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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 11 luglio 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    l'Italia, dopo le emergenze del 2003 e del 2017, sta attualmente affrontando il più grave episodio di siccità degli ultimi 70 anni, nonostante sia il Paese europeo con più piogge e corsi d'acqua di qualsiasi altro Paese dell'Unione europea: sono stimati circa 7.596 corsi d'acqua, di cui 1.242 fiumi e 342 laghi;

    la scarsità di precipitazioni dell'inverno 2021 ha fatto emergere le prime criticità già ad inizio dell'anno 2022, mentre i pochi millimetri di pioggia caduti nel mese di giugno non sono stati in alcun modo sufficienti ad arginare il manifestarsi di una emergenza senza precedenti, che mette a rischio miliardi di euro di produzioni agroalimentari e decine di migliaia di posti di lavoro, portando numerosi piani di emergenza, almeno a livello di ipotesi sul territorio, a contemplare misure di razionamento dell'acqua anche per usi domestici;

    poiché l'85 per cento della produzione agroalimentare nazionale deriva da colture irrigue, la risorsa idrica costituisce un presidio fondamentale per l'agricoltura nazionale: il 60 per cento di essa è destinata ad uso agricolo, il 25 per cento al settore energetico ed industriale e il 15 per cento ad uso civile;

    nonostante il fenomeno abbia inizialmente colpito il Nordovest italiano, ad oggi l'intero territorio nazionale è interessato dal fenomeno, ma resta particolarmente grave la situazione nella Pianura Padana dove, per la mancanza di acqua, è minacciato oltre il 30 per cento della produzione agricola nazionale e il 50 per cento delle attività zootecniche;

    sul punto, il livello idrico del fiume Po è in secca, sceso di quasi quattro metri rispetto alla media, con oltre il 28 per cento del territorio nazionale a rischio di desertificazione, fenomeno particolarmente grave e pericoloso, in quanto il bacino del Po vale il 45 per cento della produzione agricola nazionale e l'indotto economico afferente al fiume Po rappresenta il 40 per cento del prodotto interno lordo nazionale;

    l'attuale siccità ha ripercussioni anche sul fronte energetico: la produzione di energia idroelettrica vale da sola il 40 per cento dell'energia rinnovabile prodotta in Italia, per un totale che sfiora i 50 terawattora all'anno, corrispondente ad una totalità di oltre 4.300 impianti secondo quanto calcolato a fine 2018 dal Gestore dei servizi energetici (Gse) e da Tema S.p.A.;

    in termini di produzione energetica, il solo fiume Po ha un'incidenza di circa il 55 per cento sul prodotto interno lordo idroelettrico nazionale, al punto che la siccità rischia di avere ripercussioni concrete anche sui costi di produzione dell'energia con eventuali conseguenze sulle utenze, considerando come l'acqua sia necessaria, a livello industriale, non solo per alimentare l'idroelettrico, ma per il raffreddamento degli impianti;

    come riportato da un portavoce di Utilitalia, da gennaio a maggio 2022 la produzione idroelettrica sarebbe diminuita di circa il 40 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2021 proprio in ragione della grave carenza di acqua;

    l'attuale situazione emergenziale obbliga l'adozione di scelte di triage con ripercussioni evidenti sia sull'agroalimentare nazionale che sulla produzione energetica da fonte idroelettrica;

    negli ultimi venti anni la siccità ha provocato danni all'agricoltura italiana superiori ai 15 miliardi di euro, mentre secondo le più recenti stime, i danni della siccità sull'agricoltura nazionale sono stimati essere superiori ai 2 miliardi di euro nel solo 2022, con il 30-40 per cento delle colture agricole di riso e mais che rischiano di scomparire, in una fase dove l'Italia è attualmente deficitaria per oltre il 50 per cento nella campagna di raccolta del grano e la guerra tra Russia e Ucraina sta pregiudicando ulteriormente la sovranità alimentare nazionale nella misura dell'approvvigionamento di materie prime agroalimentari;

    per quanto riguarda la sola produzione del riso, la situazione è particolarmente drammatica nelle risaie del Nord, con le risaie venete in asciutta da quasi un mese, con intere coltivazioni che rischiano di morire, con particolare riguardo per le produzioni del Delta del Po, zona in cui viene coltivato riso di varietà Carnaroli, Arborio e Baldo, eccellenze nazionali con forte valore non solo in termini di produzione tutelata, ma anche come presidio di biodiversità, richiedendo quanto prima la predisposizione di barriere antisale in tutti i rami principali del fiume Po;

    la siccità si sta diffondendo dal Nord in tutto il Paese, con gravi ricadute in Emilia-Romagna e Toscana, ma anche al Centro-sud, con profondi disagi anche in Abruzzo, Calabria e Puglia, dove oltre il 57 per cento delle aree coltivabili è a rischio di desertificazione, con ripercussioni molto gravi su tutta la produzione agroalimentare e con particolare riferimento alle varie eccellenze territoriali a marchio di tutela, che rischiano, se non di sparire, di subire importanti tracolli produttivi;

    la scarsità di risorse idriche mette a repentaglio tanto la produzione agroalimentare quanto il turismo, in particolare quello montano, con riferimento ai rifugi, di cui oltre il 20 per cento rischia di rimanere senz'acqua e chiudere con largo anticipo, nonché quello termale;

    con particolare riferimento alla situazione della Pianura Padana, i grandi bacini del Nord sono ai livelli minimi della serie storica all'inizio della stagione più calda;

    i laghi di Como (13,5 per cento di riempimento) e d'Iseo sono ormai vicini al massimale negativo, già più volte superato invece dal lago Maggiore che risulta riempito solo al 20 per cento;

    situazione di analogo disagio è stata registrata nel 2021, a causa di una ricorrente siccità al Nord, senonché al tempo i bacini settentrionali erano ancora oltre il 90 per cento del riempimento e la neve sui monti era abbondante, mentre ad oggi essa risulta drammaticamente esaurita;

    il fiume Po persiste dunque nel registrare una magra preoccupante lungo tutto il corso: con la risalita del cuneo salino a 20 chilometri di profondità e procede, seminando distruzione, poiché interviene su terreni che dovrebbero essere fertilizzati dall'acqua dolce del fiume e non seccati dal mare;

    nel solo Piemonte, il fiume Po ha raggiunto una portata d'acqua inferiore del 72 per cento rispetto alla media, con forti ripercussioni anche sulle portate degli affluenti Trebbia, Secchia e Reno, ai minimi storici dal 1972, con Dora Baltea, Adda e Ticino che registrano una portata d'acqua inferiore del 75 per cento sulla media storica registrata;

    a livello nazionale, nelle fasce costiere, il cuneo salino sta penetrando per 15-20 chilometri nell'entroterra, con la conseguente riduzione delle falde dolci costiere ed un incremento della desertificazione in loco;

    ad oggi, il 20 per cento della fascia costiera è completamente desertificato, e l'agricoltura non vi può essere praticata;

    in alcuni territori non piove da oltre tre mesi e in decine di comuni di Piemonte e Lombardia sono già in azione le autobotti per l'approvvigionamento di acqua, in quanto i serbatoi locali aderiscono a sorgenti ormai completamente esaurite;

    sempre in riferimento al Nord, la regione Lombardia è ricca di laghi, ospitando oltre il 40 per cento delle superfici lacustri e oltre il 65 per cento dei volumi d'acqua italiani complessivi;

    per il torrente Pioverna, affluente del lago di Como, che si innesta a Bellano (LC), nelle ultime ore è stato segnalato un continuo calo con il valore di meno 23 centimetri con tratti di alveo praticamente in secca, mentre la stazione lago di Como/Cernobbio ha osservato un calo nelle ultime 72 ore di meno 11,5 centimetri, così come la stazione a Lavello (LC) di meno 16 centimetri;

    la Lombardia si conferma da diversi anni la prima regione agricola d'Italia, producendo – tra le altre – il 37 per cento del latte italiano, il 42 per cento del riso, il 40 per cento dei prodotti suinicoli, conseguendo altresì il primato per superficie dedicata all'agricoltura, le cui attività coprono il 69 per cento del territorio;

    le conseguenze della crisi sono evidenti, con gravissime ripercussioni in termini di riduzione delle rese di produzione delle coltivazioni in campo come girasole, mais, grano, foraggi per l'alimentazione degli animali e degli altri cereali, tutte materie prime agricole oggetto dell'attuale crisi inflattiva e di approvvigionamento, esplosa con la guerra russo-ucraina, con la quale altre materie essenziali come concimi o gasolio hanno subito rincari superiori rispettivamente al 170 per cento e al 129 per cento rispetto al 2021;

    il perdurare di questa commistione tra crisi inflattiva, scarsità di materie prime e siccità è destinato a ripercuotersi tanto sui produttori quanto sui consumatori, con un'ulteriore risalita dell'inflazione;

    in Piemonte sono state adottate misure di razionamento dell'acqua in oltre 200 comuni e misure analoghe stanno diffondendosi anche in molti comuni della Lombardia;

    in Friuli Venezia Giulia sono state irrigidite le modalità di gestione dei flussi d'acqua dai pozzi artesiani, in Veneto numerosi comuni sono oggetto di misure di razionamento dell'acqua e coltivazioni agricole, con particolare riguardo alle soprammenzionate produzioni risicole, rischiano di scomparire;

    in Emilia-Romagna sono state registrate particolari sofferenze per gli impianti di produzione energetica idroelettrica, nel centro Italia numerosi fiumi sono al minimo storico e nel sud Italia è sempre più allarmante il rischio di desertificazione;

    la Componente 4 (Tutela del territorio e della risorsa idrica) della Missione 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica) prevede un investimento complessivo di circa 4,38 miliardi di euro per il servizio idrico, da suddividere in servizio idrico integrato e irrigazione;

    sul punto, l'investimento 4.1 – Investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell'approvvigionamento idrico, prevede uno stanziamento di risorse per 2 miliardi di euro, l'investimento 4.2 – Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell'acqua compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti, prevede uno stanziamento per 900 milioni di euro, l'investimento 4.3 – Investimenti nella resilienza dell'agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche, prevede uno stanziamento per 880 milioni di euro e, infine, l'investimento 4.4 – Investimenti in fognatura e depurazione, prevede uno stanziamento per 600 milioni di euro;

    con decreto del 16 dicembre 2021, n. 517, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, in relazione alla M2C4 – linea di investimento 4.1 del Piano nazionale ripresa e resilienza (Pnrr), ha individuato risorse per progetti da programmare e rendicontare con interventi imputabili al Piano nazionale settore idrico – sezione «Invasi» e sezione «Acquedotti» per un totale di 710 milioni di euro;

    i fondi previsti nel Pnrr per il solo piano «Invasi» sono pari a circa 400 milioni di euro;

    considerando come l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) già nel 2020, in corso di audizione in Parlamento, avesse evidenziato la necessità di investire almeno 10 miliardi di euro unicamente per adeguare l'attuale infrastruttura di raccolta, trasporto e gestione della risorsa idrica, emerge come le risorse messe a disposizione dal Pnrr siano insufficienti;

    sul punto, i 400 milioni di euro per il piano «Invasi» non sono assolutamente sufficienti per sostenere l'ammodernamento e la resilienza del comparto agroalimentare e della destinazione ad uso civile, ambientale ed industriale della risorsa idrica alla luce di frequenti cambiamenti climatici e crisi di approvvigionamento;

    poiché in Italia si perde ogni anno l'89 per cento dell'acqua piovana, appare indispensabile approntare con estrema urgenza una rete di piccoli invasi diffusi sul territorio, per conservare l'acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all'industria e all'agricoltura, con una ricaduta importante sull'ambiente e sull'occupazione;

