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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 123 di lunedì 11 febbraio 2019

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

La seduta comincia alle 14,05.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 6 febbraio 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Benvenuto, Bonafede, Brescia, Buffagni, Campana, Carfagna, Castelli, Castiello, Cirielli, Colucci, Cominardi, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Galli, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Guerini, Guidesi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Maggioni, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Picchi, Rampelli, Rixi, Ruocco, Saltamartini, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente sessantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 8 gennaio 2019, n. 1, recante misure urgenti a sostegno della Banca Carige S.p.a. - Cassa di risparmio di Genova e Imperia (A.C. 1486-A) (ore 14,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1486-A: Conversione in legge del decreto-legge 8 gennaio 2019, n. 1, recante misure urgenti a sostegno della Banca Carige S.p.a. - Cassa di risparmio di Genova e Imperia.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1486-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Forza Italia-Berlusconi Presidente e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la VI Commissione (Finanze) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Avverto che, con lettera dell'8 febbraio scorso, il presidente della Commissione finanze ha comunicato che il relatore di minoranza Claudio Mancini ha rinunciato al suo mandato.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Davide Zanichelli

DAVIDE ZANICHELLI, Relatore. Grazie, Presidente. La Camera dei deputati avvia, oggi, l'esame del disegno di legge di conversione del decreto n. 1 dell'8 gennaio 2019, recante misure urgenti a sostegno della Banca Carige Spa e dei suoi risparmiatori.

Mi preme riportare alcuni aspetti indicati nelle audizioni, anche ad esempio di Banca d'Italia, che evidenziano come la crisi di Banca Carige sia, sì, derivante dagli strascichi della crisi economica e finanziaria iniziata nel 2008-2009 e dal regime di austerità che ha caratterizzato il nostro Paese negli anni immediatamente seguenti, ma che sia successivamente stata aggravata dalle conseguenze dell'alternarsi di una governance dell'istituto che, negli ultimi periodi, ha visto susseguirsi alla guida di Carige quattro diversi amministratori delegati e tre presidenti in soli tre anni.

Questi avvicendamenti hanno peggiorato il clima interno, rallentando e, in taluni casi, bloccando importanti iniziative di riassetto che sarebbero state necessarie. Significativa, ad esempio, è la mancata realizzazione, nel 2017, del progetto di scissione del ramo d'azienda comprensivo del portafoglio sofferenza.

La debolezza della situazione patrimoniale è stata confermata e, per certi versi, addirittura peggiorata dagli esercizi di stress condotti dalla BCE nell'autunno 2018 e dalle conseguenti posizioni del mercato derivanti da tali esercizi di stress che non hanno giovato alla situazione dell'istituto già gravata da circa 3,5 miliardi di crediti deteriorati.

In ogni caso, l'Autorità europea ha richiesto al soggetto vigilato di presentare un piano approvato dal consiglio d'amministrazione volto a ripristinare e ad assicurare in modo sostenibile l'osservanza dei requisiti patrimoniali al più tardi entro il 31 dicembre 2018.

La banca ha provveduto, pertanto, a redigere una proposta di aumento di capitale sociale per un importo massimo complessivo pari a 400 milioni di euro che, tuttavia, non è stato approvato dall'assemblea straordinaria, convocata in data 22 dicembre 2018.

  Tra fine dicembre e i primi di gennaio la maggioranza dei membri del CDA si è dimessa e, di conseguenza, lo stesso 2 gennaio, è stata disposta dalla BCE l'amministrazione straordinaria di Banca Carige Spa, sostituendo il CDA e il collegio sindacale con tre commissari straordinari e un comitato di sorveglianza composto da tre membri.

L'8 gennaio il Governo ha varato il decreto-legge in esame, volto a consentire al Ministero dell'economia e delle finanze di erogare, nel rispetto delle regole europee sugli aiuti di Stato alle banche, sostegno pubblico a Banca Carige Spa.

Mi preme ricordare alcuni aspetti del panorama normativo in cui il Governo si è trovato a operare nei primissimi giorni di quest'anno, con l'obiettivo di riportare stabilità nel sistema bancario e garantire la tutela dei risparmiatori e, al contempo, dei contribuenti italiani. In particolare, cornice normativa rilevante è la BRRD, direttiva 2014/59/UE, che si basa sull'identificazione precoce delle situazioni critiche; ivi sono previsti alcuni strumenti diretti d'intervento da parte dello Stato membro che possono essere la garanzia dello Stato a sostegno degli strumenti di liquidità forniti dalle banche centrali, la garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione e la sottoscrizione di strumenti di capitale nell'ammontare necessario a far fronte a delle carenze di capitale.

È, inoltre, necessario ricordare come alcuni aspetti del decreto legislativo n. 180 del 16 novembre 2015, che recepisce la BRRD in materia di condivisione degli oneri, hanno determinato, coi loro possibili effetti, la maggior urgenza e la necessità di intervento tempestivo da parte del Governo.

Veniamo alle misure del decreto. Sulla base di tali premesse, ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni volte a garantire alla banca misure di sostegno pubblico, il decreto è così suddiviso: il Capo I disciplina la concessione della garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione della Banca Carige Spa, fino a un massimo di 3 miliardi di euro, garanzia che può essere emessa in quanto l'istituto vigilante ha attestato la solvenza della banca. Tale autorizzazione è limitata nel tempo fino al 30 giugno 2019; la banca è tenuta alla presentazione, entro due mesi, di un piano di ristrutturazione volto a confermare la redditività e la capacità di raccolta della banca a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico. Inoltre, per tutto il tempo in cui beneficia della garanzia, la banca è tenuta a non distribuire dividendi o effettuare pagamenti in capitale o acquisire partecipazioni, in quanto deve dare priorità ai rientri di natura patrimoniale.

Mi preme sottolineare che questo capo è quello che finora si è verificato, in quanto l'istituto ha già emesso due bond per complessivi 2 miliardi di euro con garanzia statale, seguendo la procedura descritta all'articolo 7, segno che l'urgenza del decreto era effettiva.

La garanzia prevista sulle passività di nuova emissione è finalizzata a consentire alla banca di disporre di strumenti generalmente accettabili dal mercato come collaterali per l'operazione di raccolta.

Mi preme altrettanto ricordare che, dunque, lo Stato italiano non ha avuto ancora alcun esborso di capitale, ma anzi che tale garanzia rilasciata risulta onerosa per l'istituto, ai sensi degli articoli 6 e 22, e i corrispettivi vengono riassegnati al medesimo Fondo.

Al Capo II, agli articoli 12 e 21, il decreto autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a sottoscrivere o ad acquisire azioni della Banca Carige previa specifica richiesta dell'istituto, definendo le modalità di tali interventi.

Questa disposizione costituisce l'estrema ratio, come anche precisato dagli stessi commissari l'8 gennaio scorso che considerano tale ipotesi del tutto residuale; una sorta di paracadute che il Governo ha inteso prevedere specialmente in virtù del fatto che il mercato bancario è soggetto a contagio e beneficia collegialmente delle misure che danno stabilità e prevedono immediate contromisure.

Qualora si configurasse l'intervento dello Stato, la banca deve presentare, ai sensi degli articoli 14, 15 e 16, con la richiesta di aiuti, un'attestazione con cui si assume alcuni impegni previsti dalla comunicazione della Commissione UE sugli aiuti di Stato alle banche fino a una serie di obblighi volti a impedire il deflusso di fondi. Il MEF può, inoltre, condizionare la sottoscrizione del capitale di Banca Carige alla revoca o alla sostituzione dei consiglieri esecutivi o del direttore generale degli istituti interessati alle misure, nonché alla limitazione delle attribuzioni degli organi apicali. L'intervento di ricapitalizzazione è realizzato mediante la sottoscrizione da parte del MEF di azioni ordinarie di nuova emissione.

Infine, il decreto stabilisce, al Capo III, articolo 22, le risorse finanziarie, pari a 1,3 miliardi, destinate alla copertura degli oneri derivanti dalle operazioni che sono di sottoscrizione di azioni effettuate per l'eventuale rafforzamento patrimoniale, nel limite massimo di un miliardo di euro, e dalle garanzie concesse dallo Stato su passività di nuova emissione.

Concludo, Presidente, sottolineando come l'esame in Commissione si sia svolto in maniera ordinata e costruttiva. L'intento emerso dalla Commissione è stato quello di fornire spunti di miglioramento e l'esito è stato quello di approvare collegialmente l'aggiunta di un ulteriore articolo che disciplina la maggior trasparenza a queste Camere, in merito alla situazione di Carige e all'ammontare dei crediti in sofferenza dell'istituto, necessità che anche è stata sollevata durante la seduta dell'interrogazione a risposta orale in relaziona a Banca Carige, dove sono stati esposti alcuni aspetti relativi ai crediti deteriorati che presentano come sia necessario nel prossimo futuro un intervento volto a sanare talune distorsioni che avvengono nel mondo bancario e pregiudicano la tutela dei risparmi dei cittadini.

Anticipo, come relatore del provvedimento, che nelle prossime ore verrà presentato un emendamento a mia firma, in qualità di relatore, per correggere e sanare un errore di natura formale del provvedimento.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.

È iscritto a parlare il deputato Raphael Raduzzi. Ne ha facoltà.

RAPHAEL RADUZZI (M5S). Presidente, colleghi, membri del Governo, noi siamo qui, oggi, a disquisire rispetto al decreto su Carige che presenta indubbiamente caratteristiche di necessità e urgenza; caratteristiche di necessità ed urgenza che, come al solito, in questo Paese, durano da mesi se non da anni, e siamo dovuti arrivare noi alla maggioranza e al Governo di questo Paese proprio per sanare queste situazioni.

Le cause di questa emergenza sono numerose. Di sicuro in questi giorni si è dibattuto giustamente sulle responsabilità manageriali di quella che è stata la gestione di Banca Carige, sugli intrecci affaristico-politici che hanno portato al dissesto di Banca Carige e sono stati fatti i primi nomi di persone legate al mondo della politica. Però, a mio avviso, ci sono delle responsabilità ancora maggiori, ascrivibili a due cause, due binari che viaggiano paralleli. In primis, la più grande crisi economica dal dopoguerra ad oggi, che vede il nostro Paese unico tra i Paesi dell'eurozona a non aver recuperato i livelli di reddito pro capite del 2007, i livelli pre-crisi. Questo ha portato, ovviamente, a un'esplosione dei crediti deteriorati, cioè debiti delle imprese e mutui delle famiglie, che non sono più riuscite ad onorare quelli che erano i loro impegni. A questo si lega, ovviamente, una gestione folle da parte della vigilanza europea delle banche nell'Eurozona. Lasciatemi specificare qualcosa in più in merito. Noi abbiamo introdotto una normativa, la BRRD con il bail-in, che sarebbe più corretto chiamare “esproprio dei risparmiatori” per quello che è stato il suo effetto, che, anche a giudizio di Banca d'Italia, è stato un vero e proprio danno, che ha avuto degli effetti finanziari in un crollo del 60 per cento in Borsa nel 2016 del valore delle principali banche italiane. Ma anche la stessa Banca d'Italia è venuta in Commissione a dirci che siamo partiti dall'idea di non far pagare lo Stato, di non gravare sui cittadini e sul fisco, ma si è tornati a una situazione in cui è lo Stato a dover contrattare con il privato, ma questa volta non più in posizione di forza e senza i margini di forza che vi erano prima. Quello agli Stati Uniti, che ci ha fatto il rappresentante della Banca d'Italia in Commissione, è un riferimento ad un Paese che non ci sente neanche dall'orecchio di applicare il bail-in ai depositanti. Ecco, questo, unito a una gestione su quei crediti deteriorati esplosi durante il Governo Monti nel 2011-2012 e poi nel 2013 con Letta, ha portato ad una crisi sistemica per Banca Carige e per tutto il sistema italiano, perché è ovvio che, se viene introdotto un regolamento che impone a me, a noi, di vendere la propria casa domani mattina, il prezzo sarà sicuramente un prezzo stracciato. Se io, o chiunque, avessimo più tempo, un anno o due anni, per poter vendere la nostra casa, sicuramente avremmo più tempo per contrattare un prezzo migliore. E questo è quello che è successo col mercato degli NPL, col mercato dei crediti deteriorati, che hanno visto una serie di “fondi locusta”, molto spesso vicini, anche questi, a una certa parte politica, a ottenere dei crediti con delle garanzie reali, che in buona sostanza significano case, patrimonio immobiliare degli italiani, a prezzi stracciati. Abbiamo visto con Banca Etruria svendere gli NPL al 17 per cento e i margini di questa operazione sono a doppia cifra, quindi dei rendimenti veramente interessanti per chi specula sulle case degli italiani.

A questo si aggiunge una vigilanza europea che ha posto dei requisiti patrimoniali sempre più alti per le banche italiane e si è dimenticata scientemente di andare a indagare quelli che sono dei grossi problemi nell'Eurozona, cioè i derivati, i titoli illiquidi che molto spesso sono presenti nelle banche tedesche e francesi - mi riferisco agli asset S2 e S3 - e abbiamo anche visto l'opacità della vigilanza europea durante gli stress test, e i conflitti di interesse delle consulenze attuate, ad esempio, con BlackRock, uno dei principali fondi di investimento che è nella proprietà, cioè ha parecchie azioni nelle principali banche europee. Come al solito, si verifica il caso che il vigilato vigila su se stesso, quindi una situazione paradossale. In questo io ho sentito dire, sempre rispetto al decreto “Carige”, che sarebbe una fotocopia rispetto al caso MPS e rispetto alle due venete, ebbene sicuramente la normativa europea entro la quale questo decreto insiste è la stessa ed è quella che non abbiamo voluto noi e che causato dei grossi problemi al nostro sistema bancario, ma c'è anche da dire che le situazioni sono però totalmente differenti: Banca Carige ha un valore azionario che è pari a 0,0015 centesimi, ma qui non ci saranno azzerati come è successo in Veneto con Popolare di Vicenza e Veneto Banca.

Guardate bene: io questo week-end sono stato a Vicenza, abbiamo avuto un importante incontro con le associazioni dei truffati, c'era un palazzetto pieno di gente che era contenta che finalmente si sia attuato in legge di bilancio un fondo di ristoro su cui noi ci siamo e c'eravamo impegnati e abbiamo trovato le risorse che erano lì, pronte ad essere prese e non si capisce come mai lo scorso Governo avesse stanziato solo 100 milioni. Noi abbiamo messo un miliardo e mezzo, abbiamo creato dei canali prioritari per chi è in difficoltà, per chi ha un reddito ISEE sotto i 35 mila euro; abbiamo superato il concetto del mis-selling e, quindi, il rimborso sarà - come avevamo detto in campagna elettorale - per tutti. Noi siamo e saremo sempre dalla parte dei risparmiatori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pierantonio Zanettin. Ne ha facoltà.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). La ringrazio, Presidente, per la parola. Onorevole sottosegretario Villarosa, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, questo provvedimento certifica, come dire, la fine dell'era dell'innocenza per la maggioranza giallo-verde e, soprattutto, per il MoVimento 5 Stelle. Dopo un'intera legislatura sulle barricate, ad urlare e protestare contro i soldi pubblici regalati a banche e banchieri, siamo arrivati al paradosso di un decreto-legge che riproduce passo per passo, paragrafo per paragrafo, comma per comma, il decreto “Monte Paschi”, tanto contestato a suo tempo. Forse, colleghi della maggioranza, vi state finalmente rendendo conto che le banche sono linfa vitale e motore dell'economia, un ecosistema tanto delicato, quanto essenziale per gli equilibri strategici del Paese. Peccato che questa maggioranza non sia in grado di esprimere una linea politica su un tema così essenziale e proceda solo per spot e slogan, impegnata com'è nella sua eterna campagna elettorale.

Il Vice Premier Di Maio esalta la nazionalizzazione di Carige e parla di popolo sovrano che si riappropria delle banche, sostenendo che questo è il primo caso in Europa. Dimentica evidentemente il Vice Premier Di Maio che durante i Governi Renzi e Gentiloni il MEF ha assunto il controllo proprio di Monte Paschi, salendo a 68,247 per cento del suo capitale. Il Governo giallo-verde, quindi, oggi nazionalizza una banca, esattamente come aveva fatto negli anni scorsi il centrosinistra, in assoluta continuità. E così come mancava al centrosinistra una precisa strategia industriale per il settore creditizio, altrettanto sta accadendo per il Governo giallo-verde. Il delicatissimo dossier Monte Paschi, ereditato dal Governo Gentiloni è da mesi sul tavolo del Governo Conte, senza apparenti soluzioni. Nel frattempo le azioni sono crollate ai minimi storici. Solo a gennaio 2018 l'azione MPS quotava 3 euro e mezzo; oggi, a distanza di un anno, viene scambiata a un euro e 26 centesimi. Il Tesoro era entrato in Monte Paschi, pagando le azioni 6,9 euro, per la tranche principale, e 8,5 euro, per la parte relativa allo swap bond-azioni. L'esborso per il MEF era stato complessivamente di 6,9 miliardi. Agli odierni corsi di Borsa, la partecipazione MPS vale meno di un miliardo, i conti sono presto fatti. Ora si è aggiunto il dossier Carige, con garanzie statali che potranno arrivare fino a 3 miliardi, in un quadro economico complessivo in grave deterioramento, che non lascia presagire nulla di buono.

Siamo in piena recessione tecnica, la produzione industriale è crollata, lo spread è ricominciato a salire e il Fondo monetario internazionale parla addirittura di rischi globali per effetto del contagio italiano. E sul fronte creditizio all'orizzonte si intravedono ulteriori situazioni critiche, pensiamo alla Banca Popolare di Bari e alla Banca Popolare di Sondrio, che continuano a prorogare la trasformazione in S.p.A. imposta per legge. È particolarmente delicata la condizione della Popolare di Bari, con le azioni da anni ormai illiquide e con le obbligazioni subordinate, che nell'ottobre scorso sono scese fino a quota 60 euro. Si aggiunge, poi, la Popolare di Ragusa, in cui i soci lamentano di essere da anni nell'impossibilità di vendere azioni. Ricordo l'allarme lanciato il 20 novembre dello scorso anno, di fronte alla Commissione affari economici e finanziari del Parlamento europeo, dai responsabili della vigilanza BCE, Danièle Nouy e Andrea Enria. Se si continua con uno spread così alto, si prospetta uno scenario greco per le banche italiane. Le conclusioni riferite al quadro italiano, se possibile, sono ancora più inquietanti - cito testualmente - incrociamo le dita.

In un quadro così fosco quali sono le linee strategiche del Governo? Azzerare i vertici di Bankitalia e Consob e fare partire presto la Commissione parlamentare di inchiesta per far cantare i banchieri, in un 2019 che sarà bellissimo, oppure l'idea di vendere le riserve auree di Banca d'Italia, che sono un presidio per la stabilità finanziaria del nostro Paese, per pagare reddito di cittadinanza e quota 100, spesa corrente del tutto improduttiva. Le chiedo, onorevole sottosegretario, se questa possa costituire una strategia. Il Governo appare in balia degli eventi, privo di qualsiasi piano a medio e lungo termine, senza una qualche idea sul riassetto del settore creditizio, impegnato in assurde battaglie contro gli altri Governi europei e le istituzioni economiche internazionali. Intanto lo spread aumenta e le banche rischiano il default.

Invece di preoccuparsi di tessere alleanze politiche per individuare il sostituto di Mario Draghi alla guida della BCE nell'autunno prossimo, che prosegua quella politica di allentamento monetario che tanto ha giovato al nostro Paese, il MoVimento 5 Stelle preferisce flirtare con Gilets jaunes e casseurs. Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti: se non si inverte subito la rotta finiremo inevitabilmente sugli scogli.

Sabato ha avuto luogo l'assemblea di una delle associazioni degli ex azionisti delle banche Popolari venete finite in dissesto, con la partecipazione del Vicepremier Salvini e del Vicepremier Di Maio, lo ricordava prima l'onorevole Raduzzi. Ho seguito da vicino, essendone stato socio storico, le vicende delle due Popolari venete e mi sono convinto che il crack sia stato determinato certamente da mala gestio degli amministratori e da carenze delle autorità di controllo e vigilanza, ma ancor di più da un quadro normativo del tutto inadeguato, rimasto cristallizzato nel tempo, per istituti che, nel frattempo, erano cresciuti troppo. Mi riferisco alla non quotazione dei titoli, che la legge consentiva a quegli istituti, ed al voto capitario. Considero quest'ultimo un residuato storico di un'epoca che non esiste più, che legittima classi dirigenti locali del tutto autoreferenziali e selezionate tramite cooptazione, che negli anni hanno dato cattiva prova: pensiamo, appunto, agli esempi di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Tali amministratori controllavano giganti della finanza, che capitalizzavano miliardi di euro e poi, quando il castello di carta è crollato e i veli si sono squarciati, si è verificato che erano titolari di azioni della Banca che gestivano solo per qualche decina o, al massimo, centinaia di migliaia di euro. Credo che questo non debba succedere più e che l'istituto del voto capitario vada abolito quanto meno per le società quotate o ad azionariato diffuso. Potrà essere conservato tutt'al più nelle BCC.

Parliamo, quindi, del Fondo per il ristoro dei risparmiatori, introdotto con la recente legge di bilancio e che è stato l'oggetto degli interventi dei Vicepremier a Vicenza, lo ricordava prima l'onorevole Raduzzi. L'onorevole Renato Brunetta, già nel corso della discussione della legge di bilancio e con l'interrogazione del 28 dicembre 2018, aveva avvertito il Governo del rischio di una procedura di infrazione UE per aiuti di Stato; aveva anche suggerito che la misura fosse oggetto di preventiva autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione. All'epoca, il Governo aveva smentito ogni problema, negando l'esistenza di un carteggio scambiato con gli uffici dell'Unione europea.

