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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 18 dicembre 2018

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 18 dicembre 2018.

  Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Caiata, Cardinale, Carfagna, Castelli, Castiello, Cavandoli, Ciprini, Cirielli, Colucci, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Fusacchia, Galli, Gallinella, Gallo, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Lollobrigida, Lorefice, Lorenzin, Losacco, Lupi, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Picchi, Rampelli, Rixi, Rizzo, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Schullian, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zoffili.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Ascari, Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Caiata, Cardinale, Carfagna, Castelli, Castiello, Cavandoli, Ciprini, Cirielli, Colucci, Cominardi, Covolo, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Frusone, Fusacchia, Galli, Gallinella, Gallo, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Lollobrigida, Lorefice, Lorenzin, Losacco, Lupi, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Picchi, Rampelli, Rixi, Rizzo, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Schullian, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 13 dicembre 2018 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   BORDONALI ed altri: «Modifiche all'articolo 35 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, in materia di gestione dei rifiuti urbani» (1446);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE MAGI: «Modifiche agli articoli 71 e 75 della Costituzione, in materia di iniziativa legislativa popolare e di referendum» (1447);
   NOVELLI: «Modifica all'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, in materia di esenzione dall'imposta municipale unica per gli immobili posseduti e utilizzati dalle aziende pubbliche di servizi alla persona» (1448);
   NAPOLI: «Modifiche all'articolo 37-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, concernente la disciplina del gruppo bancario cooperativo» (1449).

  In data 14 dicembre 2018 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
   FERRI: «Esenzione dei veicoli a motore ad alimentazione ibrida dall'addizionale erariale alla tassa automobilistica, di cui al comma 21 dell'articolo 23 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111» (1450).

  In data 17 dicembre 2018 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   NEVI ed altri: «Disposizioni per l'individuazione delle aree ambientali complesse e per il finanziamento di interventi di bonifica» (1451);
   FASSINA e MURONI: «Norme in materia di tutela dei centri storici, dei nuclei e dei complessi edilizi storici» (1452);
   GELMINI: «Modifiche al codice penale e alla legge 29 maggio 2017, n. 71, e altre disposizioni per l'uso responsabile della rete internet» (1453);
   BIGNAMI: «Modifica all'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di deducibilità delle spese sostenute per l'assicurazione volontaria dei fabbricati contro i danni provocati da calamità naturali» (1454).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di disegni di legge.

  In data 17 dicembre 2018 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   dal Ministro della giustizia:
    «Modifiche al codice di procedura penale: disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere» (1455).

  Sarà stampato e distribuito.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge VERSACE ed altri: «Introduzione degli ausili e delle protesi destinati a persone disabili per lo svolgimento dell'attività sportiva tra i dispositivi erogati dal Servizio sanitario nazionale» (665) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Carnevali.

  La proposta di legge DE LORENZIS ed altri: «Disposizioni per la promozione dell'utilizzo condiviso di veicoli privati (car sharing)» (859) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Perconti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:  

   I Commissione (Affari costituzionali):
  MAGI: «Modifiche agli articoli 71 e 75 della Costituzione, in materia di iniziativa legislativa popolare e di referendum» (1447) Parere delle Commissioni II, III, V e VI.

   II Commissione (Giustizia):
  BENEDETTI ed altri: «Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati» (965) Parere delle Commissioni I, V, IX, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIII e XIV.

   VI Commissione (Finanze):
  FERRI: «Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e altre disposizioni in materia di riscossione esattoriale» (911) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, VIII e XI.

   VIII Commissione (Ambiente):
  VIETINA ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernenti deroghe in materia di conferimento di rifiuti speciali e di iscrizione nell'Albo nazionale gestori ambientali» (808) Parere delle Commissioni I, V e XIV.

   IX Commissione (Trasporti):
  SCHULLIAN ed altri: «Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285» (219) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, VII, VIII, X, XII e XIV;
  PAGANI e PIZZETTI: «Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di macchine agricole d'epoca, circolazione dei veicoli immatricolati all'estero, targhe dei veicoli impegnati in competizioni motoristiche, requisiti per l'immatricolazione delle macchine agricole, esercitazioni di guida, uso di dispositivi elettronici durante la guida e possesso dei documenti di circolazione» (1113) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VI, VII, XIII e XIV;
  MULÈ ed altri: «Modifica all'articolo 196 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, concernente l'obbligazione solidale al pagamento delle sanzioni nel caso di locazione di veicolo senza conducente» (1245) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e V.

   X Commissione (Attività produttive):
  MORETTO ed altri: «Disciplina dell'attività di home restaurant» (918) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, VIII, IX, XII, XIII e XIV;
  CENNI: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo» (922) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, IX e XIII;
  POLIDORI ed altri: «Disposizioni in materia di apertura festiva degli esercizi di commercio al dettaglio e norme per tutelare e favorire l'insediamento degli esercizi commerciali nei centri urbani» (1333) Parere delle Commissioni I, V, VII, VIII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XII e XIV.

   XI Commissione (Lavoro):
  PASTORINO: «Modifiche all'articolo 2 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di collaborazioni organizzate dal committente, nonché disposizioni concernenti il lavoro digitale, il salario minimo orario e l'equo compenso per i lavoratori autonomi» (862) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, X, XII e XIV;
  DELRIO ed altri: «Istituzione del salario orario minimo legale» (947) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V e X.

   XIII Commissione (Agricoltura):
  FUGATTI ed altri: «Conferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano della facoltà di adottare, per la fauna carnivora, le misure di deroga previste dalla direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche» (689) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XIV;
  GALLINELLA ed altri: «Disposizioni per la semplificazione e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi nelle materie dell'agricoltura e della pesca nonché delega al Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di pesca e acquacoltura» (982) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, IX, X (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI, XII e XIV.

   Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive):
  MURONI: «Disposizioni concernenti la certificazione ecologica dei prodotti cosmetici» (908) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, XII e XIV.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 13 dicembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna, per l'esercizio 2017, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 91).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 13 dicembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente di previdenza dei periti industriali e dei periti industriali laureati (EPPI), per gli esercizi 2015 e 2016, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 92).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal Ministro per i beni e le attività culturali.

  Il Ministro per i beni e le attività culturali, con lettera in data 11 dicembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6 della legge 30 aprile 1985, n. 163, la relazione sull'utilizzazione del Fondo unico per lo spettacolo e sull'andamento complessivo dello spettacolo, riferita all'anno 2017 (Doc. LVI, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

  Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera in data 13 dicembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 8, lettera e), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, la relazione sullo stato di applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro e sul suo possibile sviluppo, predisposta dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, riferita agli anni 2016 e 2017.

  Questa relazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 14 dicembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, concernente la procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, le osservazioni formulate dalla Commissione europea in ordine al progetto di decreto ministeriale concernente la modifica degli allegati 2, 6 e 7 al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, recante riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell'articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88.

  Questo documento è trasmesso alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 14 dicembre 2018, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 7, della legge 21 giugno 1986, n. 317, concernente la procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, che il Governo ha attivato la predetta procedura in ordine al progetto di regola tecnica recante disciplinare per la concessione del marchio collettivo di qualità denominato «Ristorante tipico di Abruzzo».

  Questo documento è trasmesso alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 13 dicembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, un documento concernente la posizione del Governo nell'ambito della procedura di consultazione pubblica avviata dalla Commissione europea in merito alla valutazione della decisione n. 573/2014/UE su una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l'impiego (SPI).

  Questo documento è trasmesso alla XI Commissione (Lavoro) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 17 dicembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, un aggiornamento della relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela del bilancio dell'Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri (COM(2018) 324 final), di cui è già stato dato annuncio nell'Allegato A ai resoconti dell'Assemblea del 5 giugno 2018.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione di delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 14 dicembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni:
   n. 1/2018 del 28 febbraio 2018, concernente «Hub portuale di Ravenna. Approfondimento canali Candiano e Baiona, adeguamento banchine operative esistenti, nuovo terminal in penisola Trattaroli e utilizzo materiale estratto in attuazione al piano regolatore portuale (PRP) vigente 2007. Approvazione progetto definitivo della prima fase (I e II stralcio)» – alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti);
   n. 10/2018 del 28 febbraio 2018, concernente «Fondo sviluppo e coesione 2014-2020. Piano operativo «Cultura e turismo». Assegnazione di risorse» – alla V Commissione (Bilancio), alla VII Commissione (Cultura) e alla X Commissione (Attività produttive);
   n. 29/2018 del 21 marzo 2018, concernente «Accessibilità Valtellina – SS n. 38 – Lotto 4 – Nodo di Tirano – Tratta »A« (svincolo di Bianzone – svincolo La Ganda) e tratta »B« (svincolo La Ganda – Campone in Tirano). Approvazione progetto definitivo» – alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente);
   n. 36/2018 del 26 aprile 2018, concernente «Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443 del 2001) – Metropolitana di Roma – Linea C. Approvazione varianti tratta T3 San Giovanni – Colosseo/Fori Imperiali e modalità di utilizzo dei finanziamenti» – alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti);
   n. 51/2018 del 25 ottobre 2018, concernente «Accordo di partenariato 2014-2020. Cofinanziamento nazionale dei programmi europei e programmazione degli interventi complementari (a valere sul Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, articolo 5). Presa d'atto delle procedure di riprogrammazione e modifica del punto 1.1 della delibera n. 10 del 2015» – alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 13, 14, 15 e 17 dicembre 2018, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   alla I Commissione (Affari costituzionali):
    Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esecuzione del regolamento (UE) n. 1260/2013 relativo alle statistiche demografiche europee (COM(2018) 843 final);
   alla III Commissione (Affari esteri):
    Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea nel comitato direttivo regionale della Comunità dei trasporti su determinate questioni di bilancio e inerenti al personale in relazione all'attuazione del trattato che istituisce la Comunità dei trasporti (COM(2018) 793 final), corredata dal relativo allegato (COM(2018) 793 final – Annex 1);
    Proposte di decisione del Consiglio relative rispettivamente alla conclusione nonché alla firma, a nome dell'Unione europea, di un protocollo tra l'Unione europea, la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia dell'accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia relativo ai criteri e meccanismi per determinare lo Stato competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno Stato membro oppure in Islanda o in Norvegia, riguardante l'accesso all'Eurodac a fini di contrasto (COM(2018) 826 final e COM(2018) 827 final), corredate dal relativo allegato (COM(2018) 826 final – Annex);
    Proposte di decisione del Consiglio relative rispettivamente alla conclusione nonché alla firma, a nome dell'Unione europea, di un protocollo tra l'Unione europea, la Confederazione svizzera e il Principato del Liechtenstein dell'accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera relativo ai criteri e ai meccanismi che permettono di determinare lo Stato competente per l'esame di una domanda di asilo introdotta in uno degli Stati membri o in Svizzera, riguardante l'accesso all'Eurodac a fini di contrasto (COM(2018) 828 final e COM(2018) 831 final), corredate dal relativo allegato (COM(2018) 828 final – Annex);
    Proposte di decisione del Consiglio relative rispettivamente alla conclusione nonché alla firma di un protocollo dell'accordo tra la Comunità europea e il Regno di Danimarca in merito ai criteri e ai meccanismi di determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in Danimarca oppure in uno degli altri Stati membri dell'Unione europea e in merito a "Eurodac" per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione della convenzione di Dublino, che estende tale accordo alle attività di contrasto (COM(2018) 835 final e COM(2018) 836 final), corredate dal relativo allegato (COM(2018) 835 final – Annex);
    Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea nel gruppo di lavoro sul vino istituito dall'accordo di partenariato economico tra l'Unione europea e il Giappone per quanto riguarda i moduli da utilizzare come certificati per l'importazione nell'Unione europea di prodotti vitivinicoli originari dal Giappone e le modalità concernenti l'autocertificazione (COM(2018) 837 final), corredata dal relativo allegato (COM(2018) 837 final – Annex 1);
    Comunicazione congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo e al Consiglio – Elementi per una strategia dell'Unione europea sull'India (JOIN(2018) 28 final);
   alla VI Commissione (Finanze):
    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea – Terza relazione sui progressi compiuti nella riduzione dei crediti deteriorati e nell'ulteriore riduzione del rischio nell'Unione bancaria (COM(2018) 766 final);
    Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio su una panoramica e una valutazione dei dati statistici e delle informazioni sugli scambi automatici nel settore della fiscalità diretta (COM(2018) 844 final);
    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo – Secondo piano d'azione 2018-2022 per la lotta contro il commercio illecito di tabacco (COM(2018) 846 final), corredata dal relativo allegato (COM(2018) 846 final – Annex 1);
   alla VIII Commissione (Ambiente):
    Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione sul funzionamento del mercato europeo del carbonio (COM(2018) 842 final);
    Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'esercizio del potere di adottare atti delegati conferito alla Commissione a norma della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque (COM(2018) 847 final);
   alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
    Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione dell'allegato XII dello statuto dei funzionari (COM(2018) 829 final);
    Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione dell'allegato XI dello statuto e dell'articolo 66 bis dello statuto (COM(2018) 830 final);
   alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e X (Attività produttive):
    Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione del regolamento (CE) n. 428/2009 che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni, del trasferimento, dell'intermediazione e del transito di prodotti a duplice uso (COM(2018) 852 final).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 13 dicembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Unione dei mercati dei capitali: è il momento di rinnovare gli sforzi a favore degli investimenti, della crescita e di un ruolo più forte dell'euro (COM(2018) 767 final);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione della decisione n. 1608/2003/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente le statistiche in materia di scienza e tecnologia (COM(2018) 769 final);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Progressi nell'attuazione della strategia forestale dell'Unione europea «Una nuova strategia forestale dell'Unione europea: per le foreste e il settore forestale» (COM(2018) 811 final);
   Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda l'introduzione di taluni requisiti per i prestatori di servizi di pagamento (COM(2018) 812 final);
   Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 904/2010 per quanto riguarda misure di rafforzamento della cooperazione amministrativa per lottare contro la frode in materia di IVA (COM(2018) 813 final);
   Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 per quanto riguarda le disposizioni relative alle vendite a distanza di beni e a talune cessioni nazionali di beni (COM(2018) 819 final);
   Comunicazione congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Piano d'azione contro la disinformazione (JOIN(2018) 36 final);
   Raccomandazione della Commissione del 5.12.2018 in merito al ruolo internazionale dell'euro nel settore energetico (C(2018)8111 final).

Trasmissione dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

  Il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in data 13 dicembre 2018, ha trasmesso un parere, deliberato ai sensi dell'articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, in merito ad alcune disposizioni in materia di pubblicità sanitaria di società a partecipazione pubblica contenute nel disegno di legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021» (atto Camera n. 1334, atto Senato n. 981).

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dall'Autorità nazionale anticorruzione.

  Il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, con lettera in data 17 dicembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 213, comma 3, lettera c), del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la segnalazione n. 5 del 2018, adottata con delibera n. 1141 del 12 dicembre 2018, recante proposta di modifica dell'ambito soggettivo dell'articolo 80 del codice dei contratti pubblici.

  Questo documento è trasmesso alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dal Consiglio regionale della Puglia.

  Il Presidente del consiglio regionale della Puglia, con lettera in data 6 dicembre 2018, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 24, comma 3, e 25 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, il testo di una risoluzione concernente l'ordine del giorno della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome n. 04/2018, concernente il quadro finanziario pluriennale, la politica di coesione e la politica agricola comune dell'Unione europea per il periodo 2021-2027.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio), alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 14 dicembre 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento al dottor Giovanni Spalletta, ai sensi dei commi 4 e 5-bis del medesimo articolo 19, dell'incarico di direttore della Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale, nell'ambito del Dipartimento delle finanze del Ministro dell'economia e delle finanze.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla VI Commissione (Finanze).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: MARIN ED ALTRI; VANESSA CATTOI ED ALTRI; VILLANI ED ALTRI; ROSSI ED ALTRI; RAMPELLI ED ALTRI: DELEGA AL GOVERNO IN MATERIA DI INSEGNAMENTO CURRICOLARE DELL'EDUCAZIONE MOTORIA NELLA SCUOLA PRIMARIA (A.C. 523-784-914-1221-1222-A)

A.C. 523-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

  sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 2, nonché sull'emendamento 1.100 (nuova formulazione).

A.C. 523-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE
  con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:

  All'articolo 1, comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
   all'alinea, dopo le parole: nella scuola primaria aggiungere le seguenti:, in via sperimentale e in alcune istituzioni scolastiche,;
   sostituire la lettera b) con la seguente: b) equiparare, quanto allo stato giuridico ed economico, l'insegnante di educazione motoria impegnato nella scuola primaria agli insegnanti del medesimo grado di istruzione;
   sostituire la lettera c) con la seguente: c) prevedere, negli istituti scolastici coinvolti nella sperimentazione, che l'organico degli insegnanti di educazione motoria è determinato in ragione di almeno due ore settimanali di insegnamento per ciascuna classe delle scuole primarie e, comunque, nei limiti di spesa stabiliti dall'articolo 2, comma 1;
   sostituire la lettera d) con la seguente: d) prevedere che, in presenza di alunni con disabilità nelle scuole coinvolte nella sperimentazione, il piano educativo individualizzato, di cui all'articolo 12, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, contenga specifiche indicazioni per l'espletamento dell'attività motoria, tenuto conto del profilo di funzionamento;
   dopo la lettera f) aggiungere la seguente: f-bis) prevedere che, dopo un periodo massimo di cinque anni di sperimentazione e all'esito di una positiva valutazione della stessa, con successivo provvedimento legislativo possa essere disposta la graduale estensione dell'insegnamento dell'educazione motoria ad altre istituzioni scolastiche, avendo quale obiettivo la generalizzazione del predetto insegnamento presso tutte le scuole primarie.

  Conseguentemente, sostituire l'articolo 2 con il seguente: Art. 2 (Copertura finanziaria).

  1. All'attuazione della delega legislativa di cui all'articolo 1 si provvede nel limite di una maggiore spesa non superiore a 3,34 milioni di euro per l'anno 2019 e a 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.
  2. All'onere derivante dal comma 1, pari a 3,34 milioni di euro per l'anno 2019 e a 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provvede:
   a) quanto a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per l'anno 2020, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   b) quanto a 2,86 milioni di euro nel 2019, a 4,16 milioni di euro nel 2020 e a 2,16 milioni di euro nel 2021 mediante corrispondente riduzione del fondo di parte corrente di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   c) quanto a 0,48 milioni di euro per l'anno 2019, a 0,84 milioni di euro per l'anno 2020, a 2,84 milioni di euro per l'anno 2021 e a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 125, della legge 13 luglio 2015, n. 107.

  3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

  sulle proposte emendative 1.101 e 1.2, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

  sulle restanti proposte emendative.

A.C. 523-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.
(Delega al Governo in materia di insegnamento curricolare dell'educazione motoria nella scuola primaria)

  1. Al fine di promuovere nei giovani, fin dalla scuola primaria, l'assunzione di comportamenti e stili di vita funzionali alla crescita armoniosa, alla salute, al benessere psico-fisico e al pieno sviluppo della persona, riconoscendo l'educazione motoria quale espressione di un diritto personale e strumento di apprendimento cognitivo, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante disposizioni per disciplinare, a partire dal primo anno scolastico utile rispetto all'entrata in vigore del predetto decreto legislativo, l'insegnamento curricolare dell'educazione motoria nella scuola primaria da parte di insegnanti forniti di idoneo titolo, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) riservare l'insegnamento dell'educazione motoria nella scuola primaria, a seguito di superamento di specifiche procedure concorsuali abilitanti, a soggetti in possesso di uno dei seguenti titoli:
    1) laurea magistrale conseguita nella classe LM-67 «Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate»;
    2) laurea magistrale a ciclo unico nella classe LM 85-bis – «Scienze della formazione primaria» unitamente a laurea nella classe L-22 – «Scienze delle attività motorie e sportive», oppure a diploma conseguito presso gli ex Istituti superiori di educazione fisica, oppure a titolo di studio equiparato ai sensi del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 11 novembre 2011, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 44 del 22 febbraio 2012;
   b) equiparare l'insegnante di educazione motoria, quanto allo stato giuridico ed economico, agli insegnanti di scuola primaria;
   c) prevedere che l'organico degli insegnanti di educazione motoria sia determinato in ragione di almeno due ore settimanali di insegnamento per ciascuna classe di alunni;
   d) prevedere nel piano educativo individualizzato, di cui all'articolo 12, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in presenza di alunni con disabilità, specifiche indicazioni per l'espletamento dell'attività motoria tenuto conto del profilo di funzionamento;
   e) assicurare la coerenza delle disposizioni introdotte con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche, con riferimento all'organizzazione delle attività e degli orari di effettuazione dell'insegnamento dell'educazione motoria;
   f) far salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione, nonché al titolo V della parte seconda della Costituzione.