    sulla scorta delle precedenti emergenze, il settore agricolo nazionale ha incrementato la propria resilienza, ottimizzando la propria produzione anche mediante agricoltura di precisione, andando a ridurre il consumo idrico di quasi il 40 per cento, mostrando forte sensibilità alle necessità di tutela della risorsa idrica;

    allo stato attuale, infatti, l'Italia è il primo Paese europeo per prelievo d'acqua, e buona parte delle difficoltà conseguenti all'attuale siccità è dovuta ad una dotazione infrastrutturale obsoleta ed inadeguata al presente scenario;

    a livello infrastrutturale, in Italia sono presenti 526 grandi dighe e circa 20.000 piccoli invasi che, nell'arco di 50 anni, sono passati da immagazzinare il 15 per cento dell'acqua all'11,3 per cento, anche per mancanza e scarsità di attività manutentive;

    a fronte di una rete idrica di circa 600.000 chilometri, l'inefficienza dell'infrastruttura comporta la perdita di oltre il 42 per cento dell'acqua trasportata, ponendo un livello di spreco della risorsa idrica estremamente elevato;

    i livelli di spreco sono talmente elevati che l'acqua potabile è utilizzata anche per raffreddare gli impianti produttivi o per attività di lavaggio; inoltre, essendo l'Italia l'unico Paese europeo che non utilizza acqua di depurazione, i livelli di spreco sono ancora più elevati;

    buona parte degli interventi di ammodernamento ed infrastrutturazione di invasi e risorse idriche necessitano di essere agevolati con uno sfoltimento delle pratiche burocratiche, richiedendo la tempestiva approvazione di procedure istruttorie ed approvative per migliorare la rete di distribuzione nazionale, potenziando gli interventi previsti con l'investimento su meccanismi a doppio invaso ed a pompaggio idroelettrico, nonché su tecnologie ed impianti di desalinizzazione dell'acqua marina, data la posizione geografica privilegiata della Penisola italiana;

    l'Italia ha bisogno di risorse da investire nelle reti idriche, al fine di efficientare quelle dei comuni, realizzare depuratori (oggi in molti luoghi ancora assenti), pianificare invasi nell'ottica di una programmazione a livello territoriale e su vasta scala, rinnovare concessioni idroelettriche delle grandi derivazioni, ripensare alle modalità di utilizzo della risorsa – anche all'interno delle case e degli edifici pubblici – nonché predisporre l'installazione di strumenti e meccanismi volti al recupero ed al riuso delle acque;

    la progettazione di nuovi invasi ad uso plurimo della risorsa idrica (potabile, energetica, irriguo, e altro) è indispensabile anche per far fronte alla grande siccità che incombe sul Paese e per mitigarne i conseguenziali danni;

    è necessaria ed improcrastinabile la programmazione di invasi da realizzare a livello territoriale per far fronte all'attuale modificata situazione climatica che sta generando forti ripercussioni negative in ogni ambito, da quello agricolo a quello civile nonché a quello industriale;

    in alcune regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto) risultano adottati idonei provvedimenti volti all'applicazione, in aree definite, del deflusso minimo vitale estivo, che consentirà di prelevare e accumulare più acqua in caso di precipitazioni;

    in ottica strategica continentale, i Paesi del bacino mediterraneo sono aree privilegiate per la raccolta e lo sfruttamento della risorsa idrica, con riferimento al conseguimento della sovranità alimentare nazionale, ma anche comunitaria, e pertanto è improcrastinabile il potenziamento dello strumento del Next Generation EU, anche mediante nuove strategie di stampo europeo, per lo sviluppo di nuove tecnologie di gestione e distribuzione della risorsa idrica, profittando altresì della particolare posizione della Penisola italiana nel Mediterraneo per la riconversione dell'acqua di mare in acqua potabile mediante lo sviluppo di impianti di desalinizzazione,

impegna il Governo:

1) ad assumere ogni iniziativa utile a ridurre l'impatto territoriale della siccità sul territorio nazionale, prevedendo inoltre lo stanziamento di risorse economiche idonee a favore dei comparti oltremodo penalizzati quali risultano essere quello turistico, agricolo e quello della produzione di energia idroelettrica, contenendo eventuali rincari delle utenze energetiche su cittadini e imprese;

2) ad adottare ogni utile iniziativa affinché siano incrementate, in sede europea, le risorse di cui al Next Generation EU per il contrasto della siccità, anche tramite l'elaborazione di una apposita strategia a largo impatto tale da consentire il finanziamento di tutte le infrastrutture idriche necessarie a garantire un congruo approvvigionamento di risorsa idrica a favore di cittadini ed imprese, garantendo la sovranità alimentare ed idrica dell'Italia e dei Paesi membri;

3) ad assumere le necessarie iniziative per rendere più rapida e coordinata la progettazione e la realizzazione di un piano invasi a livello territoriale, prevedendo inoltre lo stanziamento di ulteriori risorse, oltre a quelle già individuate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza – allo stato attuale del tutto insufficienti – per avviare in modo tempestivo l'ammodernamento delle modalità di gestione della risorsa idrica, incrementando anche gli investimenti nella tecnologia del doppio invaso e del pompaggio idroelettrico, nonché in impianti e tecnologie di desalinizzazione del mare;

4) a scongiurare l'adozione di misure di razionamento che comportino disagio e danno al tenore di vita dei cittadini;

5) a richiedere alla Commissione europea maggiore flessibilità nell'ambito della normativa degli aiuti di Stato per sostenere i settori colpiti dall'emergenza siccità e per agevolare gli investimenti infrastrutturali finalizzati alla costruzione di nuovi invasi e all'ammodernamento delle reti esistenti, con criteri che favoriscano altresì la predisposizione di una rete infrastrutturale tecnologicamente avanzata, basata su criteri di raccolta di dati digitalizzati, intellegibili ed in regime di interoperabilità tra di loro;

6) a cooperare con le regioni affinché siano realizzate barriere antisale nei principali corsi d'acqua, con la finalità di tutelare le produzioni agroalimentari e contenere la desertificazione del territorio e l'incremento del cuneo salino nei principali fiumi italiani;

7) a promuovere una significativa semplificazione normativa volta a razionalizzare ed ottimizzare la gestione della risorsa idrica sul territorio e la costruzione di nuove infrastrutture nell'alveo di programmazioni strategiche nazionali, con particolare riguardo alle procedure burocratico-autorizzative per la costruzione di dissalatori sul territorio nazionale;

8) ad adottare iniziative per stanziare ulteriori risorse in favore dello sviluppo dell'agricoltura di precisione con la finalità di ottimizzare l'impatto del comparto sull'utilizzo della risorsa idrica;

9) a favorire lo sviluppo di infrastrutture e tecnologie volte a contenere l'impatto della siccità e della scarsità di acqua nelle aree con meno concentrazione idrica, nonché a salvaguardare e agevolare la ricarica gestita delle falde acquifere;

10) ad adottare iniziative per sviluppare strategie di investimento finalizzate al miglioramento dello stoccaggio e dello sfruttamento della risorsa idrica, con particolare riguardo alle infrastrutture di irrigazione sotterranea e di precisione, nonché alla realizzazione di nuovi bacini di stoccaggio;

11) a valutare tempestivamente la possibilità di individuare – d'intesa con le organizzazioni sindacali del settore agricolo – pratiche sostenibili finalizzate al minore consumo della risorsa idrica, anche favorendo con specifiche agevolazioni economiche il ricorso all'utilizzo delle migliori tecnologie di cui il settore dispone, e comunque verificando, d'intesa con le regioni, la possibilità che le acque reflue siano recuperate per fini irrigui, in linea con quanto stabilito dalle norme comunitarie;

12) ad adottare ogni utile iniziativa di competenza volta a potenziare il riutilizzo dell'acqua piovana, sia per scopi industriali che irrigui e a promuovere gli improcrastinabili interventi di ristrutturazione della rete idrica nazionale;

13) a promuovere, nelle forme che saranno individuate e nel rispetto delle competenze, il potenziamento delle autorità di bacino in un'ottica di efficacia ed efficienza dell'utilizzo delle risorse economiche già stanziate o da stanziare per una migliore programmazione e realizzazione degli investimenti;

14) a promuovere iniziative diplomatiche per lo sviluppo di strategie di ottimizzazione della risorsa idrica sulla base delle pratiche virtuose internazionali del settore, anche tramite lo sviluppo di partenariati diplomatico-internazionali per il trasferimento di conoscenze.
(1-00686) «Lollobrigida, Meloni, Caretta, Ciaburro, Foti, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    diverse situazioni di siccità stanno condizionando le risorse idriche del Paese, come testimoniato emblematicamente dal fiume Po che, come altri, sconta una persistente carenza di precipitazioni che risale al dicembre 2021;

    le riserve idriche dislocate sul territorio nazionale sono al di sotto dei minimi storici (1970-2019) già dal settembre 2021, con un impatto che condiziona significativamente non solo le irrigazioni e, dunque, il buon esito dei raccolti, ma anche la produzione idroelettrica, che registra un deficit, rispetto agli ultimi otto anni, pari a circa il 30 per cento del complesso dei gigawattora prodotti;

    l'inverno estremamente caldo di quest'anno ha comportato un accumulo di nevi sulle vette alpine del 60 per cento più basso rispetto alla media dei valori registrati negli ultimi 20 anni, contribuendo ad aggravare i volumi critici di fiumi e laghi e aggravando le note criticità territoriali dovute al dissesto idrogeologico che caratterizzano l'intero territorio nazionale, come drammaticamente testimoniato dalla recente tragedia della Marmolada;

    per quanto riguarda le precipitazioni, in particolare, appaiono emblematici i dati registrati nei mesi invernali: una media di 40 millimetri di pioggia contro i 95 millimetri stimati alla luce della media storica. Un dato sconcertante che, considerando l'aumentare degli eventi di siccità osservatisi negli ultimi quarant'anni in tutto il continente europeo e l'incremento delle aree colpite da siccità estrema nel nostro Paese, ha un impatto economico stimato in 150 miliardi di euro;

    in base ai dati dell'Ispra, la disponibilità di risorsa idrica media annua in Italia, calcolata nel periodo 1951-2020, ammonta a 469,8 millimetri (corrispondente a un volume di circa 142 miliardi di metri cubi), cioè il 19 per cento in meno rispetto al valore medio annuo del trentennio 1921-1950, con un trend negativo che vede stimata una perdita di un ulteriore 40 per cento (con punte del 90 per cento al Sud) nei prossimi trent'anni;

    una gestione asistematica e scoordinata di risorse idriche già esigue e destinate a diventare sempre più carenti si traduce in un vero e proprio danno per tutti i settori e servizi, da quello agricolo e industriale, a quello elettrico e turistico, senza dimenticare l'approvvigionamento di acqua potabile alla popolazione;

    riguardo nello specifico alla pesca e all'itticoltura, con i grandi fiumi indeboliti, l'acqua salata del mare risale spesso per chilometri e le pescicolture usate per il rilascio soffrono molto, mentre nei corsi d'acqua, con i torrenti in quota quasi asciutti o proprio a secco, è a rischio la fase riproduttiva, perché il pesce non trova più le acque basse per la riproduzione;

    proprio per fare fronte a queste criticità, il Governo ha deliberato, in data 4 luglio 2022, lo stato di emergenza in relazione alla situazione di deficit idrico in atto nei territori delle regioni e delle province autonome ricadenti nei bacini distrettuali del Po e delle Alpi orientali, nonché per le peculiari condizioni ed esigenze relative, nel territorio delle Regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto;

    la perdurante scarsità di precipitazioni pluviometriche e nevose degli ultimi tre anni ha infatti cagionato una riduzione dei deflussi superficiali e delle conseguenti riserve idriche, condizionando la capacità di ricarica delle falde superficiali, i cui effetti risultano amplificati anche a causa delle diffuse criticità strutturali che caratterizzano gli impianti e la rete di distribuzione idrica nazionale, con perdite che superano il 40 per cento;

   appare del tutto urgente adottare misure volte a mitigare i rischi derivanti dalle carenze idriche, destinate ad aggravarsi in considerazione delle elevate temperature e dell'incremento dei prelievi d'acqua a uso idropotabile e irriguo ed è necessario ed urgente provvedere ad una manutenzione costante dei letti dei corsi d'acqua e degli invasi, insieme ad un continuo monitoraggio di corsi d'acqua, fiumi, laghi, ghiacciai e di tutte le acque interne, compito che era affidato all'unità di missione «Italia sicura», che è stata sciolta e che dovrebbe essere ripristinata,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per ripristinare una unità di missione da porre in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri che si occupi di dissesto idrogeologico e di sviluppo e coordinamento della manutenzione delle strutture idriche, anche nell'ottica di ammodernamento ed efficientamento del sistema acquedottistico nazionale, limitando le attuali cospicue perdite idriche lungo il percorso di distribuzione e della realizzazione e messa in esercizio di un sistema di collettori e depuratori di fanghi reflui, anche al fine di accogliere le raccomandazioni che giungono dall'Unione europea e scongiurare procedure di infrazione;

