CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 18 settembre 2018
59.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-00448 Fornaro e Muroni: Sull'accesso alle sementi di grano Cappelli.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Premetto che il grano duro «Cappelli» è una varietà storica costituita prima della metà del Novecento che fu iscritta al Registro nazionale delle varietà di specie di piante agrarie con decreto del 3 maggio 1969.
  L'iscrizione era subordinata all'emanazione delle direttive comunitarie che stabiliscono i registri obbligatori necessari per la commercializzazione delle sementi e la varietà fu iscritta con procedura «d'ufficio», vista la sua ampia notorietà al momento dell'istituzione dei registri delle varietà, configurandosi come varietà di pubblico dominio.
  Per tale ragione, nel prospetto d'iscrizione non è stato riportato il costitutore ed è stato identificato l'attuale CREA-CI di Foggia, quale responsabile della conservazione in purezza, cioè quella figura cui spetta il compito di mantenere nel tempo la varietà senza che questa subisca modificazioni apprezzabili.
  Da tutto ciò consegue che ai materiali di propagazione della varietà non può essere associato alcun diritto del costitutore, quantomeno nella forma di privativa vegetale oggi conosciuta – sia essa nazionale che comunitaria – in quanto la privativa protegge la varietà e, per essere tutelata, uno dei requisiti è la novità, come stabilito dall'articolo 5 del regolamento comunitario n. 2100/94.
  In assenza di diritti di proprietà intellettuale, si può far riferimento solamente alle disposizioni che disciplinano la commercializzazione delle sementi (legge 25 novembre 1971 n. 1096 e decreto del Presidente della Repubblica 8 ottobre 1973 n. 1065).
  Questo Ministero, sin dal momento dell'iscrizione, ha indicato il CREA (già CRA) come unico soggetto responsabile del mantenimento della purezza genetica della varietà. In tale contesto il CREA ha anche il diritto di sviluppare licenze con terzi cui affidare la riproduzione del seme per la moltiplicazione, ai fini della successiva diffusione e commercializzazione e i ricavi derivati sono totalmente reinvestiti nell'attività di ricerca nel comparto di riferimento.
  Tali profili scongiurano pertanto il rischio paventato dagli interroganti, sia in termini di possibili conflitti di interesse, che di costituzione di situazioni di monopolio.
  Ad oggi, la licenza per la moltiplicazione ai fini della commercializzazione della varietà «Cappelli», per l'Italia, è stata concessa dal CREA alla Società Italiana Sementi (S.I.S.) per il periodo 23 dicembre 2016 – 22 dicembre 2031, previo avviso pubblico per l'acquisizione di manifestazioni d'interesse da parte di ditte sementiere.
  La S.I.S. ha dato avvio all'attività di moltiplicazione con la campagna del 2017, ricevendo dal CREA la quantità di seme prebase disponibile. La licenza concessa a S.I.S. limita l'esclusiva alla sola moltiplicazione del seme certificato per ottenere il seme di seconda riproduzione, di libera vendita.
  Con riferimento alla campagna di commercializzazione 2017, si evidenzia che l'organismo incaricato della certificazione ufficiale delle sementi (CREA-DC) ha approvato, Pag. 66complessivamente, 64 mila ettari destinati alla produzione di frumento duro.
  Di questi, 393 ettari afferiscono alla varietà «Cappelli», mentre, in termini di confronto, per la varietà «Simeto», sono stati approvati 3700 ettari.
  Va inoltre considerato che le varietà certificate nel corso dell'annata 2017 sono state oltre 180, di cui alcune classificate come varietà da conservazione, differentemente dalle specificità della varietà «Cappelli».
  In particolare – sulla singola semente e con riferimento alla campagna di semina 2017/2018 – dai dati forniti dal CREA, gli ettari destinati alla produzione poco meno di 5000 e quasi 500 gli agricoltori coinvolti, valori circa 5 volte superiori al precedente contratto di licenza, realizzandosi contestualmente un'offerta di prezzo d'acquisto del grano «Cappelli» di 60 e 80 euro al quintale, rispettivamente per il prodotto convenzionale e biologico, valori quasi doppi rispetto al passato.
  In ogni caso, per evitare qualsiasi problema sulla tematica, questo Ministero procedere quanto prima ad un confronto articolato con il CREA e i vari portatori d'interesse del comparto produttivo nell'ambito del Gruppo di lavoro per la protezione delle piante-sezione sementi, in cui sono presenti tutti gli attori della produzione agricola, ferma restando la necessità di tutelare e mantenere il seme in purezza.