Solo pochi giorni fa, e precisamente il 17 gennaio scorso, in Commissione, proprio nel corso della discussione di questo provvedimento, il Ministro Tria, a precisa domanda del nostro collega, onorevole Sestino Giacomoni, aveva testualmente dichiarato: voglio sgombrare il campo e finora, fino a poche ore fa, non c'è assolutamente nessuna lettera o azione, neppure informalmente, di critica della Commissione europea. Ora, invece, il Vicepremier Salvini e il Vicepremier Di Maio ammettono che è arrivata una lettera dell'UE, che dice che non possiamo usare la misura per risarcire i truffati delle banche.

Sulla questione parecchi conti non tornano: perché non è stato reso pubblico il contenuto di questa lettera indirizzata al dottor Alessandro Rivera, direttore generale del Ministero del Dipartimento del Tesoro? Solo un sito di informazione locale, che risponde al nome di VicenzaPiù, ne ha pubblicato degli stralci. Secondo tali indiscrezioni, che peraltro nessuno ha finora smentito, la lettera inviata al Governo invitava lo stesso Governo a rispondere ai rilievi entro il 31 gennaio scorso, il che lascia supporre che sia pervenuta nella prima decade di gennaio. Come gruppo di Forza Italia, abbiamo presentato una interrogazione per capire il giorno esatto in cui tale lettera è pervenuta al MEF e se ad essa è stato dato riscontro. Ovviamente fino ad oggi non ci è stata data risposta ed appare chiaro l'imbarazzo del Governo: se quanto pubblicato da VicenzaPiù trovasse conferma, sarebbe evidente che il Governo ha mentito al Parlamento. Le sarei davvero grato, onorevole sottosegretario Villarosa, se a questa domanda potesse dare risposta oggi nella replica che seguirà questo dibattito, sarebbe un atto di onestà e trasparenza, che certamente le farebbe onore.

Veniamo ad un secondo aspetto della questione: il Premier Conte, alla vigilia dell'approvazione della legge di bilancio, si era vantato di averla negoziata con Moscovicì. Perché il fondo con i truffati delle banche non è stato inserito in questa trattativa? Che cosa costava fare uno sforzo in più? Come è stato possibile per la Ragioneria dello Stato bollinare una iniziativa illegittima e contraria alla normativa europea?

Terzo punto: a Vicenza i due Vicepremier hanno detto che, a prescindere dai rilievi dell'Europa, si procederà con i rimborsi, come previsto dalla legge di bilancio. E se è così, perché continuano a slittare i decreti di attuazione? Sottosegretario Villarosa, lei si era pubblicamente impegnato a presentare questi decreti di attuazione entro l'8 febbraio, ma anche questo termine è spirato invano. Il Vicepremier Di Maio, a Vicenza, ha detto che questa settimana saranno scritti i decreti attuativi. Perché allora questi decreti non escono e nessuno conosce, neppure a grandi linee, il loro contenuto? Uno dei punti critici della normativa che avete varato rimane il vaglio delle domande da parte non di un arbitro terzo, ma di una Commissione ministeriale di nomina politica. Siete sicuri che una Commissione di questa natura, e come tale esposta a rischi di responsabilità contabile, sia idonea ad erogare in forma massiva i rimborsi ai truffati come hanno promesso sabato a Vicenza i due Vicepremier?

Reticenza, opacità, bugie, ambiguità accompagnano, quindi, il varo di questo fondo, che peraltro è atteso come manna dal cielo da tante famiglie.

Restiamo convinti che sia in atto una spregiudicata speculazione politica sul dramma di tanti truffati. Guarda caso l'incidente viene creato alla vigilia delle elezioni europee per essere usato come argomento di propaganda da agitare contro l'Europa cattiva che non vuole rimborsare i risparmiatori. Dio non voglia che i truffati delle banche finiscano ora truffati anche dalla politica.

I veneti sono pazienti, ma hanno anche buona memoria e lo show di sabato scorso, onorevole sottosegretario e onorevole Raduzzi, a Vicenza, potrebbe rivelarsi un boomerang per la maggioranza giallo-verde (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Leonardo Tarantino. Ne ha facoltà.

LEONARDO TARANTINO (LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, quest'oggi discutiamo la conversione del decreto-legge cosiddetto Carige, ovvero misure urgenti a sostegno della banca e della cassa di risparmio di Genova, una banca del territorio con un forte radicamento in Liguria, ma anche nel Lazio e in Lombardia. Una banca del territorio strategica, soprattutto per la ricostruzione che è in corso in Liguria, non solo sul ponte Morandi ma anche in altre località colpite da avversità naturali.

Perché si rende necessario questo intervento? Le difficoltà di questa banca vengono da lontano, fin dal 2012, come è stato evidenziato nell'audizione del vicedirettore di Banca d'Italia in Commissione finanze. Vi sono senza dubbio difficoltà generali del sistema bancario che vengono dagli anni della doppia recessione economica, dal 2008 al 2013; vi sono anche i parametri e i requisiti patrimoniali a cui sono state sottoposte le banche dalle nuove normative europee, che hanno a volte messo sotto stress test le nostre banche e hanno costretto a degli adeguamenti. Sicuramente, c'è stata una governance non sempre adeguata, oppure con elementi di conflittualità. Basti pensare che dal 2016 al 2018 la banca ha avvicendato quattro diversi amministratori delegati, tre presidenti e vi sono stati mutamenti radicali nella composizione del consiglio di amministrazione. Hanno pesato anche le strategie di espansione e l'ambizione di superare la positiva esperienza di una banca del territorio, che ha portato alla concessione di crediti a clienti di più grandi dimensioni.

Tutti questi fattori ci portano al dicembre 2018, quando l'assemblea dei soci, tenutasi il 22 dicembre, non ha deliberato l'operazione di rafforzamento patrimoniale prevista dal piano di conservazione del capitale approvato dal consiglio di amministrazione e trasmesso alla Banca centrale europea il 30 novembre 2018. Alla fine di dicembre la maggioranza del CdA di Banca Carige ha rassegnato le dimissioni e questi eventi si sono associati a tensioni sui corsi borsistici e sul fronte della liquidità. In tale quadro, il 2 gennaio 2019 il consiglio direttivo della BCE ha sciolto il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale della banca, sostituendoli, rispettivamente, con tre commissari straordinari e un comitato di sorveglianza composto da tre membri. L'amministrazione straordinaria è volta a fronteggiare l'incertezza derivante dalle difficoltà della governance e ad individuare le soluzioni più idonee a preservare la stabilità della banca. Il CdA di Banca Carige ha già deliberato la ricerca di un partner commerciale.

L'8 gennaio 2019, pertanto, il Governo ha varato questo decreto-legge. Il 10 gennaio la banca ha avanzato istanza per accedere alla garanzia sull'emissione di una passività e il 18 gennaio la Commissione europea ha comunicato il proprio assenso alla richiesta del Governo italiano di garantire le nuove passività di Carige al fine sostenere la banca.

Siamo, quindi, adesso, di fronte a questo decreto-legge: come agisce questo decreto-legge? Innanzitutto, questo è perfettamente allineato alla normativa europea, in particolare alla direttiva n. 59 del 2014, che prevede, appunto, le azioni da porre in essere in questi casi. Si prevede, poi, la garanzia dello Stato sulle emissioni di credito della banca, con l'obiettivo di accrescere la capacità di raccolta fondi della banca ridando fiducia agli investitori; sono previste garanzie per 3 miliardi di euro. Il decreto-legge prevede anche la partecipazione, se necessario, dello Stato alla ricapitalizzazione della Banca e, per questo, mette a disposizione 1,3 miliardi.

Misure straordinarie, accompagnate da strumenti come la possibilità per il Ministero dello sviluppo economico di revocare o sostituire i membri del CdA, o, ad esempio, il divieto di staccare dividendi. Una banca, quindi, che entra anche sotto la lente di ingrandimento e, insomma, tutela che il nuovo corso sia un corso di gestioni più attente ed efficaci.

Di fronte a questi contenuti, mi permetto di compiere alcune valutazioni politiche. Una è quella rispetto al ritornello che abbiamo ascoltato in Commissione e anche già oggi qui in Aula: questa tesi per cui questo decreto-legge è stato scritto con un “copia incolla” di precedenti normative, quelle per la Banca MPS. Io non ho partecipato ai lavori della scorsa legislatura; ero un semplice cittadino spettatore, ma credo di aver visto uno spettacolo diverso. Nel caso di Carige vedo un muro, un argine, messo in campo con tempismo, prima che arrivi la frana, prima che arrivi la piena del fiume; in passato probabilmente non è stato così. Per dirla come dice un proverbio: è stata chiusa la stalla dopo che erano scappati i buoi e ciò a danno dei risparmiatori.

Questo decreto-legge e la sua tempestività sono un segnale forte e chiaro che diamo al Paese e ai risparmiatori. Quello che è successo con le banche venete, con MPS, non succederà più: c'è oggi un Governo con i fari puntati sul sistema bancario.

Qui apriamo il tema dei controlli, tema richiamato, proprio due giorni fa, dai due Vicepremier, da Matteo Salvini e Luigi Di Maio, a Vicenza, dove essi hanno incontrato i risparmiatori danneggiati delle banche venete. Non è più possibile che il sistema dei controlli sulle banche non sia severo e tempestivo. La vicenda Carige – dove, tutto sommato, l'azione di Banca d'Italia non è mancata, in quanto abbiamo ascoltato in audizione che ci sono stati accertamenti ed ispezioni che si sono susseguiti fino al 2011 e fino al 2016 - ci insegna che se tutto funziona si possono evitare conseguenze negative per i risparmiatori. Da qui è necessario - come appunto hanno detto i Vicepremier ed è attualità nel dibattito politico di questi giorni - dare un segnale di discontinuità anche nella governance di quelli che sono gli organi di controllo.

Finisco potendo affermare con serenità e fermezza che anche in questo provvedimento del Governo e di questa maggioranza ci sono i segnali di novità e cambiamento che ci chiedono i cittadini. Da esponente della Lega, movimento politico che nasce dai territori e che ha sempre avuto a cuore le realtà locali, ho ben presente le avversità che hanno colpito la Liguria: il ponte Morandi è solo il simbolo di una ricostruzione più ampia che si rende necessaria.

Mi auguro davvero che questo decreto-legge sia la leva con cui Carige possa rialzarsi, per accompagnare Genova e tutta la Liguria in un nuovo cammino di ricostruzione che, senza dubbio, la renderà ancora più bella (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Federico Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Signora Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, io credo che non si possa non condividere quanto affermato dal collega che mi ha preceduto quando ha detto che la crisi di Carige arriva da lontano. Mi permetto di suggerire la lettura di un bel libro di Carlotta Scozzari, Banche in sofferenza. La vera storia della Carige di Genova, pubblicato l'anno scorso. Infatti sono rimasto un po' stupito, devo dire, dalla valutazione che qui ha espresso il relatore, in ordine al fatto che le origini della crisi di Carige sì individuerebbero, secondo lui, nell'eccesso di avvicendamenti negli ultimi anni. Mi pare che questa sia una lettura parziale, che non tiene conto di una difficoltà della banca che arriva da più lontano, ma anche di una vera e propria mala gestio che - ricordo - è già stata censurata e sanzionata dalla magistratura penale con una condanna a quello che è stato il dominus di questa banca per lunghi anni, in appello, a 8 anni e 7 mesi. Mi ha fatto un po' specie non sentirlo neanche nominare da nessuno dei colleghi che mi hanno preceduto, quasi si avesse paura di nominare questo nome, che è stato legato alle vicende di Banca Carige e anche al sistema di potere a Genova per moltissimi anni.

Credo quindi che, invece, bisogna ripartire da lì per comprendere le difficoltà. E ho trovato non solo riduttivo ma anche distorsivo della realtà collegare la vicenda soltanto agli eccessi di avvicendamenti degli ultimi anni che sicuramente ci sono stati e che, da questo punto di vista, rappresentano tuttavia il tratto terminale di una difficoltà che è partita da lontano e che ha le radici che ho provato a segnalare prima.

Da questo punto di vista credo che vada dato atto, in particolare alle ultime dirigenze, di aver provato a tirar fuori la banca dalle difficoltà in cui era finita. Oggi ci troviamo di fronte, a differenza di quanto ho sentito in occasione dell'approvazione del decreto-legge da parte dei vertici del Governo, ad una crisi di liquidità e di fiducia grave perché, da questo punto di vista è stato corretto, come poi dirò, l'intervento da parte del Governo, ma ci troviamo di fronte, ripeto, a una crisi di liquidità e di fiducia che non è tale da far assimilare la crisi di Carige alle vicende di Banca Etruria, delle Casse minori e alle banche venete. Stiamo parlando di due fattispecie assolutamente diverse e, in questo momento, credo, che non solo commetteremmo un errore nell'assimilarle ma rischieremmo anche di danneggiare Carige che si trova in una fase difficile e complessa. È del tutto evidente che l'aiuto e il sostegno della garanzia bancaria da parte dello Stato può aiutare a rasserenare i mercati, ma dobbiamo mettere Banca Carige il più presto possibile in condizioni di poter camminare con le proprie gambe; quindi, l'elemento fiducia da parte degli investitori internazionali e nazionali è un bene che faremmo meglio a ricordare prima di fare certe affermazioni.

Da questo punto di vista credo che il decreto-legge in esame e, quindi, la crisi di Carige, per essere chiari, siano un banco di prova per il Governo del cambiamento. Noi diamo atto che l'intervento è stato tempestivo: questa è la vera differenza con gli interventi precedenti, ed è un elemento importante. Non vi è stata però nessuna - e non poteva in realtà esserci - innovazione metodologica: gli strumenti di intervento previsti in questo caso sono sostanzialmente gli stessi perché sono quelli consentiti dalla normativa europea. Il sostegno era necessario; è un sostegno che andava dato in un quadro che però deve vedere lo Stato agire in un intervento che noi consideriamo temporaneo, cioè l'obiettivo deve essere quello di arrivare in tempi rapidi all'aggregazione, salvaguardando il più possibile - anche su questo però non ho sentito traccia nell'intervento del relatore - i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori di Carige.

Spesso, quando parliamo delle banche siamo tutti tesi, giustamente da un certo punto di vista, a sottolineare il tema della tutela dei risparmiatori, salvo poi dimenticare che all'interno della banca lavorano persone in carne ed ossa che sono state, a loro volta, sottoposte a stress, in determinate fasi della vita della banca, assolutamente straordinari, quando si cercava di vendere prodotti o aumenti di capitale in situazioni assolutamente critiche.

Chiudo, quindi, dando una valutazione complessivamente positiva dell'intervento, anche se non posso non osservare in maniera critica che anche in questa sede in qualche modo sono stati richiamati in maniera non positiva il ruolo e la funzione svolta da Bankitalia nel lungo periodo di crisi, che per il sistema bancario inizia attorno al 2010 ed è ancora sostanzialmente in atto. Anche le recenti polemiche in merito alle nomine, le battute sulla necessità di azzeramento richiamano, devo dire, a una situazione che ci preoccupa moltissimo. Noi crediamo che la Banca d'Italia, come le altre autorità di garanzia, debba rimanere indipendente; l'indipendenza dal potere Esecutivo è una garanzia e oltretutto una garanzia che - lo ricordo - è scritta in leggi dello Stato ed è, quindi, assolutamente da mantenere. Crediamo che il ruolo di Bankitalia, in particolare sulla vicenda Carige, sia stato un ruolo di controllo che ha portato a definire e a far esplodere, come dimostrano gli atti giudiziari, la vicenda legata alla gestione del dottor Berneschi; pertanto, non è vero che non ci sia stata una capacità di controllo da parte di Banca d'Italia, perlomeno specificatamente con riferimento alla vicenda in esame. Insomma crediamo che questo fosse un passaggio obbligato. Come dicevo prima, diamo atto della tempestività con cui è stato fatto e crediamo che Banca Carige debba essere accompagnata, che la soluzione non debba necessariamente essere quella della nazionalizzazione come a più riprese abbiamo sentito dire in questa sede dai vertici del Governo, in particolare dal Vice Premier Di Maio, ma sia invece quella del sostegno, dell'accompagnamento da parte del Governo e dello Stato in una fase difficile della vita della banca con l'obiettivo che la stessa, i suoi lavoratori, i risparmiatori, che hanno creduto e continuano a credere in essa, possano trovare una soluzione che consenta alla banca di ritornare a svolgere quel ruolo che per anni è stato fondamentale non soltanto per la Liguria ma per l'intera economia italiana.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Claudio Mancini. Ne ha facoltà.

CLAUDIO MANCINI (PD). Presidente, esponenti del Governo, colleghe e colleghi, il Partito Democratico voterà a favore del decreto-legge Carige perché la sua rapida approvazione è utile all'Italia. Lo voteremo per due ragioni fondamentali: una riguarda le lavoratrici e i lavoratori della banca, i correntisti, le imprese che hanno crediti, la certezza dell'impatto drammatico che avrebbe il fallimento dell'ex Cassa di Risparmio di Genova e di Imperia sulla Liguria dove sono concentrate gran parte delle attività della banca.

L'altra ragione è la stabilità finanziaria dell'Italia, la tutela del risparmio delle famiglie, la consapevolezza che l'insolvenza di un'importante banca danneggerebbe l'economia nazionale già alle prese con il rallentamento dell'economia mondiale, proprio mentre il calo della produzione industriale ci porta dentro ad una vera e propria recessione. Altri in quest'Aula avranno più difficoltà a motivare il proprio voto favorevole senza smentire quanto detto in passato. Anzi l'impressione che abbiamo è che in queste ore, con gli attacchi forsennati alle autorità di vigilanza, si stia alzando una cortina fumogena per non far comprendere all'opinione pubblica che, con il decreto Carige, la maggioranza Lega-Cinquestelle si appresta a votare un provvedimento sulle banche in piena sintonia con l'intervento della Banca centrale europea e con le stesse azioni di Banca d'Italia, così come sono state illustrate nel corso delle audizioni in Commissione Finanze. Certo per noi del Partito Democratico è più facile votare a favore perché le coordinate del decreto sono state le coordinate dell'azione dei Governi Renzi e Gentiloni sulle banche che noi rivendichiamo integralmente e con cui il provvedimento in esame è in totale continuità, non solo per il cosiddetto copia e incolla con il decreto per la ricapitalizzazione precauzionale del Monte dei Paschi di Siena, ma perché il decreto Carige, che discutiamo oggi, corrisponde alla filosofia di fondo delle scelte fatte dal Partito Democratico negli anni passati, quando abbiamo difeso la peculiarità del sistema bancario italiano nel panorama europeo che andava rinnovato senza snaturarne la forza legata al radicamento territoriale e abbiamo difeso la stabilità finanziaria come condizione necessaria della capacità produttiva delle nostre imprese.

In Italia, infatti, a differenza di altri Paesi, dagli Stati Uniti alla Spagna, non è stata la crisi finanziaria a produrre la crisi dell'economia e delle imprese, ma la crisi economica e la conseguente difficoltà delle imprese a rimborsare i prestiti alle banche a generare le sofferenze che hanno prodotto le crisi bancarie, che sono state comunque complessivamente assai più limitate che in gran parte dei Paesi europei.

Bisogna ricordarlo ogni volta, anche per un equilibrato giudizio sul sistema dei controlli e sul ruolo delle autorità di vigilanza. Se, infatti, è stato doveroso l'intervento d'urgenza del Governo su Carige - a valle, bisogna ricordarlo, del commissariamento dalla Banca centrale europea -, bisogna anche dirsi che il commissariamento allude anche ad una rinnovata preoccupazione internazionale sull'affidabilità e credibilità dell'Italia. Allora, la discussione sul passato potrà essere utile solo se unita a un dibattito serio sulle scelte di politica bancaria e finanziaria che l'Italia e l'Europa hanno davanti.

Per parte mia, questo è il contributo che tenterò di dare in questo intervento nel tempo che c'è concesso e senza abusare dell'attenzione di chi ci ascolta.

Il decreto contiene due opzioni diverse sul futuro della banca, che però, a nostro avviso, è giusto mettere ambedue in campo contemporaneamente: la garanzia per le passività di nuova emissione e l'intervento sul capitale, la cosiddetta ricapitalizzazione precauzionale. Le due misure sono ambedue nel decreto, ma in una logica temporale diversa: la garanzia sui bond senior è funzionale alla prioritaria ricerca di una soluzione di mercato per Carige. Questa è l'opzione migliore, che meno impegna risorse pubbliche e più valorizza il patrimonio della banca.

Nel corso dell'audizione nelle Commissioni Finanze congiunte di Camera e Senato, il Ministro Tria ha detto che il Governo auspica la soluzione di mercato per Banca Carige. Il Presidente Conte ha ribadito in Europa lo stesso concetto. Io ritengo positivo che, dopo la conversione del decreto, con un ampio concorso delle forze politiche, si possa dire che il Parlamento auspica la soluzione di mercato per Banca Carige, e che da questa condivisione del sistema Paese possano trarre incoraggiamento gli istituti bancari potenzialmente interessati.

Non è, però, in contrasto con questo obiettivo la predisposizione di una possibile ricapitalizzazione precauzionale, che consenta il temporaneo ingresso dello Stato nel capitale della banca. Ancorché onerosa, la ricapitalizzazione è ciò che consente di render chiaro, a chi fosse interessato ad un'acquisizione di Carige, che non si può negoziare all'infinito contando sull'ulteriore indebolimento della banca. In tal caso, infatti, ci sarebbe l'intervento statale per evitare il fallimento. La successiva collocazione avverrebbe comunque a valore di mercato, poiché la ricapitalizzazione precauzionale ha comunque carattere provvisorio, proprio come nel caso del Monte dei Paschi di Siena.

