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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 114 di venerdì 25 gennaio 2019

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 9.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO AMITRANO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Benvenuto, Brescia, Colletti, D'Uva, Gallo, Giaccone, Giachetti, Molinari, Pastorino Saltamartini e Sisto sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,04).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative normative volte ad escludere l'applicazione dell'articolo 177, comma 1, del codice degli appalti al settore della distribuzione elettrica, del gas e del teleriscaldamento – n. 2 – 00228)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Occhionero e Fornaro n. 2-00228 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Occhionero se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (LEU). Sì, grazie, signora Presidente. Buongiorno al Governo. Con questa interpellanza, noi sottoscrittori, chiediamo di focalizzare l'attenzione sull'applicazione dell'articolo 177, primo comma, del codice degli appalti ai titolari di concessioni già in essere alla data del 18 aprile del 2016, che abbiano ricevuto l'affidamento senza gara. Riteniamo che l'applicazione di questa norma, assolutamente illogica, crei un grave danno e adesso spiegherò brevemente il perché. La norma prevede l'obbligo, in capo ai titolari di queste concessioni, di affidare una quota pari all'80 per cento dei contratti di lavoro ricevuti in concessione, per un importo pari o superiore a 150.000 euro, mediante procedure di evidenza pubblica e solo per il restante 20 per cento la possibilità di affidare i lavori a società controllate e/o collegate. Quindi, l'80 per cento dei contratti di lavoro verrebbe affidato ad un appalto esterno. L'applicazione di questa norma - assolutamente illogica per noi - comporterebbe un grave danno e ha immediatamente suscitato le reazioni dei sindacati, i quali ritengono che questo strumento non faccia altro che distruggere quell'importante tessuto economico e occupazionale che rappresentano le società partecipate e che operano nel settore della distribuzione dei servizi elettrici e del gas. A detta dei sindacati, e soprattutto di quello della Cisl, ciò comporterebbe la trasformazione di numerosissime società in semplici “adesivi”, che andrebbero ad attaccarsi a numerose piccole e medie società appaltatrici che dequalificherebbero i servizi essenziali per la nostra comunità, non consentendo a queste stesse imprese di investire sulla modernizzazione delle infrastrutture energetiche. Dunque, i titolari di queste concessioni diventerebbero delle mere stazioni appaltanti, prive di qualsivoglia potere decisionale e operativo, e ci sarebbe esclusivamente una polverizzazione a favore di terzi. Noi riteniamo che questo processo di esternalizzazione - così come ben rappresentato da tutti i sindacati - non faccia altro che creare danni al lavoro perché creerebbe esuberi di posti di lavoro nelle imprese. Metterebbe quindi a rischio, secondo le stime effettuate dai sindacati, 145 mila o 170 mila posti di lavoro nel breve periodo. È una legge, quindi, scritta male ed è una norma illogica, che mette a rischio dunque milioni di posti di lavoro e accompagnerebbe una destrutturazione del sistema delle utility mai avvenuta finora. È evidente quindi che noi chiediamo, attraverso questa interpellanza urgente, di provvedere immediatamente o attraverso l'istituzione di un tavolo presso il MISE, con tutti gli organi e le associazioni di categoria e sindacali interessate, o un intervento legislativo volto, ad esempio, a prevedere una deroga alle aziende che si occupano di distribuzione di gas e di energia elettrica, alla pari di quella già prevista per le società idriche.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico, Andrea Cioffi, ha facoltà di rispondere.

ANDREA CIOFFI, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Grazie, Presidente.

Come è stato ricordato dall'interpellante, il tema riguarda l'articolo 177 del codice degli appalti, che è relativo alle concessioni, in questo caso parliamo nello specifico di concessioni per il settore della distribuzione di energia elettrica e gas.

La norma citata - come è noto - prevede che i titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici e forniture, all'entrata in vigore del codice, che non sono state affidate con il project financing o con procedure di evidenza pubblica, siano obbligate ad affidare una quota pari all'80 per cento dei contratti, per quei contratti di valore superiore a 150 mila euro, mediante procedure di evidenza pubblica. La ratio, quindi, di quell'articolo era quella di intervenire a valle sul ricorso al mercato perché le concessioni non erano state affidate con gara.

Nell'ambito applicativo della norma, abbiamo le linee-guide dell'ANAC del 2018 e poi è intervenuto il Consiglio di Stato - com'è noto - nel giugno del 2018; è intervenuto con due sentenze, a distanza di cinque giorni l'una dall'altra, che hanno prodotto questa evidenza. E, proprio dall'uso di tali coordinate ermeneutiche, si pone il problema di stabilire se, nell'ambito applicativo dell'articolo 177 del codice dei contratti pubblici, ricadano anche le concessioni di servizio o di distribuzione elettrica e gas.

Come l'onorevole interpellante presumibilmente sa, il problema nasce dal fatto che, per la prima volta, l'Unione ha deliberato sul tema delle concessioni, tema che è entrato nel novero dei settori coordinati dall'Unione nel 2014 e ciò ha determinato poi il codice dei contratti, legge n. 50 del 2016. Precedentemente, i settori di cui si parla, erano settori esclusi e quindi il problema non sussisteva; adesso, con la direttiva comunitaria, i settori sono diventati inclusi. Infatti, da un'analisi di impatto delle nome di settore, effettuata dal Ministero dello Sviluppo economico è emerso che il rischio, a fronte di una esternalizzazione di tale attività, è che potrebbe derivare una riduzione della forza lavoro tra l'80 e il 95 per cento, per una diminuzione di circa 150 mila posti di lavoro nel breve periodo, quindi il problema c'è.

Da tali criticità nell'interpretazione e nell'applicazione della norma, dunque, nasce la necessità di un intervento normativo in materia, finalizzato a tutelare l'occupazione nel settore, a riconoscere un adeguato grado di autonomia operativa alle aziende titolari di concessioni e di evitarne al contempo un diffuso contenzioso, nonché ricadute sugli utenti.

Questo Governo si sta attivando, quindi, per promuovere una modifica al codice dei contratti pubblici, per far sì che siano compenetrate l'esigenza di trasparenza, mediante ricorso al mercato, e l'esigenza di tutela del lavoro, perché non è pensabile che questo patrimonio costituito dalle maestranze qualificate e specializzate venga disperso. È indubbia, quindi, la disponibilità di istituire presso il Ministero dello Sviluppo economico un tavolo anche con le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali, laddove venga richiesto, al fine di valutare i tempi e le modalità dell'intervento normativo.

Nelle more di tale modifica normativa, preme sottolineare che questo Governo ha appena accolto un emendamento al testo del decreto-legge “semplificazione”, con il quale è stato posticipato al 31 dicembre 2019 l'obbligo dell'attuazione dell'”80/20”, che - ricordo - è un obbligo cogente e sul quale si è deciso di intervenire per trovare una soluzione. Il problema sussiste, è un problema complesso perché ci sono le direttive comunitarie e l'interpretazione del Consiglio di Stato ha esteso a tutte le concessioni, includendo quindi anche quelle che erano prima escluse, quindi bisogna completare queste esigenze per fare in modo che la norma tenga conto della realtà per la tutela del lavoro e per la tutela di coloro che operano direttamente - facendo quindi un'azione meritoria dal punto di vista del lavoro e dal punto di vista della qualità del lavoro - ma nel contempo facendo in modo che l'esigenza di mercato e di trasparenza sia garantita.

PRESIDENTE. La deputata Giuseppina Occhionero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (LEU). Grazie, signor Presidente. Certo, il fatto che il sottosegretario riconosca che ci sia un serio problema mi rincuora, ma non posso certo ritenermi soddisfatta completamente da quanto testé illustrato dallo stesso sottosegretario, perché è evidente che sono necessarie delle azioni che però, ad oggi, non sono state ancora messe in campo, né forse nemmeno idealizzate. Io credo che la deroga sia assolutamente necessaria, come primo passo, ma sarà sicuramente necessario prevedere delle azioni concrete a tutela del mercato occupazionale per contemperare - come ben ha detto lei - le esigenze di trasparenza con quelle di tutela del lavoro. Anche perché, sottosegretario, da una parte questo Governo parla di semplificazioni, ma semplificazioni estemporanee, e non discusse con gli operatori del settore, certo potrebbero essere semplicemente un antidoto anche peggiore dello stesso male, secondo noi, quindi occorre riflettere, occorre riflettere bene e pensare a quali soluzioni immediate, a breve e a lungo raggio, bisogna adottare, serie e puntuali, per far ripartire un comparto che, a nostro avviso, davvero potrebbe contribuire in maniera sostanziale alla crescita del PIL dell'Italia.

Vede, è necessario procedere sicuramente alla semplificazione anche in riferimento al codice degli appalti e alla materia delle opere pubbliche anche perché, secondo questo stesso Governo, è proprio la farraginosità del sistema dei contratti che a volte scoraggia anche gli investimenti. Tuttavia, non bisogna fare salti nel vuoto come quelli che forse in questo momento si sottopongono di fronte al mercato delle opere pubbliche. E, allora, si parla di semplificazioni delle norme, anche delle norme sugli appalti, ma bisogna fare attenzione: più si parla di migliorare, più si parla di semplificare e forse più si interviene in un settore come quello delle opere pubbliche che è già abbondantemente iperstatico e, allora, questo contratto degli appalti potrebbe davvero rappresentare una svolta e potrebbe però, senza creare ulteriormente i danni e rendere ancora più difficili gli strumenti che gli operatori dei settori utilizzano per la realizzazione delle opere pubbliche.

Quindi, si proclama la semplificazione, ma poi si rischia di rendere più complicati e complessi gli stessi processi. E, allora, così si rischia addirittura il blocco delle opere pubbliche. Forse proprio per evitare quel blocco poi i Governi adottano, come in questo caso, politiche emergenziali con le quali sono costretti a ricorrere alle deroghe e spesso la deroga rappresenta quello che in realtà poi diventa il contesto più vulnerabile anche alla corruzione. E, allora, bisogna stare attenti perché forse si stava meglio quando si stava peggio e allora l'allarme c'è; c'è sicuramente una situazione di forte preoccupazione per le aziende energetiche. Ecco perché noi vogliamo evitare assolutamente che ci sia questa destrutturazione del sistema delle utility e questo rischio sul mercato del lavoro. Ecco perché riteniamo assolutamente necessario – e quindi, ribadisco, non siamo completamente soddisfatti dalla risposta – e ci aspettiamo un intervento legislativo volto ad evitare l'applicazione dell'articolo 177, primo comma, del codice degli appalti ai titolari di queste concessioni.

(Iniziative a sostegno delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno, al fine di assicurare un corretto impiego dei fondi europei e favorire la ripresa del sistema produttivo - n. 2-00200)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galizia ed altri n. 2-00200 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Galizia se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FRANCESCA GALIZIA (M5S). Grazie, Presidente. Dopo sette anni di recessione, dal 2008 al 2014, l'economia delle regioni meridionali accenna ad una seppur timida e lenta crescita che tuttavia sta avvenendo in ritardo rispetto agli altri Paesi europei ed extraeuropei.

La stagione dell'incertezza, così recita l'ultimo rapporto Svimez 2018, che sta attraversando il Paese, a cavallo tra una ripresa troppo debole per recuperare gli effetti della crisi e le prospettive di un rallentamento dell'economia mondiale, potrebbe determinare nel Sud una forte frenata. Le previsioni evidenziano, infatti, dopo una fase di ripresa in cui il Mezzogiorno è riuscito a tenere il passo del Centro-Nord, la riapertura del divario di crescita con il resto del Paese, nel quale è stato rilevato già un significativo rallentamento dell'economia nazionale. La preoccupazione è che, a fronte di tale incertezza, legata al mutato clima del commercio mondiale e ai timori di politiche protezionistiche, ma anche al rischio di aumento della volatilità sui mercati finanziari, si determinino condizioni di freno all'espansione dell'attività produttiva. Nello specifico, nel nostro Mezzogiorno il tasso di crescita del prodotto interno lordo figura attualmente all'1,4 per cento rispetto al più 1,5 per cento del Centro-Nord. È un evidente trend di lenta ripresa nel 2017 rispetto all'anno precedente. In questo contesto, con una stima, al 2018, del PIL a più 0,8 per cento nel Mezzogiorno aumenta la distanza dell'Italia dall'Europa e il Sud, a sua volta, perde terreno anche rispetto alla periferia europea.

Secondo quanto rilevabile dall'archivio Istat ASIA il tessuto produttivo del Mezzogiorno è caratterizzato da una soverchiante quota di microimprese, fino a 10 addetti, ben 1.187.000, pari al 96,4 per cento delle imprese private. Queste ultime occupano il 60,6 per cento dei lavoratori occupati in imprese private. Tali percentuali salgono ulteriormente laddove si considerano le piccole imprese fino a 50 addetti, che costituiscono addirittura il 99,7 per cento del totale e che occupano ben l'80,7 per cento dei lavoratori. Tale tessuto produttivo opera in un quadro di perdurante disuguaglianza territoriale tra Nord e Sud del Paese che investe molteplici profili. La minore disponibilità di servizi e prestazioni, la bassa qualità della governance e lo scarso utilizzo di tecnologie abilitanti da parte delle pubbliche amministrazioni si abbinano pertanto ad una pressione burocratica elevatissima, tale da scoraggiare investimenti e attività economiche. Secondo il centro studi di Confartigianato Imprese, il Mezzogiorno sconta un peso della burocrazia doppio rispetto a quello del Centro-Nord, con una media italiana già di per sé più elevata di ben 60 punti rispetto a quella degli altri Paesi dell'Unione europea. Finanche sul versante dell'istruzione il Sud sconta il peso del contesto economico-sociale e territoriale: la disoccupazione, la povertà diffusa, l'esclusione sociale, la minore istruzione delle famiglie di provenienza e, soprattutto, la mancanza di servizi pubblici efficienti influenzano i percorsi scolastici e l'apprendimento. Ben il 18,5 per cento dei giovani tra i diciotto e i ventiquattro anni, con al più un titolo di licenza media, abbandonano la formazione, alimentando la fascia di popolazione carente di competenze sufficienti ad accedere al mercato del lavoro. Per altro verso, il mercato del lavoro del Mezzogiorno si dimostra incapace di costruire una domanda competitiva, per qualità e quantità, nei confronti delle elevate professionalità. Basti pensare che il tasso di occupazione per i diplomati e laureati nel Mezzogiorno a tre anni dalla laurea è pari a 70 mila su 160 mila, ovvero il 43,8 per cento, contro i 220 mila su 302 mila, pari al 72,8 per cento, del Centro-Nord: un divario sempre più imponente. Ciò ha comportato l'insorgere di un fenomeno migratorio generazionale.

Sempre secondo Svimez, 1.883.000 residenti hanno lasciato le regioni meridionali negli ultimi sedici anni: la metà giovane, compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureato, il 16 per cento dei quali si è trasferito all'estero. Ebbene, 800 mila non sono più tornati. Tale fenomeno migratorio non determina solo un grave depauperamento del capitale umano a disposizione del Mezzogiorno, ma finanche una perdita secca complessiva di consumi, tra minori risorse per l'università del Sud e spese private sostenute dalle famiglie per mantenere i figli fuori sede, stimata in circa 3 miliardi annui. Ciò senza contare il circolo vizioso per cui si riducono i trasferimenti pubblici proprio a quella porzione del sistema universitario che ne avrebbe più bisogno, con una caduta inesorabile del grado di attrattività degli atenei meridionali e della loro capacità di supportare il sistema produttivo locale.

Tra le cause del crescente divario tra Nord e Sud del Paese vi è anche l'incapacità di accesso, di spesa e di utilizzo efficiente e mirato dei fondi europei, in particolare di quelli strutturali e di investimento destinati in via prioritaria alle regioni del Sud che, se correttamente utilizzati, ben potrebbero innescare meccanismi di recupero rispetto alle illustrate criticità. La politica di coesione territoriale dell'Unione europea rappresenta, per impegno finanziario, estensione geografica ed arco temporale, uno dei programmi più importanti al mondo in tema di redistribuzione di ricchezze tra regioni e Paesi, volti a stimolare la crescita delle aree in ritardo di sviluppo con un approccio place based. In particolare, per il Mezzogiorno i fondi della coesione, se accompagnati da adeguati investimenti nazionali che ne agevolino i meccanismi di spesa, possono favorire la transizione verso un'economia intelligente e inclusiva, per dare ai giovani l'opportunità di vivere e lavorare nei luoghi di appartenenza, per innalzare la qualità dei servizi come la scuola, la sanità, i trasporti e per rendere l'ambiente più verde e più resiliente rispetto ai rischi.

Gli strumenti finanziari contenuti nei programmi operativi dei fondi strutturali mettono a disposizione importanti risorse per sostenere il rafforzamento del tessuto produttivo del Mezzogiorno e l'accelerazione nell'utilizzo di queste risorse risulta fondamentale per garantire l'effettiva erogazione di tali fondi ai destinatari finali e contribuire ad offrire alle piccole e medie imprese meridionali un contesto più efficiente nel quale competere. Malgrado il miglioramento intervenuto negli ultimi mesi per i motivi sopra illustrati, la politica di coesione non è riuscita a ridurre i divari infrastrutturali, sociali ed economici del Mezzogiorno e l'Italia è ancora lontana dal centrare gli obiettivi di spesa prefissati per le politiche di coesione, così come diversamente successo nel resto d'Europa. Tale ritardo costituisce un fattore assai grave, considerato che questi fondi rappresentano risorse fondamentali per il Sud, che andrebbero impiegate in modo più celere ed efficiente. In particolare, l'attuazione dei programmi europei sconta oggi un ritardo che interessa sia i programmi operativi nazionali, sia quelli regionali, coinvolgendo, sebbene in misura differente, le regioni del Mezzogiorno, come pure quelle del centro-nord.

Noi tutti, signora Ministro, abbiamo apprezzato tantissimo il suo impegno nel poter impiegare questi fondi nel miglior modo possibile e ovviamente vediamo in questo una direzione per il futuro e il miglioramento del Mezzogiorno. Ma per rafforzare lo sviluppo e la competitività delle piccole e medie imprese nel Mezzogiorno, appare del tutto imprescindibile continuare a lavorare in tal senso e potenziare non solo l'effettiva capacità di spesa dei fondi di coesione, ma anche la cosiddetta capacity building delle amministrazioni coinvolte nella politica di coesione, elemento questo che incide positivamente sulla performance economica e che ha un effetto di stimolo per il prodotto interno lordo dei territori nei quali si interviene.

Costruire, dunque, capacità amministrativa permetterebbe di attrezzare le amministrazioni coinvolte nel programmare e gestire al meglio i fondi strutturali della prossima strategia europea.

Signora Ministro, come le ho già detto, apprezziamo il suo impegno e le chiediamo, pertanto, nell'ambito delle politiche di Governo finalizzate ad un efficientamento della capacità di programmazione, progettazione e spesa dei fondi europei a disposizione del nostro Paese, in primis quelli strutturali destinati alle regioni del Mezzogiorno, quali iniziative specifiche lei intende adottare a sostegno delle piccole e medie imprese che operano al Sud, al fine di poter assicurare un corretto impegno delle risorse e favorire la ripresa ed il consolidamento del sistema economico meridionale.

PRESIDENTE. La Ministra per il Sud, Barbara Lezzi, ha facoltà di rispondere.

BARBARA LEZZI, Ministra per il Sud. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole Galizia per il quesito che mi ha posto quest'oggi, che mi consente di soffermarmi su un tema più generale, ma fondamentale, relativo all'efficace utilizzo da parte dell'Italia dei fondi strutturali europei, nonché sulle azioni che stiamo adottando per migliorarne l'impiego. Voglio innanzitutto rassicurare che, nonostante una serie di ritardi accumulati nell'ambito della programmazione 2014-2020, il Governo non appena insediato si è subito adoperato per adottare tutte le misure necessarie e fare in modo che si raggiungessero i target prefissati e si assicurasse un corretto impiego delle risorse a disposizione.

A tal proposito, proprio questo mercoledì ho incontrato, per un primo bilaterale a Bruxelles del 2019, la commissaria europea alla politica regionale, Corina Cretu. L'incontro è stato organizzato in ragione dell'importanza che ha rappresentato la data del 31 dicembre per il nostro Paese e per gli altri Paesi europei: una doppia scadenza nell'ambito della politica di coesione 2014-2020. A proposito di questo, preciso che l'interlocuzione con la commissaria ha visto avviare anche un progetto di cooperazione rafforzata. La cooperazione rafforzata è uno strumento, un veicolo di semplificazione e accelerazione degli investimenti, lo abbiamo adoperato per la spesa in Sicilia, perché, quando ci siamo insediati, abbiamo trovato in Sicilia un drammatico ritardo nella spesa.

Devo riconoscere anche al Presidente Musumeci, così come alla commissaria, piena disponibilità nel siglare questa cooperazione, che ha portato ad un risultato davvero eccellente, perché anche la Sicilia è riuscita a spendere i suoi fondi e andare anche oltre il target, non rinunciando a fare anche investimenti di una certa importanza, di un certo rilievo. Sostanzialmente mi dispiace anche semplificare in quest'Aula, ma non si sono fatte le solite rotonde e le solite fontane, cose che, purtroppo, in questi anni si è verificato.

Alla commissaria ho chiesto di verificare le condizioni per avviare una cooperazione rafforzata con tutte le regioni che sono destinatarie di fondi strutturali europei per il dissesto idrogeologico, per metterle poi a sistema con dei Piani operativi nazionali e con il Fondo sviluppo e coesione.

Quello è un investimento estremamente importante a cui non possiamo più rinunciare, non possiamo davvero più tenere delle risorse ferme e piangere i morti ogni volta che accade un evento meteorologico importante, quindi dobbiamo cercare davvero di fare l'impossibile da questo punto di vista.

Io mi auguro di incontrare qui anche la disponibilità dei presidenti di regione, alcuni li ho già sentiti e dai quali ho avuto ampi margini disponibilità, e mi auguro di averli anche dagli altri che sto via via contattando. Questo è una sorta di esperimento, un progetto pilota, che serve sostanzialmente non a commissariare queste risorse, ma a fare in modo soprattutto di sciogliere i nodi e, in particolar modo, come dire, accelerare questa lentezza, che si ha nel dialogo tra le diverse istituzioni; molto spesso tra comuni, regioni, province, Ministero dell'ambiente o altri ministeri interessati, c'è una sorta di corto circuito e dobbiamo anche riconoscere che, negli anni, alcune volte, questi corto circuiti si verificavano per questioni meramente politiche e che hanno, invece, in questo modo, bloccato degli investimenti in infrastrutture estremamente importanti per i collegamenti nel nostro Mezzogiorno. Speriamo, da questo punto di vista, di superare tutti questi cavilli che poi molto spesso non ci sono, vengono costruite ad arte.

Andava certificato, quindi, nello specifico per la Commissione europea, il raggiungimento dei risultati intermedi necessari a sbloccare la cosiddetta riserva di efficacia, che è pari al 6 per cento delle risorse, sia il superamento dei target di spesa dei vari programmi operativi, evitando così il pericolo del disimpegno automatico dei fondi strutturali. In riferimento a questo, tengo a sottolineare che dei 51 programmi operativi italiani solo tre non hanno raggiunto gli obiettivi.

Se pur contenti, perché vi ricordo che questa programmazione è iniziata nel 2014 e noi ci siamo ritrovati a metà del 2018, quindi se pur contenti di questo risultato, siamo consapevoli che questo non può e non deve bastare, perché, per quanto riguarda la tempistica di attuazione degli interventi infrastrutturali, alcuni ritardi dipendono spesso dal quadro normativo particolarmente complesso, nonché dalle responsabilità amministrative in capo alle diverse stazioni appaltanti.

Difatti, insieme alle due strutture che supportano il mio lavoro - il Dipartimento per le politiche di coesione e l'Agenzia per la coesione territoriale - sto lavorando in sede europea anche al tema della semplificazione e della riduzione degli oneri amministrativi, con riferimento ai fondi strutturali. Questo perché, come Governo, intendiamo sostenere delle modifiche ai Regolamenti europei vigenti, al fine di agevolare la rendicontazione della spesa e proporre soluzioni interpretative volte a garantire uno snellimento degli oneri amministrativi.

Lo stesso obiettivo di semplificazione è quello che, tra l'altro, si intende perseguire nella costruzione del nuovo quadro di riferimento della futura programmazione 2021-2027. Anche in questo caso il Governo vuole agire nelle sedi europee per ottenere questo risultato. Per quanto riguarda, invece, le risorse nazionali del Fondo sviluppo e coesione, stiamo lavorando a nuove proposte che garantiscano un'accelerazione della spesa e una semplificazione delle procedure di governance, volta a velocizzare l'attuazione dei programmi.

Faccio, a questo proposito, un piccolo inciso: il Fondo sviluppo e coesione è stato in questi anni fatto preda di propaganda elettorale e, quindi, è costruito su diversi acronimi: ci sono i patti per il Sud, i PAC, i POC, i PON, c'è una serie di acronimi che hanno reso quasi impossibile monitorare la spesa su questo fondo e accertarsi che questi 54 miliardi, che sono appostati su quel fondo, vadano finalmente ad investimenti, soprattutto infrastrutturali e di ricerca in istruzione, che servono assolutamente soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia.

Ecco, la mia azione è volta a dipanare queste sigle, questi acronimi, in modo tale da poter fare davvero un monitoraggio severo, puntuale e rigoroso, e di pari passo al programma di semplificazione per le regioni, in modo tale che non ci siano alibi né per me, che devo controllare e monitorare, quindi per il Ministero che adesso rappresento, né per le regioni che devono spendere. Molto spesso, purtroppo, in questi mesi di incarico, ho potuto constatare come non sia tanto il problema delle risorse, quanto la capacità di spesa e la volontà di spesa, perché, poi, quando si vuole, si superano i nodi di cui abbiamo parlato prima e si portano avanti delle opere che servono al nostro Paese.

Poco fa ho citato l'Agenzia per la coesione territoriale che svolgerà un ruolo di supporto delle singole autorità di gestione e di accompagnamento delle amministrazioni che lo richiedono, un vero e proprio braccio operativo a favore delle diverse amministrazioni interessate, affinché anche attraverso specifiche azioni di supporto amministrativo si giunga ad un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse a disposizione. Vi ricordo che, prima, il dipartimento per la coesione e l'Agenzia per la coesione erano un unico strumento al servizio della politica di coesione; poi, si è deciso di separarli e, di fare, quindi, un'Agenzia e un dipartimento. All'interno ci sono persone estremamente competenti e preparate, alle quali, però, non era stato data una missione, non era stato dato un obiettivo preciso; molto spesso, gli incarichi dell'uno e dell'altro, gli impegni dell'uno e dell'altro si sovrapponevano, lasciando, invece, delle falle in altri ambiti. Insieme a loro, insieme al capo del dipartimento e al nuovo direttore che ho nominato e che ha preso il suo servizio a settembre del 2018, abbiamo, quindi, presentato e fatto approvare in agosto proprio un emendamento per dare degli obiettivi e degli incarichi ben precisi. Questo significa anche prendersi ognuno le proprie responsabilità.

Per quanto attiene ad alcuni dei quesiti specifici, posti dall'onorevole interpellante, il nuovo Governo non può che prendere atto della necessità di un'urgente definizione della politica di coesione, volta a sostenere la ripresa del sistema produttivo del Sud. Questo perché siamo più che convinti che essa rappresenti un bene pubblico utile e connesso al consolidamento di una nuova strategia europea, volta a ridurre sempre più i divari di sviluppo tra le aree regionali più svantaggiate. Per l'Italia e per il Sud i fondi della coesione rappresentano una risorsa preziosa, forse tra le uniche in grado di consentire una trasformazione verso un'economia più inclusiva, in grado di offrire ai giovani nuove prospettive di vita ed occasioni di lavoro, proprio nei luoghi in cui sono nati. Il raggiungimento di questo obiettivo consentirà l'avanzamento della conoscenza, genererà innovazione, sosterrà l'industria e anche l'occupazione.

Affinché, però, la politica di coesione possa essere in grado di dispiegare pienamente i suoi effetti occorre agevolarne e non ostacolarne i meccanismi di spesa, questo perché, se accompagnata da investimenti nazionali adeguati, potrà rappresentare lo strumento risolutivo delle problematiche di quelle regioni che restano, ancora, purtroppo, troppo indietro.

Il mio impegno per il futuro prossimo sarà rivolto a potenziare la capacità di programmare e progettare da parte delle amministrazioni e a rimuovere gli intoppi di natura burocratica, affinché in un quadro di regole più semplice e più armonizzato di quello attuale, si possa costruire un nuovo modello economico sostenibile che si faccia carico dei bisogni dei cittadini, costruendo una comunità in grado di offrire pari opportunità per tutti. In questo quadro, le risorse della coesione sono essenziali per la crescita degli investimenti, soprattutto nelle aree che faticano a recuperare il ritardo.

Tengo a fare un passaggio sulle azioni che sono state intraprese a fine anno con la legge di bilancio e mi preme illustrare brevemente l'ampliamento della categoria dei soggetti che potrà beneficiare dell'incentivo “Resto al Sud”, con l'allargamento dell'agevolazione ai professionisti e l'innalzamento dell'età massima per i beneficiari dai 35 ai 45 anni e del 100 per cento degli sgravi contributivi per tutti i nuovi assunti al Sud, tra i disoccupati da almeno sei mesi. Infine, sono intervenuta anche sulle modalità di verifica del rispetto del principio di assegnazione degli stanziamenti statali ordinari in conto capitale, secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla popolazione di riferimento, come previsto dall'articolo 7-bis del primo decreto “Mezzogiorno”. Questa disposizione è stata anche estesa ad ANAS ed RFI. Cosa significa? Che sostanzialmente, a mio avviso, è giusto che i fondi strutturali europei ritornino a rispettare la loro natura. Devono essere dei fondi aggiuntivi, non devono compensare la carenza di investimenti che in questi anni c'è stata da parte della quota nazionale destinata, appunto, agli investimenti; questo significa che almeno il 34 per cento della quota nazionale degli investimenti deve essere destinata al Sud, poi ci sono, accanto, i fondi strutturali europei che, senza la quota nazionale, non saranno mai dei fondi aggiuntivi e non potranno mai fare accorciare quel divario tra il Nord e il Sud che, invece, noi ci siamo prefissi come obiettivo anche nel contratto di Governo.

Vorrei precisare un altro aspetto riguardo alla decontribuzione, che è al 100 per cento, come ho già detto, per i nuovi assunti, non ha tetti di età ed è prevista per il prossimo biennio, perché io vorrei dare un po' di respiro alle imprese in modo che possano finalmente programmare. Ricordo che con il nuovo decreto sul reddito di cittadinanza verrà riconosciuto un credito di imposta a quelle imprese del Sud che avranno già la decontribuzione, ma avranno anche il credito di imposta per la parte residua che ha, di reddito di cittadinanza, il percettore che verrà assunto. Quindi, abbiamo reso sostanzialmente un doppio vantaggio alle imprese del Sud che vorranno assumere dei disoccupati.

A me preme molto sottolineare questo aspetto, perché e chiaro che le imprese del Sud scontano un ritardo infrastrutturale e devono essere maggiormente sostenute. Nel frattempo, poi, si facciano finalmente quelle infrastrutture di cui il nostro Mezzogiorno ha bisogno. A questo proposito, ribadisco che questo Governo vuole sostenere la necessità di una politica dei fondi più semplice nella gestione, più accessibile nell'acquisizione di dati e più rapida nella realizzazione di nuovi programmi. Insomma, sostanzialmente, è quello che ho detto adesso: la semplificazione deve essere una grande opportunità e si devono cancellare molti alibi che fino adesso, purtroppo, sono stati utilizzati a sfavore del Mezzogiorno. Ci stiamo lavorando molto attentamente, in maniera molto puntuale, con tutto il mio staff e, devo dire, anche con la piena collaborazione di tutti i miei colleghi parlamentari e non solo di coloro che provengono dal Mezzogiorno, perché devo riconoscere che noi sappiamo bene che quella che sembra una retorica invece è realtà. Il Sud non deve essere un fratello minore del Nord, ma noi dobbiamo fare finalmente sistema Paese, tutti insieme, perché abbiamo sfide ben più ampie da affrontare. Grazie ancora, grazie, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. L'onorevole Giordano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Galizia n. 2-00200, di cui è cofirmataria.

CONNY GIORDANO (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio la signora Ministra per la risposta e sono certa, anche, che le nostre preoccupazioni, le preoccupazioni di noi meridionali siano anche le sue preoccupazioni. È innegabile, infatti, che il nostro sia un Paese che corre a due velocità e che per anni ha operato un'innaturale scissione tra italiani di serie A italiani di serie B; questo ha generato una profonda spaccatura e ha lasciato il Sud in miseria e ha determinato una grande trascuratezza nell'utilizzo dei fondi europei. Benché mai saranno dimenticati i torti del passato, ora è il momento di guardare al futuro e costruirlo più giusto e più equo, un futuro dove lavoro, sanità, trasporti, servizi e welfare siano assicurati a tutti.

Il Nord da solo non ce la può fare, se allo stesso tempo non cresce anche il Sud. I fondi europei rappresentano in questo ambito delle risorse irrinunciabili per l'Italia e per il Sud in particolare, sono risorse fondamentali per il benessere di noi cittadini e la crescita dei nostri territori, soprattutto di quelli più svantaggiati. Il monitoraggio continuo e la verifica sulla coerenza nell'uso di tali fondi destinati al Mezzogiorno è, quindi, fondamentale per sostenere le imprese, grandi e piccole, a generare nuovo lavoro, proprio grazie a un corretto ed efficace utilizzo dei fondi europei. Non è possibile continuare a vedere i nostri coetanei lasciare la loro, la nostra, terra, per andare a cercare un lavoro altrove, esattamente come accadeva nel dopoguerra. Non è accettabile che durante una degenza in ospedale si venga invasi da formiche. Non è possibile continuare a pensare ad opere inutili come la TAV Torino-Lione quando per andare da Roma a Ragusa sono necessarie almeno quattordici ore, senza considerare lo stato pietoso in cui versa l'intera rete dei trasporti del Sud d'Italia.

È inaccettabile il divario che tutt'oggi sussiste nell'accesso e nell'utilizzo dei fondi europei. Diventa quindi fondamentale la fase della formazione, sia per le imprese che per le amministrazioni locali. Nella fattispecie, si pensa di introdurre programmi specifici, anche all'interno dei percorsi scolastici, che possano permettere di avere maggiore consapevolezza delle opportunità che ci offre l'Europa, opportunità che dobbiamo cogliere se vogliamo proiettarci nel futuro con maggiore competenza e minore inefficienza, opportunità per lo sviluppo del Mezzogiorno, che non possiamo non sfruttare per garantire finalmente alle regioni meridionali un sistema di servizi efficienti che contribuisca, attraverso adeguati investimenti, alla crescita economica. Solo così possiamo permettere al sud, al nostro sud, di risollevarsi e cominciare a correre alla stessa velocità del nord, perché se non si corre insieme difficilmente riusciremo a stare al passo con gli altri Paesi europei.

(Iniziative volte a garantire il rispetto del riparto di competenze dell'autorità di sistema portuale e dell'autorità marittima, con particolare riferimento al porto di Livorno - n. 2 – 00217)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Mulè ed altri n. 2-00217 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Mulè se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIORGIO MULE' (FI). Grazie, Presidente. Ringrazio il Presidente e il Governo e mi scuso per questo contrattempo che, ahimè, è capitato. Quindi, chiedo venia e mi appello alla clemenza dalla Presidenza. La ringrazio per la pazienza.