  2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Lo schema del decreto legislativo, corredato della relazione tecnica di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è successivamente trasmesso alle Camere, entro il sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine di delega previsto dal comma 1, per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di quaranta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato.
  3. Disposizioni correttive o integrative del decreto legislativo di cui al comma 1 possono essere adottate, nel rispetto dei medesimi criteri e princìpi direttivi ivi indicati e con lo stesso procedimento di cui al comma 2, entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 1.
(Delega al Governo in materia di insegnamento curricolare dell'educazione motoria nella scuola primaria)

  Al comma 1:
   all'alinea, dopo le parole: nella scuola primaria aggiungere le seguenti:, in via sperimentale e in alcune istituzioni scolastiche,;
   sostituire la lettera b) con la seguente: b) equiparare, quanto allo stato giuridico ed economico, l'insegnante di educazione motoria impegnato nella scuola primaria agli insegnanti del medesimo grado di istruzione;
   sostituire la lettera c) con la seguente: c) prevedere, negli istituti scolastici coinvolti nella sperimentazione, che l'organico degli insegnanti di educazione motoria è determinato in ragione di almeno due ore settimanali di insegnamento per ciascuna classe delle scuole primarie e, comunque, nei limiti di spesa stabiliti dall'articolo 2, comma 1;
   sostituire la lettera d) con la seguente: d) prevedere che, in presenza di alunni con disabilità nelle scuole coinvolte nella sperimentazione, il piano educativo individualizzato, di cui all'articolo 12, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, contenga specifiche indicazioni per l'espletamento dell'attività motoria, tenuto conto del profilo di funzionamento;

  dopo la lettera f) aggiungere la seguente:
   f-bis) prevedere che, dopo un periodo massimo di cinque anni di sperimentazione e all'esito di una positiva valutazione della stessa, con successivo provvedimento legislativo possa essere disposta la graduale estensione dell'insegnamento dell'educazione motoria ad altre istituzioni scolastiche, avendo quale obiettivo la generalizzazione del predetto insegnamento presso tutte le scuole primarie.

  Conseguentemente, sostituire l'articolo 2 con il seguente:

Art. 2.
(Copertura finanziaria).

  1. All'attuazione della delega legislativa di cui all'articolo 1 si provvede nel limite di una maggiore spesa non superiore a 3,34 milioni di euro per l'anno 2019 e a 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.
  2. All'onere derivante dal comma 1, pari a 3,34 milioni di euro per l'anno 2019 e a 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provvede:
   a) quanto a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per l'anno 2020, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   b) quanto a 2,86 milioni di euro nel 2019, a 4,16 milioni di euro nel 2020 e a 2,16 milioni di euro nel 2021 mediante corrispondente riduzione del fondo di parte corrente di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   c) quanto a 0,48 milioni di euro per l'anno 2019, a 0,84 milioni di euro per l'anno 2020, a 2,84 milioni di euro per l'anno 2021 e a 5 milioni di euro annui a decorrere dal l'anno 2022, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 125, della legge 13 luglio 2015, n. 107.

  3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
1. 300. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).
(Approvato)

  Al comma 1, lettera a), sostituire il numero 1) con il seguente:
   1) laurea magistrale conseguita nella classe LM-67 «Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattative» o nella classe LM-68 «Scienze e tecniche dello sport» oppure titoli di studio equiparati alle predette lauree magistrali ai sensi del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 9 luglio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 233 del 7 ottobre 2009.
1. 100.(Nuova formulazione) La Commissione.
(Approvato)

  Al comma 1, dopo la lettera c) aggiungere la seguente:
   c-bis) consolidare come parte integrante dei programmi di insegnamento di educazione motoria l'insegnamento di principi di corretta alimentazione, intesi come elemento coadiuvante dell'attività sportiva per uno stile di vita sano.
1. 1. Lattanzio.

  Al comma 1, dopo la lettera f) aggiungere la seguente:
   g)
prevedere l'avvio dell'insegnamento curriculare dell'educazione motoria nella scuola primaria sulla base dei principi e criteri direttivi indicati nelle precedenti lettere solo all'esito della positiva valutazione di una sperimentazione da attuarsi nei limiti delle risorse finanziarie previste dall'articolo 2 e, comunque, previo reperimento di adeguate ulteriori risorse finanziarie.

  Conseguentemente, all'articolo 2:
   al comma 2, primo periodo, dopo le parole: non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica aggiungere le seguenti: oltre quelli previsti dal comma 3;
   sostituire il comma 3 con il seguente:
  3. All'onere derivante dal comma 1, pari a 3,34 milioni di euro nel 2019 e 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2020, si provvede:
   a) quanto a 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2020, mediante corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente di cui all'articolo 18 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, all'uopo utilizzando parzialmente l'accantonamento di pertinenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   b) quanto a 2,86 milioni di euro nel 2019, 4,16 milioni di euro nel 2020 e 2,16 milioni di euro nel 2021 mediante corrispondente riduzione del fondo di parte corrente di cui all'articolo 49, comma 2, del 24 aprile 2014, n. 66, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   c) quanto a 0,48 milioni di euro nel 2019, 0,84 milioni di euro nel 2020, 2,84 milioni di euro nel 2021 e 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2022, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 125, della legge 13 luglio 2015, n. 107.
1. 101. La Commissione.

  Al comma 1, dopo la lettera f) aggiungere la seguente:
   g)
istituzione presso gli istituti di un laboratorio di educazione motoria sviluppato anche in rete con altre istituzioni scolastiche e in sinergia con federazioni sportive, enti di promozione sportiva e società o associazioni loro affiliate, amministrazioni locali e altri enti interessati all'educazione dei giovani e alla prevenzione della dispersione scolastica al fine di promuovere la collaborazione con il territorio e l'attività sportiva anche al di fuori dell'orario scolastico.
1. 2. Mollicone, Frassinetti, Rampelli.

A.C. 523-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.
(Copertura finanziaria)

  1. Nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è istituito il Fondo per l'educazione motoria nella scuola primaria, con una dotazione iniziale di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2019.
  2. Dall'attuazione della delega legislativa di cui all'articolo 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tale fine, per gli adempimenti previsti dal decreto legislativo di cui all'articolo 1, l'amministrazione competente provvede attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse finanziarie e strumentali allo stato in dotazione alla medesima amministrazione, incluso l'utilizzo del fondo di cui al comma 1. In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora il decreto legislativo determini nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, esso è emanato solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, ivi compresa la legge di bilancio, che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
  3. All'onere derivante dal comma 1, pari a 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, si provvede:
   a) quanto a 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, mediante corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente di cui all'articolo 18 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, all'uopo utilizzando parzialmente l'accantonamento di pertinenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   b) quanto a 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, mediante corrispondente riduzione del fondo di parte corrente di cui all'articolo 49, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

A.C. 523-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    lo sport è un veicolo di inclusione, partecipazione ed aggregazione sociale nonché uno strumento di benessere psicofisico e di prevenzione, svolge quindi un ruolo sociale fondamentale incidendo sull'educazione e sulla formazione e permette al minore uno stile di vita sano e uno sviluppo fisico equilibrato nonché la possibilità di sviluppare la propria personalità ed accrescere la propria autostima;
    una quota compresa tra il 20 per cento e 25 per cento di minori non svolge alcuna attività fisica, con punte maggiori nella fascia dei 6-10 anni, e le cause più frequenti, secondo l'Istat, sarebbero le condizioni economiche e la mancanza di impianti sportivi;
    è necessario pertanto garantire l'accesso all'attività sportiva a bambini e ragazzi a prescindere dalla condizione socio-economica da cui provengono, per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale,

impegna il Governo

a favorire l'istituzione di un laboratorio di educazione motoria presso gli istituti scolastici in sinergia con federazioni sportive, enti di promozione sportiva e società o associazioni a loro affiliate, amministrazioni locali e altri enti interessati all'educazione dei giovani e alla prevenzione della dispersione scolastica al fine di promuovere la collaborazione con il territorio e l'attività sportiva anche al di fuori dell'orario scolastico.
9/523-A/1Frassinetti, Mollicone, Bucalo.


   La Camera,
   premesso che:
    lo sport è un veicolo di inclusione, partecipazione ed aggregazione sociale nonché uno strumento di benessere psicofisico e di prevenzione, svolge quindi un ruolo sociale fondamentale incidendo sull'educazione e sulla formazione e permette al minore uno stile di vita sano e uno sviluppo fisico equilibrato nonché la possibilità di sviluppare la propria personalità ed accrescere la propria autostima;
    una quota compresa tra il 20 per cento e 25 per cento di minori non svolge alcuna attività fisica, con punte maggiori nella fascia dei 6-10 anni, e le cause più frequenti, secondo l'Istat, sarebbero le condizioni economiche e la mancanza di impianti sportivi;
    è necessario pertanto garantire l'accesso all'attività sportiva a bambini e ragazzi a prescindere dalla condizione socio-economica da cui provengono, per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di favorire l'istituzione di un laboratorio di educazione motoria presso gli istituti scolastici in sinergia con federazioni sportive, enti di promozione sportiva e società o associazioni a loro affiliate, amministrazioni locali e altri enti interessati all'educazione dei giovani e alla prevenzione della dispersione scolastica al fine di promuovere la collaborazione con il territorio e l'attività sportiva anche al di fuori dell'orario scolastico.
9/523-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Frassinetti, Mollicone, Bucalo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Atto Camera 523 recante «Disposizioni per la promozione dell'attività fisica e dell'educazione motoria nella scuola primaria» intende intervenire in materia di riordino dell'educazione fisica e motoria nelle scuole primarie, prevedendo l'inserimento nell'organico dell'autonomia di un insegnante di educazione motoria specificamente preparato e formato per l'insegnamento di questa disciplina in questo livello di scuola;
    la proposta fa riferimento, più precisamente, a personale altamente qualificato che abbia intrapreso e concluso un percorso formativo universitario specifico, definendo altresì lo stato giuridico ed economico degli insegnanti di educazione motoria;
    è prevista, altresì, la presenza degli insegnanti di sostegno al fine di tutelare la promozione e la diffusione della pratica sportiva rivolta agli alunni con disabilità, per far sì che l'attività fisica possa generare un miglioramento della propria condizione psico-fisica e diventi occasione di socialità ed integrazione;
   ritenuto inoltre che:
    le indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo del 2012 rimarcano l'importanza dell'educazione motoria nella scuola dell'infanzia denominando uno dei campi di esperienza «Il corpo ed il movimento» e indicando come competenza da perseguire: «Prova piacere nel movimento e sperimenta schemi posturali e motori, li applica nei giochi individuali e di gruppo, anche con l'uso di piccoli attrezzi ed è in grado di adattarli alle situazioni ambientali all'interno della scuola e all'aperto»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere e potenziare i progetti di educazione motoria nella scuola d'infanzia, riservando particolare attenzione ai laboratori di psicomotricità, al fine di supportare i processi evolutivi dei bambini e delle bambine favorendo l'interazione delle componenti emotive, intellettive e corporee del bambino.
9/523-A/2Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede la delega al Governo in materia di insegnamento curricolare dell'educazione motoria nella scuola primaria;
   considerato che:
    recenti studi, hanno osservato che un'attività fisica regolare abbassa i livelli di pressione arteriosa nelle persone con diabete di tipo 2;
    nei soggetti allenati un'attività fisica regolare comporta una miglior risposta pressoria dei vasi sanguigni, conseguente ad una migliore elasticità;
    se si è soggetti a problemi cardiaci, lo sport da praticare deve essere adatto allo sforzo che il cuore può fornire;
    uno sport adeguato, praticato regolarmente, può permettere una riabilitazione cardiaca secondaria e può ridare fiducia nelle proprie capacità;
    un'adeguata attività fisica consente di correggere alcuni problemi di postura e aumenta la forza muscolare;
    allo scopo di garantire, nell'ambito della scuola primaria, una maggiore sicurezza nello svolgimento dell'attività motoria ed evitare quindi incidenti e pericoli per chi è affetto da diabete 2, malattie cardiovascolari, deformità scheletriche o atteggiamenti scheletrici patologici si,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire l'obbligo della prescrizione dell'attività fisica adattata per i discenti della scuola primaria affetti da diabete 2, malattie cardiovascolari, deformità scheletriche o atteggiamenti posturali patologici.
9/523-A/3Tuzi.


DISEGNO DI LEGGE: MISURE PER IL CONTRASTO DEI REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, NONCHÉ IN MATERIA DI PRESCRIZIONE DEL REATO E IN MATERIA DI TRASPARENZA DEI PARTITI E MOVIMENTI POLITICI (APPROVATO DALLA CAMERA E MODIFICATO DAL SENATO) (A.C. 1189-B)

A.C. 1189-B – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI DI COSTITUZIONALITÀ