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ALLEGATO 2

5-00449 Viviani: Sulla diffusione nel nostro Paese del riso di provenienza asiatica.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Ministro Centinaio, fin dal suo insediamento, a salvaguardia dei consumatori e dei settori produttivi, ha ritenuto prioritario potenziare i controlli per quanto attiene il settore risicolo e, in generale, delle granaglie provenienti da Paesi terzi.
  In linea con le direttive del Ministro, dallo scorso luglio, sui risi di importazione dei Paesi del Sud Est asiatico sono stati attivati su tutto il territorio nazionale, a livello centrale e periferico, una serie di controlli straordinari finalizzati alla verifica della qualità e della presenza di residui di principi attivi di prodotti fitosanitari non ammessi nell'Unione europea.
  È stata così avviata un'azione congiunta dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero, con le Capitanerie di Porto, l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la Guardia di Finanza esplicitata in una serie di attività investigative e di controllo nei punti di entrata nel territorio, quali porti, aeroporti, valichi di frontiera, sino ai silos e ai magazzini di insilamento dei risi.
  I controlli hanno riguardato in modo particolare i porti di Ravenna, Genova, Brindisi e Bari, quali principali siti di arrivo di vettori provenienti dal Sud Est asiatico con riso e granaglie varie.
  Nel dettaglio, nelle 140 verifiche eseguite presso 129 operatori, sono stati controllati 180 prodotti; 15 controlli sono stati eseguiti presso i punti di entrata (Porti di Ravenna, Genova Voltri e Brindisi), di cui 7 in attività congiunta (5 con l'Agenzia delle Dogane, 1 con le Capitanerie di Porto ed 1 con la Guardia di Finanza).
  In tale contesto sono stati prelevati 71 campioni (rappresentativi di oltre 1 milione e 50.000 Kg di riso), inviati al Laboratorio ICRF di Catania per le analisi specialistiche multi-residuali.
  Ad oggi, dei 44 campioni analizzati, 4 hanno ricevuto un esito analitico irregolare; un riso di varietà Basmati è risultato irregolare per presenza di principi attivi in quantità superiori alla soglia limite, mentre le altre irregolarità hanno riguardato rotture e grani danneggiati superiori ai limiti di legge. Per gli stock riscontrati fuori norma, sono previste sanzioni amministrative e il ritiro immediato dalla commercializzazione.
  Rilevo inoltre che, nell'ambito dei vasti controlli a tutela delle produzioni e dei prodotti Made in Italy, lo scorso luglio l'ICQRF ha effettuato il sequestro penale di oltre 3.800 Kg di riso integrale rosso «Ermes» rinvenuto presso una ditta del Vercellese. Il provvedimento cautelare si è reso necessario in quanto, a seguito di accertamenti sull'origine del riso importato, la partita di riso rosso in questione è risultata «cambogiana».
  Considerati i significativi risultati ottenuti in questi ultimi tempi, il Ministero intende proseguire ed implementare l'attività di controllo intrapresa.
  Rilevo infine che il Ministro sottoporrà la questione in esame all'attenzione della Commissione europea affinché anche Pag. 68gli altri Stati membri assicurino un adeguato livello di controllo sui risi di importazione, al pari di quanto avviene in Italia.
  L'intento è di evitare che risi di provenienza da Paesi terzi, di scarsa qualità o contenenti residui di sostanze pericolose per la salute umana, siano introdotti sul territorio dell'Unione a danno della qualità dei risi commercializzati sul mercato dell'UE e degli interessi dei produttori e dei consumatori europei.

