CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 settembre 2018
60.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Difesa (IV)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-00463 Ermellino: Sui contratti dei lavoratori addetti ai servizi di manovalanza occasionale e urgente a favore della Difesa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La questione sollevata con l'interrogazione oggi in discussione viene seguita con particolare e costante attenzione, alla luce dell'importanza che le attività di manovalanza occasionale e urgente, connessa e non ai trasporti su tutto il territorio nazionale a favore delle Forze armate e del Segretariato Generale della Difesa, rivestono per il buon funzionamento dello strumento militare.
  Premesso quanto sopra, nel merito dei quesiti posti, è il caso di sottolineare, in questa sede, che l'amministrazione militare è tenuta a corrispondere alle ditte quanto previsto nei singoli contratti per la fornitura dei servizi in questione, rispettando in altri termini le clausole contrattuali, anche in termini di costo, stipulati a seguito di procedure concorsuali pubbliche e che le retribuzioni del personale impiegato in tale settore lavorativo privato sono garantite da contratti collettivi nazionali stipulati, nella maggior parte dei casi, dalle stesse organizzazioni sindacali partecipanti all'attività contrattuale per il pubblico impiego.
  Peraltro, la Difesa si è fatta parte attiva riguardo al tema del rinnovo del contratto fra le parti sociali e la Federazione Imprese di Servizi (FISE) interessando il Ministero del lavoro, pur avendo già rappresentato ai sindacati di non avere competenza in materia trattandosi, appunto, di accordo fra le parti.
  La Direzione Generale di Commissariato e di Servizi Generali ha espressamente previsto nel disciplinare (paragrafo 3) relativo alla gara di manovalanza per esigenze dell'anno 2019 che «sarà applicato il CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro) per il personale dipendente da imprese esercenti in appalto per conto dell'Amministrazione della Difesa, stipulato presso il Ministero del lavoro e della politiche sociali 20 gennaio 2001 e successive modificazioni», al fine di assicurare obbligo di adeguamento ad ogni aggiornamento del CCNL di riferimento.
  A tutela dei lavoratori, negli stipulandi contratti discendenti dalla predetta gara sarà previsto che «l'ammontare della paga oraria FISE dovrà essere documentata dalla Ditta in sede di fatturazione delle prestazioni, allegando specifica certificazione, vistata dal competente Ispettorato o Ufficio provinciale del Lavoro».
  Con riferimento, invece, alle clausole sociali, come correttamente evidenziato dagli interroganti, esse costituiscono ormai un obbligo per le stazioni appaltanti da inserire nei bandi e nelle lettere di invito, con la finalità di promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato.
  A tal riguardo, è utile sottolineare che, ove possibile, da parte delle stazioni appaltanti della Difesa sarà accolta una nozione più ampia di clausola sociale, rispetto alla mera tutela occupazionale, valorizzando negli atti di gara aspetti che afferiscono alla protezione sociale, al lavoro e all'ambiente.
  In conclusione, desidero assicurare i proponenti dell'atto in discussione sul fatto che la salvaguardia dei livelli occupazionali costituisce un obiettivo strategico del Governo. Pag. 58
  In tale problematico contesto e per gli aspetti di più diretta competenza del Dicastero, l'amministrazione militare opererà in un'ottica di collaborazione con le parti interessate (imprese e sindacati), con l'obiettivo della stabilità occupazionale e della salvaguardia e della tutela dei diritti dei lavoratori privati nel peculiare settore dei servizi di manovalanza.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-00464 Deidda: Sulla chiusura della Caserma dei Carabinieri nel comune di Seui.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'Arma dei Carabinieri considera fondamentale disporre di un dispositivo territoriale efficiente e adeguato per l'assolvimento dei propri compiti istituzionali, tra cui quello della tutela della sicurezza dei cittadini e del territorio.
  La distribuzione dei presìdi sul territorio tiene conto di parametri riferiti alla popolazione, alla delittuosità, agli aspetti di carattere infrastrutturale/logistico, alla mobilità e alla razionalizzazione della spesa, in piena sintonia con le altre Forze di Polizia e d'intesa con gli orientamenti dei Prefetti.
  In tale ottica, lo scorso 9 agosto la Stazione Carabinieri di Seui è stata provvisoriamente trasferita presso la confinante Stazione di Sadali e, contestualmente, ne è stato disposto il cambio di dipendenza dalla Compagnia Carabinieri di Jerzu a quella di Isili.
  Nel merito, il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha comunicato che questa manovra ordinativa, già partecipata al prefetto di Nuoro e al sindaco di Seui, nonché ai competenti uffici del Dicastero dell'interno:
   non creerà alcun disservizio, considerato che la Stazione Carabinieri di Sadali dista 10 chilometri da quella di Seui e negli ultimi anni, in quel centro, non si sono registrati episodi criminosi di particolare risonanza pubblica;
   si è resa necessaria, in quanto lo stabile di proprietà privata presso il quale, dal 1967, era accasermato il Reparto in questione è caratterizzato da uno stato infrastrutturale non migliorabile con normali opere di ordinaria manutenzione, delle quali il locatore non intende farsi carico.