  La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce una serie di modifiche sul piano del diritto sostanziale (attraverso interventi al codice penale, al codice civile, alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e al decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231), che hanno ad oggetto i reati contro la pubblica amministrazione, e che comportano principalmente: un aggravamento delle sanzioni accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici e dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, sia mediante la modifica dei presupposti applicativi e dell'entità delle sanzioni (articoli 317-bis, 32-ter e 32-quater del codice penale), sia mediante interventi sulla disciplina degli effetti della sospensione condizionale della pena (articolo 166 del codice penale), della riabilitazione (articolo 179 del codice penale) e dell'accesso ai benefici previsti dall'ordinamento penitenziario (articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354); un aggravamento delle sanzioni interdittive nel caso di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, in relazione alla commissione dei delitti di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità e corruzione (articolo 25, comma 5, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231); l'introduzione di una causa speciale di non punibilità, nel caso di volontaria, tempestiva e fattiva collaborazione, per i reati contro la pubblica amministrazione;
    sul piano investigativo e processuale, la proposta di riforma – attraverso alcune modifiche al codice di procedura penale e alla legge 16 marzo 2006, n. 146 – comporta principalmente: l'applicabilità delle sanzioni accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici e dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione anche in caso di applicazione della pena concordata, ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione; l'estensione della disciplina in materia di intercettazioni ai reati contro la pubblica amministrazione; l'introduzione di tecniche investigative speciali, attraverso l'estensione al contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione della disciplina delle operazioni sotto copertura, previste dall'articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146;
     è evidente quindi come le modifiche apportate si pongano in contrasto con gli equilibri, la coerenza e l'impostazione di fondo del sistema penale italiano. Nel nostro ordinamento, è ormai infatti consolidata la distinzione fra due «binari paralleli» per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio. Il primo, eccezionale ed emergenziale, è riservato ai reati di particolare gravità e allarme, vale a dire quelli mafiosi e terroristici, e si caratterizza per l'ampio ricorso a strumenti di prevenzione e interdizione, oltreché per le sanzioni particolarmente drastiche. Dall'altro lato, uno «ordinario» valevole per tutti gli altri reati, strutturato secondo i principi costituzionali che conosciamo. In poche parole: nel primo binario, prevalgono le esigenze di difesa sociale, data la gravità dei reati di cui si parla; nel secondo binario, sono irrinunciabili le logiche del garantismo;
    il provvedimento in esame rompe questo equilibrio in due modi: 1) riconduce alle logiche del binario mafioso-terroristico (ampie misure d'interdizione e prevenzione; misure sanzionatorie drastiche) i reati contro la pubblica amministrazione, che pur destando un elevato allarme sociale, non sono certo comparabili con tali fattispecie di eccezionale gravità; 2) snatura la sistematica interna di molti istituti cercando di volgerla e piegarla a logiche radicalmente opposte a quelle che le ispirano: è il caso delle pene accessorie, che diventano più lunghe e gravose di quelle principali cui accedono, e già questo è una contraddizione in termini;
    le numerose criticità del provvedimento sono state da ultimo rilevate all'interno del parere approvato all'unanimità lo scorso 13 dicembre dalla Sesta commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, e che sarà sottoposto il prossimo 19 dicembre all'approvazione dell'assemblea plenaria del Consiglio. Nel parere si evidenzia chiaramente che «sussistono profili di criticità che si riconnettono alla non proporzionalità di alcune sanzioni, anche in riferimento alla necessaria prospettiva rieducativa della pena, all'assenza, nella fase di applicazione, di parametri normativi di riferimento certi per il giudice, ad alcune incoerenze tra istituti processuali, infine, alle problematiche ricadute applicative di parte degli strumenti investigativi e premiali introdotti.»;
    con particolare riferimento alla previsione relativa all'incapacità in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione (di cui al comma 1, lettere c) ed m)), è evidente come l'automaticità della pena accessoria, che priva il giudice di discrezionalità, violi l'articolo 3 della Costituzione; l'effetto perpetuo si pone poi in contrasto con la funzione rieducativa prevista dall'articolo 27 della Costituzione. Si tratta quindi di un inasprimento eccessivo, che solleva dubbi in ordine alla: 1) proporzionalità della sanzione rispetto al disvalore effettivo della condotta incriminata; 2) funzione rieducativa della pena, co-essenziale alla stessa (e quindi anche alle pene accessorie), che presuppone un processo di «individualizzazione» della sanzione, anche in rapporto alle caratteristiche del reo;
    lo stesso parere del CSM rileva come «il limite di pena stabilito per l'operatività dell'interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e il divieto di contrattare, in perpetuo, con la pubblica amministrazione, e cioè, la condanna alla pena della reclusione superiore a due anni, potrebbe presentare profili di frizione con il principio, di valenza costituzionale, di proporzionalità della pena»;
    a questo riguardo, prosegue la Sesta Commissione del CSM, «deve segnalarsi che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 222 del 2018, pubblicata il 5 dicembre 2018 e successivamente resa nota, ha ritenuto l'illegittimità costituzionale dell'articolo 216, ult. comma, del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, nella parte in cui dispone che la condanna per uno dei fatti previsti in suddetto articolo importi le pene accessorie interdittive “per la durata di dieci anni” anziché  “fino a dieci anni”. La Corte, nella motivazione, pur ritenendo ammissibile che le pene accessorie possano aver una durata diversa e maggiore rispetto a quella principale, ha, però, evidenziato come “essenziale a garantire la compatibilità delle pene accessorie di natura interdittiva con il volto costituzionale della sanzione penale è, infatti, che esse non risultino manifestamente sproporzionate per eccesso rispetto al concreto disvalore del fatto di reato, tanto da vanificare lo stesso obiettivo di rieducazione del reo imposto dall'articolo 27 della Costituzione”. Su questo presupposto è stato osservato che il vizio della norma ritenuta illegittima consiste “non già in via generale nel difetto di proporzionalità della durata decennale delle pene accessorie” per tutte le ipotesi di bancarotta fraudolenta “bensì nella fissazione di una loro unica e indifferenziata durata legale che precludendo al giudice ogni apprezzamento discrezionale sulla gravità del reato e sulle condizioni personali del condannato è suscettibile di tradursi nell'inflizione di pene accessorie manifestamente sproporzionate rispetto a quelle sole ipotesi di bancarotta fraudolenta che siano caratterizzate da un disvalore comparativamente lieve”»;
    i principi affermati in questa recente pronuncia, come rilevato dallo stesso CSM, «presentano inevitabili ricadute anche sul particolare rigore che caratterizza il regime delle pene accessorie perpetue in conseguenza delle modifiche in tema di riabilitazione e di ammissione in prova al servizio sociale»;
     allo stesso modo, infatti, le norme che dispongono, in caso di sospensione condizionale della pena, deroghe alla contestuale sospensione anche delle pene accessorie, nonché quelle che determinano che la riabilitazione ottenuta dopo una condanna per reati contro la pubblica amministrazione non abbia effetto sull'interdizione perpetua dai pubblici uffici, né sull'incapacità perpetua a contrattare con la PA, sono in contrasto con il principio di proporzionalità e con la funzione rieducativa della pena;
    il testo interviene inoltre in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001, inasprendo le sanzioni interdittive applicabili alle imprese per i reati corruttivi, in termini estremamente drastici, al punto da comportare la necessità di una deroga alla disciplina generale, con un intervento sproporzionato, irragionevole e privo di coerenza sistematica, che pregiudica le esigenze della continuità produttiva, senza alcun bilanciamento con la necessaria tutela dell'attività economica – e in contrasto quindi con l'articolo 41 della Costituzione – con inevitabili ricadute negative in termini anche occupazionali e sociali;
     per quanto riguarda l'estensione della disciplina delle operazioni di polizia sotto copertura previste dal testo, sussiste più di una perplessità sulla effettiva applicabilità di questa previsione ai reati contro la pubblica amministrazione, essendo pensata per contesti relativi alla criminalità organizzata. Non viene infatti delineato con sufficiente chiarezza il confine tra la figura dell'agente sotto copertura e quella, ben diversa sotto il profilo del rispetto di elementari garanzie di legalità, del cosiddetto agente provocatore (si pensi in particolare all'estensione della causa di non punibilità alle attività «prodromiche e strumentali» alla commissione del delitto nel compimento delle quali potrebbe travalicarsi detto confine);
    come se non bastasse, nel corso dell'esame in prima lettura in Commissione giustizia in sede referente alla Camera, con un'operazione di «ampliamento del perimetro del provvedimento» del tutto discutibile, sono state introdotte norme volte a modificare gli articoli 158, 159 e 160 del codice penale che disciplinano, rispettivamente, la decorrenza, la sospensione e l'interruzione del corso della prescrizione. In particolare, la lettera d) dell'articolo 1 del testo sostituisce il primo comma dell'articolo 158, reintroducendo la formulazione anteriore alla cosiddetta legge «ex-Cirielli», in base alla quale nel reato continuato il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la continuazione. L'effetto della modifica appare dunque quello di allungare i termini di prescrizione per il reato continuato. La lettera e) modifica invece l'articolo 159 del codice penale, relativo alla sospensione del corso della prescrizione. In particolare, sostituendo il secondo comma dell'articolo, è proposta la sospensione del corso della prescrizione dalla pronuncia della sentenza in primo grado (alla quale è equiparata la pronuncia del decreto penale di condanna) fino alla data della sentenza irrevocabile (o alla data di irrevocabilità del citato decreto penale), che definisce il giudizio;
    l'istituto della prescrizione, come noto, non trova una diretta disciplina in Costituzione o nei trattati internazionali cui l'Italia ha aderito; tanto questi ultimi, quanto la nostra Carta, però, pongono principi che condizionano in profondità la discrezionalità del legislatore. Su un piano più generale, la prescrizione va intesa come istituto giuridico presupposto, in qualche modo coessenziale ad ogni ordinamento: sia in prospettiva storica che comparatistica, tutti i sistemi giuridici riconoscono effetti al decorso del tempo, alla luce di esigenze di certezza e garanzia tipiche dello Stato di diritto; anche queste, dunque, concorrono a definire i limiti e, ancor prima, la struttura logica che eventuali interventi normativi debbono osservare. In questa prospettiva, il testo proposto presenta criticità e incongruenze assai rilevanti: la sospensione della prescrizione così come prevista dalle disposizioni in esame viola senza dubbio l'articolo 111 della Costituzione, ed è irragionevole nell'economia del processo penale con una eterogenesi dei fini, tanto che la prima «vittima» sarà la stessa vittima del reato, visto che l'eventuale risarcimento verrebbe rinviato ad libitum;
    sono evidenti infatti l'irragionevolezza del bilanciamento operato e il rischio di eterogenesi dei fini, alla luce del principio di ragionevole durata del processo ex articoli 111 della Costituzione e 6 CEDU. L'obiettivo dichiarato della proposta – del tutto condivisibile – è assicurare che i colpevoli siano puniti, che non si sottraggano alla giustizia, sfruttando escamotage processuali, e più in generale contenere gli sprechi di attività della macchina giudiziaria. Con l'intervento ipotizzato, però, non si fa che scaricare sull'imputato tutto il peso delle inefficienze del sistema giudiziario: ogni ritardo, dilazione o rinvio dovuto a carichi di lavoro eccessivi o mal distribuiti, alle carenze di personale, agli atteggiamenti del personale del comparto, dai magistrati ai cancellieri, diviene processualmente irrilevante, e anzi normativamente legittimato e coperto, da questo provvedimento. Quasi come se il legislatore, anziché cercare di risolvere queste problematiche, le assumesse come una costante invariabile e immodificabile. Tutte queste disfunzioni, ataviche nel nostro sistema e per nulla presidiate da adeguate sanzioni disciplinari, non avranno più alcuna conseguenza neanche di ordine processuale: si tratta di una sorta d'impunità dell'apparato, a integrale detrimento dell'imputato, che si vede destinato a languire nel limbo di una vicenda processuale senza termini. In questo modo, l'intento di assicurare i colpevoli alla giustizia non viene conseguito allungando i tempi del processo, né sottoponendo indiscriminatamente colpevoli e innocenti alla pretesa punitiva dello Stato per un periodo indefinito;
    se, infatti, si vuole – come è doveroso – ricondurre il funzionamento della giustizia italiana entro un binario conforme sia all'esigenza di punire i colpevoli, sia ai parametri costituzionali e convenzionali dell'equo processo, non è certo dalla prescrizione che si deve partire, ma da altri aspetti «di apparato», a monte: la disciplina dei termini e dei rinvii del processo, l'organizzazione e le dotazioni degli uffici delle procure e dei tribunali, una graduazione dei reati da perseguire in via prioritaria, la responsabilità disciplinare dei magistrati per i ritardi ingiustificati. Insomma, tutti quegli aspetti rispetto ai quali innumerevoli volte la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato il nostro Paese. In tale quadro, l'intervento sulla prescrizione dovrebbe rappresentare un complemento, un posterius, da innestare sul tronco di una riforma organica del sistema, finalizzata a definire disposizioni per la ragionevole durata del processo, non certo la riforma salvifica cui affidare le sorti della giustizia;
    lo stesso parere del CSM, denuncia le notevoli criticità delle nuove disposizioni in materia di prescrizione, evidenziando che «l'eventuale allungamento della durata dei processi, quale possibile conseguenza della novella, aggraverebbe dunque il vulnus al principio di cui all'articolo 111 Cost., rispetto al quale l'Italia ha già subito condanne dalla CEDU e darebbe luogo ad una potenziale lesione del diritto di difesa dell'imputato garantito dall'articolo 24 Cost.»;
     inoltre, le nuove disposizioni rovesciano la presunzione di non colpevolezza di cui all'articolo 27 della Costituzione. Tra l'altro, se mettiamo assieme le previsioni della cosiddetta «legge Severino», l'informativa antimafia, le nuove misure previste nel disegno di legge in esame, si ha la netta impressione, almeno nel settore della pubblica amministrazione e in diversi ambiti d'interesse strategico per le imprese e l'economia, che l'irrogazione della pena, in una delle sue diverse forme, preceda di molto l'accertamento della responsabilità. Peraltro, la stessa sottoposizione a procedimento, o processo, come è stato evidenziato anche nella fase conoscitiva del provvedimento in esame, è già essa stessa una pena: e dunque, è evidente che la sospensione sine die della prescrizione equivale ad un'afflizione sine die dell'imputato, a una sorta di ergastolo processuale;
     a tal proposito, si rammenta come nella sentenza n. 124 del 1972, ribadendo la sua giurisprudenza costante, la Corte costituzionale ha ricordato come «la disposizione dell'articolo 27, secondo comma, della Costituzione, nel dichiarare che l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, vuol garantirgli l'esclusione della presunzione di colpevolezza durante tutto lo svolgimento del rapporto processuale (sentenza n. 107 del 1957; vedasi anche la sentenza n. 115 del 1964): la condizione giuridica d'imputato – è stato osservato – si ricollega al processo, mentre la condizione giuridica di condannato, cioè di colpevole, segue il processo. E ciò, sia alla stregua del concetto stesso di colpevolezza (lato sensu), che per la dottrina generale del reato è comunemente intesa come presupposto indispensabile per l'applicazione della pena; sia in conformità alla espressione testuale usata dall'Assemblea costituente, che, nel contrasto delle opinioni, non ha sancito la presunzione d'innocenza, ma, con l'emendare l'originaria proposta della I Sottocommissione, ha voluto presumibilmente asserire che durante il processo non esiste un colpevole, bensì soltanto un imputato»;
    altra forte criticità riguarda la compatibilità della misura con la funzione rieducativa della pena, anch'essa stabilita dall'articolo 27 della Costituzione. Come ribadito dalla Corte costituzionale anche nella recente sentenza n. 112 del 2018, l'istituto della prescrizione trova «la sua ratio, da un lato, nella cessazione, con il passar del tempo, dell'allarme sociale generato dal reato (sentenze n. 393 del 2006 e n. 202 del 1971, ordinanza n. 337 del 1999); dall'altro, nel “diritto all'oblio” dei cittadini, quando il reato non sia così grave da escludere tale tutela (sentenza n. 23 del 2013). Tali finalità si riflettono nella tradizionale scelta di correlare il tempo necessario a prescrivere alla gravità del reato, segnata dal livello della pena edittale. Il legislatore – si è ulteriormente osservato – è certamente abilitato a introdurre deroghe alla regola generale da lui stesso dettata [...] Resta in facoltà del legislatore, in specie, stabilire termini di prescrizione più lunghi di quelli ordinari per determinati reati, in ragione sia del particolare allarme sociale da essi generato, che conferisca loro “una ‘resistenza all'oblio’ nella coscienza comune più che proporzionale all'energia della risposta sanzionatoria”; sia della speciale complessità delle indagini richieste per l'accertamento dei fatti integrativi dei reati stessi e della laboriosità della loro verifica processuale, “cui corrisponde un fisiologico allungamento dei tempi necessari per pervenire alla sentenza definitiva” (sentenza n. 143 del 2014). La discrezionalità legislativa in materia deve essere esercitata, peraltro, sempre nei limiti del rispetto del principio di ragionevolezza e in modo tale da non determinare ingiustificabili sperequazioni di trattamento»;
    in questa prospettiva, da un lato, la sospensione a tempo indeterminato della prescrizione mina la funzione rieducativa della pena, dal momento in cui la sanzione, potendo intervenire anche a distanza di molto tempo dal fatto, viene a incidere su una personalità del reo inevitabilmente mutata nelle more: o nel senso che la rieducazione e il riallineamento alla tavola dei valori sociali sono avvenuti spontaneamente, o comunque nel senso che il disvalore del fatto si è perso nella notte dei tempi e non è dunque più possibile mettere in atto un percorso rieducativo effettivo ed attuale. Dall'altro lato, la sospensione generalizzata dalla prescrizione per tutte le tipologie di reato, alla luce della portata afflittiva che essa indubbiamente possiede, potrebbe rappresentare una irragionevole e sproporzionata omogeneizzazione di trattamento per fattispecie anche marcatamente differenti sotto il profilo del disvalore e dell'allarme sociale,

delibera di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1189-B.
N. 1. Zanettin, Sisto, Costa, Bartolozzi, Calabria, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Milanato, Pittalis, Ravetto, Santelli, Sarro, Silli, Sorte, Tartaglione.

  La Camera,
   premesso che,
    vi sono rilevanti perplessità sotto il profilo della legittimità costituzionale e nel merito dell'efficacia del provvedimento in esame;
    queste perplessità, già espresse nei precedenti passaggi parlamentari, sono confermate dalla proposta di parere elaborata dalla VI commissione del Consiglio Superiore della Magistratura e dalle prese di posizione dell'Unione delle Camere Penali Italiane;
    si sottolinea, in particolare, la dubbia legittimità costituzionale della misura che, modificando l'articolo 166 del codice penale, prevede che per alcuni reati, diversi tra di loro e che conseguono a comportamenti di gravità diversa, essendo profondamente differenziate le varie condotte sussunte nella norma incriminatrice, il giudice possa disporre che la sospensione non estenda i suoi effetti alle pene accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici e dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione; tale modifica introduce una significativa graduazione dell'apparato sanzionatorio, poiché consente al giudice di limitarsi a sospendere la pena principale, lasciando invece intatta l'applicazione di quella accessoria; la misura fissa della durata delle pene accessorie che si prolunga sine die e in maniera fissa e che si prolunghi ben oltre la durata della pena principale, viola in maniera evidente il principio di principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 e 4 della Costituzione; inoltre l'assoluta mancanza di qualunque criterio limitativo della discrezionalità del giudice rischia di sconfinare dalla discrezionalità al (possibile) arbitrio, in violazione del principi di cui all'articolo 27 della Costituzione; appare, inoltre, lapalissiana, la contraddizione tra la natura social – preventiva delle sanzioni accessorie e il loro prolungarsi senza proporzione e senza limite;
    altrettanto grave appare la novella dell'articolo 179 che prevede che la riabilitazione concessa a norma dei commi precedenti non produca effetti sulla pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici e su quella dell'incapacità di contrattare in perpetuo con la pubblica amministrazione. La novella prevede altresì che la pena accessoria sia dichiarata estinta, quando il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta e decorso un termine non inferiore a dodici anni dalla riabilitazione. Il lunghissimo periodo di tempo che deve trascorrere dalla riabilitazione prima che sia possibile l'estinzione della pena accessoria appare senza dubbio contrastare da un lato con il principio di ragionevolezza; e dall'altro con il principio della funzione rieducativa della pena di cui all'articolo 27, terzo comma, della Costituzione, che tutela, mediante un particolare tipo di prevenzione «speciale», la rieducazione, anche tutti gli altri beni garantiti dall'ordinamento, non solo il bene specificamente offeso dal reato, bensì l'intero ordinamento statale in quanto volto a realizzare una vita in comune democraticamente orientata;
    come messo in evidenza anche da molti degli esperti auditi in sede di istruttoria del provvedimento, sembra contrastare con il principio di ragionevolezza anche il nuovo istituto introdotto nel codice penale con un nuovo articolo 323-ter, rubricato come «clausola di non punibilità», che pare reintrodurre surrettiziamente e in maniera mascherata, la figura del cd. «agente provocatore»: tale disposizione, infatti, finisce per richiedere per taluni fatti una sorta di «prova diabolica», molto difficile da ricostruire, con la conseguenza che lo scudo dell'impunibilità introdotto con questa norma potrebbe facilmente favorire operazioni simulate, volte a colpire soggetti incolpevoli;
    molte delle fattispecie inserite allo scopo di combattere la corruzione, pertanto, appaiono fortemente incostituzionali e al tempo stesso del tutto inefficaci;
    con il forzato allargamento al tema della prescrizione si è deliberatamente voluto omettere di ricordare che un'ampia riforma della prescrizione è già stata compiutamente portata a termine nella scorsa legislatura all'interno della riforma del processo penale, e che, come sottolineato con vigore anche da molti degli auditi nelle commissioni in sede referente, sarebbe quantomeno necessario attendere i tempi tecnici per valutare l'impatto e l'efficacia delle nuove norme, prima di intervenire su di esse nuovamente, con la previsione della imprescrittibilità per taluni reati gravissimi ed un congruo innalzamento dei termini di prescrizione altri reati considerati più gravi;
    non si può non ricordare infatti che con la sentenza n. 143 del 2014 la Corte ha affermato che al legislatore non è certamente inibito introdurre deroghe alla regola generale di computo della prescrizione, posta dallo stesso legislatore, non potendo scorgersi nella regola generale un “momento necessario di attuazione – o di salvaguardia – di principi costituzionali” (sentenza n. 455 del 1998, ordinanza n. 288 del 1999);
    la riforma, dunque, dell'istituto della prescrizione con «blocco» dei termini dopo la sentenza di primo grado anche di assoluzione, anche secondo autorevole dottrina, pare procedere incurante dei principi costituzionali che la Costituzione riconosce e che la prescrizione presidia, tra questi la finalità rieducativa della pena, di cui al citato articolo 27 terzo comma, della Costituzione, poiché una pena irrogata dopo molto tempo potrebbe non avere, in concreto, alcuna funzione rieducativa, così del diritto alla difesa di cui all'articolo 24 della Costituzione, che potrebbe essere mortificato da un processo celebrato a notevole distanza dai fatti, distanza che rende oggettivamente complicato raccogliere elementi che permettano di esercitare a pieno il diritto di difendersi;
    nell'esercizio della sua discrezionalità, il legislatore può pertanto stabilire termini di prescrizione più brevi o più lunghi di quelli ordinari in rapporto a determinate ipotesi criminose, sulla base di valutazioni correlate alle specifiche caratteristiche degli illeciti considerati e alla ponderazione complessiva degli interessi coinvolti, come avvenuto nella riforma approvata nella scorsa legislatura; tuttavia, questione ben diversa e di dubbia costituzionalità è la previsione introdotta durante l'esame in commissione che prevede la sospensione automatica della prescrizione dopo il primo grado di giudizio quale improprio strumento per affrontare il tema della lunghezza dei processi per tutti i reati; come affermato infatti dalla Corte costituzionale nella recentissima sentenza n. 115 del 2018, essendo la prescrizione «un istituto che incide sulla punibilità della persona, riconnettendo al decorso del tempo l'effetto di impedire l'applicazione della pena, [essa] nel nostro ordinamento giuridico rientra nell'alveo costituzionale del principio di legalità penale sostanziale enunciato dall'articolo 25, secondo comma, Costituzione»;
    la prescrizione pertanto deve essere considerata un istituto sostanziale, che il legislatore può modulare attraverso un ragionevole bilanciamento tra il diritto all'oblio e l'interesse a perseguire i reati fino a quando l'allarme sociale indotto dal reato non sia venuto meno (potendosene anche escludere l'applicazione per delitti di estrema gravità), ma sempre nel rispetto di tale premessa costituzionale inderogabile (ex plurimis, sentenze n. 143 del 2014, n. 236 del 2011, n. 294 del 2010 e n. 393 del 2006; ordinanze n. 34 del 2009, n. 317 del 2000 e n. 288 del 1999);
    infine appare del tutto irragionevole la fissazione di una data per l'efficacia differita della norma, senza ulteriori chiarimenti e motivazioni, in assenza, inoltre di una complessiva riforma del sistema processual penalistico, senza attendere peraltro di poter apprezzare gli effetti della riforma varata da poco tempo. Se infatti la disposizione fosse di per sé sensata e costituzionale tanto varrebbe che se ne disponesse l'efficacia immediata,

delibera di non procedere all'esame disegno di legge n. 1189-B.
N. 2. Migliore, Bazoli, Ceccanti, Marco Di Maio, Fiano, Giorgis, Martina, Orfini, Pollastrini, Annibali, Bordo, Ferri, Miceli, Morani, Vazio, Verini.

A.C. 1189-B – Articolo Unico

ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.

