CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 1 agosto 2018
46.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-00011 Paita: Realizzazione del nuovo nosocomio nel territorio comunale di La Spezia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Prima di entrare nel merito della problematica posta dal presente atto ispettivo, devo far presente che la programmazione e la realizzazione della rete ospedaliera sul territorio costituiscono prerogative specifiche del livello di governo regionale, in merito alle quali, di norma, il Ministero della salute è chiamato ad un ruolo di verifica, a tutela dei livelli essenziali di assistenza, i quali debbono ovviamente essere garantiti, in egual misura, su tutto il territorio nazionale.
  Per rispondere ai quesiti posti è necessario, dunque, far riferimento agli elementi informativi pervenuti, per l'occasione, da parte della Regione Liguria per il tramite della Prefettura della Spezia.
  Innanzitutto va ricordato che in data 8 marzo 2013 è stato sottoscritto dal Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, un Accordo di Programma integrativo per il settore degli investimenti sanitari con la Regione Liguria.
  In detto Accordo, nell'ambito della riorganizzazione e adeguamento della rete ospedaliera ai requisiti minimi, con annesso potenziamento delle tecnologie, è stato previsto il finanziamento dell'intervento denominato «Costruzione nuovo Ospedale della Spezia», per un importo complessivo a carico dello Stato di euro 119.917.069,42.
  Tale intervento, in attuazione delle procedure e dei requisiti previsti dall'Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano del 28 febbraio 2008, è stato ammesso a finanziamento con decreto dirigenziale dell'8 aprile 2014.
  Ai sensi dell'articolo 1, comma 310, della legge n. 266/2005, la Regione Liguria ha comunicato, in data 4 maggio 2015, l'avvenuta aggiudicazione definitiva dell'appalto per la progettazione e realizzazione dell'intervento in questione a: «Raggruppamento Temporaneo di Imprese Pessina Costruzioni S.p.A.», «Gruppo PSC S.p.A.», «Coopservice s.coop.p.a» con progettisti indicati, «Raggruppamento E.T.S. S.p.A Engineering and Technical Services», «3 TI Progetti Italia Ingegneria Integrata S.p.A.», «Studio Ottaviani Associati», «Federici Vittorio».
  La stessa Regione ha comunicato, altresì, che il relativo contratto è stato sottoscritto il 21 maggio 2015 e registrato all'Agenzia delle Entrate di Genova in data 10 giugno 2015, con n. 3503.
  Più in particolare, per quanto riguarda l'esecuzione dei lavori, la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo della Spezia ha comunicato quanto segue.
  La Regione Liguria, acquisite informazioni sull'argomento presso l'Agenzia Regionale Ligure Infrastrutture Recupero Energia (IRE), ha segnalato che i lavori relativi alla costruzione del nuovo Ospedale della Spezia sono iniziati e le opere aventi ad oggetto le demolizioni delle vecchie strutture sono terminate.
  Detta Agenzia ha inoltre fatto presente che l'impresa appaltatrice ha successivamente richiesto una modifica delle modalità di costruzione della paratia di sostegno, nonché una variante del progetto dalla stessa impresa presentato in relazione alle fondazioni.
  La problematica afferente alla costruzione della citata paratia è attualmente al Pag. 173vaglio dell'Amministrazione provinciale e del Comune di Spezia; qualora la verifica si concluda positivamente, i lavori di costruzione potranno riprendere.
  Per quanto concerne la concessione della variante del progetto, è stato evidenziato che il relativo «iter» procedurale, attualmente oggetto di un'accurata istruttoria da parte della Provincia e del Collegio di Vigilanza, richiederà una maggiore tempistica, in quanto, trattandosi di un appalto integrato, dovrà essere verificata anche la sussistenza di specifici requisiti di legge.
  Pertanto, solamente al termine del procedimento potrà essere approvata, o respinta, la proposta di variante.
  In caso di ritardo nella consegna dell'Ospedale imputabile all'impresa appaltatrice – che sta, invero, procedendo con lentezza alla consegna dei documenti richiesti dagli Enti competenti – o alle altre imprese che collaborano con la stessa, verrà dato corso a specifiche richieste di risarcimento.