  Al riguardo, il sindaco del comune di Seui si è dichiarato disponibile a realizzare, su un terreno di proprietà comunale di 4.854 metri quadrati, ubicato nella zona centrale del paese, uno stabile da adibire a nuova caserma dell'Arma e di cederlo al Ministero dell'interno a titolo gratuito.
  Nella circostanza, ha fatto presente che a breve riunirà il Consiglio Comunale per deliberare in tal senso e che richiederà agli organi competenti un finanziamento ad hoc per la costruzione della nuova caserma, tenuto conto che l'amministrazione comunale non dispone di risorse finanziare da destinare a tali opere.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-00465 Pagani: Sulla mancata partecipazione all'intesa denominata «European Intervention Initiative».

TESTO DELLA RISPOSTA

  Innanzitutto il mio «grazie» agli interroganti per aver dato al Dicastero che rappresento l'opportunità di esporre anche in questa sede, dopo averlo fatto nelle Aule di Camera e Senato lo scorso luglio, la posizione del Governo sull'iniziativa in questione. Sono infatti convinto che un tema così attuale e rilevante – sia pure noto a tutti voi nella gran parte dei suoi aspetti – non possa prescindere da un sereno dibattito anche nelle sedi naturali a ciò deputate, le Commissioni parlamentari di riferimento.
  L'Iniziativa d'intervento Europeo – per citarla in italiano – è stata promossa dalla Francia con l'obiettivo di sviluppare, attraverso la condivisione di informazioni, una cultura strategica comune ai Paesi che vi aderiscono, al fine di facilitare, se necessario, la rapida attivazione di operazioni per la salvaguardia di interessi strategici condivisi, in maniera svincolata dalle dinamiche decisionali dell'Unione Europea e della NATO.
  Nello specifico, l'iniziativa mira a sviluppare i legami tra le Forze Armate di alcune nazioni europee selezionate in base ai criteri della disponibilità di capacità militari e della volontà politica di agire, coinvolgendole in settori chiave quali la situational awareness, l'analisi degli scenari, il supporto operativo e lo sviluppo della dottrina e delle lezioni apprese. Il progetto, quindi, non promuove la costituzione di una Forza, né tende a formare le cosiddette «Forze armate dell'UE», né comandi, né assetti per interventi militari.
  Quest'iniziativa, dopo un periodo di negoziazione seguito dal precedente Governo, è stata ufficializzata con una Lettera d'intenti che i Ministri della difesa di Francia, Germania, Belgio, Regno Unito, Danimarca, Olanda, Estonia, Spagna e Portogallo hanno firmato lo scorso 25 giugno in Lussemburgo.
  Il progetto è ancora nella sua fase embrionale e molto è ancora da definire; ciò nonostante, ne stiamo monitorando attentamente, e da tempo, gli sviluppi, che sono oggi lieto di poter condividere con voi, in questa sede.
  Onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto sgombrare il campo da equivoci: noi non abbiamo detto «no», sic et simpliciter, all'adesione a questa Iniziativa, di cui condividiamo senz'altro la finalità principale, ossia quella di creare una comune cultura strategica europea.
  Non siamo infatti contrari, in linea di principio, ad una proposta che sia inclusiva e che non impatti sugli importanti progetti comuni già consolidati o in fase di avvio in ambito europeo nel settore della sicurezza e della difesa. Come Dicastero e come Paese fortemente impegnato per un'Europa unita, abbiamo sempre profuso ogni sforzo sia per evitare la frammentazione in un'Unione a due velocità, nella quale ad essere tutelati siano i soli interessi strategici di taluni Stati, sia per eliminare ogni possibile rischio di sovrapposizioni, duplicazioni e dispersioni di risorse.
  Per questo motivo, onorevoli colleghi, ci siamo sempre impegnati per la tanto agognata Difesa Europea, che vede finalmente una possibilità di concreta realizzazione grazie alla recente attivazione della Cooperazione Strutturata Permanente, la PeSCo – un successo importante e senza Pag. 61precedenti in ambito UE – il cui obiettivo è proprio lo sviluppo e l'impiego di capacità operative a livello comunitario, capacità che, peraltro, l'Italia sta contribuendo da protagonista a sviluppare con molteplici progetti già in itinere.
  Ebbene, noi riteniamo che, con la PeSCo, il contenuto della European Intervention Initiative non possa e non debba essere in distonia.
  Ora, le nostre perplessità riguardo all'adesione o meno all'Iniziativa in questione sono state eminentemente legate al suo contenuto iniziale, fortemente permeato dalla tematica dell'intervento.