  1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 9, dopo il terzo comma è aggiunto il seguente:
   «Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, la richiesta del Ministro della giustizia o l'istanza o la querela della persona offesa non sono necessarie per i delitti previsti dagli articoli 320, 321 e 346-bis»;
   b) all'articolo 10, dopo il secondo comma è aggiunto il seguente:
   «La richiesta del Ministro della giustizia o l'istanza o la querela della persona offesa non sono necessarie per i delitti previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis»;
   c) l'articolo 32-quater è sostituito dal seguente:
   «Art. 32-quater. – (Casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione) – Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 355, 356, 416, 416-bis, 437, 452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies, 452-quaterdecies, 501, 501-bis, 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 644, commessi in danno o a vantaggio di un'attività imprenditoriale o comunque in relazione ad essa, importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione»;
   d) all'articolo 158, il primo comma è sostituito dal seguente:
   «Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente o continuato, dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione»;
   e) all'articolo 159:
    1) il secondo comma è sostituito dal seguente:
   «Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell'irrevocabilità del decreto di condanna»;
    2) il terzo e il quarto comma sono abrogati;
   f) all'articolo 160:
    1) il primo comma è abrogato;
    2) al secondo comma, la parola: «pure» è soppressa;
   g) all'articolo 165, quarto comma, dopo la parola: «320» è inserita la seguente: «, 321» e le parole: «di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all'ammontare di quanto indebitamente percepito dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, ovvero, nel caso di cui all'articolo 319-ter, in favore dell'amministrazione della giustizia,» sono sostituite dalle seguenti: «della somma determinata a titolo di riparazione pecuniaria ai sensi dell'articolo 322-quater,»;
   h) all'articolo 166, primo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nondimeno, nel caso di condanna per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis, il giudice può disporre che la sospensione non estenda i suoi effetti alle pene accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici e dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione»;
   i) all'articolo 179 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
   «La riabilitazione concessa a norma dei commi precedenti non produce effetti sulle pene accessorie perpetue. Decorso un termine non inferiore a sette anni dalla riabilitazione, la pena accessoria perpetua è dichiarata estinta, quando il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta»;
   l) all'articolo 316-ter, primo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri»;
   m) l'articolo 317-bis è sostituito dal seguente:
   «Art. 317-bis. – (Pene accessorie) – La condanna per i reati di cui agli articoli 314, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'incapacità in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio. Nondimeno, se viene inflitta la reclusione per un tempo non superiore a due anni o se ricorre la circostanza attenuante prevista dall'articolo 323-bis, primo comma, la condanna importa l'interdizione e il divieto temporanei, per una durata non inferiore a cinque anni né superiore a sette anni.
   Quando ricorre la circostanza attenuante prevista dall'articolo 323-bis, secondo comma, la condanna per i delitti ivi previsti importa le sanzioni accessorie di cui al primo comma del presente articolo per una durata non inferiore a un anno né superiore a cinque anni»;
   n) all'articolo 318, primo comma, le parole: «da uno a sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «da tre a otto anni»;
   o) all'articolo 322-bis:
    1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri»;
    2) al primo comma, dopo il numero 5-bis) sono aggiunti i seguenti:
   «5-ter) alle persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di organizzazioni pubbliche internazionali;
   5-quater) ai membri delle assemblee parlamentari internazionali o di un'organizzazione internazionale o sovranazionale e ai giudici e funzionari delle corti internazionali»;
    3) al secondo comma, numero 2), le parole: «, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali ovvero al fine di ottenere o di mantenere un'attività economica o finanziaria» sono soppresse;
   p) dopo l'articolo 322-ter è inserito il seguente:
   «Art. 322-ter.1. – (Custodia giudiziale dei beni sequestrati) – I beni sequestrati nell'ambito dei procedimenti penali relativi ai delitti indicati all'articolo 322-ter, diversi dal denaro e dalle disponibilità finanziarie, possono essere affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi della polizia giudiziaria che ne facciano richiesta per le proprie esigenze operative»;
   q) all'articolo 322-quater, dopo la parola: «320» è inserita la seguente: «, 321» e le parole: «di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all'articolo 319-ter, in favore dell'amministrazione della giustizia,» sono sostituite dalle seguenti: «di una somma equivalente al prezzo o al profitto del reato a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio,»;
   r) dopo l'articolo 323-bis è inserito il seguente:
   «Art. 323-ter. – (Causa di non punibilità) – Non è punibile chi ha commesso taluno dei fatti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322-bis, limitatamente ai delitti di corruzione e di induzione indebita ivi indicati, 353, 353-bis e 354 se, prima di avere notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini in relazione a tali fatti e, comunque, entro quattro mesi dalla commissione del fatto, lo denuncia volontariamente e fornisce indicazioni utili e concrete per assicurare la prova del reato e per individuare gli altri responsabili.
   La non punibilità del denunciante è subordinata alla messa a disposizione dell'utilità dallo stesso percepita o, in caso di impossibilità, di una somma di denaro di valore equivalente, ovvero all'indicazione di elementi utili e concreti per individuarne il beneficiario effettivo, entro il medesimo termine di cui al primo comma.
   La causa di non punibilità non si applica quando la denuncia di cui al primo comma è preordinata rispetto alla commissione del reato denunciato. La causa di non punibilità non si applica in favore dell'agente sotto copertura che ha agito in violazione delle disposizioni dell'articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146»;
   s) l'articolo 346 è abrogato;
   t) all'articolo 346-bis:
    1) il primo comma è sostituito dal seguente:
   «Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all'articolo 322-bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, ovvero per remunerarlo in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi»;
    2) al secondo e al terzo comma, le parole: «altro vantaggio patrimoniale» sono sostituite dalle seguenti: «altra utilità»;
    3) al quarto comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio»;
   u) all'articolo 646, primo comma, le parole: «con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032» sono sostituite dalle seguenti: «con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000»;
   v) all'articolo 649-bis sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero se la persona offesa è incapace per età o per infermità o se il danno arrecato alla persona offesa è di rilevante gravità».

  2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere d), e) e f), entrano in vigore il 1o gennaio 2020.
  3. Il comma 2 dell'articolo 6 del decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, è abrogato.

  4. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 266, comma 2-bis, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata ai sensi dell'articolo 4»;
   b) all'articolo 267, comma 1, terzo periodo, dopo le parole: «all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater,» sono inserite le seguenti: «e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata ai sensi dell'articolo 4,»;
   c) dopo l'articolo 289 è inserito il seguente:
   «Art. 289-bis.(Divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione) 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, il giudice interdice temporaneamente all'imputato di concludere contratti con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio. Qualora si proceda per un delitto contro la pubblica amministrazione, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287, comma 1»;
   d) all'articolo 444, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
   « 3-bis. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis del codice penale, la parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l'efficacia all'esenzione dalle pene accessorie previste dall'articolo 317-bis del codice penale ovvero all'estensione degli effetti della sospensione condizionale anche a tali pene accessorie. In questi casi il giudice, se ritiene di applicare le pene accessorie o ritiene che l'estensione della sospensione condizionale non possa essere concessa, rigetta la richiesta»;
   e) all'articolo 445:
    1) al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei casi previsti dal presente comma è fatta salva l'applicazione del comma 1-ter»;
    2) dopo il comma 1-bis è inserito il seguente:
   « 1-ter. Con la sentenza di applicazione della pena di cui all'articolo 444, comma 2, del presente codice per taluno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis del codice penale, il giudice può applicare le pene accessorie previste dall'articolo 317-bis del codice penale»;
   f) all'articolo 578-bis, comma 1, dopo le parole: «e da altre disposizioni di legge» sono inserite le seguenti: «o la confisca prevista dall'articolo 322-ter del codice penale»;
   g) all'articolo 683, comma 1:
    1) al primo periodo, dopo le parole: «quando la legge non dispone altrimenti» sono aggiunte le seguenti: «, e sull'estinzione della pena accessoria nel caso di cui all'articolo 179, settimo comma, del codice penale»;
    2) al secondo periodo, dopo le parole: «sulla revoca» sono inserite le seguenti: «della riabilitazione».

  5. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 2635, il quinto comma è abrogato;
   b) all'articolo 2635-bis, il terzo comma è abrogato.

  6. All'articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) dopo le parole: «collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter della presente legge» sono inserite le seguenti: «o a norma dell'articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale»;
   b) dopo le parole: «mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli» sono inserite le seguenti: «314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis,».

  7. All'articolo 47, comma 12, primo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, dopo le parole: «effetto penale» sono aggiunte le seguenti: «, ad eccezione delle pene accessorie perpetue».
  8. All'articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
   « a) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis, 452-quaterdecies, 453, 454, 455, 460, 461, 473, 474, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter, nonché nel libro secondo, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale, ai delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi, ai delitti previsti dall'articolo 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché ai delitti previsti dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, anche per interposta persona, danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro o altra utilità, armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto, prezzo o mezzo per commettere il reato o ne accettano l'offerta o la promessa o altrimenti ostacolano l'individuazione della loro provenienza o ne consentono l'impiego ovvero corrispondono denaro o altra utilità in esecuzione di un accordo illecito già concluso da altri, promettono o danno denaro o altra utilità richiesti da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio o sollecitati come prezzo della mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o per remunerarlo o compiono attività prodromiche e strumentali».

  9. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 13, comma 2, le parole: «Le sanzioni interdittive» sono sostituite dalle seguenti: «Fermo restando quanto previsto dall'articolo 25, comma 5, le sanzioni interdittive»;
   b) all'articolo 25:
    1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
   « 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 321, 322, commi primo e terzo, e 346-bis del codice penale, si applica la sanzione pecuniaria fino a duecento quote»;
    2) il comma 5 è sostituito dal seguente:
   « 5. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sette anni, se il reato è stato commesso da uno dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), e per una durata non inferiore a due anni e non superiore a quattro, se il reato è stato commesso da uno dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b)»;
    3) dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:
   « 5-bis. Se prima della sentenza di primo grado l'ente si è efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione dei responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite e ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, le sanzioni interdittive hanno la durata stabilita dall'articolo 13, comma 2»;
   c) all'articolo 51:
    1) al comma 1, le parole: «la metà del termine massimo indicato dall'articolo 13, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «un anno»;
    2) al comma 2, secondo periodo, le parole: «i due terzi del termine massimo indicato dall'articolo 13, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «un anno e quattro mesi».

  10. Il Governo non rinnova, alla scadenza, le riserve apposte alla Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n. 110, diverse da quelle aventi ad oggetto le condotte di corruzione passiva dei pubblici ufficiali stranieri e quelle di corruzione, sia attiva che passiva, dei membri delle assemblee pubbliche straniere, fatta eccezione per quelle degli Stati membri dell'Unione europea e delle assemblee parlamentari internazionali.
  11. Con l'elargizione di contributi in denaro complessivamente superiori nell'anno a euro 500 per soggetto erogatore, o di prestazioni o altre forme di sostegno di valore equivalente per soggetto erogatore, a partiti o movimenti politici di cui all'articolo 18 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, nonché alle liste e ai candidati alla carica di sindaco partecipanti alle elezioni amministrative nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, s'intende prestato il consenso alla pubblicità dei dati da parte dei predetti soggetti erogatori. È fatto divieto ai partiti o movimenti politici di ricevere contributi, prestazioni gratuite o altre forme di sostegno a carattere patrimoniale, in qualsiasi modo erogati, ivi compresa la messa a disposizione con carattere di stabilità di servizi a titolo gratuito, da parte di persone fisiche o enti che si dichiarino contrari alla pubblicità dei relativi dati. Per i contributi, le prestazioni o altre forme di sostegno di cui al primo periodo sono annotati, entro il mese solare successivo a quello di percezione, in apposito registro custodito presso la sede legale del partito o movimento politico, l'identità dell'erogante, l'entità del contributo o il valore della prestazione o della diversa forma di sostegno e la data dell'erogazione. In caso di scioglimento anche di una sola Camera, il termine indicato al terzo periodo è ridotto a quindici giorni decorrenti dalla data dello scioglimento e in ogni caso l'annotazione deve essere eseguita entro il mese solare successivo a quello di percezione. Entro gli stessi termini di cui al terzo e al quarto periodo, i dati annotati devono risultare dal rendiconto di cui all'articolo 8 della legge 2 gennaio 1997, n. 2, ed essere pubblicati nel sito internet istituzionale del partito o movimento politico, ovvero nel sito internet della lista o del candidato di cui al primo periodo del presente comma, per un tempo non inferiore a cinque anni. Sono esenti dall'applicazione delle disposizioni del presente comma le attività a contenuto non commerciale, professionale o di lavoro autonomo di sostegno volontario all'organizzazione e alle iniziative del partito o movimento politico, fermo restando per tutte le elargizioni l'obbligo di rilasciarne ricevuta, la cui matrice viene conservata, per finalità di computo della complessiva entità dei contributi riscossi dal partito o movimento politico.
  12. Ai partiti e ai movimenti politici e alle liste di cui al comma 11, primo periodo, è fatto divieto di ricevere contributi, prestazioni o altre forme di sostegno provenienti da governi o enti pubblici di Stati esteri e da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero non assoggettate a obblighi fiscali in Italia. È fatto divieto alle persone fisiche maggiorenni non iscritte nelle liste elettorali o private del diritto di voto di elargire contributi ai partiti o movimenti politici ovvero alle liste di cui al comma 11, primo periodo.
  13. I contributi ricevuti in violazione dei divieti di cui ai commi 11 e 12 o in assenza degli adempimenti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto periodo del comma 11 non sono ripetibili e sono versati alla cassa delle ammende, di cui all'articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547, entro dieci giorni dalla scadenza dei termini di cui ai predetti periodi del comma 11.
  14. Entro il quattordicesimo giorno antecedente la data delle competizioni elettorali di qualunque genere, escluse quelle relative a comuni con meno di 15.000 abitanti, i partiti e i movimenti politici, nonché le liste di cui al comma 11, primo periodo, hanno l'obbligo di pubblicare nel proprio sito internet il curriculum vitae fornito dai loro candidati e il relativo certificato penale rilasciato dal casellario giudiziale non oltre novanta giorni prima della data fissata per la consultazione elettorale. Ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di pubblicazione nel sito internet di cui al presente comma non è richiesto il consenso espresso degli interessati. Nel caso in cui il certificato penale sia richiesto da coloro che intendono candidarsi alle elezioni di cui al presente comma, per le quali sono stati convocati i comizi elettorali, dichiarando contestualmente, sotto la propria responsabilità ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che la richiesta di tali certificati è finalizzata a rendere pubblici i dati ivi contenuti in occasione della propria candidatura, le imposte di bollo e ogni altra spesa, imposta e diritto dovuti ai pubblici uffici sono ridotti della metà.
  15. In apposita sezione, denominata «Elezioni trasparenti», del sito internet dell'ente cui si riferisce la consultazione elettorale, ovvero del Ministero dell'interno in caso di elezioni del Parlamento nazionale o dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, entro il settimo giorno antecedente la data della consultazione elettorale, per ciascuna lista o candidato ad essa collegato nonché per ciascun partito o movimento politico che presentino candidati alle elezioni di cui al comma 14 sono pubblicati in maniera facilmente accessibile il curriculum vitae e il certificato penale dei candidati rilasciato dal casellario giudiziale non oltre novanta giorni prima della data fissata per l'elezione, già pubblicati nel sito internet del partito o movimento politico ovvero della lista o del candidato con essa collegato di cui al comma 11, primo periodo, previamente comunicati agli enti di cui al presente periodo. La pubblicazione deve consentire all'elettore di accedere alle informazioni ivi riportate attraverso la ricerca per circoscrizione, collegio, partito e per cognome e nome del singolo candidato. Con decreto del Ministro dell'interno, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità tecniche di acquisizione dei dati su apposita piattaforma informatica.
  16. I partiti e i movimenti politici trasmettono annualmente i rendiconti di cui all'articolo 8 della legge 2 gennaio 1997, n. 2, e i relativi allegati, corredati della certificazione e del giudizio del revisore legale, redatti ai sensi della normativa vigente, alla Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di cui all'articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96.
  17. All'articolo 5 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al comma 2-bis, le parole: «superiore alla somma di 5.000 euro l'anno» sono sostituite dalle seguenti: «superiore alla somma di 500 euro l'anno» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I contributi ricevuti nei sei mesi precedenti le elezioni per il rinnovo del Parlamento, o comunque dopo lo scioglimento anticipato delle Camere, sono pubblicati entro i quindici giorni successivi al loro ricevimento»;
   b) al comma 3:
    1) il primo periodo è soppresso;
    2) al secondo periodo:
     2.1) le parole: «Nei casi di cui al presente comma,» sono soppresse;
     2.2) le parole: «delle erogazioni» sono sostituite dalle seguenti: «dei finanziamenti o dei contributi erogati in favore dei partiti politici iscritti nel registro di cui all'articolo 4»;
     2.3) le parole: «euro 5.000» sono sostituite dalle seguenti: «euro 500»;
    3) al terzo periodo, le parole: «entro tre mesi dalla percezione» sono sostituite dalle seguenti: «entro il mese solare successivo a quello di percezione»;
    4) al quinto periodo, le parole: «sono pubblicati» sono sostituite dalle seguenti: «è pubblicato» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «contestualmente alla sua trasmissione alla Presidenza della Camera»;
    5) il settimo periodo è sostituito dal seguente: «Ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di pubblicazione nei siti internet di cui al quarto e quinto periodo del presente comma non è richiesto il rilascio del consenso espresso degli interessati»;
    6) l'ottavo periodo è soppresso.

  18. All'articolo 4, terzo comma, della legge 18 novembre 1981, n. 659, la parola: «cinquemila» è sostituita dalla seguente: «tremila».
  19. All'articolo 7, primo comma, primo periodo, della legge 2 maggio 1974, n. 195, dopo le parole: «natura privatistica,» sono inserite le seguenti: «nonché delle cooperative sociali e dei consorzi disciplinati dalla legge 8 novembre 1991, n. 381,».
  20. All'articolo 5 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, il comma 4 è sostituito dal seguente:
   « 4. Ai sensi e per gli effetti del presente articolo, sono equiparate ai partiti e movimenti politici le fondazioni, le associazioni e i comitati la composizione dei cui organi direttivi sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici ovvero i cui organi direttivi siano composti in tutto o in parte da membri di organi di partiti o movimenti politici ovvero persone che siano o siano state, nei dieci anni precedenti, membri del Parlamento nazionale o europeo o di assemblee elettive regionali o locali ovvero che ricoprano o abbiano ricoperto, nei dieci anni precedenti, incarichi di governo al livello nazionale, regionale o locale ovvero incarichi istituzionali per esservi state elette o nominate in virtù della loro appartenenza a partiti o movimenti politici, nonché le fondazioni e le associazioni che eroghino somme a titolo di liberalità o contribuiscano in misura pari o superiore a euro 5.000 l'anno al finanziamento di iniziative o servizi a titolo gratuito in favore di partiti, movimenti politici o loro articolazioni interne, di membri di organi di partiti o movimenti politici o di persone che ricoprono incarichi istituzionali».

  21. Al partito o al movimento politico che viola i divieti di cui ai commi 11, secondo periodo, e 12 del presente articolo la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di cui all'articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96, applica la sanzione amministrativa pecuniaria di importo non inferiore al triplo e non superiore al quintuplo del valore dei contributi, delle prestazioni o delle altre forme di sostegno a carattere patrimoniale ricevuti.
  22. Al partito o al movimento politico che viola gli obblighi previsti dai commi 11, terzo, quarto e quinto periodo, e 13 del presente articolo la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di cui all'articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96, applica la sanzione amministrativa pecuniaria di importo non inferiore al triplo e non superiore al quintuplo del valore dei contributi, delle prestazioni o delle altre forme di sostegno a carattere patrimoniale non annotati o non versati. Nei casi di cui al periodo precedente, se gli obblighi sono adempiuti con un ritardo non superiore a trenta giorni, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di importo non inferiore alla metà e non superiore al doppio del valore dei contributi, delle prestazioni o delle altre forme di sostegno a carattere patrimoniale tardivamente annotati o versati.
  23. Al partito o al movimento politico che viola gli obblighi previsti dai commi 14 e 16 del presente articolo la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di cui all'articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96, applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 12.000 a euro 120.000.
  24. Ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dai commi 21, 22 e 23 del presente articolo nonché ai fini della tutela giurisdizionale si applicano le disposizioni generali contenute nelle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, salvo quanto diversamente previsto dall'articolo 9 della legge 6 luglio 2012, n. 96. Non si applicano gli articoli 16 e 26 della medesima legge n. 689 del 1981.
  25. Le somme riscosse in applicazione delle sanzioni di cui ai commi 21, 22 e 23 del presente articolo sono versate alla cassa delle ammende, di cui all'articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547.
  26. A decorrere dalla data di scioglimento anche di una sola Camera, la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di cui all'articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96, siede in permanenza per la verifica dell'applicazione delle disposizioni introdotte dalla presente legge. A tal fine, con atto congiunto del Presidente del Senato della Repubblica e del Presidente della Camera dei deputati possono essere stabilite norme di organizzazione e modalità operative.
  27. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, un decreto legislativo recante un testo unico nel quale, con le sole modificazioni necessarie al coordinamento normativo, sono riunite le disposizioni di cui ai commi da 11 a 26 e le altre disposizioni legislative vigenti in materia di contributi ai candidati alle elezioni e ai partiti e ai movimenti politici, di rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie, nonché in materia di trasparenza, democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta a loro favore.
  28. Ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui ai commi da 11 a 27 del presente articolo, le fondazioni, le associazioni e i comitati di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, come sostituito dal comma 20 del presente articolo, sono equiparati ai partiti e movimenti politici, a prescindere dall'iscrizione del partito o movimento politico cui sono collegati nel registro di cui all'articolo 4 del medesimo decreto-legge n. 149 del 2013.
  29. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  30. Le amministrazioni competenti provvedono alle attività previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 1.

  Al comma 1, dopo la lettera i), aggiungere la seguente:
   i-bis)
all'articolo 314, primo comma, dopo le parole: «se ne appropria» sono aggiunte le seguenti «anche mediante distrazione»
1. 9. Vitiello.

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:
   q-bis) all'articolo 323 il primo comma è sostituito dal seguente:
  «Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, ponendo in essere un atto del suo ufficio in manifesta violazione di specifiche norme di legge o non astenendosi nei casi previsti dalla legge, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni».
1. 14. Costa, Sisto, Bartolozzi, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Sarro, Zanettin, Ravetto, Siracusano.

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:
   q-bis) all'articolo 323, primo comma, dopo le parole: «in violazione di» sono aggiunte le seguenti: «specifiche».
1. 15. Costa, Sisto, Bartolozzi, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Sarro, Zanettin, Ravetto, Siracusano.