  Concludo, pertanto, rassicurando l'On.le interrogante che, pur nella consapevolezza che la competenza primaria nella questione rappresentata spetti alla Regione, il Ministero della salute monitorerà l'evolversi della vicenda al fine di garantire la piena tutela del diritto alla salute, nonché il pieno riconoscimento dei livelli essenziali di assistenza in favore di tutti i cittadini del territorio spezzino.

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ALLEGATO 2

5-00025 Rizzetto e 5-00026 Carnevali: Inserimento dell'acufene tra le malattie croniche invalidanti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Si risponde congiuntamente alle interrogazioni parlamentari in esame, stante l'analogia dei contenuti.
  Come noto, l'acufene è un disturbo otologico che consiste in sensazioni acustiche endogene, sotto forma di fischi, ronzii, fruscii o altro, percepiti in una o in entrambe le orecchie o nella testa.
  Il Ministero della salute è ben consapevole che tale disturbo può incidere sulla qualità della vita di chi ne soffre, soprattutto a livello psicologico e, nei casi più gravi, può arrivare a compromettere seriamente il benessere del paziente.
  La ricerca clinica ha, infatti, chiaramente dimostrato come, in una alta percentuale dei casi, questo disturbo debba essere affrontato mediante una strategia terapeutica di cui la psicoterapia sia parte integrante.
  L'acufene ha un'alta incidenza: studi condotti negli ultimi due lustri in diversi Paesi europei, quali la Germania e il Regno Unito, hanno dimostrato, infatti, come mediamente circa il 5-20 per cento della popolazione del nostro continente abbia sofferto di acufene almeno una volta nella vita.
  Per quanto riguarda l'Italia, una serie di studi dimostra che nel nostro Paese vi è una prevalenza analoga: tra la popolazione adulta, l'acufene colpisce più di tre milioni di persone ed è sentito come problema grave da oltre 600.000 italiani.
  La causa dell'acufene non è chiara nella maggioranza dei casi.
  Tuttavia, nuove tecniche e metodi di ricerca, come le tecniche di «neuroimaging», che permettono di osservare l'attivazione delle aree del cervello deputate all'elaborazione dei segnali acustici, sembrano promettere importanti passi in avanti per la comprensione dell'eziologia della patologia.
  In particolare, recenti studi suggeriscono come il disturbo sia accompagnato da anomalie cerebrali funzionali e strutturali.
  Per quanto riguarda i possibili interventi terapeutici per il trattamento dell'acufene, l'istituto Superiore di Sanità ha riferito che, recentemente, la neuromodulazione mediante stimolazione magnetica transcranica (TMS), una terapia indolore e non invasiva, ha avuto successo nel ridurre i sintomi del tinnito almeno in alcuni pazienti.
  Altri interventi considerati efficaci, in base alla letteratura scientifica degli ultimi anni, includono approcci quali il «cognitive training», eseguito anche grazie all'aiuto di specifici «software», che permette di modificare l'attenzione, la percezione e il ricordo del tinnito, portando a un significativo miglioramento della condizione medica dei pazienti.
  L'Istituto ha poi affermato che, allo scopo di identificare le iniziative da adottare per gestire i problemi sanitari legati all'acufene e per identificare quali siano le ricerche da finanziare per migliorare la comprensione delle basi eziopatologiche del disturbo e l'efficacia dei trattamenti, si potrà effettuare un attento studio dello stato dell'arte delle conoscenze di base e cliniche ottenute, tramite la revisione sistematica della letteratura scientifica disponibile e l'esame delle scoperte più recenti.Pag. 175
  Ciò permetterebbe anche di valutare se assumere iniziative mirate a «screening» preventivi, anche in base all'età, per evidenziare una possibile vulnerabilità all'acufene, o volte a informare sulle attività che possono generare la patologia.
  Inoltre, tale approccio permetterebbe di identificare le strategie migliori per il trattamento della patologia ed, eventualmente, di organizzare una rete di centri di eccellenza per la cura dell'acufene.
