresenta, come noto, l'amministrazione capofila in questa materia.
  È bene precisare che nella direttiva si legge – testualmente – che: «I soggetti, affetti da epilessia non soddisfano i criteri per una patente di guida senza restrizioni. Una notifica deve essere trasmessa all'autorità che rilascia la patente». Quindi nel testo della direttiva non è stabilito in capo a chi sia l'obbligatorietà della notifica.
  All'atto del recepimento di tale direttiva, a fronte della genericità della citata disposizione, si è dunque posto il problema dell'individuazione delle modalità della notifica obbligatoria: in molti Paesi, Italia compresa, tale problematica è stata affrontata sia dal punto di vista deontologico/medico legale sia dal punto di vista della sanità pubblica, focalizzandosi sulla difficile conciliazione tra il diritto alla mobilità dell'individuo con la tutela della salute pubblica.
  Ebbene, la posizione prevalente in Europa, sposata anche dal nostro Paese, ha inteso privilegiare il principio della «physician immunity», secondo il quale il medico dovrebbe sempre essere esentato dalla notifica per non compromettere il rapporto fiduciario medico-paziente.
  Non vi è dubbio che tale principio, per consentire una piena effettività della nuova disciplina, necessita di essere compensato da un altro valore, peraltro già molto affermato in Europa e ben richiamato nella direttiva: mi riferisco al principio della «responsabilizzazione del paziente», secondo il quale la notifica obbligatoria costituisce innanzitutto un onere (in linguaggio scientifico: un self report) del paziente stesso.
  In ogni caso, nel calare nel nostro ordinamento le disposizioni della citata direttiva europea, la scelta italiana è stata quella di introdurre un vero e proprio obbligo di segnalazione, ma solo a carico degli Enti o Amministrazioni che per motivi istituzionali di ordine amministrativo previdenziale, assistenziale o assicurativo abbiano accertato l'esistenza di tale condizione (ad esempio: per esenzione dalla spesa sanitaria, riconoscimento di invalidità civile, accertamenti dei servizi medico legali, ecc.).
  Solo su tali enti ed ai soli fini delle limitazioni al rilascio o della revisione di validità della patente di guida, ricade, dunque, l'onere di segnalare all'Ufficio della Motorizzazione civile i casi di soggetti affetti da epilessia.
  Alla luce di ciò, andando allo specifico quesito posto dagli onorevoli interroganti, può comprendersi come non risulti sorretto dalle attuali disposizioni normative una eventuale pretesa del Ministero della salute ad acquisire dall'ufficio della Motorizzazione civile i dati relativi alle «segnalazioni obbligatorie» di cui alla lettera D.7.1 dell'Allegato III del decreto legislativo.
  Ciò peraltro non deve sorprendere, poiché, a fronte di una non significativa Pag. 122utilità del possesso di questi dati per finalità di sanità pubblica, si deve considerare la delicatezza della tipologia degli stessi, anche e soprattutto alla luce del nuovo regolamento europeo sulla privacy.
  Si deve ricordare, infatti, che i procedimenti amministrativi nei quali gli Enti e le Amministrazioni pubbliche possono incorrere in informazioni relative allo stato di salute dei cittadini, sono corredati da rigorose disposizioni in termini di privacy, secondo le quali — in estrema sintesi — tali informazioni possono essere trattate solo per le finalità individuate dalla legge.
  In relazione all'ulteriore quesito finalizzato a valutare una eventuale modifica normativa del decreto legislativo n. 59 del 18 aprile 2011, si fa presente che il Ministero della salute intende auspicare una piena valorizzazione del principio della responsabilizzazione del paziente, in modo tale che anche nel nostro Paese, nell'ottica di un accresciuto senso civico collettivo, ogni paziente consideri normale riportare in prima persona alla Motorizzazione Civile la mancanza o la perdita dei requisiti di idoneità psicofisica alla guida.
  In ogni caso desidero dare assicurazione agli onorevoli interroganti che il Ministero della salute, a distanza di otto anni dall'entrata in vigore del decreto, anche in virtù della sua portata innovativa, effettua un costante monitoraggio per il tramite delle associazioni scientifiche e delle associazioni di categoria, del reale impatto che la direttiva ha avuto sulla qualità della vita dei pazienti e in questo percorso, assolutamente aperto a suggerimenti, istanze ed osservazioni che possano migliorare lo strumento normativo ad oggi in vigore, il Ministero ritiene di grande importanza proprio il contributo che potrà arrivare anche dalle Associazioni dei pazienti.