Si tratta di una soluzione di ultima istanza, che noi non invochiamo né auspichiamo, ma che, se si rivelasse necessaria, non dovrebbe essere ostacolata dal Meccanismo unico di vigilanza e dalla Commissione europea sulla base di interpretazioni restrittive e improprie della direttiva sul salvataggio e la risoluzione delle banche e della comunicazione sugli aiuti di Stato del 2013, a maggior ragione se si guarda a ciò che sta avvenendo in Germania, dove è in corso un intervento di salvataggio che impegna 4 miliardi di euro di fondi pubblici - si tratta di una banca, la Nord LB, di cui è azionista il Land della Bassa Sassonia - che appare in possibile contrasto con l'attuale regolazione della disciplina degli aiuti di Stato.

Sarebbe bene che il Governo, invece che isolarsi attaccando Paesi come la Francia, che in questo campo possono avere interessi simili ai nostri, si attrezzasse per un difficile negoziato in Europa, che, come sempre accade, richiede capacità di fare alleanze e credibilità verso gli interlocutori, tanto più che in ballo non c'è solo l'eventuale - e speriamo non necessaria - autorizzazione alla ricapitalizzazione precauzionale ma, più in generale, il difficile negoziato sul completamento dell'Unione bancaria, dal perfezionamento dell'accordo sul backstop definito a dicembre al cruciale tema della garanzia europea sui depositi e, più in generale, il negoziato sul miglioramento del quadro normativo sulle crisi bancarie, a partire dalla possibilità di utilizzo di strumenti preventivi, come recentemente indicato dal Governatore Visco.

Ci sarà occasione, nella costituenda Commissione d'inchiesta sulle banche, di discutere tutte le vicende bancarie per il passato, quindi anche di Banca Carige. Il Partito Democratico non ha nessun timore ed è a favore di un mandato ampio alla Commissione che si andrà a costituire, anche se non possiamo non sottolineare già da adesso come nella scorsa legislatura la presidenza di quella Commissione fu affidata ad un parlamentare, come Pier Ferdinando Casini, che poteva svolgere quella funzione con imparzialità e autorevolezza, mentre adesso leggiamo il nome del futuro presidente sui giornali, che già rilascia interviste da presidente di parte e arriva addirittura a dichiarare che, su Banca d'Italia, obbedisce al suo capo politico. Sinceramente, non ci pare che il senatore Paragone, la cui nomina sembra frutto dell'ennesimo accordo politico di spartizione interno alla maggioranza, si presenti all'altezza del delicato compito a cui viene proposto.

Tornando a Carige, non si può non dire che l'incontinenza comunicativa dei dioscuri del Governo rischia però di fare danni all'Italia, perché gli attacchi contro Banca d'Italia indeboliranno il Paese in un negoziato difficile e dall'esito non scontato.

La BCE ha commissariato Banca Carige con un provvedimento d'urgenza che probabilmente sconta anche il calo di credibilità che questo Governo ha determinato in questi mesi, che già abbiamo pagato con l'aumento dello spread e dei tassi di interesse. Chi ha a cuore il destino di Carige, per quel che rappresenta per la Liguria, per i posti di lavoro, per le imprese e i risparmiatori e per gli stessi azionisti, si deve preoccupare in questo momento di unire e non di dividere, con l'obiettivo primario della tutela della stabilità finanziaria e del risparmio nazionale, da perseguire anche attraverso un confronto costruttivo con le istituzioni europee. Ciò perché è proprio grazie al dialogo portato avanti dai precedenti Governi che l'Italia ha ottenuto quella flessibilità nell'applicazione delle regole europee sulla gestione delle crisi bancarie che ha consentito gli interventi su MPS e sulle banche venete e che oggi è alla base del decreto su Carige.

Per quel che riguarda il Partito Democratico, non solo non temiamo la Commissione d'inchiesta sulle banche, ma non abbiamo difficoltà a discutere e a rivisitare le scelte fatte in questi anni, per dimostrare come siano state utili all'Italia e abbiano contribuito all'uscita dalla crisi iniziata nel 2008.

All'inizio della XVII legislatura, all'indomani della crisi economica più lunga e profonda del dopoguerra, ci si è dovuti misurare con le difficoltà specifiche di singoli istituti bancari frutto di errori manageriali, la necessità di migliorare la capitalizzazione e la qualità degli attivi delle banche e di rafforzarne la governance, nel quadro dell'introduzione della vigilanza unica e del nuovo quadro di Basilea 3. Si è, quindi, messa in campo una strategia organica di intervento nel settore finanziario con l'adozione di riforme incisive, mentre in parallelo si gestivano specifiche crisi bancarie in assenza inizialmente di adeguati strumenti.

Non possiamo non ricordare in questa sede le riforme della governance del sistema bancario, mirate a facilitare il processo di adeguamento del livello di capitale e a favorire operazioni e ristrutturazioni del settore, contribuendo a rafforzarlo. Le banche popolari di maggiori dimensioni sono state indotte a trasformarsi in società per azioni: un modello più idoneo ad attrarre capitali, favorire sistemi di governo più efficienti e trasparenti e competere nel contesto internazionale. La riforma delle popolari, a nostro avviso, inciderà positivamente sulle politiche di gestione del credito e attenuerà i rischi che si determinano per le diffuse coincidenze tra la figura di azionista e cliente.

La riforma delle banche di credito cooperativo ha affrontato con serietà l'elevata frammentazione del sistema del credito cooperativo italiano.

La riforma favorisce la concentrazione del sistema, conciliando le esigenze di accrescere la raccolta di capitali e migliorare i sistemi di governance e di controllo, tutelando, allo stesso tempo, la forma cooperativa e i vantaggi che derivano dal mutualismo e dal radicamento territoriale. Anche l'autoriforma delle fondazioni si iscrive nei positivi processi di cambiamento delle banche italiane avvenuti negli anni passati, anche grazie al protocollo d'intesa sottoscritto dal Ministero dell'Economia e delle finanze che ha segnato l'avvio del processo di autoriforma delle fondazioni bancarie.

Lo stesso sviluppo di un mercato dei crediti deteriorati è stato frutto di iniziative regolative nazionali e di un confronto con le autorità europee, che ha portato a soluzioni innovative, a cominciare dal progetto delle GACS, le garanzie sulle cartolarizzazioni delle sofferenze, che, avendo la Commissione europea convenuto sui criteri di determinazione del prezzo della garanzia dello Stato, non sono più considerati aiuti di Stato.

Mentre maturava questo processo di riforma, sono arrivate a compimento crisi bancarie frutto di una gestione manageriale inefficiente, che sono state, quindi, affrontate con modalità differenti, a seconda dell'evoluzione delle normative e della differenza fra gli istituti, nel confronto con le istituzioni europee, nel confronto con il Parlamento.

Banca Marche, Carife, Banca Etruria, CariChieti, Monte dei Paschi di Siena, Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza sono state tutte affrontate nell'ambito di una strategia che ha avviato un processo di consolidamento e riforma del settore bancario. Per questo, consideriamo il decreto Carige in totale continuità politica con le scelte fatte negli anni passati, perché non solo si muove dello stesso quadro normativo, ma sembra andare nella stessa direzione, cioè quella di favorire aggregazioni e acquisizioni che rafforzino la solidità del sistema. Una direzione europea che richiede comunque nuovo slancio e un impegno per questo obiettivo da parte dell'Italia, che è il Paese tra i più interessati al completamento dell'unione bancaria europea. Sebbene, infatti, i primi due pilastri del progetto di unione bancaria siano stati completati con successo e le regole prudenziali di gestione delle crisi siano state oggetto di continui affinamenti, non possiamo non vedere come da troppo tempo in Europa si sia bloccati in un estenuante dibattito tra riduzione del rischio e condivisione del rischio.

Sembrano smarriti gli obiettivi principali, cioè quello di rafforzare la capitalizzazione, e quindi la resilienza delle banche, e quello di garantire la stabilità finanziaria complessiva dell'Unione europea. Se è vero che con l'unione bancaria la supervisione e le decisioni sulla gestione delle crisi vengono ormai prese largamente a livello europeo in modo armonizzato, la garanzia di stabilità finanziaria complessiva è rimasta confinata a livello nazionale; quindi, in definitiva, dipende dalle posizioni fiscali dei singoli Paesi. Completare l'unione bancaria non è, quindi, soltanto un obiettivo in sé, ma è anche la chiave per ricostruire un rapporto di maggiore fiducia dei cittadini nei confronti dell'Unione europea. È tempo di realizzare un sistema unico di garanzia dei depositi che fornisca la stessa tutela ai risparmiatori in tutta Europa, a prescindere dal luogo in cui vivono. E sulla stessa disciplina di gestione delle crisi bancarie è necessario che in ambito europeo si definiscano regole per le banche di medie dimensioni, così da evitare che, in assenza di un intermediario finanziario interessato all'acquisizione di attività e passività, si debba forzatamente procedere con la liquidazione.

Carige, in questo senso, può fare scuola, perché gli errori di gestione non possono ricadere sulle spalle degli incolpevoli cittadini e la legislazione non può non tenere in considerazione l'impatto che una considerevole distruzione di valore determinato dalla liquidazione di una banca può avere sulla stabilità complessiva del sistema finanziario. Come si vede, c'è molto da fare in ambito europeo in nome di un interesse nazionale condiviso.

Per il Partito Democratico, indipendentemente dalla collocazione in maggioranza o all'opposizione, prevale l'interesse dell'Italia ad una stabilità finanziaria che solo la maggiore integrazione europea può produrre.

Consideriamo positivo l'unico emendamento approvato in Commissione finanze, frutto anche di una nostra iniziativa, che vincola il Governo a riferire in Parlamento con regolarità sull'attuazione del decreto, e chiediamo fin da ora alla presidente della Commissione finanze, Carla Ruocco, che sia illustrato in Commissione il piano industriale di Carige, la cui presentazione è stata annunciata per il prossimo 27 febbraio.

Per parte nostra, abbiamo chiesto sin dall'inizio che il decreto restasse limitato alle misure urgenti a sostegno della Banca Carige e non divenisse un omnibus per affrettate modifiche alla legislazione bancaria. Apprezziamo che fino adesso questa sia stata la scelta compiuta perché ciò rende più facile la più ampia convergenza parlamentare sulla conversione in legge del decreto, che darà più forza alle autorità politiche e monetarie per negoziare i passaggi successivi in Europa.

Inoltre, le possibili modifiche alla normativa in ambito bancario meritano un confronto di merito, un approfondimento, la partecipazione di competenze specifiche che è bene siano oggetto di un disegno di legge che non abbia la tagliola dei tempi ristretti di conversione di un decreto-legge.

Il Partito Democratico non farà mancare il proprio contributo, anche facendo tesoro delle considerazioni finali della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario che ha operato nella scorsa legislatura.

In conclusione, Presidente, il mio intervento vuole essere un contributo a che su questo provvedimento così importante, sia per le parti coinvolte direttamente che per i cittadini nel loro complesso, si mantenga il clima costruttivo che ha già caratterizzato i lavori in Commissione.

Il nostro auspicio è che il Governo sappia evitare il ricorso al voto di fiducia, che non appare né necessario né utile. Davanti al Paese il Governo riceverà dal Parlamento un mandato molto ampio per la conversione di questo decreto: ne sappia fare buon uso nei mesi che verranno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. La vicenda di Banca Carige è, purtroppo, la riproposizione di una dinamica che è tristemente nota ai territori italiani, cioè il caso in cui quello che avrebbe dovuto essere un modello virtuoso degenera, in realtà, in qualcosa di inefficiente, incontrollato e che finisce per smentire le sue stesse finalità di partenza. E fa specie davvero sentire un collega, il collega del PD, che orgoglioso rivendica la continuità dell'operato di questo Governo rispetto al Governo precedente, perché ricordo bene, pur non facendo parte della Commissione, né di questo Parlamento, nella scorsa legislatura, quelle che furono le battaglie del MoVimento 5 Stelle rispetto alla vicenda del Monte dei Paschi. E, quindi, credo che il Governo qui presente in Aula oggi possa rallegrarsi di aver mantenuto la continuità rispetto a un atteggiamento che è quello dei Governi passati.

Vedete, Carige è ed è sempre stata la banca del territorio, come moltissime ce ne sono in Italia, e rappresenta un sistema che dovrebbe fare della prossimità un elemento in grado di rappresentare un valore aggiunto di sviluppo, di sostegno alle imprese, di scommesse sulle peculiarità di una determinata zona, con i suoi attori economici. Purtroppo, però, la storia italiana ci insegna che quasi sempre queste banche, le banche di prossimità, finiscono con l'essere strumento di alcune determinazioni di potere. La banca del territorio così diventa un veicolo per la creazione di interessi che non sono sempre trasparenti e la cui realizzazione troppe volte ha messo in discussione sia l'accesso al credito per le piccole e medie imprese che la sopravvivenza stessa degli istituti. Ora, in base a uno studio realizzato proprio da Banca d'Italia, la cosiddetta migliore clientela arriva a coprire il 10 per cento del totale e riceve l'80 per cento del credito, cioè il 90 per cento che ne resta riceve appena il 10 per cento; e alla gran parte della migliore clientela è inoltre imputabile il 75 per cento dell'ammontare totale delle sofferenze, cioè, tradotto in termini economici, tradotto in numeri, 140 miliardi di sofferenze su 200 miliardi complessivi sono in mano al 3 per cento dei debitori, lasciando fuori il micro tessuto produttivo italiano, che, quindi, non può accedere agevolmente al credito.

Ecco, questa è l'Italia che ci racconta la vicenda Carige, che ci hanno raccontato vicende che prima di quella di Carige hanno investito il nostro Paese e possibilmente anche la nostra economia. E questa è la cronaca, quindi, di un'ennesima necessità, la necessità di un salvataggio da parte dello Stato. Governo e Parlamento possono e devono lavorare e dovrebbero farlo insieme per individuare le responsabilità politiche, per sollevare l'attenzione sulle cattive pratiche e su quello che va cambiato. E, in quest'ottica, credo che anche questo provvedimento, come purtroppo questo Governo ci ha ormai abituato anche per provvedimenti precedenti, sia un'occasione persa di cambiare veramente le cose.

È importante che venga accertato chi ha fatto cosa. Questo è un passaggio obbligato ma non è l'unico passaggio e non è un passaggio sufficiente, perché se ci limitassimo soltanto a questo perderemmo il contenuto del decreto che da oggi l'Aula prende in esame e in cui si ravvisa la traslazione in Carige del modello di salvataggio già utilizzato, come è stato evidenziato, dai Governi di centrosinistra per Monte dei Paschi e le banche venete.

Ora noi ci troviamo di fronte a un impegno pubblico per garantire fino a 3 miliardi di euro di emissioni di nuovi bond. Ecco, il tema non è semplice né è facile, però non possiamo neanche raccontare che sia soltanto un modo per difendere e tutelare i risparmiatori perché attraverso la garanzia sull'emissione dei bond si tutela l'acquisto di obbligazioni di banca e, quindi, c'è un'interferenza diretta sul nostro sistema perché si crea una sorta di doppio livello in cui le banche di fatto finiscono per essere preordinate rispetto ad altre società di borsa. Dunque, chi investe in obbligazioni bancarie può fruire di fatto di una tutela dello Stato.

Questa rete di protezione dell'universo finanziario non rende merito a un'economia realmente vocata al territorio che viene in questo modo, secondo noi, mortificata due volte: la prima da gestioni degli istituti di credito assolutamente sconsiderate e la seconda dai salvataggi dello Stato.

Noi continuiamo a credere che, al di là di blindare l'investimento bancario, debba essere incentivato quello della cultura d'impresa che oggi invece è zavorrato da mille ostacoli. Per questo non possiamo assistere inerti all'ennesimo salvataggio di una banca con denaro pubblico, così come è già avvenuto in passato.

Noi chiediamo che il tema delle banche sia affrontato nella sua interezza e nella sua complessità. Chiediamo certezza del diritto per chi sbaglia, fissazione di un tetto massimo di stipendio per i manager, divieto di corrispondere, per esempio, i bonus, introduzione del divieto per gli amministratori che siano responsabili di condotte illecite o scorrette di continuare a ricoprire incarichi in quegli istituti. Cioè, noi chiediamo che quella trasparenza, che il MoVimento 5 Stelle ha sbandierato così tanto e continua a fare, venga messa in pratica e, però, purtroppo di tutto questo nel provvedimento che abbiamo letto e che cercheremo di modificare non c'è traccia.

Noi chiediamo efficacia e intransigenza agli organismi di controllo, chiediamo convintamente la separazione fra le banche commerciali e quelle di investimento in modo da poter ripristinare, come è giusto che sia, il rischio di investimento.

Il gruppo di Fratelli d'Italia ha presentato una serie di emendamenti e ci stupisce che non siano stati considerati nella giusta luce e ci stupisce perché molti di questi emendamenti in realtà riprendevano questioni identiche affrontate proprio dal MoVimento 5 Stelle nella passata legislatura nei confronti del Monte dei Paschi.

E, quindi, anche qui ci ritroviamo di fronte a un cambiamento raccontato ma non applicato, ci troviamo di fronte a un idea di cambiamento che, però, poi quando arriva il momento fa fatica ad emergere. Quindi, si vuole cambiare tutto per poi di fatto non cambiare niente.

Noi il cambiamento, invece, lo vorremmo sul serio perché solo in questo modo si potranno scongiurare future crisi analoghe che si ripercuotono su tutti gli italiani e non soltanto sui risparmiatori della Carige ma su tutto il tessuto economico della nostra nazione.

Diversamente, quello che oggi è in esame sarà soltanto un provvedimento “tampone” come tanti ne abbiamo visti. Ho sentito il collega dei 5 Stelle parlare di necessità e urgenza. Ecco, il problema dell'Italia è che è tutto un provvedimento dettato dalla necessità e urgenza, perché c'è sempre la necessità e l'urgenza di fare qualcosa.

Ecco, noi avremmo la necessità e l'urgenza, invece, di fare riforme strutturali che affrontano i problemi in maniera concreta, non soltanto per tamponare il qui e ora ma per risolvere i problemi, e non solo per risolvere i problemi ma soprattutto per prevenirli, perché la capacità di prevedere i problemi futuri dà la possibilità di risolvere oggi e meglio quello che possiamo fare.

Ecco, noi non vorremmo che il Parlamento abdicasse alla possibilità di cambiare effettivamente le regole, di cambiare le cose e di garantire finalmente il primato della politica sulla finanza a vantaggio di un'economia più sana, affinché casi come questi non si abbiano più, non si ripercuotano e, soprattutto, non vadano a danno di tutti i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Massimo Ungaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO UNGARO (PD). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il provvedimento in esame comporta misure urgenti a sostegno di Carige, la Cassa di Risparmio di Genova e Imperia a seguito della bocciatura dello stato patrimoniale dell'istituto a seguito delle prove di stress effettuate da parte del meccanismo di vigilanza unico europeo e la decisione degli azionisti di riferimento, lo scorso dicembre, di non procedere all'aumento di capitale che era necessario, appunto, per raggiungere i requisiti patrimoniali richiesti dal regolatore.

Il provvedimento prevede misure per garantire la liquidità e il rafforzamento patrimoniale di Carige. Si autorizza il MEF a concedere la garanzia dello Stato sulle passività di nuove emissioni dell'istituto fino a un valore nominale di 3 miliardi e si predispone un meccanismo di ricapitalizzazione preventiva fino a un miliardo di euro.

Per minimizzare il peso sulla finanza pubblica, il MEF potrà sottoscrivere le azioni di nuova emissione a condizione che avvenga prima una condivisione dei rischi e tutto questo in sintonia con la nuova normativa europea BRRD e che, quindi, chiederà la conversione in azioni delle obbligazioni subordinate che oggi sono possedute soltanto da investitori istituzionali. Per queste misure il provvedimento prevede uno stanziamento fino a 1,3 miliardi di euro.

Presidente, questo è un intervento giusto e necessario esattamente come necessari e giusti furono gli interventi a sostegno delle banche venete e del Monte dei Paschi di Siena.

Dobbiamo evitare che le crisi locali crescano incontrastate e divampino fino a ledere la fiducia dell'intero sistema bancario. Occorre spegnere questo focolaio il prima possibile. Carige è una banca solvibile; conta 577 sportelli bancari, 4.200 dipendenti, un milione di clienti e oltre 55 mila azionisti.

Dunque, bisogna ristabilire la fiducia. Infatti, solo così potremo preservare l'erogazione del credito all'economia reale e quindi mantenere l'occupazione. Tuttavia, dobbiamo limitare al massimo i costi per lo Stato, non solo perché abbiamo già un enorme debito pubblico, talmente grande che l'Italia è quel Paese dove la spesa per interessi sul nostro debito è superiore a tutta la spesa per istruzione e educazione, ma è un'enorme ingiustizia intergenerazionale che dovrebbe essere - quella sì! - la vera priorità di questo Governo.

Ma sappiamo molto bene che, invece, questo Governo guarda soltanto al beneficio elettorale nel corto termine. Preferisce fare debito per finanziare nuove pensioni invece di rilanciare l'economia con investimenti e diminuire quel debito. Un furto alla mia generazione e alle generazioni future.

Ma dobbiamo limitare il costo per lo Stato condividendo i rischi con gli attori privati che hanno diretto questo istituto per evitare un azzardo morale ed evitare che, appunto, gli utili siano privati ma le perdite siano pubbliche. Il rendimento deve essere collegato al rischio, altrimenti vincono sempre i furbi.

E, quindi, ben venga il principio di condivisione del rischio. Vogliamo trasparenza su quello che è accaduto e che ha potato Carige in questa situazione. Ben venga la trasparenza sugli interventi dello Stato e, quindi, apprezziamo che in Commissione siano stati approvati gli emendamenti di più parti politiche che chiedevano la relazione alle Camere da parte del MEF. È, dunque, la forza responsabile che ha governato questo Paese durante la più grave crisi economica del dopoguerra.