  Tali iniziative potrebbero anche essere mirate alla valutazione non solo dell'eventuale inserimento dell'acufene nei livelli essenziali di assistenza, ma anche al riconoscimento della patologia come malattia cronica invalidante, ai sensi del decreto ministeriale n. 329 del 1999, e tenuto conto di quanto stabilito dall'allegato 8 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  Peraltro, va precisato che – considerato che gli acufeni sono un sintomo con diversi livelli di gravità, determinati da patologie vascolari del collo e della testa o associati a malattie audiologiche, vestibolari, neurologiche, autoimmuni, neoplastiche, dismetaboliche, ematologiche – l'accesso alle cure dei pazienti interessati da queste patologie è già garantito dai Livelli essenziali di assistenza (LEA), che consentono loro di usufruire delle prestazioni e dei servizi erogati a carico del Sistema Sanitario Nazionale, sia in fase diagnostica che di monitoraggio, nonché della connessa assistenza farmaceutica.
  Quanto al diritto all'esenzione, si informa che la Commissione per l'aggiornamento dei LEA non ha potuto accogliere l'osservazione di questa Commissione, inserita nel parere approvato il 14 dicembre 2016 in merito allo Schema di DPCM recante definizione e aggiornamento dei LEA, volta a valutare «l'opportunità, sulla base delle migliori evidenze cliniche, di apportare le seguenti modificazioni: siano inserite tra le malattie croniche anche la cefalea primaria cronica e l'acufene»: ciò è stato dovuto sia a causa della difficoltà di individuare un idoneo pacchetto di prestazioni di specialistica ambulatoriale da concedere in esenzione, sia per la mancanza di risorse.
  Prima di concludere, voglio tuttavia precisare che una parte delle condizioni che determinano gli acufeni è comunque già individuata fra le patologie croniche soggette a tutela, ove sussistano le condizioni di cronicità, gravità, invalidità ed onerosità previste dal decreto legislativo n. 124 del 1998: è questo il caso, ad esempio, degli acufeni secondari a malattie cerebrovascolari (aneurismi, patologie dei grossi vasi) o neurologiche (sclerosi multipla).
  Tale precisazione, tuttavia, non esclude affatto – e di ciò voglio rassicurare gli Onorevoli interroganti – che il Ministero della salute, anche sulla base della revisione sistematica della letteratura scientifica auspicata dall'Istituto Superiore di Sanità, seguirà con attenzione gli ulteriori aggiornamenti dei Livelli essenziali di Assistenza, in modo che, laddove ne emergano le condizioni, possa essere rivalutato l'inserimento delle prestazioni di specialistica ambulatoriale connesse all'acufene.

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ALLEGATO 3

5-00210 Bologna: Iniziative per garantire l'incolumità del personale sanitario.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Innanzitutto desidero ringraziare l'onorevole interrogante poiché mi consente di illustrare le iniziative che il Ministero della salute ha già avviato in relazione ad una problematica che rappresenta una obiettiva priorità tra i settori di intervento di cui si è voluto fare carico il nuovo Governo, già immediatamente dopo il suo insediamento.
  Il verificarsi di atti di violenza in ambito sanitario è, difatti, un fenomeno ben noto e risalente nel tempo: eppure, nonostante le numerose sollecitazioni manifestate nella scorsa legislatura anche in sede parlamentare, nulla di concreto è stato fatto per garantire una tutela qualificata e differenziata ad una categoria caratterizzata, purtroppo, da uno specifico, e maggiore, fattore di rischio.
  Il Ministero della salute, infatti, è ben consapevole che gli esercenti le professioni sanitarie possono subire, nel corso della loro attività lavorativa, atti di violenza con una frequenza più elevata rispetto ad altri settori lavorativi.
  La cronaca anche di queste ultime settimane ci consegna, infatti, numerosi episodi di aggressione, in grado di determinare lesioni personali anche importanti.
  I fattori di rischio responsabili di tali atti di violenza sono numerosi, ma l'elemento peculiare e ricorrente è rappresentato dal rapporto fortemente interattivo e personale che si instaura tra il paziente e il sanitario durante l'erogazione della prestazione sanitaria e che vede spesso coinvolti soggetti, quali il paziente stesso o i familiari, che si trovano in uno stato di vulnerabilità, frustrazione o perdita di controllo, specialmente se sotto l'effetto di alcol o droga.