Molto brevemente, questa è un'interpellanza urgente che trae origine da episodi accaduti nel mese di dicembre e che si sono poi riverberati anche nel mese di gennaio al porto di Livorno e che hanno un'attinenza molto stretta sulle competenze che sono attribuite all'autorità del sistema portuale e sul comportamento del comandante del porto rispetto ai suoi ambiti di competenza e sui pesi e contrappesi che deve avere con l'autorità di sistema portuale. In breve, noi segnaliamo, nella nostra interpellanza urgente, alcuni episodi accaduti il 15 e il 16 dicembre, quando a una nave, che doveva sbarcare mille autovetture, è stato di fatto impedito l'attracco in una banchina, nonostante questa banchina fosse libera e non fosse quindi utilizzata da alcuno, ed è stata necessaria un'attività di pressione forte, nonostante ci fossero delle ordinanze congiunte risalenti al mese di luglio e successive, per fare in modo che a questa nave venisse dato il diritto di attraccare e di effettuare il proprio lavoro.

È una situazione che si è ripetuta nel tempo e, quindi, abbiamo ritenuto di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, anche perché nel frattempo ci sono giunte delle notizie in capo al comandante del porto di Livorno il quale, poco prima, peraltro, dell'arrivo e quindi della presa del comando del porto, ha anche acquistato una casa proprio nella città di Livorno. Non c'è nulla di strano se non fosse che questa casa data all'ammiraglio Tarzia è stata venduta da un terminalista che partecipa al 50 per cento con un altro gruppo per la gestione di una darsena. Quindi, abbiamo chiesto al Ministro quali iniziative intenda adottare per garantire innanzitutto il rispetto delle competenze stabilite dalla legge per evitare quello che, Presidente, alla fine si produce, cioè un danno alle imprese e a chi lavora, perché questi atteggiamenti e questi personalismi in capo a chi ha attribuzione di pubbliche funzioni non fanno altro che il male dell'impresa.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Armando Siri, ha facoltà di rispondere.

ARMANDO SIRI, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. Signori deputati, la competitività e lo sviluppo dei traffici nei porti italiani costituiscono una leva strategica per la crescita del Paese ed è naturalmente compito delle istituzioni quello di garantire le condizioni ottimali per una gestione corretta, trasparente e proficua. Con l'atto in esame gli onorevoli interpellanti pongono l'attenzione su alcuni episodi in tema di accosti, verificatisi nel porto di Livorno, che avrebbero ostacolato la necessaria snellezza delle decisioni per la proficua utilizzazione delle banchine e degli spazi portuali sino a determinare situazioni di stallo decisionale in spregio ai principi di economicità ed efficienza che devono connotare la gestione di un porto.

In materia, occorre evidenziare che l'articolo 6, comma 4, della legge n. 84 del 1994, affida, tra l'altro, l'amministrazione del demanio marittimo all'autorità di sistema portuale, così come la vigilanza sulle concessioni demaniali e lo svolgimento delle operazioni portuali con compito di coordinamento e di controllo, mentre l'assegnazione degli accosti a banchina pubblica, in particolare quelli richiesti dai terminalisti concessionari ex articolo 18 della predetta legge, è svolta con la Capitaneria di porto interessata per gli aspetti di sicurezza della navigazione.

Sotto tale ultimo profilo, occorre anche far presente che l'articolo 62 del codice della navigazione, che assegna al comandante del porto la funzione di regolare e vigilare sull'entrata e sull'uscita, sul movimento, sugli ancoraggi e sugli ormeggi delle navi, va interpretato in combinato disposto con le sopravvenute norme della citata legge n. 84 del 1994, che assegnano all'autorità di sistema portuale la funzione di coordinamento, regolazione e controllo delle operazioni e dei servizi portuali, e, in genere, delle attività autorizzate od oggetto di concessione, ai sensi degli articoli 16, 17 e 18 della medesima legge, delle attività amministrative esercitate dagli enti e dagli organismi pubblici nell'ambito dei porti e delle aree demaniali marittime comprese nella circoscrizione territoriale dell'autorità di sistema portuale e la funzione di amministrazione, in via esclusiva, delle aree e dei beni ricompresi nella circoscrizione stessa.

Al fine di assicurare l'ottimale funzionamento dello scalo di Livorno, il punto di contatto fra le diverse competenze si sostanzia nell'ordinanza a firma congiunta, in data 13 luglio 2018, n. 114 sempre del 2018 della Capitaneria di porto di Livorno e nell'ordinanza n. 21 del 2018 dell'autorità di sistema portuale del Mar Tirreno settentrionale, con cui da un lato si è data priorità alle navi lavorate da imprese portuali non concessionarie e, dall'altra, al fine di permettere comunque la massima operatività delle banchine del porto di Livorno, nonché di mantenere e di sviluppare i traffici commerciale nell'interesse generale del porto, l'uso degli accosti pubblici in casi eccezionali motivati dall'impossibilità di operare nel proprio terminal e, comunque, non in via continuativa è consentito, d'intesa - ciascuna per quanto di rispettiva competenza - tra l'autorità di sistema portuale e la Capitaneria di porto, anche alle navi lavorate da imprese concessionarie di banchine demaniali portuali.

In buona sostanza, l'ordinanza assicura il riparto delle competenze - quelle prioritarie e vincolanti - in materia di sicurezza della navigazione in capo alla Capitaneria e quelle regolatorie in capo all'autorità di sistema portuale e il coordinamento tra le due autorità, al fine di evitare la duplicazione di procedure, definendo una procedura d'intesa per l'adozione di un unico provvedimento e lasciando alla Capitaneria di porto il ruolo di ufficio procedente. Uno degli scopi dell'ordinanza è quello proprio di regolarizzare i comportamenti degli operatori tendenti a non ottimizzare l'utilizzo delle concessioni ma a valorizzare le convenienze del momento facendo perno sulla disponibilità delle banchine pubbliche, ferma restando la priorità di utilizzo delle medesime per le imprese autorizzate ex articolo 16 non concessionarie e, comunque, la massimizzazione del tempo di utilizzo in generale.

Tutto ciò premesso e considerata la delicatezza della questione, lo scorso 16 gennaio, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si è tenuto un incontro con il presidente dell'autorità di sistema portuale del Mar Tirreno settentrionale e il comandante della direzione marittima di Livorno nel corso del quale, acclarata la correttezza dell'operato delle amministrazioni coinvolte, è stata evidenziata, tra l'altro, l'importanza della programmazione degli accosti portuali per ottimizzare la capacità delle banchine pubbliche. Al fine di assicurare il pieno rispetto delle competenze stabilite dalla legge e di dirimere ogni possibile contrasto interpretativo che possa determinare situazioni di stallo decisionale come quelle evidenziate, la direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture portuali e il trasporto marittimo e per vie d'acqua interne ha in corso di elaborazione una circolare esplicativa sull'utilizzo delle banchine pubbliche, anche alla luce dell'aumento dei traffici portuali previsti per i prossimi anni in tutti i porti italiani.

Da ultimo, circa i dubbi sull'imparzialità e sull'indipendenza dell'attuale comandante del porto di Livorno, in occasione delle politiche adottate nell'esercizio delle sue funzioni derivanti dall'acquisto di un appartamento in Livorno di proprietà del figlio di un importante terminalista del porto di Livorno, tale signor Francesco Lorenzini, ad un prezzo che potrebbe risultare non in linea con il mercato, lo stesso comandante pro tempore ha comunicato quanto segue. Il preliminare di compravendita dell'appartamento in questione risale alla data dell'8 settembre 2016. Il contratto di compravendita è stato sottoscritto il successivo 28 novembre. L'importo fissato per la compravendita tiene conto, oltre che del valore di mercato, dei costi sostenuti dal venditore per migliorare ed adeguare l'appartamento apportati nel tempo. Inoltre l'immobile è gravato da ipoteca a garanzia di mutuo fondiario di durata venticinquennale, stipulato sempre in data 28 novembre 2016.

Infine, il direttore marittimo e comandante del porto di Livorno, che all'epoca dei fatti era destinato presso la sede di Civitavecchia in qualità di direttore marittimo e comandante locale della capitaneria di porto, che non aveva ricevuto disposizioni di impiego per futuri incarichi altrove, ha partecipato di non avere mai prima conosciuto il signor Francesco Lorenzini.

PRESIDENTE. L'onorevole Mulè ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GIORGIO MULE' (FI). Grazie, Presidente. Ringrazio per la completezza e per non avere sorvolato su nessuno degli argomenti che erano nella nostra interpellanza urgente, quindi grazie signor sottosegretario per la cura, perché dalla sua risposta si evince che all'evidenza il problema che avevamo sollevato, da qui l'urgenza, era un problema reale, ed è un problema reale al punto che, a seguito dell'atto ispettivo, il signor sottosegretario e il signor Ministro hanno ritenuto prima di incontrare l'autorità di sistema portuale con il comandante marittimo, quindi il comandante del porto, ma, soprattutto, ci ha comunicato oggi, e di questo lo ringrazio, che è in corso di elaborazione una circolare esplicativa proprio per fare in modo che questo tipo di incidenti, come quelli che sono accaduti, non debbano ripetersi.

Ovviamente seguiremo molto da vicino quello che accade. Il problema, sottolineo ancora una volta, non nasce perché chi voleva l'accosto aveva delle banchine libere nel suo terminal, che si sappia e che sia chiaro. In quel caso tutte le banchine in capo al concessionario erano occupate e questa banchina pubblica, che era la numero 42 del porto di Livorno, era libera, non c'erano situazioni di emergenze o situazioni legate alla polizia marittima o situazioni legate a prenotazione, diciamo così, della banchina. E, quindi, l'atto di imperio, che a nostro giudizio denota una conduzione totalmente personalistica da parte del comandante del porto, ci fu e fu reale.

Quindi, l'intervento del Governo va nella direzione di sanare una situazione che è intollerabile proprio per la premessa che ha fatto il signor sottosegretario in avvio di risposta, e cioè che la gestione sia corretta, trasparente e proficua, proprio perché - non c'è qui destra o sinistra - andiamo tutti nella stessa direzione, tutti vogliamo che la gestione sia corretta, trasparente e proficua e tutti vogliamo che sia improntata, ovviamente, a principi di economicità e di efficienza. Lo ha rilevato correttamente il sottosegretario: c'era un problema di coordinamento, c'è stato un problema di coordinamento, al punto che è necessario risolverlo attraverso la circolare esplicativa. È ovvio che l'indirizzo, che mi permetto di suggerire o di far presente, ci mancherebbe, con grande rispetto al Governo, è quello che la circolare non lasci margini di dubbio e di interpretazione a soggetti che, come correttamente ancora una volta ci ha detto il signor sottosegretario, devono essere procedenti.

Meno margini noi lasciamo al comandante del porto o all'autorità di sistema portuale meno situazioni di questo genere creiamo, che poi si riverberano, in maniera negativa, sullo sviluppo del porto, e quindi contraddicono quei principi di corretta, trasparente e proficua gestione che devono avere i porti italiani. Quindi, ovviamente, seguiremo i lavori e aspettiamo questa circolare, auspicabilmente nel più breve tempo possibile, perché, nel frattempo, di questi ulteriori casi ne sono capitati, e quindi sarebbe auspicabile che la circolare arrivi al più presto. Spendo soltanto due parole sul comandante del porto, perché, ovviamente, non c'è nulla contro la persona, il problema è di opportunità. Ed è un problema che, signor sottosegretario, rilevo anche e soprattutto dopo la risposta, dopo i dati che vi ha trasferito il comandante del porto, laddove lui ci dice che l'8 settembre del 2016 fa il preliminare, fa il contratto il 28 novembre 2016; io nel frattempo, dice, ero a Civitavecchia.

Signor sottosegretario, però non ci si può nascondere dietro un dito, perché è da maggio-giugno del 2016 che si parlava sui giornali, sui siti online, sulla carta stampata, nelle televisioni liguri, toscane, laziali, campane, c'era questo grande movimento di nomi su quelli che sarebbero andati di lì a poco a ricoprire delle cariche. In questo giro di nomi, era compreso l'ammiraglio Tarzia, che poi venne destinato, alla fine, a Livorno. Il problema è che a Livorno, proprio perché ha, tra l'altro, un mutuo venticinquennale, lui va ad abitare in una casa che non è - e questo vorrei sottolinearlo - di un tal Francesco Lorenzini. Francesco Lorenzini è a tutti gli effetti un esponente del gruppo che, al porto di Livorno, è una realtà terminalista assai importante, tanto da gestire la sponda est della darsena.

Quindi, in questo momento il comandante del porto abita in una casa acquistata poco prima del suo arrivo a Livorno da un terminalista che, evidentemente, alla luce di tutti gli altri competitor del porto di Livorno, può ingenerare una situazione, se non di conflitto di interessi, di non terzietà rispetto al ruolo che ricopre. Tra tante case a Livorno questo ammiraglio giusto giusto va a prendere la casa del patrono del terminalista del porto. Signor sottosegretario, adesso, per carità, tutti abbiamo gli stessi diritti; ne converrà che, se io sono un concorrente di quel terminalista, potrei avere qualche dubbio o comunque sono legittimato, non dico ad essere prevenuto, ma ad avere, non un pregiudizio, ma un giudizio di merito rispetto a una persona che abita in una certa casa. Poi se 340 mila euro erano sufficienti, se ha fatto la scala, il lucernaio, poco importa; il punto è di merito, cioè sull'opportunità che il comandante del porto di Livorno, al suo arrivo a Livorno, vada ad abitare in una casa che gli è stata venduta dal terminalista che gestisce la sponda est della darsena del porto che lui amministra.

(Iniziative di competenza, anche in sede europea, per il rispetto dei diritti umani in Ecuador, con particolare riferimento alla vicenda della detenzione dell'ex vicepresidente Jorge Glas - n. 2-00190)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fassina ed altri n. 2-00190 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Fassina se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Illustro i punti fondamentali e, poi, commenterò le risposte del Governo. L'oggetto della nostra interpellanza riguarda l'ex vicepresidente dell'Ecuador, Jorge Glas, il quale è stato accusato, condannato e incarcerato. Vorrei affrontare questa situazione, ovviamente, sul piano strettamente connesso ai diritti umani, quindi tralascio le complesse questioni politiche.

Sul piano giudiziario e carcerario, noto che l'ex vicepresidente Glas è stato incarcerato in violazione delle norme nazionali sulla prigionia preventiva. È stato condannato, per quanto abbiamo potuto leggere, in assenza di prove ed è stata a lui applicata una normativa del codice penale in deroga al fine di evitare che la condanna potesse essere trasformata in arresti domiciliari. È stato trasferito in un carcere di massima sicurezza in condizioni particolarmente degradanti. Ha fatto un lungo sciopero della fame, per cinquanta giorni; ora non abbiamo notizie certe delle sue condizioni e di quale trattamento riceva.

Noto che la vicenda dell'ex vicepresidente Glas è iscritta in un quadro molto preoccupante riguardo all'offensiva dell'attuale Presidente Moreno nei confronti dell'ex presidente Correa e di numerosi Ministri che hanno fatto parte del Governo durante la Presidenza di Correa.

L'interpellanza al Governo è molto semplice: vorremmo sapere se le informazioni che abbiamo riprodotto nell'interpellanza che ho richiamato a sommi capi sono confermate e, soprattutto, quali orientamenti intende adottare, per quanto ovviamente di competenza del Governo italiano, affinché siano assicurate condizioni carcerarie dignitose, nel rispetto dei diritti umani, all'ex vicepresidente Glas, affinché il processo, che prevede altre tappe, possa essere svolto in condizioni di equità; e, infine, quali iniziative intende prendere, anche nel contesto dell'Unione europea, affinché l'Unione europea possa pronunciarsi, possa intervenire, nel rispetto ovviamente delle competenze di ciascuna istituzione di ciascun Paese, affinché la dialettica democratica possa ristabilirsi in Ecuador nelle condizioni minime necessarie.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Ricardo Antonio Merlo, ha facoltà di rispondere.

RICARDO ANTONIO MERLO, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale segue attentamente la vicenda dell'ex vicepresidente della Repubblica ecuadoriana Jorge Glas Espinel, condannato lo scorso dicembre 2017 dalla Corte nazionale di giustizia dell'Ecuador a sei anni di reclusione per associazione a delinquere, nell'ambito dell'inchiesta Odebrecht, vertente sugli scandali della corruzione attuata dall'omonima impresa di costruzioni brasiliana.

Il 21 ottobre 2018, Jorge Glas è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Latacunga, dove il detenuto ha inizialmente attuato uno sciopero della fame.

Il caso è stato oggetto di un apposito incontro del nostro ambasciatore a Quito con la Ministra degli Affari esteri reggente, la quale ha rassicurato che, a seguito della dichiarazione dello sciopero della fame da parte Jorge Glas, il giudice di sorveglianza ha disposto un monitoraggio medico per assicurarsi che le condizioni cliniche dell'ex vicepresidente vengano seguite con la massima attenzione. Lo stesso trasferimento nel carcere di massima sicurezza di Latacunga è stato disposto - ha aggiunto la Ministra - come misura a tutela dell'incolumità del detenuto, rafforzata dal fatto che Jorge Glas non è accomunato agli altri carcerati.

Alla nostra ambasciata non risultano condizioni detentive particolarmente degradanti, tenuto conto di quelli che sono gli standard carcerari dell'Ecuador. Risulta anche che, da dicembre, Jorge Glas abbia interrotto lo sciopero della fame. Il caso è stato trattato anche in sede di coordinamento europeo a livello locale, senza suscitare tra i partner europei particolari livelli di apprensione dal punto di vista della situazione carceraria e del rispetto del diritto a un equo processo.

Oltre che con gli altri partner dell'Unione europea, la nostra ambasciata è in stretto contatto anche con la locale Nunziatura apostolica, la quale segue anch'essa da vicino la vicenda. Il Governo italiano rispetta le decisioni che la magistratura dell'Ecuador ha preso nella sua indipendenza e non ritiene che dalla vicenda sia finora desumibile alcuna violazione dello Stato di diritto o della normale dialettica democratica del Paese.

Si assicura che verrà, comunque, mantenuta tutta la dovuta attenzione sul caso, con particolare riferimento alle condizioni di detenzione e di salute dell'ex vicepresidente e al prosieguo del normale corso del processo giudiziario a suo carico.

PRESIDENTE. L'onorevole Fassina ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Ringrazio anche il sottosegretario Merlo; in realtà, le informazioni che abbiamo noi sono in parte diverse, in particolare sulle condizioni del carcere di Latacunga, al quale lei faceva riferimento, sottosegretario Merlo, dove non ci risulta che vi siano le condizioni che sono state descritte. Ovviamente, conosciamo le differenze sugli standard tra le condizioni carcerarie di quel Paese e le condizioni carcerarie ottimali, che, molto spesso, non riusciamo a garantire neanche nel nostro Paese, e riteniamo che, a differenza di quanto lei ha affermato, vi siano violazioni di diritti umani e, soprattutto, l'equità del processo non sia stata garantita.

Le chiedo, qui, formalmente di continuare a seguire con l'attenzione necessaria l'evoluzione della vicenda e, possibilmente, di avere un aggiornamento, nelle prossime settimane o nei prossimi mesi, in relazione a quello che potrà accadere sia per quanto riguarda l'ex vicepresidente Glas sia per quanto riguarda altri componenti del Governo dell'ex Presidente Correa, che riteniamo stiano subendo un'offensiva che non è strettamente confinata al rispetto delle leggi vigenti in Ecuador.

(Iniziative di competenza, anche in sede europea, per la tutela dei diritti delle persone Lgbt in Cecenia - n. 2-00226)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Scalfarotto ed altri n. 2-00226 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Scalfarotto se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

IVAN SCALFAROTTO (PD). Grazie, Presidente. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità l'omosessualità è una variante naturale della sessualità umana. Signor sottosegretario, questo significa che le persone omosessuali, le persone che chiamiamo convenzionalmente facenti parte della comunità LGBTQI, sono persone come le altre, sono persone che hanno diritto di vivere una vita libera e dignitosa, di avere un progetto di vita, di essere riconosciute per il proprio progetto di vita.

Purtroppo non è così in molte parti del mondo: come sappiamo, le persone omosessuali, bisessuali e trans sono spesso fatti oggetto di discriminazione. Talvolta soltanto culturale, anche se ovviamente questa non è meno grave, perché si traduce in una serie spesso di comportamenti che fanno soffrire sin dall'adolescenza persone che non hanno nessuna colpa, se non quella di essere nati appunto con una variante naturale della propria sessualità, un po' come se si fosse nati con i capelli rossi o con gli occhi azzurri. Quindi in alcuni Paesi è soltanto culturale: io, ahimè, voglio ricomprendere talvolta anche il nostro. Purtroppo anche quando si penserebbe di aver raggiunto risultati importanti, come quelli che sono stati raggiunti nella scorsa legislatura, quando questo Parlamento ha approvato la storica legge sulle unioni civili, una legge che ha riconosciuto nel nostro Paese la quasi pienezza di diritti alle coppie omosessuali. Perché ricordiamo che esistono ancora delle aree che non sono coperte nel nostro Paese: in particolare mi riferisco a quello che è il tema della filiazione, quindi il tema delle adozioni, che sono rimaste fuori da quella legislazione e che necessitano di essere coperte al più presto.

Però dicevo, nonostante questi risultati anche nel nostro Paese basterebbe… Mi viene facile dirle, signor sottosegretario, che basta leggere i giornali, anzi talvolta le prime pagine dei giornali, talvolta soltanto i principali titoli di alcuni giornali, per capire che c'è ancora moltissimo lavoro da fare. Qualcuno dice che se aumentano i gay non c'è da stare allegri! Poi vorrei anche rassicurare il Governo tramite lei che non c'è nessun aumento di omosessuali; tra l'altro io penso che la cosa potrebbe essere anche celebrata. Ma insomma, non c'è nessun aumento di omosessuali, gli omosessuali ci sono sempre stati nella medesima quantità: diciamo che quando si raggiunge un livello di civiltà nella legislazione, questo comporta che le persone omosessuali che non sono immediatamente riconoscibili si sentono più libere di essere se stesse, e quindi di riconoscere appunto la propria condizione, il proprio status con maggiore tranquillità; e lo fanno, non come dice qualcuno per ostentare la loro omosessualità, ma lo fanno per vivere, perché quello che taluno chiama ostentazione noi la chiamiamo vita.

E però sebbene in molti Paesi, soprattutto del mondo occidentale, si siano raggiunte tappe di così importante civiltà giuridica, esistono molti Paesi dove la situazione invece è drammatica: sappiamo che esistono Paesi dove i comportamenti, le relazioni omosessuali e le persone ritenute a torto o a ragione omosessuali sono perseguitati. In alcuni Paesi esiste addirittura la pena di morte per il solo fatto, ripeto, di esistere; quindi lo stigma che tuttora permane purtroppo nella stragrande maggioranza del mondo, talvolta si traduce anche in atti di vera e propria violenza. Naturalmente io credo, immagino, sono sicuro che tutta l'Aula sarebbe d'accordo nel dire che dobbiamo quindi opporci a questo tipo di fenomeni; però è vero che di tanto in tanto ci sono delle vere e proprie emergenze che scoppiano, e io ho voluto interpellare attraverso di lei, signor sottosegretario, il Governo in particolare in riferimento ad una di queste emergenze, che è quella che si sta verificando in Cecenia.

La Cecenia è una Repubblica caucasica, che è parte della Federazione russa, quindi è parte integrante della Federazione con capitale Mosca. Il Presidente è Vladimir Vladimirovič Putin, ma in realtà la Cecenia è governata da un dittatore sanguinario, ferocissimo, che si chiama Ramzan Kadyrov, il quale ha detto cose che voglio citare, perché per comprendere la dimensione del fatto converrà ascoltare le parole, far risuonare in quest'Aula le parole di Kadyrov. Il quale ha detto che non esistono persone omosessuali in Cecenia, e che se tuttavia tali persone esistessero, le forze dell'ordine non dovrebbero preoccuparsi di loro, dal momento che ci penserebbero gli stessi familiari a spedirli da dove non possono più tornare. Il suo Ministro dell'informazione, che si chiama Jambulat Umarov, ha naturalmente liquidato come falsa la notizia che vi siano dei veri e propri pogrom nei confronti della comunità omosessuale cecena, dicendo queste alate parole: “Non seminate - ovviamente cito - i semi della sodomia nella benedetta terra del Caucaso, non cresceranno come nella pervertita Europa. Lasciate in pace la Repubblica Cecena”.

E ancora, un altro portavoce di Kadyrov, che si chiama Alvi Karimov, ha detto che si tratta appunto di bugie, di disinformazione, insistendo che non c'è una comunità, non ci sono persone omosessuali in Cecenia; misteriosamente non ce ne sarebbero, anche la statistica viene sfidata. E dice: non si possono detenere e perseguitare persone che semplicemente non esistono qui da noi; se anche ci fossero sostanzialmente sapremmo come liberarcene, probabilmente, come si è detto anche prima, sarebbero le stesse famiglie.

Questi fenomeni si sono già verificati nel 2017, sollevando un'importante reazione internazionale. In particolare voglio segnalare l'opera meritoria di un'associazione LGBT che si chiama LGBT Network, che veramente è andata a salvare proprio fisicamente queste persone e a portarle fuori dalla Cecenia e a portarle in Russia, dove, magari avremo il tempo di dirlo, neanche se la passano benissimo, anzi, se la passano piuttosto male. La stessa Unione europea e l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa si sono date da fare. In particolare voglio citare le parole di Maya Kocijančič, che è la portavoce del Servizio esterno dell'Unione europea, che ha detto che quello che si sta verificando adesso è un vero e proprio pogrom, ci sono almeno quaranta persone LGBT che sono state detenute da agenti delle forze locali dell'ordine, dice la Kocijančič, imprigionate e torturate; i rapporti indicano che almeno due delle persone sarebbero morte a causa di queste torture. Sono gravi violazioni dei diritti umani, che si aggiungono alla lunga lista di quelle promosse a livello statale in Cecenia, perché le violazioni dei diritti umani non riguardano, ahimè, solo la comunità LGBT.

All'interno dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, 15 Paesi, ma purtroppo non l'Italia, hanno chiesto di attivare il cosiddetto meccanismo di Vienna, cioè di porre delle questioni, delle domande precise al Governo russo; questi Paesi sono il Canada, la Danimarca, l'Estonia, la Finlandia, la Francia, la Germania, l'Islanda, l'Irlanda, la Lettonia, la Lituania, i Paesi Bassi, la Norvegia, la Svezia, il Regno Unito e gli Stati Uniti. Questo meccanismo di Vienna prevede appunto che siano poste tali questioni. La rappresentante lituana ha detto che Mosca ha risposto, ma senza entrare nel merito della vicenda, quindi questi Paesi si sono dichiarati insoddisfatti; e con l'aggiunta ancora di un altro Paese che è stato il Belgio, ma ripeto, non l'Italia, hanno innestato un altro meccanismo che, ironia della sorte, si chiama meccanismo di Mosca, che prevede la formazione di una commissione di tre persone, una delle quali può essere indicata dal Governo russo, per indagare sulla vicenda.

Che cosa succede nella pratica? Quindi che cosa sappiamo, cosa ci dice LGBT Network, cosa ci dice anche Novaja Gazeta, che è il giornale, voglio ricordare, di Anna Politkovskaja, che di Cecenia tanto si occupò fino a perdere la vita per questo? Ci confermano che sostanzialmente quello che accade è che si individua una persona omosessuale, e poi, o con il ricatto di rivelare il suo orientamento sessuale alla famiglia, e/o con forme di tortura e di violenza e/o sottraendo gli apparecchi di telefonia mobile, e quindi guardando all'interno della rubrica telefonica, si costringe questa persona sostanzialmente a fare i nomi di altre persone.

Le torture sono terribili, c'è un bel servizio che ha pubblicato l'Espresso qualche tempo fa. Una di queste torture si chiama la telefonata di Putin (interessante il nome), perché viene applicato un elettrodo ai lobi dell'orecchio nella persona che viene torturata e vengono date scariche elettriche, vengono colpiti con tubi di gomma, perché naturalmente fanno male ma lasciano pochi segni. Vengono riportate notizie di campi di detenzione dove queste persone vengono tradotte e portate via.

Quindi, una situazione veramente molto, molto grave, della quale io ritengo valga la pena comunque di parlare, perché, spesso, i dittatori, quelli feroci, vivono del silenzio, del nostro silenzio, vivono dell'ignoranza dal resto del mondo. Quindi, prendo questa occasione un po' perché voglio davvero sapere cosa ne pensi il Governo, ma anche perché è giusto che dentro l'Aula del Parlamento italiano si ricordi quello che sta succedendo in Cecenia e si ricordi che appunto persone che - ripeto - hanno soltanto la “colpa” di avere una caratteristica naturale diversa dalle altre, possono per questo soffrire in un modo così grave, ed è giusto quindi che una luce si accenda, che il mondo ascolti e che chi commette questi crimini sappia che stiamo guardando, che sappiamo che queste cose stanno succedendo, che non si illuda che non ce ne siamo accorti. Però, è chiaro che i Governi hanno un ruolo importante - io sono stato al Governo e mi sono occupato di commercio estero - quindi capisco anche benissimo quanto siano delicati gli equilibri, però penso che ci siano occasioni nelle quali è proprio doveroso prendere una posizione, è doveroso farlo in questo caso nei confronti del Governo della Repubblica Federativa Russa, del suo Ministro degli Esteri, dell'ambasciatore a Roma e io credo che sarebbe importante che il Governo si facesse sentire; si facesse sentire nelle sedi europee, anche se abbiamo visto che l'Alto rappresentante Mogherini e il suo Servizio stanno vigilando, però sarebbe anche bello che l'Italia si mettesse in prima linea, per esempio pensando di concedere dei visti per queste persone che fuggono, sicuramente. Sappiamo che questo Governo non è molto amico delle protezioni umanitarie, che avete spazzato via, non vi state costruendo una grandissima reputazione. Io voglio ricordare che la Commissaria per i diritti umani, Bachelet, soltanto pochi mesi fa ha parlato di violenze e di discriminazioni in Italia, annunciando l'invio di una commissione, di un comitato, insomma di un gruppo di esperti, quindi l'Italia potrebbe rafforzare la propria reputazione in questo settore, non soltanto facendo accadere episodi, gravissimi, come quello di Castelnuovo di Porto, dove ci sono persone che vengono appunto mandate via, senza sapere dove vanno, oppure facendo dimenticare che il nostro Ministro dell'Interno è sotto osservazione della magistratura, che lo vuole processare per questioni che hanno a che fare con gravissime violazioni dei diritti umani.

Allora, forse il Governo potrebbe prendere questa occasione al volo e fare qualcosa di costruttivo, insistere sul Governo russo sul fatto che questa situazione in Cecenia non va bene, che fare leggi contro “la propaganda omosessuale” è una cosa che non sta né in cielo né in terra, è veramente una specie di follia perché poi, in un certo senso, legittima l'omofobia, perché, alla fine, il razzismo, l'omofobia e la discriminazione, quando vengono “benedette” da chi ha il potere, da chi ha la possibilità di farsi ascoltare, sul cittadino comune diventa un gioco da ragazzi pensare: “se lo dice il mio Ministro dell'Interno, se lo dice il mio Presidente del Consiglio, perché non posso dirlo anch'io”? C'è una responsabilità, secondo me, ancora più seria e più grave in capo a chi governa - mi consenta un'espressione un po' antica - di “dare il buon esempio” e di comportarsi bene nei confronti dell'altro da noi in tutte le circostanze, anche per spiegare ai nostri concittadini qual è il comportamento giusto da tenere.

Allora, ecco, sottosegretario Merlo, se lei mi rassicurasse, mi dicesse che conosce questa vicenda, mi desse altri dettagli, mi dicesse nel concreto che cosa intende fare il Governo italiano verso il Governo della Federazione Russa, che è un Governo che sicuramente è amico del vostro Governo ed è guardato con simpatia dalle forze di maggioranza… Ecco, utilizzate questa simpatia più per concentrarvi su questo che su altre cose, come sulla comunicazione o cose di questo genere. Se mi rassicurasse, sottosegretario Merlo, le sarei molto grato, a nome non soltanto della comunità LGBT, ma di tutti i nostri concittadini.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Riccardo Antonio Merlo, ha facoltà di rispondere.

RICARDO ANTONIO MERLO, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. La lotta contro ogni forma di discriminazione, anche in base all'orientamento sessuale e all'identità di genere, costituisce una delle direttrici della nostra azione internazionale nell'ambito dei diritti umani e figura fra le priorità del mandato italiano nel Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite per il triennio 2019-2021.

Per questo, seguiamo con particolare preoccupazione la questione delle discriminazioni, anche basate sull'orientamento sessuale, nella Federazione Russa e, soprattutto, i recenti casi di gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali ai danni delle persone LGBT+I in Cecenia.

Fin dalla ripresa delle segnalazioni, a dicembre 2018, da parte di media russi, abbiamo condiviso e sostenuto le principali iniziative avviate a livello internazionale e locale, anche in coordinamento con le istanze dell'Unione europea per accertare i fatti, nella convinzione che sia necessario fare piena luce sulla vicenda. Più nel dettaglio, abbiamo concorso con i partner dell'Unione Europea alla formulazione di un intervento congiunto sul tema al Consiglio permanente dell'OSCE. In tale dichiarazione, ribadendo la nostra profonda preoccupazione per quanto sta avvenendo in Cecenia ai danni di persone LGBT+I, abbiamo ribadito l'appello della Federazione Russa di condurre indagini tempestive, efficaci e approfondite, garantendo la consegna alla giustizia dei responsabili o complici di tali atti. Inoltre, l'Italia è intervenuta sul tema delle discriminazioni nella Federazione Russa anche nell'ambito dell'ultimo esercizio di revisione periodica universale cui si è sottoposta la Russia, in sede ONU, a maggio 2018. In tale occasione, abbiamo formulato una raccomandazione al Paese di adottare misure concrete per combattere tutte le forme di discriminazione, incluse quelle basate sulla religione e sull'orientamento sessuale. Continueremo a seguire con la massima attenzione il tema e ad attivarci in tutte le sedi utili, opponendoci ad ogni forma di discriminazione e violenza.

PRESIDENTE. L'onorevole Scalfarotto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

IVAN SCALFAROTTO (PD). Grazie, signora Presidente. No, non sono soddisfatto, non sono soddisfatto per nulla; a dire la verità, sono particolarmente insoddisfatto perché - diciamo così - conosco il linguaggio governativo, appunto per esperienza personale e so che si tratta di parole di circostanza, nel senso che il sottosegretario ha detto: “seguiamo”, “bisognerà fare piena luce”, “bisognerà accertare”, “abbiamo partecipato”, poi però abbiamo visto che in sede OSCE purtroppo il Governo italiano non era parte di quei quindici o sedici che hanno attivato il meccanismo di Vienna e poi il meccanismo di Mosca.

Guardi, signor sottosegretario, come ho detto, capisco benissimo le complessità della politica estera, però penso che talvolta anche dei piccolissimi gesti facciano la differenza, gesti che vanno fatti direttamente. Si può, e si deve talvolta, avere relazioni: non è pensabile interrompere le relazioni internazionali con Paesi che sono nostri partner economici, magari importantissimi, dove le nostre imprese hanno interessi, dove ci sono legami culturali e storici antichi; ecco, non sono così ingenuo da non capirlo, però anche in quelle situazioni è possibile, anche con una parola o un gesto significativo, un capitolo, poter fare la differenza. Noi abbiamo avuto importanti Ministri degli Esteri: penso al lavoro che ha fatto Emma Bonino con l'Iran, per esempio, dove sicuramente ci sono delle situazioni terribili rispetto ai diritti umani e in particolare alla comunità LGBTQI, però si può, durante quei colloqui, richiamare la differenza, netta, che c'è su quel tema e porre sul tavolo, con tutte le cautele della diplomazia che - ripeto – conosco, ma lo si può fare e lo si deve fare.

Quello che mi sarei aspettato da lei non è soltanto appunto un ruolo di generico di compartecipazione di decisioni che ci sono fuori, ma un gesto concreto. Ecco, mi sarebbe piaciuto che lei oggi, venendo qui, avesse detto che nell'ultimo G8 o G7 o nell'ultima riunione G20 o nell'ultima riunione internazionale, quella sulla Libia a Palermo, in qualsiasi situazione, o durante un bilaterale, il nostro Ministro degli Affari esteri o il nostro Presidente del Consiglio aveva fatto presente questa vicenda, oppure che la Farnesina avrebbe, per esempio, chiesto all'ambasciatore della Federazione Russa qui a Roma chiarimenti e ulteriori dettagli su questo tema.