EMENDAMENTI NON SEGNALATI PER LA VOTAZIONE

ART. 1.

  Al comma 1, dopo la lettera i), aggiungere la seguente:
   i-bis)
all'articolo 314, primo comma, dopo le parole: «se ne appropria» sono aggiunte le seguenti «ovvero lo distrae»
1. 10. Vitiello.

  Al comma 1, dopo la lettera i), aggiungere la seguente:
   i-bis)
all'articolo 314, dopo il primo comma, è aggiunto il seguente:
  «Si applica la stessa pena se il fatto del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio consiste nella distrazione di somme di denaro o di altra cosa mobile altrui delle quali ha il possesso o comunque la autonoma disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, nell'ambito di un procedimento disciplinato da legge o regolamento che appartenga alla sua competenza».
1. 11. Vitiello.

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:
   q-bis)
all'articolo 323, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente:
  «La pena non può essere inferiore a due anni se il fatto del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio consiste nella distrazione di somme di denaro o di altra cosa mobile altrui delle quali ha il possesso o comunque la autonoma disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, nell'ambito di un procedimento disciplinato da legge o regolamento che appartenga alla sua competenza».
1. 16. Vitiello.

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:
   q-bis)
all'articolo 323, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente:
  «Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se il fatto del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio consiste nella distrazione di somme di denaro o di altra cosa mobile altrui delle quali ha il possesso o comunque la autonoma disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, nell'ambito di un procedimento disciplinato da legge o regolamento che appartenga alla sua competenza».
1. 17. Vitiello.

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:
   q-bis)
all'articolo 323, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente:
  «Si applica la pena della reclusione da due a cinque anni se il fatto del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio consiste nella distrazione di somme di denaro o di altra cosa mobile altrui delle quali ha il possesso o comunque la autonoma disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, nell'ambito di un procedimento disciplinato da legge o regolamento che appartenga alla sua competenza».
1. 18. Vitiello.

A.C. 1189-B – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene diverse misure in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici, in particolare si stabilisce che i contributi, le prestazioni gratuite o altre forme di sostegno debbano ricevere la più ampia pubblicità;
    la nostra Costituzione all'articolo 67 dispone che: «ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»;
    i parlamentari svolgono il loro incarico senza obbligo nei confronti di partiti, programmi elettorali o dei cittadini stessi;
    è una prassi non da sottovalutare, che gruppi di interesse o grandi ditte fanno «lobbying», dando contributi ai partiti per finanziare indirettamente assistenti parlamentari per senatori e deputati;
    il budget dei parlamentari per i collaboratori – di fatto compreso nella dotazione dei rimborsi delle spese per l'esercizio del mandato assegnato ad ogni singolo deputato – è in pratica ridotto a euro 1.800,00 con il quale si può finanziare un normale collaboratore solo al 40 per cento;
    per pagare onestamente un collaboratore con laurea, dottorato e disposto a lavorare 12 ore al giorno, ci vogliono almeno euro 4.500,00 al mese di costo globale;
    questa mancanza di finanziamento regolare apre la porta alle «lobby» che possono così ridurre indirettamente la libertà di esercizio del parlamentare;
    ciò si potrebbe evitare, adeguando l'attuale disciplina per i collaboratori a quella adottata dal Parlamento Europeo, dove ogni deputato ha un proprio assistente pagato con un contratto trasparente ed uniforme;
    tuttavia la mancanza di una chiara e definita disciplina relativa alla figura professionale e al rapporto di lavoro tra deputati e collaboratori parlamentari rischia di intaccare seriamente la certezza dei diritti e delle tutele previsti dalla legislazione vigente in materia di lavoro;
    un intervento regolamentare potrebbe risolvere le problematiche relative alla figura del collaboratore parlamentare, adeguando l'attuale disciplina a quella adottata dal Parlamento europeo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, con un apposito intervento normativo, una apposita disciplina per l'attività dei collaboratori parlamentari.
9/1189-B/1Plangger, Schullian, Gebhard, Emanuela Rossini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 346-bis del codice penale, modificato dal testo in esame, che intende punire il traffico di influenze illecite, è stato oggetto di rilievi della Corte di Cassazione che fin dal 15 novembre del 2012 ha chiesto di definire il confine tra la mediazione lecita e quella illecita come avviene in altri Paesi ove – scrive la Cassazione – «è riconosciuta la liceità di attività di mediazione e rappresentanza esercitate in forma professionale specie presso istituzioni politiche o amministrative»;
    la Cassazione nota che, in assenza di questa distinzione, esiste «la possibilità tutt'altro che remota di ritenere sanzionate condotte altrove ritenute del tutto lecite (si pensi all'azione, appunto, di gruppi di pressione per conto di portatori di interessi particolari)»;
    alla luce di queste considerazioni, e tenendo conto che un ramo del Parlamento, 4 Ministeri e 7 Regioni si sono già dotate di regole e registri per i rappresentanti di interessi,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a una integrazione dell'articolo 346- bis che definisca lecite solo le mediazioni svolte da chi si occupa professionalmente delle relazioni con le istituzioni con il fine di concorrere in maniera trasparente alla produzione normativa, a condizione che sia iscritto, e ne rispetti le regole, nell'apposito Registro dei rappresentanti di interessi, ove esistente, o ad un'associazione di professionisti delle relazioni istituzionali che rilascia l'attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi prestati dai soci, inclusa nell'Elenco istituito presso il MISE ai sensi della legge 4/2013, ove non sia presente il Registro dei rappresentanti di interesse.
9/1189-B/2Zanettin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 346-bis del codice penale, modificato dal testo in esame, che intende punire il traffico di influenze illecite, è stato oggetto di rilievi della Corte di Cassazione che fin dal 15 novembre del 2012 ha chiesto di definire il confine tra la mediazione lecita e quella illecita come avviene in altri Paesi ove – scrive la Cassazione – «è riconosciuta la liceità di attività di mediazione e rappresentanza esercitate in forma professionale specie presso istituzioni politiche o amministrative»;
    la Cassazione nota che, in assenza di questa distinzione, esiste «la possibilità tutt'altro che remota di ritenere sanzionate condotte altrove ritenute del tutto lecite (si pensi all'azione, appunto, di gruppi di pressione per conto di portatori di interessi particolari)»;
    alla luce di queste considerazioni, e tenendo conto che un ramo del Parlamento, 4 Ministeri e 7 Regioni si sono già dotate di regole e registri per i rappresentanti di interessi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a definire in modo chiaro e definito un sistema di regole e registri per i rappresentanti di interessi in relazione alle loro attività nei confronti di organi governativi e parlamentari.
9/1189-B/2. (Testo modificato nel corso della seduta) Zanettin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici;
    l'articolo 39 della Costituzione in tema di organizzazione sindacale, prevede che «Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica»;
    tali disposizioni avrebbero dovuto essere attuate mediante l'adozione di norme legislative che però a tutt'oggi non sono state emanate, e in ragione di ciò i sindacati sono configurabili come enti di fatto cui si applica la normativa di diritto comune in materia di associazioni;
    la mancata attuazione dell'articolo 39 ha determinato nel tempo distorsioni nell'attività dei sindacati, istituzionalmente volta alla tutela dei lavoratori;
    la loro attuale configurazione giuridica quali enti di fatto li pone sullo stesso piano dei partiti politici e come si è fatto con questi appare opportuno prevedere norme che ne garantiscano la trasparenza,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative necessarie, per quanto di competenza, volte a garantire la massima trasparenza nell'attività svolta dai sindacati, con particolare riferimento al tema delle incompatibilità tra incarichi ricoperti all'interno e all'esterno di tali organizzazioni e a quello dei finanziamenti ricevuti ed erogati dagli stessi.
9/1189-B/3Luca De Carlo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici;
    in particolare, l'articolo 14 estende alle fondazioni, associazioni e comitati, al ricorrere di determinate condizioni, i medesimi obblighi in materia di trasparenza e rendicontazione stabiliti per i partiti o movimenti politici dallo stesso ddl e dall'articolo 5 del decreto-legge n. 149 del 2013, modificato dal provvedimento;
    per l'estensione delle norme il testo fa espresso riferimento alle fondazioni, associazioni e comitati la cui composizione degli organi direttivi sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici; i cui organi direttivi siano composti in tutto o in parte da membri di organi di partiti o movimenti politici ovvero da persone che nei dieci anni precedenti siano stati membri di assemblee elettive e, in particolare, del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo o di Assemblee elettive regionali o locali, ovvero da coloro che ricoprono o che abbiano ricoperto, nei dieci anni precedenti, incarichi di governo a livello nazionale, regionale o locale ovvero incarichi istituzionali nelle fondazioni, associazioni o comitati per esservi stati eletti o nominati in virtù’ della loro appartenenza a partiti o movimenti politici, che erogano somme a titolo di liberalità o contribuiscono in misura pari o superiore a 5.000 euro annui al finanziamento di iniziative o servizi a titolo gratuito in favore di partiti, movimenti politici o loro articolazioni interne, di membri di organi di partiti o movimenti politici o di persone che ricoprono incarichi istituzionali;
    tale previsione normativa non appare tuttavia esaustiva della molteplicità di persone giuridiche, fondazioni, associazioni e comitati collegati a vario titolo a partiti e movimenti politici,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative volte a estendere gli obblighi in materia di rendicontazione e trasparenza previste dal disegno di legge in esame in capo ai partiti e movimenti politici anche alle persone giuridiche, fondazioni, associazioni e comitati che abbiano come scopo sociale non solo l'elaborazione di politiche pubbliche, ma anche l'elaborazione di indirizzi, codici etici, piattaforme dei partiti o movimenti politici o comitati elettorali, ovvero che ricevano erogazioni economiche da partiti, movimenti, comitati o da loro singoli esponenti, in misura pari o superiore ad euro 5.000 all'anno, finalizzate allo svolgimento di attività o servizi a supporto degli stessi.
9/1189-B/4Maschio, Varchi, Prisco, Donzelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici;
    in particolare, l'articolo 14 estende alle fondazioni, associazioni e comitati, al ricorrere di determinate condizioni, i medesimi obblighi in materia di trasparenza e rendicontazione stabiliti per i partiti o movimenti politici dallo stesso ddl e dall'articolo 5 del decreto-legge n. 149 del 2013, modificato dal provvedimento;
    per l'estensione delle norme il testo fa espresso riferimento alle fondazioni, associazioni e comitati la cui composizione degli organi direttivi sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici; i cui organi direttivi siano composti in tutto o in parte da membri di organi di partiti o movimenti politici ovvero da persone che nei dieci anni precedenti siano stati membri di assemblee elettive e, in particolare, del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo o di Assemblee elettive regionali o locali, ovvero da coloro che ricoprono o che abbiano ricoperto, nei dieci anni precedenti, incarichi di governo a livello nazionale, regionale o locale ovvero incarichi istituzionali nelle fondazioni, associazioni o comitati per esservi stati eletti o nominati in virtù’ della loro appartenenza a partiti o movimenti politici, che erogano somme a titolo di liberalità o contribuiscono al finanziamento di iniziative o servizi a titolo gratuito in favore di partiti, movimenti politici o loro articolazioni interne, di membri di organi di partiti o movimenti politici o di persone che ricoprono incarichi istituzionali,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative volte a estendere gli obblighi in materia di rendicontazione e trasparenza previste dal disegno di legge in esame in capo ai partiti e movimenti politici anche alle persone giuridiche, fondazioni, associazioni e comitati che abbiano come scopo sociale non solo l'elaborazione di politiche pubbliche, ma anche l'elaborazione di indirizzi, codici etici, piattaforme dei partiti o movimenti politici o comitati elettorali, ovvero che per tali finalità ricevano erogazioni economiche da partiti, movimenti, comitati o da loro singoli esponenti, finalizzate allo svolgimento di attività o servizi a supporto degli stessi.
9/1189-B/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Maschio, Varchi, Prisco, Donzelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in votazione, reca misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici;
    nello specifico, il provvedimento mira a contrastare la corruzione e gli altri reati contro la pubblica amministrazione che alimentano mercati illegali, distorcendo la concorrenza e che causano la distorsione delle funzioni amministrative alterando i meccanismi della competizione fra imprese e fra individui, favorendone alcune o alcuni a danno di altri, a prescindere dalle effettive qualità imprenditoriali o professionali dei soggetti coinvolti;
    è degli ultimi anni il fenomeno di malaffare, noto alle cronache con il nome di mafia capitale, che ha coinvolto pubbliche amministrazioni e gestione dei servizi, rivelando un sistema clientelare nell'assegnazione di tali servizi;
    in particolare, tale sistema sarebbe stato attivo con riferimento alla distribuzione degli appalti e dei connessi finanziamenti per la gestione delle strutture destinate all'accoglienza degli immigrati e dei nomadi e avrebbe permesso l'aggiudicazione sempre in capo alle stesse cooperative, grazie all'intermediazione di determinati soggetti della pubblica amministrazione;
    grazie all'emendamento presentato da Fratelli d'Italia e approvato in prima lettura alla Camera, è stato possibile impedire automaticamente che le cooperative sociali possano finanziare partiti politici. Tutto ciò a garanzia di una maggiore efficienza e trasparenza del sistema;
    la norma, attualmente prevista solo per le cooperative sociali, arrecherebbe un vantaggio maggiore alla collettività, se estesa a tutte le cooperative, dal momento che, una volta applicata, darà la possibilità a tutte di operare libere da eventuali potenziali corruttori e soprattutto in un regime di libera concorrenza, senza cooperative più amiche delle altre che hanno agevolazioni nella pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere la norma applicata per le cooperative sociali, e tesa ad impedire che vengano erogati finanziamenti a qualunque titolo in favore di partiti politici anche a tutti i consorzi e a tutte le cooperative.
9/1189-B/5Donzelli, Prisco, Maschio, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame al capo I sono previste nuove misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato;
    l'ordinamento giuridico italiano con l'articolo 111 della Costituzione prevede il principio del giusto processo; l'articolo, modificato con la legge costituzionale 1/1999, al secondo comma dispone: «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale», e segue, «la legge ne assicura la ragionevole durata»;
    il principio relativo alla ragionevole durata del processo è sancito anche dall'articolo 111 della Costituzione, e che è stato inserito nell'Ordinamento Italiano con la Legge 24 marzo 2001, n. 89, altrimenti nota come Legge Pinto nella quale sono stati scanditi i tempi della «ragionevolezza»;
    al fine di evitare un esorbitante ricorso di massa al rimedio della riparazione, l'articolo 2-bis (introdotto dall'articolo 55, comma 1, lettera a), decreto-legge 83 del 2012) provvede a fissare i termini la cui violazione giustifica l'azione da parte del privato leso. In particolare, si stabilisce la durata massima del giudizio di primo grado in 3 anni, in 2 anni nel secondo grado ed, infine, in un anno nel giudizio di legittimità; tali termini, in ogni caso, si ritengono rispettati anche se in concreto sforino il limite stabilito, qualora il processo si sia comunque concluso in sei anni con sentenza passata in giudicato (articolo 2-ter).
    la Carta dei diritti dell'Unione europea, adottata a Nizza nel 2000, all'articolo 47 espressamente dispone: «Il diritto di ogni individuo a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente e entro un termine ragionevole da un giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge»;
    la Carta UE, prevede il rispetto di un termine ragionevole, che è tanto più vincolante in quanto si ricordi che la stessa Carta, con la stipula del Trattato di Lisbona del 2008, ha acquisito lo stesso rango dei trattati ed è quindi vincolante all'interno di ciascun Stato membro;
    la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla «legge Pinto» nello scorso aprile 2018, e ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4, nella parte in cui non prevede che la domanda di equa riparazione, una volta maturato il ritardo, possa essere proposta in pendenza del procedimento presupposto;
    risulta indispensabile una analisi approfondita sulle soluzioni deflazionistiche del contenzioso in ambito civile, penale e amministrativo al fine di garantire giustizia ed evitare la violazione dei ragionevoli tempi di durata dei processi;
    sotto il profilo temporale, è giusto sottolineare, che il «giusto processo» significa anche definizione della causa in tempi rapidi o, quanto meno, ragionevoli, secondo il principio per cui la durata del processo non può andare a danno della parte che ha ragione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere iniziative normative volte ad assicurare un «servizio giustizia» per il tramite di una riforma, organica ed efficace, della giustizia, sia nei suoi aspetti organizzativi e strumentali, sia volta ad incentivare la professionalità dei giudici e degli avvocati, quali protagonisti primi del processo e dell'istituto giuridico della prescrizione.
9/1189-B/6Silvestroni.


MOZIONI MELONI ED ALTRI N. 1-00080, SCALFAROTTO ED ALTRI N. 1-00089, FORNARO ED ALTRI N. 1-00095, EMANUELA ROSSINI ED ALTRI N. 1-00096 E GREGORIO FONTANA ED ALTRI N. 1-00099 CONCERNENTI LA SOTTOSCRIZIONE DEL COSIDDETTO GLOBAL COMPACT IN MATERIA DI MIGRAZIONI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il Global Compact, ovvero il «Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare», viene presentata come la più ampia iniziativa strategica di revisione dei flussi migratori e della loro gestione, nata sulla spinta della Dichiarazione di New York, sottoscritta in sede Onu il 5 agosto 2016, e ne traccia gli obiettivi fondamentali;
    il Global Compact è finanziato da contributi volontari dei Governi a UN Trust fund;
    l'11 dicembre 2018 a Marrakech 164 nazioni hanno sottoscritto il Global Compact for safe, orderly and regular migration;
    Stati Uniti, Australia, Ungheria, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria, Polonia, Lettonia, Cile, Croazia, Svizzera e Israele non hanno sottoscritto e non sottoscriveranno il Global Compact sulle migrazioni, sul presupposto che il documento non stabilisce una netta differenza tra migrazione legale ed illegale,

impegna il Governo

1) a non sottoscrivere il Global Compact for safe, orderly and regular migration.
(1-00080) (Ulteriore nuova formulazione) «Meloni, Lollobrigida, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Fidanza, Zucconi».