  Ecco perché si ritiene che il SSN a differenza di altri ambiti, abbia una doppia responsabilità, ovvero quella di prendersi cura e tutelare i soggetti che necessitano di cure, nonché di tutelare la sicurezza ed il benessere fisico del personale sanitario che vi opera.
  A fronte di questa consapevolezza, che si vuole ribadire con forza in questa sede, il Ministero della salute ritiene di dover intervenire tempestivamente, adottando una pluralità di misure che possano consentire – viste nel loro insieme, in un'ottica di sistema – la realizzazione di risultati concreti e, soprattutto, duraturi.
  Non vi è dubbio, tuttavia, che – poiché tali iniziative dovranno determinare un profondo mutamento d'approccio alla problematica e considerato che le stesse richiedono la collaborazione di una pluralità di soggetti istituzionali – in questa sede, oggi, si possa delineare solo il percorso al quale il Ministero si atterrà fin dalle prossime settimane e di cui, posso assicurare fin da ora, si potranno presto apprezzare risultati concreti.
  Innanzitutto sono lieto di poter dare notizia che il Ministro della salute ha già inviato alla Presidenza del Consiglio, per il consueto esame preliminare, uno schema di disegno di legge governativo che intende affrontare in modo sistematico i vari aspetti del fenomeno; tra questi, mi fa piacere, in particolare, segnalare che uno speciale rilievo è assegnato proprio alle iniziative di comunicazione ed informazione citate dall'onorevole interrogante.Pag. 177
  Il cuore del provvedimento, tuttavia, risiede anche in altre misure: mi riferisco alla necessità di individuare uno specifico «luogo» di analisi del fenomeno, a cui poter attribuire il compito di monitorare gli episodi di violenza commessi ai danni degli esercenti le professioni sanitarie e di proporre l'adozione d'idonee misure per ridurre i fattori di rischio negli ambienti più esposti, nonché di verificare l'attuazione delle misure di prevenzione e protezione previste dalle vigenti disposizioni a garanzia dei livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro; e mi riferisco, altresì, alla scelta di inserire una specifica aggravante, in un'ottica di prevenzione penale generale, a carico dell'autore di reati in danno degli esercenti le professioni sanitarie: in poche parole, dunque, pene più severe per gli aggressori.
  Indipendentemente dall'approvazione di queste norme, in cui il Ministero crede molto e che si confida possano essere arricchite dal dibattito parlamentare, desidero informare che si sta valutando, proprio in questi giorni, di adottare ulteriori iniziative finalizzate a dare una risposta concreta, e in tempi brevi, alle forti richieste in termini di sicurezza dei presidi ospedalieri.
  Informo, dunque, che il 25 luglio u.s. il Ministro della salute ha inviato al Ministro dell'interno la richiesta di poter valutare una rimodulazione dei dispositivi di sicurezza esistenti in modo tale che possano essere considerate anche le peculiari e maggiori esigenze di sicurezza dei presìdi sanitari ed ospedalieri.
  Contestualmente, nell'ambito della medesima attività di stretta collaborazione intrapresa con il Ministero dell'interno, si stanno valutando ulteriori iniziative, ancora più concrete, finalizzate ad assicurare una tutela specifica agli esercenti le professioni sanitarie, nella consapevolezza, condivisa da quel Ministero – al quale afferisce, occorre ribadirlo, la primaria competenza in tema di prevenzione dei reati e tutela della sicurezza pubblica – che tali soggetti meritino l'adozione di misure particolari ed ulteriori in considerazione degli specifici fattori di rischio cui sono sottoposti.
  Concludo, pertanto, dando la massima assicurazione circa l'impegno che il Ministero della salute profonderà affinché le summenzionate iniziative possano vedere presto la luce, nella convinzione che esse trovino la condivisione dell'Amministrazione dell'interno e la piena collaborazione degli Enti del Servizio Sanitario nazionale, il cui contributo, ovviamente, risulta massimamente necessario.