2) ad adottare iniziative per individuare misure che incentivino il riuso delle acque piovane e delle acque grigie, anche prevedendo che, per le nuove costruzioni, a fianco delle opere obbligatorie per il risparmio energetico, vi siano anche prescrizioni per il risparmio idrico, sull'esempio di alcuni Paesi del nord Europa e di alcuni enti locali italiani virtuosi;

3) a valutare la possibilità di adottare, ove possibile, iniziative per il riuso delle acque piovane e delle acque grigie, individuando progetti per la realizzazione delle necessarie infrastrutture, anche attraverso i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

4) ad adottare iniziative per prevedere misure speciali e immediate per sostenere gli enti locali nell'ammodernamento della rete idrica, al fine di limitare la dispersione, che supera, in alcuni casi il 40 per cento delle risorse idriche immesse in rete;

5) ad adottare iniziative per potenziare gli investimenti in agricoltura di precisione, agricoltura 2.0, impianti di irrigazione di ultima generazione e interventi agronomici e infrastrutturali volti al miglioramento dell'efficienza nell'uso delle risorse idriche in campo agricolo, che tengano conto delle effettive esigenze colturali e delle caratteristiche del suolo, con particolare riferimento a specifiche misure di sostegno per le imprese agricole, della acquacoltura e della filiera agroalimentare della trasformazione, da impegnare in investimenti tecnologici e digitali, e nella formazione degli operatori;

6) ad adottare iniziative, se necessario anche attraverso norme primarie e d'intesa con le regioni e gli enti locali, al fine di provvedere ad un riassetto complessivo degli enti gestori del servizio idrico integrato, prevedendo, nell'ambito di una razionalizzazione, anche una riduzione dei soggetti attualmente coinvolti;

7) a promuovere un piano complessivo ed omogeneo a livello nazionale che consenta la costruzione e la messa in esercizio di dissalatori, al fine di ottenere consistenti quantità di acqua dolce dalla dissalazione e depurazione delle acque marine;

8) a valutare, in considerazione della attuale situazione di emergenza, l'adozione di iniziative per rivedere il sistema di messa a gara delle grandi concessioni idroelettriche, ponendo anche particolare attenzione agli invasi maggiormente esposti agli effetti della crisi idrica e che hanno maggiormente sofferto gli eventi siccitosi perdendo potenzialità produttiva in termini di gigawattora.
(1-00687) «Fregolent, Gadda, Rosato, Bendinelli, Troiano, Moretto, Ungaro, Marco Di Maio, Vitiello, Occhionero».


   La Camera,

   premesso che:

    la legge 8 novembre 2000, n. 328, legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, sottolinea il principio di coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari, precisa la necessità di una concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali che partecipano alla realizzazione della rete di servizi (Asl) per le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria comprese nei livelli essenziali del Ssn e comuni, titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali). Ai comuni spetta l'esercizio delle attività di programmazione, organizzazione della rete dei servizi e quindi provvedono al rilascio delle autorizzazioni e dell'accreditamento;

    il decreto ministeriale 21 maggio 2001, n. 308, è il regolamento concernente i «requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell'articolo 11 della legge 8 novembre 2000, n. 328» indicando le 4 tipologie di strutture socio assistenziali;

    negli ultimi decenni si è assistito ad un progressivo allungamento della speranza di vita con conseguente aumento della popolazione con più di 65 anni. Questa ampia fascia di popolazione esprime bisogni assistenziali differenziati e complessi che richiedono la necessità che i servizi sociali, assistenziali, sanitari e socio sanitari si colleghino e integrino tra di loro per fornire risposte articolate e differenziate, adeguate a ciascuno anziano. È sempre più evidente come la risposta a questi bisogni così articolati non possa più essere rappresentata dal ricovero presso strutture di tipologia riconducibile al classico presidio ospedaliero che ha rappresentato, e ancora viene ritenuto impropriamente da gran parte della popolazione il principale punto di riferimento e di risposta ai bisogni di salute. A questo proposito, è necessario e non più rinviabile darsi quale obiettivo principale il perseguimento di obiettivi consistenti nello sviluppare uno strutturato sistema di servizi territoriali e di prossimità rivolti agli anziani, rafforzando l'autonomia individuale allo scopo di prevenire la non autosufficienza, mantenendo il più possibile la persona nel proprio contesto famigliare, nella propria abitazione, assicurando quando necessario, l'assistenza qualificata nel luogo più appropriato: a domicilio;

    è importante distinguere le differenze esistenti tra le diverse forme di assistenza partendo da che cosa sia una casa di riposo, che è quella struttura che accoglie ospiti almeno parzialmente autosufficienti, che abbiano bisogno di un'assistenza non continua. Trattandosi di ospiti parzialmente autosufficienti, il personale medico non è presente 24 ore su 24, ma si può contare sulla presenza del personale infermieristico. Nelle case di riposo, infatti, è garantita l'assistenza tutelare e infermieristica, così come l'eventuale somministrazione di farmaci. Una sostanziale differenza tra casa di riposo e residenze sanitarie assistenziali è visibile nella sistemazione. La gestione della casa di riposo può essere privata (con pagamento a carico totale o parziale dell'ospite) o pubblica, con accesso tramite la richiesta presso l'ufficio dei servizi sociali del comune. Le Rsa sono strutture socio-sanitarie dedicate ad anziani non autosufficienti, che necessitano di assistenza medica, infermieristica o riabilitativa, generica o specializzata. Nelle Rsa è prevista la presenza di un medico 24 ore su 24, un terapista ogni 40 ospiti e un infermiere ogni 5. Proprio perché gli ospiti della Rsa non sono autosufficienti, è necessaria la costante presenza medica e infermieristica, oltre che un aiuto continuativo per garantire lo svolgimento delle attività quotidiane, come per l'igiene personale. Per quanto riguarda la retta, nel caso della Rsa privata, il pagamento è totalmente a carico dell'ospite o dei familiari; nel caso di struttura pubblica, è possibile concordare l'accesso con l'ufficio dei servizi sociali del comune. Vi è un ulteriore differenza tra casa di riposo, Rsa e case di cura, le quali ospitano anziani parzialmente autosufficienti affetti da patologie acute. Trattandosi di residenze private, il pagamento delle case di cura è sempre a carico dell'ospite o dei familiari;

    è recente l'appello della «Società italiana di gerontologia», il quale indica la necessità di promuovere una cultura e un approccio geriatrico presso i medici di medicina generale e nei servizi domiciliari e nelle Rsa. Purtroppo, nella maggior parte delle case di riposo, dove la presenza di persone anziane con quadri clinici di morbilità e di polipatologie croniche è ormai prevalente, si registra una carenza strutturale di personale infermieristico, mediamente del 30 per cento con punte percentuali preoccupanti che mettono in crisi la gestione dei servizi e la qualità delle cure, così come un'organizzazione sanitaria non continuativa e poco efficace, laddove la stessa si articola intorno ai medici di medicina generale, in luogo del medico fisso di struttura e del direttore sanitario. Nell'appello si auspica che la proposta del geriatra vada nella direzione di una qualificazione e continuità delle cure mediche all'interno delle Rsa, che potrebbe rendere tali strutture maggiormente attrattive anche per gli infermieri. Naturalmente, le problematiche delle cure e dell'assistenza dell'invecchiamento della popolazione sono più complesse e l'introduzione della figura del geriatra, per quanto utile, da sola non può essere risolutiva, in particolare modo a livello territoriale. Qui devono invece trovare piena realizzazioni i nuovi modelli e strumenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), ovverosia le Cot, le Case della comunità e gli Ospedali della comunità che sono strutture a bassissima intensità medica e ad alta intensità assistenziale infermieristica. Ciò potrebbe produrre una reale presa in carico del paziente fragile e anziano, in particolare da parte del medico di medicina generale e del distretto sanitario, veri snodi decisivi della piattaforma di riforme da adottate con il Pnrr. In questa prospettiva, sempre secondo l'appello, il medico di medicina generale diventerebbe il responsabile clinico del paziente, supportato da una serie ormai ineludibile di professionalità, oltre a quella del geriatra, ovvero cardiologi, diabetologi, pneumologi, neurologi, riabilitatori. Tutto ciò deve essere completato dalla rete dei servizi sociali dei comuni. Solo così, secondo la «Società italiana di gerontologia», diminuiranno gli accessi in pronto soccorso, non saranno occupati posti letto ospedalieri, ci sarà maggiore turn over nei servizi intermedi territoriali e più assistenza a domicilio. In questo modo sarebbe possibile preservare più a lungo l'autonomia delle persone e la loro permanenza a domicilio;

    la questione delle case di riposo, delle Rsa e delle Ra, necessita di una profonda riflessione che non può più essere rimandata per ciò che attiene alla riorganizzazione delle strutture e all'avvio di controlli più serrati che disincentivino situazioni di maltrattamento al punto di violare, in alcuni casi, i diritti umani di chi vi alloggia. Purtroppo, per gli anziani il passaggio da una condizione di autonomia, ad una di forte dipendenza avrebbe in sé la miccia del maltrattamento che si articola in diverse forme, ossia da quello fisico a quello psicologico-emotivo, da quello economico (come i furti) fino ad arrivare all'incuria e all'abbandono dell'assistito. Il rischio di essere esposti al maltrattamento ha a che fare profondamente con il processo di re-istituzionalizzazione delle strutture preposte e con la conseguente «banalizzazione» dell'assistenza, a detta di Luca Fazzi, docente di sociologia e ricerca sociale presso l'Università di Trento, il quale si riallaccia all'analisi del sociologo canadese Erving Goffman; costui affermava che: «...bisogna fare attenzione a quello che ogni istituzione totale porta con sé che è rappresentato dal "dramma del self"». Fazzi afferma che: «...se noi consideriamo la giornata tipo di un anziano, all'interno di una struttura, ciò che accade sono una serie di episodi che si ripetono, provocando una grossa frattura tra il prima e il dopo. Questo comporta una riorganizzazione della propria identità in condizioni estremamente precarie di salute fisica e cognitiva...». Vi sono alcuni indicatori di rischio maltrattamento, che sono: l'assenza di monitoraggio degli eventi sentinella; operatori privi di formazione e a rischio burnout (stress); numeri di piani assistenziali non aggiornati sul totale; elevati tassi di entrata, nonché il numero di ospiti senza visite familiari. «Oggi molti direttori sanitari continuano a limitare le visite, nonostante le vaccinazioni. Il risultato è che da due anni un gran numero di anziani è in condizioni di assoluta esposizione a rischio maltrattamento», evidenziando «non solo la forte dismissione delle politiche sociali, ma anche il carattere più organizzativo che individuale del maltrattamento». Gli standard delle strutture, dunque, sono diventati così meccanicizzati da perdere di vista le persone con i loro bisogni: «(...) Il lavoro per compiti va per la maggiore, ma non è efficiente: chi gestisce le RSA, infatti, spesso e volentieri ha delle competenze parziali,» osserva Fazzi, «bisognerebbe invece investire al massimo sulla capacità di auto osservazione e riflessività: concetti che vengono sempre meno in organizzazioni pensate come erogatori di assistenza (...)»;