   La Camera,
   premesso che:
    l'11 dicembre 2018 a Marrakech, in Marocco, al summit delle Nazioni Unite è prevista la firma del Global Compact for migration, il trattato proposto dall'Onu per favorire una migrazione a livello globale che «sia sicura, ordinata e regolare», firmato da 193 Paesi nel 2016, nell'Assemblea generale delle Nazioni Unite di New York, come base per arrivare alla firma definitiva del mese di dicembre 2018;
    il principale obiettivo del Global Compact è creare una rete internazionale per l'accoglienza di migranti e rifugiati. Il punto di partenza è il principio che la questione delle migrazioni debba essere affrontata a livello globale tramite una rete di collaborazione internazionale, attraverso una lunga serie di impegni da parte di tutti i Paesi per tutelare «diritti e bisogni» di chi è costretto a fuggire dal proprio Paese;
    oltre a ribadire principi fondanti quali la lotta alla xenofobia, la lotta allo sfruttamento, il contrasto del traffico di esseri umani, il potenziamento dei sistemi di integrazione, l'assistenza umanitaria, i programmi di sviluppo, le procedure di frontiera nel rispetto del diritto internazionale, a iniziare dalla Convenzione sui rifugiati del 1951, il Global Compact afferma uno dei principi più invisi alle forze politiche di destra, a partire dagli Usa di Donald Trump, ossia quello concernente «il riconoscimento e l'incoraggiamento degli apporti positivi dei migranti e dei rifugiati allo sviluppo sociale». Il Patto prevede, inoltre, un maggiore sostegno ai Paesi e alle comunità che ospitano il maggior numero di rifugiati;
    il Global Compact è finanziato da contributi volontari dei Governi a UN Trust fund e attualmente i donatori sono: Brasile, Cile, Cina, Colombia, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Regno Unito, Repubblica di Corea, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia;
    esso ha una rilevanza politica importantissima soprattutto a livello internazionale, perché può essere un'occasione per cambiare il modo con cui ci si approccia alle migrazioni, proponendo modelli di cooperazione e rimettendo al centro il multilateralismo, approccio da tutte le parti politiche di questo Parlamento sempre riconosciuto come fondamentale per sostenere e governare il fenomeno migratorio;
    il Global Compact for migration servirebbe all'Italia per una definizione complessiva, coerente e lungimirante della propria politica migratoria, superando un approccio emergenziale e settoriale che ha caratterizzato negli ultimi decenni le politiche migratorie internazionali; esso sarebbe utile come strumento per rafforzare le proprie ragioni nelle relazioni e nelle negoziazioni con gli altri Paesi europei, diventando uno strumento di conciliazione e un filo conduttore su cui poggiare le priorità e le scelte, rafforzando così anche la richiesta italiana di una maggiore cooperazione e solidarietà e di decisioni maggiormente condivise in sede europea e internazionale; esso costituirebbe un tramite per facilitare le trattative nella definizione degli accordi con i Paesi di provenienza e di transito che occorrerà moltiplicare nel prossimo futuro;
    l'attuale Governo ha messo l'immigrazione tra i principali punti del contratto di maggioranza e della propria propaganda politica, ma affronta il tema con un approccio settoriale, emergenziale, non all'altezza della complessità del fenomeno e contribuisce a creare un clima di tensione e paura nei confronti dello straniero e della diversità;
    il fenomeno migratorio non si arresterà a breve, ma sarà un tema strutturale, come è sempre stato anche nel passato: le migrazioni dei popoli sono sempre esistite e hanno interessato da vicino il nostro Paese con la grande migrazione verso le Americhe dei primi decenni del secolo scorso. È e sarà un tema vitale per le nostre società presenti e future. Come avviene per le più rilevanti questioni di politica estera, esso dovrebbe imporre a tutti di trovare una base comune, che garantisca le legittime differenti convinzioni, sensibilità, priorità e scelte, mantenendole però lungo un comune filo conduttore per il bene dell'Italia, indipendentemente dalle alternanze politiche;
    il Ministro dell'interno, Matteo Salvini, ha dichiarato: «sono assolutamente contrario al Global Compact. Ne discuteremo con gli alleati del MoVimento 5 Stelle, però non vedo perché delegare ad organismi sovranazionali scelte che spettano ai singoli Paesi, non vedo perché mettere sullo stesso piano i migranti cosiddetti economici e i rifugiati politici». Ha poi aggiunto dinanzi a quest'Aula che «il Governo italiano non andrà a Marrakech, non firmerà alcunché (...) ma deve essere quest'Aula a discutere del Global Compact»;
    in una nota diramata dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, invece, il Ministro Enzo Moavero Milanesi ha fornito una versione ben diversa, dichiarando che «per quanto riguarda l'orientamento circa questo accordo detto Global Compact ricordo che il Presidente del Consiglio dei ministri aveva espresso un orientamento favorevole; in ogni caso avremo un approfondimento in sede di Governo, prima di procedere alla conclusione eventuale dell'accordo stesso, tenendo conto, anche, degli stimoli parlamentari (...). Nell'ambito dei negoziati che si sono sin qui svolti su questo atto, nei mesi e negli anni che ci pretendono, l'Italia ha sempre tenuto presente l'elemento importante di arrivare a una condivisione di oneri nella gestione dei fenomeni migratori e a una cooperazione rafforzata con i Paesi di origine e di transito»;
    un autorevole esponente del MoVimento 5 Stelle ha affermato: «il Global Compact ? Va sottoscritto assolutamente», dichiarando di condividere le parole del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale a «prescindere dalla partecipazione del nostro Governo alla Conferenza di Marrakech. Abbiamo bisogno di una gestione globale dell'immigrazione. L'Europa ha fallito e ha lasciato da soli i singoli Stati. Ora che facciamo ? Rifiutiamo un tentativo più ambizioso ?»;
    in un recente report del Centro studi Machiavelli si evidenzia che l'approccio del Global Compact sarebbe «nettamente in contrasto con gli obbiettivi del Governo italiano», innanzitutto perché «si propone di gestire una migrazione continua, senza mai affrontare questioni numeriche», mentre l'obiettivo dichiarato dal Ministro dell'interno, Matteo Salvini, è quello di ridurre il più possibile i flussi migratori verso l'Italia, attraverso politiche restrittive;
    il Global Compact for migration ritiene le migrazioni fondamentali per favorire lo sviluppo dei Paesi di destinazione, mentre la Lega «rifiuta l'utilizzo dell'elemento migratorio come compensazione demografica», respingendo anche il principio del «diritto di migrare» perché «potrebbe rivelarsi pericoloso e controproducente per l'Italia accettare ciecamente questo ordinamento»;
    un autorevole esponente della Lega ha affermato che «il Global Compact non è altro che l'ennesimo tentativo di ingerenza nelle politiche nazionali. È anacronistico e socialmente pericoloso limitare la sovranità nazionale nella gestione dei flussi migratori. Allo stesso tempo è falso che il fenomeno della migrazione di massa sia positivo e vantaggioso per tutti». Tuttavia, tali affermazioni non trovano alcun fondamento nello spirito e nella lettera del documento, tanto che non solo il Global Compact for migration non è assolutamente vincolante, ma specifica nelle sue linee guida che la sovranità nazionale sarà garantita, con i singoli Paesi che potranno continuare a operare e «definire l'immigrazione regolare o irregolare» in base alle proprie leggi e «in conformità al diritto internazionale»;
    nel dibattito di alcuni giorni fa in Aula in merito al «decreto-sicurezza», il Governo ha dato parere contrario ad un ordine del giorno del gruppo parlamentare Fratelli d'Italia volto a impegnare il Governo a non sottoscrivere il Global Compact;
    il Presidente del Consiglio dei ministri ha incontrato il 27 settembre 2018 il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, dando la sua parola per la partecipazione dell'Italia al meeting di Marrakech;
    il Presidente del Consiglio dei ministri nei mesi scorsi è intervenuto in Parlamento, chiedendo «un governo europeo delle migrazioni», lasciando intendere che, grazie all'Italia, finalmente l'Europa si faceva carico di un problema globale;
    in tutte le occasioni di dibattito relative al fenomeno della gestione delle migrazioni, il MoVimento 5 Stelle ha sostenuto che, per governare le migrazioni, serve una soluzione condivisa internazionale ed europea;
    sin dal suo insediamento, questo Esecutivo, e soprattutto il Ministro dell'interno, non ha perso occasione per lamentare come l'Europa avesse lasciato sola l'Italia nella gestione dell'accoglienza e degli arrivi dei migranti, ma, proprio quando si presenta l'occasione di trovare una soluzione condivisa con la comunità internazionale, ha annunciato di non partecipare al meeting;
    così come scritto proprio nel testo del Global Compact for migration, «nessuno Stato può affrontare il fenomeno migratorio da solo, proprio per la sua natura transnazionale». La non adesione italiana al Global Compact for migration, finirebbe per accentuare ancora di più l'isolamento internazionale del nostro Paese, complicando i rapporti bilaterali e multilaterali nella gestione di tematiche, come quella in esame, di approccio così globale,

impegna il Governo

1) ad aderire al Global Compact for migration che verrà discusso l'11 dicembre 2018 a Marrakech.
(1-00089) «Scalfarotto, Quartapelle Procopio, De Maria, Fassino, Guerini, La Marca, Minniti, Ascani, Braga, Bruno Bossio, Buratti, Cantini, Carnevali, Marco Di Maio, Giachetti, Librandi, Morani, Morgoni, Noja, Pezzopane, Rosato, Andrea Rossi, Siani, Ungaro, Viscomi, De Luca».


   La Camera,
   premesso che:
    il 10 dicembre 2018 a Marrakech la comunità internazionale ha adottato il Global compact for safe, orderly and regular migration promosso dalle Nazioni Unite, con la sottoscrizione di 164 Paesi. Si tratta di un insieme di atti che derivano dalla Dichiarazione di New York su rifugiati e migranti del 2016;
    l'obiettivo del Global Compact è quello di creare una rete internazionale per un'accoglienza «sicura e di sostegno» di migranti e rifugiati;
    i principi fondamentali a cui esso si ispira sono quelli della lotta alla xenofobia, allo sfruttamento e al traffico di esseri umani, del potenziamento dei sistemi di integrazione, dell'assistenza sanitaria, di programmi di sviluppo, di procedure di frontiera che rispettino la Convenzione di Ginevra del 1951;
    si prevede, inoltre, un maggiore sostegno ai Paesi e alle comunità che ospitano il maggior numero di rifugiati;
    il Global Compact è finanziato da contributi volontari dei Governi a UN Trust fund e attualmente i donatori sono: Brasile, Cile, Cina, Colombia, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Regno Unito, Repubblica di Corea, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia;
    esso si fonda su un approccio multilaterale al tema delle migrazioni, attraverso modelli di cooperazione tra le nazioni;
    il Global Compact rappresenta un importante passo in avanti. L'approccio multilaterale, infatti, è irrinunciabile, sebbene sia da evitare l'errore di una sterile riproposizione dei paradigmi della regolazione liberista dei mercati, che in questi anni hanno finito per accentuare le diseguaglianze economiche, sociali e territoriali, anziché ridurle. Nella gestione del governo dei processi migratori non è possibile, infatti, prescindere, in particolare per la mobilità del lavoro, ad esempio, dai livelli di disoccupazione e di progressivo indebolimento del welfare dei Paesi di destinazione;
    nel corso dell'incontro tenutosi al Palazzo di Vetro il 27 settembre 2018, il Segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, e il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte – secondo una nota ufficiale delle Nazioni Unite – «hanno discusso questioni relative alla migrazione e Conte ha espresso il suo sostegno al Global Compact per la migrazione»;
    in occasione della seduta dell'Assemblea, dedicata alle interrogazioni a risposta immediata, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha affermato che: «Per quanto riguarda l'orientamento circa questo accordo detto Global Compact, ricordo che il Presidente del Consiglio dei ministri aveva espresso un orientamento favorevole; in ogni caso avremo un approfondimento in sede di Governo, prima di procedere alla conclusione eventuale dell'accordo stesso, tenendo conto, anche, degli stimoli parlamentari»;
    successivamente con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-01011 si interrogava il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale sulla posizione del Governo italiano in merito al Global Compact. Il Sottosegretario Manlio Di Stefano, rispondendo all'interrogazione citata, ha evidenziato che, considerata la vastità e la delicatezza dei temi contenuti nel Global Compact, il Governo, con un atto di grande responsabilità, ha ritenuto opportuno sottoporre la materia al vaglio del Parlamento, al fine di definire una posizione forte e condivisa;
    in occasione della discussione sul «decreto-legge sicurezza» il Ministro dell'interno Matteo Salvini ha dichiarato che: «il Governo italiano non andrà a Marrakech, non firmerà alcunché, perché il dibattito è così importante che non merita di essere una scelta solo del Governo, ma deve essere quest'Aula a discutere del Global Compact (...) Le due forze politiche del Governo – uscirà un comunicato stampa del Presidente del Consiglio dei ministri in questi minuti – per disponibilità e responsabilità, lasciano che sia il Parlamento a decidere che cosa l'Italia farà o non farà sul Global Compact.». Questa autentica retromarcia del Governo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, nuoce al prestigio internazionale dell'Italia;
    il Governo italiano non ha partecipato alla Conferenza di Marrakech, non consentendo in tal modo all'Italia di poter influire sull'elaborazione, sull'orientamento generale del Global Compact e sulle decisioni prese in quella sede, evidenziando così un atteggiamento di distacco e ostilità;
    la mancata partecipazione dell'Italia alla Conferenza di Marrakech, al pari dei Paesi del gruppo di Visegrad, ha inoltre contribuito alla divisione dell'Unione europea;
    l'Italia, negli ultimi decenni, è stata protagonista del passaggio di diversi flussi migratori, anche in considerazione della collocazione geografica;
    è impensabile che il nostro Paese possa da solo avere una gestione funzionale del fenomeno;
    il Global Compact servirebbe al nostro Paese al fine di una definizione complessiva e coerente del fenomeno migratorio, diventando pertanto uno strumento utile per concordare gli interventi in collaborazione con gli altri Paesi, proprio mentre la scarsa collaborazione nell'ambito dell'Unione europea ha prodotto i maggiori problemi all'Italia nella gestione del fenomeno;
    il Global Compact non è vincolante, ma vuole solamente essere un forum per trovare le soluzioni; in ogni caso, non avendo carattere giuridicamente vincolante, non inciderà sugli ordinamenti interni dei singoli Stati;
    il fenomeno migratorio sarà strutturale nel prossimo futuro, obbligando la comunità internazionale a pensare a politiche comuni e integrate di intervento. Tale decisione, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo grave e sbagliata, produce ulteriore isolamento dell'Italia nel contesto internazionale sul tema dei flussi migratori, acuendo i già difficili problemi di gestione dei flussi in modo ordinato, nella sicurezza dei migranti e delle comunità che li accolgono,

impegna il Governo

1) ad aderire al Global Compact for migration.
(1-00095) «Fornaro, Boldrini, Bersani, Federico Conte, Epifani, Fassina, Fratoianni, Muroni, Occhionero, Palazzotto, Pastorino, Rostan, Speranza, Stumpo».


   La Camera,
   premesso che:
    il «Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare» (Global Compact for safe, orderly and regular migration) è un'iniziativa dell'Onu, assunta dai Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri in una dichiarazione congiunta, nel contesto dell'Assemblea generale a New York il 19 settembre 2016;
    dopo una fase di consultazioni ed incontri, la bozza finale del Global Compact è stata presentata 1'11 luglio 2018 e condivisa da 164 Paesi nella Conferenza intergovernativa dell'Onu a Marrakech il 10 e 1'11 dicembre 2018;
    il Global Compact è un protocollo politico-programmatico che ha valore d'indirizzo per gli Stati aderenti. Esso non ha natura normativa, non traducendosi in una vera e propria convenzione internazionale. Non è vincolante poiché la sua violazione non comporta alcuna sanzione da parte di nessun organismo;
    il Global Compact si propone di affrontare il fenomeno della migrazione in modo organico, sulla base di analisi e dati empirici sulla migrazione, condivisi tra tutti i Paesi, al fine di evitare migrazioni incontrollate e che Paesi singoli si trovino da soli a gestire un fenomeno che, viene ribadito nel documento, è «transnazionale». Da qui il riconoscimento di una «responsabilità condivisa» a cui fa appello il Global Compact nella sua premessa;
    nelle dichiarazioni d'intenti del Global Compact contenute nel preambolo si trovano alcuni punti di grande interesse e rassicurazione per il nostro Paese:
     a) al punto 4 si ribadisce che i rifugiati e migranti sono due gruppi distinti regolati da quadri giuridici diversi e che solo i rifugiati hanno diritto alla specifica protezione internazionale, come definita dagli accordi internazionali. Questo smentisce i rischi paventati il 27 novembre 2018 dal Ministro Salvini, secondo il quale il Global Compact «mette sullo stesso piano i migranti cosiddetti economici e i rifugiati politici»;
     b) al punto 6, si legge che il Global Compact non è giuridicamente vincolante, non impone nessuna politica migratoria agli Stati che lo sottoscrivano, violandone così la sovranità nazionale, ma offre un quadro per la cooperazione internazionale, lasciando agli Stati la libertà di determinare la politica migratoria sul proprio territorio;
     c) al punto 12, si smentisce la tesi che il documento possa incoraggiare le migrazioni. L'accordo, infatti, impegna i Governi d'origine dei migranti a «mitigare quei fattori avversi e strutturali che impediscono alle persone di realizzare e mantenere uno stile di vita sostenibile nei rispettivi Paesi d'origine». Questo impegno di superare le necessità delle popolazioni a emigrare è in linea anche con l'impegno preso dal Governo in sede di Consiglio europeo. Si ricorda che tra i Paesi che il 10 e 11 dicembre 2018 hanno aderito al Global Compact vi sono anche i Paesi da cui provengono le quote maggiori di migranti in Italia, ovvero Tunisia, Egitto, Eritrea, Pakistan, Bangladesh e Nigeria;
    tra i 23 obiettivi del Global Compact a cui dovrebbero mirare gli Stati che sottoscriveranno il patto, vengono previste possibili intese che vanno palesemente a beneficio di un Paese di primo approdo come l'Italia, tra le quali:
     a) il punto 4 mira ad assicurare che tutti i migranti siano in possesso di documenti legali di identità;
     b) il punto 5 promuove i canali regolari di immigrazione;
     c) il punto 6 contrasta lo sfruttamento dei lavoratori immigrati;
     d) il punto 9 rafforza la risposta transnazionale al traffico dei migranti;
     e) il punto 11 prevede di mettere in sicurezza i confini degli Stati, contrastando l'immigrazione irregolare e favorendo quella leale;
     f) il punto 21 promuove accordi di rimpatrio dei migranti;
    la posizione del Governo italiano in materia di migrazioni è stata sin dal suo insediamento una posizione in linea con i sopra citati obiettivi, molti dei quali sono diventati anche punti concordati dal Consiglio europeo di giugno e di ottobre 2018;
    l'Italia ha partecipato a tutte le fasi del negoziato nel corso degli ultimi due anni che ha portato alla stesura del Global Compact. Rispondendo ad un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea alla Camera deputati, il 21 novembre 2018, il Ministro Enzo Moavero Milanesi ha difeso l'accordo programmatico Global Compact, sostenendo che «non sarà un atto giuridicamente vincolante» e che nel documento ci sono principi di responsabilità condivisa nella gestione degli oneri dell'immigrazione;
    la stessa linea ha manifestato anche il Sottosegretario per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Manlio Di Stefano: «Siamo fiduciosi che il Global Compact sarà uno strumento utile per massimizzare l'impatto delle risorse disponibili nella gestione dei flussi migratori»;
    in sede di conversione in legge del decreto-legge 10 luglio 2018, n. 84, recante disposizioni urgenti per la cessione di unità navali italiane a supporto della Guardia Costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libico, il Sottosegretario per l'interno Nicola Molteni, intervenuto nell'aula della Camera, ha dichiarato: «coloro che arrivano in Italia e in Europa, che hanno diritto ad avere una forma di protezione internazionale, devono arrivare con forme di legalità e di sicurezza, perché solo attraverso le forme della legalità e della sicurezza noi possiamo accettare, condividere e apprezzare un principio di civiltà, che è la precondizione che sta alla base dell'azione di questo Governo. La tutela dei diritti umani (...) è un elemento totalmente fondante dell'attività di questo Governo. Il rispetto delle convenzioni internazionali, il rispetto dei diritti umani, il rispetto di principi di umanità è la precondizione dell'azione politica di questo Governo nei confronti del contrasto al traffico dell'immigrazione clandestina e nei confronti del contrasto agli scafisti»,

impegna il Governo

1) ad aderire al Global Compact for safe, orderly and regular migration anche successivamente alla data del 19 dicembre 2018.
(1-00096) «Emanuela Rossini, Schullian, Gebhard, Plangger, Benedetti, Lorenzin, Toccafondi».