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ALLEGATO 4

Indagine conoscitiva sull'attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38, in materia di accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, con particolare riferimento all'ambito pediatrico.

PROGRAMMA

  Premessa

  A livello legislativo, in Italia sono stati fatti notevoli progressi nell'ambito del dolore pediatrico. La terapia del dolore e le cure palliative pediatriche sono definite come diritto alla salute del bambino dalla legge n. 38 del 2010, fortemente innovativa, che per la prima volta tutela e garantisce l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, al fine di assicurare alla persona malata e alla sua famiglia il rispetto della dignità e dell'autonomia, un'adeguata risposta al bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza alle specifiche esigenze individuali, nonché un adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale. La predetta legge definisce le cure palliative come l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici.
  Con questa legge si traccia una via precisa per umanizzare la cura e si danno indicazioni organizzative volte a dare forma e sostanza al percorso assistenziale delle cure palliative e della terapia del dolore sia per gli adulti che per l'età pediatrica, su tutto il territorio nazionale, anche se con delle differenze nei modi di pianificarle, organizzarle e gestirle. Essa, in particolare, semplifica le procedure di accesso ai medicinali impiegati per il trattamento del dolore: i medici di famiglia possono prescrivere i farmaci oppiacei utilizzando il semplice ricettario del Servizio sanitario nazionale.
  La realtà quotidiana conferma che anche i minori possono avere una malattia inguaribile e che, indipendentemente dall'età, essi sperimentano tutte le problematiche cliniche, psicologiche, etiche e spirituali che una malattia inguaribile e la morte comportano. Le cure palliative rappresentano in questo ambito la risposta più adeguata.
  L'OMS definisce le cure palliative pediatriche come l'attiva presa in carico globale del corpo, della mente e dello spirito del bambino, includendo anche il supporto attivo alla famiglia (Cancer Pain Relief and Palliative Care in Children, WHO-IASP, 1998). Il minore con patologia cronica severa senza possibilità di guarigione e/o con disabilità rilevante e/o terminale è un paziente elettivo per le cure palliative: l'adeguato controllo dei sintomi, il ritorno a casa e il reinserimento nella sua famiglia e nella sua socialità, rappresentano per il minore e per la famiglia un traguardo particolarmente positivo e costantemente richiesto. Il progresso medico e tecnologico ha permesso una sopravvivenza a neonati, bambini e adolescenti portatori di malattie altrimenti letali, senza tuttavia consentirne sempre la guarigione. Nuove tecnologie e il miglioramento generale dell'assistenza hanno portato ad allungare progressivamente la sopravvivenza in malattia. Ciò, congiuntamente con l'aumento del numero di nuovi bambini malati sopravviventi, ha portato alla crescita della prevalenza di minori Pag. 124bisognosi di cure palliative, anche per un lungo periodo di tempo, e attraverso diverse fasi della vita. Per questa specifica fascia di popolazione i tempi di impiego delle cure palliative possono essere notevolmente diversi: in alcuni casi essere limitate ai primi anni di vita (malattie congenite); in altri, prolungate per periodi decisamente maggiori (fibrosi cistica polmonare, cardiopatie, malattie autoimmuni); in altri casi ancora, concentrate in un breve periodo che precede la morte. In età pediatrica, quindi, non esiste una chiara distinzione fra intervento curativo per migliorare la qualità della vita e prolungarne la durata, e intervento puramente «palliativo». Entrambi gli approcci coesistono e prevalgono, a seconda delle diverse fasi e situazioni.
  Oggi si è in grado di curare e guarire bambini affetti da patologie gravi e croniche; esistono però alcuni casi in cui guarire è improbabile o addirittura impossibile. In queste situazioni, l'approccio palliativo diventa la cura migliore; tiene conto, infatti, di tutti i bisogni dei piccoli malati, offrendo sia una risposta specialistica sia una disponibilità di intervento, il più vicino possibile al luogo ove il bambino vive. Per l'età pediatrica, le cure domiciliari rappresentano l'obiettivo principale da raggiungere, anche se in alcuni casi sono necessari brevi periodi di ricovero in ospedale. Esiste inoltre la possibilità, per le famiglie che non riescono o non possono vivere questa fase della vita nella propria abitazione, di essere accolti in strutture sanitarie molto simili a una casa. Tutte le diverse modalità di assistenza si integrano e si modulano nei diversi momenti della malattia, a seconda delle necessità. A volte, l'inguaribilità pone molti limiti alla possibilità concreta per il bambino di fare quello che normalmente fanno i coetanei, ma non deve limitare o modificare il naturale percorso di crescita e sviluppo psicologico, relazionale, emozionale e sociale che l'età pediatrica e adolescenziale comporta, anche nella fase terminale della vita. Un bambino malato può provare dolore ed è più vulnerabile, soprattutto se ricoverato in ospedale, lontano dal suo ambiente, dagli amici e dalla famiglia. Tutte le cause di dolore e sofferenza per il bambino devono essere considerate e affrontate: il dolore provocato dalla malattia, dai trattamenti necessari per curarla, dagli esami di controllo, ma anche il dolore causato da un incidente o da un'operazione. È importante ascoltare il bambino e credergli quando dice di sentire male. Si può e si deve sempre fare qualcosa per aiutarlo. Ci sono tanti modi per alleviare il dolore, a volte una sola tecnica non basta, e bisogna usarne diverse. Oltre ai farmaci, il personale sanitario può utilizzare, insieme ai genitori, metodi di distrazione e tecniche di rilassamento e respirazione. Quando si ha meno paura si ha meno dolore. È importante spiegare al bambino cosa sta succedendo e favorire in ogni modo la sua partecipazione alla terapia. I genitori conoscono il bambino e il suo modo di esprimere la sofferenza e aiutano i medici a interpretarne i diversi segnali di disagio.
  Tuttavia, nonostante ci siano gli strumenti per affrontare il problema e dare risposte adeguate, sono molte le conferme, su tutto il territorio nazionale, del fatto che tuttora la gestione del dolore pediatrico è lontana dalle reali possibilità e che perdura una situazione di limitata attenzione al problema.