    al fine di contrastare il maltrattamento, secondo Fazzi, la formazione è importante ma non basta, perché si dovrebbe puntare su piani di intervento integrati, che funzionino con il coinvolgimento attivo del personale, il quale deve essere trattato in maniera adeguata. Tant'è che chi lavora in queste strutture «(...) fa un lavoro duro, in condizioni di stress fortissimo e ha salari estremamente bassi. Quando si toglie valore alle persone, queste si sviliscono e tendono a svilire anche gli altri, intenzionalmente o meno (...)». La proposta del docente è dunque quella di «(...) portare la focalizzazione sul fattore umano attraverso la ricerca e l'advocacy. Nei prossimi anni il tema del maltrattamento diventerà esplosivo per una serie di motivi e allora sarà necessario intervenire (...)»;

    da alcuni anni il sistema sanitario e sociosanitario italiano si era orientato principalmente per affrontare quella che sembrava la sfida prevalente: la presa in carico delle persone affette da patologie croniche. La progressiva e costante diminuzione dei posti letto in ospedale e la conversione degli stessi in strutture dedicate all'emergenza e alle acuzie non rispondeva soltanto ad esigenze di tenuta dei conti pubblici, da ottenere peraltro con misure che hanno messo sotto stress il sistema dei servizi in modo eccessivo, soprattutto per quanto riguarda il blocco delle assunzioni e gli investimenti, ma aveva anche delle basi epidemiologiche e demografiche; il necessario rifinanziamento del fondo sanitario non avrebbe cambiato l'orientamento generale del sistema;

    questo insieme di certezze è stato fortemente messo in discussione se non del tutto travolto dalla pandemia. Due dei pilastri assistenziali del modello, gli ospedali per acuti e le specialistiche e le residenze per gli anziani non autosufficienti, hanno dovuto affrontare una crisi imprevista. Improvvisamente, è appalesata la carenza dei posti letto in ospedale, non solo di terapia intensiva, ma anche ordinari, dovendo organizzare gli spazi e l'assistenza in modo da separare bene i pazienti affetti dal virus dai restanti reparti di degenza; altrettanto improvvisamente ci si è trovati di fronte alle difficoltà di contrastare efficacemente e prontamente il diffondersi del virus nelle strutture residenziali per anziani, strutturalmente meno modificabili sia dal punto di vista degli spazi che organizzativo;

    le residenze per anziani rappresentano una offerta di servizio relativamente recente e che è diventata sempre più rilevante a causa dei profondi cambiamenti sociali in atto ormai da diversi anni con un progressivo allentamento della capacità della risposta familiare, nonostante l'assistenza domiciliare rappresenti sempre la prima opzione da prendere in considerazione. In Italia esistono molte strutture residenziali per anziani al punto che non è possibile racchiuderle tutte nel modello Rsa per la loro forte differenziazione in termini di organizzazione di spazi, setting assistenziale, target di persone potenzialmente coinvolte, tipo di gestione, che va dal privato puro all'interamente pubblico, passando da molte altre forme;

    durante la fase più acuta della pandemia, sono state proprio le residenze per anziani ad essere più colpite; vi si è registrato, infatti, un numero elevatissimo di contagi e di decessi; in alcune strutture il virus si è diffuso fino ad infettare quasi tutti i ricoverati e moltissimo del personale impegnato nell'assistenza, il che interroga fortemente sul modello, o forse sarebbe meglio dire sui modelli di residenzialità per le non autosufficienze, così come li abbiamo conosciuti nel corso degli ultimi anni e sulla loro capacità di adattarsi in fretta al mutare del contesto sanitario, come invece, sia pure con difficoltà, è stato fatto nelle strutture ospedaliere;

    lo scenario epidemiologico delineato a livello italiano ed europeo in relazione alla diffusione del COVID-19, mette in primo piano la fragilità e i rischi della fascia di popolazione rappresentata da persone anziane e affette da gravi patologie neurologiche, croniche e fortemente invalidanti, residenti presso le strutture sociosanitarie;

    lo studio condotto dall'Istituto superiore di sanità (Iss) nell'aprile del 2020 in circa mille Rsa italiane riporta che dal primo febbraio al 14 aprile ci sono state in totale 6.773 persone decedute: di queste 364 erano risultate positive al tampone e 2.360 avevano presentato sintomi simil-influenzali. In sintesi, il 40,2 per cento del totale dei decessi ha interessato gli ospiti con riscontro di infezione da SARS-CoV-2 o con manifestazioni simil-influenzali;

    questa allarmante situazione di emergenza sanitaria ha reso necessaria una riflessione sulle strategie intraprese a livello nazionale e regionale per la prevenzione e il controllo dell'epidemia nelle Rsa, ovvero i contesti maggiormente esposti al rischio di infezione da Coronavirus, poiché gli anziani ospiti, oltre ad avere i fattori di rischio sopra riportati, sono generalmente più vulnerabili alle infezioni rispetto alla popolazione generale;

    i dati disponibili sulla condizione delle persone anziane nel nostro Paese, sono frastagliati e non aggiornati agli eventi a strascico della pandemia, non si possono e si devono dimenticare i migliaia di meno giovani morti in queste strutture, in totale solitudine, qual è stata la solitudine del morente, che rappresenta il tema centrale del dibattito che dovrebbe aprirsi nel nostro Paese, a cominciare dal vivere la longevità in maniera differente e del non istituzionalizzare queste strutture che vanno superate con un approccio «basagliano». Sarebbe importante che il Governo avviasse delle indagini socio-conoscitive al fine di avere il quadro nazionale del fenomeno dell'invecchiamento della popolazione (non riferendosi soltanto ai dati statistici dei numeri), per soffermarsi poi sui livelli e sulle dinamiche che hanno portato all'ospedalizzazione, e in particolare sullo schema di presa in carico delle persone anziane con problemi di salute. Si stima che le persone all'interno di queste strutture siano intorno alle 300 mila;

    è necessario intervenire, a seguito di una fotografia aggiornata, sui bisogni della longevità e della non autosufficienza, per costruire dei modelli sociali e organizzativi che superino tale impostazione istituzionalizzata del tema come sta avvenendo in alcuni Paesi del Nord Europa, dove si è capovolto lo schema, ossia non più tempi cadenzati come quelli ospedalieri ma la partecipazione attiva nell'organizzare la quotidianità del sociale condividendo desideri (farli propri e realizzarli), abitudini strutturate in anni di vita, gusti e sapori (si è centralizzato il cibo con cucine e cibi standardizzati), rispettare i ritmi e i tempi nella ricchezza delle differenti percezioni del tempo e dello spazio in cui si vive, dando vita a forme organizzative di co-housing. Oggi le strutture per anziani vengono gestite in base a economie di scala che ragionano sui grandi numeri e sui tagli alle spese, con l'aggravante che, accorpando queste grandi strutture, le persone che ci lavorano diventano sempre meno;

    nell'accogliere un anziano bisognerebbe accogliere la sua storia prima di tutto, chi era, cosa faceva, cosa vuol fare, prendere le singole specificità di ognuno rendendolo partecipe di una logica di comunità e non di separazione/segregazione. L'anziano viene gestito nella sua metodica fisiologica, cioè nei cambi per l'igiene intima come una cadenza temporale fissa e ripetitiva; avviene il livellamento della sua personalità, delle sue ricche spigolosità che consentirebbero la conoscenza del soggetto; bisognerebbe cercare di mantenere il più possibile la sua autonomie avvicinandolo ad uno spirito di famiglia e alla gioia degli abbracci;

    le stanze di queste strutture sono anonime, standardizzate ad una semantica visiva e funzionale che è l'anticamera della depressione, della negazione dell'individuo che anticipa la proiezione del fine vita. Sarebbe fondamentale capire quanti sono coloro che si sono lasciati andare via nella loro solitudine interiore, del sentirsi degli oggetti reietti, del lasciarsi morire, perché rifiutano il cibo insapore e senza anima. Una società che invecchia, come la nostra, deve trovare dei modi alternativi di vivere la longevità e di gestire la non autosufficienza. Bisogna favorire delle soluzioni che rendano possibile la vita autonoma, il più a lungo possibile nel proprio territorio, a casa propria, nel proprio contesto familiare. Si tratta di trovare una serie di soluzioni che servano a superare questa dicotomia tra: «sono a casa mia, in salute e perfettamente autosufficiente» e «finisco in una struttura»;

    ci sono però modelli alternativi che si vedono all'estero o nel nostro territorio in alcune buone pratiche, quali ad esempio, le varie forme di co-housing, di condomini assistiti, forme di vita che consentano anche una socialità ricca, in quei periodi in cui non si è completamente autosufficienti, in cui si ha un bisogno maggiore di essere tutelati nella propria salute. Si possono creare dei condomini con delle forme di assistenza da parte di medici e infermieri e una serie di servizi che possono essere erogati all'occorrenza, singoli appartamenti che dovranno essere concepiti in maniera diversa, all'interno del quale la persona sa che può essere seguita da remoto, monitorata, in modo che la rete familiare o un caregiver possa intervenire. La domotica e le forme alternative di vita come il co-housing potrebbero essere la risposta. A ciò si aggiunge la necessità di investire sulla qualificazione professionale di queste persone, e anche degli assistenti familiari, uscendo anche da questo universo disordinato delle badanti non qualificate e in nero. Tutto ha origine nella mancanza di investimento di risorse nella non autosufficienza, che andrebbe completamente rimodulato all'origine. Le persone che si occupano di una persona non autosufficiente sono sole, e possono disporre solo di uno strumento obsoleto come un'incapiente indennità mensile;

    è fondamentale adottare una norma che dia un timing per il superamento di queste strutture che, da case di riposo o Rsa, dovranno essere trasformate in case d'accoglienza privilegiando quei modelli che, come illustrato, riportino al centro l'individuo nella sua socialità, stabilendo anche che non ci debbano essere più di 15 persone, avere una cucina in condivisione con gli altri ospiti della struttura e un rapporto non istituzionalizzato tra gli ospiti e gli operatori. Quello che sta avvenendo è che, per esempio, la crisi del settore alberghiero sta inducendo molti imprenditori a trasformare gli alberghi in residenze per anziani, con 40-50 camere, andando verso strutture da 100 persone. Questa tendenza compromette seriamente il superamento delle Rsa che rischiano di diventare il fulcro del nostro sistema di assistenza (o meglio di pseudo-assistenza), lasciando invece debole e disarticolato il territorio e la prossimità degli affetti. Servono strutture che siano in grado di tenere in equilibrio strutture più aperte, capaci di dialogare col territorio, smettendo di concepire la terza età come un compartimento stagno,

impegna il Governo:

1) a porre in essere tutte le opportune e necessarie iniziative di competenza al fine di:

  a) ridurre sempre più il ricorso alle strutture illustrate in premessa ad opera delle famiglie, promuovendo forme di assistenza domiciliare e di prossimità e attivando un vero modello di welfare locale congiuntamente ai comuni;

  b) de-istituzionalizzare i modelli assistenziali per la terza età, prendendo quale spunto i modelli del co-housing e dei condomini assistiti, affinché nel corso di 5/7 anni si possa giungere al superamento dell'attuale approccio, si come si è fatto per gli orfanotrofi e i manicomi (legge Basaglia);

  c) mappare il reale numero delle strutture con le diverse funzioni;

  d) fotografare, ad oggi, i reali bisogni della longevità e della non autosufficienza, affinché si possa avere un quadro che dia contezza della reale situazione e dello stato di salute della terza età e degli effetti a strascico della pandemia;

  e) avviare una profonda revisione dei modelli formativi del personale sanitario e non, che rispondano alle evoluzioni della gestione dell'assistenza, così come sta avvenendo in altri Paesi del nord Europa, valorizzando il personale anche da un punto di vista retributivo;

  f) aumentare le risorse economiche per promuovere effettivamente i servizi territoriali e di prossimità in favore della terza età non solo col Pnrr, ma prevedendo una cadenza costante di risorse adeguate anche dopo il 2026;

  g) promuovere modelli sperimentali sulla base delle buone pratiche presenti in Italia, operate solitamente dalle reti di solidarietà territoriale, per addivenire a modelli differenti da quelli attuali e de-istituzionalizzati;

  h) rivedere la normativa di riferimento prevedendo, per esempio, l'impossibilità del cambio di destinazione d'uso degli alberghi in strutture di assistenza, che rischiano di diventare degli immensi alveari-cronicari;

  i) avviare un monitoraggio sulle condizioni di salute mentale della popolazione residente in dette strutture e sullo stato di salute psico-fisica degli operatori che vi lavorano.
(1-00688) «Sapia, Massimo Enrico Baroni, Leda Volpi, Cabras, Colletti, Corda, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Raduzzi, Spessotto, Trano, Vallascas, Vianello».


   La Camera,

   premesso che:

    le residenze sanitarie assistenziali (Rsa) e le case di riposo e le altre strutture residenziali gestite da enti pubblici o privati non commerciali costituiscono le unità di offerta per assicurare la cura e l'assistenza delle persone non autosufficienti o sono un servizio integrato con la rete delle strutture sanitarie e sociosanitarie;

    ai sensi dell'articolo 30 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, «assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale alle persone non autosufficienti», il Servizio sanitario nazionale garantisce, previa valutazione multidimensionale e presa in carico:

     i trattamenti estensivi di cura e recupero funzionale che richiedono elevata tutela sanitaria con continuità assistenziale e presenza infermieristica sulle 24 ore con metodi basati sulle più elevate evidenze scientifiche attraverso prestazioni professionale di tipo medico, infermieristico, riabilitativo e di riorientamento in ambiente protesico e tutelare, accertamenti diagnostici assistenza farmaceutica, fornitura di preparati per la nutrizione artificiale ed educazione ai caregiver;

     i trattamenti di lungo degenza, recupero e mantenimento funzionale, ivi compresi gli interventi di sollievo per chi assicura le cure a persone non autosufficienti con prestazioni già enunciate per i trattamenti estensivi a cui si aggiungono attività di socializzazione e animazione;

    «L'attesa di vita alla nascita – come ricordato recentemente dal professore Garattini – è senz'altro aumentata se si pensa che nel 1900 era di 46 anni e oggi e di quasi 80 anni per il maschio e circa 85 per la femmina. Ma quando diamo questi dati non bisogna dimenticare che, statisticamente parlando, gli ultimi 10 anni della vita non sono di buona qualità. Dal punto di vista qualitativo dell'esistenza l'Italia è la peggiore d'Europa. (...) Oggi assistiamo a quella che viene definita la poli-morbidità (...) una situazione che ci pone dinanzi a nuovi problemi»;

    l'impatto e la crescita delle patologie con decadimento cognitivo e Alzheimer sta mettendo a dura prova la resistenza e la capacità delle famiglie di far fronte alle necessità di cura. Sempre di più le famiglie ricorrono alla richiesta di ingresso in Rsa nei nuclei Alzheimer o nei centri semiresidenziali accreditati o contrattualizzati come i centri diurni integrati nonché alla possibilità di prestazioni domiciliari, quali assistenza domiciliare integrata (Adi) o al servizio assistenza domiciliare (Sad) erogato dai comuni, come ausilio alta cura per le persone non autosufficienti;

    anche per queste ragioni gli impegni assunti dal Governo e dal Ministro della salute Speranza con la missione 6 del Pnrr, con la recente approvazione del decreto ministeriale 77 del 2022, e dell'ultima legge di bilancio vanno nella direzione di rafforzare l'assistenza territoriale, assistenza domiciliare integrata Adi nonché la realizzazione di strutture di cura intermedie;

    secondo la banca dati realizzata dal Garante nazionale per la geolocalizzazione delle strutture sociosanitarie assistenziali, in Italia sono presenti in maniera non omogenea nazionale nella fornitura del servizio, con un'ampia forbice tra Nord e Sud suddivise in: 2.651 al Nord, 668 al Centro, 493 al Sud e 817 nelle Isole;

    in particolare, per quanto concerne l'assistenza residenziale agli anziani non autosufficienti, dei 202.998 posti letto totali, l'80 per cento è concentrato nelle regioni del Nord (24 posti letto ogni mille anziani), il 14 per cento nel Centro e solo il restante 6 per cento nel Sud e nelle Isole (Elaborazione Agenas su flusso FAR, 2019). Con riferimento all'offerta di assistenza sociosanitaria residenziale alle persone con disabilità fisiche e psichiche, i posti letto residenziali sono pari a 26.440 con un indice medio di 0,44 posti letto per 1.000 abitanti con una copertura non uniforme tra regioni;

    a tali dati bisogna aggiungere una forte variabilità regionale sul numero degli assistiti ultrasessantacinquenni in assistenza domiciliare che testimoniano, ancora una volta, una sostanziale disomogeneità in termini di offerta e di accesso ai servizi;

    durante la fase emergenziale da COVID-19 all'interno delle Rsa, delle case di riposo e di analoghe strutture a carattere residenziale e semiresidenziale, gli effetti della pandemia sono stati particolarmente gravi;

    per lunghi periodi durante la prima fase più cruenta della pandemia è stato vietato l'ingresso a nuovi pazienti all'interno delle strutture residenziali e successivamente solo con procedure molto complesse al fine di tutela la salute di tutti i soggetti coinvolti è stato consentito il progressivo ripristino di tutte le attività sociosanitarie e assistenziali;

    la fase pandemica è stata un periodo difficile non solo per le famiglie che aspettavano di ricoverare i propri cari ma anche per le stesse strutture che hanno dovuto far fronte a gravi difficoltà economiche per i mancati introiti delle rette con conseguenti contraccolpi sulla tenuta occupazionale e con effetti che ancora oggi si ripercuotono sui bilanci delle singole strutture;

    le Rsa o enti residenziali accreditati e contrattualizzati sono presìdi di salute che hanno avuto conseguenze severe dall'impatto dell'epidemia da COVID-19 non solo per la tenuta dei bilanci dovuti dalla riduzione dell'occupazione di posti letto ma anche per assolvere alle prescrizioni imposte per prevenire l'epidemia;

    con il «decreto Rilancio» (decreto-legge n. 34 del 2020) si è tentato, almeno in parte, di far fronte alla grave crisi delle Rsa, delle case di riposo, degli hospice e di analoghe strutture a carattere residenziale e semiresidenziale istituendo un fondo di 40 milioni per il 2020 presso il Ministero dell'economia e delle finanze per «il sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità», che, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica, hanno dovuto affrontare oneri non previsti per l'adozione di sistemi di protezione individuale del personale e degli utenti;

    successivamente, con il decreto sostegni bis, decreto-legge n. 73 del 2021, per il 2021, è stata dedicata una quota di 20 milioni a valere su tale fondo straordinario di sostegno agli enti del terzo settore al riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore degli enti non commerciali residenti, degli enti religiosi civilmente riconosciuti, nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale iscritte nella relativa anagrafe, titolari di partita Iva, fiscalmente residenti nel territorio dello Stato e che svolgono attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali, in regime diurno, semiresidenziale e residenziale a favore di anziani non autosufficienti e disabili, ancorché svolte da enti pubblici;

    nel nostro Paese la quasi totalità delle prestazioni residenziali e semiresidenziali a persone non autosufficienti o a persone fragili è assicurata da soggetti erogatori accreditati con il Servizio sanitario nazionale: si tratta di soggetti di varia natura ed estrazione (pubblici, religiosi, privati profit, privati no-profit e cooperative), tutti fortemente colpiti dagli effetti della pandemia;

    tutti gli operatori si trovano oggi nella oggettiva impossibilità di coprire i correnti costi di gestione e di procedere ai rinnovi contrattuali, in un quadro ormai non più sostenibile di differenziali retributivi con i lavoratori della sanità pubblica, con tabellari inferiori ormai di più del 20-25 per cento, a parità di mansioni e qualifiche;

    a ciò si deve aggiungere il blocco delle tariffe che nella maggior parte dei casi sono ferme da più dieci anni mentre la sola inflazione Istat è cresciuta dal 2012 di oltre il 16 per cento, di cui più del 5 per cento solo nell'ultimo anno, in un trend di crescita che appare oggi in ulteriore drammatico aumento con previsioni di incrementi dei costi;

    il perdurare dei mancati adeguamenti tariffari, cioè la quota pro capite giornaliera sanitaria, che in base a quanto previsto dall'articolo 8-sexies, comma 6, del decreto legislativo n. 502 del 1992 dovrebbe essere periodicamente aggiornata in base ai costi di esercizio e dei fattori di produzione, non consente ulteriormente agli operatori del settore di garantire la continuità assistenziale agli anziani e ai disabili ospiti delle strutture, che sempre più necessitano di cure complesse e articolate, e ai quali è necessario garantire trattamenti dignitosi e qualificati;

    le Rsa e gli enti residenziali stanno affrontando una grave crisi di personale dovuta alla carenza delle professioni infermieristiche e Oss, oltre che medica, soprattutto per la «concorrenzialità» delle disponibilità e necessità di risorse umane nel Servizio sanitario nazionale per far fronte all'emergenza COVID-19;

    le opportunità fornite dai vari decreti relativi all'assunzione di personale proveniente da altri Paesi a cui è stata data la possibilità di riconoscimento dell'equipollenza dei titoli oltre a trovare gravi difficoltà nell'iter di ingresso deve prevedere un periodo di formazione e conoscenza della lingua italiana;

    ad aggravare questa situazione si è aggiunto anche il drammatico conflitto russo-ucraino che ha comportato come conseguenza il rialzo dei costi energetici e delle materie prime colpendo non solo i bilanci delle famiglie ma tutti i settori dell'economia compreso quello dell'assistenza alle persone non autosufficienti;

    tutte le strutture residenziali hanno subìto un aumento insostenibile delle bollette di luce e gas e secondo quando denunciato da Aris, Anaste, Agespi e Uneba, in una lettera inviata al Presidente del Consiglio Mario Draghi, ai Ministri Speranza, Stefani, Franco, Orlando, Gelmini, e al presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome Fedriga, l'aumento si aggira intorno ai 12 euro in più al giorno per posto letto, pari a 438.000 euro all'anno per una struttura con 100 posti letto;

    i soggetti gestori e le associazioni evidenziano negli ultimi mesi un incremento generalizzato dei beni e dei servizi, a partire dai costi energetici. I costi energetici nelle strutture sanitarie nel 2022 sono aumentati del 90 per cento o anche 100 per cento rispetto al 2021;