È importante fare delle cose concrete e - lo ripeto - anche semplicemente la conoscenza e la consapevolezza da parte di chi commette questi crimini orribili rispetto al fatto che il mondo li guarda, che il mondo sa, che il mondo condanna possono fare la differenza per chi vive situazioni disperate in Paesi come la Cecenia. Ripeto, non basta limitarsi a dire “chiediamo che si faccia piena luce”, perché nel tempo in cui si fa piena luce c'è qualcuno che muore e anche soltanto una vita che viene sottratta per ragioni così abiette è un crimine che non merita di essere consentito e la cui esecuzione non può essere consentita a causa della propria inerzia.

Dunque, ripeto, teniamo conto che non basta genericamente schierarsi. Francamente ho dei dubbi sul fatto che il Governo abbia tra le proprie priorità sconfiggere o combattere la discriminazione LGBT. Mi piacerebbe chiederle che tipo di misure legislative avete in animo di prendere: ad esempio, vogliamo fare una legge sull'omofobia in Italia? La firmate? Vogliamo allargare le adozioni al figlio del partner, come si sperava di fare nella scorsa legislatura? Poi, alla fine, le chiacchiere stanno a zero, signor sottosegretario: bisogna fare le cose. Noi nella scorsa legislatura abbiamo dimostrato che anche in questo Paese le cose si possono fare. Abbiamo dovuto combattere, abbiamo dovuto anche sottrarci ai tranelli che forze come il MoVimento 5 Stelle ci hanno teso perché avevano promesso di votare quella legge e all'ultimo momento hanno fatto venire meno l'appoggio parlamentare alla legge stessa. Dunque le ricordo che cosa sta accadendo, signor sottosegretario, e voglio ricordarle che ogni parola vuota non contribuisce a risolvere il problema. Quello che conta è farsi sentire. Io capisco che il problema non si risolve dalla sera alla mattina, però vi chiedo un impegno più concreto, più pregnante, più preciso. Mi faccia sapere, la prossima volta, se nel prossimo bilaterale il Presidente Conte, che è l'avvocato degli italiani e spero anche degli italiani omosessuali, o il Ministro Moavero Milanesi, avranno la volontà di dire anche una sola parola ma chiara al Ministro degli esteri russo, al Presidente Putin o anche semplicemente all'ambasciatore russo a Roma.

Io resto in attesa, nel frattempo voglio ancora una volta significare la mia solidarietà a tutto il popolo ceceno, che è sotto il tallone di una dittatura feroce, in particolare alla comunità LGBT della Cecenia e della Russia, che vive in situazioni di gravissima difficoltà, in quanto io stesso, persona omosessuale, mi rendo conto di aver avuto molta fortuna a nascere dalla parte giusta del mondo: è stato veramente un colpo di fortuna, non ho alcun merito. Penso che sarebbero bastate poche migliaia di chilometri più a est o più a sud e la mia vita, come quella delle persone come me, sarebbe stata molto peggiore.

PRESIDENTE. Salutiamo studenti e docenti della scuola primaria “Zandonai” di Roma che assistono i nostri lavori dalla tribuna del pubblico (Applausi)

(Intendimenti del Governo in ordine alla promozione della candidatura di Milano quale sede della sezione della divisione centrale del Tribunale unificato dei brevetti (TUB) di Londra - n. 2-00237)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ianaro ed altri n. 2-00237 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Ianaro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANGELA IANARO (M5S). Signora Presidente, grazie. Con l'interpellanza urgente di oggi affrontiamo il tema del brevetto europeo e del Tribunale unico dei brevetti. Com'è noto il brevetto è il mezzo per tutelare le proprietà cosiddette intellettuale. Si tratta del terreno di confluenza della ricerca e della sperimentazione, da un lato, e della produzione e dell'uso dei prodotti dall'altro. Quando un prodotto è nuovo e consente di fare un progresso, l'inventore ha tutto l'interesse di riservarsene l'uso esclusivo. Brevettando l'invenzione si ottiene il diritto di privativa, che dura vent'anni, durante i quali si può far valere sia il diritto morale a essere riconosciuti quali autori dell'invenzione, sia il fascio di diritti patrimoniali (sfruttamento economico diretto, concessione in franchising se al brevetto si accompagna un'insegna, locazione, eccetera).

In Italia la materia è disciplinata in parte dal codice civile e oggi, in modo più dettagliato, in modo più dettagliato e sistematico dal decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. Come è evidente, fin da subito l'internazionalizzazione dell'economia ha fatto rilevare che il brevetto tutelato solo in un Paese abbia efficacia ridotta. Di qui la nascita del brevetto europeo, che offre una tutela maggiore a opera della Convenzione di Monaco di Baviera del 1973 e delle sue successive modifiche.

A livello europeo la tutela del brevetto si colloca nell'ambito dell'articolo 118, primo comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il quale prevede misure da adottare per l'istaurazione e il funzionamento del mercato interno. Esse includono la creazione di una protezione brevettuale uniforme nell'Unione e l'istituzione di regimi di autorizzazione, di coordinamento e di controllo centralizzati a livello di Unione. Segnalo che, come si evince dal terzo considerando del regolamento 1257/2012/UE, il 10 marzo 2011, il Consiglio aveva adottato la decisione che autorizza una cooperazione rafforzata tra alcuni Stati membri nel settore dell'istituzione di una tutela brevettuale unitaria. Il tratto saliente del regolamento non è solo la nozione di un brevetto europeo, cioè la possibilità di brevettare un'invenzione in sede europea, ma la circostanza di ottenerne in tutta l'Unione un effetto unitario, vale a dire l'efficacia istantanea in tutta l'Unione europea del brevetto a prescindere dalla successiva traduzione e nomina di un rappresentante nei vari Paesi membri. Il brevetto europeo, una volta ottenuto, dovrebbe essere convalidato in ogni Stato in cui lo si vuol far valere. Ciò costituisce un processo complesso e potenzialmente molto costoso. I requisiti di convalida, infatti, differiscono tra i vari Paesi e possono portare ad elevati costi diretti ed indiretti compresi i costi di traduzione e per il pagamento delle tasse di rinnovo nazionali. Tali costi dipendono anche dal numero di Paesi in cui il titolare intenda convalidare il brevetto europeo. Pertanto la Commissione europea ha ritenuto che la complessità e i costi elevati del vecchio sistema brevettuale determinavano un notevole svantaggio competitivo per le imprese europee. Basti considerare che un brevetto valido nei ventotto Stati membri dell'Unione costava circa 36.000 euro, di cui 23.000 solo di costi di traduzione. Inoltre, per limitare i costi, molti inventori preferivano brevettare le proprie invenzioni soltanto in un numero limitato di Paesi, esponendole così a un maggiore rischio di essere copiate. In definitiva non esisteva una procedura centralizzata di mantenimento in vita del brevetto, né rimedi giurisdizionali in caso di controversie, che rimanevano quindi di competenza esclusivamente nazionale.

Al fine di rendere l'accesso al sistema brevettuale più facile, economicamente meno oneroso e giuridicamente sicuro, favorendo nel contempo il progresso scientifico e tecnologico, e il funzionamento del mercato interno, l'Unione Europea ha introdotto il sistema dell'effetto unitario che autorizza la cooperazione rafforzata per l'istituzione di un brevetto europeo con effetto unitario, il cosiddetto brevetto unitario, nonché l'accordo internazionale istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti (TUB), cui l'Italia ha aderito e che istituisce un organo giurisdizionale unico e specializzato per la composizione delle controversie relative ai brevetti europei e ai brevetti europei con effetto unitario.

Ora, ritengo che il Governo del nostro Paese, che è stato tra i costituenti della casa comune europea, possa e debba giocare un ruolo determinante per la piena operatività del tribunale. Il TUB - lo ripeto per sottolinearne la grande importanza - sostituirà gradualmente le giurisdizioni nazionali per le liti relative ai brevetti. Esso prevede naturalmente un doppio grado di giudizio: il tribunale di primo grado e la corte d'Appello, cui si affiancherà la cancelleria. Attualmente sono previste diverse sedi in Europa: la divisione centrale sarà collocata a Parigi ma sono previste anche sezioni specializzate a Londra.

Quest'ultima città in particolare sarà competente nei casi di giudizio per le lamentate violazioni da accertare in caso di controversie relative a brevetti chimici, farmaceutici e tecnologici. Mentre la sede di Monaco sarà competente per i giudizi riguardanti le presunte violazioni di brevetti meccanici. Sono poi previste ulteriori sedi per ospitare le divisioni locali o regionali.

Naturalmente, il caso Brexit, che ci lascia in attesa di una soluzione che speriamo tutti giungerà presto, ha ritardato la piena operatività del TUB. A onor del vero, non solo il recesso del Regno Unito dall'Unione Europea ha causato il ritardo, ma anche la mancata ratifica dell'Accordo istitutivo da parte della Germania. Infatti, per l'entrata in vigore dell'accordo è necessaria la ratifica di almeno tredici Stati firmatari, ma, si badi bene, tra questi tredici Stati, devono essere necessariamente inclusi i tre con il maggior numero di brevetti europei, e quindi Germania, Francia e Regno Unito. La vicenda legata alla Brexit condiziona, ora e maggiormente, non solo nei tempi ma anche giuridicamente, la piena operatività del TUB, che, come già detto, entra nel novero degli istituti frutto della cooperazione rafforzata; e di fatto, pur non essendo un organo immediatamente riconducibile all'Unione europea, è riservato agli Stati aderenti all'Unione europea, che hanno liberamente scelto di sottoscriverlo.

Ecco dunque la centralità della querelle Brexit: in caso di uscita del Regno Unito dall'Unione europea, fatto ormai pacifico dopo il referendum popolare, ma in attesa della decisione parlamentare da parte della Gran Bretagna, che ne stabilirà con la Commissione europea modi, forme e tempi, l'eventuale mantenimento a Londra di una sezione della divisione centrale del tribunale potrebbe essere inappropriata, perché in grado di apportare incertezze nell'ordinamento giuridico, creando anomalie che interesserebbero il quadro delle future relazioni tra l'Unione europea e il Regno Unito; tenuto anche conto che l'Italia, essendo il quarto Paese europeo per numero di brevetti depositati, dopo l'uscita della Gran Bretagna diventerebbe il terzo e abbiamo già detto precedentemente quanta importanza dia l'Accordo alla partecipazione dei tre Stati aderenti con il più alto numero di richieste e di brevetti.

È a tutti noto che Milano e la Lombardia potrebbero rappresentare la migliore sede, in sostituzione di quella prevista a Londra, per ospitare la sezione del tribunale unificato dei brevetti, relativa proprio a quei brevetti chimici, farmaceutici e tecnologici di cui abbiamo parlato. Il trasferimento da Londra a Milano di una delle tre sedi del tribunale sarebbe ottimale, anche considerando che dalla Lombardia proviene il maggior numero di richieste di registrazione di brevetti all'ufficio europeo di competenza. Infatti, solo nel 2017 sono state 1.424 le domande presentate.

Alla luce delle considerazioni giuridiche, economiche e fattuali dette, ritengo che, in vista dell'entrata in funzione della piena operatività del TUB alla luce del futuro nuovo assetto delle relazioni post Brexit tra Unione europea e Regno Unito in materia di tutela della proprietà intellettuale, sarebbe auspicabile un deciso intervento del Governo, finalizzato a ospitare una importante istituzione europea e internazionale, presentando la candidatura di Milano per divenire sede di una sezione centrale del TUB.

Per questo motivo, chiedo al sottosegretario quali siano gli intendimenti che vorrà assumere su tale questione e se vorrà avanzare una richiesta di trasferimento della sezione della divisione centrale del Tribunale unificato dei brevetti di Londra, a cui accompagnare la contestuale candidatura della città di Milano quale sede ospitante della sezione competente per i brevetti chimici e farmaceutici, in aggiunta alla già prevista sezione locale dello stesso tribunale, al fine di garantire la piena funzionalità della sede specializzata dello stesso TUB, ben sapendo quanto la tutela della proprietà intellettuale sia cara al Governo, ed, al contempo, la valorizzazione dell'Italia in relazione a sedi europee che porterebbero prestigio al Paese e favorirebbero, inoltre, la crescita dei brevetti. In quest'ottica, chiedo intendimenti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Riccardo Antonio Merlo, ha facoltà di rispondere.

RICARDO ANTONIO MERLO, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. È convinzione generale del Governo che Milano abbia tutte le carte in regola per ospitare importanti istituzioni europee e internazionali.

Il Ministero degli Affari esteri e la cooperazione internazionale conferma la piena disponibilità a impegnarsi efficacemente per la candidatura di Milano a ospitare una sezione centrale del Tribunale unificato dei brevetti, a fronte di una opzione in tal senso del Governo da prendersi anche alla luce di una valutazione dell'onere finanziario, dovuto ai costi prevedibili; infatti, l'Accordo istitutivo del TUB pone a carico dello Stato ospitante i costi attinenti al suo funzionamento.

Il MAECI sta seguendo con grande attenzione la questione della sessione di Londra del TUB, tenendosi anche in stretto contatto con la regione Lombardia e il comune di Milano, in attesa che vengano sciolti alcuni nodi essenziali per la stessa entrata in funzione e operatività. Il TUB non rientra, infatti, nell'architettura istituzionale dell'Unione europea, è un organismo definito da un accordo intergovernativo tra 25 Stati membri dell'Unione.

Ad oggi, il TUB non ha ancora iniziato a funzionare perché manca ancora la ratifica dell'Accordo istitutivo da parte della Germania. Per l'entrata in vigore dell'accordo è, infatti, necessaria la ratificata almeno tredici Stati firmatari, inclusi i tre con il maggior numero di brevetti europei, cioè Germania, Francia e Regno Unito. Inoltre, nel testo dell'Accordo, che determina anche le varie sedi del TUB, è menzionata esplicitamente anche la capitale britannica. Di conseguenza, il futuro della sessione di Londra richiede una revisione dell'Accordo stesso all'unanimità. Anche la struttura delle relazioni future post Brexit tra Unione Europea e Regno Unito in materia di tutela della proprietà intellettuale potrebbe giocare un ruolo importante sulla prossima configurazione del TUB, ove fosse prevista una permanenza britannica nel sistema, auspicata da diversi ambienti imprenditoriali anche dopo la Brexit.

PRESIDENTE. L'onorevole Olgiati ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Ianaro ed altri n. 2-00237, di cui è cofirmatario.

RICCARDO OLGIATI (M5S). Grazie, Presidente. Grazie sottosegretario, siamo soddisfatti per l'ampia e documentata risposta. Sappiamo tutti che l'imminente fuoriuscita del Regno Unito dall'Unione europea aprirà numerose questioni giuridiche, tra cui anche quella della compatibilità dell'attuale struttura dell'accordo istitutivo del Tribunale unificato con il sistema comunitario.

Il nodo principale, oggetto della nostra interpellanza, concerne il fatto se sia o meno opportuno lasciare all'interno del Regno Unito, un Paese che diventerà esterno all'Unione europea, e più nello specifico a Londra, una delle sedi della divisione centrale del Tribunale unificato e paradossalmente una delle più importanti.

Le controversie relative al Tribunale unificato dei brevetti saranno, infatti, decise in primo grado dalla cosiddetta divisione centrale, dislocata su tre diverse sedi, ciascuna competente a seconda del tipo di brevetto e del settore tecnologico coinvolto.

Per quanto riguarda gli effetti della Brexit, è bene sottolineare che è certamente vero che l'istituzione di un tribunale unificato nasce da un'iniziativa dell'Unione europea, ma non bisogna dimenticare che tecnicamente non è un atto dell'Unione europea, bensì il frutto di un accordo multilaterale, detto anche di cooperazione rafforzata, a cui hanno aderito soltanto alcuni Paesi dell'Unione europea, ad esempio non ha aderito la Spagna, e che consentirà, attraverso il pagamento di un'unica tassa di rinnovo direttamente all'EPO, di ottenere contemporaneamente la protezione brevettuale nei 26 Paesi UE aderenti all'iniziativa. Pertanto, non è detto che il Regno Unito venga automaticamente escluso da questo sistema per il solo effetto della Brexit.

Del resto, la stessa ratifica finale del Regno Unito, avvenuta dopo il voto sulla Brexit, ha confermato la volontà del Paese d'oltremanica di continuare a far parte del sistema del brevetto europeo.

Inoltre, è bene ricordare che il brevetto unitario non si sostituisce, ma semplicemente si affianca alla tutela brevettuale oggi esistente a livello nazionale, in Italia presso l'UIBM e a livello europeo presso l'EPO.

Tornando alla questione legata al dislocamento della divisione centrale, attualmente la sede principale è stata assegnata a Parigi, mentre le due sedi secondarie sono andate a Monaco e, appunto, a Londra. In particolare, Parigi sarà competente per i brevetti relativi all'ampio settore tecnologico, che spazia dal tessile all'elettricità, mentre Monaco si occuperà dei settori della meccanica, dell'illuminazione e delle armi. Nella capitale del Regno Unito, invece, dovrebbero giungere tutti i contenziosi più rilevanti relativi alla chimica, alla metallurgia e alle cosiddette necessità umane, tra cui, pertanto, anche i brevetti farmaceutici.

Lasciare, dunque, una delle due sedi secondarie alla città di Londra non sarebbe nemmeno più giustificato da considerazioni di carattere pratico, venuta meno la contiguità spaziale dell'European Medicines Agency. Come si ricorderà, infatti, l'EMA, ossia l'Agenzia regolatoria incaricata dell'autorizzazione dei prodotti medicinali a livello europeo è stata già trasferita da Londra ad Amsterdam, dopo che Milano, nel novembre dello scorso anno, perse il sorteggio. Ora, quello che ci chiediamo è se una città come Milano possa avere delle chance, qualora venisse messa in discussione l'ubicazione a Londra della sezione della divisione centrale del TUB.

Tenuto conto che, a breve, la Brexit diventerà realtà e che anche la sede dell'EMA è stata spostata da Londra, a nostro avviso, vi sono molte ragioni per supportare la dislocazione della divisione centrale a Milano; soprattutto, vi sono molti motivi che giocano a favore della città meneghina, rendendola una candidata perfetta. Innanzitutto, partiamo dai dati relativi all'annuale rapporto dell'EPO; questi ci dicono che nel 2017 l'Italia è stato il Paese in cui si è registrata la crescita più elevata delle richieste di brevetto rispetto a tutta l'Unione europea, una crescita, infatti, del 4,3 per centro contro una media europea del 2,6 e si evidenzia una tendenza positiva che si conferma per il terzo anno consecutivo. Questo dato è considerato un elemento positivo per misurare la capacità di un Paese di restare al passo con l'innovazione. Secondo il report annuale delle statistiche relative alle domande di brevetto ricevute e ai brevetti concessi dall'European Patent Office (EPO), in Italia i settori tecnologici più attivi nei nuovi brevetti sono: movimentazione, sistemi di trasporto e container, trasporti e tecnologia medicale. Tuttavia, la crescita più accentuata tra tutti i settori tecnologici italiani è quella proveniente dai cosiddetti sistemi di misurazione, più 31 per cento, seguita da macchine tessili e della carta, 23 per cento, e del farmaceutico, 18 per cento.

Scendendo più nel particolare, si legge come la Lombardia si posizioni al dodicesimo posto in Europa nella classifica delle richieste di brevetti; con il 32,7 per cento di domande, infatti, guida la classifica delle regioni italiane con più richieste di brevetti nel 2017, seguita dall'Emilia Romagna, con il 16 per cento e un 4,6 per cento di crescita e dal Veneto, con il 13,4 per cento del totale delle richieste e una crescita del 7,3. Queste tre regioni contano più del 60 per cento di tutte le domande italiane di brevetti presentati all'EPO. Nella graduatoria per città, poi, Milano guida la classifica, con il 20,4 per cento, precedendo Torino, con il 7,4, Bologna, con il 6,5 e Roma, con il 4,3.

Ciò posto, considerando che le sedi dovrebbero essere individuate secondo un criterio quantitativo, se si esclude Londra, il capoluogo lombardo è a tutti gli effetti destinato a salire sul podio insieme a Monaco e a Parigi. Anche dal punto di vista organizzativo e professionale, Milano si trova in una posizione di forza. La città accoglie già i migliori professionisti tra avvocati e consulenti in proprietà industriale e le relative sezioni specializzate in materia di brevetti godono già di una grande fama nazionale e internazionale, grazie alla presenza di giudici altamente specializzati e qualificati. Anche sotto l'aspetto logistico, infine, sarebbero già disponibili gli uffici che potrebbero ospitare tale divisione, proprio a pochi passi da dove attualmente è situato il tribunale.

In conclusione, ci sono tutte le premesse per sperare che Milano si prenda la propria rivincita, dopo lo sfortunato sorteggio per la ricollocazione della sede dell'EMA, vinto da Amsterdam. In ogni caso, comunque, quello che è già sicuro è che Milano ospiterà una delle sezioni locali del tribunale unificato, a totale vantaggio delle nostre imprese.

(Iniziative di competenza volte a rendere più sicuri il controllo e la gestione dei siti di stoccaggio dei rifiuti, anche in considerazione dei frequenti, numerosi roghi sviluppatisi negli ultimi mesi nella provincia di Caserta - n. 2-00180)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Buompane ed altri n. 2-00180 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Buompane se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIUSEPPE BUOMPANE (M5S). Sì, grazie, Presidente. Signora Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi e colleghe, da quindici anni a questa parte i rifiuti sono diventati un serio problema per la regione Campania. I cittadini campani, in tutto questo periodo, hanno dovuto affrontare numerose e cicliche emergenze. Durante ogni emergenza, notevoli sono stati i disagi e le problematiche ad essa connessi, una su tutte di natura igienico-sanitaria. L'ultima emergenza che i cittadini della regione Campania hanno dovuto fronteggiare è relativa alla serie di numerosi incendi che hanno colpito i siti di stoccaggio dei rifiuti della regione.

Il primo incendio di questa, purtroppo lunga, serie è avvenuto il 1° luglio 2018, un incendio scoppiato nel cortile dell'Ecologia Bruscino di San Vitaliano; in questo caso, sono stati dati alle fiamme rifiuti differenziati come carta, plastica, alluminio, facendo evacuare la zona circostante. Ancora prima, andrebbero, inoltre, menzionati i rifiuti dati alle fiamme a Battipaglia, in provincia di Salerno. Il 25 luglio, poi, un incendio è divampato nell'azienda di smistamento rifiuti Di Gennaro Spa di Caivano, in provincia di Napoli, sono andati bruciati derivati dagli scarti della selezione della plastica da riciclare, di carta e vetro. Le balle erano su una piattaforma all'aperto. Il 23 agosto scorso, un incendio ha interessato lo Stir di Casalduni, in provincia di Benevento e ha coinvolto un capannone di circa 300 metri quadrati, adibito alla vagliatura dei rifiuti. A fine settembre, un altro incendio si è sviluppato nella zona industriale di Pignataro. Il 26 ottobre scorso, un altro incendio aveva interessato la Lea Srl di Marcianise, società operante nel settore dello stoccaggio e del recupero dei rifiuti; in questo caso, l'ARPAC, della regione Campania, ha monitorato l'aria il giorno stesso, rilevando una concentrazione di diossina 160 volte superiore ai limiti di riferimento, evidenziando seri problemi in tutta l'aria nel raggio di circa 500 metri dall'epicentro dell'incendio. I tecnici dell'ARPAC hanno svolto indagini strumentali con analizzatori multigas, dove hanno rilevato una presenza oltre i limiti di legge di acido cloridrico e biossido di azoto.

Uno degli ultimi episodi di questa sfortunata serie - e quando dico sfortunata sono sarcastico - riguarda lo Stir di Santa Maria Capua Vetere. In questo caso, ad andare in fiamme è stato un capannone dello stabilimento di tritovagliatura e di imballaggio rifiuti, il 1° novembre scorso. In fumo è andato il materiale già selezionato da trasportare nell'inceneritore di Acerra. Su tale punto, vorrei, approfittando della presenza del Governo e del Ministero dell'Ambiente, che, appunto, il Governo chiarisse una volta ancora, se ce ne fosse bisogno, la sua posizione sugli impianti di incenerimento rifiuti. Come dicevamo, il fumo ha invaso tutta la zona circostante, coinvolgendo soprattutto le prime case dell'abitato di Santa Maria Capua Vetere e parte del comune di Marcianise. Anche per quest'ultimo episodio, così come per gli altri, sin dalle prime indagini si è subito palesata l'origine dolosa dei roghi.

Il giorno dopo lo Stir di Santa Maria Capua Vetere, due incendi hanno interessato i capannoni della ex Matese a Santa Maria a Vico. Questa serie di roghi aveva come obiettivo palese quello di mettere in crisi l'intero sistema di smaltimento dei rifiuti in Campania. Una situazione che conferma come in Campania occorra adottare con la massima urgenza tutte le misure necessarie al fine di mettere in sicurezza gli stabilimenti di tritovagliatura, imballaggio e stoccaggio dei rifiuti.

Gli incendi del 2018, infatti, non possono essere solo una fatalità. Il Governo, lo scorso novembre, ha adottato il Piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti, protocollo firmato a Caserta dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e da sette Ministri, quali quelli dell'Ambiente, Interno, Sviluppo economico, Difesa, Salute, Giustizia e per il Sud. Questo protocollo prevede, per esempio, il rafforzamento dell'impiego dell'esercito per presidiare i siti più a rischio, l'impiego sul territorio dei vigili del fuoco, delle forze di polizia e, in particolare, dei carabinieri specializzati con funzione di intelligence, l'utilizzo dei droni e dei satelliti in un sistema integrato di sorveglianza, l'estensione a tutta la regione del monitoraggio sullo stato di salute, già attivo grazie ai medici di famiglia, e la costituzione di una banca dati unitaria. L'idea di fondo è di individuare con precisione tutte le competenze dei diversi attori sul campo e di assicurare tempi certi nell'attuazione degli interventi.

Si è prevista, inoltre, la costituzione di un'unità di coordinamento del Piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti, una cabina di regia con i rappresentanti di tutti i soggetti che hanno firmato il protocollo. Questa nuova struttura organica, unitamente al vigente assetto normativo, nell'ambito del quale segnalo le novelle al codice penale introdotte dalla legge n. 68 del 2015, rappresentano di certo strumenti efficaci. A ciò, si aggiunge che il Ministro della Difesa ha recentemente confermato la disponibilità a supportare, con un incremento di unità operative, eventuali rimodulazione delle attività di prevenzione e controllo nel casertano.

Per questo con l'interpellanza chiediamo a lei, signor sottosegretario, e a tutto il Governo se, alla luce della grave situazione che affligge tutti i cittadini della regione Campania, il Ministero che lei rappresenta non intenda adottare altre misure straordinarie e concrete, al fine di rendere più sicura la gestione ed il controllo dei siti di stoccaggio.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie Presidente e grazie agli interroganti che mi permettono e permettono al Ministero dell'ambiente di dare un po' di dati, di fare chiarezza su quello che spetta al Ministero dell'Ambiente e al protocollo, che giustamente lei sottolineava, firmato nei mesi scorsi insieme ai Ministeri della Difesa e dell'Interno, alla Presidenza del Consiglio, alla regione e agli enti locali, perché questa lunga battaglia, come giustamente sottolineava lei, dura da vent'anni. Infatti, da vent'anni i roghi sono una componente normale - e sembra quasi strutturale - del nostro ciclo dei rifiuti e credo sia una componente che noi dobbiamo in tutti i modi debellare facendolo come Ministero dell'Ambiente insieme ai Ministeri della Difesa e dell'Interno, alla Presidenza del Consiglio, agli enti locali e finanche, ovviamente, ai cittadini, che facciano la loro parte.

Il primo passaggio fondamentale che abbiamo fatto con questa amministrazione è prendere la delega relativa alla Terra dei Fuochi, che era una delega del Ministero dell'Agricoltura e che passa in mano al Ministero dell'Ambiente, con la competenza che abbiamo voluto sottolineare con il Ministro Costa che di queste tematiche ha fatto una sua battaglia lunga trent'anni. Lei sottolineava anche la legge n. 68, che abbiamo approvato nella scorsa legislatura, che fa incrementare di tanto gli arresti e nei tanti rapporti di Legambiente sul rapporto ecomafie si parla di un 139 per cento in più rispetto al 2016 di ordinanze di custodia cautelare.  

Quando diciamo che ognuno faccia la sua parte mi rivolgo anche alla regione che con noi ha firmato quelle linee guida, la cui giunta, con delibera n. 705 del mese di ottobre, ha dato avvio a un rafforzamento delle attività di pattugliamento per i siti ritenuti maggiormente sensibili e vulnerabili. Inoltre, la legge regionale n. 29 del 2018 ha previsto l'elaborazione di linee guida volte all'implementazione di misure di prevenzione antincendio per gli impianti di trattamento dei rifiuti.

A ciò si aggiunga che la legge di conversione del decreto-legge n. 113 del 2018 ha introdotto una norma che prevede l'obbligo per i gestori di impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti di dotarsi di un piano di emergenza interno al fine, tra l'altro, di controllare e circoscrivere gli incidenti e provvedere al ripristino dell'ambiente. La norma prevede altresì che, al fine di limitare gli effetti dannosi di incidenti rilevanti, il prefetto predisponga un piano di emergenza esterna e ne coordini l'attuazione.

Si rappresenta, inoltre, che con la legge di bilancio, specificamente all'articolo 1, commi 800 e 801, dalla legge n. 145 del 2018, è stata soppressa l'autorizzazione di spesa recante l'onere per l'affitto del termovalorizzatore di Acerra, da anni a carico del Ministero dell'Ambiente. Così sono state recuperate risorse importanti pari a oltre 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024. Mi piace sottolineare questa parte; vale a dire fondi che erano stabiliti per l'affitto dell'inceneritore di Acerra adesso vengono spostati a un altro capitolo di spesa: per le bonifiche. Quindi, parliamo di 20 milioni per ogni anno e, dunque, siamo intorno a circa 120 milioni di euro soltanto per le bonifiche della regione Campania.

Infine, si fa presente che si è recentemente proceduto alla sottoscrizione del protocollo d'intesa della durata di 24 mesi, che è prorogabile, con il quale è stato approvato un piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti, avviando anche una collaborazione sperimentale tra le amministrazioni finalizzata alla prevenzione, al monitoraggio, al controllo e al risanamento ambientale del territorio interessato dal fenomeno dei roghi.

Il piano individua tre ambiti puntuali di intervento che sono la tutela della salute pubblica, la tutela dell'ambiente ed ecosistemica e il presidio e il controllo del territorio e prevenzione degli incendi dei rifiuti, specificando per ciascun ambito competenze e azioni da compiere. Su questo punto sottolineo due passaggi fondamentali: il primo è che al Senato della Repubblica è stato approvato il registro tumori e speriamo che anche quest'Aula possa approvarlo il prima possibile per dare anche un riscontro certo di quello che quel territorio - ma non soltanto quel territorio - ha subito nei vent'anni che lei giustamente sottolineava.

Nello specifico, il piano prevede l'implementazione e messa a sistema delle analisi epidemiologiche per tutti i medici di medicina generale, con referente, ovviamente, il Ministero della salute; il rafforzamento delle attività di spegnimento dei roghi svolto dal Ministero dell'Interno, con l'attivazione di squadre aggiuntive al Corpo nazionale dei vigili del fuoco dedicate, azione di vigilanza dinamica, cinque unità operative al giorno incrementabili fino a 25 in base alla disponibilità di risorse; interventi di ripristino nelle aree protette colpite dai roghi di rifiuti e il presidio e controllo del territorio di competenza del Ministero dell'ambiente. Infine, sono state previste campagne di sensibilizzazione e informazione rivolte a cittadini e imprese a cura del Ministero dell'Ambiente e del Ministero dello Sviluppo economico.

A quanto sopra si aggiungano i dati dell'ultimo anno di attività dell'incaricato al contrasto del fenomeno dei roghi di rifiuti nella regione Campania, il viceprefetto Gerlando Iorio, che vedono la forte diminuzione dei roghi, ma su questo voglio spendere due parole in particolare. Non importa che i roghi possano diminuire perché a noi interessa che i roghi siano assolutamente pari a zero, perché anche un solo rogo per noi rappresenta la sconfitta dello Stato e su questo vogliamo fortemente sottolineare che il Ministero dell'Ambiente e il Governo, come anche ho sottolineato, sostengono quell'iniziativa volta a mettere tutto il Governo insieme con forza e a far capire che sulla Terra dei Fuochi e sulle province di Napoli e Caserta, in particolare, c'è una grandissima attenzione.

Ci sono stati i controlli e quasi il 50 per cento delle aziende controllate sono state sequestrate per violazione delle norme sui rifiuti. Nell'area delle province di Napoli e Caserta, caratterizzate da sversamenti e incendi, gli interventi di spegnimento dei vigili del fuoco sono passati da 1.978 a 1.511 nello scorso anno, con un calo di quasi il 25 per cento. È un trend confermato dagli interventi dei vigili del fuoco nei vari campi. Solo nel 2018 le azioni congiunte dei militari con le forze di Polizia hanno consentito di controllare 426 attività commerciali e imprenditoriali, 287 in provincia di Napoli e 139 in quella di Caserta, e ben 210 - quasi il 50 per cento in più -sono state sequestrate: 152 in provincia di Napoli e 58 in quella di Caserta.

I veicoli sequestrati sono stati 200, 132 in provincia di Napoli e 68 in quella di Caserta. Le persone denunciate e sanzionate sono state 760 e le sanzioni amministrative contestate durante i pattugliamenti dell'esercito ammontano a oltre 3 milioni 500 mila e questo in appena 34 giorni di operazioni congiunte.

Voglio anche sottolineare il grande lavoro che si è fatto per riprendere i tantissimi pneumatici che vengono sversati nelle nostre strade. È un dato allarmante. Infatti, sono state recuperate circa 21 mila tonnellate di pneumatici che erano, per la maggior parte, messi lì per dar fuoco ai residui dei rifiuti che ogni giorno vediamo sulle nostre strade. Ecco, si è registrato quel 50 per cento di controlli in più e ai cittadini della nostra terra, che vogliamo sempre meno chiamare Terra dei Fuochi ma far tornare ad essere Campania Felix, vogliamo far arrivare forte il messaggio che questo Governo e questo Ministero stanno facendo di tutto e di più per tornare a tempi che si ritengono normali, quelli di una normalità che per tanti anni questa terra non ha visto.

PRESIDENTE. L'onorevole Buompane ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GIUSEPPE BUOMPANE (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, signor sottosegretario: mi ritengo soddisfatto della risposta. Come giustamente lei ha rilevato, c'è stato un forte calo dei roghi dopo le misure adottate dal Governo, ma noi non festeggiamo: festeggeremo quando non ce ne sarà nemmeno uno di questi roghi e siamo certi che stiamo andando nella giusta direzione per ottenere questo risultato. Occorre, secondo me, implementare al più presto politiche di gestione dei rifiuti. L'Italia, per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti, rimane uno dei pochi Paesi industrializzati in cui la gestione viene regolata soprattutto attraverso lo smaltimento in discarica. Poi, vi sono troppe differenze tra nord e centro-sud del Paese. Infatti, mentre vediamo che al nord già da tempo vengono raggiunti alti livelli di raccolta differenziata, al centro-sud, non avendo un valido sistema organizzato per questo tipo di raccolta, tutti i rifiuti prodotti vengono smaltiti in discarica, discariche che sono, tra l'altro, provvisorie, insufficienti e a rischio, oppure stoccati in siti che, come abbiamo visto, alla prova dei fatti si sono rivelati insicuri per poi essere destinati all'incenerimento. A tal proposito, registro proprio con favore anche la chiara politica dell'Esecutivo, ribadita in questa sede, di abbandonare l'epoca degli inceneritori.