Sappiamo che sarebbe troppo facile, però, ascrivere lo stato di Carige solamente a comportamenti illeciti o a problemi di governance che non bisogna, comunque, assolutamente né sminuire né minimizzare. Ma se guardiamo ai bilanci e ai conti economici di Carige, intravediamo un istituto soffocato dal peso di crediti incagliati tra le sofferenze, le cui svalutazioni mangiano, da più di cinque anni, qualsiasi utile di esercizio. Crediti deteriorati frutto di una grave crisi economica specialmente dura in quei settori principali dell'economia ligure, quali il settore dei trasporti marittimi e il settore immobiliare. Le liti costanti tra i consigli di amministrazione e gli azionisti negli ultimi tre anni non hanno di certo giovato al faticoso percorso di risanamento e tracciano l'immagine di una governance del tutto inadeguata.

Ma per essere chiari andiamo dritti al punto vero di questo provvedimento, che mette in luce l'enorme ipocrisia di questa maggioranza.

È un provvedimento fotocopia di quelli approvati dai Governi precedenti, come hanno detto il Ministro Tria e le varie audizioni che abbiamo avuto in Commissione. Provvedimenti per i quali il MoVimento 5 Stelle e la Lega si sono opposti con tutte le loro forze: “non date i soldi alle banche”, dicevano e, ora, si ritrovano qui ad approvare in fretta e furia gli stessi identici provvedimenti. Siete dei populisti: per fortuna gli italiani lo stanno scoprendo, come rivela il risultato elettorale di oggi in Abruzzo, dove il MoVimento 5 Stelle ha più che dimezzato il suo consenso in undici mesi, passando dal 40 per cento delle elezioni politiche dell'anno scorso a meno del 20 per cento di oggi. Potete promettere tutto quello che volete, ma i nodi, prima o poi, verranno al pettine.

Esattamente due anni fa, in questa stessa Aula, nel febbraio 2017, l'attuale Presidente della Camera, Roberto Fico, allora relatore di minoranza al decreto-legge n. 237 del 2016, dichiarava: “Noi avremmo fatto chiarezza sui prestiti deteriorati della banca, sui legami tra i vari soggetti coinvolti, dagli amministratori alla politica, e avremmo fatto pagare il conto per le loro responsabilità. Questi sono tutti principi che in questo decreto non esistono, che non si trovano e di cui non vi è traccia”. Veramente, non ve ne è traccia neanche stavolta: lo stesso identico provvedimento, cari colleghi del MoVimento 5 Stelle. Il Presidente Fico concludeva così il suo intervento: “Quando si parla di banche, all'improvviso i soldi escono sempre, vengono sempre fuori ed è questo che dobbiamo cambiare: l'agenda politica del Paese, la mentalità del Paese e la cultura di questo Parlamento, che antepone gli interessi delle banche agli interessi dei cittadini”. I due partiti che allora non votarono quel provvedimento sono gli stessi partiti che oggi lo approvano: identico, uguale, sconfessando la pura demagogia della loro iniziativa politica ed istituzionale di allora. Sì, Presidente, questa è pura demagogia perché, a volte, quando il mercato fallisce, le banche sistemiche vanno salvate per evitare che l'economia crolli e salvare il lavoro di milioni di persone. Qualcuno avrà mai il coraggio di rivedere questo semplice concetto, in questo Paese?

Per noi il tema centrale è e rimane il lavoro, l'occupazione e capiamo, sappiamo il ruolo sistemico che ha Carige per l'economia ligure e l'economia italiana. Non faremo ostruzionismo e voteremo a favore del provvedimento.

Detto questo, chiediamo di fare luce su eventuali conflitti di interesse: da fonti stampa apprendiamo che un socio di lungo corso del Presidente del Consiglio, Guido Alpa, risulti essere stato consulente del gruppo Carige. Chiediamo che venga fatta trasparenza sulla questione.

Inoltre, sarebbe utile che il Governo chiarisca la sua posizione in merito al destino di Carige, il destino futuro. Il Ministro in audizione - lo menzionava poco fa il mio collega Claudio Mancini - ha indicato la preferenza per una soluzione privata, quindi l'acquisto da parte di un istituto più sano, invece il Vicepremier Di Maio ha più volte elogiato i vantaggi di una banca di Stato. Vorrei soltanto ricordare a tutti quanti gli onorevoli colleghi – e a lei, Presidente – che, nella storia di questo Paese e di moltissimi altri Paesi, le esperienze di banche commerciali di Stato non hanno certo brillato per efficienza o per etica. La nazionalizzazione deve essere l'ultima istanza e, comunque, temporanea.

Ci auguriamo una soluzione rapida e speriamo che non sia necessaria la ricapitalizzazione di Carige a carico dello Stato, aspettiamo di vedere il piano di ristrutturazione da parte dei commissari, il prossimo 27 febbraio. Ma parliamoci chiaro: sempre più istituti italiani si stanno sfilando, sempre meno istituti italiani si dichiarano interessati ad acquistare Carige. Dobbiamo, come Stato, incentivare l'aggregazione: per questo motivo, occorre isolare la mole di crediti deteriorati che pesano sulle spalle di Carige, evitando di creare buchi patrimoniali ingestibili. Occorre estendere al più presto le GACS, lo schema di garanzia dello Stato sulle operazioni di cartolarizzazione dei crediti in sofferenza: uno schema che ha contribuito a sostenere il mercato italiano dei crediti deteriorati e a smaltirne il volume, riuscendo a passare in pochi anni da 360 miliardi di euro a poco più di 200 miliardi di euro. È uno schema che funziona, perché non estenderlo, il prima possibile?

Occorre sostenere la Società per la gestione di attività, la SGA, l'intermediario finanziario pubblico specializzato nella gestione e nel recupero dei crediti deteriorati, ma, soprattutto - è questo il mio appello al Governo -, occorre agire in fretta: la politica economica sbagliata di questo Governo sta aggravando l'esistente rallentamento della congiuntura economica internazionale. Questo vuol dire una nuova recessione: se entreremo, speriamo di no, in una nuova recessione, le sofferenze attuali sarà molto più difficile recuperarle, si produrranno molte nuove sofferenze e sarà ancor più difficile tirare fuori Carige dal pantano in cui si trova.

Infine, il problema di questo provvedimento è anche la fonte delle coperture. Questi 1,3 miliardi si attingono dal Fondo per l'ambiente e dal Fondo per le organizzazioni multilaterali: anche qui, una scelta miope del Governo, che non capisce quanto la salvaguardia dell'ambiente e il multilateralismo siano obiettivi di interesse nazionale primario per l'Italia.

Venendo, più in generale, sul sistema bancario, pensiamo a trovare soluzioni pratiche, efficaci, prima fra tutte, la diminuzione dei tempi di recupero dei prestiti incagliati. Occorre agire per ridurre i tempi della giustizia ed estendere l'applicazione del patto marciano: questo è il motivo principale dietro ai pezzi compressi dei debiti incagliati, NPL, non fantomatiche collusioni ed allusioni. È questo il problema: è che la giustizia è troppo lunga, prende troppo tempo. Dobbiamo accelerare i tempi di recupero, lo dico in maniera pragmatica.

La stabilità finanziaria è una condizione necessaria per la tutela del risparmio: è un principio sancito dall'articolo 47 della Costituzione. Ricordiamoci che la stragrande maggioranza dei lavoratori non possiede beni immobili e non può diversificare: la liquidità depositata in banca, spesso, rappresenta l'unica protezione economica a loro disposizione. È quindi giusto tutelare i risparmiatori e che qualunque sottoscrizione di obbligazioni o azioni che siano state acquistate in circostanze ambigue e, comunque, senza una piena comprensione dei rischi associati debba essere rimborsata e l'ente venditore debba essere sanzionato. Neanche è giusto privare i cittadini del diritto di ricorso: da qui, i nostri emendamenti sul FIA, per cui deve rimanere impregiudicato il diritto di fare ricorso per ottenere il rimborso dei risparmi persi.

Per salvaguardare la stabilità finanziaria dobbiamo evitare di fare come nel 2009-2010, quando il Governo italiano si vantava di avere un sistema solido, di non aver bisogno di interventi, e sappiamo bene come è andata a finire. Occorre prepararsi alla prossima crisi e, quindi, completare al più presto l'unione bancaria - l'Unione Europea qui è parte della soluzione, non il problema -, implementando il piano di un fondo europeo per la risoluzione delle crisi bancarie. Solo così potremo recidere il circolo vizioso tra crisi bancarie e crisi del debito sovrano e solo così potremo affrontare le crisi giocando d'anticipo, creando l'equivalente europeo del TARP statunitense, quel fondo statale che, nel 2009, acquistò le sofferenze dalle banche americane, ripulendo i loro bilanci e, nel tempo, portando a plusvalenze, quindi generando un guadagno per i contribuenti di quel Paese.

Ma a voi non importa: in quanto populisti, guardate ovviamente ai fini elettorali di corto termine, non importa nulla delle conseguenze del lungo termine. Questo spiega il vostro attacco contro Bankitalia, di cui non sopportate l'indipendenza e l'autonomia d'azione, e la Consob, la nostra massima Autorità per la vigilanza dei nostri mercati finanziari, che avete ignorato per mesi, mesi nei quali abbiamo avuto la più alta volatilità sui mercati finanziari. Adesso nominate a capo di quell'Autorità un vostro Ministro, in barba a tutte le regole sull'incompatibilità. Non volete un pensiero indipendente o plurale, come avete dimostrato con le vostre proposte di azzeramento dei contributi all'editoria o l'occupazione di tutti gli enti pubblici possibili, fino al presidente dell'Agenzia spaziale italiana.

Ma, soprattutto, il miglior modo per salvaguardare la stabilità finanziaria, quindi, e assicurare la tutela del risparmio è la crescita, è tornare a crescere, invece di fare la caccia alle streghe. La vostra manovra si è rivelata recessiva, come attestano le ultime previsioni, che prevedono per l'Italia un più 0,2 per cento di crescita per il 2019: meno male che il vostro DEF prevedeva un più 1,5. Per la prima volta, dopo anni, in piena controtendenza all'area euro, le banche italiane stanno già restringendo le loro condizioni di erogazione del credito, segnalando un aumento dei loro costi di finanziamento. Guardiamoci intorno: il QE è terminato; a giugno di quest'anno, le banche, le nostre banche dovranno ricominciare a ripagare gli strumenti di liquidità offerti dalla Banca centrale europea, i TLTRO; lo spread è salito, e di questo ne parliamo tutti i giorni.

Con la recessione aumenteranno le sofferenze, interrompendo tre anni di discesa costante dei debiti incagliati. Ci state portando a sbattere. Invece di finanziare pensioni e attuare una politica decrescista ostile agli investimenti, rilanciate le infrastrutture e applicatevi per attuare l'unione bancaria il prima possibile, invece di usare ancora l'Unione europea come capro espiatorio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Trano. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, rappresentanti del Governo, giusto novant'anni fa, con il crollo dei titoli nelle principali borse mondiali, prendeva avvio la crisi del 1929. Allora, la Commissione di banchi di credito, tradizionale banca speculativa, ha affondato gli istituti di credito che avevano in pancia niente più che carta straccia. Le ragioni di quella crisi, che influenzarono anche la ben nota Teoria generale di John Maynard Keynes ed il convincimento dell'utilità di misure atte a rafforzare lo Stato sociale si sono ripetute nel tempo in una spirale vichiana, che ha visto in gioco strumenti finanziari sempre più complessi, tra questi anche la cartolarizzazione di crediti inconsistenti, come nella vicenda dei mutui subprime.

La discussione che ci accompagnerà verso l'approvazione del decreto-legge Carige è figlia anch'essa di una serie di vicissitudini bancarie che hanno distrutto la vita di migliaia di persone perbene. Oggi vi poniamo rimedio, mettendo i risparmiatori al primo posto. Nessuno di loro sta riempiendo piazze o meditando atti autolesionistici: come mai, perché? Semplice, perché nessuno dovrà rinunciare ad un solo euro. L'azzeramento dei valori in possesso di azionisti e obbligazionisti avvenuto per quattro banche popolari sotto il Governo Renzi ha influito negativamente; almeno in un caso accertato ci fu una scelta suicida. Nubi altrettanto fosche hanno coinvolto coloro che avevano interessi nelle due banche venete, le cui crisi sono state oggetto di intervento da parte del Governo Gentiloni. Noi siamo intervenuti prima che Banca Carige scivolasse nell'insolvenza. A noi spetta l'arduo ma necessario compito di cambiare registro: non dovrà più ripetersi che un'azione passi da 11 euro - questo era il valore nel 2013 - a 15 millesimi di euro, come è avvenuto sotto gli occhi dei Governi che ci hanno preceduto; non dovrà più ripetersi che una banca - come è avvenuto sempre nello stesso anno - chiuda un bilancio in negativo per 1,78 miliardi; non dovrà più ripetersi che un presidente faccia il bello e il cattivo tempo per oltre vent'anni, concludendo la sua carriera con l'accusa di associazione a delinquere di carattere transnazionale, finalizzata alla perpetrazione di truffe ai danni di Banca Carige e di Carige Vita Nuova. Le cronache attribuiscono un maneggiamento di 22 milioni di euro. Non ci saranno più attese supine di fronte ai 546 milioni di perdite del 2014, ai 130 milioni del 2015, ai 296 milioni del 2016, ai 388 milioni del 2017, ai 189 milioni del 2018, dato, questo, riferito al terzo trimestre.

Dal 2012 al 2018 le rettifiche sui crediti hanno lambito i 3,6 miliardi e costretto a tre aumenti di capitale: circa 800 milioni di euro nel 2014, 850 milioni nel 2015, fino ad arrivare all'ulteriore ricapitalizzazione di 560 milioni nel 2017.

La storia più recente ha visto la famiglia Malacalza, azionista con il 10,5 per cento, salire fin oltre il 20 per cento tra il 2017 e il 2018 e ha visto un'emorragia di depositi. Vi ha posto riparo, come auspicato dal nostro Governo, il Fondo interbancario di tutela dei depositi, attraverso la sottoscrizione di un prestito subordinato da 320 milioni di euro. Per fare fronte a questo prestito c'è bisogno di un nuovo aumento di capitale da 400 milioni, ma l'azionista di riferimento si rifiuta di fare la sua parte. Proprio la famiglia ha ricordato che i propri assistiti hanno già investito 400 milioni di euro in varie operazioni di salvataggio nel recente passato. Il “no” dei Malacalza ha provocato dimissioni a catena con conseguente decadenza del CdA; il 2 gennaio 2019 la vigilanza BCE ha commissariato Banca Carige. Se ci sarà l'intervento pubblico, questa volta sarà per nazionalizzare Carige, mentre in passato si sono ripulite le banche in crisi con i soldi pubblici per svendere le parti buone, good bank, ad altre banche private. Tre delle quattro banche popolari sono state regalate a UBI Banca, che le ha pagate la bellezza di un euro, mentre le due venete sono andate a Banca Intesa, sempre ad un euro. Addirittura, Intesa ha ricevuto 5 miliardi di euro dei contribuenti per non correre alcun rischio dopo l'acquisizione dei crediti sani delle due venete e per mantenere intatti i requisiti patrimoniali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Paradossalmente, le crisi recenti presentano un corto circuito proprio in quello che rappresenta lo strumento classico dell'attività bancaria, ovvero la concessioni di credito. La leva creditizia, unico strumento di approvvigionamento di capitali, fino all'avvento della disintermediazione, è stata vanificata in Italia non solo dalla speculazione. La governance di alcune aziende, infatti, è stata condizionata, purtroppo, da una leva molto meno nobile, quella politica, intesa in senso deteriore. Il risultato finale è stata l'esplosione dei crediti deteriorati e la necessità di smaltirli, troppo velocemente, a causa dei vincoli europei in merito. Ma qui, purtroppo, non siamo davanti a un campo di quadrifogli in mezzo a un fiorellino. Carige, infatti, è solo l'ultima banca entrata in crisi negli ultimi anni, dopo le quattro banche popolari salvate nel 2015, dopo la ricapitalizzazione di MPS a fine 2016 e le due banche venete salvate nel 2017.

Per evitare che ciò succeda di nuovo occorre rendersi conto dei fattori che hanno fatto diventare il nostro sistema bancario nazionale quello più fragile d'Europa, mentre nel 2008 era tra i più sani. In primo luogo, le politiche di austerità iniziate nel 2011 dal Governo Monti e portate avanti servilmente dai Governi PD, come richiedevano i vincoli di bilancio europei. Il crollo della domanda interna e dell'occupazione che ne è seguito ha prodotto fallimenti a catena ed insolvenze che hanno creato il mostro dei crediti deteriorati. Dal 2012, il rapporto tra crediti deteriorati e impieghi delle banche sale esponenzialmente. Poi, un secondo contributo viene dall'asimmetria della vigilanza unica europea, che ignora i titoli liquidi di “livello 2” e “livello 3” di cui sono piene le maggiori banche francesi e tedesche - Deutsche Bank su tutte - e si concentra esclusivamente sui crediti deteriorati che, a causa dell'austerità, colpiscono soprattutto le banche italiane. Infine, la gestione politica del credito che espone le banche verso grandi debitori spesso non meritevoli di credito. La mancata restituzione di questi crediti provoca ulteriori buchi nei bilanci bancari che vengono scaricati su tutti i risparmiatori della banca attraverso il bail-in o il burden sharing.

I primi due fattori spiegano perché sia tutto il sistema bancario italiano a soffrire e non solo qualche banca isolata o mal gestita. In questo contesto, già sfavorevole per il nostro sistema creditizio, sta tornando anche la recessione, dato che la congiuntura internazionale positiva del periodo 2014-2017 ha lasciato il posto alle tensioni commerciali Usa-Cina, al rallentamento cinese e della locomotiva tedesca, all'opzione sempre più concreta di una Brexit traumatica per l'Unione europea. Se la Borsa italiana da maggio ha perso il 25 per cento, il comparto bancario in particolare ha perso il 40 per cento. Un ruolo centrale lo sta giocando la normativa europea, che continua a irrigidire le condizioni sui crediti deteriorati, imponendo, ad esempio, a Monte Paschi di svalutare al 100 per cento non solo i crediti deteriorati del passato, ma anche quelli di nuova formazione. Al tema dei crediti deteriorati si affianca anche quello dei nuovi requisiti MREL, Minimum requirement for own funds and eligible liabilities, decisi sempre in sede europea. Si tratta di un cuscinetto di titoli soggetti al bail-in che le banche europee devono costruire e conservare per rispondere ad eventuali situazioni di crisi. All'aumento della reputazione potrebbe, a ragion veduta, corrispondere una minore operatività.

Ad un quadro esogeno ed endogeno così complesso come quello che abbiamo ereditato, insieme a crack, azzeramento di risparmiatori e mancati risarcimenti, abbiamo reagito senza infingimenti. Prima di tutto, abbiamo moltiplicato per 15 il ridicolo Fondo risparmiatori del Governo Gentiloni: un miliardo e mezzo stanziati nella manovra del popolo che andranno agli azionisti e agli obbligazionisti colpiti proprio da chi oggi vuole darci lezioni.

Secondo: siamo intervenuti tempestivamente su Carige, evitando guai molto peggiori. Se basteranno 300 milioni di euro di garanzie pubbliche, è bene se servirà la ricapitalizzazione della banca ligure, in quanto lo Stato ne diventerà proprietario. Niente regali ad altre banche private sulle spalle di risparmiatori e contribuenti. Se lo Stato mette i soldi in una banca, i cittadini diventano proprietari: questa è la nostra unica equazione. Terzo: abbiamo approvato in Commissione un emendamento al decreto Carige, a firma del collega Giovanni Currò, che impone al Ministero dell'economia di pubblicare i nomi dei debitori di Carige di una certa dimensione che sono diventati insolventi. Ogni quattro mesi, infatti, una relazione con questi nomi dovrà essere presentata alle Camere e chi ha avuto accesso al credito senza merito, ma per legami politici, non rimarrà più nell'anonimato: i manager colpevoli devono pagare.

Altri emendamenti decisivi, che rispondono a battaglie storiche del MoVimento 5 Stelle in tema di banche, saranno ripresentati nei prossimi provvedimenti. Ci riferiamo all'inasprimento delle pene per i reati bancari, al tetto al compenso dei manager di banche partecipate dallo Stato, alla cauzione da parte dei manager per riparare eventuali futuri danni nella gestione della banca, alla trasparenza su crediti deteriorati. Impediremo le porte girevoli tra vigilanti e banche vigilate.

Contiamo, come annunciato dal nostro Vice Premier Luigi Di Maio, di separare una volta per tutte le funzioni delle banche di investimento speculativo da quelle delle banche di credito ordinario, con il Glass-Steagall Act, si avvicina alla fine delle banca universale, che ha creato danni immensi alla stabilità finanziaria internazionale.

E infine - ed è questo, a mio avviso, il punto più importante -, l'Unione europea non può funzionare a corrente alternata. Ci batteremo negli organismi competenti per riformare il sistema di vigilanza bancaria unica e per completare l'unione bancaria: o si introduce il cosiddetto terzo pilastro, ovvero la garanzia comune europea sui depositi, o il sistema attuale, incompleto, svantaggia il nostro sistema creditizio perché si limita a vigilare in maniera asimmetrica sulle banche europee e a risolvere le crisi bancarie con il cosiddetto bail-in, colpendo indiscriminatamente risparmiatori grandi e piccoli.