   La Camera,
   premesso che:
    il patto mondiale sulla migrazione dell'Onu, Global Compact, è stato formalmente approvato alla Conferenza di Marrakech, in Marocco, dove si sono riuniti i leader e i rappresentanti di circa 150 Paesi;
    il Global Compact, presentato come la più ampia strategia di revisione dei flussi migratori e della loro gestione per «una migrazione sicura, ordinata e regolare», non rappresenta altro che la palese violazione della sovranità degli Stati, poiché volto ad imporre delle linee in materia di immigrazione;
    l'Italia, per la sua posizione geografica, vive più di altri Stati le difficoltà causate da flussi migratori incontrollati, originati dalla crescita demografica del continente africano e dai contesti politici mutevoli, carichi di tensioni, che caratterizzano l'area nordafricana e mediorientale;
    nel documento approvato dal Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione nella seduta del 16 dicembre 2015, sono emersi alcuni filoni di indagine prevalenti sui quali sarebbe opportuno intraprendere quanto prima gli opportuni interventi, tra i quali: un'applicazione più puntuale del regolamento di Dublino, oltre che di una sua necessaria modifica che si ritiene comunque non più procrastinabile; ripercorrere la strada della conclusione di accordi di partenariato con alcuni Paesi del nord Africa, in cui sia possibile contare su una maggiore stabilità politica, ovvero, laddove questa difetti, istituire comunque una cabina di regia nazionale per il coordinamento delle azioni necessarie a fronteggiare l'emergenza migratoria in atto in Europa, attraverso l'Italia;
    l'Accordo di Schengen del 1985, concluso con il fine di creare uno spazio comune tanto per le persone quanto per le merci e con la volontà di rendere più veloci la mobilità ed il commercio all'interno dello spazio condiviso, impone agli Stati membri – ciascuno nella propria assoluta autonomia – di proteggere le frontiere esterne. L'Accordo di Schengen, nell'inderogabile rispetto di tali fondamentali principi, non può e non deve in alcun modo essere messo in discussione;
    nel 2009, durante l'ultimo Governo Berlusconi, quando sono stati siglati accordi con i Paesi del nord Africa e, nel contempo, è stata dettata una linea di massima severità nei confronti dell'immigrazione clandestina, si registrarono 9.573 sbarchi e nel 2010 furono 4.406 per l'intero anno;
    successivamente, è stato messo in moto un processo inverso, in continuo crescendo, giunto nel 2017 alla punta massima di 180 mila migranti in un anno;
    i Governi di centro-sinistra della XVII legislatura hanno, infatti, attuato politiche di apertura che hanno facilitato l'ingresso di immigrati in Italia, con costi giganteschi a carico del nostro Paese, che non ha ricevuto l'adeguato sostegno da parte dell'Unione europea e della comunità internazionale nel suo complesso;
    tuttora sono assolutamente scarse le iniziative europee e internazionali che aiutino realmente l'Italia nel controllo dei flussi migratori nell'area mediterranea;
    i confini terrestri e marittimi italiani sono confini d'Europa, dei quali l'Unione europea poco si cura, visto anche l'esito deludente delle operazioni «EunavFor Med» e di altre iniziative internazionali in corso da tempo nel Mediterraneo;
    il Global Compact, affrontando in maniera teorica e generale tutti gli aspetti dell'immigrazione, contiene sia impegni che devono essere sviluppati in maniera positiva per l'Italia, ma anche molti altri impegni che potrebbero rendere ancora più forte la pressione migratoria sul nostro Paese, la cui condizione è assolutamente unica per la collocazione dell'Italia nel cuore del Mediterraneo;
    nello specifico, il patto conferisce ad ogni persona il diritto di migrare, indipendentemente dalle ragioni che la spingono a spostarsi con la conseguenza che i migranti diventerebbero una massa indistinta e verrebbe a cadere lo stato di rifugiato, rendendo, dunque, irrilevante anche l'articolo 10 del dettato costituzionale;
    ci sono, nel Global Compact, indicazioni che potrebbero rilanciare le iniziative delle organizzazioni non governative nel Mediterraneo, con riflessi positivi per i trafficanti di persone ed estremamente negativi per un Paese come l'Italia, che ha già accolto un numero enorme di immigrati;
    pur comprendendo la necessità di un intervento di natura internazionale, certamente urgente, si ritiene insuperabile la tutela dei confini italiani e l'affermazione del ruolo e dell'interesse nazionale;
    per molti aspetti, il Global Compact, per l'interpretazione che se ne sta dando a livello interno e internazionale, costituirebbe, di fatto, un incoraggiamento a politiche di accoglienza indiscriminate, da un lato, e di esodo generalizzato, dall'altro;
    è necessario far precedere ogni decisione internazionale da un'approfondita discussione all'interno del nostro Paese e del nostro Parlamento, per adottare strumenti legislativi che consentano di rimpatriare le centinaia di migliaia di persone che illegalmente continuano a sostare in Italia e che nemmeno le recenti norme, che pure rappresentano una parziale inversione di rotta, consentono di immaginare lontane dal territorio italiano;
    è necessario che l'annunciata e mai concretizzata solidarietà dell'Unione europea si manifesti, sia in termini finanziari adeguati e cospicui, sia in termini organizzativi;
    non ci sono le condizioni per assumere impegni così ampi, così generali e a tratti così contraddittori, come quelli indicati nel Global Compact,

impegna il Governo

1) a non sottoscrivere il Global Compact.
(1-00099) «Gregorio Fontana, Ravetto, Silli, Occhiuto».


RELAZIONE DELLE COMMISSIONI III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) E IV (DIFESA) SULLA DELIBERAZIONE IN MERITO ALLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA A ULTERIORI MISSIONI INTERNAZIONALI (PERIODO DAL 1o OTTOBRE AL 31 DICEMBRE 2018) (DOC. XXV, N. 1) E SULLA RELAZIONE ANALITICA SULLE MISSIONI INTERNAZIONALI IN CORSO E SULLO STATO DEGLI INTERVENTI DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO A SOSTEGNO DEI PROCESSI DI PACE E DI STABILIZZAZIONE, ANCHE AL FINE DELLA RELATIVA PROROGA (PERIODO DAL 1o OTTOBRE AL 31 DICEMBRE 2018) (DOC. XXVI, N. 1), ENTRAMBE ADOTTATE DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI IL 28 NOVEMBRE 2018

Risoluzioni

   La Camera,
   udita la Relazione delle Commissioni III e IV (Doc. XVI, n. 1) sulla deliberazione del Consiglio dei ministri, in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali da avviare per il periodo dal 1o ottobre al 31 dicembre 2018, adottata il 28 novembre 2018 (Doc. XXV, n. 1), nonché sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita al periodo 1o gennaio-30 settembre 2018, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1o ottobre-31 dicembre 2018, deliberata il 28 novembre 2018 (Doc. XXVI, n. 1);
   premesso che:
    la Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali (Doc. XXV, n. 1) prevede, per il periodo 1o ottobre-31 dicembre 2018, la partecipazione dell'Italia ad una nuova missione internazionale, denominata Nato Mission in Iraq, con l'obiettivo di offrire un ulteriore sostegno al Governo iracheno nei suoi sforzi per stabilizzare il Paese e combattere il terrorismo di matrice fondamentalista in tutte le sue forme e manifestazioni;
    la Deliberazione prevede, altresì, la prosecuzione, per il trimestre 1o ottobre-31 dicembre 2018, delle missioni internazionali in corso e delle iniziative di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione già autorizzate, per il periodo 1o gennaio-30 settembre 2018 (Doc. XXVI, n. 1), con le risoluzioni della Camera dei deputati n. 6-00382 e del Senato della Repubblica Doc. XXIV, n. 93 e n. 94, adottate rispettivamente il 15 e il 17 gennaio 2018 a seguito della Deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 dicembre 2017;
    è intenzione del nuovo Governo mantenere, nelle operazioni per il ripristino della stabilità internazionale, un ruolo di primo piano al fine di dare risposte e fronteggiare le diverse minacce che caratterizzano l'attuale contesto geopolitico di riferimento;
    in tale contesto, la NATO rimane per il nostro Paese l'organizzazione regionale di riferimento per garantire un'adeguata cornice di sicurezza all'intera area euro-atlantica ed esercitare la dissuasione, la deterrenza e la difesa militare contro le varie minacce;
    è prevista anche un'attiva partecipazione del Paese alle iniziative di Politica di sicurezza e difesa comune dell'Unione europea, nonché agli sforzi nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite;
    la nuova missione NATO Mission in Iraq, che si inserisce nel solco dell'azione di contrasto al Daesh, è finalizzata, in particolare, ad addestrare istruttori iracheni per affinare la professionalità delle loro forze di sicurezza e contribuire a sostenere strutture e istituzioni di sicurezza nazionale più efficaci, trasparenti ed inclusive;
    la prosecuzione delle missioni in corso per l'ultimo trimestre dell'anno 2018 trova fondamento nell'esigenza di assicurare la loro continuità sotto il profilo operativo e funzionale;
    la Relazione analitica evidenzia l'opportunità di avviare una riflessione strategica che comporti la rivalutazione della nostra presenza nelle missioni internazionali sotto il profilo del loro effettivo rilievo per gli interessi nazionali, sulla base di scelte ponderate sia sull'effettività e concretezza di tali interessi, sia in tema di impiego delle risorse;
    la Relazione analitica sottolinea, altresì, con riferimento alla missione EUNAVFOR MED operazione SOPHIA, in scadenza il 31 dicembre 2018, che il nuovo mandato dovrà necessariamente prevedere una revisione approfondita con particolare riguardo all'attuale meccanismo di sbarco dei migranti tratti in salvo dagli assetti di SOPHIA, nello spirito delle conclusioni del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2018;
    l'impegno dell'Italia, la cui Carta costituzionale sancisce il ripudio della guerra come metodo di risoluzione delle controversie internazionali, si fonda su un approccio onnicomprensivo alle crisi, che correla l'intervento di carattere militare ad iniziative civili tese alla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, all'investimento nell'istruzione e nella cultura, alla protezione e attenzione alle donne, ai giovani e alle minoranze. Non a caso, l'Italia è attiva, insieme ai partner europei e agli alleati transatlantici, nel finanziamento delle missioni dell'Onu, ed è presente in un'ampia gamma di scenari segnati non solo da crisi conclamate ma anche da conflitti congelati, nonché ovunque sia opportuno contribuire a consolidare processi di pacificazione, democratizzazione e stabilizzazione in funzione di prevenzione dei conflitti;
    i documenti in esame sottolineano la vocazione transatlantica ed europeista della nostra politica estera; una vocazione corroborata, da un lato, dalla nuova proiezione della NATO verso la direttrice del Mediterraneo e dell'Africa, dall'altro, dal ruolo-guida che l'Italia sta assumendo nel processo di sviluppo delle cooperazioni strutturate permanenti (PESCO) nell'ambito della politica estera e di difesa dell'UE;
    occorre proseguire nell'azione di supporto per la stabilizzazione dei Balcani Occidentali e del Partenariato Orientale, a sostegno del consolidamento delle istituzioni democratiche;
    quanto agli interventi di cooperazione allo sviluppo, è auspicabile che il Parlamento possa accedere ad informazioni di maggior dettaglio sulle relative caratteristiche, mediante una ripartizione per paese dei singoli progetti, in un esercizio di trasparenza e anche di riorganizzazione dei contenuti che sia il più possibile simmetrico e speculare alle schede concernenti la partecipazione alle missioni,
    autorizza la prosecuzione per il periodo 1o ottobre-31 dicembre 2018 delle missioni internazionali in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno ai processi di pace e di stabilizzazione, di cui all'Allegato 1 della Deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 novembre 2018 (Doc. XXVI, n. 1), di seguito riportate:
  Europa
   NATO Joint Enterprise (scheda n. 1);
   European Union Rule of Law Mission in Kosovo EULEX Kosovo – personale militare (scheda n. 2);
   EUFOR ALTHEA (scheda n. 6);
   United Nations Peacekeeping in Cyprus UNFICYP (scheda n. 8);
   NATO Sea Guardian (scheda n. 9);
   EUNAVFOR MED operazione SOPHIA (scheda n. 10);
  Asia
   NATO Resolute Support Mission in Afghanistan (scheda n. 11);
   United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL (scheda n. 12);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi (scheda n. 13);
   Temporary International Presence in Hebron TIPH2 (scheda n. 14);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda n. 15);
   European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah (scheda n. 16);
   Coalizione Internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda n. 19);
   United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP (scheda n. 20);
   impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medio Oriente e Asia (scheda n. 21);
  Africa:
   United Nations Support Mission in Lybia-UNSMIL (scheda n. 23);
   EUNAVFOR operazione Atalanta (scheda n. 25);
   EUTM Somalia (scheda n. 26);
   EUCAP Somalia (scheda n. 27);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda n. 28);
   Impiego di personale militare presso la base militare nazionale nella Repubblica di Gibuti per le esigenze connesse con le missioni internazionali nell'area del Corno d'Africa e zone limitrofe (scheda n. 29);
   United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA (scheda n. 30);
   EUTM Mali (scheda n. 31);
   EUCAP Sahel Mali (scheda n. 32);
   EUCAP Sahel Niger (scheda n. 33);
   Multinational Force and Observers in Egitto-MFO (scheda n. 34);
   Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (scheda n. 1/2018);
   Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (scheda n. 2/2018);
   Missione NATO di supporto in Tunisia per lo sviluppo di capacità interforze delle Forze armate tunisine (scheda n. 3/2018);
   United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara (MINURSO) (scheda n. 4/2018);
   European Union Training Mission Repubblica Centrafricana (EUTM RCA) (scheda n. 5/2018);
   Potenziamento di dispositivi nazionali e della NATO;
   Dispositivo aeronavale nazionale «Mare Sicuro», apprestato per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo centrale, comprensivo della missione in supporto alla Guarda costiera libica richiesta dal Consiglio presidenziale-Governo di accordo nazionale libico (scheda n. 36);
   Dispositivo «NATO Support to Turkey» a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza (scheda n. 37);
   Dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda n. 38);
   Dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda n. 39);
   Dispositivo NATO in Lettonia (Enhanced Forward Presence) (scheda n. 40);
   NATO Air Policing per la sorveglianza dello spazio aereo dell'Alleanza (scheda n. 6/2018);
   Esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze Armate per il periodo 1o ottobre 2018-31 ottobre 2018 (scheda n. 43);
   Supporto info-operativo a protezione delle Forze armate (scheda n. 44);
   Interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione;
   Iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda n. 45);
   Interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza (scheda n. 46);
   Partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (scheda n. 47);
   Interventi operativi di emergenza e di sicurezza (scheda n. 49).

  autorizza per il periodo 1o ottobre 2018-31 dicembre 2018 la partecipazione dell'Italia alla seguente missione internazionale, di cui all'Allegato 2 alla Deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 novembre 2018 (Doc. XXV, n. 1):
   NATO Mission in Iraq (scheda n. 7/2018).
(6-00039) «Ferrari, Corda, Formentini, Sabrina De Carlo, Belotti, Aresta, Fantuz, Chiazzese, Furgiuele, Del Monaco, Marchetti, Ermellino, Paolini, Frusone, Pettazzi, Galantino, Gubitosa, Toccalini, Iorio, Zicchieri, Iovino, Rizzo, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi, Billi, Cabras, Caffaratto, Cappellani, Coin, Carelli, Comencini, Colletti, Del Grosso, Di San Martino Lorenzato di Ivrea, Di Stasio, Grimoldi, Ehm, Ribolla, Grande, Emiliozzi, Zoffili, Olgiati, Perconti, Romaniello, Siragusa, Suriano».