  A seguito di un'azione di temperamento, la finalità e la missione dell'Iniziativa sono state rese maggiormente aderenti alla missione e alle finalità della PeSCo, che tutti abbiamo firmato; a rimanere immutato rispetto al pregresso è tuttavia il titolo della European Intervention Initiative, il cui riferimento all’Intervention, divenuto ovviamente fuorviante, ci ha indotto a cautela e a chiederne una modifica in senso più coerente con il documento.
  Permettetemi, infine, di rispondere in merito all'opportunità di cooperazione con il Regno Unito, che l'iniziativa in questione garantirebbe a differenza della PeSCo: al riguardo, mi preme rassicurarvi sul fatto che il Dicastero ha ben chiara l'importanza delle relazioni con Londra, tanto da aver firmato, il 16 luglio scorso a Farnborough, in Gran Bretagna, uno Statement of Intent per la collaborazione bilaterale nel settore della Difesa, documento che siamo stati – è il caso di sottolinearlo – il terzo Paese in assoluto a sottoscrivere.
  Onorevoli colleghi, concludo ribadendo, se ce ne fosse bisogno, che questo Governo non si oppone alle finalità perseguite dalla European Intervention Initiative, se orientate allo sviluppo di una cultura strategica integralmente europea e se a salvaguardia di interessi strategici realmente comuni. In questo senso, siamo attenti a coglierne ogni concreto sviluppo, sfruttando le occasioni di dialogo già programmate nel breve termine per valutare contenuti e orientamenti, al fine di maturare in tempi rapidi una decisione finale.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-00466 Tripodi: Sulle iniziative del Governo per favorire una conclusione positiva della vicenda dei due marò.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Vorrei, in primo luogo, premettere che la tematica oggetto dell'atto in discussione, nonché il quesito posto, non investono profili di stretta competenza del Dicastero e, pertanto, si riferisce anche a nome del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Il Ministro della difesa, sensibile a qualsiasi aspetto che coinvolge il proprio personale, lo scorso 10 settembre ha incontrato separatamente i nostri due marò, per esprimere loro «non solo la vicinanza di questo Governo, ma di tutto il Paese, perché in questi casi occorre che tutte le forze politiche e civili, indistintamente, si mostrino unite e compatte intorno ai nostri due fucilieri di Marina».
  È stato un incontro cordiale, a poco più di un mese di distanza dal 22 ottobre, giorno in cui si aprirà davanti ai giudici de L'Aja l'arbitrato per stabilire chi, tra Italia e India, dovrà giudicare i militari.
  Nello specifico, il Governo italiano ha, come noto, nominato un collegio della difesa composto da primari avvocati internazionali, esperti di Ministeri e dell'Avvocatura dello Stato. Le richieste italiane al Tribunale Arbitrale sono state elaborate sulla base del Diritto del Mare e del Diritto Internazionale e focalizzate sulla convinzione giuridica che spetti all'Italia l'esercizio della giurisdizione sull'incidente che ha coinvolto la nave Enrica Lexie, battente bandiera italiana e su cui si trovavano alcuni fucilieri della Marina, fra cui La torre e Girone, nell'esercizio di funzioni anti-pirateria, per conto dello Stato italiano.
  I dettagli della posizione italiana e delle richieste al Tribunale Arbitrale diventeranno noti, per evidenti motivi di riservatezza, nel corso delle prossime udienze.
  Il prossimo 22 ottobre, sino al 3 novembre, avranno luogo a L'Aja le udienze per decidere chi, fra Italia e India, abbia la giurisdizione a celebrare un successivo accertamento giudiziario sulle eventuali responsabilità per i fatti che hanno coinvolto la nave «Enrica Lexie» nell'incidente del 15 febbraio 2012.
  L'Agente del Governo ha presentato le memorie e contro-memorie italiane, predisposte dal Collegio della difesa, nel periodo 30 settembre 2016-9 marzo 2018. L'India ha fatto altrettanto e saranno pubbliche dal primo giorno delle udienze.
  L'articolato periodo preparatorio si è svolto secondo un calendario stabilito dal Tribunale Arbitrale in base alla prassi internazionale.
  Il Governo, tramite il Collegio della difesa, continua quindi ad essere fortemente impegnato ed estremamente determinato, nel promuovere e cercare di far valere le proprie tesi giuridiche nel corso delle prossime udienze, con l'obiettivo di ottenere il pieno riconoscimento della giurisdizione italiana.
  Il team diplomatico e legale della difesa italiana è ben consapevole dell'impianto probatorio indiano e ha già sottolineato con forza l'inaccettabilità delle posizioni dell'India. Il Tribunale internazionale, che valuta qualsiasi elemento di prova con imparzialità assoluta, è dunque stato opportunamente e pubblicamente informato di tali aspetti.
  La sentenza del Tribunale Arbitrale è prevista, in base alle Regole di Procedura stabilite dallo stesso Tribunale, entro sei mesi dalla chiusura delle udienze.