Le banche italiane si devono concentrare sul loro ruolo di motore dello sviluppo a livello locale, nazionale ed internazionale. Fuori la politica dalle banche! Dentro i risparmiatori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mauro Del Barba. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BARBA (PD). Grazie, Presidente, onorevoli colleghi. L'esame del disegno di legge: “Conversione in legge del decreto-legge 8 gennaio 2019 n. 1, recante misure urgenti a sostegno di Banca Carige Spa, Cassa di Risparmio di Genova Imperia” dovrebbe vedere quest'Aula, il Parlamento e il Governo svolgere una pratica di normale amministrazione e sostanzialmente certificare un atto di copia conforme all'originale. Avrebbe fatto bene il Governo, venendo qui, portando semplicemente una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, di conformità all'originale di copia, una bella marca da bollo da 16 euro e chiedere al Parlamento di prenderne atto in maniera burocratica, di prendere atto del primo decreto-legge copia-incolla di questa legislatura. Invece, anche a giudicare dalla presenza in Aula, abbiamo ben sette parlamentari di maggioranza su oltre 300 - una volta andava di moda il film “Prendi i soldi e scappa”, oggi funziona un po' al contrario: “Metti i soldi e scappa” - probabilmente ci sono dei motivi per cui qualcuno decide di scappare e non mettere la faccia su questo provvedimento. E allora io suggerirei, dopo esserci soffermati anche con i colleghi sui contenuti del provvedimento, di andare a capire quali siano questi motivi che hanno indotto l'intera Aula a mettere i soldi e scappare, svignarsela, darsela a gambe, parlare d'altro, parlare dell'oro d'Italia, insomma di qualsiasi argomento oggi possa servire a coprire ciò di cui noi, Presidente, discutiamo qui in Aula. Certo, poteva non essere il massimo per una sedicente maggioranza del cambiamento, ma avrebbe risparmiato al Paese il prezzo di una farsa, l'ennesima peraltro, di cui né Banca Carige, né i genovesi, né i risparmiatori di quella banca, né il mondo finanziario, e neppure la totalità degli italiani, avrebbero bisogno.

Del resto, il Ministro Tria ci ha pure provato in audizione a cavarsela a buon mercato, a far passare inosservata la più clamorosa delle smentite elettorali. E sì perché qui qualcuno ricordava le promesse elettorali, questa è la più clamorosa delle tante smentite elettorali che questa maggioranza ha già inanellato, quando il Ministro Tria, bello e serafico, per levarsi di dosso l'ignobile accusa di aver copiato - tema che, da professore, deve averlo indignato, deve averlo trovato inaccettabile - ha spiegato in audizione alla Commissione finanze e bilancio, parole testuali: “Se un fatto specifico è simile a un altro, la norma è la stessa ed il decreto è uguale. Non vedo come si possa fare un decreto in modo diverso. Forse mi potevo applicare e parafrasare delle cose o infiocchettare il decreto, però togliamo questo discorso”. Ecco, già, togliamo questo discorso: certifichiamo che si tratta di copia conforme e andiamo avanti, facendo il tifo per i correntisti di Carige, i suoi dipendenti, i numerosi territori in cui vi sono famiglie risparmiatrici e imprese che necessitano di credito per sostenere i loro sviluppi e l'economia locale. Si tratta di sostenere una banca in un momento di difficoltà, dunque proteggere i risparmiatori, garantire il finanziamento a chi investe e lavora. Si tratta, come sempre, come è avvenuto nella scorsa legislatura, di intervenire per il bene comune, dentro le regole date, in un contesto difficile.

Dunque, benissimo il copia-incolla e certificata la copia conforme, nessun rimprovero al Ministro Tria per aver copiato. Ha fatto bene; caro Ministro, lei è promosso. Eppure, così non è stato, non ci siamo fermati qui, non abbiamo portato in Aula una normale pratica amministrativa; no, questi sessanta giorni che sono concessi al Parlamento per la conversione, che avrebbero potuto passare rapidamente nell'interesse di tutti, veloci, quanto il tempo di mettere questa marca da bollo di 16 euro, sono stati trasformati, ancora una volta, da questa maggioranza, anche poco fa, qui in Aula, in una sarabanda di dichiarazioni da teatro dell'assurdo, alternate a depistaggi degni dei migliori servizi e addirittura utilizzati per inserire regolamenti di conti tra bande.

Andiamo con ordine e andiamo a vedere di che cosa si tratta. Se il Ministro Tria, promosso, può ben essere capito quando si schermisce e in fondo ci dice: “Ho fatto la stessa cosa dei Governi precedenti perché è l'unica cosa giusta e possibile che si può e si deve fare in questi casi”, lo stesso non possono dire gli onorevoli Ministri di questa maggioranza, che, quando a fare la stessa unica cosa giusta e possibile fummo noi, la maggioranza della precedente legislatura, con il Governo Gentiloni, questi stessi, oggi Ministri, incendiarono gli animi e sobillarono le folle, gridando allo scandalo in ogni modo possibile, senza minimamente vergognarsi del fatto che stessero prendendo in giro i cittadini. Caro collega, se si domanda perché oggi non ci sono i cittadini nelle strade, bene, la causa principale è una, perché non ci sono più degli irresponsabili a sobillarli, questo è il motivo, il motivo principale.

Ebbene, questa mistificazione della realtà che fu fatta allora, usando un argomento difficile e scottante come quello delle banche, difficile da comprendere, per far salire la rabbia, la rabbia delle persone, già duramente provate dalla crisi economica e spesso colpite personalmente dalla crisi delle banche, ecco con quei comportamenti gli uomini che oggi ci governano e che firmano questo decreto fotocopia, allora contribuivano ad allontanare la soluzione per le banche in crisi, a gettare ombre sul settore finanziario, sfiducia nelle istituzioni, a scoraggiare i capitali privati che avrebbero potuto intervenire e non solo evitare crisi, ma anche dolorose perdite ai risparmiatori. E ancora oggi si ha il coraggio di parlare di casi drammatici che hanno riguardato persone, ancora oggi, in quest'Aula. Inquinare i pozzi – inquinare i pozzi – era il loro mestiere; oggi fanno i Ministri e, costretti a bere l'acqua di quei pozzi, non trovano di meglio da fare che ripetere i nostri interventi e scappare via, appunto, “metti i soldi e scappa”, cercare di parlare d'altro, provare a nascondere la realtà, che presenta loro beffardamente il conto.

Se avesse un minimo di coscienza, l'onorevole Ministro Di Maio, oggi dovrebbe sedere al suo posto, dove stava esattamente due anni fa, qui in Aula, e fare come allora, quando l'8 marzo 2017, alla Camera dei deputati, dopo le comunicazioni del Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, criticava il Governo per aver deciso di salvare le banche italiane e diceva: “Poi è arrivato lei, Presidente Gentiloni. Il suo primo atto politico un decreto per trasferire 20 miliardi di euro alle banche. Complimenti”! Complimenti a lei, Ministro Di Maio, con l'aggravante che lei non è al suo primo decreto.

Prima di regalare i soldi alle banche, per usare il linguaggio che lei usa e che noi non condividiamo, prima di questo, ha pensato bene di creare alcune decine di migliaia di disoccupati, non si è fatto mancare proprio nulla, Ministro Di Maio.

Ma l'onorevole Di Maio non era certo il solo: il decreto originale “salva MPS”, quello che ora la Lega e il MoVimento 5 Stelle ci chiedono di approvare, venne utilizzato nella propaganda dell'onorevole Di Battista, ce lo ricordiamo, che continuamente chiosava, prima di partire per il Sudamerica e il Guatemala, che questo decreto regalava soldi alle banche private, mentre la soluzione che loro avrebbero adottato, non appena avessero preso il potere, cioè oggi, ma non mi sembra che sia questa, sarebbe stata quella di renderle pubbliche. Questa era la favola rivoluzionaria che veniva raccontata. Il decreto Gentiloni era la spazzatura imperialista degli amici delle banche, la soluzione del popolo, il distillato della rivoluzione; sarebbe stato il ritorno alle banche pubbliche, paradiso dei risparmiatori, somma sublime dei dettati costituzionali.

Apro e chiudo una parentesi: ci sarebbe da dire che allora su questo stesso decreto l'attuale maggioranza si impegnò a lungo per dimostrare che fosse incostituzionale, però sappiamo che questi esercizi spesso vengono fatti solo per allenamento giuridico, e unica vera garanzia di gestioni oculate nell'interesse pubblico; questa narrazione non risparmiò nessuno dei membri che oggi si affrettano a copiare Gentiloni, nemmeno l'onorevole Villarosa, oggi sottosegretario al MEF, che sanciva solennemente: l'unico modo per risolvere i problemi di tutti i risparmiatori di MPS, mutatis mutandis oggi dovremmo dire di Carige, ma non solo, di tutto il sistema bancario nazionale, è quello di nazionalizzare la banca. Ed eccoci qui: nessuna nazionalizzazione, nessun cambiamento, solo la mera ripetizione di quanto allora si criticava.

Capite, onorevoli colleghi, perché non si poteva celebrare con rapidità questo atto dovuto? C'era il rischio che qualcuno per strada, a distanza di due anni, se le ricordasse queste promesse e potesse fermare i nostri eroi, chiedendo loro spiegazioni. Bisognava allora cercare di raccontare altro, di mostrare la luna perché si vedesse il dito, o il contrario. Capiamo, dunque, l'imbarazzo che deve aver colto tutta la maggioranza, tutta quanta, perché, se i pentastellati a suo tempo organizzarono vere e proprie scorribande mediatiche per coprire di falsità gli interventi del Governo a favore dei risparmiatori, vagheggiando favori agli amici degli amici, le solite accuse generiche, la Lega non fu da meno: silenzio di tomba sulle banche venete, dove nella gestione avevano lasciato qualcosa di più delle proprie impronte digitali, non paghi dell'esperienza con Credieuronord, la banca fallita della Lega. E poi, dopo questo silenzio di tomba, grancassa del populismo su tutto il resto, con una doppia morale che riesce ad essere addirittura peggiore di quella pentastellata: cosa c'è di meglio per coprire la propria storia, quella torbida della Lega e della sua banca, che mimetizzarsi nel gran carnevale messo su dai Cinquestelle? Cosa c'è di meglio che una enorme crisi economico-finanziaria per far perdere le tracce delle proprie malefatte? Un piano perfetto, complimenti, che rischia di essere rovinato proprio dal decreto che stiamo esaminando e che potrebbe indurre qualche osservatore a soffermarsi, a riflettere, a mettere insieme i puntini, comporre il disegno che svelerebbe quanto i cittadini siano stati truffati, questa volta sì, da questa maggioranza cinica e spregiudicata.

Non è un caso se abbiamo visto in scena almeno due copioni: quello leghista, improvvisamente governativo, pronto ad ammettere che gli interventi sono fotocopie, giusti, tempestivi, quello che va fatto pur di archiviare la vicenda e non parlarne più; e quello pentastellato, che si rivolge, anche oggi da quest'Aula, al proprio pubblico, ai propri elettori in fuga, c'è qualcun'altro che scappa, cercando prima di spiegare differenze che non esistono e poi, contando sul fatto che in fondo chi ascolta non ci capisce granché, spiegando a più voci e ai massimi livelli che in fondo loro stanno facendo una cosa differente, stanno pubblicizzando Carige.

A dire il vero, la mistificazione di Governo si spinge anche più in là: nei propri blog, senza pudore, mentono ai propri sostenitori, accostando questo provvedimento - e io mi sorprendo che sia stato fatto pochi minuti fa, ancora - a quello delle quattro banche, ben sapendo che siamo di fronte a situazioni differenti, imparagonabili; un conto è una banca in risoluzione e ben altra cosa è una ricapitalizzazione precauzionale; un conto una banca sistemica, un'altra cosa una banca territoriale.

Ma torniamo alla pubblicizzazione, alla nazionalizzazione della banca, ciambella di salvataggio mediatica a cui hanno tentato di aggrapparsi i saltimbanchi a Cinquestelle: Di Maio cosa diceva? Cosa ha detto poco fa? Per il MoVimento 5 Stelle e per il Governo in carica - per il Governo in carica, eh, ha parlato anche per voi! - o si nazionalizza oppure non si mette un euro nella banca; se i cittadini mettono i soldi in una banca, allora quella banca diventa dei cittadini, ce la prendiamo come Stato e la cominciamo ad usare per dare i crediti alle imprese in difficoltà, per migliorare i mutui alle famiglie, per aiutare di più i giovani. Quindi, l'intervento fotocopia fatto da questo Governo, secondo il Vicepremier Di Maio, darebbe luogo a ben altri scenari.

La sera, probabilmente, visto che è questa l'intenzione, faranno seguire un corso di formazione online a qualche sottosegretaria, magari all'onorevole Castelli che ha già fatto una certa esperienza col corso sul bilancio pubblico in un'oretta e può benissimo seguire quello di banchieri for dummies. E, belli belli, si mettono, dopo questo corso, a fare quello che il cattivo mercato non sa fare: siccome anche solo il pensiero di questa sorte, lo capiamo bene, avrebbe fatto scappare a gambe levate investitori, risparmiatori e perfino i dipendenti di un istituto di credito, il Ministro Tria si è dovuto affrettare a correre in Parlamento e dichiarare: nessuna nazionalizzazione, il Governo auspica una soluzione privata che consenta il superamento in via definitiva delle attuali criticità. E ancora - e attenzione, perché questo è importante - per quanto attiene alla ricapitalizzazione precauzionale, qualora si realizzassero i presupposti per un tale intervento, andrebbero avviate le interlocuzioni con le istituzioni europee competenti, al fine di negoziare la dimensione della misura di aiuto, il piano di ristrutturazione, nonché il termine massimo - colleghi, il termine massimo! - entro il quale la banca dovrebbe essere restituita al mercato. Si ricorda, infatti, dice sempre il vostro Ministro ed è scritto nel decreto, che la ricapitalizzazione precauzionale è una misura temporanea e il suo accostamento alla nazionalizzazione appare improprio. Chiaro? Improprio! Anche oggi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

I mercati, i commissari di Carige, chiunque abbia a cuore le sorti di questo istituto di credito, le istituzioni europee, hanno preso atto di queste dichiarazioni e fortunatamente si prosegue lungo questa direzione, l'unica possibile per sostenere questa banca. I sostenitori del Ministro Di Maio e di questa maggioranza sono, invece, costretti, ancora oggi, a sorbirsi la panzana della nazionalizzazione, che ancora viene esibita nel blog a Cinquestelle e raccontata in quest'Aula.

Cosa dovremmo commentare, signor Presidente, onorevoli colleghi, qui, in quest'Aula? La norma, la sua corretta applicazione, i delicati passaggi che ne conseguono? O forse dovremmo commentare le bugie, che senza vergogna vengono raccontate ai cittadini, ad alte cariche dello Stato? In un Paese normale, come quello che vogliamo torni presto ad essere questo Paese, dovremmo discutere della norma, qui, nel Parlamento, il luogo costituzionalmente deputato a questo dibattito, ma noi non siamo più un Paese normale e un Parlamento normale, soprattutto quando parliamo di banche.

Almeno in questo caso non hanno provato a spiegarci che il decreto-legge è sì lo stesso sulla carta, ma questa volta è stato scritto col cuore.

La norma dunque va commentata; e trattandosi di una copia conforme, basterebbe mettere agli atti, signora Presidente, gli interventi che nella scorsa legislatura pronunciarono i parlamentari di maggioranza. Troveremmo la spiegazione e la condivisione di quanto in questi anni difficili venne messo a punto nel suo complesso per sostenere gli istituti di credito, e che qui viene ribadito: garanzia dello Stato per nuove emissioni di passività, strumenti per far fronte alle crisi di liquidità, interventi di rafforzamento patrimoniale con autorizzazione al MEF a sottoscrivere o acquistare azioni della banca. Quello che abbiamo disegnato con la fatica di anni, non con le chiacchiere, esattamente ribadito con gli stessi tecnicismi e con le stesse forme tecniche.

E così ci siamo visti arrivare in Commissione finanze, siccome questa cosa non poteva essere accettata, una serie di emendamenti che promettevano, loro sì, di fare la rivoluzione nel mondo del credito con l'introduzione di norme anti establishment. Capite? Il decreto-legge è uguale, inaccettabile. Allora, il Parlamento interviene, farà finalmente qualcuna di quelle misure demagogiche che venivano urlate per le strade. Sono stati scritti gli emendamenti, attenzione, il cambiamento è in arrivo, attenzione. Di cosa parlavano questi emendamenti? Si andava dall'inasprimento delle pene e delle sanzioni per i dirigenti degli istituti di credito, alla riduzione degli oneri delle crisi bancarie a carico dello Stato, dal limite ai compensi dei dipendenti di banche foraggiate dallo Stato alla stretta sulle cosiddette porte girevoli, ovvero un innalzamento da 2 a 6 anni del divieto per i dipendenti di Banca d'Italia di passare in altre banche. Sostanzialmente, alcune delle ipotesi che si dice saranno oggetto del lavoro della Commissione d'inchiesta sulle banche, anticipate frettolosamente in questo decreto-legge per effettuare un provvidenziale maquillage. Siccome iniziava a cedere il castello di bugie eretto dai 5 Stelle, occorreva esibire uno scalpo. In fondo non era stato il Vicepremier Di Maio a dichiarare: “Il sistema bancario la deve pagare e la pagherà”? Che ne è stato di questi emendamenti, questo grande cambiamento arrivato in Commissione finanze? Respinti, autobocciati, praticamente erano uno specchietto per le allodole; anzi, a guardarli bene, ed è anche peggio, più che emendamenti sembravano avvertimenti. E per cosa? Ancora una volta, per la vicenda Consob, ovviamente.

Insomma, non vi siete fatti mancare nulla, colleghi della maggioranza: in un provvedimento fotocopia, dove avreste dovuto apporre una marca da bollo e tirare diritto, siete riusciti a metterci anche le liti e le minacce tra bande per fare pressioni sulla nomina del presidente di Consob, alla faccia della tutela dei risparmiatori! La cosa triste è che questa propaganda continuerà: ce lo dicono i giornali, ce lo dicono le vostre dichiarazioni sulla prossima Commissione d'inchiesta sulle banche, almeno stando a sentire il ruolo che voi vorreste attribuire alla Commissione. Mentre i fatti vi costringono a seguire pedissequamente l'operato che avete criticato in passato, non rinunciate a fare danni con dichiarazioni improvvide: nemici da esibire. false notizie, mentre questo Paese avrebbe bisogno di stabilità e chiarezza delle regole! Non sarete voi, non sarete voi a darle: purtroppo lo sappiamo, perché non ne siete capaci, e soprattutto perché non lo volete. A voi servono risparmiatori arrabbiati, disoccupati da illudere, giovani sfiduciati, Paesi stranieri nemici. Oggi, copiando e approvando questo provvedimento, fate una cosa giusta, ma, nonostante questo, continuate a trasmettere sfiducia: quel veleno che distrugge quanto abbiamo ricostruito, e quanto gli italiani si ostinano, nonostante voi, a ricostruire anche oggi.

Continuate, continuate pure a spargere odio e a vendere illusioni. Intanto le urne iniziano a segnare un'inversione di tendenza, il futuro del populismo è già segnato, il tempo è galantuomo. Lo è oggi, consegnando in quest'Aula la verità su quanto noi facemmo sulle banche, a tutela dei risparmiatori; e lo sarà domani, quando, una dopo l'altra, cadranno le vostre bugie, molto prima che diventino pericolose disillusioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Francesca Anna Ruggiero. Ne ha facoltà.

FRANCESCA ANNA RUGGIERO (M5S). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, nel corso dell'ultimo decennio la crisi economica, unitamente ad una gestione spregiudicata, imprudente, inadeguata da parte dei vertici aziendali delle banche italiane, ha portato al collasso di banche, anche di rilevanti dimensioni come Carige, ma soprattutto a gravi ricadute sul sistema economico nel suo complesso. Le banche hanno ribaltato i loro costi, i più elevati d'Europa, sui loro clienti, i prestiti a famiglie e imprese sono diventati più onerosi, con gravi restrizioni del credito all'economia reale. La stretta creditizia, il credit crunch, in un'economia come quella italiana, centrata sul credito bancario, è senza dubbio uno dei principali elementi che ha contribuito alla più grave recessione dal dopoguerra. Nel decennio 2007-2017 il PIL si è ridotto del 10 per cento, la produzione industriale del 25 per cento, gli investimenti del 30 per cento, con una miriade di imprese in fallimento e ricadute gravissime sull'occupazione. Le famiglie e le imprese italiane hanno incontrato crescenti difficoltà a far fronte ai debiti contratti con le banche; i problemi dei debitori si sono ben presto trasmessi ai creditori, le banche, che hanno accumulato percentuali crescenti di crediti deteriorati. Basti pensare che nell'anno più critico, il 2015, l'incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei prestiti ha raggiunto il 22 per cento, che vuol dire che un prestito su cinque era in sofferenza.

Le crisi bancarie hanno determinato oneri elevati per lo Stato italiano: oltre al costo per il bilancio dello Stato, e quindi per l'intera collettività, altrettanto elevato è stato il costo del collasso bancario e della cattiva e imprudente gestione sofferta dai risparmiatori. Ancora oggi la gestione del credito bancario si realizza mediante il classico metodo delle riserve frazionarie, contabilizzate in partita doppia: un sistema che se nel recente passato aveva una sua ratio, dettata dall'esigenza di garantire il valore della moneta con una contropartita reale, oggi invece, a causa dell'immensa capacità produttiva di cui si dispone, è diventato del tutto anacronistico. Si rende pertanto necessaria una rivisitazione dei dettati contabili, atti ad eliminare le distorsioni che il modello citato genera, soprattutto allorquando l'erogazione del credito non trova riscontro nella rispettiva restituzione. Ed, infatti, ad esplodere in questi anni sono stati in particolare i crediti in sofferenza, i cosiddetti non performing loan per intenderci: i crediti deteriorati hanno raggiunto il picco massimo di 360 miliardi di euro, di cui oltre 200 miliardi in sofferenze. E non ci si poteva aspettare uno scenario diverso, in quanto un imprenditore che contrae un prestito al fine di fare investimenti che poi si rivelano improduttivi a causa della crisi economica, non ha, per definizione, le risorse finanziarie per onorare il prestito contratto, ancorché eccessivamente oneroso, e inevitabilmente il suo diventa un credito in sofferenza.