    inoltre, per le Rsa, le case di riposo e le altre strutture a carattere residenziale gestite da enti pubblici e privati non commerciali, il prezzo finale della fornitura di energia elettrica risulta eccessivo per effetto dell'applicazione dell'aliquota Iva del 22 per cento, superiore di oltre il doppio rispetto a quella del 10 per cento che sarebbe invece necessario applicare a tali strutture ai sensi della normativa vigente;

    la Tabella A, parte III, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, infatti, menziona espressamente, al numero 103, tra i «beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento», la fornitura di «energia elettrica per uso domestico»;

    la circolare del Ministero delle finanze n. 82/E del 7 aprile 1999 osservava che la nozione di «uso domestico» non riguarda solamente le ipotesi di impiego dell'energia all'interno delle case e delle abitazioni, ma anche gli impieghi diretti a soddisfare i fabbisogni di ambienti diversi da queste, purché caratterizzati dal «requisito della residenzialità», come caserme, scuole, «case di riposo» e altre strutture a carattere collettivo. Con la risoluzione n. 8/E del 19 gennaio 2017, l'Agenzia delle entrate è pervenuta ad una conclusione opposta, affermando che le case di riposo e le residenze sanitarie assistenziali, ancorché gestite da enti non commerciali e ancorché in possesso del requisito della residenzialità, «pongono in essere un'attività (...) rilevante ai fini dell'IVA», alla quale non potrebbe riferirsi – secondo la risoluzione – la nozione di «uso domestico»;

    la ricaduta degli aumenti nel settore energetico e dei beni alimentari oltre all'incidenza dell'inflazione che ha raggiunto l'8 per cento rende evidente il rischio di un generalizzato e pesante incremento delle rette sociali a carico dei cittadini o dei comuni (per i meno abbienti) con ripercussioni rilevanti e spesso insostenibili sui bilanci economici e finanziari degli enti sopracitati e per le strutture di medie e piccole dimensioni, molto diffuse sul territorio nazionale, di comprometterne la possibile sopravvivenza, impoverendo ulteriormente l'offerta già insufficiente di posti letto nell'ambito delle fragilità;

    per scongiurare l'aumento delle rette non è solo necessario investire risorse economiche per aiutare le strutture che erogano attività sanitarie e socio-sanitarie in regime ordinario residenziale accreditate con il Servizio sanitario nazionale, quali le residenze sociosanitarie per anziani e le residenze sociosanitarie per disabili e psichiatriche a far fronte all'aumento dei prezzi nei settori energetici ma valutare anche una diminuzione per tali strutture dei costi finali del prezzo di fornitura dell'energia elettrica;

    anche alla luce degli ultimi due anni di pandemia e delle criticità emerse è necessario istituire un nuovo rapporto tra domiciliarità e residenzialità, senza porre le due soluzioni in contrapposizione, ma immaginando l'una a servizio dell'altra. Le Rsa o strutture similari possono diventare gli hub attraverso cui si rende possibile e sostenibile la vita al proprio domicilio favorendo, quindi, interventi di prossimità;

    all'interno della missione 6 del Pnrr e del decreto ministeriale 77 viene enunciato il ruolo delle Rsa come possibilità di allocazione degli istituendi ospedali di comunità ma sottostimati nella programmazione della riforma dell'assistenza territoriale;

    è necessario assicurare una presa in carico della persona non autosufficiente a partire dal suo progetto assistenziale senza porre in concorrenza domiciliarità e residenzialità affinché si trovino soluzioni complementari e non intercambiabili in relazione alle specifiche necessità;

    è necessario con l'applicazione dei progetti attuativi al Pnrr consentire a tutte le regioni la possibilità di assicurare una offerta minima omogenea, in termini di ore di assistenza domiciliare, posti semiresidenziali e posti letto residenziali, pari almeno alla media dei paesi Ocse ottimizzando anche l'impiego delle strutture e delle professionalità già disponibili nel territorio;

    risulta necessario un intervento ministeriale che definisca con chiarezza gli standard qualitativi, organizzativi e strutturali per omogeneità di definizione, di accreditamento, di contrattualizzazione e di risorse adeguate per la loro eventuale riconversione;

    le Rsa possono diventare organizzazioni funzionanti h24, con medici, infermieri, Oss, terapisti, psicologi, educatori, assistenti sociali, e con palestre, laboratori riabilitativi, ambulatori attrezzati, ecc., rappresentando così una risorsa preziosa per ridisegnare la rete dei servizi territoriali aperta all'utenza per una serie di servizi che vanno dall'assistenza infermieristica domiciliare, alla telemedicina e teleassistenza, alle attività vaccinali o di diagnostica di base, degenza diurna, centro prelievi, studi associati di medici di medicina generale, attività di prevenzione ed educazione sanitaria;

    le Rsa devono quindi essere potenziate, per far fronte alla sempre maggiore richiesta di assistenza, anche adeguando sistemi organizzativi e protocolli di trattamento, per meglio fronteggiare la maggiore complessità e fragilità della attuale utenza;

    stanno peraltro emergendo limiti al modello di struttura centrato sulla grande dimensione, sovente adottato dalle nuove Rsa al fine di ottenere economie di scala. Questa scelta rischia infatti di trascurare la personalizzazione degli interventi e si è rivelato maggiormente vulnerabile rispetto al rischio di epidemie;

    sebbene l'emergenza COVID-19 abbia incoraggiato la nascita di nuove opportunità assistenziali a domicilio, il ruolo esercitato dalle Rsa sembra non essere stato in alcun modo scalfito;

    ad oggi, l'emergenza più grave all'interno delle strutture resta però quella della carenza di personale anche perché con l'invecchiamento della popolazione aumentano i bisogni di assistenza, su tutti i fronti, Rsa, Centri diurni, Servizi socio-sanitari sul territorio;

    secondo il quarto Rapporto Osservatorio Long Term Care Cergas Bocconi - Essity nelle residenze sanitarie mancano all'appello il 26 per cento degli infermieri, il 13 per cento degli Oss e il 18 per cento dei medici;

    la carenza di personale infermieristico è stata denunciata anche dalla Fnopi (Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche) secondo cui, ad oggi, nel nostro Paese, mancano all'appello circa 63.000 infermieri (quasi 27 mila a Nord, circa 13 mila al Centro e 23.500 al Sud e nelle Isole),

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte ad inserire, quanto prima, le strutture residenziali e semiresidenziali accreditate e contrattualizzate con il Ssr tra i beneficiari degli aiuti per far fronte al rincaro delle bollette energetiche, considerando l'importanza del ruolo che hanno nell'assistenza e nell'erogazione delle prestazioni assistenziali sanitarie e socio-sanitarie alle persone non autosufficienti;

2) ad adottare iniziative volte a ridurre i prezzi finali della fornitura di energia elettrica al fine anche di scongiurare un eventuale aumento delle rette che ricadrebbero solo sulle famiglie o sui comuni;

3) ad incrementare ulteriormente, in sede di Conferenza Stato-regioni, in linea con la domanda di professionisti sanitari espressa dai sistemi sanitari regionali e nazionale nel suo complesso, le misure per soddisfare il fabbisogno formativo inerente alle professioni sanitarie aumentando il numero di accessi ai corsi di laurea;

4) ad adottare iniziative per prevedere, per quanto di competenza, che le regioni provvedano all'adeguamento delle tariffe relative alla quota capitaria pro die almeno ogni due anni, anche alla luce degli aumenti all'indice di inflazione dei costi energetici e beni di consumo;

5) ad introdurre, nell'ambito di attuazione del decreto ministeriale 77 del 2022 che prevede l'irrobustimento dell'offerta sanitaria e sociosanitaria territoriale, un investimento specifico per i soggetti più fragili, anche alla luce della realizzanda riforma della non autosufficienza, rafforzando l'assistenza domiciliare e sociale e l'integrazione con le unità di offerta erogate dalle Rsa e strutture analoghe in un'ottica di sinergia e complementarità;

6) ad adottare iniziative volte a colmare la carenza di personale infermieristico aggravatasi durante il periodo pandemico, prevedendo eventualmente il venir meno dell'obbligo di esclusività per il personale infermieristico, al fine di consentire un utilizzo sinergico degli infermieri in relazione ai fabbisogni sia delle aziende sanitarie che di altre istituzioni del sistema socio-sanitario, quali ad esempio le RSA;

7) ad adottare iniziative per prevedere la possibilità per il personale sanitario, vista la cronica carenza e la necessità comunque di assicurare i livelli essenziali di assistenza, di consentire, eventualmente anche temporaneamente, il cumulo dei redditi per coloro che pur avendo usufruito di «quota 100» siano reimpiegati all'interno delle Rsa o di strutture similari;

8) ad adottare iniziative per prevedere, al di fuori dell'orario di lavoro e in deroga a quanto previsto in tema di esclusività del rapporto di impiego, la possibilità di svolgere l'attività professionale presso le strutture socio-sanitarie per anziani, previa stipula di una convenzione tra la struttura e l'azienda sanitaria di riferimento che disciplini le modalità di svolgimento, anche oltre il limite delle 4 ore settimanali previste attualmente dall'articolo 3-quater del decreto-legge n. 127 del 2021 fino al 31 dicembre 2022;

9) ad adottare iniziative per prevedere, anche alla luce dell'esperienza pandemica, la revisione degli standard organizzativi, strutturali e tecnologici delle Rsa e delle strutture analoghe, nonché nuovi requisiti minimi uniformi a livello nazionale che qualifichino tali strutture in termini di sicurezza, tutela sanitaria, vivibilità, sia per il personale che ci lavora sia per le persone ospitate, e le conseguenti risorse necessarie.
(1-00689) «Carnevali, Lorenzin, De Filippo, Lepri, Siani, Ianaro, Rizzo Nervo, Pini».


   La Camera,

   premesso che:

    l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha classificato l'Italia come un Paese soggetto a stress idrico medio-alto;

    gran parte degli impatti dei cambiamenti climatici sono riconducibili ad alterazioni del ciclo idrologico dovute principalmente all'aumento delle temperature, alla riduzione della copertura nevosa e all'alta variabilità stagionale delle precipitazioni. Questi fenomeni sono ulteriormente aggravati, nelle aree urbane, dalla diffusa impermeabilizzazione dei suoli che ne mina le capacità di regolazione dei deflussi idrici;

    tali alterazioni avranno conseguenze sulla sicurezza idrica fondamentale per le popolazioni, per la competitività delle imprese e per la tutela dell'ambiente naturale e della biodiversità;

    sempre più spesso si verificano, in varie zone d'Italia, situazioni anomale connesse all'alternarsi di eventi meteorologici estremi di grande intensità e violenza con periodi di forte siccità. Tali eventi, legati ai mutamenti climatici in corso, sollecitano politiche più efficaci sia sul fronte della mitigazione dei processi in atto, sia sul fronte dell'adattamento agli stessi;

    la tragedia del ghiacciaio della Marmolada, che ha causato la morte di decine di persone, ci ricorda che il tempo per intervenire è sempre più ridotto. Un'intervista ad un glaciologo dell'istituto di scienze polari del Cnr ricorda infatti che da settimane le temperature in quota sulle Alpi sono state molto al di sopra dei valori normali, mentre l'inverno scorso c'è stata poca neve, che ormai quasi non protegge più i bacini glaciali. L'atmosfera e il clima, soprattutto al di sotto dei 3.500 metri di quota – si legge in questa intervista a greenreport.it – è in totale disequilibrio a causa del «nuovo» clima che registriamo e quindi, purtroppo, questi eventi sono probabilmente destinati a ripetersi nei prossimi anni e anche per questa estate dobbiamo mantenere la massima attenzione;