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ALLEGATO 3

5-00450 Gadda: Sull'adozione del decreto ministeriale di attuazione della legge n. 141 del 2015 in materia di agricoltura sociale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Premetto che le tematiche attinenti all'agricoltura sociale rappresentano un aspetto particolarmente rilevante per il Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo.
  Riteniamo infatti che l'agricoltura sociale sia una fattiva risposta ai fabbisogni di welfare nelle aree rurali e costituisca un importante volano nei processi di coesione sociale ed economica, mediante azioni di integrazione delle categorie fragili della popolazione.
  La legge 18 agosto 2015, n. 141 recante «Disposizioni in materia di agricoltura sociale», prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, vengano definiti i requisiti minimi e le modalità relativi alle attività di cui al comma 1 della stessa legge, ovvero le attività dell'agricoltura sociale esercitate dagli imprenditori agricoli, in forma singola o associata e dalle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381.
  Il provvedimento in oggetto ha acquisito l'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in data 21 dicembre 2017.
  In data 15 gennaio 2018 lo schema di decreto è stato trasmesso al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati per l'acquisizione del parere che non è stato reso in tempo utile prima dello scioglimento delle Camere.
  Il 12 settembre 2018 lo schema di decreto è tornato nuovamente alle competenti Commissioni parlamentari per l'acquisizione del suddetto parere.
  Tuttavia, occorre evidenziare che, questa Amministrazione, in considerazione della notevole importanza riconosciuta alla materia ha invitato i componenti dell'Osservatorio a predisporre dei gruppi di lavoro al fine di procedere alla stesura di Linee guida che ulteriormente rafforzino il sistema dell'agricoltura sociale in chiave partecipativa e condivisa.
  In tal senso numerose sono le attività svolte (workshop, convegni, gruppi di lavoro tecnici).
  Infine, rassicuro l'interrogante che, non appena ottenuto l'assenso dai competenti uffici parlamentari, il Ministro procederà alla firma del decreto.

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ALLEGATO 4

5-00452 Parentela: Sull'obbligo per i produttori di modificare il riferimento al MIPAAF contenuto in etichetta con quello al MIPAAFT.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Ministero è a conoscenza delle problematiche emerse a seguito della richiesta di modifica della denominazione di questo Dicastero da Mipaaf in Mipaaft da riportarsi sulle etichette dei prodotti del settore agroalimentare, derivante dal decreto legislativo n. 86 del 2018 così come convertito con modificazioni dalla legge n. 97 del 9 agosto 2018.
  Preso atto di quanto prospettato dalle aziende circa le difficoltà legate alla modifica delle etichette per adeguarle al cambio di denominazione del Ministero e al fine di garantire una gradualità nell'applicazione di nuove normative che possano impattare sulle imprese stesse, abbiamo provveduto a comunicare, con nota del 10 settembre u.s. a tutti gli organismi coinvolti che è consentito l'utilizzo alternativo di entrambe le denominazioni per far riferimento al Ministero sia per esteso che nell'acronimo (quindi Mipaaf o Mipaaft).
  Tutto ciò premesso, considerata comunque la necessità del Ministero di fornire al cittadino una corretta informazione, procederemo a stabilire i tempi certi entro i quali adeguare la dicitura in etichetta.
  Si auspica che le informazioni di cui sopra siano in grado di rassicurare gli interroganti sul costante impegno di questa Amministrazione a tutela delle aziende italiane e dei prodotti di qualità certificata.