Ma se si analizza la qualità del credito erogato, emerge con chiarezza che, a fronte di situazioni di oggettiva difficoltà dei debitori, vi sono affidamenti imprudenti e rischiosi, con gravi responsabilità amministrative e anche penali dei vertici e dei consigli di amministrazione delle banche. Spesso emerge che i prestiti bancari di maggior rilevanza vengono erogati nei confronti di soggetti appartenenti al medesimo gruppo o trust creditizio-finanziario dell'istituto erogante, o ad esso riconducibile, ed è in quelle sacche che si forma la parte più cospicua del credito deteriorato.

Negli anni, l'intervento degli organi di controllo è stato spesso poco tempestivo, perché poco tempestivi sono stati gli accertamenti e le denunce degli organi amministrativi di riferimento: nonostante l'Unione europea, a partire dal luglio 2013, abbia dettato le regole comuni e uniformi per gestire le crisi bancarie, in modo da evitare il collasso delle banche e le gravi conseguenze sull'intero sistema creditizio, che ricadono inevitabilmente sui risparmiatori e cittadini. Non a caso, l'insieme delle regole si chiama Meccanismo unico.

Alla fine del 2014, nei sistemi di vigilanza europei, è stata imposta una svolta decisiva: la vigilanza BCE subentra agli organi nazionali nella supervisione di oltre cento istituti significativi, quelli con oltre 30 miliardi di euro di attivi, con l'obiettivo di eliminare gli NPL dai bilanci bancari. Il problema è che la cessione di questi NPL non avviene senza conseguenze. Il rischio, infatti, di sacrificare la redditività delle banche è provocare il crollo della loro capitalizzazione. I prezzi di cessione dei crediti deteriorati nel 2017 sono stati pari al 26,2 del valore iniziale per i crediti assistiti da garanzie reali come immobili e al 9,9 per cento per i crediti senza garanzia, valori che, se confrontati con il tasso di recupero delle banche sui crediti deteriorati non ceduti pari al 44 per cento, mostrano quanto grande sia stato il sacrificio imposto al nostro sistema. Un'impressionante forbice di quasi venti punti che è stata trasferita dai bilanci delle banche a quelli di un manipolo di grandi operatori specializzati nell'acquisto a basso prezzo e nella successiva valorizzazione di crediti deteriorati. Il 2 gennaio è toccato alla Banca Carige. A seguito della mancata approvazione da parte dell'assemblea straordinaria di Banca Carige, convocata in un'unica convocazione in data 22 dicembre 2018, della proposta di aumento del capitale sociale per l'importo massimo complessivo di 400 milioni, è stata disposta dalla Banca centrale europea l'amministrazione straordinaria di Banca Carige al fine di assicurare maggiore stabilità e coerenza al governo dalla società e consentire il proseguimento dell'attività di rafforzamento patrimoniale dell'istituto. Il Governo ha emanato il decreto-legge in considerazione della straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni volte a garantire a Carige misure di sostegno pubblico al fine di garantire la stabilità finanziaria e assicurare la protezione del risparmio. Carige ha circa 4.500 dipendenti e nel 2017, con 516 milioni di fatturato, ha perso 388 milioni di euro ed è stata investita in pieno da questa politica. Cessioni, accantonamenti e ben tre aumenti di capitale per circa 2,2 miliardi dal 2014, di cui l'ultimo appena un anno fa, non sono stati sufficienti a soddisfare i criteri stabiliti dalla BCE. Emergono sempre nuovi accantonamenti e svalutazioni anche perché, nel frattempo, la normativa europea sui requisiti patrimoniali e sui crediti deteriorati si è fatta più stringente. A fine 2018 si è reso necessario emettere un bond da 400 milioni la cui mancata esecuzione ha convinto il Governo a intervenire con tempestività e precauzionalmente, così da evitare qualsiasi rischio ai risparmiatori e alla stabilità del sistema finanziario nazionale. In questo macabro scenario ci siamo sempre battuti per tutelare i risparmiatori e tentare di punire nel frattempo i banchieri colpevoli di cattiva amministrazione. L'esatto contrario di ciò che è stato fatto finora con i risparmiatori che sono stati azzerati e i banchieri salvati. Se, da un lato, con una mano si elargiva denaro pubblico alle banche venete e alle quattro popolari compresa Etruria, con l'altra si portava avanti un quasi bail-in che azzerava decine di migliaia di risparmiatori. Dopo aver salvato i banchieri e messo sul lastrico i risparmiatori, le banche salvate con i soldi dei cittadini sono state svendute per pochi euro ad altre banche private: Ubi Banca e Intesa San Paolo, che si sono portati a casa il maltolto. Lo Stato ha versato in tutto 4,8 miliardi, più 5,4 miliardi di garanzia a Intesa San Paolo per prendersi la parte sana e succulenta delle banche venete, facendo pagare il conto della parte malata ai risparmiatori.

Il provvedimento oggi al nostro esame ha lo scopo di arginare il perpetrarsi di queste iniquità e sopraffazioni ponendo fine a questa gestione politica del credito. Ricordo che, già a novembre, grazie all'intervento del Governo Conte, il Fondo interbancario di tutela dei depositi erogò un prestito di 320 milioni di euro a Carige. Con il decreto approvato nel Consiglio dei ministri del 7 gennaio si è intervenuti direttamente in via precauzionale per proteggere i risparmiatori, offrendo una garanzia fino a un massimo di 300 milioni sui prestiti ottenuti da Banca Carige che siano prestiti raccolti sul mercato o da Banca d'Italia. Se la banca non sarà in grado di restituirli si attiverà la garanzia dello Stato. Questo consente a Carige di raccogliere liquidità e di garantire l'operatività della banca. Solo nel caso in cui Carige non riesca ad adeguare i suoi requisiti patrimoniali anche attraverso un eventuale accorpamento, lo Stato interverrà direttamente ricapitalizzando e garantendo correntisti e risparmiatori. La formula soldi pubblici e profitti privati non deve e non può più essere un paradigma normativo. Ogni volta che si rende necessario un rilevante intervento dello Stato nel capitale di una banca, essa di fatto diviene di proprietà pubblica, ossia dei cittadini italiani. Non può e non deve essere concessa in modo immorale come in passato ad un'altra banca privata, riversando il conto sui risparmiatori, come è stato fatto finora.

Il richiamo pedissequo alle norme europee in materia è necessario per non incorrere in infrazioni alla normativa in materia di aiuti di Stato, che determinerebbe tra l'altro la ricaduta degli oneri del decreto sul deficit, anziché sul saldo netto da finanziare e, quindi, sul fabbisogno. Il decreto-legge reca appunto misure urgenti e sostegno della Banca Carige S.p.A. Cassa di Risparmio di Genova e Imperia in relazione all'esito degli stress test condotti nel 2018 dalla banca BCE, previsti dal meccanismo di vigilanza unica, che hanno evidenziato una carenza di capitale. Da notare che la carenza di capitale è emersa in prove di stress o di verifica della qualità degli attivi come carenza potenziale valutata sulla base di esercizi di stress in scenario economico avverso. Faccio un breve cenno ai provvedimenti normativi dei precedenti Governi è necessario, al fine di evidenziare le appropriate differenze esistenti con l'attuale provvedimento. Il salvataggio delle quattro popolari è avvenuto con il Governo Renzi il quale ha azzerato completamente il valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate, provocando una perdita milionaria a decine di migliaia di risparmiatori. Una volta coperte le perdite con i soldi dei risparmiatori, tre delle quattro banche sono state vendute al prezzo simbolico di un euro a Ubi Banca: il sacrificio dei risparmiatori ha arricchito un privato. Il salvataggio delle due venete è avvenuto con il Governo Gentiloni il quale ha imposto a Banca Popolare di Vicenza e a Veneto Banca una liquidazione coatta amministrativa, un quasi bail-in che ha colpito nuovamente azionisti e obbligazionisti subordinati. Una volta ripulite, le due banche sono state cedute a banche Intesa al prezzo simbolico di un euro, ma non solo: per evitare a Intesa qualsiasi rischio, lo Stato è intervenuto, direttamente, con 4,8 miliardi per garantire nuovo capitale alla banca acquirente e portare avanti il nuovo piano industriale e, indirettamente, offrendo a Intesa fino a 6,4 miliardi di garanzie sui crediti che la stessa vanta verso le banche poste in liquidazione: in totale oltre 11 miliardi di euro senza alcun beneficio per i cittadini. Ancora una volta soldi pubblici e profitti privati. Infine il caso MPS: il Governo Gentiloni, dopo aver offerto alla banca garanzie sui prestiti ottenuti, è intervenuto con una ricapitalizzazione precauzionale di oltre 5 miliardi e la banca in questo modo è passata sotto il controllo pubblico. A perderci in questo caso non sono stati gli obbligazionisti subordinati ma solo gli azionisti. Il nostro intervento tempestivo ci permetterà invece di non penalizzare nemmeno gli azionisti. Le critiche sulla gestione del caso MPS hanno riguardato solo le tempistiche. Per mesi e mesi il Governo Renzi lanciò segnali distensivi ai risparmiatori, garantendo sulla salute di MPS e rinviando un intervento che si era reso urgente. In questo modo migliaia di azionisti hanno perso valore e si è intervenuti in grave ritardo provocando più perdite di quante sarebbero state possibili con una gestione tempestiva.

Le misure previste dal decreto-legge configurano un intervento pubblico entro i limiti della direttiva BRRD, che ammette il sostegno pubblico solo verso banche solventi e per questo la BCE dovrà attestare la solvenza di Carige, con interventi di carattere cautelativo e quindi solo di prevenzione del dissesto e, quindi, con un rischio di perdite di risorse limitate per il bilancio dello Stato, proporzionali alla perturbazione dell'economia, non destinati a coprire perdite della banca né passate né presenti né future. Per questo l'intervento è compatibile con la normativa europea in materia di aiuti di Stato e, in particolare, con la comunicazione della Commissione del 30 luglio 2013 sugli aiuti di Stato nelle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria. Il supporto dello Stato a Banca Carige si sostanzia in tre tipologie di interventi: la prima è la garanzia dello Stato. Nel decreto-legge essa si esprime mediante l'autorizzazione al MEF a concedere la garanzia dello Stato sia sulle passività emesse direttamente dalla Banca Carige sia sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alla stessa Banca Carige per fronteggiare gravi crisi di liquidità. La garanzia sarà concessa solo qualora l'autorità competente, in questo caso la Banca centrale europea, abbia attestato la solvenza della banca. La richiesta di concessione della garanzia sarà notificata alla Commissione europea e subordinata alla approvazione della stessa. Se le passività non saranno rimborsate entro due mesi dovrà essere messo a punto un piano di ristrutturazione che confermi la redditività e la capacità di raccolta della banca a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico. La garanzia inoltre avrà un limite temporale: il MEF è autorizzato a concedere garanzie fino al 30 giugno 2019. La garanzia sulle passività è una tipica garanzia pubblica incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta e copre sia il capitale sia gli interessi. Ma la garanzia non è gratuita: gli oneri pagati dalla banca sulla garanzia sono specificati e quantificati nel decreto.

I corrispettivi delle garanzie concesse sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati allo stesso fondo istituito dal decreto e destinato alla copertura degli oneri del rafforzamento patrimoniale e delle garanzie concesse dallo Stato, la cui dotazione viene in parte ricostituita sia con i rientri delle garanzie - le garanzie infatti sono pensate per un tempo limitato, il finanziamento d'emergenza è normalmente erogato per un periodo molto breve e questo riduce il rischio che vengano escusse - sia con i corrispettivi pagati dalla banca sulle garanzie. All'articolo 22 del decreto è anche previsto che le risorse del Fondo non più impiegate per le finalità del decreto siano riassegnate nel bilancio dello Stato ai capitoli di spesa dai quali provengono. Le garanzie concesse devono comunque rispondere ai principi di minimizzazione dell'intervento pubblico, in assenza dei quali saranno considerati aiuti di Stato. Per quanto detto, quindi, il MEF, al fine di poter prestare le garanzie, dovrà sottoscrivere impegni definiti con la Commissione europea. Per quel che concerne gli interventi di rafforzamento patrimoniale della banca, il decreto autorizza il MEF a sottoscrivere, entro il 30 settembre 2019, azioni di nuova emissione della Banca Carige, al fine di rafforzare il patrimonio in relazione ai risultati della prova di stress basata su uno scenario avverso.

Questa tipologia di intervento rientra in pieno nel dettato della direttiva BRRD, che specifica i casi in cui il supporto pubblico non è considerato indice dello stato di dissesto, cioè quando si realizza mediante sottoscrizione di strumenti di capitale da parte delle autorità nazionali competenti - il MEF, in Italia - o da parte della BCE in misura sufficiente a far fronte a carenze di capitale emerse in prove di stress o di verifica della qualità degli attivi, ovvero quando si realizza mediante garanzia dello Stato, per sostenere gli strumenti di liquidità forniti dalle banche centrali - quindi da Bankitalia - a Carige, o sulle passività di Carige di nuova emissione. Va evidenziato, inoltre, che interventi di rafforzamento patrimoniale della banca sono ammessi solo come ricapitalizzazione precauzionale al fine di prevenire il dissesto e, pertanto, tali interventi non possono essere seguiti dalla risoluzione della banca. L'intervento del MEF nel capitale della banca, autorizzato dal decreto, dovrà essere realizzato mediante una procedura definita. La richiesta di un intervento dello Stato deve essere preventivamente sottoposta all'autorità competente (Banca d'Italia o BCE) e dovrà essere definito un programma di rafforzamento patrimoniale in cui la banca indica il fabbisogno di capitale necessario, le misure che intende intraprendere per il rafforzamento, nonché il termine entro il quale programma sarà realizzato. Qualora l'autorità competente (Bankitalia o BCE) valuti il programma non sufficiente a conseguire gli obiettivi di rafforzamento patrimoniale, anche durante l'attuazione del programma stesso, la banca emittente dovrà attivare l'intervento dello Stato, trasmettendo al Ministero, all'autorità competente e alla Banca d'Italia una richiesta con alcuni elementi essenziali: l'importo della sottoscrizione di azioni richiesta dal Ministero; l'entità del patrimonio netto contabile individuale e consolidato alla data della richiesta e l'entità del fabbisogno di capitale regolamentare da colmare tenendo conto dell'attuazione del programma; una dichiarazione con cui la banca emittente assumerà, dal momento della domanda e fino a quando la sottoscrizione delle azioni da parte del Ministero non sia stata perfezionata, gli impegni previsti dal paragrafo 47 della comunicazione sul settore bancario della Commissione europea. Per essere compatibile con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato, la sottoscrizione di azioni da parte del MEF dovrà essere subordinata all'eventuale richiesta di revoca o di sostituzione dei consiglieri esecutivi e del direttore generale dell'emittente, e alla limitazione della retribuzione complessiva dei membri del consiglio d'amministrazione e dell'alta dirigenza dell'emittente. Infine, dovrà proporre un piano di ristrutturazione compatibile con la disciplina dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato.

Il piano dovrà essere notificato alla Commissione europea e il Ministro dell'economia e delle finanze, solo dopo l'approvazione di quest'ultima, potrà disporre, con decreto, su proposta della Banca d'Italia, le misure necessarie per contenere il ricorso a fondi pubblici, con l'eventuale ricorso alla partecipazione di azionisti e creditori subordinati agli oneri di ricapitalizzazione della banca. L'intervento di sostegno si concretizza mediante la sottoscrizione da parte del MEF di azioni ordinarie fornite di diritto di voto pieno, computabili come Common Equity Tier 1. Questo implica che tali azioni possono essere considerate nel patrimonio di base della banca votato in rapporto agli impieghi della banca stessa, tenuto conto del rischio associato ad essi. Le azioni sottoscritte dal MEF vanno quindi ad innalzare il valore del Common Equity Tier 1, un indicatore di bilancio fondamentale, che esprime la solidità di un istituto bancario intesa come capacità di far fronte ai rischi di mercato e a perdite. Il prezzo di sottoscrizione è determinato sulla base della metodologia contenuta in un apposito allegato. Quanto alla ripartizione degli oneri fra azionisti e creditori, l'articolo 20 disciplina le misure di partecipazione di azionisti e creditori subordinati agli oneri di ricapitalizzazione della banca, detto anche burden sharing.

La relazione del Governo illustrativa del provvedimento a questo proposito chiarisce che, poiché l'intervento pubblico è limitato ai casi in cui la carenza di capitale derivi dagli esiti di una prova di stress in scenario avverso, il burden sharing può assumere solo la forma della conversione in azioni di nuova emissione degli strumenti subordinati, quindi la partecipazione di azionisti e creditori subordinati agli oneri di ricapitalizzazione della banca è limitata e non può essere disposta la riduzione del valore degli strumenti computabili nel patrimonio di vigilanza. Questa riduzione si renderebbe necessaria per assorbire perdite che incidono sul bilancio e perché superiori al patrimonio netto contabile dell'emittente, ma la carenza di capitale della banca è emersa solo con lo stress test in presenza di un ipotetico scenario avverso.

Il decreto, anche se nell'articolo 20 prevede varie modalità di partecipazione di azionisti e creditori, chiarisce che si realizzerà solo con la conversione di strumenti subordinati in titoli di nuova emissione. Il comma 2 dell'articolo 20 specifica infatti le passività assoggettabili alla conversione, sia nella tipologia che nell'ammontare: i titoli subordinati T2, per un valore nominale di 320 milioni di euro, sottoscritti per 318,2 milioni dallo schema volontario di intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi e per 1,8 milioni dal Banco Desio e della Brianza dello scorso novembre.

Da sottolineare, da ultimo, la costituzione del fondo a copertura degli oneri del provvedimento: 1,3 miliardi di euro per l'anno 2019. È questa un'operazione relativa a partite finanziarie e di concessione di garanzie dello Stato di natura non standardizzata, che come tale non incide sul deficit ma solo sul saldo netto da finanziare e sul fabbisogno.

Orbene, a conclusione dell'intervento descritto, appare evidente che il legislatore, in quest'ottica, abbia assolutamente l'obbligo di riordinare la disciplina bancaria in tema di prevenzione di crisi, ponendo essenzialmente l'attenzione sull'attività del credito e intervenendo sulla fisiologia del sistema, in primis vietando in modo radicale le operazioni in conflitto di interessi e introducendo azioni di responsabilità dei creditori anche nei confronti del management di grado inferiore a quello del direttore generale. Particolare attenzione dovrà essere posta anche sulla trasparenza della monetizzazione dei crediti deteriorati, che ancora oggi rappresenta spesso un punto oscuro.

A seguire, meritevole di approfondimento, a tutela dell'articolo 47 della Costituzione, appare l'attività di patrimonializzazione o della dinamica principale di rimpinguamento del capitale con operazioni iper-diluitive che danneggiano il valore delle azioni in riferimento alla tutela dell'investitore e, segnatamente, alla sua corretta profilazione. Fondamentale appare prevedere espresso divieto per l'intermediario di indurre il proprio cliente a compiere acquisti imprudenti e operazioni oggettivamente inadeguate per il suo profilo. Infine, occorre concentrarsi sui rapporti tra Banca d'Italia e Consob, che non devono essere più basati sulla mera collaborazione informativa, che la vicenda delle banche venete dimostra tutt'altro che sufficiente, ma sull'integrazione e la condivisione di alcuni rispettivi corpi intermedi, come ad esempio le strutture ispettive. Concludo ringraziando la Commissione, i funzionari della Commissione, la presidente, i rappresentanti del Governo e i colleghi commissari, che hanno partecipato attivamente alla discussione del decreto-legge attraverso un lavoro puntuale, con l'obiettivo comune di migliorare il provvedimento e di indirizzarlo verso i principi ripetutamente citati.

PRESIDENTE. Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 16,40.

La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 16,42.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 1486-A)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cattaneo. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CATTANEO (FI). Grazie Presidente, grazie ai colleghi che mi hanno dato la disponibilità anche a un cambio in corsa. Siamo davanti a un provvedimento importante, l'approdo in Aula della discussione sul decreto-legge Carige rappresenta un nodo cruciale sia per le dinamiche dell'economia italiana, evidentemente, ma, non sfuggirà, anche per i nodi politici che porta con sé questo dibattito. Infatti, sul tema delle banche si sono consumate anche di recente violente discussioni in quest'Aula e si è consumato anche, diciamolo, un bel pezzo della campagna elettorale che abbiamo alle spalle, che abbiamo fatto circa un anno fa preciso di questi tempi. E di banche, quindi, hanno parlato gli italiani, hanno parlato i risparmiatori, quelli colpiti ingiustamente, vergognosamente, e che stanno pagando sulla propria pelle il prezzo evidentemente di scelte scellerate e sbagliate, ma ne hanno anche parlato tutti i risparmiatori italiani per la paura che un contagio potesse e possa coinvolgere tutti quanti.

E, allora, noi ci avviciniamo a questo dibattito come gruppo parlamentare di Forza Italia con il senso di responsabilità di toccare uno dei gangli fondamentali, come dicevo, e anche, però, sapendo che affrontiamo un tema politico dirimente. Sulle banche, insomma, abbiamo visto purtroppo tante porcherie; le porcherie sono quelle che hanno fatto, evidentemente, delle governance inadeguate ad affrontare i propri ruoli all'interno di banche del territorio, che poi, attraverso rapporti pelosi con la politica locale, hanno portato al disastro quelle banche del territorio e non solo.