   La Camera,
   discussa la Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali per il periodo 1o ottobre-31 dicembre 2018, adottata il 28 novembre 2018 (Doc. XXV, N. 1) e la relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, deliberata dal Consiglio dei ministri il 28 novembre 2018 (Doc. XXVI, N. 1);
   premesso che:
    con l'entrata in vigore della legge 21 luglio 2016, n. 145, recante disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, l'Italia si è dotata di uno strumento normativo che ha innovato il procedimento di deliberazione delle missioni internazionali, pur restando nelle funzioni del Parlamento il fondamentale potere di «autorizzare» nuove missioni internazionali o la loro proroga (articolo 2, comma 2);
    la legge ha trasferito al Governo, nella fase di programmazione e istruttoria, la scelta delle missioni internazionali da avviare o da prorogare, ma la fase decisionale è rimasta nella disponibilità esclusiva delle Camere che possono negare l'autorizzazione o definire gli impegni in senso difforme da quanto programmato dal Governo (articolo 2, comma 2);
    allo stesso modo, il nuovo strumento legislativo ha previsto che il Ministero dell'economia e delle finanze possa disporre l'anticipazione alle Amministrazioni interessate di una somma non superiore al 75 per cento delle somme necessarie «per assicurare l'avvio delle missioni», entro dieci giorni dalla data di presentazione alle Camere delle deliberazioni e delle relazioni annuali (Art. 2, comma 4-bis). Tale previsione, tuttavia, è da interpretarsi come misura che consente di svolgere previamente l'attività burocratica e amministrativa degli apparati dello Stato in funzione di una velocizzazione delle procedure connesse all'impegno all'estero dell'Italia, fermo restando che l'effettivo impegno di spesa da parte delle Amministrazioni interessate e l'avvio delle relative missioni può essere disposto solo e esclusivamente dopo l'autorizzazione delle missioni da parte del Parlamento, nel rispetto dell'articolo 2, comma 2;
   con riferimento alle missioni internazionali prorogate:
    le spese per missioni che nel 2017 erano già aumentate del 17 per cento rispetto al 2016, rimangono sostanzialmente invariate nel 2018. Di tutte le risorse per missioni, gli stanziamenti destinati alle iniziative di cooperazione allo sviluppo e al sostegno ai processi di pace e stabilizzazione ammontano solo a poco più del 10 per cento. Il restante 90 per cento è speso per interventi di tipo militare;
    è evidente come si mantiene lo spostamento dell'interesse geo-strategico dell'Italia dal medio-oriente all'Africa, ma le missioni sullo scenario africano non sembrano mirare alla sicurezza né alla tutela delle persone che migrano, lasciando trasparire una prospettiva neocoloniale ispirata da interessi economici, che avrà delle conseguenze e ricadute che non possiamo immaginare;
    le missioni in territorio africano consolidano, come già accaduto sul fronte libico, un pericoloso legame tra l'intervento militare e l'azione di contrasto delle migrazioni nella loro dimensione esterna. Sembra emergere un pericoloso trasferimento del finanziamento dei progetti di esternalizzazione delle frontiere che coinvolge dal Ministero degli Interni a quello degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale fino al recente coinvolgimento di quello della Difesa in chiara chiave repressiva e di controllo degli arrivi già dai paesi di transito;
    da quanto emerge (scheda 1-2018), le attività in Libia si focalizzano nel «rafforzamento delle attività di controllo e contrasto dell'immigrazione illegale» nell'obbiettivo di potenziare la Guardia Costiera Libica affinché proceda ad operazione di intercettazione che riportino i migranti in quello che è stato definito un «inferno» da molti osservatori istituzionali e internazionali. Finanziare e supportare il sistema d'intercettazione e di controllo della Guardia Costiera Libica rende il nostro Governo compartecipe e corresponsabile delle sistematiche violazioni dei diritti, delle violenze e delle torture subite dai migranti nei centri di detenzione in cui vengono portati una volta a terra. Risulta altrettanto pericolosa la formazione di personale della Guardia Costiera Libica che, come emerso nel rapporto del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, vede un alto rischio di infiltrazione e di legami con milizie che gestiscono spesso anche il traffico di esseri umani. Ancora più grave che l'Italia contribuisca a rafforzare il contrasto alla cosiddetta immigrazione illegale di migranti in transito che provengono da Paesi retti da regimi autocratici o dittatoriali ed è che sono intrappolate per mesi e a volte anni in un Paese, la Libia, che non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati e dove non sono garantiti i diritti umani. Il Governo Italiano è passato dal finanziare, con il suo budget destinato alle forze militari, operazioni di salvataggio nel Mediterraneo, come «Mare Nostrum», ad attività di contrasto e di indiretto respingimento verso la Libia;
    la Missione in Niger (scheda 2-2018) risulta militarmente e politicamente pericolosa. Il contributo militare dell'Italia si inserisce in modo subordinato in un più ampio intervento che vede il coordinamento della Francia a sostegno delle forze del G5 Sahel con finalità che vedono mischiarsi pericolosamente gli obbiettivi di lotta al terrorismo, di traffico di essere umani e di stabilizzazione della regione;
    i progetti di controllo della frontiera nel deserto del Teneré, finanziati con i fondi allo sviluppo confluiti nel Fondo Fiduciario Africano, hanno già dimostrato il loro impatto nefasto. Come conseguenza dell'attuazione di questi progetti, i migranti si sono visti obbligati ad affidarsi a reti più organizzate e quindi più spietate di traffico che, per raggiungere la Libia sfuggendo dai posti di controllo, hanno obbligato i migranti a seguire rotte che si spostano verso Algeria e Mali, rendendo quelle zone ancora più instabili;
    la priorità del Governo appare essere ancora una volta quella di esternalizzare il controllo delle frontiere, disattendendo uno dei principi cardine della nostra Costituzione, l'articolo 10 comma 3, secondo il quale «Lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.»;
    in Afghanistan le Forze armate italiane sono oramai presenti nel Paese da più di 17 anni e rappresentano il secondo contingente dopo gli Stati Uniti d'America. Qui la missione Resolute support che avrebbe dovuto avere l'obiettivo di svolgere attività di consulenza e assistenza a favore delle forze di difesa e sicurezza afghane e delle istituzioni governative è tornata ad essere, dopo quattro anni dalla fine della missione combat ISAF-NATO, ad essere in prima linea al fronte, l'avanzata dei talebani ha di fatto costretto le truppe straniere a tornare ad assistere le truppe afghane che combattono al fronte insieme alle truppe statunitensi;
    l'Afghanistan è classificato al penultimo posto nel Global Peace Index 2017: in condizioni peggiori a livello mondiale c’è soltanto la Siria, avendo «scavalcato» rispetto all'anno precedente Sud Sudan e Iraq; l'Institute for Economics and Peace rileva, inoltre, che il Paese è secondo solo all'Iraq (su 163 Paesi monitorati), sempre su scala globale, per attività terroristiche all'interno del paese (Global Terrorism Index 2017);
    l'ultima strage compiuta dagli estremisti è avvenuta il 20 novembre 2018 a Kabul, ed ha provocato oltre 40 morti e almeno 60 feriti. Le vittime continuano ad essere soprattutto civili e da mesi a Kabul, che dovrebbe essere la città più sicura, si susseguono copiosamente attentati drammatici, tanto che diversi stati, Gran Bretagna in testa, vogliono spostare la propria ambasciata dalla capitale ad un'area più sicura;
    dopo la disfatta in Siria e Iraq, molti analisti ritengono che i militanti dell'Isis si siano spostati in altri Paesi, Afghanistan in testa;
    al di là della situazione drammatica in cui continua ad essere l'Afghanistan (come documentato in un rapporto dell'EASO nel 2015, dopo più di un decennio di guerra si sono registrate la cifra record di 11 mila civili vittime di violenza), sembra cambiata radicalmente anche la strategia statunitense, il progressivo disimpegno in favore del supporto alla ricostruzione della nazione è stato infatti sostituito con un nuovo interventismo militare nello stato, in disprezzo anche del fragile Governo Afghano, che seppur non troppo inviso alla maggioranza degli afghani, continua ad essere facile preda per la propaganda dei nazionalisti e dei talebani, poiché privo di legittimità e dipendente dai militari e da soldi stranieri;
    dal suo inizio la guerra in Afghanistan è costata complessivamente all'Italia più di 8mld di euro una cifra astronomica che richiederebbe un serio bilancio in termini di efficacia dell'azione militare in relazione anche ai risultati ottenuti sul terreno della stabilizzazione del Paese;
    il Governo propone per il 2018 il proseguimento della missione di assistenza alla Guardia costiera libica che ha quindi la responsabilità dei salvataggi e di riportare i migranti sulla costa libica. Come ben documentato in questi mesi, i libici mettono in atto i loro salvataggi attraverso torture e maltrattamenti per riportare poi i migranti a riva destinandoli a uno stato di prigionia nei centri di permanenza, spazi affollati dove abusi e violenze sono all'ordine del giorno. In alcune occasioni i libici avrebbero addirittura ostacolato le operazioni di soccorso in mare e in alcuni casi, come accertato da testimonianze e video, sarebbero direttamente responsabili della tragica sorte di numerosi migranti, dispersi in mare;
    le decisioni della NATO, prese al vertice tenuto a Varsavia nell'estate del 2016, ha comportato l'adozione di una serie di misure politiche e militari preventive nei confronti della Russia, le più importanti dalla fine della Guerra Fredda. Come previsto dalla Deliberazione l'Italia ha poi dislocato mezzi e uomini in diversi dispositivi di protezione e sorveglianza dell'Alleanza;
    con la presenza della NATO in Lettonia, Estonia, Lituania e Polonia con mezzi e uomini pronti a rispondere a minacce esterne lungo il confine orientale dell'Alleanza, addirittura si è superato l'accordo stipulato con la Russia nel 1997, in cui si stabiliva che l'alleanza atlantica non può mantenere le proprie truppe da combattimento in modo permanente nei Paesi a est della Germania, a meno che le condizioni di sicurezza degli Stati alleati non siano in pericolo;
    evidentemente, i rappresentanti dei Paesi dell'Alleanza atlantica considerano cambiate queste condizioni, e nei fatti programmano delle azioni militari lungo quello che viene chiamato «fronte orientale» e a cui il nostro Paese risponde con una rinnovata presenza in Lettonia di 160 unità e 50 mezzi terrestri;
    l'Italia oggi continua ad essere presente in Turchia nella missione «Active fence» che prevede 130 soldati dislocati lungo il confine turco-siriano, con batterie antimissile;
    una presenza nel territorio della Turchia che, da paese membro della Nato, ha favorito negli scorsi anni il passaggio di migliaia di foreign fighter europei, mentre al tempo stesso conduceva una «guerra sporca» contro le organizzazioni curde in Siria e in Iraq, che hanno contribuito in maniera determinante alla liberazione di Raqqa e di Mosul dalla presenza di Daesh, continuando ad attaccare i cantoni liberati nella Federazione della Siria del Nord dove si è dato vita ad un'esperienza di convivenza pacifica e democratica tra curdi, arabi, assiri, caldei, aramaici, turcomanni, armeni e ceceni e altre minoranze, un'esperienza che dovrebbe essere tutelata dalla comunità internazionale come patrimonio per la ricostruzione dell'intero Paese;
    con riferimento alle proroghe relative agli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, va sottolineato che occorrono maggiori risorse e va modificata la qualità della spesa. Le risorse per la cooperazione devono essere utilizzate unicamente per colpire le cause profonde delle migrazioni (lotta ai governi corrotti, alle carestie, allo sfruttamento delle risorse da parte dei paesi occidentali che poco o nulla lasciano alle popolazioni dei territori eccetera);
   con riferimento alla nuova missione internazionale deliberata:
    per quanto attiene alla nuova missione denominata NATO Mission in Iraq che ha l'obiettivo di offrire al Governo iracheno il sostegno per stabilizzare il Paese in particolare con interventi di addestramento e consulenza dei funzionari iracheni nel settore contro gli ordigni esplosivi improvvisati della pianificazione civile militare, della manutenzione dei veicoli blindati, della medicina militare si conferma sostanzialmente la nostra presenza in Iraq nell'ambito delle missioni per il contrasto al terrorismo. Tuttavia si segnala la necessità di avviare una riflessione sul bilancio della missione di contrasto al Daesh e sulle prospettive future di tale missione;
   alla luce delle considerazioni che precedono:
    si ritiene che occorra un cambiamento radicale, che si sostanzi a partire dalla discontinuità alla partecipazione alle missioni internazionali, pertanto autorizza le seguenti missioni e attività di cui alla Deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 novembre 2018:
   Joint Enterprise (missione NATO – scheda 1);
   EULEX Kosovo (personale militare) (missione UE – scheda 2);
   EUFOR ALTHEA (missione UE – scheda 6);
   United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP (missione ONU – scheda 8);
   United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL (missione ONU – scheda 12);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi (scheda 13);
   Temporary International Presence in Hebron TIPH2 (missione multilaterale – scheda 14);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda 15);
   European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah (missione UE – scheda 16);
   Partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda 19);
   United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP (missione ONU – scheda 20);
   Impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medioriente e Asia (scheda 21);
   United Nations Support Mission il Libya UNSMIL (missione ONU – scheda 23);
   Missione UE antipirateria denominata ATALANTA (missione UE – scheda 25);
   Missione UE denominata EUTM Somalia (missione UE – scheda 26);
   Missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) (missione UE – scheda 27);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda 28);
   Impiego di personale militare presso la base nazionale nella Repubblica di Gibuti (scheda 29);
   Missione UN denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA (missione ONU – scheda 30);
   Missione UE denominata EUTM Mali (missione UE – scheda 31);
   Multinational Force and OBSERVERS in Egitto MFO (scheda 34);
   le esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2018 (scheda n. 43);
   il supporto info-operativo a protezione delle Forze armate (scheda n. 44);
   Partecipazione di personale militare alla missione UN denominata United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara (Minurso) (scheda 4-2018);
   Proroga della partecipazione di personale militare alla missione UE denominata European Union Training Mission Repubblica Centrafricana (scheda 5-2018);
   Partecipazione di personale militare alla missione NATO Mission in Iraq (Scheda 7-2018);
    non autorizza le missioni di cui alle schede:
   Sea Guardian (missione NATO – scheda 9);
   EUNAVFORMED SOPHIA (missione UE – scheda 10);
   Resolute Support Mission (missione NATO – scheda 11);
   Missione UE denominata EUCAP Sahel Mali (missione UE – scheda 32);
   Missione UE denominata EUCAP Sahel Niger (missione UE – scheda 33);
   Impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo Centrale (operazione Mare Sicuro) (scheda 36);
   Partecipazione al dispositivo NATO a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato «Active Fence» (scheda 37);
   Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda 38);
   Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda 39);
   Partecipazione al dispositivo NATO in Lettonia Enhanced Forward Presence (scheda 40);
   Partecipazione di personale militare alla missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (scheda 1-2018);
   Partecipazione di personale militare alla missione bilaterale di assistenza e supporto nella Repubblica del Niger (scheda 2-2018);
   Partecipazione di personale militare alla missione NATO di supporto in Tunisia (scheda 3-2018).
(6-00040) «Boldrini, Palazzotto».


   La Camera,
   discussa la Deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata il 28 novembre 2018, in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali (Doc. XXV, n. 1) e alla Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, anche al fine della relativa proroga, (Doc. XXVI, n. 1), adottata ai sensi, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 della legge 21 luglio 2016, n. 145;
   premesso che:
    con l'entrata in vigore della legge 21 luglio 2016, n. 145, recante disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, l'Italia si è dotata di uno strumento normativo che ha innovato il procedimento di deliberazione delle missioni internazionali, pur restando nelle funzioni del Parlamento il fondamentale potere di «autorizzare» nuove missioni internazionali o la loro proroga (articolo 2, comma 2);
    la legge ha trasferito al Governo, nella fase di programmazione e istruttoria, la scelta delle missioni internazionali da avviare o da prorogare, ma la fase decisionale è rimasta nella disponibilità esclusiva delle Camere che possono negare l'autorizzazione o definire gli impegni in senso difforme da quanto programmato dal Governo (articolo 2, comma 2);
    l'impegno internazionale che l'Italia profonde ricorrendo alla leva delle missioni militari e degli interventi di natura civile negli scenari di crisi costituisce la necessaria risposta a persistenti minacce di carattere transnazionale ed asimmetrico – il terrorismo, la radicalizzazione, l'insicurezza cibernetica, i traffici illeciti – e a fenomeni di instabilità potenzialmente pericolosi per la pace e la sicurezza della regione euromediterranea. Tale impegno si fonda su un approccio onnicomprensivo alle crisi, proprio dell'Unione europea e pienamente condiviso dall'Italia, che correla l'intervento di carattere militare ad iniziative civili tese alla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, all'investimento nell'istruzione e nella cultura, alla protezione e attenzione alle donne, ai giovani e alle minoranze; l'impianto della legge n. 145 del 2016 rispecchia in profondo questa impostazione. Tale strumento normativo innovativo di riordino e di razionalizzazione ha fin qui assicurato all'interazione tra Governo e Parlamento, finalizzata alla decisione sulle missioni internazionali, un inedito grado di trasparenza e di profondità, permettendo di contemperare il doveroso carattere democratico della dinamica decisionale su una materia tanto delicata anche sul piano dell'impatto finanziario, alla necessaria celerità del relativo processo decisionale, nel superiore interesse alla tutela della pace, nonché della vita e dell'integrità degli uomini e delle donne impegnati sul terreno nei numerosi teatri operativi;
    la vocazione transatlantica ed europeista della nostra politica estera, ideale nel quale crediamo fortemente, è stata più volte messa in discussione dall'azione del nuovo Governo con attacchi nei confronti e all'interno delle istituzioni europee, dal legame poco trasparente della Lega con la Russia e da episodi gravi e inumani come ad esempio la scellerata chiusura dei porti alle navi delle Ong della scorsa estate;
    suscita stupore vedere riproposta la continuazione delle missioni internazionali così come approntate nello scorso gennaio dal precedente Governo e aspramente criticate dal Movimento 5 stelle che votò contro tale provvedimento e la Lega che si astenne; nel merito infatti di alcune di queste missioni in particolare, il giudizio del Movimento 5 stelle fu critico non solo negli interventi dei suoi esponenti in Aula e in Commissione, ma anche nella risoluzione alternativa che gli stessi depositarono;
    in particolare, la missione in Niger, fu definita, nel gennaio 2018, dall'allora esponente dell'opposizione Manlio Di Stefano all'opposizione come «un regalo ai francesi» con l'invio dei nostri militari a «presidiare il deserto», salvo successivamente, l'attuale ministro della Difesa Trenta, abbia salutato lo sblocco della missione – dopo un iniziale stand-by – come «un grandissimo risultato di questo Governo»;
    continuiamo a credere che l'Africa rivesta un interesse strategico prioritario per la sicurezza dell'Italia, che, oltre a dover gestire i flussi migratori provenienti da tale continente, deve affrontare il rischio che un rallentamento del processo di pacificazione e di consolidamento delle istituzioni politiche della Libia sfoci in un nuovo fattore di minaccia per i propri interessi nazionali e per la sicurezza del bacino del Mar Mediterraneo. Gli interventi previsti in Africa si concentrano su attività utili a incrementare la sicurezza e la stabilità internazionali a favore di Paesi impegnati nella lotta al terrorismo e ai traffici illegali internazionali, e in questo la missione in Niger può aiutare a definire e sostenere nuove strategie, anche alla luce del fatto che la situazione in Sud Sudan resta drammatica e continuano a preoccupare le tensioni esistenti tra l'Eritrea e i Paesi confinanti. In tale contesto, l'operato delle missioni civili UE in ambito PSDC ha rivestito un ruolo di rilievo; il rafforzamento della nostra presenza nelle operazioni attive in tale teatro – EUCAP Niger, EUCAP Mali, EUTM Mali – cui va aggiunto anche il comando della Cellula di Coordinamento Regionale delle tre missioni stesse, testimonia la rilevanza che il nostro Paese attribuisce alla pace e la stabilità in questo quadrante;
    l'impegno italiano in Libia e Niger è intimamente connesso sul piano strategico alla fondamentale azione a tutela dei diritti umani della popolazione civile, di migranti e di profughi esercitata dalle organizzazioni internazionali presenti, nello specifico l'OIM e l'UNHCR, che l'Italia sostiene convintamente; occorre ricordare che da tempo in quell'area operano gruppi terroristici jihadisti (come Al-Quaeda nel Maghreb arabo (AQIM) e Al-Morabitun) che traggono nuovi fondamentali canali di finanziamento, diretto e indiretto, grazie a vari tipi di traffici, tra cui quello di migranti: le missioni in Libia ed in Niger sono, quindi, strategicamente rivolte anche a contrastare l'endemizzazione di questo fenomeno, che sovrappone terrorismo e attività criminale;
    anche per questo, abbiamo sostenuto con il precedente Governo e durante l'esame iniziale della legge di bilancio, gli strumenti della cooperazione allo sviluppo, anche grazie alle risorse stanziate con il cosiddetto Fondo Africa, con l'obiettivo di promuovere il controllo del territorio ed il contrasto dei traffici illeciti, a partire da quello di esseri umani. Fondo non rifinanziato dall'attuale Governo, e che non ha provveduto neanche sinora ad incrementare le risorse per l'Aiuto Pubblico allo Sviluppo, nonostante che nei 5 anni della scorsa legislatura, almeno una delle componenti della attuale compagine governativa, abbia sempre sostenuto la necessità dell'impegno per l'Italia a favore della pace anche e soprattutto attraverso la cooperazione allo sviluppo;
    ulteriore elemento di contraddittorietà dell'azione dell'attuale Governo, è evidenziato dal richiamo alla importanza della partecipazione italiana, insieme agli altri partners europei ed atlantici, al «finanziamento delle missioni dell'Onu», stante la decisione, nella legge di bilancio in corso di esame, di diminuire il contributo alle spese dell'Onu, e di respingere gli emendamenti e gli ordini del giorno delle opposizioni che ne ricordavano la rilevanza;
    ancora, desta preoccupazione l'annunciata «approfondita revisione che vorrà essere fatta intorno a EUNAVFOR MED operazione SOPHIA, in scadenza il 31 dicembre 2018», preoccupazione corroborata dalle continue dichiarazioni del Ministro dell'interno negli ultimi mesi a riguardo della missione Sophia, deciso a fermare definitivamente la missione in attesa di sviluppi sui negoziati delle regole di Dublino, riguardo l'individuazione dei porti europei che possono essere considerati sicuri;
    va ricordato che EUNAVFOR MED ha salvato dal 2015 circa 45 mila vite umane dai pericoli del mare e dei trafficanti di uomini e che l'impegno per la stabilità del Mediterraneo hanno confermato la vocazione multilaterale della politica estera e di difesa dell'Italia, il convinto sostegno al processo di integrazione europea e al legame transatlantico, l'impegno per la difesa dei diritti umani, nel segno di una cifra identitaria mediterranea che guida l'azione internazionale del nostro Paese;
    il Mediterraneo è stato parte essenziale della nostra presidenza del G7 e del mandato in Consiglio di Sicurezza, oltre che della nostra azione nell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e nella NATO, facendo sì che tali organizzazioni perseguissero l'impegno comune nella lotta contro il terrorismo e per una condivisione più equa e responsabile delle conseguenze del fenomeno migratorio, come pure di tutte quelle altre sfide (come tragedie umanitarie e odio settario) che contribuiscono a rendere l'area del Mediterraneo allargato uno degli epicentri del disordine globale;
    si rileva positivamente la volontà espressa dal Governo di proseguire nel solco dell'azione del precedente, in merito al ruolo dell'Italia nella partecipazione alle missioni internazionali,
   si propone all'Assemblea di autorizzare, per il periodo 1o ottobre-31 dicembre 2018, la prosecuzione delle missioni internazionali in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno ai processi di pace e di stabilizzazione, di cui al punto 5 della Relazione analitica DOC XXVI n. 1, di seguito riportate:
  EUROPA
   Joint Enterprise
nei Balcani (scheda n. 1);
   European Union Rule of Law Mission in Kosovo EULEX Kosovo (scheda n. 2);
   EUFOR ALTHEA in Bosnia Erzegovina (scheda n. 6);
   United Nations Peacekeeping in Cyprus UNFICYP (scheda n. 8);
   NATO Sea Guardian nel Mar Mediterraneo (scheda n. 9);
   EUNAVFORMED operazione SOPHIA (scheda n. 10);

  ASIA
   NATO Resolute Support Mission in Afghanistan (scheda n. 11);
   United Nations Interim Force in Lebanon-UNIFIL (scheda n. 12);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi (scheda n. 13);
   Temporary International Presence in Hebron-TIPH2 (scheda n. 14);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda n. 15);
   European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah (scheda n. 16);
   Coalizione Internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda n. 19);
   United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP (scheda n. 20);
   personale militare impiegato negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medio Oriente e Asia (scheda n. 21).

  AFRICA
   United Nations Support Mission in Lybia-UNSMIL (scheda n. 23);
   UE Atalanta (scheda n. 25);
   European Union Training Mission Somalia-EUTM Somalia (scheda n. 26);
   EUCAP Somalia (scheda n. 27);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda n. 28);
   Impiego di personale presso la base militare nazionale nella Repubblica di Gibuti per le esigenze connesse con le missioni internazionali nell'area del Corno d'Africa e zone limitrofe (scheda n. 29);
   MINUSMA in Mali (scheda n. 30);
   European Union Training Mission Mali-EUTM Mali (scheda n. 31);
   EUCAP Sahel Mali (scheda n. 32);
   EUCAP Sahel Niger (scheda n. 33);
   Multinational Force and Observers in Egitto-MFO (scheda n. 34);
   Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia [scheda 1(2018)];
   Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger [scheda 2(2018)];
   Missione NATO di supporto in Tunisia [scheda 3(2018)];
   United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara-MINURSO [scheda 4(2018)];
   European Union Training Mission Repubblica Centrafricana – EUTM RCA [scheda 5(2018)];

  POTENZIAMENTO DI DISPOSITIVI NAZIONALI E DELLA NATO
   «Mare Sicuro» Dispositivo aeronavale nazionale nel Mar Mediterraneo nel cui ambito è inserita la missione bilaterale in supporto alla Guardia costiera libica (scheda n. 36);
   Dispositivo NATO a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato «NATO Support to Turkey» (scheda n. 37);
   Dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda n. 38);
   Dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda n. 39);
   Dispositivo NATO in Lettonia (Enhanced Forward Presence) (scheda n. 40);
   NATO Air Policing per la sorveglianza dello spazio aereo dell'alleanza (scheda 6(2018)];
   Esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze Armate (scheda n. 43);
   Supporto info-operativo a protezione delle Forze armate (scheda n. 44);

  Interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione:
   Iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda n. 45);
   Interventi di sostegno al processo di pace, stabilizzazione rafforzamento della sicurezza (scheda n. 46);
   Partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (scheda n. 47);
   Interventi operativi di emergenza e di sicurezza (scheda n. 49);

  si propone, altresì, all'Assemblea di autorizzare per il periodo 1o ottobre-31 dicembre 2018 la partecipazione dell'Italia alla seguente missione, di cui alla Deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 novembre 2018 (Doc. XXV, n. 1), di seguito riportata:
   NATO Mission in Iraq [scheda 7(2018)].
(6-00041) «Pagani, Quartapelle Procopio, Enrico Borghi, Scalfarotto, Losacco, Carè, De Menech, Rosato, Lotti, La Marca, Fassino, De Maria, Minniti, Guerini».