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ALLEGATO 5

5-00451 Nevi: Sulla revisione degli accordi euro-mediterranei al fine di salvaguardare le produzioni italiane di agrumi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Evidenzio che i termini degli accordi internazionali che riguardano i prodotti agricoli provenienti da Paesi come il Marocco e l'Egitto, non si applicano al settore fitosanitario dell'Unione.
  La materia fitosanitaria è infatti disciplinata a livello europeo da norme dedicate, in cui sono chiaramente identificate le misure fitosanitarie da applicare negli Stati membri, al fine di evitare l'introduzione e la diffusione nel territorio comunitario di organismi nocivi ai vegetali e ai prodotti vegetali.
  Attualmente, la norma di riferimento per il settore fitosanitario è la Direttiva 2000/29/CE che, a partire dal 14 dicembre 2019, sarà abrogata e sostituita dal Regolamento (UE) 2016/2031, con cui è stato istituito il nuovo regime fitosanitario dell'Unione.
  Ciò premesso, si sottolinea che dette disposizioni prevedono comunque che i vegetali e i prodotti vegetali, originari o provenienti da Paesi terzi e destinati al mercato unico europeo, soddisfino specifici requisiti fitosanitari, al fine di poter essere introdotti nel territorio dell'Unione.
  Pertanto, i Paesi terzi che intendono avviare spedizioni di tali beni nell'Unione, si devono attenere obbligatoriamente al rigoroso rispetto delle norme unionali.
  In ogni caso, si evidenzia che l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), organo di controllo Ufficiale di questo Ministero collabora continuativamente con l'Agenzia delle Dogane, al fine di monitorare i flussi di introduzione delle derrate alimentari provenienti da Paesi extra UE.
  Premesso quanto sopra, è, in ogni caso, intendimento di questo Ministero adoperarsi nelle sedi competenti e in ambito unionale al fine di approfondire le implicazioni correlate ai differenziati standard sanitari che contraddistinguono le produzioni agroalimentari di paesi terzi importate verso il territorio nazionale, al fine di evitare impatti sul comparto produttivo italiano.
  A riprova dell'attenzione che il Ministro ripone nella tutela del «Made in Italy» e dei produttori italiani, segnalo che, in tal senso già stiamo operando dallo scorso luglio, con un'attività articolata e congiunta di vari organi ispettivi nei punti di entrata nel territorio, quali porti, aeroporti, valichi di frontiera, sino ai silos e ai magazzini di insilamento di risi e granaglie provenienti da Paesi Terzi.
  Ciò al fine di tutelare il comparto produttivo nazionale, evitando l'ingresso di prodotti di scarsa qualità o contenenti residui di sostanze pericolose per la salute umana.