La linea del MoVimento 5 Stelle, in tema di gestione dei rifiuti, è storicamente cristallizzata, è chiara: superare il concetto di rifiuto e passare a quello di materiale post consumo. Attivare un'economia circolare, già approvata a livello europeo, creerà le condizioni per coinvolgere l'imprenditoria, quella sana, dei nostri territori, ed eliminerà in nuce i roghi. Interessi economici e politici in questi anni hanno fatto sì che la gestione dello smaltimento rifiuti finisse nelle mani della criminalità organizzata. La situazione Campania è un esempio evidente, che dimostra la gravità di un problema che non può più essere trascurato, ma che necessita di un'attenzione particolare, e il lavoro del Governo ha fatto passare un problema locale ad un problema nazionale. In caso contrario, la situazione non poteva che aggravarsi e provocare danni sociali e ambientali che sarebbero ricaduti anche sulle generazioni future. Uno Stato di diritto che voglia definirsi tale deve punire chi inquina, certo, chi inquina paga e va in carcere, però auspico, anzi, sono certo che questo Governo avrà finalmente un'attenzione particolare per un'altra categoria di soggetti, coloro che non inquinano, i cittadini che subiscono da troppo tempo ormai un vero e proprio attacco alla salute pubblica.

Chi non inquina è stanco del vecchio approccio politico all'emergenza roghi, è stanco di sentirsi dire di non uscire di casa, di chiudere bene la finestra, di lavare bene la frutta e la verdura prima di mangiarla. Chi non inquina non vuole questo, si aspetta dall'attuale Governo la tutela dell'ambiente, la prevenzione, la rassicurazione che non si andranno ad affrontare semplicemente gli effetti nefasti di questi atti criminali, ma si andrà alle loro cause e le si elimineranno. Sono certo che questo Governo esaudirà le legittime e sacrosante aspettative di queste persone; lo dobbiamo alla nostra terra e lo dobbiamo ai nostri figli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative di competenza in ordine alla verifica della potabilità delle acque del comune di Sestri Levante (Liguria) e alle criticità derivanti dalle discariche contenenti rifiuti speciali - n. 2-00198)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Traversi ed altri n. 2-00198 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Zolezzi se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario Micillo qui presente. In questa interpellanza vogliamo mettere in luce un problema più generale, che è quello della presenza di sostanze tossiche inquinanti e cancerogene, come il cromo esavalente, nelle acque di falda, anche in qualche caso idropotabile, nel territorio nazionale. Il limite soglia per i corpi idrici sotterranei è fissato, per il cromo esavalente a 5 microgrammi su litro, e per il cromo totale a 50 microgrammi su litro, in base al decreto legislativo n. 152 del 2006. Nelle acque potabili, quindi non in quelle dei corpi sotterranei, il cromo esavalente verrà ricercato solamente quando entrerà in vigore il decreto ministeriale del 14 novembre 2016, che introduce l'obbligo se il cromo totale sarà superiore a dieci microgrammi su litro. Questo decreto doveva entrare in vigore il 15 luglio 2017, ma ci sono state ulteriori proroghe ed entrerà in vigore a fine 2019. Secondo i dati di ARPA Liguria, disponibili sul sito della regione Liguria, risulta che in alcuni pozzi ad uso potabile gestiti dalla SAP, società dell'acqua potabile appartenente al gruppo Veolia, localizzati nel territorio di Sestri Levante, in provincia di Genova, si sono riscontrati per il cromo esavalente 14 microgrammi su litro il 7 agosto 2014 e 19 microgrammi su litro in data 7 agosto 2014 nel pozzo definito GEG005.

A Sestri Levante, che è una nota località turistica e balneare in Liguria, esistono, però, una serie di scheletri importanti nell'armadio. Uno è la presenza dello stabilimento dell'acciaieria Fit-Ferrotubi, che ha cessato la produzione nel 1982; occupava un'area di oltre dodici ettari. Ci sono esposti in procura relativi alla presenza di scorie e rifiuti prodotti in oltre 77 anni di attività nel perimetro di quella che era l'area occupata dallo stabilimento, in particolare sotto l'attuale parco per l'infanzia, Parco Mandela. Ci sono segnalazioni anche di scorie diffuse un po' in tutto il territorio di questo piccolo comune. Le scorie di fonderia in questione, se non trattate adeguatamente, possono rilasciare nell'ambiente metalli pesanti e cromo. Sul territorio comunale sono stati reperiti rifiuti riferibili ad attività di fonderia, ad esempio, all'interno del Parco Serlupi; all'interno di un'area sita in via Fasce, definita “ex deposito ditta oli combustibili Pezzi”, poi bonificata e destinata a uso residenziale; nel sito di Ramaia, laddove si intende realizzare il depuratore della Val Petronio.

Nel 1998 era già stata fatta un'interrogazione per conoscere lo stato di quell'area, definita come discarica, in località Costello dei Bussi-Rio Gavornie, a otto chilometri da Sestri Levante, dove la citata acciaieria Fit-Ferrotubi, poi Arvedi, di Sestri conferiva qualsiasi tipo di scorie, dagli acidi solforici ai liquidi da trafila, ai grassi, scarti di fonderia e altro. Tale discarica insiste sul bacino del torrente Petronio, dalla cui falda provengono le acque potabili sia per il comune di Casarza Ligure che per quello di Sestri Levante.

Nel maggio 2017 il sindaco di Sestri Levante ha proposto nell'ATO un emendamento per l'adeguamento della rete di potabilizzazione dell'acqua per il rispetto del nuovo parametro per il cromo esavalente. Quindi, è un dato assolutamente noto alle amministrazioni locali, meno noto ai cittadini che tendono ad avere questi dati tramite accesso agli atti dei consiglieri di opposizione, in particolare del MoVimento 5 Stelle. In data 9 aprile 2018, l'ARPAL ha attivato il procedimento, secondo l'articolo 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006, per il superamento di cromo esavalente nelle acque di falda sotterranee. I dati epidemiologici del 2005-2009 relativi agli abitanti del comune di Sestri Levante e al monte idraulico di Sestri mostrano eccessi significativi per malattie tumorali, in particolare nel sesso femminile, rispetto ai valori riscontrati nei distretti limitrofi. Questi dati si trovano sul portale Alisa.

Per cui, vogliamo chiedere al Ministro dell'Ambiente, in particolare, ma in realtà l'interpellanza è rivolta anche al Ministro della Aalute, se intendano adoperarsi per fare chiarezza sulla potabilità delle acque di questo comune, regolarmente captate dai pozzi posti sul territorio, e di cui si approvvigionano i cittadini di Sestri Levante e i molti turisti, anche perché vogliamo capire, tramite il Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, se ci siano criticità legate a discariche più o meno abusive, se ci sono problemi di permeabilità, discariche che contengono rifiuti speciali su questo territorio comunale e in quelli limitrofi. Apparentemente ci sono tutta una serie di discariche diffuse persino nelle spiagge. C'è stata una segnalazione, un esposto in procura, anche proprio per uno spostamento di materiale sulla spiaggia di Sant'Anna. C'è un problema legato ai cittadini, legato al turismo, al buon nome di questo comune, su cui sicuramente la chiarezza consentirà di portarsi alle spalle questo grave periodo in cui la sensibilità ambientale era sicuramente minore, ma non si può mettere la polvere sotto al tappeto.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie Presidente, grazie agli onorevoli interroganti. Con riferimento alle problematiche poste, sulla base degli elementi acquisiti, si fa presente in primo luogo, per quanto concerne la qualità dei corpi idrici in questione, che, secondo quanto riportato nel piano di gestione dell'Appennino settentrionale, il corpo idrico sotterraneo denominato Gromolo Petronio risulta in stato chimico cattivo a causa del superamento dei valori soglia per tre sostanze: cromo esavalente, dibromocloro metano e diclorobromometano. Il raggiungimento dell'obiettivo del buono stato chimico è stato rimandato al 2021 per motivi di realizzabilità tecnica, ai sensi dell'articolo 77, comma 6, lettera a), punto 1, del codice dell'ambiente.

Per quanto riguarda le acque superficiali dei tre corpi idrici denominati torrente Petronio, solo uno non ha raggiunto il buono stato ecologico, a causa dell'elemento di qualità biologica macrofite, ed è quindi stata applicata, anche in questo caso, la deroga per motivi di realizzabilità tecnica, rimandando il raggiungimento dell'obiettivo al 2021. La regione Liguria ha fatto presente, al riguardo, di avere attivato, a partire da maggio 2017, un tavolo regionale ambiente-sanità, in cui sono presenti, oltre al proprio personale tecnico, l'ARPAL, le ASL 4 e 5, gli enti di governo degli ambiti centro-est ed est, nonché i rispettivi gestori del servizio idrico integrato.

Tale tavolo si riunisce periodicamente per aggiornare il quadro complessivo della situazione per il territorio ligure, attraverso il costante monitoraggio delle stazioni individuate dalla regione. Per quanto riguarda gli aspetti legati alle acque potabili, la ASL 4 territorialmente competente effettua i controlli secondo le frequenze e le modalità dettate dal decreto legislativo n. 31 del 2001 e il Tavolo regionale “ambiente e sanità” sta monitorando, attraverso incontri periodici, l'evolversi della situazione sia in merito agli interventi in corso di realizzazione da parte del gestore del Servizio idrico integrato sia in merito alle analisi effettuate sulle sorgenti e sui pozzi per il controllo diretto delle fonti di approvvigionamento.

Con riferimento, ancora, agli aspetti sanitari legati alle acque potabili, secondo quanto riferito dalla regione, la Società dell'acqua potabile (SAP) ha elaborato e presentato al Tavolo un progetto a garanzia del rispetto del nuovo limite del cromo 6, che, per Sestri Levante, consiste nella realizzazione di impianti con resina a scambio ionico. Il completamento di tutti gli interventi del progetto per i pozzi Pila e Sant'Antonio nel comune di Sestri Levante è previsto entro giugno 2019, mentre l'entrata in esercizio dell'impianto di filtrazione è prevista nel mese di aprile del 2019. Nel tempo che intercorrerà tra l'entrata in vigore del nuovo limite e il mese di aprile 2019, la SAP ha previsto di adottare la miscelazione dell'acqua emunta dai pozzi Pila e Sant'Antonio con l'altra acqua potabile della rete idrica. Si tratta, comunque, di una soluzione temporanea, nelle more dell'attivazione del nuovo impianto di potabilizzazione.

Per quanto concerne le attività di bonifica dei siti contaminati, la regione Liguria ha precisato che la legge regionale n. 10 del 9 aprile 2009 attribuisce alla regione la predisposizione e l'approvazione del Piano regionale di bonifica dei siti contaminati, dei piani di intervento e bonifica per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso e l'anagrafe dei siti da bonificare. In base alla predetta legge, l'individuazione e la riperimetrazione dei siti contaminati, nonché la gestione delle conferenze di servizi relativi alla messa in sicurezza e bonifica degli stessi, è di competenza dei comuni nel caso di popolazione residente superiore a 8 mila abitanti o delle città metropolitane. Restano, in ogni caso, in capo alla regione i siti di interesse regionale. A tal proposito, sempre secondo quanto riferito dalla regione, l'area ex Fit e il parco urbano Serlupi sono iscritti all'anagrafe dei siti contaminati regionale e sono attualmente oggetto di interventi di messa in sicurezza e bonifica.

Per quanto attiene all'Area Pezzi, con deliberazione comunale n. 32 del 10 febbraio 2011, il comune di Sestri Levante ha approvato l'analisi di rischio ed il procedimento è stato concluso con provvedimento della provincia di Genova n. 2401 del 24 aprile 2012.

In merito al sito di Ramaia, le indagini preliminari disponibili hanno evidenziato la presenza di un forte orizzonte di riporti antropici, collegabile, almeno in parte, alla lavorazione dei minerali estratti dalla vicina miniera di Libiola. Attualmente è in corso la Conferenza dei servizi per l'approvazione del piano di caratterizzazione.

Con riferimento, infine, alla discarica in località Costello Dei Bussi-Rio Gavornie, è stata svolta con finanziamento regionale un'indagine preliminare, che ha evidenziato problematiche contaminazioni legate alla presenza di rifiuti. La regione ha precisato che, allo stato, non risultano ancora avviati dal comune di Castiglione Chiavarese gli approfondimenti conoscitivi e gli eventuali interventi di messa in sicurezza dei rifiuti.

Alla luce delle informazioni esposte, si rappresenta comunque che il Ministero dell'Ambiente monitora costantemente le problematiche connesse alla presenza di cromo esavalente nei corpi idrici e la relativa normativa di settore e rassicura che manterrà alto il livello di attenzione sulla questione.

PRESIDENTE. L'onorevole Traversi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ROBERTO TRAVERSI (M5S). Grazie, Presidente. Grazie al sottosegretario e, comunque, un ringraziamento anche al Ministro Costa, perché sta svolgendo un'opera veramente meritoria, che aiuterà anche il nostro gruppo regionale, territoriale in questa lotta titanica, nella quale siamo impegnati relativamente a questa situazione ambientale, che è veramente preoccupante sotto diversi aspetti. Ed è veramente un peccato che la Liguria, che ha un territorio fantastico e una situazione ambientale veramente che poche regioni possono esprimere sia, invece, coinvolta da queste logiche che hanno coinvolto questo territorio per anni. Però, grazie a tutta questa attenzione, credo che possiamo finalmente invertire questa rotta.

Il Levante ligure, nello specifico, il comune di Sestri Levante denota da anni problematiche di inquinamento anche a causa di attività industriali minerarie, come avete ricordato. Quindi, è anche per questo che mi dichiaro soddisfatto, perché la relazione è veramente specifica e un cittadino la farà sicuramente sua, la capisce e la apprende, proprio perché questo dettaglio aiuterà sicuramente a far luce su questa situazione. Non sempre gli enti locali, compresa la regione, hanno invece dimostrato una capacità d'intervento e di risposta nella gestione di queste problematiche. E così, nonostante i nostri reiterati interventi di denuncia, monitoraggio, richieste agli enti stessi non si è giunti, quindi, concretamente ad azioni che possano garantire la tutela della salute dei cittadini.

Come avete evidenziato più volte, sono anche i parchi cittadini che hanno riscontrato criticità di queste scorie di metalli. Queste sono state rilevate anche, talvolta, proprio in spiaggia, magari in occasione di analisi ambientali fatte prima di ripascimenti primaverili, normali manutenzioni degli stabilimenti balneari. Quando sono state effettuate delle analisi, appunto, talvolta, ci sono state queste sgradite sorprese. I carabinieri della forestale hanno sequestrato, nel luglio del 2018, parte di sabbia utilizzata, appunto, per uno di questi ripascimenti a Sant'Anna: il sospetto - perché possiamo parlare solo, per adesso, di sospetto - è che ci siano dei valori anomali, sopra il limite di legge, per quanto riguarda il cromo, il cadmio, il nichel e il rame. Dicevo sospetto, perché da allora, ancora, essendo la pratica al vaglio della procura, non abbiamo più avuto nessun riscontro ufficiale e, quindi, non sappiamo ancora cosa è stato riscontrato da quelle analisi.

Rispetto, invece, al tema del cromo esavalente, che abbiamo trattato ampiamente - ringrazio anche il collega Alberto Zolezzi per la sua sistematica e sempre attenta analisi -, se il decreto ministeriale del 14 novembre 2016 fosse entrato in vigore il 1° gennaio 2019 come era previsto, i limiti nelle acque potabili sarebbero stati superati da diversi pozzi, tanto che il comune, ovviamente, dopo i nostri puntuali riscontri, ha iniziato a predisporre gli impianti di filtrazione. Quindi, siamo arrivati a un buon punto per riportare tutte le analisi nei valori previsti. Di fatto, però, anche se c'è stata la proroga per quanto riguarda questa entrata in vigore, la legge riconosce chiaramente che i danni alla salute del cromo esavalente sono evidenti. Quindi, ci auguriamo che questo comune e, magari, qualcuno anche limitrofo, corra ancora in maniera più accelerata, perché la proroga è concessa, però prima sistemiamo questa situazione anomala e, ovviamente, meglio è per la salute dei cittadini.

Auspico, quindi, che quanto promesso nella risposta venga effettuato, soprattutto perché il nostro amore per il territorio è grandissimo. Noi avevamo intenzione di avviare una pratica per fare di questa cittadina stupenda un patrimonio dell'Unesco: naturalmente, per puntare così in alto non si può sottovalutare questo problema. Con il nuovo Governo, come è stato già evidenziato in questi mesi, siamo convinti che, con una condotta di questo tipo, anche questo nascondere sempre l'evidenza sotto il tappeto possa cessare e si possa ragionare, soprattutto per i nostri figli, in maniera molto più organica, soprattutto per rispetto della loro salute (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative anche normative in merito alle criticità connesse allo spandimento di fanghi di depurazione, con particolare riferimento alla separazione dei reflui idrici da strutture ospedaliere - n. 2-00202)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zolezzi ed altri n. 2-00202 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Zolezzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario Micillo. È un'interpellanza su un tema complesso che integra tematiche ambientali e tematiche di salute: infatti, è rivolta ad entrambi i Ministeri. Adesso affronteremo in particolare la parte ambientale, ma cercherò di dimostrare l'integrazione del tema ambientale con quello di salute.

Sono partito introducendo nella premessa come il ciclo dell'azoto sia un limite planetario sovvertito in maniera importante, il limite planetario più sovvertito a livello mondiale secondo Steffen. C'è un particolare rispetto all'Italia: l'incremento dei nitrati in acqua, dell'azoto in acqua può provocare addirittura scarso sviluppo dei bimbi, riduzione della biodiversità e incremento delle specie aliene. Sono effetti simili al sovvertimento del ciclo del fosforo, che per l'Italia ha un vero e proprio record mondiale. Una falda compromessa è molto difficile da bonificare e contamina velocemente tutto un ecosistema. La direttiva europea 2000/60/CE prevede il rispetto dello stato chimico delle acque superficiali in tempi brevi. Molte regioni hanno chiesto una proroga dei tempi previsti per aggiungere un buon SCAS (Stato chimico delle acque sotterranee), fra queste la Lombardia.

L'epidemia di polmonite fra l'Alto mantovano e la provincia di Brescia vede oltre 878 casi ospedalizzati, più diverse centinaia di persone che non si sono rivolte agli ospedali. È un unicum mondiale, non può essere sconnessa da cause ambientali. Fra l'altro, vengono sparse in quell'area, solo per la parte bresciana, oltre 360 mila tonnellate di fanghi di depurazione all'anno. Se ne stanno anche occupando le procure di Brescia e di Mantova.

Ma si potrebbe comunque supporre una duplice eziologia, da un lato legata all'eccesso di nutrienti in falda per la presenza di discariche e spandimenti agro-industriali e zootecnici: ci sono sedimenti che nutrono i germi come la legionella; e d'altro canto, allo spandimento di fanghi al suolo, che contengono tanti metalli pesanti e geni di resistenza antibiotica. La resistenza antibiotica, secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, uccide in Italia oltre 10 mila persone l'anno: anche questo è un record europeo.

In un recente studio cinese di Chen sulla rivista Science of the Total Environment e in uno studio statunitense di Burch su Environmental Scientific Technology del 2017 si mettono in evidenza lo stimolo all'incremento della resistenza antibiotica per effetto genico nel suolo in cui sono immerse le piante, definito fillosfera, e il possibile contagio umano dovuto, per esempio, alla contaminazione di foglie e di ortaggi consumati freschi dopo spandimento; con un'analisi che vede il dimezzamento del rischio mediante il semplice compostaggio.

Il tempo. Per compostare i fanghi ci vogliono da una a tre settimane. Purtroppo si ricorre sempre più spesso a metodi più rapidi, come il trasformare i fanghi di depurazione in cosiddetti fertilizzanti, che si chiamano poi tecnicamente gessi di defecazione. Per confezionare i gessi ci vogliono poche ore, a confronto col compostaggio che almeno necessita di una settimana dentro gli stoccaggi. È chiaro che, dal punto di vista industriale, confezionare un fertilizzante in poche ore può consentire di arrivare… Arrivano i camion di fanghi, arrivo a produrre i gessi in poche ore, spando al suolo, sempre che ci sia davvero un confezionamento; però, secondo questi studi, ciò può aumentare il rischio di passare geni di resistenza antibiotica al suolo. Anche la latenza del raccolto dopo sei mesi dallo spandimento riduce questi rischi.

Secondo altri studi, la riduzione di antibiotico da resistenza si associa all'elevata temperatura raggiunta durante la fase di compostaggio: oltre i 55 gradi, definita termofilia. Questo è un dato molto importante, anche perché abbiamo suoli di buona parte dell'Europa mediterranea poveri di carbonio e in progressiva desertificazione. Secondo la direttiva 2000/60/CE, non sarebbe possibile spandere digestati o reflui liquidi del biometano in buona parte delle aree nazionali, perché questa direttiva impone comunque di non peggiorare lo stato chimico delle acque superficiali. Si moltiplicano però richieste autorizzative di impianti di gestione di rifiuti organici, in particolare in Pianura Padana, con l'asserita volontà di produrre biometano, nonostante l'assenza di tali rifiuti a livello regionale, con il possibile incremento del turismo dei rifiuti, con un ciclo di vita palesemente negativo in termini netti di produzione energetica. Ci sono richieste, addirittura, di autorizzare impianti che non prevedono la fase di compostaggio dei digestati, quindi anche a riscaldamento adeguato del materiale, come l'impianto di Revere, in provincia di Mantova, che prevede una fase definita R10 di spandimento diretto dei digestati, oltre 50 mila tonnellate l'anno, con temperatura massima 38 gradi, secondo gli studi citati in precedenza, con anche un pericolo microbiologico. Recenti sperimentazioni, in realtà, determinano una complessità eccessiva dalla raffinazione della filiera del biometano.

Per quanto riguarda i reflui idrici da strutture ospedaliere, si segnalano gli studi di Kaitlyn su Progress in Molecular Biology, dove si evidenzia l'abbondanza di antibiotici e geni di resistenza antibiotica nei reflui ospedalieri non depurati.

Per cui chiedo al Governo se voglia provvedere a modificare la normativa sugli spandimenti e sui fanghi e sui fertilizzanti in generale, ma anche con attenzione alla separazione dei reflui idrici da strutture ospedaliere e alla prescrizione di tempistiche minime in agricoltura di raccolto post spandimento di fanghi di depurazione; se intenda avere un'attenzione maggiore alla produzione cosiddetta di energia dalle fonti cosiddette anch'esse rinnovabili, se c'è turismo dei rifiuti, anche per tarare gli incentivi alla filiera: se è troppo lunga, forse non andrebbe incentivata.

Per quanto riguarda gli spandimenti di rifiuti azotati, andrebbe previsto probabilmente di tarare la possibilità di spandere reflui da altre province nelle aree caratterizzate da superamenti delle polveri sottili, o da uno stato chimico delle acque superficiali già scarso, prevedendo perlomeno l'obbligo di compostaggio dei digestati. Se si intenda valutare la desertificazione di alcuni suoli nazionali, e, in particolare, la povertà di carbonio, quando semplicemente basterebbe il compostaggio per migliorare anche la qualità dei suoli e ridurre il rischio microbiologico e di polmoniti; e valutare anche bene di implementare la piattaforma del fosforo ed il recupero del fosforo stesso.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Presidente, grazie agli onorevoli interroganti. Con riferimento alle questioni poste, si segnala che la questione degli spandimenti in agricoltura di fanghi di depurazione riveste carattere di urgenza e criticità e rappresenta una priorità dell'agenda di Governo. Proprio al fine di risolvere le problematiche relative al turismo dei rifiuti e alla conservazione dei nutrienti del carbonio organico nel suono, alla tutela della salute umana e dell'ambiente, i criteri di delega per il recepimento della normativa comunitaria in tema di rifiuti sono stati estesi anche alla materia dei fanghi e dei fertilizzanti. In forza di tale delega, si procederà, quindi, in fase di recepimento del cosiddetto pacchetto rifiuti per intervenire in maniera estensiva ed organica sia sugli allegati al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, sia sull'articolato del decreto stesso, nonché, più in generale, sulla normativa dei fertilizzanti. Con tale intervento normativo sarà, inoltre, possibile prevedere che le regioni integrino i loro piani di gestione rifiuti con un capitolo specifico, relativo alla gestione dei fanghi, evidenziando le qualità prodotte, la destinazione prevista e l'eventuale impiantistica necessaria al trattamento degli stessi. Si ritiene, infatti, fondamentale l'applicazione del principio di prossimità anche a questo flusso di rifiuti. A tal proposito, il Ministero ha già avviato i lavori per rivedere l'intera normativa di settore.

Per quanto concerne, invece, le tempistiche degli spandimenti in relazione ai raccolti e alla tutela delle acque, il vigente decreto legislativo n. 99 del 1992 stabilisce già all'articolo 4, comma 3, il divieto di applicare i fanghi ai terreni destinati a pascolo, a prato-pascolo, a foraggere, anche in consociazione con altre colture, nelle cinque settimane che precedono il pascolo o la raccolta di foraggio; a quelli destinati all'orticoltura, alla frutticoltura, i cui prodotti sono normalmente a contatto diretto con il terreno e sono di norma consumati crudi, nei 10 mesi precedenti il raccolto e durante il raccolto stesso; quando è in atto una coltura, ad eccezione delle colture arboree; quando sia stata comunque accertata l'esistenza di un pericolo per la salute degli uomini e degli animali e per la salvaguardia dell'ambiente.

Inoltre, con riferimento alla limitazione degli spandimenti di rifiuti azotati, occorre segnalare che è già previsto dalla normativa vigente che i digestati ottenuti dal trattamento dei rifiuti organici non possano essere utilizzati in agricoltura se non sono stati preventivamente trattati aerobicamente per produrre ammendante compostato ai sensi del decreto n. 75 del 2010 (normativa sui fertilizzanti).

Fermo restando quanto fin qui detto, per quanto attiene più nello specifico al territorio della regione Lombardia, lo spandimento dei fanghi in agricoltura è regolato, oltre che dalla normativa nazionale poc'anzi richiamata, da apposita disciplina regionale che stabilisce ulteriori limiti e condizioni di utilizzazione per i diversi tipi di fanghi in relazione alle caratteristiche dei suoli, ai tipi di colture praticate, alla composizione dei fanghi, alle modalità di trattamento. A tal proposito, la regione Lombardia ha approvato le linee-guida per il trattamento dei fanghi provenienti dalla depurazione delle acque reflue di impianti civili ed industriali e per il loro utilizzo in agricoltura e ha previsto più di recente prescrizioni integrative tipo per le autorizzazioni all'utilizzo dei predetti fanghi. La regione ha inoltre evidenziato di avere identificato con decreto n. 16377/2018 i comuni dove è vietato, nell'anno 2018/2019, l'impiego per uso agronomico dei fanghi di depurazione. Inoltre, con specifico riferimento ai prodotti farmaceutici, la regione ha precisato che i rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti farmaceutici, di cui alla famiglia CER 0705, non rientrano nell'elenco dei fanghi di cui alla delibera regionale n. 2031 del 2014, che identifica i fanghi che possono essere trattati per il successivo utilizzo in agricoltura. Nello stesso senso, con nota esplicativa trasmessa dalla regione a tutte le province, lo scorso mese di maggio è stato ribadito che anche i fanghi di cui al codice CER 190812, per essere ammessi al trattamento, non devono derivare nemmeno in parte da reflui di origine farmaceutica. La regione ha evidenziato altresì che il Programma regionale di gestione di rifiuti, approvato nel 2014, dedica un apposito capitolo alla raccolta differenziata e al trattamento dei rifiuti organici e, in relazione all'impiantistica di trattamento, individua specifici obiettivi da raggiungere a fine scenario di piano, con l'obiettivo di 60 chili/abitante/anno di raccolta della frazione organica di FORSU al 2020.

Per quanto riguarda poi la questione della desertificazione dei suoli, il Ministero sta lavorando per favorire l'apporto di sostanza organica agli stessi, attraverso meccanismi di incentivazione all'utilizzo del compost e il riconoscimento del ruolo utile dello stesso in termini di incremento della sostanza organica e di stoccaggio al suolo del carbonio con conseguente riduzione delle emissioni serra.

Sempre con riferimento alla desertificazione, si segnala che l'ISPRA ha promosso il progetto SIAS per costruire un database dei dati sul carbonio nel suolo attraverso l'omogeneizzazione delle informazioni regionali. Si segnala peraltro che, nell'ambito delle attività per la realizzazione della “Carta mondiale del carbone organico del suolo”, realizzata dal Global soil partnership, l'Italia ha elaborato la mappatura del carbonio organico nel suolo a livello nazionale. Inoltre, il nostro Paese, unico tra i Paesi europei dal 2015, ha aderito ad un progetto-pilota della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione, volto a definire valori-obiettivo nazionali di neutralità in termini di degrado del suolo. La fase sperimentale prevede l'analisi di tre indicatori, tra cui il carbonio organico nel suolo, su cui poi definire i traguardi da raggiungere entro il 2030, in linea con l'Agenda 2030 degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Questo proposito è stato inserito anche nella Strategia nazionale di sviluppo sostenibile.

Alla luce delle informazioni esposte e, tenuto conto anche del procedimento di revisione della normativa di settore, il Ministero assicura che i lavori già in corso saranno seguiti con la massima attenzione, affinché siano, in ogni caso, garantiti elevati livelli di tutela ambientale.

PRESIDENTE. L'onorevole Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario Micillo. Sono molto soddisfatto per i dati portati. È importante che lo Stato italiano, tramite il Ministero dell'ambiente, stia studiando e cercando di affrontare il tema della desertificazione. È importante comunicare anche ai cittadini che verrà modificata la normativa sulla gestione dei fanghi di depurazione, nell'ottica della modifica del pacchetto rifiuti e si arriverà quindi a una normativa più aggiornata che possa tutelare la salute e l'ambiente, consentendo l'opportuna economia circolare, perché non si dice che non si possano spandere i fanghi trattati adeguatamente, così come il materiale organico; il ritorno alla terra della parte nutriente è un dato sicuramente molto importante ed opportuno.

Per quanto riguarda la parte dei reflui ospedalieri, riporto l'unico dato a mio parere di criticità: è chiaro che non è facile creare una depurazione selettiva per gli ospedali, però, visti i dati di chi è andato a monitorare la presenza di farmaci sulle normali acque bianche di un ospedale che chiaramente non vengono raccolte al momento in maniera separata, si è visto che ci sono criticità, sia relative alla presenza in eccesso di farmaci ovviamente per le persone ricoverate in ospedale, che relative all'eccesso di geni di resistenza antibiotica, per cui, vista questa epidemia, probabilmente c'è da porsi qualche dubbio e chiaramente mi rivolgo sia al Ministero della salute che a quello dell'ambiente.

Voglio ricordare che la polmonite è un attacco alla sicurezza della persona e alla proprietà privata più importante; le nostre vie aeree basse dovrebbero essere sterili, ma, nelle zone come le province di Mantova, con 181 superamenti, fra PM 2,5 (100)e ozono (81), e Brescia con oltre 200 superamenti fra PM 2,5 e ozono, le difese immunitarie della popolazione, in particolare anziani e bambini, sono già ridotte; per cui potenzialmente spandimenti di fanghi di depurazione non trattati adeguatamente, unitamente a fenomeni metereologici come piogge, come è successo all'inizio dell'epidemia, può portare all'esposizione a grandi quantità di germi, di patogeni di vario genere. Come si è visto scritto già sulla stampa, non erano dello stesso sierotipo (la legionella di tipo 2) i germi trovati nel reattore di raffreddamento industriale, ma erano invece nel fiume Chiese, che dovrebbe ospitare oltretutto altri scarichi di depurazione, ed è bene che siano in corso tavoli anche regionali per migliorare la sostenibilità di tutto il lago di Garda. Ho incontrato personalmente alcuni malati di questa epidemia, gli abitanti di Calvisano, impauriti per questo nemico nascosto, erano senza voce, senza forze; alcuni, con cicatrici importanti nei polmoni, si sono costituiti in comitato per chiedere un ristoro dei danni alla loro proprietà privata e al loro corpo. Secondo l'Istituto superiore di sanità questo è un caso singolare - spiega Maria Luisa Ricci, responsabile del centro di riferimento nazionale legionellosi - perché in letteratura non è mai stata trovata un'epidemia da legionella del gruppo 2. Nei campioni del fiume è stato trovato lo stesso sierotipo, ma probabilmente il fiume ha raccolto il bacillo da un'altra fonte; cito testualmente: “Bisognerebbe capire cosa è stato sversato in quel periodo”, sottolinea Ricci, per cui è bene che si vada avanti con la magistratura e con le procure ma gli enti di controllo ARPA e le agenzie di tutela della salute devono gestire le emergenze ed è bene che sia nata una sala operativa per gestirle. Ricordo che - è noto da notizie di stampa - una importante ditta di Lonato, in provincia di Brescia, ha subito un'ispezione da parte dell'ARPA del 26 settembre 2018, che ha evidenziato dubbi sulla congruenza tra processo produttivo effettivo e la sua aderenza al processo di cui al decreto legislativo fertilizzanti n. 75 del 2010. Se il fertilizzante fosse diverso da quelli contenuti nel decreto “fertilizzanti” dovrà essere chiesta una specifica autorizzazione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per cui è stato informato dall'ARPA Lombardia il Ministero delle Politiche agricole. Da questo stabilimento sono uscite - risulta - 170.000 tonnellate di gessi di defecazione di provenienza, per il 90 per cento, extraprovinciale. Il titolo di calcio ottenuto con l'aggiunta di carbonato di calcio risulta tre volte quello necessario a reagire con l'acido solforico. La reazione sarebbe completata con il carbonato di calcio, ma verrebbe limitata dall'acido stesso, la reazione di idrolisi del materiale organico sarebbe ostacolata dalla reazione competitiva e favorita fra il carbonato di calcio, che è immesso preliminarmente, e l'acido solforico, quindi la precipitazione del solfato di calcio potrebbe essere non successiva all'idrolisi - come richiesto dalla normativa - ma precedente ed è anche favorita chimicamente, per cui non avverrebbe l'idrolisi dei fanghi e non verrebbe limitato il rischio microbiologico. È chiaro che questi sono dati da approfondire però se una ditta ha sparso 170.000 tonnellate di gessi in quell'area, dove poi è nata la polmonite, è giusto proseguire con una grande attenzione. Risulta una diffida alla ditta da parte della provincia di Brescia dall'8 gennaio 2019. Ho interessato personalmente la Commissione ecomafie del tema, che si sta interfacciando col Ministero delle politiche agricole e valuterò anche di porre a conoscenza nel dettaglio le procure che stanno indagando. La normativa base dei fertilizzanti e dei fanghi andrà migliorata al più presto e - come detto in premessa - anche i gessi fatti bene potrebbero dare problemi secondo la letteratura scientifica internazionale recente, figuriamoci se realizzati in maniera difforme al decreto legislativo n. 75 e andranno chiaramente perseguiti i reati ambientali. Nella prima uscita di ARPA Lombardia del 2016 sul tema dei fanghi ci si è concentrati su un impianto in zona epidemia.