  Finalità dell'indagine conoscitiva e programma delle audizioni

  La XII Commissione della Camera ritiene, pertanto, necessario avviare una indagine conoscitiva che, tramite una serie articolata di audizioni dei soggetti maggiormente qualificati, consenta di acquisire tutte le informazioni volte a verificare l'attuazione data, sul territorio nazionale, alla normativa recata dalla legge n. 38 del 2010, con particolare riferimento all'ambito pediatrico. Si tratta, in particolare, di acquisire elementi e informazioni al fine di:
   verificare l'effettivo accesso alla terapia sul dolore e alla sedazione, per evitare che siano sempre ignorate e poste all'ultimo livello degli interventi terapeutici;Pag. 125
   accertare la congruità degli strumenti relativi alla misurazione del dolore, specialmente in pediatria;
   indicare come potrebbe essere colmata la carenza di protocolli in materia di terapia del dolore;
   verificare l'uso degli oppioidi nella terapia del dolore;
   individuare gli strumenti per fare fronte a una carenza culturale in relazione al diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore, sempre con particolare riferimento all'ambito pediatrico.

  L'acquisizione degli elementi necessari allo svolgimento dell'indagine si dovrebbe effettuare attraverso le audizioni dei seguenti soggetti:
   Ministro della salute;
   Istituto superiore di sanità (ISS);
   Consiglio superiore di sanità (CSS);
   Federazione italiana medici di famiglia (FIMMG);
   Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO);
   Federazione italiana medici pediatri (FIMP);
   Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva (SIAARTI);
   Società italiana di pediatria (SIP);
   Associazione culturale pediatri (ACP);
   Società italiana di cure palliative (SICP);
   Associazione europea di cure palliative (EAPC);
   Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi (CNOP);
   Associazioni di rappresentanti dei pazienti.

  Durata dell'indagine conoscitiva

  L'indagine dovrebbe concludersi entro il 15 novembre 2018.