Abbiamo visto contiguità anche a livello nazionale, che abbiamo denunciato a testa alta, però, lasciatemi dire, abbiamo visto anche poco senso di responsabilità, anzi, una vergognosa campagna elettorale fatta sulla pelle dei risparmiatori, promettendo cose che si sapeva non potessero essere poi mantenute, e quindi, allo stesso modo, noi di Forza Italia denunciamo le porcherie che sono state fatte da leader politici come Di Maio, che da pochi banchi qua accanto denunciava e brandiva il proprio dito contro i difensori dei banchieri, quando al Governo c'erano Gentiloni e Renzi, e poi oggi cosa fa questo Di Maio? Fa esattamente un provvedimento identico a quello precedente; fa il copia e incolla, insomma. E lo dico, badate bene, come Forza Italia, con l'onestà intellettuale di avere le mani libere, perché noi lo diciamo, non abbiamo avuto quell'atteggiamento forcaiolo nella passata legislatura. Abbiamo cercato di affrontare nel merito i problemi, consapevoli che il fallimento di una banca diventa, poi, anche il fallimento di un territorio, e che, se fallisce una banca, alla fine a farne le spese sono i risparmiatori, i piccoli risparmiatori, che si vedono colpiti per pagare colpe che assolutamente non hanno.

E noi di Forza Italia, così come nella passata legislatura abbiamo avuto un approccio costruttivo e poco ascoltato, oggi non vogliamo scendere nell'agone della speculazione politica violenta, come ci hanno insegnato a fare soprattutto i 5 Stelle, ma non solo, ma cerchiamo di portare elementi migliorativi a questo provvedimento. Con senso di responsabilità, in fondo, abbiamo presentato 24 emendamenti; non abbiamo presentato una pioggia di emendamenti per fare ostruzionismo o per fare un gioco di do ut des al fine di portare a casa qualche bandierina ideologica o bandierina di risultato da sventolare al nostro elettorato.

Insomma, un lavoro meticoloso, punto su punto, per provare a migliorare un decreto che, come avevamo detto nella passata legislatura, anche in questa ci sentiamo di dire, si può fare meglio, e soprattutto si possono affrontare, e dopo lo dirò, dei temi che risultano sempre grandi assenti ogni volta che c'è una crisi bancaria. Ebbene, di questi 24 emendamenti, in sostanza, nessuno è stato di fatto accolto; ci sono anche dei ricorsi che noi abbiamo presentato, è intervenuto prima l'onorevole Zanettin in proposito. Quindi, di fronte a questa apertura, alla faccia di chi diceva di dare il primato al dibattito parlamentare e alle Commissioni, c'è stata ancora una volta tappata la bocca.

E, quindi, noi auspichiamo che almeno il percorso nell'Aula parlamentare possa essere più proficuo e possa, a fronte di una nostra disponibilità e onestà intellettuale, ritrovare lo stesso atteggiamento nei banchi di Governo ed accogliere dei provvedimenti laddove possano essere migliorativi, perché sì, noi andiamo un po' in controtendenza, contro le mode del momento, e quindi non facciamo campagna elettorale aggredendo, urlando, facendo facile speculazione; la facciamo provando a risolvere i problemi. È molto più facile urlare e distruggere, e invece noi scegliamo la strada di provare a risolvere i problemi e di costruire una soluzione laddove ci sono dei problemi complessi. Veniamo, quindi, all'analisi del provvedimento: la prima cosa che salta all'occhio è che questo provvedimento è esattamente il copia e incolla del provvedimento di Gentiloni.

Ce lo ha detto anche candidamente Bankitalia in audizione, aggiungendo che non poteva essere altrimenti, ci mancherebbe altro che fosse un provvedimento diverso, è questa l'unica strada possibile, arrivati a questo punto. E, quindi, candidamente è stata detta quella verità, qualche giornalista aveva già identificato queste copiature tout court; in sostanza, avete fatto come si fa quando uno studente maldestramente prova a copiare: Word, cerca la parola Mps e sostituisci con la parola Carige. Avete fatto questo! Grande novità per chi si era identificato come baluardo del popolo contro i banchieri, in una narrazione che vedo vi ostinate a portare avanti anche in quest'Aula e anche oggi in questa occasione di dibattito generale.

Quindi, in sostanza, avete fatto lo stesso provvedimento identico del Governo precedente; però ci state raccontando, anche in quest'Aula, che, se prima additavate quelli che ci hanno preceduto e che hanno fatto quel provvedimento, copia e incolla del vostro, come i salvatori dei banchieri, gli amici delle lobby e i nemici del popolo, voi, con un provvedimento che è esattamente il copia e incolla, vi definite i difensori dei risparmiatori. Spiegateci la differenza, spiegateci come è possibile che, con un testo che è esattamente uguale, voi vi definiate in maniera diversa. E poi, anche qui, nella vostra narrazione uno dice: saranno arrivati in tempo, saranno arrivati prima degli altri perché allertati da spie amiche che hanno fatto un lavoro proattivo di grande statura economica e non solo. Chi ha messo in guardia rispetto alla situazione di Carige si chiama BCE. La tanto vituperata Banca centrale europea, il tanto vituperato controllo europeo, che voi definite e vi ostinate a definire, anche quello, affamatore dei popoli e nemico del Paese Italia, è colui che ci ha messo in guardia rispetto alla situazione di Carige, rispetto alla quale poi, negli accadimenti conseguenti, insomma dal 2 di gennaio, avete dovuto prendere atto di una situazione che non era più rimandabile e siete dovuti correre al riparo, facendo questo decreto.

Peraltro, non ci è sfuggito il fatto che nei testi che sono circolati alcuni portavano la data addirittura di novembre 2018; quindi, la situazione della difficoltà di Carige era nota e si sapeva.

È stata la BCE, insomma, che vi ha attivato il meccanismo che ha portato qui dove siamo adesso.

Quindi, chi ha esercitato oggi il controllo è quella Europa tiranna e nemica che voi descrivete nella vostra narrazione politica, ma rispetto alla quale poi anche voi avete attivato l'unico percorso possibile, come anche voi ci avete detto e ci state ribadendo in quest'Aula. Allora proviamo, però, a fare un passo in più, a capire, laddove è mancato il controllo, chi doveva controllare: è di queste ore l'ultima delle vostre polemiche, perché siete abilissimi nel non prendervi le vostre responsabilità, ma nello spostare sempre l'attenzione verso qualcun altro. In queste ore ne fa le spese Banca d'Italia, di nuovo al centro di un tira e molla, questa volta con il vostro Governo.

Anche qui, noi di Forza Italia siamo sicuramente quelli che più di altri possono avere una posizione neutra, responsabile, perché anche nel passato abbiamo fatto battaglie per, magari, denunciare le lentezze, le inadeguatezze, la timidezza con cui l'esercizio del controllo era stato esercitato in maniera probabilmente non adeguata o quanto meno non tempestiva. Però, non ci siamo mai permessi di arrivare a uno scontro come quello che anche in queste ore stiamo vedendo, che mina l'autonomia di Bankitalia ma soprattutto logora, una volta di più, i rapporti tra Governo e istituzioni economiche e istituzioni del Paese, a tutto danno poi di chi? Dei cittadini italiani, perché poi le conseguenze sono sulla stabilità complessiva del nostro sistema. E, quindi, se su Bankitalia è vero che si poteva fare di più, però adesso diventa per voi l'ombrello sotto cui ripararvi per dare la colpa a qualcun altro. Ma vi do una notizia: voi ormai governate quasi da un anno e sarebbe anche ora che la smettiate di dare le colpe sempre a qualcun altro. Il tempo è galantuomo e gli italiani ancora per poco vi daranno il beneficio del dubbio e poi sarete chiamati alle vostre responsabilità rispetto a ciò che fate e che non fate.

E, ancora, la Consob anche prima è stata tirata in ballo nei vostri interventi. Smettetela, anche qui,di additare anche la Consob come causa di tutti i mali, anche perché se guardiamo cosa state facendo voi sul terreno della Consob avremmo veramente di che sbizzarrirci nel denunciare - quello sì - l'utilizzo di un'istituzione terza come un terreno di scambio politico, di poltrone per sistemare magari qualche bega politica in seno alla maggioranza di Governo e qualche guaio che siede tra i banchi del Consiglio dei ministri.

E, quindi, Bankitalia e Consob possono fare di più e meglio? Probabilmente sì, ma certo non è la strada che avete intrapreso, di scontro frontale o di vecchie logiche del passato che potrà far fare passi in avanti. Quindi, se c'è stato un tema - e c'è ancora oggi un tema rispetto ai soggetti di controllo - noi vi chiediamo, come gruppo parlamentare, di dimostrarci nei fatti che anche con questo decreto ci saranno elementi migliorativi, in modo che domani potremo guardare con maggiore serenità al fatto che gli istituti di controllo facciano di più e meglio il loro lavoro. Dove troviamo tutto questo? Ditecelo, noi non troviamo niente di tutto ciò; tutto uguale esattamente a prima.

Allora, proviamo ad aprire un altro tema, il tema di chi ha sbagliato, di chi si è reso autore, attraverso scelte evidentemente sbagliate e scellerate per non dire in mala fede, di scelte economiche che hanno portato al fallimento di queste aziende locali. Guardate, noi di Forza Italia non ne abbiamo mai fatto mistero: è vero, ci sono stati anni, territori e storie in cui la contiguità tra banche del territorio e politica locale è stata un cancro, è stato un elemento fortemente negativo, e l'abbiamo denunciato per primi facendo battaglia anche in quei territori. Ma certo questo non vuol dire gettare via il bambino con l'acqua sporca, come si dice. Significa rimuovere i problemi e queste contiguità, far sì che non si abbiano a ripetere e liberare, quindi, le energie positive, perché per una persona in mala fede che combina dei guai in una banca del territorio ve ne sono decine e centinaia che subiscono, invece, le conseguenze del mal governo di queste banche e, soprattutto, ci sono decine e centinaia di persone, dalle famiglie che cercano un mutuo a un imprenditore che si fa prestare i soldi dalla banca del territorio, che purtroppo non potranno più avere queste possibilità per colpa di qualcun altro.

E, allora, il vero tema - e anche qui un passaggio in più oltre all'elemento del controllo - è: ma con questo decreto chi ha sbagliato pagherà? È la volta buona rispetto al passato che chi si è reso responsabile di una governance evidentemente non all'altezza pagherà per la propria incapacità di governare queste banche? Anche su questo io vi sfido a trovare elementi, in questo decreto, diversi e migliorativi che ci diano, quindi, un senso che non stiamo ripercorrendo gli stessi errori del passato ma stiamo finalmente facendo un servizio dando un elemento in più a che certe vicende non abbiano a ripetersi.

Noi non troviamo niente di tutto ciò e, quindi, sul controllo e sul chi pagherà per queste scelte sbagliate il Governo è “non pervenuto”. Ah no, scusate: una novità c'è. Ci avete proposto una grande iniziativa originale, la Commissione d'inchiesta sulle banche. Non ne avevamo mai sentito parlare prima di Commissione d'inchiesta sulle banche. Meno male che è arrivato il movimento del cambiamento, perché una Commissione d'inchiesta è una straordinaria novità nello scenario della Repubblica italiana. Forse la novità è che ci mettono un senatore ex conduttore d'assalto, ci dicono il senatore Paragone. Guardate, a me va benissimo il senatore Paragone. Non so quale competenza abbia in merito di banche; sarà capace di fare inchieste. Dico subito una cosa: evitateci, però, il solito spettacolo mediatico in cui additerete questo e quel colpevole, getterete qualche nome succulento in pasto al popolo arrabbiato e poi eviterete, ancora una volta, di affrontare i nodi cruciali, le verità scomode, i cambiamenti strutturali che, nelle banche e nel Paese, bisogna veramente affrontare. Ecco, se dovrà essere l'ennesima operazione mediatica di distrazione di massa, con cui, con abili curatori dell'informazione, andrete a identificare, appunto, più uno scalpo mediatico che, invece, il problema sostanziale, allora noi saremo ancora una volta lì a dire la cosa più semplice e più forte agli italiani: la verità, la verità, cioè che non avete le capacità e non avete la stoffa per riuscire a cambiare davvero questo Paese come merita.

E allora, ancora, cerchiamo di occuparci di ciò che è sul tavolo. Carige dovrà presentare entro fine mese un piano industriale per capire se e come sarà possibile andare verso la soluzione di mercato. Anche in questo senso, io ho chiesto al sottosegretario in Commissione, in audizione, visto che sentivo parlare con grande entusiasmo di statalizzazione e di nazionalizzazione, se dovessimo attenderci come via maestra quella di arrivare verso la nazionalizzazione di Banca Carige. Peraltro, vedo rigurgiti di nostalgie stataliste in questo Governo perché per ogni problema ci pensa “mamma Stato”, per ogni problema ci pensa una bella nazionalizzazione, sia essa magari di Alitalia con Ferrovie o sia essa il problema dell'Ilva o di qualcos'altro, salvo poi sciogliersi come neve al sole davanti al fatto che i problemi sono complessi e le soluzioni non sono semplici.

Allora, provando anche a rivendicare una bandiera liberale - e ormai mi rendo conto che è un po' in minoranza in questo Parlamento, ma, con coerenza, noi la porteremo avanti e continueremo anche a batterci perché quei valori tornino protagonisti nel Paese - noi ci chiediamo e vi chiederemo se rispetto a tutte le soluzioni di mercato possiamo ragionevolmente essere certi che queste siano quelle che percorreremo prioritariamente e che nessuno immagini che, viceversa, la via maestra, come in alcune interviste improvvide qualcuno ha detto, sia magari invece quella di nazionalizzare, anche perché francamente io sono più confidente comunque nel mercato, con le sue regole. Certo, regole che devono essere ben fatte, ma è il mercato a trovare le soluzioni. Io sono più confidente in quello piuttosto che, magari, con la nazionalizzazione avere i politici di turno – e, in questo senso, magari proprio i 5 Stelle – che, in maniera ghiotta, provano a mettere le mani sul malloppo. E, quindi, meglio il libero mercato che le nomine politiche. Questo - mi spiace - è un tema in cui io mi sento più garantito da un sistema regolato, certamente, ma libero piuttosto che da un sistema statalizzato il cui peso e i cui effetti li abbiamo già visti negativamente nel nostro Paese.

E, quindi, noi auspichiamo che questo piano industriale arrivi e sia all'altezza, anche perché tutto sommato io devo dare atto che il 2018 è stato un anno positivo per le banche. Si parla proprio in questi giorni di utili stimati, per le nove banche principali, di circa 8 miliardi di euro e, quindi, con fatica una strada che si è andata a ricomporre. Merito di chi? Merito soprattutto della capacità del risparmio degli italiani, merito di aver rimesso un po' in ordine, dopo dei disastri, le cose, anche perché quando si toccano le banche bisognerebbe avere un senso di responsabilità ancora maggiore perché, come è noto, la nostra Borsa italiana è particolarmente sensibile al tema delle banche e il peso relativo del comparto bancario all'interno dei titoli della Borsa italiana è molto, molto rilevante e, quindi, non si può scherzare. Non si può scherzare anche immaginando un contagio negativo. Già ce la mettete tutta per creare le condizioni esterne peggiori possibili al contorno di mercato per gli operatori del mercato e della Borsa.

Ecco, cerchiamo, viceversa, di mettere ordine e di sapere che stiamo toccando i gangli vitali dell'economia del Paese, che non vuol dire - così come nella narrazione che voi fate spesso - delle lobby, ma vuol dire dei risparmi degli italiani, perché nelle banche ci sono i risparmi di tanti italiani. Sappiamo, infatti, quanto sia importante il risparmio, o meglio la capacità di risparmio dei cittadini italiani. Andando avanti, provando a fare ancora un'operazione verità, un'operazione utile al Parlamento - perché, capito che il decreto è un “copia e incolla” e l'abbiamo detto, stiamo cercando di capire se si può fare qualche passo in più rispetto al passato -, vi abbiamo domandato in Commissione e ve lo ridomandiamo in quest'Aula: quante altre Carige ci sono in Italia? Quante altre banche sono sull'orlo del precipizio e cosa state facendo per evitare che si arrivi tra qualche mese, tra qualche settimana, a parlare nuovamente di una banca in difficoltà e dell'intervento dello Stato?

Non è, magari, saggio pensare di fare un vero e proprio “decreto banche”? Mi sembra fosse il collega Crosetto che proponeva, in audizione, con il Ministro dell'economia Tria, di immaginare un provvedimento che affronta una volta per tutte il problema. Invece che rincorrere ogni volta, puntualmente, un'emergenza, provare, viceversa, a fare un'opera strutturale, che risolva i problemi, che li affronti a viso aperto, non pensando a una speculazione politica del momento ma provando per una volta, davvero, a lavorare non per le prossime elezioni ma per le prossime generazioni, come si suole dire.

Ebbene, anche qui, non troviamo nulla di tutto ciò. Cercate di far passare in fretta e furia il “decreto-legge Carige”: c'è un'emergenza, un buco da tamponare e rispolverate qualche vecchia brochure mediatica da buttare in pasto a Facebook, Instagram e ai social, e via di corsa, cercando di far dimenticare che avete fatto uguale, anzi peggio di chi vi ha preceduto.

Ancora, arriviamo nei giorni in cui - lo dicevo prima - tanto Di Maio era bravo a urlare sui palchi, quanto sta andando in difficoltà quando si presenta davanti ai risparmiatori. Risulta che, in questi giorni, egli si sia presentato ad un'assemblea di azionisti proprio sul tema delle banche ed è stato accolto dai fischi. È complicato passare dalle parole ai fatti, dalle urla a trovare le soluzioni.

Avete avuto risposte negative sul fondo per i risparmiatori dall'Europa. Allora, i casi sono due: o eravate in malafede, nel senso che sapevate già - io credo questo - che quel provvedimento nei termini in cui l'avete scritto sarebbe stato successivamente bocciato dall'Europa, tanto a voi non importava il merito, a voi non importava dare i denari al risparmiatore ma vi importava il titolo sul giornale per dire che avevate predisposto un fondo da dare alle persone coinvolte dal fallimento delle banche; oppure, se non eravate in malafede - buoni solo per un titolo di giornale -, allora non sapete quel che fate e allestite dei provvedimenti che non hanno la solidità necessaria per la tenuta quando si mandano in Europa, laddove, peraltro, tutti questi tipi di provvedimenti devono essere mandati. Quindi, anche sui fondi dei risparmiatori io credo si stia consumando, purtroppo, l'ennesimo bluff di un Governo che, maldestramente, cerca di dare risposte dopo aver aizzato le folle in campagna elettorale, ma poi nel concreto non riesce in nulla.

Quindi, vado a concludere. Forse la domanda che qui dovremmo porci in maniera più concreta, più profonda è come evitare le crisi delle banche, ancora un'altra volta, cioè che almeno l'occasione che abbiamo nel parlare di Carige sia propedeutica ad evitare di parlare di qualcun altro tra qualche settimana.

Il primo tema è quello dell'etica, della responsabilità, ma questo afferisce ad una sfera che qui, in qualche modo, si può solo sfiorare. Io invece credo che i partiti abbiano anche questo dovere, cioè di denunciare - lo dico con critica e autocritica - quando sul territorio ci sono contingenze pelose che hanno portato a guai seri. Il secondo tema è quello dei controlli, che ho affrontato nel mio intervento e rispetto ai quali non vedo novità di alcun genere. Penso anche al fatto che possano esserci sanzioni rapide ed efficaci. Certo, con il sistema di giustizia che state immaginando, immaginare che possano esserci sanzioni rapide ed efficaci mi sembra un eufemismo. Nel migliore dei casi ci vorranno due decenni per vedere qualcuno che possa essere chiamato alle proprie responsabilità e, una volta preso il malloppo, saluti e baci: dopo vent'anni se ne riparla.

Ma, poi, sapete come si fa soprattutto ad evitare la crisi delle banche? Si cerca di lavorare sulla crescita economica, quindi non è fuori tema dire che la discussione di oggi si collega alla relazione di Tria in quest'Aula dell'altro giorno, in cui egli ha certificato che l'Italia è tecnicamente in recessione e siamo ampiamente il fanalino di coda in tutta Europa. Se prima eravamo ultimi, penultimi e terz'ultimi, insomma ce la giocavamo per non retrocedere, oggi vediamo Grecia e Spagna che sono rimbalzate e il proprio PIL, tutto sommato, ha dei benefici rispetto ad un periodo di crisi. Noi siamo un po' come in quei Gran Premi in cui, da ultimi, iniziamo pure ad essere doppiati dagli altri, però questi non sono i campioni, come dire, dell'economia europea, ma sono Stati che hanno fatto delle manovre strutturali che riescono a essere più dinamiche della nostra.

Insomma, grazie - o per colpa, direi - ai vostri provvedimenti stiamo scivolando verso il baratro. Guardate che non c'è peggior cosa che una crisi economica anche per il mondo delle banche, perché se una coppia che ha contratto un mutuo non avrà più un lavoro, allora si creerà uno scoperto; l'imprenditore che ha chiesto del denaro, magari, per Industria 4.0 e poi non la vede più rinnovata, allora quell'imprenditore farà più fatica a restituire i denari. Se la crescita, insomma, negli indicatori complessivi rallenta, se non addirittura regredisce, sarà lecito e purtroppo prevedibile immaginare che ci saranno altre banche che andranno in sofferenza.

Tutto questo in un momento in cui, peraltro, anche le congiunture internazionali, tutti gli indicatori - quelli che voi non guardate, quelli che voi dite essere frutto di affamatori di popoli, di consessi di rettiliani o cose di questo genere, quegli indicatori lì, insomma, che tutto il mondo usa per capire dove va l'economia, tranne voi - ci dicono che anche le congiunture economiche mondiali ci prospettano anni, mesi difficili.