Vuol dire che insomma l'ipotesi del collegamento tanto fantasiosa non è. Dal mese di marzo 2019 riprenderà a pieno ritmo lo spandimento speculativo: parliamo di fanghi di provenienza extraregionale. È urgente prestare la massima attenzione da parte dei Ministeri interessati (Ambiente, Salute e Agricoltura), così come urgente è l'attenzione degli assessorati regionali di competenza. Ricordo l'assessore al welfare Lombardia, l'assessore Gallera: spero che trovi il tempo di occuparsene dal momento che frequenta convegni come quello di Lealtà Azione, quando oltretutto esponenti importanti di questo gruppo sono correlati, secondo le indagini, anche alla morte del tifoso Belardinelli, e, quindi, forse l'assessore dovrebbe occupare il tempo diversamente. È importante che la magistratura prosegua le indagini e spero arrivi al più presto a definire le responsabilità e consentire che non si ripetano fatti del genere. Anche i comuni possono fare già qualcosa: Guidizzolo, Asola, Castel Goffredo, Mariana Mantovana dal 2017 si sono dotati di un regolamento simile a quello che il comune di Rodigo ha dal 2012, con una fascia tampone di 300 metri per lo spandimento dei fanghi dai centri abitati e con la tracciatura dei gessi. Questo limita le molestie all'origine e il rischio microbiologico che hanno visto sanzionare proprio pochi giorni fa la medesima ditta di Lonato a Castel Goffredo. I comuni possono già farlo perché posso emanare normative più restrittive, anche se in Parlamento dobbiamo spingere in questa direzione al più presto. Ne va della nostra sicurezza, della nostra proprietà privata e del nostro futuro.

(Chiarimenti e iniziative di competenza in merito alla situazione determinatasi a seguito della revoca del Presidente dell'Agenzia spaziale italiana - n. 2-00201)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ascani ed altri n. 2-00201 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Nardelli se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FLAVIA PICCOLI NARDELLI (PD). Grazie, Presidente. Devo dire che ci dispiace non vedere il rappresentante del MIUR - non se ne abbia a male il sottosegretario Micillo - ma i sottoscrittori in realtà hanno chiesto di interpellare il Ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca su un tema che consideriamo molto importante in merito alle dimissioni presentate il 3 dicembre 2018 da Lamberto Maffei, Fabiola Gianotti, Lucia Votano e Aldo Sandulli, quattro dei cinque scienziati che facevano parte del comitato internazionale nominato dal MIUR nel 2015 e incaricato di scegliere i presidenti degli enti di ricerca italiani. Parliamo dell'INAF, del CNR, dell'INGV e dell'ASI. I richiedenti, Presidente, sottolineano come la risposta all'interpellanza arrivi con grave ritardo rispetto al succedersi degli avvenimenti rendendo meno cogente il tema proposto. Ciò nonostante, riteniamo importante sollevare il problema nell'Aula del Parlamento per la scorrettezza del metodo utilizzato e denunciato nella lettera di dimissioni di Maffei che, ricordo, è presidente emerito dell'Accademia dei Lincei, di Gianotti, direttrice del CERN di Ginevra, di Votano, ex direttrice dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso e di Sandulli, preside di giurisprudenza al Suor Orsola Benincasa di Napoli.

Il comitato, secondo il decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, è composto di persone scelte tra esperti della comunità scientifica nazionale ed internazionale ed esperti di alta amministrazione con il compito di predisporre l'avviso pubblico per la selezione dei candidati presidenti degli enti, nonché l'esame entro 60 giorni delle candidature pervenute per avanzare la proposta al Ministro di una rosa di cinque nominativi. Sappiamo che il comitato deve - è una citazione evidentemente dal testo della legge - prioritariamente garantire che il profilo dei candidati risponda ad elevata qualificazione tecnico-scientifica comprovata da particolari competenze professionali acquisite in ambito internazionale. Maffei, Gianotti, Votano e Sandulli si sono dimessi in dissenso con i criteri individuati per il nuovo bando ministeriale che avrebbe dovuto provvedere alla successione del presidente dell'Agenzia spaziale italiana, dopo la revoca del 6 novembre 2018 dall'incarico dell'astrofisico Roberto Battiston. Venti giorni fa il Ministero ha nominato un nuovo comitato di esperti che dovrà individuare i cinque nomi dai quali il Ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca dovrà selezionare il prossimo presidente dell'Agenzia spaziale italiana.

Ricordiamo che la revoca di Battiston, mettendo in discussione tutta la politica sullo spazio fin qui portata avanti, è intervenuta su un ente con un budget di quasi un miliardo di euro e un indotto in Italia di 1,6 miliardi all'anno e, elemento non ininfluente, con 6.300 posti di lavoro impegnati nel settore, che lavora a livello nazionale e internazionale e che ha visto l'Agenzia spaziale italiana in questi anni impegnata con l'Europa e con la NASA a collaborare con i maggiori partner internazionali.

Il procedimento adottato verso Battiston ha visto utilizzare per la prima volta lo spoils system per un ente di ricerca e ha creato grave danno anche alla reputazione della comunità scientifica italiana, così come abbiamo visto accadere recentemente con le dimissioni del consiglio superiore di sanità.

La ricerca in Italia vanta straordinarie eccellenze, Presidente, ma deve essere trasparente nella sua gestione e chiara nei suoi obiettivi nazionali e internazionali. La decisione ministeriale ha leso i principi di indipendenza, di autonomia e anche di autorevolezza della ricerca scientifica e ha messo in dubbio i principi costituzionali di autonomia nelle scelte organizzative degli enti. I costituenti - non occorre ricordarlo, ma credo anche giusto farlo - hanno considerato così importante il tema dell'indipendenza della ricerca da sottolinearlo in ben due articoli: l'articolo 9 della Costituzione che recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e la tecnica (…)” e i commi 1 e 6 dell'articolo 33 che rimarcano “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento (…)”. “Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”. La Costituzione ha quindi normato i rapporti tra politica e scienza ispirando le leggi istitutive degli enti pubblici di ricerca e ne ha difeso l'autonomia tenendo separati l'aspetto di garanzia scientifica, selezionata in base alle competenze, dalle scelte legate invece all'opportunità politica. Enti come il CNR, l'INFN, l'ASI, l'ENEA e tutto il sistema delle università sono nati sulla base di tali principi capaci di garantire una ricerca autonoma che rispondesse però a linee strategiche di ampio respiro. I sottoscrittori chiedono oggi al Ministro interpellato di sapere quali indicazioni siano state date al comitato appena nominato in merito al profilo richiesto per la presidenza dell'ASI. Il comitato dovrà proporre persone di altissima qualificazione tecnico-scientifica, come la legge istitutiva prevede, oppure più genericamente, come sembra indichi il Ministero, dei manager appartenenti al settore aerospaziale? Inserire nella scelta del presidente dell'ASI un profilo di manager sminuisce le caratteristiche scientifiche del presidente e si confonde con il ruolo manageriale che deve avere invece il direttore generale dell'ASI. È in corso un giudizio al TAR sulla vicenda della revoca del mandato al presidente dell'ASI, di cui si attende ancora l'esito. Si chiede comunque che sia adesso che in futuro il Ministro lasci alle esclusive competenze del comitato la definizione del contenuto dei bandi per la scelta delle candidature alla nomina dei presidenti di tutti gli enti pubblici di ricerca dipendenti dal MIUR. Il tema appare decisivo in merito all'atteggiamento di diffidenza, se non di ostilità, che in questi mesi è maturato nei rapporti tra politica, scienza e ricerca nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Ringrazio gli interroganti. In data 31 ottobre 2018 veniva adottato il decreto di revoca del professor Battiston quale presidente dell'Agenzia spaziale italiana, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 145 del 2002, che consente la revoca delle nomine degli organi di vertice e dei componenti dei consigli amministrazione degli enti pubblici adottate dal Governo uscente entro sei mesi dal voto sulla fiducia del nuovo Governo. Come prescritto dalla legge, il Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca pertanto ha avviato la selezione pubblica per la individuazione del nuovo presidente ASI da condursi nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e massima partecipazione. Proprio in uno spirito di ampia trasparenza la selezione del nuovo presidente è stata affidata al comitato di selezione in carica nominato il 10 novembre 2017 dal Ministro pro tempore Valeria Fedeli, il cui mandato sarebbe altrimenti scaduto a dicembre 2018.

L'articolo 11 del decreto legislativo n. 213 del 2009 prevede che il comitato di selezione fissi con avviso pubblico le modalità e i termini per la presentazione delle candidature e, ove possibile, in ragione del numero dei candidati, proponga al Ministro una rosa di cinque nominativi.

In realtà, l'avviso pubblico predisposto dal comitato di selezione non si limitava a definire “le modalità e i termini per la presentazione delle candidature”, ma prevedeva anche requisiti di partecipazione ulteriori rispetto ai requisiti stabiliti ex lege per il conferimento dell'incarico di Presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 128.

Tenuto conto che i requisiti introdotti dal comitato escludevano dalla procedura selettiva soggetti che ex lege sarebbero stati legittimati a parteciparvi, il 22 novembre 2018, l'ufficio legislativo del Ministero rappresentava al comitato di selezione, per il tramite della competente Direzione generale per il coordinamento, la promozione e la valorizzazione della ricerca, l'opportunità di apportare all'avviso pubblico alcune modifiche finalizzate a un maggiore allineamento dello stesso alla normativa vigente.

Il comitato di selezione si rifiutava di accogliere le sottoposte proposte di modifica all'avviso pubblico, ritenendo di avere assoluta competenza nella definizione dei contenuti dello stesso.

Al fine di fugare ogni dubbio in ordine alla conformità dell'avviso pubblico alla normativa vigente, la direzione generale per il coordinamento, la promozione e la valorizzazione della ricerca ha formulato una specifica richiesta di parere all'Avvocatura generale dello Stato.

L'Avvocatura generale dello Stato, con parere del 29 novembre 2018, ha affermato che “alcune previsioni di predetto avviso non sono del tutto coerenti con le disposizioni di legge vigenti in materia” e, concordando con quanto già espresso dal Ministero, ha evidenziato quali modifiche fosse opportuno apportare all'avviso.

Alla trasmissione del parere dell'Avvocatura generale dello Stato da parte della competente direzione generale e alla conseguente richiesta di rivedere l'avviso con le modifiche suggerite “nello spirito di massima collaborazione, per evitare ogni eventuale criticità anche in termini di possibile contenzioso”, quattro dei cinque componenti del comitato di selezione hanno rassegnato le proprie “immediate e irrevocabili dimissioni”.

Il Ministero - pur avendo unicamente richiesto l'allineamento dell'avviso pubblico alle vigenti disposizioni di legge al fine di evitare eventuale contenzioso e conseguenti responsabilità risarcitorie per l'amministrazione - è stato quindi costretto a prendere atto delle irrevocabili dimissioni dei quattro componenti del comitato, dimissioni che paiono prive di una fondata motivazione.

Conseguentemente, il 10 dicembre 2018 il Ministro Bussetti, in attuazione delle vigenti disposizioni di legge, ha nominato un nuovo comitato di selezione, confermando il componente non dimissionario – precedentemente nominato dal Ministro Fedeli – e individuando altri quattro qualificati esperti della comunità scientifica nazionale ed internazionale e in alta amministrazione. Il comitato ha tempestivamente predisposto l'avviso pubblico per la selezione del nuovo presidente dell'Agenzia, pubblicato lo scorso 28 dicembre, con scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione al trentesimo giorno dalla data di pubblicazione dell'avviso. Nelle more dell'esperimento della procedura selettiva di individuazione del presidente, con DPCM del 14 novembre 2018 - al fine di consentire, da un lato, lo svolgimento della mission istituzionale dell'ente e, dall'altro, la conduzione delle attività di carattere gestionale e amministrativo dell'Agenzia - è stato disposto il commissariamento dell'Agenzia, attraverso la nomina di: un commissario straordinario, scelto tra personalità dotate di elevata e documentata qualificazione ed esperienza nel campo della ricerca spaziale e aerospaziale e individuato nel professor Piero Benvenuti, professore ordinario di astrofisica presso il dipartimento di astronomia dell'Università degli Studi di Padova; un sub-commissario, dotato di esperienza professionale e competenze in ambito giuridico, individuato nell'avvocato Giovanni Cinque, avente comprovata esperienza nella consulenza legale in favore di enti e agenzie pubbliche.

Ad oggi, pertanto, l'Agenzia spaziale italiana risulta amministrata dall'organo commissariale, che esercita, ai sensi del citato DPCM, compiti di ordinaria e straordinaria amministrazione, assicurando il pieno funzionamento dell'ente nelle more dell'esperimento della procedura di individuazione del nuovo presidente, fino all'insediamento del nuovo presidente e del nuovo consiglio di amministrazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Ascani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ANNA ASCANI (PD). Grazie, Presidente. No, non sono affatto soddisfatta. Comincio dal principio, intanto dal fatto che il Ministero dell'Università e della ricerca non abbia ritenuto oggi di essere presente, ringrazio il sottosegretario che ne ha fatte le veci, ma naturalmente questo è un problema molto, molto grave, che mi sento di sollevare, da parlamentare della Repubblica, perché se un parlamentare pone al Ministero una questione di così grande importanza e il Ministero, due mesi dopo, non riesce ad essere presente in Aula con un proprio sottosegretario a rispondere direttamente, è evidente che o l'argomento non gli interessa, oppure non gli interessa riferire in Parlamento. In entrambi i casi, siamo di fronte a qualcosa di particolarmente grave.

L'ASI ha per l'Italia un'importanza strategica, lo abbiamo visto negli anni in cui, fortunatamente, il settore dell'aerospazio è cresciuto, lo abbiamo visto a maggior ragione constatando che la ricerca in quell'ambito può favorire sviluppo, posti di lavoro, crescita, che, nel nostro Paese, oggi, sarebbero quanto mai da favorire, da sostenere e da aiutare.

Quello che è accaduto in ottobre non si era mai visto prima in questo Paese: utilizzare lo spoil-system è legittimo in ogni ente pubblico, non lo è quando si tratta di un ente di ricerca, perché la nostra Costituzione prevede l'autonomia degli enti di ricerca e lo fa proprio per garantire che coloro che sono chiamati alla guida degli enti di ricerca non siano in alcun modo condizionati dalle posizioni dei Governi pro tempore nel Paese. In questo modo, voi avete introdotto, per la prima volta, un sistema che mette in discussione, anche per il futuro, l'autonomia degli scienziati, l'autonomia degli enti di ricerca, perché tutti coloro che saranno chiamati a guidare, d'ora in poi, gli enti di ricerca si sentiranno sottoposti a questo barbaro sistema di scelta, che fa riferimento all'adesione o meno politica di coloro che guidano quegli enti e non alle loro comprovate capacità, competenze ed esperienze nel settore.

Nello specifico, la mia personale solidarietà è andata immediatamente al professor Battiston, il quale ha dovuto apprendere dalle agenzie di stampa di essere stato rimosso da un incarico nel quale ha svolto un lavoro eccellente per il nostro Paese; vediamo cosa dirà il giudice amministrativo in marzo a proposito di questo atto, che, ripeto, è un unicum nella storia di questo Paese.

Diceva prima la mia collega, illustrando l'interpellanza, che c'è una questione di autorevolezza. Credo che quello che questo Governo ha fatto all'ASI, lo abbia fatto senza tener conto di quello che l'ASI sta facendo nel resto d'Europa, degli accordi che esistono con l'Agenzia europea spaziale, dei progetti che noi abbiamo messo in campo e dell'importanza di quei progetti. Mettere in discussione la continuità e il lavoro fatto fin qui soltanto per puntiglio, soltanto per poter mettere le mani su un ente autonomo, credo che sia particolarmente grave e che metta in discussione l'autorevolezza di un'Agenzia, che, col passato che aveva, era riuscita a risollevarsi, a fare bene, a fare un ottimo lavoro e a ripristinare la considerazione che di noi si aveva in Europa e nel mondo, attraverso progetti che finalmente hanno fatto parlare bene dell'Italia nel mondo. Evidentemente, questo non vi piace.

Non è successo solo questo, però: quattro quinti del comitato di selezione si sono dimessi. Lei - leggendo una risposta che evidentemente non è sua responsabilità aver scritto, ma che è responsabilità del suo Governo aver voluto dare ai parlamentari interpellanti - ci ha detto che non c'è alcuna motivazione per cui i membri di questo comitato di selezione si sono dimessi; e voglio ricordarli a beneficio di chi ci ascolta, ma anche del Governo: Lamberto Maffei, Fabiola Gianotti, Lucia Votano e Aldo Sandulli, credo si tratti di professionisti assoluti, di scienziati che non possono essere messi in discussione nelle loro competenze e nelle loro capacità di fare il mestiere che hanno fatto in questi anni. Voi siete venuti qui a dirci che si sono dimessi senza motivazione. Quelle motivazioni, questi membri, le hanno in realtà spiegate, le hanno spiegate all'opinione pubblica e hanno detto in modo chiaro che c'è stato un tentativo di condizionare l'esito di quel bando, un tentativo che, da parte del Governo, andava nella direzione di trasformare la presidenza dell'ASI - che deve essere nelle mani di uno scienziato, diversamente dalla direzione generale - in qualche cosa di manageriale e più facilmente controllabile.

Credo che sia particolarmente grave insistere sul fatto che quattro persone come queste, ovviamente totalmente disinteressate, interessate soltanto a dare il proprio contributo al nostro Paese, si siano dimesse e insistendo sul fatto che non ne avessero ragioni. Credo sia qualche cosa di grave di cui il Governo, nella sua interezza, dovrà assumersi la responsabilità.

Per conto nostro, ci auguriamo che il giudice amministrativo dia ragione a chi ha messo in discussione la revoca della Presidenza di Battiston e ancor più ci auguriamo, però, che nel bando che voi state facendo per il nuovo presidente dell'ASI si abbia in considerazione, prima di tutto, lo ripeto, prima di tutto, l'interesse del Paese. Avete cominciato ad occupare poltrone in ogni ente possibile e immaginabile, vi prego, lasciate in pace la ricerca, lasciate che la ricerca sia autonoma e indipendente, perché è l'unico modo in cui la ricerca può funzionare e produrre sviluppo e crescita per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative di competenza volte ad affrontare la situazione dei bambini immunodepressi in ambito scolastico, anche alla luce di un grave episodio verificatosi nel trevigiano - n. 2-00164)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ascani ed altri n. 2-00164 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Prestipino se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PATRIZIA PRESTIPINO (PD). Grazie, Presidente. Mi associo alle parole delle mie colleghe, ci saremmo aspettati, senza niente togliere al sottosegretario presente, una presenza specifica che è quella, appunto, dell'istruzione, e lo dico da insegnante, da docente, ancora prima che da parlamentare. Ora, per citare Leopardi, con l'ottimismo della volontà, ma fermo restando il pessimismo della ragione, dobbiamo prendere atto, riguardo a questa interpellanza che è stata depositata a novembre, che la risposta arriva solo oggi, quindi, insomma, con grandissimo ritardo. Tuttavia, il punto è importante, è un punto delicato, quello che riguarda la salute e il benessere psicofisico dei nostri ragazzi e dei nostri bambini, almeno nella fascia 0-16 anni.

Ricordo il caso del bambino trevigiano - è un evento che appunto risale allo scorso settembre - che ha sconfitto la leucemia dopo un trapianto spinale e una durissima chemioterapia e che non è potuto tornare a scuola perché in classe c'erano cinque bambini non vaccinati e questo avrebbe messo a rischio e a repentaglio la sua salute e la sua incolumità. Il bambino vive in un paese piccolo, dove non c'è possibilità di scelta per una scuola alternativa; questo rende tutto molto più difficile, la parte logistica, la parte di organizzazione e dell'apprendimento, appunto, scolastico.

Ora, di acqua ne è passata sotto i ponti, in questi mesi. Abbiamo visto di tutto e di più, una schizofrenia sull'argomento. Tutti ricorderete che il 10 luglio scorso è arrivata, è piombata questa circolare che diceva di presentare l'autocertificazione in tema di vaccini, il che ha sconvolto tutta la comunità scolastica, non solo l'organizzazione scolastica su cui grava la vita delle scuole, ma ha anche sollevato preoccupazioni molto, molto serie nei genitori, perché presentare un'autocertificazione, voi capite che non è garanzia di documentazione, come poi si è visto dai tanti falsi che sono stati denunciati. Ora, lo sappiamo, è vicina la scadenza per la presentazione della documentazione che, appunto, scade il 10 marzo prossimo, e tante cose sono successe, abbiamo visto persino alla Camera, qualche giorno fa, una conferenza stampa di una collega del MoVimento 5 Stelle a favore dei No Vax, ancora, oggi dopo i tantissimi gravi casi di morbillo, di meningite. Ricordo che a Roma si è ammalato un ragazzo di meningite in un'importante scuola secondaria di Roma.

Ebbene, sul caso è intervenuto anche l'assessore all'istruzione della regione Veneto, Elena Donazzan, che ha affermato, parole sue: “esiste per questo bimbo il diritto di andare a scuola e frequentarla come tutti i suoi coetanei, non solo quello di alcuni genitori di non vaccinare i propri figli; spero in un ripensamento della norma a livello nazionale che tenga conto anche di questi casi, perché la libertà del singolo non può precludere quella degli altri”. Ebbene, la regione non è certo governata dal centrosinistra, il che la dice lunga sulla compattezza del Governo anche su questo tema delicatissimo, quale, appunto, quello delle vaccinazioni.

Ora, non devo ricordare io a voi che siete esperti che il diritto all'istruzione è garantito dai primi due commi dell'articolo 34 della Costituzione: “La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”. La norma va letta insieme al precedente articolo 33 della Costituzione e prevede il diritto all'istruzione, nel senso di possibilità per chiunque, e a prescindere dalla situazione economica e non, di accedere al sistema scolastico. Diritto a cui lo Stato deve far fronte. Il diritto allo studio è anche uno dei diritti fondamentali e inalienabili della persona, sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell'ONU. Troviamo, poi, il definirsi di questo diritto, non solo nei suoi termini universali, relativi cioè all'uomo inteso come categoria generale onnicomprensiva, ma al bambino, come uomo che ha caratteristiche specifiche particolari e che, quindi, necessita di interventi e tutele definite in modo più dettagliato. Ecco, quindi, la prima Dichiarazione dei diritti del bambino, approvata dall'Assemblea delle Nazioni Unite nel 1959. Ora, il superiore interesse del bambino deve essere la guida di coloro che hanno la responsabilità della sua educazione e del suo orientamento e tale responsabilità incombe, in primo luogo, sui genitori e sullo Stato. Per attenerci al tema, ricordiamo solo l'articolo 28: “Gli Stati riconoscono il diritto del fanciullo all'educazione e in particolare: garantiscono a tutti l'accesso all'insegnamento superiore con ogni mezzo appropriato, in funzione della capacità di ognuno; fanno in modo che l'orientamento e l'informazione siano aperti e accessibili a ogni fanciullo; adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono della scuola”. Ora, appare evidente come l'istruzione sia un servizio pubblico, necessario ad assicurare il pieno sviluppo della persona umana, anche rispetto alla condizione di partenza sfavorevole di qualcuno. Quindi, l'impegno dell'autorità pubblica consiste nella rimozione di tutti gli ostacoli di ordine sociale ed economico che possono limitare di fatto la libertà e l'uguaglianza dello studente, impedendo il pieno sviluppo della persona umana.

E non meraviglia che migliaia di mamme e genitori abbiano firmato l'appello “IoVaccino”, in una contrapposizione in primis culturale e ideologica a un tema che sta a cuore a tantissime famiglie italiane e che mette a rischio non solo la salute dei bambini, ma di tutta la comunità scolastica, di tutti gli operatori che lavorano ogni giorno con passione, dedizione e sacrificio, quotidianamente, nella scuola. Dai docenti agli operatori, ai funzionari amministrativi, tutti sono a rischio se non viene pienamente attuata la legge sulla obbligatorietà dei vaccini.

Ecco perché chiediamo, anche se a distanza di mesi, lo ripeto, e questo ci dispiace, perché il tema meritava più attenzione e più prontezza nella risposta, se i Ministri siano a conoscenza del grave caso esposto riguardo al bambino trevigiano, quale sia il loro orientamento in merito e quali iniziative di competenza intendano intraprendere, di concerto con altri soggetti interessati, per affrontare concretamente una situazione critica qual è quella dei bambini immunodepressi, determinatasi a causa di un atteggiamento che risulta agli interpellanti evidentemente discutibile, in modo da favorire la risoluzione delle problematiche all'interno di un contesto delicatissimo e che sta a cuore non solo alla scuola, ma al Paese intero.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Ringrazio gli onorevoli interpellanti per il quesito posto che mi offre l'opportunità di rassicurarla in merito alla delicata problematica da lei sollevata. Difatti, sulla base di informazioni acquisite dal competente ufficio scolastico regionale, posso garantire che la situazione differisce almeno in parte da quanto rappresentato.

Scendendo nel dettaglio, riferisco, secondo quanto comunicato dall'ufficio scolastico per il Veneto, che il bambino immunodepresso frequenta effettivamente una classe terza primaria di un plesso dell'istituto comprensivo di Asolo. Risulta, ad ogni buon conto, che all'alunno frequentante il suddetto istituto, in cura presso la clinica onco-ematologica di Padova, è stata rilasciata una certificazione per la quale, sulla base del trattamento clinico ed ematologico in atto, non è permessa la frequenza scolastica fino alla fine di febbraio 2019. Solo dopo questa data e solo a seguito di valutazione da parte dell'azienda ospedaliera delle condizioni di salute del bambino, sarà possibile valutare un inserimento del piccolo nell'ambiente scolastico.

La mancata frequenza del bambino non è quindi dovuta alla presenza di alunni non vaccinati nella classe frequentata dall'alunno, ma è imposta da una prescrizione dell'azienda ospedaliera che, per le delicate condizioni di salute del bimbo, ne preclude il rientro fino a nuovi controlli.

Il dirigente scolastico ha rassicurato che la scuola ha attivato fin dall'inizio dell'anno per il bimbo l'istruzione domiciliare, che l'alunno sta tuttora seguendo. Al piccolo, quindi, è stato sempre garantito il diritto allo studio. Pertanto, a fine febbraio, nell'auspicio che i medici acconsentiranno al suo rientro a scuola, il dirigente scolastico valuterà e determinerà le modalità organizzative attraverso le quali dare piena attuazione a quanto prescritto dal decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito, con modificazioni, nella legge 31 luglio 2017, n. 119.

Infatti, sebbene la citata legge escluda l'ipotesi di subordinare la frequentazione scolastica all'adempimento degli obblighi vaccinali così come previsto, invece, per i servizi educativi per l'infanzia e per la scuola dell'infanzia essa contempla nondimeno alcuni meccanismi tesi a garantire comunque la tutela dei soggetti non vaccinabili per condizioni di salute. Uno di questi è quello contenuto nell'articolo 4 che, prevedendo la possibilità di intervenire in via organizzativa, dispone che in caso di accertato pericolo per la salute i minori che si trovano in queste condizioni siano inseriti in classi nelle quali sono presenti solo minori vaccinati o immunizzati. Posso assicurare che l'ufficio territoriale è impegnato a monitorare la situazione e a supportare la scuola nella valutazione concreta della possibilità di predisporre le misure organizzative che al rientro del bambino l'attuale normativa prevede a tutela della sua condizione.

PRESIDENTE. L'onorevole Ascani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ANNA ASCANI (PD). Grazie, Presidente. No, non siamo soddisfatti e vado a spiegarne le ragioni. Intanto, anche in questo caso si tratta di un'interpellanza piuttosto vecchia. Il Governo si è preso molto tempo per rispondere e in questo caso, però, non penso che ci sia mancanza di interesse per questo argomento ma credo proprio che sia una questione di imbarazzo perché, in realtà, questo Governo sul tema dei vaccini ci ha abituati a fare contemporaneamente la maggioranza e l'opposizione, mi spiego meglio. La Ministra Grillo rilascia puntualmente interviste nelle quali ci spiega che lei è assolutamente a favore dei vaccini, eppure è la stessa che nella scorsa legislatura, in quest'Aula, ha depositato una proposta di legge con la quale intendeva vietare i vaccini a coloro che lavorano nella pubblica amministrazione e, nell'illustrazione di questa proposta di legge, diceva che la ragione è che quei vaccini sono in qualche modo legati all'autismo, arrivando a sostenere proprio quelle teorie che tanto male hanno fatto alla copertura vaccinale nel nostro Paese e, soprattutto, a coloro che, in ragione del proprio stato di salute, non possono sottoporsi alla stessa copertura vaccinale.

Purtroppo, è di ieri la notizia che in questa sede, nella sede del Parlamento italiano, ha trovato spazio una conferenza stampa di un'associazione che si autodefinisce free vax, Corvelva, la quale ha presentato dei dati assolutamente destituiti di fondamento, come hanno dimostrato fior fior di scienziati, per sostenere che i vaccini sarebbero pericolosi. Quella conferenza stampa è stata possibile perché una deputata dello stesso partito della Ministra Grillo, nel caso specifico Sara Cunial, ha organizzato quella conferenza stampa e ha voluto che in Parlamento, nella Camera dei deputati, trovassero spazio, senza alcuna voce in dissenso, notizie che sono assolutamente destituite di fondamento e che mettono a rischio la salute del nostro Paese. Lo dico perché l'Organizzazione mondiale della sanità ci ha recentemente detto che tra le dieci minacce maggiori per la salute del pianeta c'è anche la terribile campagna no vax che, purtroppo, sta trovando sempre più spazio e anche in Paesi nei quali alcune malattie, grazie alla copertura vaccinale, erano state totalmente eradicate e, invece, si stanno riproponendo.

Nella nostra interrogazione noi chiedevamo non soltanto notizie riguardo al caso di quel bambino, evidentemente abbastanza datato visto che il Governo ha ritenuto di risponderci soltanto oggi, ma chiedevamo notizie riguardo all'atteggiamento che il Governo vuole tenere per tutelare non un bambino, ma tutti quei bambini immunodepressi ai quali ad oggi come unica risposta è stata detto che saranno inseriti in classi separate. Ritorniamo alla barbarie della classe separata perché questo Governo non è in grado di garantire il pieno diritto allo studio e il pieno diritto di scelta a quei bambini che, trovandosi in condizioni di oggettive difficoltà, devono invece vedersi garantito quel diritto dallo Stato.

Noi avevamo fatto una legge sull'obbligo vaccinale proprio per questa ragione. Voi, invece, avete un atteggiamento particolarmente contraddittorio, senza voler prendere effettivamente posizione – recentemente il fondatore del MoVimento 5 Stelle ha firmato un manifesto pro-vax –, ma, ripeto, solo ieri, ospitate qui dentro, senza che il Presidente della Camera si opponga in alcun modo, nonostante gli appelli arrivati da più parti, un convegno no vax.

Noi chiedevamo notizie su questo: come pensate di risolvere il problema? Come pensate di tutelare i più fragili? Come pensate di tutelare gli ultimi e di dare una mano - l'ha detto la mia collega - anche a coloro che rivestono delle responsabilità nella scuola? Per ora avete scaricato tutto sulle spalle dei dirigenti scolastici, i quali si sono dovuti assumere la responsabilità di ricevere autocertificazioni sulla base delle quali probabilmente hanno dovuto inserire dei bambini in condizioni di grande fragilità in classe, senza avere contezza di quello che era lo stato effettivo di quella classe. Vi siete assunti una responsabilità enorme. Io vi chiedo, in futuro, di fare delle scelte serie, magari rinunciando a qualche voto, rinunciando a un po' di consenso elettorale becero, ma di fare scelte nell'interesse del Paese, nell'interesse della salute delle nostre comunità, nell'interesse del benessere della comunità scolastica, nell'interesse di chi, con grande sacrificio, cerca di farla funzionare, senza scaricare sulle loro spalle responsabilità che, invece, sono solo ed esclusivamente vostre.

Mi auguro che nel prossimo “milleproroghe” non trovi spazio alcuna proroga alla legge sull'obbligo vaccinale; mi auguro che non rifacciate la scena pietosa, che abbiamo dovuto vedere nei mesi scorsi, per cui veniva presentato un vostro emendamento che poi veniva rinnegato dallo stesso Governo; mi auguro, infine, che finalmente ci si ponga il problema dei vaccini in modo serio, per arrivare a quella copertura vaccinale che serve semplicemente a garantire a tutti una migliore qualità della vita, a garantire a tutti un maggiore benessere.

Rinunciate a qualche voto, cominciate ad occuparvi del bene del Paese. Non siete più all'opposizione: quella pacchia lì è finita. Occupatevi del Paese, occupatevi dei più fragili, non permettete mai più che in questa istituzione trovino spazio e voce posizioni di quel genere, che fanno tanto male a tutti e, soprattutto, a chi è più fragile.

PRESIDENTE. A questo punto, sospendo brevemente la seduta, che riprenderà fra cinque minuti, alle ore 12,35.

La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 12,35.

(Iniziative volte a risolvere le criticità conseguenti alle modifiche normative introdotte dal «decreto sicurezza», con particolare riferimento alla gestione dei migranti ospiti dei Cara con permesso di soggiorno per motivi umanitari in scadenza - n. 2-00208)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bruno Bossio ed altri n. 2-00208 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Bruno Bossio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

VINCENZA BRUNO BOSSIO (PD). Signora Presidente, abbiamo presentato con altri colleghi del Partito Democratico, e non solo, questa interpellanza urgente, all'indomani dell'approvazione della legge n. 132 del 2018, per chiedere appunto quali iniziative intendesse adottare il Governo per risolvere le pesanti criticità che si sono manifestate già nelle 24 ore successive all'approvazione della legge, e, in particolare, se il Governo fosse a conoscenza degli effetti immediati di questo cosiddetto “decreto insicurezza”, qual è la soluzione che si intende trovare per rispettare il principio della concessione del permesso umanitario, e quindi garantire l'accesso ai piani di seconda accoglienza dei soggetti vulnerabili. Proprio oggi gli esperti del Consiglio d'Europa hanno detto che questa legge mette a dura prova la possibilità di effettiva assistenza ai soggetti vulnerabili. Chiediamo come tutelare la positiva esperienza degli SPRAR che si sono presi in carico le situazioni più drammatiche e come supportare, sempre attraverso l'esperienza degli SPRAR, gli enti locali nella gestione di queste criticità.

Ma, come dicevo, alcune prefetture non hanno aspettato nemmeno 24 ore dalla conversione del decreto. Una giovane famiglia africana, la sera del 30 novembre 2018, ha dovuto raccogliere le sue poche cose e lasciare il CARA di Isola Capo Rizzuto. Insieme ad altre persone, è stata costretta a salire su un pullman e lasciata davanti alla stazione ferroviaria di Crotone, sotto la pioggia battente. Ci hanno detto di prendere tutto, ha detto Yousuf; abbiamo provato a chiedere perché, pensavamo ci trasferissero in un'altra struttura. Poi abbiamo capito che ci stavano semplicemente buttando per strada. Non hanno avuto pietà neanche per mia moglie, che è incinta di tre mesi. Sono sopravvissuti all'inferno libico, alla traversata, pensavano che il peggio fosse passato. L'immagine della moglie di Yousuf, quella giovane donna africana con un bambino sulle spalle e un altro nella pancia, è stata per tanti di noi, tanti italiani, il simbolo del presepe 2018.

“Chi tiene fuori dall'aula di scuola Gesù bambino non è un educatore”, tuona Matteo Salvini. Giustamente Marco Tarquinio, direttore dell'Avvenire, risponde che chi ha votato la legge di strada ci risparmi queste parole in nome di Gesù. La legge di strada è dura, feroce, non sopporta i deboli e li elimina darwiniamente. Infatti, oggi, purtroppo, la moglie di Yousuf ha perso il suo “Gesù Bambino”, grazie alla legge della strada e a chi vuole Gesù nelle scuole, ma respinge la famiglia di Nazareth. E, quando abbiamo depositato, come parlamentari del PD, questa interpellanza, non si erano ancora ulteriormente manifestate le drammatiche scene del CARA di Castelnuovo di Porto, con esseri umani considerati alla stregua di pacchi e deportati; sì, deportati, chiamiamo le cose con il loro nome.

E se qualcuno ha qualche dubbio, chieda alla senatrice Segre, e facciamoci spiegare da lei, quando racconta cosa ha provato quando, ad otto anni, per colpa dei nazisti, le è stato vietato di frequentare la scuola. È lì, dice la Segre, e non il campo di sterminio, la vera cesura, quella che, nel ricordo, divide la mia infanzia tra il prima e il dopo. Bambini diventati invisibili perché una legge propaganda, anche qui, deve farsi scudo umano per raccattare consensi. Fossi in voi proverei vergogna.