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ALLEGATO 6

5-00031 Cenni: Sulla semina e la raccolta di mais OGM MON 810.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Rilevo in premessa che l'Italia è l'unico Paese europeo che effettua un controllo ufficiale sulle sementi di mais e soia ai fini della ricerca di sementi OGM.
  Già da quindici anni un'attività preventiva – per quanto concerne la tematica in argomento – viene svolta dall'Ispettorato centrale della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari (ICQRF) di questo Dicastero, insieme all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, al CREA DC e agli Osservatori Fitosanitari Regionali.
  Ogni anno, ai sensi del decreto 27 novembre 2003, viene posto in essere e coordinato dal citato ICQRF un controllo sistematico di tutti i lotti di sementi di mais e soia commercializzati a livello nazionale al fine di verificare l'assenza di OGM, compreso il MON 810, garantendo così la necessaria qualità alle aziende sementiere e agli agricoltori che acquistano i sementi.
  L'ICQRF effettua mirati prelievi di campioni da lotti di sementi di mais presso depositi e magazzini di stoccaggio delle sementi provenienti da Paesi dell'Unione Europea e da Paesi Terzi.
  Nondimeno, presso gli impianti di stoccaggio, depositi e magazzini delle ditte sementiere, viene verificata la giacenza complessiva di sementi di mais, per accertare la presenza di partite di nuova introduzione e vengono condotti prelievi dai lotti pronti per la commercializzazione, i cui campioni sono destinati all'analisi specialistica nota come PCR, cioè Polymerase Chain Reaction.
  Se l'esito delle analisi è regolare gli uffici dell'ICQRF operanti, provvedono ad informare le ditte ove si è effettuato il prelievo al fine dell'immissione in circolazione della merce, mentre in caso di accertate irregolarità, i lotti contenenti OGM vengono sequestrati e sono informate le regioni competenti e l'Autorità giudiziaria per i discendenti provvedimenti.
  Nel corso dei controlli effettuati nel 2018, le analisi di laboratorio hanno evidenziato una percentuale di irregolarità molto bassa rispetto agli anni precedenti; in particolare, rispetto ai 573 campioni di mais e agli 837 campioni di soia prelevati, è stata riscontrata una irregolarità pari, rispettivamente, allo 0,2 per cento per il mais e all'0,8 per cento per la soia.
  Si tratta della più basse percentuali di irregolarità riscontrate negli ultimi 14 anni.
  Premesso quanto sopra per tutto ciò che attiene alle attività di controllo e verifica, corre invece obbligo di evidenziare la rilevanza della direttiva 2015/412/UE, che consente agli Stati membri autonome decisioni in ordine alla coltivazione di OGM nel territorio nazionale.
  Tale Direttiva – che ha modificato la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio – è stata recepita dall'Italia con il decreto legislativo 14 novembre 2016 n. 227.
  Quest'ultimo ha introdotto nel decreto legislativo n. 224 dell'8 luglio 2003, il titolo III-bis che disciplina le procedure per limitare o vietare la coltivazione di OGM sul territorio nazionale in attuazione della citata direttiva 2015/412/UE. Pag. 73
  In sostanza, la nuova normativa nazionale del 2016, in attuazione della direttiva europea, prevede ora un meccanismo che consente all'Italia di scegliere se limitare o vietare su tutto il territorio nazionale o parte di esso le coltivazioni di OGM una volta autorizzate a livello di UE. Secondo il meccanismo introdotto, pertanto, il divieto di coltivazione è deciso dallo Stato membro anche in presenza di una autorizzazione europea.
  Il successivo decreto 8 novembre 2017, emanato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero della salute e questo Ministero, reca il «Piano generale per le attività di vigilanza sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati».
  Tale provvedimento prevede lo svolgimento di un'attività di vigilanza sull'emissione deliberata nell'ambiente degli OGM, esercitata dal Ministero dell'ambiente, autorità nazionale competente, nonché dalle regioni e province autonome e dagli enti locali.
  Ciò al fine di verificare il rispetto di tutte le prescrizioni di cui al decreto legislativo n. 224 dell'8 luglio 2003, in particolare di quelle afferenti proprio all'emissione deliberata nell'ambiente di OGM per qualsiasi fine diverso dalla commercializzazione (come la sperimentazione in pieno campo), nonché di quelle relative all'immissione in commercio di OGM in quanto tali o contenuti in prodotti e, in ultimo di quelle sui divieti di coltivazione degli OGM.
  Il decreto interministeriale 8 novembre 2017 prevede che il piano generale di vigilanza sia realizzato tramite la predisposizione di un programma operativo nazionale annuale – in ragione del quale saranno organizzati programmi operativi regionali delle ispezioni – condiviso nell'ambito di un tavolo di coordinamento tra i tre Ministeri succitati e le regioni e province autonome.
  Il tavolo verrà istituito con decreto direttoriale presso la competente Direzione del Ministero dell'ambiente, mentre l'attività di vigilanza propriamente detta sarà demandata agli ispettori designati dalle suddette amministrazioni e iscritti in apposito registro nazionale, egualmente gestito dal MAATM.
  A tal riguardo l'ICQRF ha comunicato al MAATM i nominativi di ben 20 funzionari per il loro inserimento in tale registro.
  Nelle more che il Tavolo di coordinamento e il registro nazionale degli ispettori siano formalizzati dal Ministero dell'ambiente, ogni eventuale coltivazione illecita di varietà di mais MON 810 verrà in ogni caso sanzionata dall'ICQRF in ossequio alle disposizioni di settore.