    da diversi mesi la situazione nel nord Italia è drammatica. Il 10 giugno 2022 si è svolta una seduta straordinaria dell'Osservatorio permanente sulle crisi idriche, convocata dall'Autorità distrettuale del fiume Po che ha unito tutte le regioni del distretto. Protezione civile del distretto, Ministero della transizione ecologica, Ispra e i portatori di interesse pubblici e privati per fare il punto sullo stato idrologico dell'area padana;

    dalla seduta è emerso il persistere di un contesto ancora estremamente difficile che vede un progressivo deficit di risorsa disponibile per tutti gli usi;

    nella nota informativa pubblicata sul sito dell'Autorità di bacino distrettuale del fiume Po si legge che: «Il quadro complessivo proiettato – che registra la peggior crisi da 70 anni ad oggi – è rappresentato da un insieme di indicatori idro-meteo-climatici tutti con il segno meno e con un fabbisogno per gli usi civili, irrigui e ambientali assolutamente più alto in questa stagione all'approssimarsi dei mesi estivi»;

    in particolare, la risalita del cuneo salino causato dall'erosione costiera e accentuato dalla siccità, con conseguente riduzione dell'apporto idrico, o da errate opere di drenaggio che riducono l'apporto di materia naturale dei fiumi, entrando nell'entroterra mette a rischio migliaia di ettari e le aziende agricole che operano sul territorio verso la costa (soprattutto sul delta del Po), a causa della presenza di maggiori valori di salinità sia nelle acque necessarie per l'irrigazione, sia in quelle di falda altrettanto importanti;

    per una gestione resiliente di questa crisi idrica straordinaria, nel corso di tale seduta è stato convenuto che il comparto idroelettrico, indipendentemente dalle concessioni legislative, ha dato disponibilità a sostenere il settore primario dell'agricoltura in caso di manifesta necessità produttiva;

    i grandi laghi confermano la possibilità di scendere sotto i livelli minimi di invaso per contribuire ad alimentare con continuità e per quanto possibile i corsi d'acqua di valle sia per finalità irrigue che per il mantenimento dell'habitat e della biodiversità e, nell'ottica della massima trasparenza e per una condivisione unitaria delle scelte strategiche di adattamento al clima e alla situazione idrologica contingente, ogni quantitativo percentuale così come ogni decisione territoriale con potenziali effetti sulla risorsa sarà condivisa prontamente tra tutti i partner e utilizzatori;

    il 30 giugno, a seguito di quanto emerso dalla nuova riunione dell'Osservatorio, sono state definite ulteriori misure per sostenere le portate del Po nel tratto di valle, per assicurare l'uso idropotabile della Provincia di Ferrara, della Provincia di Ravenna e della Provincia di Rovigo e per contrastare la risalita del cuneo salino nelle acque superficiali e sotterranee riducendo, al contempo, i rischi di potenziali impatti negativi sullo stato ambientale dei corpi idrici ai sensi della direttiva 2000/60/CE;

    secondo gli ultimi dati pubblicati nel rapporto statistico Gse 2020 «Energia da fonti rinnovabili in Italia», nel nostro Paese ci sono 4.503 impianti idroelettrici per una potenza di 19.106 megawatt, pari al 34 per cento del totale di energia prodotta da fonti rinnovabili. La mancanza di acqua influisce direttamente anche sulla produzione di energia di queste centrali: alcune sono ferme, altre hanno limitato la produzione rispetto alla potenza totale. Gli operatori che sono riusciti a mantenere almeno in parte la produzione temono l'aggravarsi degli effetti della siccità nei mesi estivi;

    la grave siccità tocca da vicino anche le esigenze delle centrali termoelettriche. Terna, nel corso della riunione del 10 giugno 2022 «in prospettiva delle prossime settimane» ha attestato «la progressiva scarsità di risorsa utile per il raffreddamento adeguato delle centrali elettriche». La situazione per ora sarebbe ancora sotto controllo ma ovviamente potrebbe destare allarme in assenza di adeguate precipitazioni nel prossimo futuro;

    d'altronde, è la stessa Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra di gennaio 2021 a dire che gli impatti sulle disponibilità idriche dovute ai cambiamenti climatici potrebbero creare anche ulteriori problemi sui prelievi fluviali, relativamente al mantenimento dei flussi minimi vitali a cui è legato il raffreddamento degli impianti termoelettrici; occorre quindi evitare un conflitto fra la richiesta idrica per il raffreddamento delle centrali termoelettriche e per le centrali idroelettriche, l'agricoltura affetta da una durissima, siccità e gli approvvigionamenti per uso domestico;

    è quindi evidente come risulti strategico realizzare infrastrutture di accumulo idrico durante gli eventi meteorologici estremi, sia come protezione del territorio a valle, sia come riserva per i lunghi periodi di siccità attesi al fine di supplire, almeno in parte, alla mancanza futura dell'apporto dovuto allo scioglimento dei ghiacciai. I bacini di accumulo potrebbero produrre anche un aumento delle potenzialità di produzione idroelettrica, tanto più importanti in questo momento di crisi energetica legata alla guerra in Ucraina e in vista della necessaria decarbonizzazione;

    sempre nella Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra vengono indicate, fra le azioni di adattamento l'incremento della connettività delle infrastrutture idriche; l'aumento della capacità di ritenzione ed accumulo attraverso la realizzazione di laghetti, piccoli invasi e vasche, al fine di ridurre la pressione sulle falde sotterranee; il risanamento del sistema fluviale, assicurando la funzionalità idraulica, capace di espletare le necessarie caratteristiche funzioni e quelle ecosistemiche; il miglioramento della capacità previsionale per anticipare la disponibilità naturale della risorsa e ottimizzare il volume immagazzinato; i piani di gestione della siccità; la costruzione del bilancio idrico alla scala del Paese;

    la situazione va quindi affrontata non soltanto con aiuti immediati per contrastare l'emergenza, ma con misure strutturali per migliorare l'efficacia della gestione, conservazione e distribuzione delle risorse idriche;

    strettamente connesso con gli eventi climatici estremi è il tema del dissesto idrogeologico a causa del quale complessivamente il 93,9 per cento dei comuni italiani è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera e le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia, e Liguria;

    nella legislatura in corso, l'articolo 36-ter del decreto-legge n. 77 del 2021 ha introdotto importanti novità in materia di dissesto idrogeologico. La norma prevede, tra l'altro, l'introduzione della denominazione di commissari di Governo per il contrasto al dissesto idrogeologico per commissari aventi competenze in materia di contrasto al dissesto idrogeologico, disciplinati da diverse normative, attribuendo ad essi la competenza degli interventi in tale ambito, indipendentemente dalla fonte di finanziamento. Viene inoltre previsto che gli interventi di prevenzione, mitigazione e contrasto al dissesto idrogeologico – ivi compresi quelli finanziabili tra le linee di azione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – siano qualificati come opere di preminente interesse nazionale, aventi carattere prioritario;

    resta però ancora indispensabile potenziare e rendere più efficienti gli enti preposti alla prevenzione del rischio idrogeologico, aumentarne la capacità tecnica e progettuale, favorire una capacità di spesa superiore alla attuale media annua;

    è inoltre urgente e necessario programmare un importante piano di investimenti per ridurre i rischi legati al continuo manifestarsi di fenomeni climatici estremi ed in particolare a carattere siccitoso, puntando anche all'efficientamento e alla messa in sicurezza delle reti idriche e alla realizzazione di nuovi invasi;

    in tal senso il Piano nazionale di ripresa e resilienza può rappresentare un'importante opportunità per affrontare in maniera strutturale il problema delle emergenze climatiche connesse ai cambiamenti climatici, contribuendo contestualmente al rilancio dell'economia del Paese, grazie all'apertura di numerosi cantieri sull'intero territorio nazionale;

    occorre pertanto adottare iniziative urgenti, sia di breve, sia di lungo periodo, per far fronte, in collaborazione con le regioni più coinvolte, alla grave siccità che sta colpendo le zone del nord-Italia, con gravi ripercussioni sulla produzione di energia idroelettrica, sul comparto agricolo, e che sta provocando finanche un'emergenza idropotabile in alcune aree;

    in particolare, il comparto agricolo è duramente provato dall'emergenza climatica in atto e richiede misure quanto mai urgenti, dirette a preservare i raccolti e la produzione alimentare nonché a ristorare le aziende agricole in conseguenza dei danni subiti;

    in tal senso, si valuta positivamente la deliberazione dello stato d'emergenza per la crisi idrica, fino al 31 dicembre 2022, nei territori delle regioni e delle province autonome ricadenti nei bacini distrettuali del Po e delle Alpi orientali, nonché nel territorio delle regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto, e il conseguente stanziamento di 36.500.000 euro, pur nella consapevolezza che tali eventi sono legati al fenomeno dei cambiamenti climatici e richiedono, quindi, interventi di più ampia portata,

impegna il Governo:

1) a valutare la necessità di costituire un'apposita cabina di regia, con il coinvolgimento della Protezione civile, delle regioni e delle autorità di distretto, al fine di garantire un efficiente e rapido monitoraggio dei bacini idrografici e coordinare i provvedimenti da adottare;

2) ad adottare iniziative di competenza per scongiurare un potenziale conflitto fra la richiesta idrica per il raffreddamento delle centrali termoelettriche e per il funzionamento delle centrali idroelettriche, l'agricoltura colpita da una durissima siccità e gli approvvigionamenti per uso domestico;

3) ad adottare iniziative urgenti per la realizzazione di infrastrutture di accumulo idrico durante gli eventi meteorologici estremi e per il recupero di acque piovane a fini di usi industriali, irrigui e domestici;

4) ad adottare urgenti iniziative dirette alla realizzazione di nuovi invasi nonché di piccoli invasi interaziendali a servizio delle imprese agricole, semplificando le relative procedure;

5) ad adottare iniziative volte ad evitare gli sprechi sia dal punto di vista delle dispersioni della rete, sia in relazione all'uso della risorsa idrica, anche attraverso investimenti diretti a promuovere, con specifico riguardo al settore agricolo, l'impiego di moderne e più avanzate tecnologie, come l'irrigazione di precisione;

6) a promuovere la ricerca nel settore agricolo, allo scopo di individuare varietà di colture maggiormente resistenti ai cambiamenti climatici;

7) ad adottare iniziative idonee, anche nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), per ridurre l'impermeabilizzazione dei suoli nelle aree urbane e quindi ripristinare le capacità di drenaggio delle acque, evitando che vengano disperse nella fognatura;

8) ad adottare iniziative, nel quadro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), per la realizzazione di infrastrutture agricole destinate al riutilizzo dell'acqua, nella direzione indicata dalla Corte dei conti europea, che ha sollecitato gli Stati membri dell'Unione europea a intervenire in tal senso;

9) ad adottare iniziative idonee, anche nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per favorire la rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e ripristinarne le capacità di contenimento in caso di eventi meteorologici estremi (forti precipitazioni e alluvioni);

10) ad adottare le iniziative di competenza per potenziare e rendere più efficienti gli enti preposti alla prevenzione del rischio idrogeologico, aumentarne la capacità tecnica e progettuale e favorire una capacità di spesa superiore all'attuale media annua;

11) a dare pronta e piena attuazione, per quanto di competenza, alle misure di semplificazione e accelerazione per il contrasto del dissesto idrogeologico introdotte dall'articolo 36-ter del decreto-legge n. 77 del 2021;

12) a promuovere interventi, non soltanto nei momenti di emergenza dovuti alla siccità, ma mirati sul medio e lungo periodo, utilizzando risorse e progetti in modo coordinato, che migliorino l'approvvigionamento idrico, con particolare riferimento all'incremento della connettività delle infrastrutture idriche, al risanamento del sistema fluviale, assicurando la funzionalità idraulica, in modo che sia capace di espletare le necessarie caratteristiche funzioni e quelle ecosistemiche, e al miglioramento della capacità previsionale per anticipare la disponibilità naturale della risorsa e ottimizzare il volume immagazzinato.
(1-00690) «Pellicani, Incerti, Braga, Morassut, Buratti, Ciagà, Morgoni, Pezzopane, Avossa, Cappellani, Cenni, Critelli, Frailis».