L'abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari è stata voluta con scientificità dall'attuale Governo e ha come fine non quello di gestire il fenomeno dell'immigrazione e, ancor meno, quello della sicurezza degli italiani, ma di creare condizioni di emergenza permanente per assicurare al Ministro dell'Interno, in quanto leader della Lega, una sorta di vitalizio elettorale sulla pelle dei poveri cristi. Nulla è fatto a caso, c'è una tenaglia tra l'abolizione del permesso umanitario e la delegittimazione degli SPRAR, per incattivire l'opinione pubblica, invocando soluzioni ancora più drastiche, e quindi generare ulteriori azioni che alimentino irregolarità, e quindi potenziale disponibilità verso attività illegali.

Questa abolizione, a nostro avviso, è una grave violazione dei diritti umani e chiediamo come mai il Governo stia tardando anche nella configurazione delle fattispecie che avrebbero dovuto esplicitare strumenti normativi in conseguenza del superamento del permesso umanitario, sapendo che tra quelli che vengono espulsi dai CARA, dai CAS e dai centri d'accoglienza ci sono molti soggetti vulnerabili. Attendiamo, quindi, di conoscere dal Governo cosa intenda fare di queste persone e quale risposta intenda dare ai sindaci e ai territori per evitare che si alimenti un clima così pericoloso.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Luigi Gaetti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI GAETTI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Signora Presidente, signori deputati, le nuove norme contenute nel cosiddetto “decreto sicurezza e immigrazione”, recentemente approvato, costituiscono un importante tassello di una più ampia riforma della gestione del fenomeno migratorio, in un quadro di rinnovato approccio alle evidenti criticità di questi ultimi anni, caratterizzati da consistenti arrivi di migranti nel nostro Paese. Nonostante l'attuale riduzione dei flussi, conseguente alla nuova strategia avviata dal Governo in materia di contenimento degli arrivi, è ancora significativo il numero di immigrati nel nostro territorio, sia per l'elevato numero di sbarchi del passato sia per la prolungata presenza di richiedenti asilo, con un forte impatto sui territori. La gran parte degli immigrati, infatti, è rimasta in Italia inoperosa, senza concrete prospettive di stabilizzazione e di inclusione sociale, con il forte rischio di cadere in percorsi di illegalità. Basti pensare che su circa 40 mila tutele umanitarie riconosciute dalle commissioni territoriali negli ultimi tre anni, solo poco più di 3.200 sono state le conversioni in permessi di lavoro e circa 250 in ricongiungimenti familiari.

Le nuove norme, tipizzando alcune fattispecie di permessi di soggiorno speciali, hanno il prioritario obiettivo di riorganizzare il sistema del riconoscimento della protezione internazionale, anche al fine di evitare il possibile uso strumentale della domanda di asilo. Nella previgente normativa, infatti, l'istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari era riconducibile a situazioni eterogenee, non sempre afferenti la tutela di diritti inviolabili della persona, con un margine di discrezionalità che ha favorito interpretazioni eccessivamente estensive. Questo è il motivo per cui, nel riformare l'istituto della protezione umanitaria, nel decreto sono state regolamentate specifiche esigenze di protezione complementare, tipizzate in fattispecie determinate, per assicurare una temporanea tutela dello straniero per esigenze di carattere umanitario che, secondo l'ordinamento interno ed internazionale, non ne consentirebbero il rimpatrio.

Tengo, quindi, a sottolineare che la protezione per esigenze umanitarie non è stata abolita: chi versa in una condizione di particolare esigenza umanitaria continua ad essere tutelato. Restano legittimamente nel nostro Paese le vittime di tratta, le vittime di violenza domestica o di grave sfruttamento lavorativo, coloro che versano in condizioni di salute di eccezionale gravità, coloro che non possono rientrare nel proprio Paese perché colpito da gravi calamità, coloro che compiono atti di particolare valore civile, nonché coloro i quali, pur non avendo i requisiti per il riconoscimento di una forma di protezione internazionale, corrono comunque il rischio, in caso di rimpatrio, di subire gravi persecuzioni o di essere sottoposti a torture. Peraltro, vorrei anche precisare che il diritto di asilo rimane integro nel suo valore costituzionale.

Non ci sono mutamenti per quanto concerne la possibilità e i modi di presentazione della domanda di asilo, né sono cambiate le garanzie assicurate al richiedente per l'intero procedimento, anzi, le innovazioni apportate rendono più veloce il riconoscimento dello status in favore di chi ne ha diritto.

Per quanto riguarda già le ipotizzate criticità evidenziate nell'atto ispettivo degli interpellanti e collegate alla mancata attuazione delle politiche di accoglienza e prese in carico e tutela dei migranti in situazioni particolari, faccio osservare che, già come nella precedente legislazione, lo straniero, al momento della consegna del permesso di soggiorno per motivi umanitari, era tenuto a lasciare il centro di prima accoglienza in cui era temporaneamente ospitato, salvo il caso in cui non fosse stata presentata impugnazione della decisione di rigetto da parte della commissione per il riconoscimento della protezione internazionale. Peraltro, le modifiche introdotte dal nuovo decreto nel sistema di seconda accoglienza fanno espressamente salve le situazioni particolari cui hanno fatto cenno gli interpellanti. Resta, infatti, assicurata la permanenza nel circuito della seconda accoglienza - ora denominato Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati, con l'acronimo Siproimi -, oltre che di coloro che erano titolari di permesso di soggiorno umanitario prima della riforma e fino alla scadenza del progetto di accoglienza, anche di coloro che, sulla base delle nuove norme del decreto-legge, potranno beneficiare delle nuove tipologie di permessi di soggiorno per esigenze umanitarie. Ricordo nuovamente che tra tali permessi rientrano quelli per cure mediche, per le vittime di violenza o di grave sfruttamento, per le vittime di violenza domestica, per situazioni di contingente ed eccezionale calamità nel Paese di origine e per particolare sfruttamento lavorativo.

PRESIDENTE. L'onorevole Migliore ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Bruno Bossio ed altri n. 2-00208, di cui è cofirmatario.

GENNARO MIGLIORE (PD). Grazie, signora Presidente. Vorrei rivolgermi con rispetto al rappresentante del Governo senza, però, nascondere non solo la mancata soddisfazione, ma anche la rabbia che io provo nei confronti di una risposta che, nella sua articolazione concreta, rappresenta - mi è capitato in altre occasioni di avere un confronto con il sottosegretario Gaetti - una perversa ricognizione burocratica di quello che avete già fatto e che già sta producendo danni. Non solo non avete risposto a casi concreti, perché quanto lei ha citato, sottosegretario, secondo questa frustrante enumerazione di quali sono i casi per i quali viene indicata la protezione speciale e che, in realtà, non vengono garantiti, poi viene smentito concretamente dall'esperienza che è stata ricordata qui proprio per quell'esodo che è stato necessario per essere stati espulsi dal centro di Crotone di persone che, poi, nel caso di una donna, addirittura, ha perso il proprio bambino. Quella donna, probabilmente, era una dei soggetti che, nelle maglie di questa interpretazione, doveva essere protetta e, invece, non lo è stata, come non sono state protette diciannove persone che, espulse dal Cara di Castelnuovo di Porto, si sono ritrovate con un trolley e con una destinazione sicura: un ponte, una stazione, una strada che li potesse accogliere.

Voi dovreste ricordare alcuni nomi che noi abbiamo, per rispetto delle persone coinvolte, ricordato con una fotografia: Francesco, Chiara, Viola, la maestra Fiorella sono quelli, tra i tanti, che hanno lasciato dei messaggi alla loro compagna di classe di sette anni che, da un giorno all'altro, è stata costretta ad andare via. Io non so voi come chiamate queste azioni. Avete polemizzato sull'utilizzo di una parola che ha un chiaro significato in italiano: deportazione significa spostare con la forza persone che erano insediate in una località, in un territorio, in una struttura.

Peraltro, si dice che queste persone spesso sono rimaste inoperose, che, quindi, non c'erano progetti di accoglienza. E voi cosa fate? Per prima cosa smantellate un centro che era stato sotto i riflettori di tutte le organizzazioni internazionali e anche del Papa, che, nel marzo del 2016, andò a fare visita proprio al CARA di Castelnuovo. E, io non escludo che, essendo dei cattolici pelosi quelli che in questo momento sono al Governo, sia stato proprio per questo: una specie di ritorsione nei confronti di una testimonianza così alta. Il Papa è andato a fare il lavacro dei piedi nel Giovedì Santo del 2016 e voi siete partiti da lì a smantellare un centro che, contrariamente a quella che è la retorica diffusa, ha visto la mobilitazione dei cittadini a favore di quel centro, dicendo: state portando via i nostri amici; persone che stavano facendo un percorso di integrazione, che lavoravano, che andavano a scuola.

Io penso, da questo punto di vista, che ci sia un disegno: non so quanto il sottosegretario lo condivida, ma certamente c'è un disegno del Ministro Salvini, il quale si propone come buon padre di famiglia, ma, al di là di pessimi consigli nutrizionali, penso che stia facendo un'azione di sistematica messa in discussione proprio della funzione di tutela dell'interesse generale da parte dello Stato. Lo Stato cosa deve fare? Prima cosa: deve rispettare la Costituzione, e il Governo ha giurato sulla Costituzione. Il sottosegretario dice che non è messo in discussione l'articolo 10 della Costituzione: io credo che sia falso e questo lo vedremo anche con i ricorsi che in via giurisdizionale verranno sicuramente a colmare una serie di lacune, alcuni dei quali sono venuti da altre istituzioni. Ci sarà un ricorso anche sull'articolo 13 del decreto e, quindi, sull'eguaglianza, per violazione anche dell'articolo 3 della Costituzione, fatto da alcune regioni. Vedremo chi ha ragione, sulla Costituzione. Questo, per quanto mi riguarda, essendo l'introduzione del permesso umanitario una norma di chiusura relativa all'articolo 10 della Costituzione - perché nel 1998 si decise che questo serviva a coprire quelle lacune che normativamente c'erano nel nostro Paese - è il primo dato.

Il secondo è che bisogna garantire che, individualmente, le persone coinvolte siano esaminate per i casi che riguardano la loro soggettiva condizione. I provvedimenti sono stati indiscriminati, non c'è stata una valutazione e un'anagrafica, non è stato depositato, nelle mani di coloro i quali dovevano essere o allontanati o deportati o espulsi da questi centri, nessun documento con una motivazione che potesse essere impugnata. È stata un'operazione di polizia: non è stata un'operazione per via giurisdizionale, è stata un'operazione di polizia. E se è un'operazione di polizia e se viene fatta collettivamente, diventa un'operazione di pulizia. Non l'ho usato io questo termine, è stato un esponente del Governo, che disse che si stava facendo un'operazione di cleaning: non è che l'inglese lo conosca solo chi, dalla pessima pronuncia, da Davos, ci indica quale deve essere l'interesse per il popolo, del popolo, cioè quell'avvocato del cosiddetto popolo che sta portando, insieme al suo Governo, questo Paese a sfasciarsi. Cleaning significa pulizia e io penso che usare la parola pulizia per degli esseri umani sia indecoroso per chi ha giurato sulla Costituzione e deve portare con disciplina e onore il proprio carico per portare avanti questa missione.

Ci sono delle violazioni di carattere internazionale: l'articolo 19, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ci sono degli elementi che riguardano la soggettiva incapacità dei soggetti coinvolti a ricorrere. Ma c'è anche un problema di sicurezza.

Io non lo so. Ho fatto per la mia esperienza pregressa anche il presidente della Commissione d'inchiesta sul sistema di accoglienza; e invito il sottosegretario a leggere le relazioni, molto dure, anche che una commissione guidata dalla maggioranza di allora ha redatto nei confronti del sistema di accoglienza, non risparmiando critiche, e talvolta anche accendendo dei riflettori, compreso su Crotone. Che poi, come molti di voi sanno, è stato in virtù dell'azione del procuratore Gratteri anche coinvolto in un'inchiesta, che ha colpito giustamente chi si stava approfittando di una vicenda così drammatica come quella dei migranti richiedenti asilo per fare i propri affari. Oggi a Crotone però la situazione è cambiata.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GENNARO MIGLIORE (PD). Vado alla conclusione. Io voglio sapere da questo Governo quanti centri che fanno business ha chiuso. Uno? Due? Tre? Zero? State chiudendo quelli che funzionano, state facendo voi un business non economico ma elettoralistico; e io penso che da questo punto di vista la vostra incapacità di affrontare un problema aumenterà anche l'insicurezza all'interno del nostro Paese. Noi vogliamo un Paese giusto e sicuro, e vogliamo che siano chiusi adesso i centri che si approfittano innanzitutto dei migranti, e poi anche dei soldi pubblici. Voi non ne avete chiuso neanche uno, ma avete semplicemente…

PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.

GENNARO MIGLIORE (PD). E ho finalmente concluso, mi scuso con la Presidente. Voi avete semplicemente preso una questione e l'avete fatta diventare merce, merce elettorale, ma questo prima o poi si ritorcerà contro di voi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative volte a potenziare il presidio delle forze dell'ordine nella città di Gela e intendimenti circa l'opportunità di istituire un Comitato provinciale permanente e realizzare un sistema efficiente di videosorveglianza, anche a seguito dei numerosi attentati incendiari verificatisi negli ultimi mesi - n. 2-00222)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bartolozzi ed altri n. 2-00222 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Bartolozzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Presidente, signor sottosegretario Gaetti, alle luce degli innumerevoli danneggiamenti e attentati incendiari che, anche negli ultimi mesi, stanno dilaniando la città di Gela e mettendo in serio pericolo la sicurezza dei cittadini, in questi trascorsi mesi ho interpellato più volte i Ministeri competenti: una prima il 22 ottobre 2018, attraverso un'interrogazione, la n. 4-01445, ma con rammarico devo rappresentare di non aver avuto alcuna risposta; una seconda il 9 novembre 2018, attraverso l'interpellanza urgente n. 2-00167. Con questa interpellanza ho esposto in maniera più analitica scene di guerra, con carcasse di auto bruciate e ridotte a cenere, prospetti anneriti, serrande sciolte, balconi danneggiati, situazioni in relazione alle quali risultava e risulta necessario e improcrastinabile l'invio sul posto di un adeguato contingente di forze dell'ordine.

Signor sottosegretario, non sono ahimè scene di guerra, ma scene di vita quotidiana. Ebbene, il sottosegretario per l'interno, onorevole Carlo Sibilia, che mi ha risposto l'altra volta, dopo i gravi fatti criminali che hanno sconvolto la mia città e che hanno spinto migliaia di cittadini a scendere in piazza, si è semplicemente limitato ad annunciare numeri e statistiche, rappresentanti in qualche modo la città di Gela come omertosa. Lo stesso sottosegretario Sibilia ha altresì fatto riferimento al comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, che si è riunito una sola volta, non considerando che per far fronte alla situazione di allarme descritta è necessario un comitato provinciale permanente sul territorio, al fine di fornire misure concrete per la mia città.

Ad aggravare la situazione il sottosegretario Sibilia ha altresì sostenuto che la prefettura fin dallo scorso maggio ha sottoscritto con l'amministrazione comunale di Gela un protocollo per la sicurezza urbana, che individua come obiettivo prioritario per la prevenzione ed il contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria l'installazione di videosorveglianza. Purtroppo, però, non sembra essere a conoscenza del fatto che nella graduatoria dei finanziamenti previsti dal decreto del Ministero dell'interno pubblicata il 23 ottobre 2018, Gela non è tra i comuni assegnatari. Sono stati 428 i comuni d'Italia a beneficiarne, sui 2.246 che hanno presentato i progetti, e la città di Gela si colloca al 1.392° posto, nonostante figuri tra i comuni ad elevatissima incidenza di fatti criminali.

Dalla risposta del sottosegretario del 9 novembre 2018 sino ad oggi, a quanto mi risulta non è stata intrapresa alcuna iniziativa per fronteggiare la grave situazione di pericolo che sta coinvolgendo i cittadini di Gela. Il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza di fatto non esiste, e il contingente delle forze dell'ordine non è assolutamente adeguato, quanto a numeri, per evitare il reiterarsi dei tragici eventi di impronta criminale. Di fronte a questa conclamata inerzia, gli episodi incendiari stanno aumentando vertiginosamente, con una media di uno ogni due notti. Solo per citarne alcuni, sottosegretario, l'11 novembre 2018 in Via Risorgimento rischiava di esplodere un impianto a gas dopo l'attentato ad una macchina. Il 23 novembre 2018 si sono verificati due incendi in poche ore in Via Monza. Il 26 novembre 2018 è stato appiccato un incendio sul Corso Salvatore Aldisio, il corso principale, danneggiando un furgone Nissan di un commerciante di bevande. Sono stati molteplici gli incendi nel mese di dicembre 2018: il 22 dicembre è stato incendiato il portone di un'abitazione in Via Watt; l'8 gennaio 2019 è stato appiccato un incendio al Bar Controsenso, Contrada Roccazzelle, lungo la Strada statale 115 Gela-Licata.

Vede, signor sottosegretario Gaetti, i fatti narrati non possono che essere letti come fatti criminosi collegati alla criminalità organizzata che impera in Sicilia, e in particolare a Gela. È del 17 gennaio ultimo scorso l'operazione antimafia condotta dalla Polizia di Stato di Caltanissetta e dal comando provinciale della Guardia di finanza di Roma, coordinate dalle Direzioni distrettuali antimafia nissena e capitolina, nei confronti di 11 appartenenti al clan Rinzivillo, la cosca gelese di Cosa nostra, per i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti tra Italia e Germania.

Sottosegretario Gaetti, noi non ce la facciamo più: siamo oltre l'indignazione, siamo alla mortificazione della vita umana, siamo alla privazione della libertà d'impresa. È estremamente necessario che il Governo intervenga tempestivamente per porre un argine agli episodi, lasciando da parte quelle che paiono come futili ed inutili parole, a cui sino ad oggi non sono seguiti fatti concreti.

A seguito delle mie interpellanze, sottosegretario, sono sempre indetti, quasi il giorno dopo, anzi, il giorno prima, non il giorno dopo, dei comitati a livello prefettizio subito dopo la presentazione delle interpellanze. Anche a quest'ultima interpellanza, quindi, io in qualche modo lo dico, sperando che lei non mi risponda con quello che le anticipo adesso, io so che a Gela, a seguito dell'ultima interpellanza, è stato convocato ieri un ulteriore tavolo prefettizio, tavolo prefettizio nel quale sua eccellenza ha dato atto dell'impegno per la mia città e di ciò che sia ha intenzione di fare. Ma leggo da notizie di stampa, sottosegretario, che le ulteriori iniziative messe in atto dalla prefettura per l'individuazione di ogni utile fonte di finanziamento che consenta la realizzazione del predetto (stiamo parlando della sorveglianza) tema di videosorveglianza, dovrebbero andare a valere sul PON legalità 2014-2020. Ebbene, sottosegretario, io le ho recuperato quell'accordo, che è dell'aprile 2018, e quell'accordo non riguarda il sistema di videosorveglianza per la mia città: riguarda aree precise della città di Gela, che certamente non sono quelle interessate agli attentati, agli atti incendiari; riguarda unicamente il settore Nord 2 e il settore Nord-Est di Gela, cioè l'ex area industriale e l'area rurale. Questo a me non basta, questo non è quello che vi chiediamo da mesi. Io ho agito con la prima interrogazione dell'ottobre, l'ho già ricordato prima, ma sono ormai quattro mesi che chiedo un invio di forze, un impiego massiccio di forze dell'ordine.

E allora, se così stanno le cose, e sperando che lei non mi risponda in questi termini, io le rinnovo l'invito che ho rivolto l'altra volta al sottosegretario Sibilia, quindi le chiedo in che modo e con quali tempistiche voi intendiate attivarvi per potenziare il necessario e imprescindibile presidio delle forze dell'ordine e gli strumenti necessari a rafforzare le attività investigative di prevenzione e di repressione della criminalità organizzata a Gela; se e con quali tempistiche e con quali iniziative intendiate assicurare l'istituzione di un comitato provinciale permanente nella mia città, da presenziare, che sia appositamente dedicato al monitoraggio delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel territorio gelese; se non riteniate opportuno intraprendere iniziative idonee al fine di procedere tempestivamente alla realizzazione di un sistema efficiente di videosorveglianza, che non può essere quello di cui le accennavo prima.

Per la città di Gela, sottosegretario, occorre garantire misure concrete, in modo che i cittadini si intendano e si sentano protetti nel territorio.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Luigi Gaetti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI GAETTI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie signora Presidente e signori deputati, l'interpellanza dell'onorevole Bartolozzi mi consente di fornire un quadro aggiornato della situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nel comune di Gela, rispetto a quanto il Governo ha già riferito in Aula il 9 novembre scorso. Gli episodi di danneggiamento a seguito di eventi incendiari si sono, in effetti, ripetuti anche nell'ultimo periodo. Rispetto agli specifici atti criminosi menzionati nell'interpellanza, sono attualmente in corso le indagini da parte delle competenti autorità per verificarne la matrice e gli autori. Tengo comunque a precisare che l'attenzione del Governo, attraverso la locale prefettura, è massima. Tali episodi sono stati oggetto di specifiche riunioni tecniche di coordinamento nelle giornate del 9, 21, 26 novembre e del 12 dicembre scorsi, nel corso delle quali sono state affrontate anche le più generali questioni della sicurezza pubblica nella città.

Nello specifico, per fronteggiare la recrudescenza degli episodi incendiari, sono stati tempestivamente intensificati i servizi di controllo del territorio, provvedendo ad aumentare i servizi preventivi, soprattutto nelle ore notturne. Nel mese di novembre, sono state inviate due squadre della compagnia di intervento operativo del dodicesimo reggimento Carabinieri Sicilia a supporto del reparto territoriale Carabinieri di Gela e, dal mese di dicembre, gli interventi a supporto sono programmati con cadenza settimanale. Si è, inoltre, disposto il rafforzamento dei servizi di controllo, specialmente nelle aree rurali, con l'impiego di una squadra dedicata, dello Squadrone eliportato Cacciatori Sicilia dell'Arma dei carabinieri. Più di recente, il 10 gennaio, sempre con una riunione tecnica di coordinamento, convocata a seguito dell'incendio ai danni dell'esercizio commerciale Controsenso, è stata disposta un'ulteriore intensificazione dei servizi di controllo del territorio.

Soggiungo che, nei confronti di soggetti sottoposti a detenzione domiciliare e sorveglianza speciale, sono stati eseguiti ottantacinque controlli, oltre a venti perquisizioni domiciliari e locali, volte al rinvenimento di armi e droga.

Quanto alla richiesta dell'interpellante circa i tempi di rafforzamento dei presidi delle forze dell'ordine, rendo noto che il prossimo 12 febbraio è prevista l'assegnazione alla questura di Caltanissetta di complessive undici unità di personale della Polizia di Stato, cinque delle quali a potenziare l'organico del Commissario di Gela e sei quello dice Niscemi.

Infine, per quanto attiene al Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, informo che, proprio nella giornata di ieri, tale organo si è riunito in composizione allargata alla partecipazione del procuratore distrettuale antimafia di Caltanissetta, del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Gela, del commissario straordinario del comune. In tale sede, è stata confermata la necessità prioritaria di assicurare a quel territorio l'installazione di un sistema di videosorveglianza, preso atto che - come ricordato dall'interpellanza - la richiesta di finanziamento presentata dal comune, ai sensi della legge n. 48 del 2017, “norme in materia di sicurezza della città”, non si è collocata in posizione utile nella relativa graduatoria, formalizzata con decreto del Ministero dell'Interno il 12 novembre del 2018. Preciso che dall'esame della graduatoria, si rileva che il comune non ha ottenuto punteggio sia con riguardo all'indice di consistenza demografica, in quanto superiore ai 20 mila abitanti, sia in relazione al cosiddetto cofinanziamento dell'opera, in quanto l'ente non ha previsto alcuna spesa a proprio carico, pur avendo conseguito il punteggio massimo nelle voci attinenti all'indice di delittuosità comunale e a quello dei fenomeni di criminalità diffusa, registrati nell'area urbana da sottoporre a videosorveglianza.

Il prefetto ha comunque deciso di promuovere un'iniziativa finalizzata al convincimento delle associazioni di categoria per la realizzazione di idonei sistemi di videosorveglianza privata, ai sensi dell'articolo 7, comma 1-bis, della citata legge n. 48 del 2017. Pertanto, nella riunione di ieri del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, è stato invitato anche il commissario straordinario della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Caltanissetta che, sul punto, ha manifestato la più ampia disponibilità.

Con particolare riguardo alla videosorveglianza della vasta area industriale di Gela, informo che è in programma, presso la prefettura di Caltanissetta, uno specifico incontro con la partecipazione di tutti i soggetti interessati, tra cui, in particolare, l'istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive, allo scopo di sensibilizzare gli attori coinvolti sulle preziose opportunità previste dal PON legalità e al fine di fornire impulso alla presentazione di idonee progettualità, a valere sui fondi del PON legalità 2014-2020.

PRESIDENTE. L'onorevole Bartolozzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). Grazie, Presidente. Sottosegretario Gaetti, io speravo in qualcosa in più, anzi mi aspettavo qualcosa in più e anche questa volta non posso ritenermi assolutamente soddisfatta, perché lei mi ha rappresentato ciò che già conoscevo. Nulla di più e nulla di meno di buone intenzioni, auspici, programmazioni a venire, quando siamo in una situazione che ormai non consente più ai miei concittadini di attendere.

Lei mi parlava di un numero, io ho sentito nella sua relazione - per l'amor di Dio, molto precisa e puntuale - di cinque unità operative in più per il commissariato di Gela. Sottosegretario Gaetti, mi piace comprendere chi ho come interlocutore: lei viene da una piccola città, da un piccolo comune, che ho visto avere 14 mila abitanti, beh, la mia città, Gela, è la quinta città siciliana e ha 80 mila abitanti. Lei pensa che un problema come quello che ho descritto prima - in minima parte, perché non potevo abusare della sua pazienza - possa essere risolto con l'invio di cinque unità in più al commissariato? Questo è vendere illusioni, fare propaganda.

Io sto chiedendo, vi sto invocando aiuto da mesi e da mesi e sento solo buone intenzioni, sento cinque unità in più di persone al commissariato, sento che sono stati potenziati i servizi di prevenzione, sento che avete coinvolto le associazioni al fine di far sì che i sistemi di videosorveglianza possano gravare sui cittadini. Beh, è logico che i rappresentanti di Confcommercio e tutte le categorie produttive siano aperte quindi vogliano contribuire, ma non si risolve così il problema: lo Stato deve fare la sua parte, la sua parte. È inutile che venga pubblicizzato il messaggio per cui noi con il PON legalità risolviamo il problema. Il PON legalità non potrà essere usato per la videosorveglianza nella mia città, a meno di una nuova rinegoziazione e, se quello è dell'aprile 2018, e ancora la videosorveglianza per le aree industriali non è stata attuata, se dovrò aspettare altro tempo perché questo PON venga rinegoziato tra regione e Stato, quando ci muoveremo, sottosegretario? Quando ci muoveremo?

Io sono veramente mortificata perché pensavo, speravo e credevo che, dopo la prima interrogazione scritta, dopo la prima interpellanza e con la seconda, qualche risposta in più voi avreste sentito il dovere di darmela.

Io non mollerò, io non mollerò assolutamente la presa. Non lo posso fare perché sono nata in quella città, ne conosco il dramma, lo sento il grido di dolore. Io continuerò, ci vedremo fra un mese se le cose non saranno cambiate. Non mi basta che facciate le riunioni il giorno prima delle interpellanze e non mi basta che chiediate la cooperazione delle persone e delle associazioni produttive che stanno a Gela. Sicuramente è qualcosa in più, sottosegretario Gaetti, di quello che mi aveva detto l'altra volta il sottosegretario Sibilia, che aveva osato definire la mia città omertosa; sicuramente è qualcosa in più, ma non è nulla di più dal punto di vista pratico; sono solo buone intenzioni. Io spero di trovare in lei un interlocutore aperto perché, se non avrò risposte, il prossimo mese saremo di nuovo qui, con una nuova interpellanza.

PRESIDENTE. Salutiamo studenti e docenti dell'Istituto comprensivo di Esperia, in provincia di Frosinone, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna del pubblico. Sospendo, a questo punto, la seduta che riprenderà alle ore 14.

La seduta, sospesa alle 13,10, è ripresa alle 14,10.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta. I deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Intendimenti circa la convocazione del consiglio direttivo dell'albo dei segretari comunali e provinciali per la pubblicazione e approvazione tempestiva dei bandi SPES e SEFA e iniziative volte a garantire l'avvio dei previsti corsi di formazione entro i primi mesi del 2019 - n. 2-00238)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Tripodi e Occhiuto n. 2-00238 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Tripodi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIA TRIPODI (FI). Grazie, Presidente. Onorevole sottosegretario, i segretari comunali e provinciali svolgono un ruolo fondamentale per le autonomie locali, dovendo assicurare la direzione complessiva e il coordinamento dell'intera struttura amministrativa comunale, oltre alle delicate funzioni in materia di trasparenza, prevenzione della corruzione e controlli interni. La carriera del segretario comunale è strutturata attraverso dei percorsi formativi denominati SPES e SEFA necessari per l'iscrizione nelle diverse fasce professionali dell'albo. In particolare, sia l'articolo 14, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997 sia il vigente contratto nazionale dei segretari comunali e provinciali dispone che il Ministero dell'Interno debba determinare con cadenza annuale il numero complessivo dei segretari da ammettere ai suddetti corsi e disciplinare le relative modalità di partecipazione. Tali disposizioni non risultano essere state rispettate, in quanto l'ultimo corso SEFA è stato espletato nel 2015; mentre l'ultimo corso SPES è stato espletato nel 2016. Sia nel 2017 sia nel 2018 immotivatamente non è stato programmato l'avvio di tali corsi, causando il mancato utilizzo delle risorse specificamente destinate alla formazione dei segretari comunali e provinciali. Tale ritardo risulta ancor più inaccettabile considerato che i vincitori dell'ultimo corso-concorso, che sono adesso in attesa di tali corsi di formazione e specializzazione, hanno già dovuto affrontare una procedura concorsuale per l'iscrizione all'albo, iniziata nel 2009 e che ha avuto la durata record di ben sette anni.

Chiediamo se e con quali tempistiche, sottosegretario, il Governo interrogato intenda convocare il consiglio direttivo dell'albo dei segretari comunali e provinciali al fine di approvare e pubblicare tempestivamente i bandi SPES e SEFA e quali iniziative intenda adottare per garantire il concreto avvio dei corsi di formazione richiamati in premessa entro i primi mesi del 2019.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Luigi Gaetti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI GAETTI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, signor Presidente e signori deputati. La formazione specialistica per i segretari comunali e provinciali si sviluppa attraverso l'espletamento di due distinti corsi: il primo denominato SPES, per il conseguimento dell'idoneità a segretario comunale in comuni sino a 65 mila abitanti, non capoluogo di provincia, e il secondo denominato SEFA per il conseguimento dell'idoneità a segretario generale in comuni con popolazione superiore a 65 mila abitanti, capoluogo di provincia e province. L'attivazione di tali corsi rientra nell'ambito dei più ampi poteri di definizione e approvazione degli indirizzi per la programmazione dell'attività didattica che il Ministero dell'Interno esercita, su proposta del consiglio direttivo dell'albo, sentita la Conferenza Stato-città. Gli onorevoli interpellanti fanno riferimento alla necessità di determinare con cadenza annuale il numero complessivo dei segretari comunali da ammettere ai due citati corsi di specializzazione, ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997 e dell'articolo 368 del contratto collettivo nazionale di lavoro del 16 maggio 2001. Rilevano, altresì, come è stato appena detto, l'ultimo concorso SEFA è stato completato nel 2015, mentre l'ultimo corso SPES è stato espletato nel 2016.

Sulla questione prospettata, si rappresenta che l'impasse determinatasi nell'ultimo periodo nella programmazione dell'attività formativa da parte del consiglio direttivo dell'Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali è da collegare alle vicende connesse alla mancata attuazione della cosiddetta legge Madia, la legge n. 124 del 2015, che, nell'ambito di una più complessiva riforma della dirigenza pubblica, aveva previsto il superamento della figura dei segretari e del loro collocamento nel ruolo della dirigenza degli enti locali.

Successivamente, come è noto, proprio nella fase di definizione dei decreti attuativi di tale disegno riformatore, è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni di delega della “legge Madia”, tra cui quelle relative alla disciplina della dirigenza pubblica, nella parte in cui, incidendo su materie di competenza sia statale che regionale, prevedevano che i decreti attuativi fossero adottati sulla base di una forma di raccordo, non un semplice parere, con le regioni, in luogo del necessario strumento dell'intesa, e ciò in violazione del principio di leale collaborazione interistituzionale.

A seguito del giudizio della Consulta, il Governo non ha proceduto alla definitiva approvazione dei decreti attuativi della riforma. L'interruzione del percorso intrapreso dal legislatore ha, dunque, determinato una condizione di grande incertezza sulla stessa sorte della figura dei segretari e sulle prospettive ordinamentali della dirigenza locale, producendo una situazione di stallo protrattasi nel tempo, che ha inevitabilmente avuto negative ricadute sulla pianificazione e programmazione delle attività di formazione di tale figura professionale.

Tanto premesso, informo che è già stata programmata, a breve, la convocazione del consiglio direttivo, che consentirà di deliberare in merito ai corsi di formazione SPES e SEFA per l'anno 2019, riavviando con regolarità i percorsi di formazione dei segretari comunali, la cui professionalità è elemento essenziale per assicurare la direzione complessiva e il coordinamento dell'intera struttura amministrativa degli enti locali.

PRESIDENTE. La deputata Maria Tripodi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA TRIPODI (FI). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario. Mi reputo, a questo punto, vista la sua risposta, moderatamente soddisfatta, ma più che altro fiduciosa per il futuro, perché, come lei può ben immaginare, questa situazione ha portato a una situazione di stallo e poiché, tra l'altro, vi è una cronica carenza di segretari comunali, è assolutamente necessario risolvere questa vicenda in modo trasparente e tempestivo. Io sono fiduciosa che questo avverrà (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

(Intendimenti in merito all'avvio di un'indagine interna per la verifica del sistema informatico della Sogei, anche in relazione al marketing dei casinò sul web, e chiarimenti circa la vigilanza sul gioco e sull'utilizzo del simbolo dei Monopoli di Stato- n. 2-00199)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Francesco Silvestri ed altri n. 2-00199 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Francesco Silvestri se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Grazie Presidente, desidero illustrarla. Torno, purtroppo, a parlare di azzardo e lo faccio su qualcosa che è avvenuto e che mi ha inquietato particolarmente, non solo per le sue dimensioni, ma anche proprio per le sue caratteristiche. Qualche mese fa, un'operazione coordinata con la Guardia di finanza, la DIA, le forze dei carabinieri e anche la polizia, ha sgominato un giro miliardario di scommesse illecite che faceva capo a criminalità organizzata, soprattutto in Puglia, in Sicilia e in Calabria.

Ci sono stati sessantotto provvedimenti su questo, sessantotto arresti per importanti esponenti di questa criminalità organizzata e ci sono state ottanta perquisizioni, per un giro di sequestri che ha portato circa a un miliardo di euro, tutto che ruotava intorno al gioco online.

I soldi riciclati, praticamente, attraverso questa rete di scommesse, sarebbero filtrati poi per paradisi fiscali, per ritornare sotto forma di investimenti legali su locali, ristorazioni e beauty farm. Ora, non è più l'eccezione, è la regola. L'azzardo, soprattutto quello online, quello mediato dalle piattaforme digitali, è diventato il veicolo principale del riciclaggio, ma non lo dico solo io, lo dice anche il nostro procuratore antimafia, il quale sostiene che il contrasto all'azzardo è la nuova frontiera per la lotta alla mafia.