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ALLEGATO 7

5-00164 Savino: Sull'invasione della cimice asiatica nel settore agricolo del Nord Italia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Premetto che l’Halymorpha halys o cimice marmorata – un insetto originario dell'Asia orientale che è stato rinvenuto per la prima volta in Europa a partire dal 2004 e la cui presenza è attualmente accertata anche nel continente nordamericano – ha un'elevata polifagia, tant’è che si segnalano più di cento ospiti vegetali.
  L'insetto – che arreca danni su vari fruttiferi e colture erbacee – ha dimostrato un'elevata capacità di diffusione nel Mediterraneo e nell'areale europeo, pur non venendo poi incluso tra gli organismi nocivi da quarantena per l'Unione, visto che la sua rapida distribuzione su una vasta area geografica ne ha precluso ogni tempestivo intervento di eradicazione.
  Nel novero delle misure di contrasto al parassita – che devono includere interventi di lotta mirati e correlati a strategie di intervento integrate, – fondamentale risulta un'attività di monitoraggio dedicata nelle singole aziende agricole e sulle diverse colture.
  D'altro canto bisogna tener presente che il successo nel contrasto al parassita non è assicurato dal ricorso esclusivo a trattamenti chimici in ragione dell'elevata mobilità della specie che può riposizionarsi su differenti colture.
  Considerata la importante dannosità rilevata in alcune zone del territorio italiano, in seno al Comitato Fitosanitario nazionale sono state identificate le azioni prioritarie volte a contrastare i danni del parassita, azioni che si sono sostanziate in mirate attività di divulgazione e monitoraggio a cura dei Servizi Fitosanitari delle Regioni interessate dal problema, in collaborazione con le strutture tecniche territoriali, per supportare gli agricoltori nella lotta all'insetto.
  In particolare il Centro di Ricerca Difesa e Certificazione (CREA-DC) è stato identificato come istituto di supporto per l'approfondimento degli aspetti scientifici e, nel contempo, sono state avviate sperimentazioni con prove di campo e laboratorio, per individuare le sostanze più idonee al contrasto.
  Armonicamente alla normativa unionale sull'emergenza fitosanitaria, il Ministero della Salute nel 2018 ha autorizzato – previo favorevole parere del Servizio Fitosanitario nazionale – l'immissione in commercio di fitosanitari basati su due principi attivi (Acetamiprid e Piretrine) per il contenimento del parassita su nocciolo, melo e pero, per un periodo massimo di 120 giorni.
  In questo stesso anno sono state rilasciate dal Ministero della salute autorizzazioni definitive per quattro principi attivi (Etofenprox, Fosmet, Lambdacialotrina e Clorpirifos metile) di comprovata efficacia per trattare e prevenire le infestazioni del parassita su ciliegio, susino, melo, albicocco, actinidia, pero, pesco, cotogno, nespolo e nespolo del Giappone.
  Inoltre, nel contesto integrato di difesa della frutticoltura nazionale, correlatamente all'esigenza di interventi idonei di lotta biologica con antagonisti naturali del parassita, questi ultimi sono stati rinvenuti nell'Italia centrale, sulla scorta di un mirato studio condotto dal citato CREA-DC.
  Nell'ambito del Progetto Nazionale ASPROPI, è stato infatti individuato un Pag. 75Imenottero (Ooencyrtus telenomicida) parassita delle uova della cimice marmorata, che può essere allevato in biofabbriche e che già ha dimostrato, in ambiente controllato, di poter parassitizzare efficacemente le uova della Cimice marmorata.
  Tuttavia, per condurre prove estensive in campo tese a valutare l'efficacia dell'antagonista naturale e le migliori modalità d'impiego, sarà necessario risolvere le problematiche legate al divieto di introdurre in natura specie o popolazioni non autoctone.