Noi come ci prepariamo? Ci prepariamo come in un inverno rigido a torso nudo e allo scoperto, totalmente inadeguati a ciò che ci attende, con un'economia che state minando nei suoi indicatori strutturali, con uno spread che ormai ci siamo abituati ad avere sopra i 200 punti, ma non è che questa sia esattamente la regola, posto che dovrebbe essere molto, molto inferiore quell'indice. Io non ho usato e non utilizzo lo spread come clava politica, visto che, in qualche modo, come Forza Italia ne abbiamo anche subito alcuni eccessi, però, certamente, quando una febbre non si cura, ma dura nel tempo, poi si rischia di portare dei danni permanenti e danni molto seri al corpo in cui insiste quella febbre. Purtroppo, quella febbre non tende a diminuire ma, anzi, è in costante crescita. Se poi ci mettiamo l'atteggiamento del Governo, che se la prende con tutti, salvo poi trovarsi isolato in Europa e nel mondo, credo che dovremmo, anche da questo punto di vista, attenderci che lo spread, purtroppo, non solo non calerà ma salirà. Quindi, per una salute delle banche, forse dovremmo occuparci in termini di effetti della salute dell'economia generale, laddove la salute generale della nostra economia, purtroppo, è molto, molto negativa.

Concludo, ricordando quello che è un pezzo di Paese che mi sembra si stia dimenticando, che si sia dimenticato da un po' troppo tempo: la vera, cara, vecchia classe media, quella che faceva del risparmio la sua ossatura, quella in cui, anche come sistema di valori, un padre immaginava di lasciare qualcosa ai figli. Ci hanno demolito la casa come bene rifugio, il mattone ce l'hanno già demolito nei passati Governi. Chi ha due soldi da parte ora, viene definito da voi come un pericoloso e losco lobbista, mentre invece ci sono ancora famiglie che con il frutto dell'onesto lavoro hanno due soldi da parte e sono molto, molto preoccupate per le non scelte che state facendo, per la demagogia che portate avanti e per il fatto che non vi prendete mai le responsabilità ma date sempre la colpa a qualcun altro.

Io credo che il tempo degli spot sia finito, vi chiameremo al senso di responsabilità: per questo daremo battaglia in Aula e confidiamo di poter migliorare un provvedimento che, così com'è, ci appare lacunoso.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Silvia Fregolent. Ne ha facoltà.

SILVIA FREGOLENT (PD). Signora Presidente, per riassumere quanto diremo e quanto hanno già detto in precedenza i miei colleghi, quanto è distante la realtà del governare rispetto alle campagne elettorali! Vedere lei, sottosegretario Villarosa, qui, seduto nei banchi del Governo, lei che aveva promesso a tutti i creditori delle banche truffate un ristoro tal quale, poi abbiamo visto sulla legge di bilancio, invece, negli articoli che cosa avete previsto esattamente, e cioè il contrario, ci fa dire benvenuti nella realtà, non quella virtuale dei vostri blog, ma nella realtà del governare. La gestione da parte del Governo della crisi bancaria di Carige sta facendo emergere tutte queste contraddizioni. Avete sostituito i vostri cavalli di battaglia, i poteri forti della finanza con un provvedimento che, come detto da tutti - finché viene detto da quelli dell'opposizione può essere considerato non veritiero, ma lo dice anche il Ministro che voi avete nominato in questo Governo, il Ministro Tria -, è un provvedimento uguale rispetto a quello di MPS, allora tutto cambia. Il 27 ottobre del 2018 Luigi Di Maio diceva: siamo vicini alle banche ma non ci metto un euro degli italiani, ce ne abbiamo già messi troppi in questi anni. La necessità di operare a tutela della stabilità finanziaria nazionale, infine, ha spinto il Governo del cambiamento a fare esattamente l'opposto, a stanziare risorse pubbliche a sostegno dell'istituto bancario e a prendere decisioni giuste e in totale continuità e coerenza con la strategia già seguita in passato che ha saputo stabilizzare la situazione bancaria, come in precedenza ricordato dal collega Cattaneo.

Non si può, quindi, che accogliere con favore le norme contenute nel decreto che siamo chiamati a convertire in legge, che ricalcano testualmente le misure già scritte dal Governo Gentiloni nel decreto-legge n. 237 del 2016 in favore del sistema creditizio italiano. Vale la pena sottolineare, come hanno già ricordato i miei colleghi in maniera brillante e completa, soprattutto quelli del Partito Democratico, che furono proprio gli esponenti di Lega e 5 Stelle ad opporsi duramente alla conversione in legge delle disposizioni urgenti del decreto-legge che ho prima citato, dapprima presentando due questioni pregiudiziali, con cui chiesero alla Camera di non procedere all'esame del disegno di legge, ritenendolo viziato da illegittimità costituzionale, perché paradossalmente in contrasto con il principio di tutela del risparmio. Poi, una volta superata questa fase, grazie ai numeri che all'epoca la maggioranza del PD aveva, in Aula, nelle dichiarazioni di voto, diceste: ‘Il MoVimento 5 Stelle voterà “no” all'ennesimo provvedimento che cerca di salvare le banche'. ‘Abbiamo perso il conto dei provvedimenti che questo Governo, in questa legislatura, ha fatto nascere a favore delle banche e dei bancarottieri', sosteneva il deputato del MoVimento 5 Stelle Alberti. ‘Votiamo “no” all'azione di un Governo inconcludente, provvedimenti come quello che ci apprestiamo a votare sono inutili', proseguiva il deputato della Lega Busin. Quindi, il 100 per cento dei deputati di Lega e MoVimento 5 Stelle espresse voto contrario all'approvazione definitiva delle misure che, oggi, in maniera altrettanto compatta sostengono per il salvataggio di Carige e ringrazio la collega che ci spiega perché oggi votate “sì”, perché voi siete stati tempestivi, mentre votaste “no” perché, probabilmente, quel salvataggio era intempestivo, peccato che siete stati tempestivi solo perché è intervenuta la BCE.

Continuo con qualche chiarimento.

Il Vicepremier Di Maio, che si trova nella posizione di dover rendere contro ai propri elettori di aver approvato norme che, per anni, ha duramente contestato dai banchi dell'opposizione, afferma che le misure in favore di Carige sono molto diverse da quanto previsto in passato. Ebbene, visto che voi siete molto più bravi di chi, come me, ha una certa età, voi siete molto più giovani, essendo nativi digitali, fate un confronto online e vedete i testi, mettete le parole chiave, guardate, risulterà una cosa incredibile, i due testi sono praticamente uguali.

Il risultato della comparazione tra i due testi, infatti, evidenzia che sono sostanzialmente identici e anche le parole di Tria lo sottolineano. Le norme contenute in questo decreto si fondano in particolare su due strumenti che, da un lato, permettono a Banca Carige di finanziarsi attraverso l'utilizzo della garanzia dello Stato, quindi, soldi pubblici, lo ripeto, l'utilizzo della garanzia dello Stato, e, dall'altro, se necessario, consentiranno un temporaneo ingresso nel capitale della banca da parte dello Stato, attraverso una ricapitalizzazione precauzionale, quindi, altri soldi pubblici, strumenti che ricalcano esattamente soluzioni già adottate in precedenza.

Peraltro, e vale la pena sottolinearlo, quelle soluzioni furono il frutto di un intenso scambio con le istituzioni europee che ha portato l'Italia a intervenire in maniera intelligente ed equilibrata nelle crisi bancarie, contemperando l'esigenza di non abusare dell'utilizzo dei soldi dei contribuenti e quella primaria di preservare la stabilità finanziaria nazionale. Certo, preservare la stabilità finanziaria nazionale, detto a voi sembra un insulto, per giorni avete sbeffeggiato l'Europa sul 2,4, facendo, con lo spread in impennata, perdere un sacco di soldi ai cittadini italiani e, oggi, sarete costretti, probabilmente, a fare una manovra bis, e forse è per quello che parlate oggi dell'oro della Banca d'Italia, riuscite sempre a deviare l'attenzione sul tema oggetto delle vostre politiche.

Soluzioni equilibrate ed efficienti, dicevo, che a quei tempi furono ampiamente criticate perché considerate non idonee, ma che oggi gli esponenti degli stessi partiti si trovano a rivendicare con un evidente dietrofront sui temi bancari. Le uniche differenze dipendono dal fatto che il decreto del 2016 ha dettato una disciplina generale che oggi voi potete utilizzare a favore del salvataggio della Banca Carige, ma per il resto parliamo di un testo fotocopia, come rilevato da tutti successivamente alla pubblicazione del decreto. Cito l'articolo 1 di entrambi i decreti. Prevede che “al fine di evitare o porre rimedio ad una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato su passività di nuova emissione della banca in questione”. Nel caso del decreto del 2016 la possibilità non si rivolgeva ad una banca in particolare, mentre per il decreto in questione del 2019 si fa riferimento unicamente all'istituto ligure. Gli articoli seguenti al primo sono allo stesso modo sostanzialmente identici. Un ultimo particolare, la disciplina è la medesima, ma nel decreto del Governo Lega e MoVimento 5 Stelle, a differenza di quanto disposto nel 2016, non prevede alcuna attività informativa al Parlamento da parte del Governo in merito all'applicazione delle norme a sostegno di Carige. Se nel testo, adesso, è previsto l'invio, da parte del Ministero dell'economia, alle Camere di una relazione quadrimestrale relativa alle istanze presentate e agli interventi effettuati è solo grazie all'approvazione di alcuni emendamenti presentati da un'opposizione che, a differenza della vostra, è responsabile e alle urla preferisce gli interessi del Paese, come quella che fa il Partito Democratico.

Il giorno dopo l'approvazione del decreto, quell'approvazione che si è consumata in pochi minuti in Consiglio dei ministri, a cui non è seguita la consuetudinaria conferenza stampa - avete fatto una conferenza stampa su tutto, anche sul decreto milleproroghe, e, invece, su questa questione importante, perché salvava dei risparmiatori, salvava una banca del territorio, già provata, sappiamo cosa sta succedendo in Liguria, in questi mesi, ebbene, mettete i soldi e non fate neanche un tweet, una diretta Facebook, un selfie, niente, scomparite nel buio -, Di Maio scrive su Facebook: “Non abbiamo dato un euro alle banche, rivendichiamo che le misure non comporteranno l'erogazione di denaro pubblico verso la banca”. Bene, lo volevo dire all'onorevole Di Maio che forse, come sempre, non legge con attenzione quello che firma, tutti sanno che verranno messi 1,3 miliardi di euro dello Stato. Di Maio ne è sempre stato consapevole, nonostante il suo illusorio “speriamo che non serva usare i soldi pubblici” e il sempre incredibile onorevole Di Maio va avanti e sostiene: se si dovessero usarle soldi pubblici Banca Carige dovrà diventare di proprietà dello Stato. Chiariamoci, non si tratta di un pugno sul tavolo da parte di un Governo in difesa dei cittadini, ma della mera applicazione delle regole europee sui salvataggi bancari operati tramite la cosiddetta ricapitalizzazione precauzionale.

Peraltro, si tratta nello specifico di una delle limitate deroghe che la normativa europea prevede ed è già stata sperimentata proprio grazie al PD, che è riuscito nella scorsa legislatura ad individuare un costruttivo dialogo con le istituzioni comunitarie e il giusto grado di flessibilità nelle regole vigenti. Il tutto con un unico obiettivo: tutelare la stabilità finanziaria ed il risparmio, iniettando capitali in una banca ancora solvibile, come abbiamo fatto come MPS, senza raccontare favole sulla nazionalizzazione della banca. Le banche sono l'infrastruttura che consente al Paese di funzionare attraverso l'erogazione del credito a imprese e cittadini - è un dato di fatto, non è un'opinione - e, di fronte ad una banca che rischia di fallire, causando danni enormi al Paese, è assolutamente giusto, nel perimetro della legge, far sì che lo Stato si possa attivare per salvare e sostenere l'operatività di quella banca. È corretto e doveroso per la tutela della stabilità finanziaria e del risparmio nazionale. Fortunatamente ve ne siete accorti anche voi, voi che in questi anni avete raccontato le favole ai risparmiatori che erano giustamente arrabbiati, perché vedere il loro risparmio messo in difficoltà non fa piacere a nessuno, ma avete fatto esattamente uguale. In un servizio andato in onda sulla RAI, ma sicuramente sbagliato, perché sui servizi della RAI si sono visti applausi e abbracci all'onorevole Di Maio che andava dai creditori delle banche di Vicenza, mentre pare sia stato duramente contestato, tanto da dover essere protetto dalle Forze di polizia, dalla cosiddetta scorta, su cui per mesi e per anni avete beffeggiato chi doveva utilizzarla, come quelli che appartenevano al passato Governo, ma invece la utilizzate bellamente anche voi, come tutti sappiamo, basta andare in giro per Roma e per Torino per rendersi conto che ne fanno uso anche le sindache di quei posti, che sono peraltro del MoVimento 5 Stelle. Ebbene, avete capito di avere sbagliato, ma non lo direte mai assolutamente. Appare lontana l'immagine trionfante di quel balcone che gridava: 2,4 per cento! A rendere meno trionfante quel balcone è bastato uno spread che per mesi ha bruciato i risparmi dei cittadini, una crisi industriale senza precedenti, che voi avete determinato con le vostre politiche economiche. Oggi, da torinese, scopro che la Torino-Lione è una ferrovia regionale: se così è, lasciate che la regione Piemonte decida che fare di quella ferrovia. E invece, purtroppo, lo deciderete voi, come voi state decidendo la recessione economica di questo Paese. Almeno oggi la cosa buona l'avete fatta, copiare quello che abbiamo fatto noi. Se questo basta, noi siamo anche disposti a darvi dei “pizzini” e dirvi come si governa questo Paese, se riuscite a leggere e a capire che cosa c'è scritto. Buon voto a tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1486-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, il deputato Davide Zanichelli.

DAVIDE ZANICHELLI, Relatore. Grazie, Presidente. Presidente, ho sentito in queste ore dire che questo decreto è il copia-incolla del passato. Bene, mi preme puntualizzare che in questo decreto non ci sono i 5 miliardi, come ci sono stati per le banche venete, dati a Banca Intesa, che poi l'anno successivo ha chiuso con ingenti utili, non ci sono i 2,2 miliardi dati al Fondo Atlante per prendere crediti deteriorati delle banche del centro Italia e non ci sono nemmeno i risparmiatori azzerati, tant'è che a Genova non ci sono i risparmiatori in piazza, non ci sono risparmiatori azzerati che si stanno lamentando di questo decreto. Tra l'altro, invito anche a leggere il decreto precedente del 23 dicembre, n. 237, che parlava di 20 miliardi; in questo decreto si parla di 1,3 miliardi e - come ho ricordato - non sono stati ancora erogati, non è ancora uscito dalle casse dello Stato un euro perché la parte principale di questo stanziamento è per un'eventuale ricapitalizzazione precauzionale, che ancora non si è verificata e ci auguriamo che non si debba verificare. Anzi, la garanzia dello Stato è onerosa - come ho spiegato prima - e serve semplicemente come copertura per permettere alla banca di poter andare sul mercato e avere uno strumento obbligazionario stabile e commercialmente sostenibile per la banca.

Però il nostro Governo è dovuto intervenire con urgenza, urgenza nella cornice normativa che non abbiamo deciso noi, una cornice normativa che deriva dal decreto legislativo n. 180 del 2015, il cosiddetto bail-in, che è appunto una cornice normativa che ci ha obbligato sostanzialmente - perché altrimenti la paura dei risparmiatori e la corsa agli sportelli avrebbe potuto causare problemi ulteriori - a intervenire con urgenza. E il Governo è intervenuto appunto nella misura in cui il decreto legislativo n. 180 del 2015 lo obbligava, quindi sostanzialmente in quei binari che non abbiamo deciso noi, ma che abbiamo dovuto prendere in maniera obbligata nei primi giorni dell'anno. È chiaro che questa è una soluzione per Carige, ma non è una soluzione dei problemi di natura bancaria di questo Paese, perché sono emersi nelle settimane scorse - lo sappiamo - e sono il frutto di una distorsione del sistema bancario, da cui - lo abbiamo scritto anche nel contratto - l'intenzione di voler trovare una soluzione, una soluzione che sia definitiva perché quello che vogliamo non è intervenire come in passato a tamponare l'ennesima situazione bancaria, ma poter mettere la parola fine, o per lo meno adottare quelle soluzioni, quelle prevenzioni per tutte quelle crisi bancarie che ci sono state e quelle che hanno caratterizzato quelle che ci sono state, in modo tale che non ci siano più in futuro. Sappiamo che i problemi sono di diversa natura; ci sono alcune cose su cui non possiamo intervenire perché molte crisi bancarie sono determinate anche da requisiti comunitari sui quali non possiamo intervenire, che però sappiamo avere una notevole criticità per il nostro sistema bancario e magari questi requisiti comunitari invece fingono di non vedere altre criticità di altri istituti bancari semplicemente al di là delle Alpi. Però alcune cose si possono correggere anche in Italia, come ad esempio una vigilanza più attenta a certi fenomeni. In precedenza, alcuni colleghi hanno parlato di rapporti pelosi fra banche e politica: è esatto, è quello proprio su cui vogliamo intervenire, e una vigilanza più attenta sicuramente può fare la sua parte. Ci stiamo lavorando e io auspico che questo cambio di vigilanza non sia solamente da parte della maggioranza, ma sia un'intenzione e un auspicio anche da parte dell'opposizione, perché penso siano sotto gli occhi di tutti le mancanze che ci sono state in passato. Inoltre questa cosa si risolve anche facendo in modo che chi sbaglia paghi e, se ci sono delle mancanze o dei problemi nel sistema bancario, allora è giusto che chi commette dei reati, paghi. Ecco, questo è ciò su cui stiamo lavorando, su cui abbiamo intenzione di lavorare, proprio in prevenzione rispetto a ulteriori - speriamo di no - future crisi bancarie ed è quello su cui stiamo lavorando e auspichiamo che ci sia la più grande maggioranza di quest'Aula disponibile a lavorare in questo senso.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, il sottosegretario Alessio Mattia Villarosa. Ne ha facoltà.

ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Senza entrare nel merito, vorrei rispondere ad alcune cose che ho sentito, veramente fuori da ogni logica e fuori dalla realtà. Innanzitutto, anche riuscire a sentire il Partito Democratico che parla di risparmiatori, dopo averli azzerati e avergli rovinato la vita per una… veramente non riesco a (Commenti del deputato Mancini)…

PRESIDENTE. Collega, il sottosegretario sta parlando.

ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Ne ho sentite di tutti i colori e vi ho lasciato parlare, quindi piacerebbe anche a me riuscire a parlare perché sentirmi dire che Di Maio va in un palazzetto e viene fischiato, quando ci sono i video disponibili ovunque - su Facebook li potete ricercare - e sia Di Maio che Salvini sono stati applauditi e, nel momento in cui veniva fuori il nome del PD, partivano dei fischi incredibili, quindi, vi consiglierei di andare a rivedere i video per almeno raccontare in giro la realtà. Si parla di (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)…

PRESIDENTE. Colleghi!

ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. È difficile riuscire a parlare…

PRESIDENTE. Prego, signor sottosegretario…(Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Colleghi, per cortesia (Commenti del deputato Fiano)…

ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Presidente, sono libero di rivolgermi, Presidente, sono libero di parlare di qualsiasi cosa qui dentro.

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!

ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. È facile, Presidente. Il Partito Democratico che non è così democratico non fa parlare il Sottosegretario.

PRESIDENTE. Mi scusi un attimo, sottosegretario. Colleghi, avete avuto il tempo per intervenire. Io vi chiedo di lasciar concludere il sottosegretario in silenzio. Prego (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)…Colleghi!

CLAUDIO MANCINI (PD). Lo richiami al merito!

ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. No, io richiamo, io rispondo a tutto ciò che è stato sollevato in quest'Aula in merito a questo decreto. Si è parlato dell'incontro (Commenti del deputato Mancini)…

PRESIDENTE. Collega Mancini… collega Mancini… collega Mancini, la richiamo!

ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Visto che il Partito Democratico non riesce a far parlare, io potrei anche chiudere qua il mio intervento (Commenti del deputato Mancini).

PRESIDENTE. No, sottosegretario. Collega Mancini, per cortesia, l'ho già richiamata, per cortesia!

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 12 febbraio 2019 - Ore 11:

1. Comunicazioni del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale sui recenti sviluppi della situazione in Venezuela.

2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 8 gennaio 2019, n. 1, recante misure urgenti a sostegno della Banca Carige S.p.a. - Cassa di risparmio di Genova e Imperia. (C. 1486-A)

Relatore: ZANICHELLI.

3. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

D'UVA ed altri: Modifiche all'articolo 71 della Costituzione, in materia di iniziativa legislativa popolare, e alla legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1.

(C. 1173-A)

e delle abbinate proposte di legge costituzionale: CECCANTI ed altri; CECCANTI ed altri; ELISA TRIPODI ed altri; MAGI. (C. 726-727-987-1447)

Relatori: DADONE, per la maggioranza; CECCANTI, SISTO e SPERANZA, di minoranza.

4. Seguito della discussione delle mozioni Porchietto ed altri n. 1-00103, Delrio, Lupi ed altri n. 1-00104 e Lollobrigida ed altri n. 1-00108 concernenti la realizzazione della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione .

5. Seguito della discussione delle mozioni Muroni ed altri n. 1-00100, Luca De Carlo ed altri n. 1-00109, Molinari, D'Uva ed altri n. 1-00110, Nevi ed altri n. 1-00111 e Gadda ed altri n. 1-00112 concernenti iniziative volte a vietare l'utilizzo dei pesticidi e dei diserbanti nelle produzioni agricole, favorendone lo sviluppo con metodo biologico .

La seduta termina alle 17,35.