È importante capire che siamo a un bivio, è importante capire che oggi la criminalità organizzata compie dei reati evoluti, come è evoluta la nostra società postindustriale. Siamo praticamente ad una mafia 3.0. Io voglio semplicemente citare le conversazioni che sono emerse dalle intercettazioni fra chi reclutava persone, fra gli hacker, fra i mafiosi: “cerco i nuovi adepti nelle migliori università mondiali e tu vai ancora alla ricerca di quattro scemi in mezzo alla strada che vanno a fare “bam bam”, io invece cerco quelli che fanno “click click”, quelli che cliccano e movimentano, è tutta una questione di indice, capito?” Ecco come si sta muovendo oggi la mafia: recluta, praticamente, nelle nostre università di ingegneria informatica.

Ma il dato che, come dicevo prima, mi inquieta particolarmente è che oggi scopriamo che anche la media infrastruttura digitale sorvegliata dallo Stato, ovvero la SOGEI, è violabile, è vulnerabile. Oggi in Italia ci sono 3 milioni e mezzo di persone che hanno un conto di gioco: 3 milioni e mezzo! Sui dati di questi movimenti poi si è creato anche un mercato secondario di informazioni, con università che prendono questi dati, li ordinano in un fatto statistico e li rivendono un'altra volta alle società di marketing, che tracciano un profilo del giocatore. Questo io lo trovo abbastanza aberrante, ma poi su questo tornerò con forza e anche con tutti gli strumenti che mi competono per approfondire la situazione.

Per me il problema è che si sono di fatto sottovalutate, in questi anni, tutte le inchieste in Puglia, in Lombardia, in Sicilia e altrove, che ci sono state nel caso. Si è fatta una propaganda per la rassicurazione degli upgrade tecnologici del gioco legale sicuro, che è affidato di fatto alla polizia dei monopoli. Dal 2005, dal caso delle black slot, non so se ve lo ricordate, quelle centinaia di migliaia di macchine mangiasoldi completamente scollegate dalla rete che lavoravano in nero, nel corso degli anni la nostra cronaca ha visto una miriade di casi tutti legati al gioco online, con l'esplosione soprattutto dei casinò online.

Ora, chi doveva fare il proprio lavoro l'ha fatto, le forze dell'ordine lo fanno e lo fanno sempre e portano a casa dei “successi”, tra virgolette, di cui li ringrazio fortemente, ma adesso il testimone passa anche un po' alla politica, che deve intercettare quello che sta avvenendo in questi campi. Questa è una nuova opportunità che gli investigatori hanno creato e che sta a noi correggere e dobbiamo esserne assolutamente all'altezza.

Per questo chiedo, anche con una considerevole urgenza e anche vista l'attualità politica, se è intenzione di questa Amministrazione avviare un'indagine interna per verificare l'effettivo sistema informatico della SOGEI; e soprattutto volevo anche un'opinione su come sia potuto succedere un qualcosa di queste dimensioni, soprattutto perché moltissime piattaforme avevano di fatto il marchio dei Monopoli dello Stato.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze, Alessio Mattia Villarosa, ha facoltà di rispondere.

ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie Presidente, nel ringraziare preliminarmente le forze dell'ordine per il lavoro fatto in questa operazione e per gli arresti portati a termine, vado alla risposta.

Con il documento in esame, gli onorevoli proponenti segnalano rilevanti criticità nel sistema di raccolta del gioco online, che è divenuto terreno di infiltrazione per la criminalità organizzata. Gli onorevoli fanno riferimento all'operazione Galassia, con cui si è fatta luce su un'organizzazione transnazionale e che ha dimostrato come le mafie si siano spartite e controllino il mercato della raccolta illecita delle scommesse online. Ciò premesso, considerata anche l'urgenza e la particolare attualità politica della tematica, gli onorevoli chiedono al Governo se sia intenzione del Ministro interpellato avviare un'indagine interna, per la verifica del sistema informatico della SOGEI e sulla gestione e commercializzazione del flusso dei dati commerciali alle società di marketing dei casinò sul web e se intenda fornire chiarimenti circa quella che appare agli interpellanti un'omessa vigilanza sul gioco, in generale, e sul sistema informatico dei giochi d'azzardo online, in particolare, e circa l'utilizzo improprio del simbolo dei Monopoli di Stato.

Al riguardo, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli osserva preliminarmente che la richiamata operazione Galassia non ha svelato alcuna falla nei sistemi informatici di SOGEI Spa; al contrario, la raccolta illegale avveniva, come chiaramente esplicitato negli atti dell'inchiesta e correttamente riportato da tutte le agenzie di stampa, tramite siti Internet con estensione “.com” illegali, non autorizzati dall'Agenzia delle dogane e, quindi, non collegati, in alcun modo, al totalizzatore nazionale gestito da SOGEI Spa.

Il fatto che la raccolta avvenisse anche tramite punti di vendita autorizzati che esponevano il logo dei Monopoli di Stato non implica, infatti, la manipolazione dei sistemi della rete legale, in quanto erano i gestori di tali punti vendita a dirottare la raccolta del gioco sulla rete parallela illecita, cambiando frequentemente i siti “.com” utilizzati, oggetto, peraltro, dell'attività quotidiana di oscuramento dei siti illegali effettuata dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli in collaborazione con SOGEI Spa.

La black list dei siti oscurati viene, infatti, periodicamente aggiornata, grazie all'attività di ricerca dei tecnici della SOGEI che si affianca all'attività di controllo svolta sul territorio dai funzionari dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli insieme alle forze dell'ordine a cui spetta il compito di scoprire l'esistenza di esercizi non autorizzati alla raccolta e di smascherare, come nel caso dell'operazione Galassia, la condotta fraudolenta di chi, pur presentandosi al pubblico come punto di vendita legale, opera in realtà illegalmente. Non a caso, infatti, nel comunicato ufficiale della direzione nazionale antimafia si afferma che le indagini sono state condotte anche con il contributo dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e il comandante dello SCICO della Guardia di finanza ha sottolineato che per le indagini è stata fondamentale la collaborazione dei Monopoli di Stato. Alcuni dei nominativi oggetto di misure cautelari e alcune delle società coinvolte nell'inchiesta erano stati, peraltro, segnalati autonomamente dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli ai competenti organi di polizia.

Per quanto riguarda il paventato rischio che i dati degli utenti siano oggetto di commercializzazione a vantaggio di società di marketing dei casinò sul web, si sottolinea che detto pericolo non riguarda le movimentazioni effettuate sui siti legali e controllati dall'Agenzia e da SOGEI, ma semmai le movimentazioni sui siti paralleli illegali, volontariamente poste in essere dai giocatori che scelgono di giocare nel mercato illegale, integrando, peraltro, una fattispecie penalmente rilevante.

Tutti i dati che affluiscono nella rete legale sono tutelati con le più avanzate tecnologie, adeguate alle più recenti disposizioni in materia di privacy e antiriciclaggio. L'Agenzia precisa che sinora non si è mai avuto notizia di episodi di commercializzazione dei dati medesimi né del fatto che, come invece affermato dagli onorevoli, la rete legale sia mai stata violata o manipolata. Deve comunque sottolinearsi che l'operazione Galassia, come detto, ha rilevato un giro di scommesse online illecite, in quanto canalizzate su reti illegali parallele a quelle dello Stato, mentre non si hanno notizie circa la presenza di illeciti commessi tramite slot machine, come invece emerge nell'interrogazione in oggetto.

Infine, relativamente ai soggetti coinvolti dagli atti delle indagini condotte a Catania, Reggio Calabria e Bari, risulta che si tratta di tutte società che agivano senza concessione dello Stato. In particolare, con riferimento alle società citate, vale a dire PlanetWin365, Betaland, e Enjoybet, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli riferisce che Betaland e Enjoybet erano due siti facenti capo alla società OIA Services. PlanetWin365 e OIA Services sono entrate nel mercato regolare a mezzo della procedura di emersione prevista dalla legge di stabilità per il 2015 e reiterata da quella del 2016. Per quanto riguarda la società OIA Services, l'Agenzia, di concerto con una delle procure procedenti, ha provveduto all'immediata sospensione della raccolta sia fisica che online. In relazione alla società PlanetWin365, le indagini hanno riguardato il vecchio management della società, come emerge dagli atti dell'indagine. In ogni caso, in relazione agli anni oggetto di sanatoria, deve precisarsi che l'Agenzia, in collaborazione con la Guardia di finanza, che ne sta curando i profili penali, ha provveduto prima dell'intervento in esame all'accertamento tributario dell'imposta evasa, rispetto a quella dichiarata in sede di emersione.

Infine, è opportuno rilevare che l'azione della Guardia di finanza a tutela del monopolio è costantemente preordinata alla prevenzione e repressione dei fenomeni di abusivismo e di illegalità che interessano il mercato legale dei giochi e delle scommesse, al fine di impedire ogni tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata e condotte di riciclaggio di danaro di provenienza illecita. Detta azione si articola attraverso l'esecuzione di indagini di polizia giudiziaria per la scoperta delle condotte fraudolente più gravi e complesse, grazie all'utilizzo degli incisivi strumenti investigativi previsti dal codice di procedura penale, nonché in una costante attività di monitoraggio del web condotta dal nucleo speciale frodi tecnologiche, volta all'individuazione dei siti Internet e di gioco non autorizzati e propedeutica all'emissione di un provvedimento di inibizione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Per completezza, si evidenzia che la Guardia di finanza, nel periodo 2017-2018, ha svolto complessivamente 448 indagini di polizia giudiziaria delegate dalla magistratura per reati in materia di gioco illegale e scommesse clandestine; ha scoperto 2.839 postazioni clandestine di raccolta scommesse e ha recuperato a tassazione ai fini d'imposta unica sulle scommesse e sui concorsi pronostici oltre 2 miliardi di euro ed ha accertato un'imposta evasa di circa 100 milioni di euro.

Concludiamo, dicendo che siamo comunque a disposizione e ringraziamo l'onorevole interrogante per le informazioni messe all'interno dell'interpellanza; se ce ne dovessero essere altre siamo a disposizione per eventuali chiarimenti.

PRESIDENTE. Il deputato Francesco Silvestri ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Ringrazio, ovviamente, il collega Villarosa che so perfettamente avere una sensibilità enorme sul tema, quindi, lo ringrazio e sono soddisfatto della sua risposta.

Torno brevemente sull'argomento proprio per sottolineare l'importanza strategica del controllo di quello che viene detto il gioco legale, e per ricordare l'ultima relazione della Commissione antimafia proprio sul gioco d'azzardo, Commissione a presidenza Rosi Bindi, quindi nulla a che vedere con il MoVimento 5 Stelle, come in questa legislatura, anzi, rinnovo il buon lavoro al senatore Morra, in questo caso. Volevo leggere solamente un qualcosa che probabilmente va riportato in quest'Aula: “L'attenzione della Commissione - quindi della Commissione antimafia – si è focalizzata anche sul gioco legale, cioè nei confronti di un settore che, non va dimenticato, appartiene allo Stato e che, sebbene gestito da privati attraverso il sistema delle concessioni, è pur sempre esercitato in nome dello Stato. All'esito di numerose indagini è stato accertato che la criminalità mafiosa ha operato enormi investimenti in questo comparto, acquisendo e intestando a prestanomi sale deputate al gioco oppure mediante l'inserimento di uno o più sodali all'interno dell'organigramma delle compagini societarie”.

Oltre a questo, poi, mi fa piacere ricordare che questa Commissione ha presentato questa relazione il 6 luglio, relazione dove faceva tutto un profilo di quella che era la relazione tra criminalità e gioco legale; mai fu più profetica, perché praticamente a novembre del 2016 venne fuori l'operazione Rouge et noir nei confronti degli esponenti di una concessionaria di slot machine e che si chiamava proprio Atlantis Bplus gioco legale; praticamente, le parole “gioco legale” stavano nella denominazione sociale della società attenzionata dalla Commissione antimafia. Questo per dire cosa? Per dire che è importantissimo, anche rispetto ai numeri che ho citato prima, rispetto ai 3 milioni e mezzo di persone che, io dico, purtroppo, hanno un conto online, oggi, e tra alcune altre ricerche che sono state fatte mi ha particolarmente colpito quella che è stata fatta dalla Caritas di Roma su adolescenti e azzardo che ci descrive come, in realtà, ci sia un esercito pronto a subentrare, dopo il compimento dei diciott'anni, su questo tema e che sta sviluppando una sensibilità proprio all'online. Brevemente, chiudo, riportando la risposta che tutti gli intervistati, quindi, minorenni, hanno dato alla domanda: conosci il gioco d'azzardo tramite: la pubblicità in tv. Quindi, sono molto contento anche che questo Governo abbia subito capito qual era il principale modo per contenere quello che oggi è un cancro. Ma inerente al discorso dell'online qual è lo strumento che viene utilizzato di più per giocare d'azzardo (e parliamo, quindi, di minorenni)? C'è lo smartphone, 69 per cento, e il pc, 27 per cento. Quindi, l'online è la nuova frontiera, è la nuova frontiera, purtroppo, di chi azzarda e, quindi, automaticamente sarà la nuova frontiera della criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Intanto preciso, rispetto al testo letto precedentemente e anche a beneficio degli uffici, che per marketing si intende “commercializzazione” e per web si intende “rete”, sempre perché siamo nel Parlamento italiano e questa Presidenza auspica che gli atti ufficiali siano espressi in lingua italiana.

(Chiarimenti in merito agli oneri dovuti a titolo di addizionale comunale sui diritti d'imbarco sugli aeromobili dei passeggeri e al versamento delle somme ai comuni interessati, anche in considerazione della recente contestazione dell'Associazione nazionale comuni aeroportuali italiani - n. 2-00235)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente De Lorenzis ed altri n. 2-00235 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Paolo Nicolò Romano se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLO NICOLO' ROMANO (M5S). Grazie, Presidente. Nell'interpellanza che vado a illustrare, di cui sono cofirmatario, si avanzano alcune perplessità riscontrate nella gestione delle tasse aeroportuali, i cui introiti devono essere utilizzati, in parte, per finanziare i comuni su cui insiste il sedime aeroportuale e i comuni confinanti. Con l'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che è la legge finanziaria del 2004, entra in vigore, infatti, un'addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri degli aeromobili, un'addizionale che all'epoca era pari a un euro del quale il 40 per cento era da destinare ai suddetti comuni che poi negli anni, però, è via via aumentato ulteriormente come un extra-costo sui biglietti aerei.

Senza stare a elencare ogni singolo momento dal 2004 a oggi, ricordo solo che attualmente quest'addizionale è arrivata a 6,50 euro per ogni singolo passeggero e questi introiti vengono poi ripartiti tra INPS, ENAV, il servizio antincendio negli aeroporti e i comuni aeroportuali. Nello specifico, 5 euro vanno all'INPS, 50 centesimi al servizio antincendio e l'euro rimanente è da ripartire tra ENAV e i comuni aeroportuali, secondo la seguente spartizione: ad ENAV spetta un importo pari a 30 milioni destinato al comparto sicurezza mentre l'eccedenza dei 30 milioni viene suddivisa e il 60 per cento spetta sempre a ENAV mentre il restante 40 per cento va ai comuni aeroportuali.

Faccio un esempio esplicativo per rendere l'idea dell'ammontare economico di tali addizionali prendendo l'anno 2016. In quell'anno si parla di cifre che girano intorno agli 82 milioni di euro e, per l'esattezza, sono 82.293.663 euro. Quindi, tolti i 30 milioni destinati a ENAV e calcolando il 40 per cento della rimanenza, ai comuni spetterebbero poco meno di 21 milioni di euro. Hanno ricevuto, invece, 5,8 milioni di euro, con una perdita di gettito di circa 15 milioni di euro. Questa situazione ha fatto sì che l'Associazione nazionale comuni aeroportuali italiani, la quale raggruppa 82 comuni sull'intero territorio nazionale, intraprendesse un'azione legale contro il Ministero dell'interno e contro il Ministero dell'economia e delle finanze sostenendo che nel periodo di dieci anni, ovvero tra il 2005 e il 2015, il versamento dovuto fosse stato indebitamente omesso e si tratterebbe di 150 milioni a fronte dei 60 milioni effettivamente erogati. L'azione legale è stata rigettata ma solo ed esclusivamente per motivi giurisdizionali.

Sono, quindi, qui a chiedere al sottosegretario interrogato a quanto ammontano, nel complesso e nello specifico per ciascun comune, gli oneri dovuti a titolo di addizionale comunale, se ci saranno iniziative e quali saranno le relative tempistiche per il versamento delle somme spettanti ai comuni interessati. Chiedo, inoltre, se sono allo studio iniziative atte a velocizzare questo iter di pagamento in modo che in futuro si possano scongiurare eventuali ritardi e, infine, quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla recente diffida di ANCAI.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze, Alessio Mattia Villarosa, ha facoltà di rispondere.

ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. In relazione all'interpellanza in riferimento, si rappresenta preliminarmente che le modifiche normative intervenute nel corso degli anni sulla disciplina dei diritti di imbarco, introdotta con l'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, pur variando le modalità di assegnazione delle risorse e variando il processo delle relative contabilizzazioni, non hanno rettificato la natura dell'entrata quale tributo comunale.

In riscontro alle osservazioni degli onorevoli interroganti nonché alle riportate questioni ripetutamente sollevate sia dall'ANCI sia dall'ANCAI, come sottolineato dal Ministero dell'interno interpellato per competenza, si deve ricordare che gli enti beneficiari sono stati complessivamente 72 comuni, comprendendo anche quelli confinanti con i 44 scali aeroportuali presi in considerazione. Le problematiche applicative e procedurali sorte a seguito delle predette disposizioni normative intervenute nel tempo ed evidenziate dalle predette associazioni sono state più volte sottoposte all'attenzione della Conferenza Stato-città e autonomie locali al fine di procedere a una possibile revisione e a un opportuno snellimento del procedimento di assegnazione dei relativi proventi, così come ora richiesto dagli onorevoli interroganti.

Per quanto riguarda l'adozione e la pubblicazione dei decreti ministeriali di ripartizione del gettito, il Ministero dell'interno precisa che per l'anno 2015 l'elenco degli enti locali beneficiari dell'addizionale in questione e delle singole quote attribuite sono stati pubblicati sul sito istituzionale all'indirizzo http://finanzalocale.interno.gov.it/docum/comunicati/comO70116 unitamente a un comunicato esplicativo. L'importo complessivo attribuito ai comuni beneficiari per l'anno 2015 è stato pari a 2 milioni 203 mila euro. Analogo comunicato è stato pubblicato, sempre sul sito istituzionale dell'interno, per l'anno 2016, con cui si è riferito in merito all'avvenuto impiego e/o alla corresponsione ai comuni aeroportuali della quota parte delle somme acquisite al bilancio dello Stato a titolo di addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili, per un maggior importo complessivo, pari a 5.880.173 euro. Per gli anni 2017 e 2018 gli importi attribuiti sono stati invece pari complessivamente a euro 6.489.908,26. Da ultimo, per l'anno 2019 sono state iscritte sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'interno risorse per 6.536.591 euro e 6.594.836 euro a decorrere dall'anno 2020.

Conclusivamente, appare evidente che le tempistiche relative alla determinazione dei contributi e alla loro effettiva liquidazione e corresponsione sono state gradualmente ridotte, tanto che nel corso degli ultimi due anni le quote stesse sono state rese pubbliche già alla fine del rispettivo primo trimestre. Il Ministero dell'Interno evidenzia, in proposito, che anche per l'anno 2019 le relative determinazioni dovrebbero seguire un'analoga scansione temporale, mentre per le annualità precedenti, diversamente da quanto rappresentato nell'interpellanza, non risulta più alcun ente con pagamenti in sospeso a causa della mancata trasmissione dei certificati annuali sui dati del bilancio di previsione e del rendiconto della gestione sulla base di quanto disposto dall'articolo 163, comma 3, del TUEL, avendo provveduto alla relativa regolarizzazione delle comunicazioni. Le eventuali variazioni delle quote attribuite a ciascun ente beneficiario sono logicamente correlate al maggiore o minore traffico aereo sulla base dei dati comunicati ufficialmente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

PRESIDENTE. Il deputato Paolo Nicolò Romano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta.

PAOLO NICOLO' ROMANO (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario Villarosa per il tempo e l'attenzione dedicata a questo spinoso argomento. Mi ritengo assolutamente soddisfatto della risposta ottenuta e sono fiducioso che l'iter intrapreso proseguirà il suo naturale percorso senza ostacoli, migliorato nelle lacune segnalate e, soprattutto, velocizzato nella sua attuazione, così come sia l'ANCAI sia l'ANCI richiedevano già da tempo. Un processo più veloce e immediato farà sì che i comuni disporranno in minor tempo delle risorse derivanti dall'addizionale. Questo ci rassicura e mette termine finalmente ai contenziosi con gli enti locali.

(Iniziative di competenza in ordine ai requisiti per l'affidamento della gestione della Certosa di Trisulti in capo all'associazione «Dignitatis Humanae Institute» (DHI) - n. 2-00231)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fratoianni e Fornaro n. 2-00231 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Nicola Fratoianni se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

NICOLA FRATOIANNI (LEU). Presidente, intendo illustrarla e, anzi, colgo l'occasione per chiederle di ricordarmi quali sono i tempi per l'illustrazione.

PRESIDENTE. Sono quindici minuti.

NICOLA FRATOIANNI (LEU). Grazie mille, Presidente. Signor Presidente e signor sottosegretario, la questione che discutiamo oggi e su cui abbiamo presentato questa interpellanza è una questione che a noi e a me pare di grande gravità e, francamente, un po' incredibile. Una questione su cui il Governo di un Paese come il nostro dovrebbe, a mio avviso, intervenire senza neanche il bisogno che parlamentari della Repubblica lo sollecitino in tal senso, anche soltanto provando a mettere in fila le tante incongruenze che, sul piano generale, sul piano culturale, sul piano politico e sul piano formale, si registrano nella vicenda che andrò a breve ad esporre. Ma, andando per ordine, il 26 ottobre del 2016 il Ministero per i beni e le attività culturali ha emesso un avviso pubblico per l'individuazione di enti non lucrativi a cui affidare la concessione in uso di tredici immobili appartenenti al demanio culturale dello Stato e dislocati sul territorio nazionale. Tra questi vi è la Certosa di Trisulti, sita nel comune di Collepardo.

Parliamo di una Certosa di straordinario valore artistico e culturale, costruita agli inizi del 1200, nel 1204, monumento nazionale di questo Paese. L'avviso pubblico era rivolto esclusivamente alle associazioni e alle fondazioni di cui al libro I del codice civile, dotate di personalità giuridica e senza fini di lucro, in possesso, tra gli altri, del seguente requisito: previsione tra le finalità principali definite per legge o per statuto dello svolgimento di attività di tutela, di promozione, di valorizzazione o di conoscenza del patrimonio culturale. Il Ministero per i beni e le attività culturali a febbraio del 2018 ha firmato l'atto di affidamento della gestione della Certosa di Trisulti all'associazione Dignitatis Humanae Institute, da ora in avanti denominata DHI, ad un canone annuo pari a 100 mila euro per 19 anni.

Il DHI è una fondazione cattolica conservatrice, emanazione dei teocon americani, guidata, tra gli altri, dall'ultraconservatore cardinale Raymond Burke, critico di Papa Francesco, e dal britannico Benjamin Harnwell. Il DHI intende utilizzare la Certosa di Trisulti quale sede di rappresentanza del movimento politico internazionale guidato da Steve Bannon, The Movement, di stampo cattolico fondamentalista, di estrema destra, nazionalista e populista. La Certosa rischia, dunque, di diventare una scuola di formazione politica internazionale per “difendere le radici cristiano-giudaiche dell'Occidente”. Il Washington Post riporta che il collaboratore di Steve Bannon e responsabile del DHI, Benjamin Harnwell, “sta lavorando per trasformare la Certosa in un'accademia per studenti guerrieri che vogliono imparare le regole del populismo”, per diventare una nuova generazione di sovranisti.

Sul sito del DHI non è pubblicato alcuno statuto, né è definita la sua forma giuridica; il Ministero per i beni e le attività culturali la definisce Associazione DHI. Il codice fiscale e la partita Iva del DHI risultano attribuiti il 23 marzo 2018, cioè successivamente all'espletamento della gara. L'avviso indica come requisito la «documentata esperienza almeno quinquennale nel settore della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale». A tal riguardo, il signor Harnwell ha affermato: «Dal 2008 ci occupiamo di promuovere la fede cattolica (...) per occuparsi di gestire un monastero penso sia un'esperienza importante». Agli interpellanti, a noi, cioè, non sembra sufficiente tale generica affermazione per soddisfare il requisito previsto e sarebbe interessante conoscere quanto dichiarato in sede di offerta al Ministero. Altro requisito è la «documentata esperienza nella gestione, nell'ultimo quinquennio antecedente alla pubblicazione del presente avviso, di almeno un immobile culturale, pubblico o privato», che il signor Harnwell ha interpretato come «di durata qualsiasi all'interno del quinquennio», per assurdo, con questa interpretazione, anche per un solo mese, un giorno o addirittura per un'ora.

È indubbio, secondo noi, che il Ministero ha la responsabilità, tra le altre, di aver scritto un bando con una formulazione quantomeno ambigua. Il signor Harnwell ha affermato di aver soddisfatto tale requisito con la gestione del «Piccolo museo monastico di S. Nicola», ospitato all'interno di ciò che resta dell'antico Monastero di S. Nicola, nella frazione Civita di Collepardo e sarebbe stato dato in gestione nell'autunno del 2015 al DHI dall'allora Abate di Casamari, don Silvestro Buttarazzi, a cui è succeduto don Eugenio Romagnuolo, uno dei cinque componenti (come Harnwell) del consiglio di amministrazione del DHI, come indicato nel sito Internet dello stesso DHI.

Agli interpellanti risulta che nella frazione Civita e nell'intero comune di Collepardo nessuno abbia mai avuto notizia della presenza né dell'apertura di alcun museo ospitato nel Monastero di S. Nicola. Non è chiaro, quindi, quale sarebbe la documentata esperienza nella gestione richiesta nell'avviso pubblico.

L'avviso ministeriale chiede di indicare «le modalità di fruizione pubblica del bene, anche in rapporto con la situazione conseguente alle precedenti destinazioni d'uso». È indubbio che la Certosa di Trisulti in precedenza non è mai stata sede di scuole di formazione politica e non è mai stata oggetto di visite esclusivamente a pagamento (se non quelle guidate, ma facoltative), scopi che invece DHI vuole esplicitamente perseguire. Non è chiaro perché, mentre il decreto ministeriale del 6 ottobre 2015, concessione in uso a privati di beni immobili del demanio culturale dello Stato, prevedeva anche l'attestazione della soprintendenza territorialmente competente di adeguata manutenzione e apertura alla pubblica fruizione, nell'avviso pubblico sarebbe richiesta solo un'autocertificazione. La Certosa di Trisulti è un monumento nazionale, la cui conservazione è affidata direttamente al Governo. Il Ministero dovrebbe chiarire se è consentito concedere un monumento nazionale ad un ente privato e se possa essere consentito soprattutto che in un monumento nazionale si svolgano attività private di formazione politica. L'americano Steve Bannon è l'unico finanziatore dichiarato, mentre gli altri, che pure esistono per stessa ammissione di Harnwell, sono ancora sconosciuti.

A tutt'oggi sulle pagine web dedicate alla Certosa di Trisulti, sia quella del Ministero per i beni e le attività culturali che quella del polo museale del Lazio, non risulta che la struttura sia stata affidata al DHI. Per questo chiediamo, signor sottosegretario, se il Governo non intenda, per quanto di competenza, disporre gli opportuni approfondimenti in merito ai fatti esposti in premessa, in modo da accertare se effettivamente il Dignitatis Humanae Institute disponga di tutti i requisiti previsti dal bando del Ministero per i beni e le attività culturali per la gestione della Certosa di Trisulti e, ove ravvisasse eventuali possibili profili di illegittimità in tutto l'iter che ha portato all'assegnazione del bene, non intenda assumere le iniziative di competenza per la revoca dell'affidamento, segnalando i fatti, ove ne sussistano i presupposti, all'autorità giudiziaria.

E, inoltre, se il Governo non intenda rendere pubblico cosa DHI ha dichiarato in sede di domanda di partecipazione, quali consistenti interventi il DHI si sia impegnato ad eseguire e in quali tempi, il contenuto dell'offerta presentata al Ministero e il contenuto del contratto di servizio. E se il Governo non intenda chiarire perché il requisito contenuto nel decreto ministeriale 6 ottobre 2015, concessione in uso a privati di beni immobili del demanio culturale dello Stato, che, come ho ricordato, prevedeva la necessità di un'attestazione da parte della soprintendenza territorialmente competente, sia stato sostituito nell'avviso pubblico con la semplice autocertificazione.

A noi, a me, signor sottosegretario, e concludo così la mia esposizione, pare che questa vicenda sia oscura, ambigua e opaca; e pare, soprattutto, che concedere un bene pubblico, un bene comune, uno straordinario bene culturale del nostro Paese, che da sempre è stato espressione di una vocazione spinta e orientata all'accoglienza, all'accoglienza e all'incontro tra culture, all'accoglienza dei viandanti, che un bene di questo tipo possa essere oggi concesso ad un uso privato che esplicitamente rimanda a dottrine politiche e a idee che hanno segno di tutt'altra natura, sia una scelta, non solo sbagliata, ma, per l'iter che ha portato a quella scelta, anche discutibile dal punto di vista della sua legittimità.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali, Gianluca Vacca, ha facoltà di rispondere.

GIANLUCA VACCA, Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali. Grazie, Presidente. L'onorevole Fratoianni, unitamente all'onorevole Fornaro, chiede al Ministero per i beni e le attività culturali notizie in merito alla concessione in uso dell'Abbazia di Trisulti, di proprietà demaniale, all'associazione Dignitatis Humanae Institute. Premetto che tutto l'iter della procedura di assegnazione è stato gestito nel 2017, quindi dal precedente Governo, e che, visto che l'onorevole interpellante parlava di opacità, l'attuale direzione generale dei musei del Ministero ha deciso di pubblicare tutti quanti i dati e tutti gli atti della procedura sul sito, proprio nella pagina musei dedicata all'assegnazione di questi beni, e quindi è tutto rintracciabile nella massima trasparenza sul sito appunto del Ministero.

Permettetemi di rispondere sulla base degli elementi che risultano dalla documentazione in atti. La concessione in uso della Certosa di Trisulti è stata rilasciata all'esito di una procedura di gara dalla cui documentazione si evince che la commissione giudicatrice nominata dal Segretario generale il 9 marzo 2017, quindi quasi due anni fa, ha verificato i requisiti delle due associazioni che hanno presentato un'offerta, ossia l'Accademia nazionale delle arti e la Dignitatis Humanae Institute (DHI).

In particolare, la commissione giudicatrice, ai fini della verifica dei requisiti, ha chiesto chiarimenti a entrambe le associazioni, con richieste formali datate 18 maggio 2017. Soltanto l'associazione DHI ha fornito riscontro, con una nota in posta certificata il successivo 24 maggio 2017.

A seguito dell'esclusione dell'associazione Accademia nazionale delle arti per assenza di riscontro in merito alla richiesta di documentazione dei requisiti, la commissione ha proceduto alla verifica della sola offerta presentata dalla DHI. In particolare, con riferimento al requisito dell'esperienza quinquennale pregressa richiesta dal bando, la commissione ha valutato l'esperienza documentata in sede di gara dall'associazione nell'intervallo temporale 2011-2016, partecipazione anche in partenariato con altri enti in svariate iniziative di promozione della cultura, nonché nell'organizzazione di eventi e visite guidate nel territorio della Ciociaria.

Per quanto riguarda il requisito della gestione di un bene nell'ultimo quinquennio, l'associazione, sempre in sede di gara, ha depositato il contratto di concessione decennale sottoscritto in data 30 ottobre 2015 per la gestione dell'immobile denominato Piccolo museo monastico di Civita. La Commissione, in seguito, ha individuato l'associazione DHI quale aggiudicataria della concessione, avendo valutato il progetto presentato dalla stessa come corrispondente a quanto previsto dal bando del 28 ottobre 2016 in ciascuno dei contenuti esaminati, in particolare l'aumento del canone di concessione rispetto a quello posto a base d'asta, il progetto di valorizzazione ed il programma di fruizione.

Successivamente, con decreto del 16 giugno 2017, il Segretario generale – quindi, parliamo sempre del 2017 - acquisiti tutti gli atti della procedura, ha approvato la graduatoria. Ad una successiva richiesta del 26 giugno 2017 di ulteriore comprova dei requisiti, la DHI forniva riscontro con PEC del 6 luglio 2017. La concessione veniva, quindi, firmata dalla competente direzione generale musei, in quanto ufficio che aveva svolto la procedura di assegnazione e dal polo museale del Lazio, in quanto istituto cui il bene demaniale risultava in consegna in base al decreto ministeriale 23 dicembre 2014, allegato 3.

Lo stesso polo, peraltro, quale soggetto concedente, è tenuto alla vigilanza sulla corretta esecuzione del contratto di concessione e sulla tutela del bene, e mi sono personalmente sincerato sull'effettiva attività del polo in tal senso, sia quella nel presente e soprattutto per il futuro. Deve precisarsi che ogni attività di fruizione e valorizzazione non già espressamente menzionata nell'ambito della concessione, ben potrà essere attuata, ove in linea con la disciplina di massima resa dalla concessione medesima.

Le dichiarazioni del rappresentante legale dell'associazione, asseritamente riportate dalla stampa, comunque, non formano parte dell'offerta presentata e del progetto di valorizzazione allegato e non trovano disciplina alcuna nell'ambito della concessione stipulata.

PRESIDENTE. Il deputato Nicola Fratoianni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

NICOLA FRATOIANNI (LEU). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, come lei sa, non ho nei suoi confronti nessun pregiudizio, anzi la conosco, ho stima del suo lavoro, tuttavia devo dirle con franchezza che non sono soddisfatto di una risposta che è largamente burocratica. Buona parte delle cose che lei ha qui riferito sono cose che erano contenute nella mia interpellanza, che conoscevo già, che sono note al pubblico.

Osservo con piacere che, anche evidentemente grazie alla mobilitazione che comitati e associazioni hanno costruito, in queste settimane e in questi mesi, a partire dalla marcia del 29 dicembre da Collepardo alla Certosa di Trisulti, e forse anche in piccola parte grazie a questa interpellanza, il Ministero si è finalmente deciso a fare una cosa che ogni Ministero dovrebbe fare, cioè rendere trasparente l'iter di affidamento di un bene comune a soggetti terzi. Tuttavia, colgo nelle sue parole alcune cose che segnalano, forse, un imbarazzo, certamente non una risposta soddisfacente.

I continui riferimenti al 2017 non sono utili, mi è ben chiaro che il Ministero che ha costruito questo procedimento e che ha selezionato le domande e perfezionato l'affidamento non era il vostro Ministero, era il Ministero diretto allora dal Ministro Franceschini, ma questo non mi mette in alcun modo in imbarazzo, peraltro lei lo sa bene, in quella legislatura io e lei eravamo entrambi sui banchi dell'opposizione, seppur su banchi diversi; dunque, come sa, perché anche lei mi conosce, non ho mai avuto imbarazzi a svolgere il mio ruolo di opposizione con Governi anche di diverso segno. Il punto è il giudizio su quello che è effettivamente accaduto.

Ci sono alcune questioni alle quali, ripeto, la sua risposta non dà sufficienti elementi di valutazione. Una tra tutte, il famoso piccolo museo della frazione di Civita: è un museo che continua oggi a risultare sostanzialmente inesistente. La congruità tra la costruzione di un bando e l'offerta che si mette in campo ha a che fare, lei lo sa bene, non solo con criteri di carattere formale, ma anche con criteri di carattere sostanziale, tanto più quando si ha a che fare con la gestione, ripeto, di un bene comune, dell'importanza del bene di cui parliamo, ma anche fosse meno importante di quello di cui parliamo, di un bene comune, che dunque dovrebbe restare nella disponibilità di una gestione di tutt'altro segno.

C'è poi un'ultima questione, e su questo avremo modo di riprendere il tema e di approfondirlo: c'è una cosa, tra quelle che lei mi ha detto, che invece considero positiva e che considero una notizia, perché, se non ho capito male, ma il processo verbale lo potrà confermare, lei ha qui esplicitamente dichiarato che le dichiarazioni del direttore del DHI - che non sono però dichiarazioni en passant, sono dichiarazioni rese direttamente alla stampa, fanno parte delle proprie dichiarazioni programmatiche sull'utilizzo di quel bene assegnato dal nostro Paese e, dunque, ancora oggi sotto la responsabilità del nostro Paese e del Governo di cui oggi lei, a differenza che nel 2017, fa parte -, che quelle dichiarazioni d'intento non sono in linea con l'offerta presentata e con il disciplinare previsto.

Dunque anche se nella ritualità di queste interpellanze lei non può riprendere nuovamente la parola, voglio che resti agli atti - e lo chiederò nuovamente in modo formale, di fronte al fatto che quelle dichiarazioni sono state rese in più di un'occasione, ribadite e confermate, di fronte al fatto che programmaticamente DHI ha dichiarato di voler in particolare realizzare nella Certosa di Trisulti una scuola di formazione politica, legata a “the Mouvement” e alla Fondazione di Steve Bannon, con quell'orientamento e soprattutto con quell'impianto generale, a prescindere perfino dalle valutazioni politiche che ciascuno o ciascuna di noi può fare sulle idee di quel soggetto in particolare - che quella finalità non è in linea con le premesse che avevano portato a quella concessione.

Dunque, a me pare che anche dalle sue parole si confermi che oggi ci sono tutte le condizioni perché questo Ministero - il suo Ministero, quello che lei rappresenta, sottosegretario Vacca, non il Ministero di Dario Franceschini, che oggi non esiste più, almeno dal punto di vista della direzione politica che aveva determinato queste scelte -, perché questo Ministero metta in discussione l'assegnazione della Certosa di Trisulti o quanto meno espliciti e vincoli l'attuale gestione a non realizzare nella Certosa di Trisulti la scuola di nazionalismo e di estrema destra e di integralismo cattolico, che invece è stata dichiarata come l'obiettivo principale.

Noi per parte nostra, io per parte mia insieme ai comitati e alle associazioni che hanno primariamente a cuore la necessità che quel bene resti a disposizione di quella comunità e che non ne vengano stravolte finalità e anche, in qualche modo, storia e cultura, sarò qui in Parlamento e non solo a seguire questa vicenda, a ricordarvi anche queste parole e questa risposta, perché fino in fondo questo Paese eviti alla Certosa di Trisulti, a quel territorio e in fondo a tutto il nostro Paese la vergogna a cui, invece, rischia di essere sottoposto.

(Chiarimenti e iniziative in merito al bando di concorso per complessive 17 posizioni dirigenziali di 2a fascia (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 77 del 28 settembre 2018), con particolare riguardo all'asserito contrasto con la «riserva» stabilita per le esigenze della protezione civile dall'articolo 19, comma 1, del decreto-legge n. 8 del 2017 - n. 2-00232)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Braga ed altri n. 2-00232 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Chiara Braga se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

CHIARA BRAGA (PD). Presidente, intendo illustrare l'interpellanza. Il Servizio nazionale di protezione civile, istituito con legge n. 225 del 1992, rappresenta un fondamentale presidio a tutela dei cittadini e dei territori nei confronti dei rischi naturali conseguenti all'attività dell'uomo, che in una misura che non ha pari tra i Paesi europei affliggono l'Italia. La visione lungimirante del fondatore della moderna Protezione civile italiana, il presidente Giuseppe Zamberletti, disegnò con quella legge un sistema articolato e policentrico, che vede operare insieme lo Stato centrale, con le sue articolazioni amministrative territoriali operative, le regioni, i comuni e gli altri enti locali, e la straordinaria risorsa costituita dal volontariato organizzato di protezione civile, la comunità scientifica, le aziende fornitrici di servizi pubblici essenziali, tutti sotto il coordinamento a livello politico del Presidente del Consiglio dei ministri, e sul piano tecnico ed operativo ed organizzativo del Dipartimento costituito in seno alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Quella visione, ancora oggi attuale e dimostratasi efficace e anche vincente in occasione della purtroppo lunga sequela di emergenze che si sono verificate dal 1992, ha ispirato il Parlamento italiano nella definizione, nel corso della precedente legislatura, di una legge delega d'iniziativa parlamentare, di cui sono stata promotrice insieme a diversi colleghi di quest'Aula, approvata il 7 marzo 2017, grazie ad un consenso largo e trasversale agli schieramenti politici, oltre che alla piena intesa della rappresentanza delle regioni e degli enti locali. La legge n. 30 del 2017 ha delegato il Governo a svolgere un'azione di riordino e razionalizzazione del quadro normativo in materia di protezione civile, che nel corso del tempo si era arricchito di nuove linee d'azione, ma si è anche appesantito con disposizioni frutto di momenti storici diversi, non sempre coerenti tra loro, che avevano reso in particolare nel periodo intercorrente tra il 2010 e il 2012 l'operatività del sistema più complessa e meno efficace. Il mandato parlamentare si era focalizzato su tre aspetti: conferma della struttura policentrica e sistemica del Servizio nazionale, recupero della piena agibilità operativa del Servizio nazionale in caso di previsione e di emergenze, valorizzazione della partecipazione attiva dei cittadini, a partire dalle forme del volontariato organizzato e dei livelli di governo territoriali in tutte le fasi di attività.

Da quella legge delega è scaturito il codice della protezione civile (decreto legislativo n. 1 del 2018), frutto di un lavoro importante di approfondimento tecnico-giuridico, di concertazione istituzionale, favorito da un pieno coinvolgimento, in tutte le fasi di elaborazione del provvedimento, delle rappresentanze istituzionali ed operative, sotto l'attenta e competente guida dei referenti del Dipartimento della protezione civile alla Presidenza del Consiglio, coordinato dal capo del Dipartimento Angelo Borrelli e dal suo predecessore Fabrizio Curcio. Il primo anno di applicazione del nuovo codice ha dimostrato la validità di questo percorso, anche alla luce degli eventi calamitosi che si sono verificati nel corso del 2018, compresa la piena applicazione di alcune innovazioni introdotte, come lo stato di mobilitazione preventiva, la nuova articolazione temporale e operativa dei provvedimenti volti alla gestione dell'emergenza; e siamo ancora tuttavia in attesa dei provvedimenti attuativi, in particolare sul rilancio dell'attività del Servizio nazionale nel campo della prevenzione strutturale e non strutturale dei rischi.

La revisione normativa si è inquadrata in un quadro più ampio, che è caratterizzato anche dalla riorganizzazione interna del Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, maturata tra il 2016 e il 2017, volta a rafforzare il Dipartimento e valorizzare la funzione di coordinamento dell'intero sistema come supporto specialistico-organizzativo, tecnico-operativo e giuridico-amministrativo dell'azione politica posta in capo al Presidente del Consiglio dei ministri: che, ricordiamo, è autorità nazionale di Protezione civile.

Il Dipartimento della protezione civile, unica articolazione organizzativa della Presidenza del Consiglio insignita di tre medaglie d'oro al merito civile, e da ultimo per la prima volta anche nel 2009 di una medaglia d'oro al valore civile, ricordiamo, per gli interventi effettuati in occasione del sisma che ha colpito il Centro Italia nel 2016, costituisce una struttura di eccellenza caratterizzata da grandi ed elevate professionalità e competenze tecnico-scientifiche, operative e giuridico-organizzative, in grado non solo di assicurare il presidio delle diverse aree di operatività previste dalla legge, ma anche la funzione fondamentale di coordinamento.

Un passaggio fondamentale di quel progetto di consolidamento e rilancio del Servizio nazionale di protezione civile è stato costituito dalla previsione dell'articolo 19 del decreto-legge n. 8 del 2017, adottato a seguito degli eventi sismici del Centro Italia, in base a cui, in considerazione della necessità ed urgenza di assicurare la piena operatività della funzione di coordinamento alle attività emergenziali del Servizio nazionale di protezione civile, per le esigenze del Dipartimento di protezione civile, la Presidenza del Consiglio dei ministri è autorizzata a bandire, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, un concorso pubblico per titoli ed esami per il reclutamento di 13 dirigenti di seconda fascia del ruolo speciale della Protezione civile.

La volontà espressa dal legislatore in maniera inequivoca era volta a garantire la piena operatività della funzione di coordinamento delle attività emergenziali e scaturiva dalla difficile situazione organizzativa in cui si trovava all'epoca il Dipartimento, dove risultava non coperta più della metà delle figure dirigenziali di prima e di seconda fascia previste dall'organigramma. Segnalo che nell'eventualità di una seconda e distinta situazione emergenziale, questa situazione di grave carenza dell'organico dirigenziale avrebbe impedito alla struttura di dispiegare sul territorio le azioni di direzione, comando e controllo, pregiudicando l'efficacia e l'azione stessa di coordinamento in caso di emergenza.

L'autorizzazione al concorso, quindi, mirava non solo ad un generico potenziamento della dotazione dirigenziale della Presidenza del Consiglio dei ministri, che oggi è definita secondo i dati aggiornati sul sito della Presidenza, ma ad assicurare la piena operatività della funzione di Protezione civile, dove gli organici teorici di 10 dirigenti di prima fascia e 34 di seconda risultavano coperti, come risulta dai dati forniti sempre dal sito della Presidenza del Consiglio al 23 novembre 2016, relativamente per 7 posizioni sul 10 per la prima fascia e per 15 su 34 relativamente alla seconda fascia.

Va sottolineata la scelta giusta del legislatore di non ricorrere a procedure ristrette, ma di prevedere un concorso pubblico, rivolto e aperto all'intero Servizio nazionale di protezione civile in tutte le sue forme e articolazioni, mantenendo comunque l'attenzione centrata sulle esigenze di specifica professionalità, in grado di assicurare immediatamente la richiesta di piena operatività stabilita dalla norma di legge citata.

Nello stesso periodo di tempo ricordo che si autorizzava per l'attuazione del progetto Casa Italia, con una distinta disposizione legislativa, un'ulteriore procedura concorsuale volta all'assunzione di 4 dirigenti di seconda fascia. Sappiamo che i successivi interventi posti in essere da questo Governo hanno soppresso la previsione normativa del Dipartimento Casa Italia, ma hanno salvaguardato il progetto e la struttura esistente, confermando quindi la procedura concorsuale.

La Presidenza del Consiglio si è avvalsa, per lo svolgimento delle due procedure concorsuali, dell'apposita commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni Ripam, e sulla Gazzetta Ufficiale del 28 settembre 2018 è stato pubblicato il bando di concorso per 17 posizioni dirigenziali di seconda fascia, di cui 8 unità di personale con profilo tecnico-operativo, dirigente specialista di funzioni operative di protezione civile presso il Dipartimento della protezione civile, di cui 3 posti riservati al personale della Presidenza del Consiglio dei ministri in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 2 del bando, e 5 unità di personale con profilo tecnico-amministrativo, dirigente specialista in funzioni tecnico-amministrative di protezione civile presso il Dipartimento della protezione civile, di cui 2 posti riservati al personale dipendente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 2 del bando.

L'articolo 1 del bando, quindi, ancora una volta sottolineava l'aspetto della specificità professionale, ma prevedeva anche una disposizione che poteva di fatto vanificare quest'ultima volontà espressa del legislatore, laddove prevedeva che la riserva di legge e titoli di preferenza sono valutati esclusivamente all'atto della formulazione della graduatoria finale, in merito al successivo articolo 8. Malauguratamente, inoltre, l'articolo 2 si limitava a stabilire un numero minimo di anni di servizio all'interno di pubbliche amministrazioni, graduati in ragione della posizione ricoperta, e in nessun caso viene richiesta dall'articolo 2 del bando una pregressa esperienza lavorativa nel settore della protezione civile, non solo nel Dipartimento centrale ma in nessuna delle componenti e strutture operative statali, regionali o comunali.

Quanto previsto dal bando costituisce con ogni evidenza un grave travisamento della volontà del legislatore che inequivocabilmente si era espresso a favore della ricerca di professionalità già munite di esperienza nel settore specifico, in quanto - è bene ricordarlo - adibite immediatamente nella loro entrata in servizio all'espletamento di funzioni tecniche-amministrative ed organizzative del tutto peculiari, per l'assolvimento delle quali la semplice esperienza lavorativa all'interno della pubblica amministrazione è con tutta evidenza del tutto inidonea.

Si palesa quindi una manifesta illogicità del bando. Questa mancanza è particolarmente grave, in quanto è prassi consolidata nei concorsi pubblici valorizzare le competenze proprie dell'area operativa per le quali le procedure risultano indette. Anche l'articolo 6 del bando, descrivendo i contenuti della prova preselettiva, stabiliva un meccanismo per cui non c'era alcun riferimento esplicito alle materie di protezione civile. Nelle prove successive, orali e scritte, stabilite dagli articoli 7 e 8 del bando, le tematiche specifiche risultano del tutto residuali. A suggello di tale indicazione si pongono anche i valori assegnati alla valutazione dei titoli, dove assumono importanza prevalente i titoli universitari indipendentemente dall'ambito specialistico in cui sono stati maturati.

È quindi evidente come la specificità della legge, che richiamava l'importanza di dirigenti specialisti reclutati allo scopo di garantire la piena operatività della funzione di coordinamento, non sia in alcun modo ricercata né valorizzata nelle disposizioni del bando, con il rischio che, all'esito della selezione, risultino premiate professionalità amministrative e giuridiche generiche molto lontane dalle funzioni operative di Protezione civile.

Il bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale, peraltro, risultava carente di qualsiasi traccia della specifica conoscenza del Servizio nazionale di protezione civile, delle sue esigenze e caratteristiche con effetti particolari e particolarmente distorsivi nell'applicazione della norma, soprattutto in ragione dell'inquadramento in funzioni di rilevante responsabilità di personale che, in caso di mancanza di conoscenze ed esperienze concrete per l'effettivo presidio delle finalità, rischia di mettere a repentaglio l'incolumità della vita delle persone, dell'ambiente e degli insediamenti.

A ulteriore riprova di tale distorsione, l'elenco dei titoli di studio abilitanti, che con scelta incomprensiva ed illogica esclude alcuni titoli riferiti a posizioni dirigenziali di cruciale rilevanza in situazione di emergenza, come quelle in ambito medico o infermieristico. Risultano già presentati al TAR del Lazio ricorsi, comprensivi di richiesta di interventi sospensivi, che evidenziano le numerose richiamate illogicità contenute nel bando. Alla data di pubblicazione del calendario delle prove preselettive sul sito della commissione Ripam non compariva alcuna comunicazione in merito alla nomina delle commissioni esaminatrici, così che non era possibile sapere se in esse fossero presenti personalità dotate di necessarie competenze specialistiche in materia di protezione civile.

In sintesi la struttura del bando, pubblicato il 28 settembre 2018, ricalca modelli burocratici già troppo a lungo sperimentati che sempre meno si rivelano utili per la selezione di figure dotate di capacità specialistiche, in particolare in un settore così importante e delicato come quello dell'intervento in materia di protezione civile. Per queste ragioni chiedo al Governo di conoscere quali strutture della Presidenza del Consiglio e dei propri dipartimenti abbiano interagito con la commissione Ripam in merito alla predisposizione del bando di concorso oggetto della presente interpellanza; per quale ragione tra i titoli di studio siano state escluse le lauree in ambito sanitario (medicina, scienze infermieristiche e relative articolazioni), benché nell'organigramma del dipartimento di Protezione civile figuri un servizio preposto al coordinamento di tali funzioni; quali provvedimenti intenda assumere con la tempestività del caso per modificare le disposizioni concorsuali che rendono di fatto vana la riserva di legge imposta dal legislatore; se non ravvisi l'opportunità di promuovere tempestivamente il ritiro del bando in autotutela anche al fine di scongiurare l'esito negativo dei ricorsi già presentati, con conseguente grave danno all'operatività per il Servizio nazionale della protezione civile.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Mattia Fantinati, ha facoltà di rispondere.

MATTIA FANTINATI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevole Braga, l'interpellanza riguarda la procedura di reclutamento di figure dirigenziali di livello non generale da inquadrare nel ruolo speciale della Protezione civile, le cui prove preselettive sulla calendarizzate per il 29 gennaio prossimo venturo. In particolare, si chiede sapere: 1) quali strutture della Presidenza del Consiglio e dei suoi dipartimenti abbiamo interagito con la Commissione RIPAM per la predisposizione del bando di concorso; 2) perché tra i titoli di studio sono state escluse le lauree in ambito sanitario: medicina, scienze infermieristiche e relative articolazioni e specializzazioni; 3) quali iniziative intenda assumere, con la tempestività del caso, per modificare le disposizioni concorsuali che rendono di fatto vana la riserva stabilita dal legislatore con l'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2017 n. 8; se non ravvisi l'opportunità di promuovere tempestivamente il ritiro del bando in autotutela, anche per scongiurare gli effetti negativi derivanti dall'accoglimento dei ricorsi già presentati. con conseguente grave danno all'operatività del Servizio nazionale della protezione civile.

Il Governo, nel fornire risposta all'interpellanza urgente osserva quanto segue. Gli articoli 18-bis e 19 del decreto-legge 9 febbraio 2017 n. 8, convertito nella legge n. 45 del 2017, autorizzano la Presidenza del Consiglio dei ministri a reclutare diciassette unità dirigenziali di livello non generale, di cui tredici destinate al dipartimento della Protezione civile, con possibilità di avvalersi della Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione della pubblica amministrazione di cui al comma 3-quinques, dell'articolo 4 del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito dalla legge n. 125 del 2013, la cosiddetta commissione RIPAM, per lo svolgimento delle relative procedure concorsuali. Il decreto interministeriale 16 maggio 2018, all'articolo 2, prevede che la commissione RIPAM, nel rispetto della normativa vigente in materia di reclutamento da parte delle pubbliche amministrazioni, dei principi di trasparenza e pubblicità delle procedure concorsuali, della direttiva del Ministro per la semplificazione della pubblica amministrazione 24 aprile 2018 n. 3, con oggetto “Linee guida sulle procedure concorsuali”, svolga i seguenti compiti: 1) approvazione del bando di concorso per il reclutamento di personale a tempo indeterminato; 2) indizione dei bandi di concorso; 3) nomina delle commissioni esaminatrici; 4) validazione della graduatoria finale di merito della procedura concorsuale trasmessa alla commissione esaminatrice; 5) assegnazione dei vincitori e degli idonei della procedura concorsuale alle amministrazioni pubbliche interessate; 6) adozione degli ulteriori eventuali atti connessi alla procedura concorsuale, fatte comunque salve le competenze delle commissioni esaminatrici.

Ciò premesso, si evidenzia che i contenuti del bando sono stati delineati dal precedente Governo e condivisi in via definitiva dalle competenti strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri, segretario generale, dipartimento per il personale, dipartimento della Protezione Civile dipartimento della funzione pubblica e dalla commissione RIPAM nel mese di marzo 2018. L'iter procedurale che ha portato alla definizione dei contenuti del bando di concorso per il reclutamento del personale dirigenziale per le esigenze del dipartimento della Protezione civile, avviatosi nel corso del 2017, immediatamente dopo la pubblicazione del decreto-legge n. 8 del 2017 e a cui fanno riferimento gli interpellanti, è stato gestito dalle competenti strutture del segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, in collaborazione con il Formez PA di cui si avvale ai sensi di legge la commissione RIPAM, in costante raccordo e condivisione con il dipartimento della Protezione civile. In particolare, i contatti con il dipartimento della Protezione civile sono stati avviati tempestivamente per acquisire i contenuti tecnici e di merito del bando di concorso e sono stati impartiti i successivi e conseguenti indirizzi alla commissione RIPAM, per il tramite di Formez PA, ai fini della redazione del bando medesimo. Tali contenuti sono stati comunicati dal capo dipartimento in carica al momento dell'avvio delle predette interlocuzioni e successivamente confermati dal capo dipartimento attuale.

Nel merito, con riferimento alla riserva a favore del personale dipendente della Protezione civile, sembra che gli interpellanti confondono tale istituto con la disciplina dei requisiti di accesso al concorso. A tal riguardo, si rappresenta che il bando nel prevedere che tale riserva operi all'atto della formazione della graduatoria di merito è pienamente conforme sia alla legge sia agli indirizzi consolidati della giurisprudenza amministrativa in materia, la quale ha specificato che la riserva dei posti messi a concorso a favore degli interni non deve essere applicata agli esiti della prova preselettiva, ma solo all'atto della redazione della graduatoria finale.

Per quanto concerne i requisiti di accesso previsti dal bando relativamente agli anni di servizio minimi richiesti e al novero delle amministrazioni nell'ambito delle quali gli stessi possono essere maturati, si evidenzia che gli stessi sono perfettamente aderenti alla normativa di legge, che li disciplina in via diretta e in maniera uniforme per tutte le amministrazioni, richiedendo, appunto, la maturazione di un determinato numero di anni di servizio all'interno delle pubbliche amministrazioni, genericamente intese, e, dunque, non già nell'ambito delle specifiche amministrazioni che bandiscono il concorso. I singoli bandi, pertanto, non possono modificare i predetti requisiti stabiliti dalla legge, limitando l'esperienza professionale richiesta a quella maturata nell'ambito dell'amministrazione che bandisce il concorso, pena l'illegittimità dei bandi stessi.

Relativamente ai titoli di studio richiesti dal bando, si rammenta che per l'individuazione degli stessi l'amministrazione gode della più ampia discrezionalità. Nel caso di specie, peraltro, si ribadisce che essi sono stati comunicati dal dipartimento della Protezione civile, il quale, nel tenere comunque in dovute considerazioni i suoi ampi e pur rilevanti settori di intervento, li ha individuati sulla base delle necessità e delle esigenze di professionalità ritenute al momento prioritarie, per garantire la piena funzionalità delle strutture amministrative a cui assegnare i dirigenti all'esito del reclutamento. Pertanto, la lunga istruttoria che ha portato all'adozione e alla pubblicazione del bando ha tenuto conto di un fabbisogno largamente corrisposto e condiviso da tutti gli organi competenti.

Con riferimento al fatto che i contenuti della prova preselettiva non avrebbero alcuna attinenza con le materie della Protezione civile, si richiama l'attenzione sulla natura e sulla finalità della prova preselettiva: consentire una preliminare scrematura di candidati per assicurare l'economicità e la celerità del procedimento. In altri termini, la prova preselettiva differisce dalla prova di esame in quanto essa è finalizzata all'accertamento del grado di cultura generale del candidato, onde operare una primaria scrematura tra gli aspiranti, per accertare il possesso da parte loro di un livello di preparazione minimo, in modo tale da rendere utile la partecipazione alle tradizionali prove di concorso solo per quei candidati che dispongano di serie basi e, per converso, di escludere quanti non posseggano un bagaglio culturale minimo. Ne deriva che né la ricordata disposizione né altre previsioni stabiliscono che le prove preselettive debbano vertere sulle medesime materie d'esame, avendo, le stesse, la finalità di accertare attitudini differenti rispetto a quelle cui tendono le tradizionali prove di concorso, ossia di saggiare, nel loro insieme, il retroterra culturale del candidato, nonché la sua capacità di decisione o di scelta.

In merito alla nomina delle commissioni esaminatrici, il relativo iter procedimentale è stato curato dalla commissione RIPAM per il tramite di Formez PA, ente dotato di qualificate competenze e conoscenze e di consolidata esperienza in materia di reclutamento del personale nell'ambito delle pubbliche amministrazioni. Sul punto, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha fornito opportune indicazioni generali affinché le commissioni siano composte da personalità dotati di elevate competenze e quantificazione professionale e in grado di assicurare la massima indipendenza del giudizio.

La commissione RIPAM, con delibera del 16 gennaio 2019, ha individuato, in applicazione delle previsioni di cui all'articolo 35, comma 3, lettera e), del decreto legislativo n. 165 del 2001 e tenuto conto delle indicazioni fornite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, i componenti delle commissioni esaminatrici, dando mandato a Formez PA di procedere al compimento degli atti conseguenti. In data 24 gennaio 2019, Formez PA a provveduto a rendere noto, sul suo sito indicato nel bando di concorso, che è www.riqualificazione.formez.it, la composizione delle commissioni esaminatrici nominate dalla commissione RIPAM.

Per quanto sopra esposto, il bando è da ritenersi perfettamente legittimo e coerente con le esigenze espresse anche dallo stesso dipartimento della Protezione civile. Non si ravvisano, quindi, ragioni per addivenire alla revoca del bando, ovvero al suo annullamento in autotutela, trattandosi, peraltro, di provvedimenti che andrebbero a pregiudicare il legittimo affidamento dei controinteressati.

PRESIDENTE. La deputata Chiara Braga ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

CHIARA BRAGA (PD). Sì, grazie, Presidente. Io mi dichiaro insoddisfatta dalla risposta che mi è stata fornita dal sottosegretario, con una considerazione di premessa; sicuramente gli uffici che l'avranno supportata nel predisporre la risposta a questa le avranno fornito tutti gli elementi del caso.

Ho notato, e mi sento di rilevare e di fare risultare anche agli atti di questa discussione, che i suoi riferimenti sono stati esclusivamente al dipartimento di Protezione civile, quasi volesse ignorare che il nostro Paese dispone di un servizio nazionale di Protezione civile che è costituito dallo Stato, dal dipartimento, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dalle regioni, dai comuni e da migliaia di donne e di uomini che, ogni giorno, svolgono un servizio mirabile nel nostro Paese sul terreno della prevenzione e della protezione e che credo abbiano, come dire, il diritto di vedere riconosciuta la qualità della loro formazione, la specialità delle loro competenze. Purtroppo, dalla sua risposta, sottosegretario, ho inteso che la struttura e la costruzione di questo bando di concorso è stata svolta, dal vostro punto di vista, sicuramente, nel rispetto della legge, ma in assenza di qualsiasi attenta valutazione della peculiarità delle figure che si dovevano andare ad individuare.

Ci troviamo a parlare di Protezione civile solo all'indomani di qualche tragedia; lo facciamo con toni giustamente riconoscenti nei confronti del servizio della Protezione civile. Nel momento in cui dobbiamo, però, scegliere come rafforzare questo sistema, come dare strumenti al servizio nazionale per potenziare - questo prevedeva il bando, questo prevedeva la legge che ha istituito il concorso - le figure migliori, dotate di capacità di coordinamento, immediatamente in grado di esercitare queste funzioni sul campo, ci dimentichiamo, vi siete dimenticati di valorizzare questo aspetto. E devo dire, signor sottosegretario, per il riferimento formale che ha fatto alla costituzione della commissione Ripam - sottolineo che, come lei giustamente ha detto, ieri, il giorno precedente alla risposta alla mia interpellanza, solo ieri, è stata pubblicata, sul sito della commissione Ripam, la delibera di composizione della nomina, appunto, di queste commissioni, delle due commissioni esaminatrici del concorso - che dai profili delle figure che sono state individuate nessuna di queste, a giudicare appunto dai curricula che sono stati resi noti, ha esperienze specifiche in materia di protezione civile e conoscenze in materia di funzionamento del sistema. Da quanto mi risulta questo credo che sia l'unico caso di concorso per dirigenti specialisti in cui l'amministrazione interessata non esprime un commissario in grado di esercitare una selezione, appunto, che valorizzi il più possibile la specificità delle funzioni che vengono richieste.

Quindi, Presidente, concludo la mia replica. Io credo che questo concorso poteva costituire un passaggio fondamentale verso quel riconoscimento del valore e della specificità delle professionalità che operano in tutte le articolazioni operative ed amministrative che compongono il servizio nazionale della Protezione civile che, anche grazie al nuovo codice entrato in vigore, vengono riconosciute e tutelate. Purtroppo, credo, invece, che le modalità con cui il Governo e la Presidenza del Consiglio hanno ritenuto di dare corso all'attuazione della previsione di legge risultano certamente penalizzante nei confronti di un'intera categoria di validi funzionari, di decine di migliaia, lo ricordavo prima, donne e uomini che operano sul territorio nazionale e che, ancora una volta, rischiano di vedere preferiti colleghi, sicuramente qualificati, ma provenienti da ambiti diversi e distanti dell'amministrazione, difficilmente propensi allo svolgimento di quelle funzioni e mansioni operative particolarmente gravose e importanti che la gestione e il coordinamento delle emergenze richiedono in un Paese come il nostro.

(Chiarimenti e iniziative in ordine alla questione delle morti sul lavoro, con particolare riguardo alla vicenda della morte di Salvatore Scannella - n. 2-00233)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Perconti ed altri n. 2-00233 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Filippo Giuseppe Perconti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FILIPPO GIUSEPPE PERCONTI (M5S). Illustro, grazie, Presidente. Sottosegretario, oggi volevo portare all'attenzione di questo Governo una vicenda controversa che riguarda un impiegato amministrativo che è stato assunto da ANAS, che aveva una caratteristica particolare: era un pilota amatoriale di velivoli ultraleggeri. Questa sua peculiarità veniva impiegata anche impropriamente, possiamo dire, dai dirigenti di ANAS, per effettuare delle riprese dall'alto dei cantieri e dei lavori in generale. Successivamente venivano prodotti dei video che venivano pubblicizzati da ANAS su cui quest'ultima apponeva il proprio logo. Sfortunatamente, il 21 marzo 2017 mentre sorvolava la SS 640 il signor Scannella, a bordo del suo velivolo ultraleggero, urtava i fili dell'alta tensione e, dopo uno sbalzo verso l'alto, precipitava con la parte anteriore sull'asfalto. Alle 9,40 di quella tragica mattina il signor Scannella perdeva la vita in quell'incidente e questo è solo il danno perché poi arriva anche la beffa: egli viene dichiarato assente ingiustificato da parte di ANAS, anche se il figlio Francesco ha sempre dichiarato che quella mattina il padre fosse stato incaricato e utilizzato dai suoi diretti superiori come in tutte le altre occasioni. La rete è piena di video loggati ANAS girati al signor Scannella. Quindi, voglio chiedere a questo Governo innanzitutto se fosse a conoscenza di quanto sopra esposto e, in caso positivo, quali iniziative abbia preso per quanto di competenza e in caso contrario se intenda far luce sulla questione esposta e, infine, quali iniziative si intendano intraprendere per far fronte al problema delle morti sul lavoro.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Mattia Fantinati , ha facoltà di rispondere.

MATTIA FANTINATI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Presidente, onorevoli colleghi, in riferimento all'interpellanza in oggetto voglio innanzitutto esprimere il più profondo cordoglio e la vicinanza alla famiglia del signor Salvatore Scannella per la perdita del proprio congiunto. Passando allo specifico della questione, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha reso noto gli elementi informativi pervenuti dalla società ANAS, di cui il signor Scannella era dipendente. Il lavoratore, assunto presso ANAS nel 1993, è stato assegnato dal 2015 al coordinamento territoriale Sicilia, sezione staccata di Agrigento, e inquadrato nell'area operativa e di esercizio profilo professionale assistente amministrativo-contabile, posizione economico-organizzativa B, con mansioni amministrative a supporto dell'attività di gestione del patrimonio immobiliare.

In previsione dell'apertura del traffico del primo lotto della SS 640, la cosiddetta “strada degli scrittori”, prevista per il 27 marzo 2017, il signor Salvatore Scannella ha collaborato con l'ufficio relazioni esterne per la realizzazione di immagini del nuovo tratto di strada ma, come comunicato da ANAS, non risulta essere mai stato autorizzato, né in questa occasione né in precedenza, a realizzare riprese e immagini aeree. Il 21 marzo 2017, come dichiarato da ANAS, il signor Scannella si è recato presso la propria sede di lavoro e, da un controllo al sistema aziendale di rilevazione automatica delle presenze, risulta un ingresso alle ore 7,35 e un'uscita alle ore 8,14. Alle ore 8,03, come si ricava dalla comunicazione ANAS, il signor Salvatore Scannella ha trasmesso via mail alla segreteria del coordinamento territoriale una richiesta di trasferta presso la SS 640 per il servizio video e fotografico. Tale richiesta di trasferta, che non prevede l'utilizzo di mezzi di trasporto diversi da quelle aziendali, che, peraltro, come evidenziato da ANAS, non risulta mai essere stata autorizzata dal proprio responsabile. Nella sua comunicazione ANAS ha inoltre fatto presente che alle ore 9,20 il responsabile del coordinamento territoriale è stato informato che un aereo era precipitato sulla SS 640 in località San Benedetto nel tratto chiuso al traffico e che alla guida c'era il signor Salvatore Scannella. ANAS ha poi precisato che solo in via cautelativa in data 21 marzo 2017 è stato effettuata denuncia di infortunio all'INAIL. Sul caso, comunque, è stato avviato dalla procura di Agrigento un procedimento penale, che risulta ancora pendente, per accertare la dinamica e le eventuali responsabilità sulla morte dell'interessato.

Allo stato quindi, in attesa degli accertamenti e della conclusione del procedimento penale, sulla base della dichiarazione resa dal datore di lavoro nella denuncia di infortunio e dagli altri elementi in possesso della competente sede territoriale dell'INAIL, il caso è stato provvisoriamente non ammesso a tutela da parte dell'istituto. Il provvedimento è stato comunicato agli eredi del signor Scannella in data 15 aprile 2017 e a oggi INAIL ha reso noto che non è pervenuta da parte dei medesimi alcuna richiesta di riesame. Inoltre, INAIL ha dichiarato che qualora all'esito del procedimento penale emergesse che l'evento mortale sia stato occasionato da finalità lavorative e venisse quindi dimostrato che l'interessato fosse stato inviato a svolgere i rilievi dal datore di lavoro allora il caso sarebbe riaperto ai fini assicurativi, valutata la sussistenza di tutti i requisiti normativamente previsti per apprestare le dovute tutele nei confronti degli eredi del signor Scannella. Non si potrà che attendere, pertanto, perché la vicenda sia chiarita e giunga a conclusione il procedimento pendente in sede penale.

In attesa che sia fatta piena luce sulla vicenda e sul tema più generale della prevenzione degli infortuni sul lavoro, del miglioramento della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e del contrasto al fenomeno delle morti bianche, tengo a rammentare il comma 445 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che prevede un incremento della dotazione organica dell'ispettorato nazionale del lavoro.

Per concludere, infine, segnalo che la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce un obiettivo strategico, sottolineando la necessità che sia compresa, da parte dei datori di lavoro, l'importanza di adottare una nuova cultura della prevenzione e della sicurezza condivisa all'interno degli ambienti di lavoro e nel comune interesse dei lavoratori e delle imprese.

PRESIDENTE. Il deputato Filippo Giuseppe Perconti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FILIPPO GIUSEPPE PERCONTI (M5S). Grazie Presidente e grazie sottosegretario. Sono soddisfatto dalla sua risposta. Io mi auguro che la magistratura possa far luce su questa vicenda perché c'è una famiglia che versa in grave crisi economica e che da troppo tempo aspetta risposte concrete e aspetta di ritrovare la serenità che ha perso.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Saluto, intanto, la scolaresca che ci è venuta a trovare, alunni e insegnanti che sono presenti in tribuna.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 28 gennaio 2019 – ore 12

1.  Discussione sulle linee generali delle mozioni Porchietto ed altri n. 1-00103, Delrio, Lupi ed altri n. 1-00104 e Lollobrigida ed altri n. 1-00108 concernenti la realizzazione della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione.

2.  Discussione sulle linee generali delle mozioni Muroni ed altri n. 1-00100 e Lollobrigida ed altri n. 1-00109 concernenti iniziative volte a vietare l'utilizzo dei pesticidi e dei diserbanti nelle produzioni agricole, favorendone lo sviluppo con metodo biologico.

La seduta termina alle 15,45.