   La Camera,

   premesso che:

    il treno della ripresa in Italia, dopo due anni di crisi e di stop intermittente a causa della pandemia, nonostante il processo inflattivo innescatosi a seguito del conflitto russo-ucraino e dell'aumento dei costi energetici, sta tornando a correre, trainando il mercato del lavoro e la richiesta di nuova occupazione da parte delle imprese;

    in particolare, con l'arrivo della bella stagione e i flussi turistici in forte ripresa, le strutture turistiche e ricettive nazionali cercano personale per un comparto che da solo vale circa 7 miliardi di euro;

    sono molte le figure richieste, che vanno dal semplice personale di sala, ai receptionist, barman, cameriere di camera e personale di cucina a tutti i livelli, per un fabbisogno complessivo che, per i soli servizi di alloggio, ristorazione e accoglienza, nel periodo tra maggio e luglio, sfiora le 390.000 unità, secondo i dati forniti da Anpal;

    purtroppo, soprattutto a fronte del fatto che il lavoro offerto è, per la gran parte, di natura stagionale e con una fascia di entrata che si pone al primo gradino del contratto nazionale, quindi con retribuzioni intorno ai 1.100 euro, le aziende faticano molto a trovare forza lavoro e i posti vacanti nel settore, ad oggi sono circa 200.000;

    le motivazioni di tale carenza di disponibilità, a fronte di una richiesta massiccia da parte di datori di lavoro ed aziende, sono senza dubbio molteplici e risiedono, solo per citarne alcune, nell'elevato costo del lavoro che comprime le retribuzioni nette, nella poca flessibilità del lavoro, nell'abolizione totale del sistema dei voucher, che andavano riformati, circoscritti, ma non totalmente cancellati e indubbiamente anche nell'istituto del reddito di cittadinanza che, offrendo una retribuzione di poco inferiore allo stipendio percepito in caso di assunzione, quantomeno rallenta l'urgenza di una fetta di popolazione nella ricerca di una occupazione, ancor più se di natura stagionale;

    i dati dimostrano come il reddito di cittadinanza, al quale almeno sulla carta era assegnato il duplice obiettivo di contrasto alla povertà e stimolo dell'occupazione, non è stato strumento efficace né per intervenire nelle reali situazioni di fragilità sociale né per creare nuove occasioni di impiego lavorativo, confermando come sia necessario individuare linee di intervento diverse, strutturali e aperte al coinvolgimento di enti locali e terzo settore;

    altri settori fortemente esposti sono quelli dell'agricoltura, della pesca e dell'acquacoltura che scontano sovente la mancanza di ricambio generazionale e la difficoltà di reperimento di lavoratori e lavoratrici stagionali, in particolare per l'attività di raccolta;

   secondo i dati rilevati da Confagricoltura, solo in Emilia-Romagna mancherebbe oltre il 30 per cento della forza lavoro necessaria per garantire la continuità produttiva ordinaria; relativamente alla raccolta stagionale, anticipata quest'anno dalla stagione particolarmente calda e arida e dagli effetti dei cambiamenti climatici, secondo quanto segnalato da Coldiretti nel mese di giugno mancherebbero all'appello circa 100mila lavoratori e lavoratrici con particolare riferimento al settore ortofrutticolo;

   l'attività stagionale del settore agricolo ha un forte legame con la manodopera di lavoratori provenienti dell'estero, con connotati spesso strutturali se si pensa ad esempio a comparti dove sono richieste competenze specifiche e rapporti professionali che durano per anni, come nel caso della viticoltura, dove trovano spesso impiego lavoratori provenienti dall'est Europa e Nord Africa che nel corso del tempo sono stati formati dalle imprese; come evidenziato dal rapporto Idos di recente pubblicazione, un prodotto agricolo su quattro in Italia viene raccolto da lavoratori stranieri che rappresentano il 29 per cento del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore;

   il «decreto flussi» emanato a dicembre 2021 ha innalzato a 69 mila unità, delle quali 42 mila per l'agricoltura, e questo avrebbe consentito di gestire la corrente stagione per tempo e in modo ordinato;

   le imprese segnalano purtroppo il perdurare di un problema tecnico dovuto all'aggiornamento del programma del Ministero dell'interno che impedisce alle prefetture e agli sportelli unici di chiudere la procedura, e quindi di firmare i contratti di soggiorno per i lavoratori stagionali che sono già arrivati dall'estero sul territorio nazionale per iniziare la stagione di raccolta come nel caso del Trentino Alto Adige, del Veneto e del Piemonte;

   tali difficoltà burocratiche ed amministrative rischiano, peraltro, di compromettere i risultati positivi determinati dalla lotta al caporalato e contrasto al lavoro nero, talvolta fortemente agevolato dall'assenza di ulteriori strumenti in grado di gestire con trasparenza anche il lavoro giornaliero come nel caso dei voucher;

   anche il settore della pesca e dall'acquacoltura, fortemente provato dai rincari energetici e dalla progressiva riduzione dello sforzo di pesca, sconta gravi sofferenze sul fronte del ricambio generazionale e soprattutto degli ammortizzatori sociali mancando un sistema stabile e strutturato;

   la normativa italiana sul lavoro, poi, non identificando e definendo chiaramente il lavoro stagionale e caratterizzandosi per il forte ritardo nell'emanazione dei decreti attuativi riferiti alle leggi nazionali, si basa prevalentemente sulle note prodotte dall'ispettorato nazionale del lavoro, le quali forniscono indirizzi alle articolazioni periferiche, con conseguenti ritardi, inerzie e situazioni di estrema incertezza di cui pagano le spese aziende ed i professionisti che si trovano ad operare con norme non adeguate alla realtà;

   purtroppo, non si tratta di ritardi relativi a casi isolati, ma della mancanza di un quadro normativo che definisca con chiarezza il lavoro stagionale, lasciando un vuoto che non garantisce piena aderenza tra domanda e offerta in un mercato del lavoro che è profondamente cambiato e necessita di nuove forme contrattuali, seppur circoscritte a determinati settori e situazioni;

   la formazione professionale, infine, ha storicamente pagato, nel nostro Paese, il pregiudizio di un percorso scolastico di minor valore e, al contempo, la sua strategia frazionata e altalenante all'interno e all'esterno delle singole realtà regionali, anche se, soprattutto in un mercato del lavoro nuovo e sempre più esigente e variegato, dovrebbe costituire il principale strumento per la preparazione degli operatori di professioni e mestieri vecchi e nuovi che caratterizzano il made in Italy e i settori strategici dell'economia italiana quali il turismo e l'agricoltura,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, nel quadro di misure atte a sostenere l'incremento del personale nei settori del turismo e dell'agricoltura e delle relative filiere, volte a superare, il reddito di cittadinanza, mettendo in campo efficaci strumenti alternativi di tutela e sostegno sociale affiancati da serie politiche attive del lavoro, in un'ottica di coprogettazione e cogestione in grado di coinvolgere enti locali e terzo settore;

2) a risolvere con tempestività le problematiche dell'aggiornamento e dell'operatività del sistema del Ministero dell'interno, garantendo in tempi rapidissimi la possibilità di chiudere le procedure del «decreto flussi», attraverso la firma dei contratti di soggiorno per i lavoratori stagionali che provengono dall'estero e definire procedure maggiormente stabili e strutturate che possano consentire a imprese e lavoratori di programmare le attività;

3) ad adottare iniziative per integrare e aggiornare il quadro normativo sul lavoro stagionale, emanando i decreti attuativi ad oggi mancanti ma anche rivedendo gli ambiti di applicazione, al fine di fornire a lavoratori ed imprese un contesto chiaro, certo e attuale;

4) ad adottare iniziative per rivedere il sistema dei buoni lavoro, anche sulla scorta della disciplina dei «voucher», al fine di rafforzare uno strumento di regolarità dei rapporti di lavoro non continuativi e spesso giornalieri, favorire l'emersione di lavoro occasionale «in nero» e offrire una soluzione a sporadiche e impreviste necessità di prestazioni lavorative da parte delle imprese;

5) ad adottare iniziative per rivedere e ridurre, in un prossimo provvedimento legislativo e compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, gli importi del cuneo fiscale, garantendo, in tal modo, buste paga più alte e costi aziendali più bassi tali da rendere maggiormente appetibili alcune attività, quali quelle qui in esame, garantendo anche una maggiore capacità di spesa al lavoratore;

6) a individuare, anche attraverso iniziative normative e d'intesa con le regioni, modalità di sostegno e incentivazione della formazione tecnica e professionale, con particolare riferimento ai giovani, incrementando e rafforzando i percorsi connessi ai settori del turismo, dell'agricoltura e della pesca.
(1-00691) «Moretto, Gadda, D'Alessandro, Rosato, Librandi, Troiano, Mor, Fregolent, Ungaro, Vitiello, Occhionero».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   VARRICA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha convocato, dopo enormi pressioni istituzionali e sindacali, un incontro relativo alla situazione del servizio contact center di Ita Airways, in ordine alla dichiarata intenzione della società Covisian di disattendere unilateralmente l'accordo firmato in sede istituzionale il 21 ottobre 2021; l'accordo prevede l'assunzione del personale precedentemente impiegato da Almaviva sulle attività del servizio clienti Alitalia (oltre 540 persone), attraverso l'applicazione della clausola sociale, a seguito dell'aggiudicazione da parte di Ita Airways dei medesimi servizi a favore della stessa Covisian;

   Covisian ha avviato nei giorni scorsi le procedure di licenziamento per i 221 lavoratori (transitati con la clausola sociale da Almaviva a fine 2021), mentre Almaviva ha dichiarato che, qualora Covisian non dovesse rispettare l'accordo istituzionale, oltre a procedere con un'azione legale, sarebbe costretta a licenziare le oltre 300 persone ancora in fase di transito a Covisian; sono dunque a rischio oltre 500 posti di lavoro di persone con una esperienza ventennale nel settore, posti di lavoro nel Mezzogiorno che rischiano di sparire nell'arco di un paio di settimane;

   oltre al grave comportamento di Covisian, che andrà chiarito, le sigle sindacali, in una nota congiunta del 12 aprile 2022 hanno dato notizia che «Manpower, nota agenzia di somministrazione, ha pubblicato un annuncio specifico relativamente alla ricerca di personale su Roma Fiumicino per addetti al customer care per conto di ITA Airways (3 settimane di contratto a tempo determinato per persone con esperienza specifica)», denunciando che «oltre al danno, col passare dei giorni, segue la beffa. Una azienda a capitale pubblico, che elude la legge dello Stato e che continua a compiere azioni deleterie pur con un tavolo di crisi convocato presso il Ministero»;

   quanto sopra fa il paio col fatto che qualche giorno prima le agenzie di stampa annunciavano il piano di emergenza di ITA Airways «che prevede circa 200 assunzioni per creare un call center interno al quale poi se ne affiancherà uno per la clientela di fascia alta da affidare ad una società esterna specializzata. Il personale sarà scelto fra gli operatori ex Almaviva e Covisian disposti a trasferirsi a Roma e fra quello ex Alitalia e Blue Panorama in cassa integrazione. ITA Airways in questa vicenda sostiene di essere la parte lesa e di essere disposta ad assorbire gli attuali 200 operatori a costo che accettino di trasferirsi. “Gli altri 300 non sono ex Alitalia, se ne deve occupare il Ministero del lavoro che era già informato” è la versione che trapela dal board di ITA»;

   appare necessario approfondire le rispettive responsabilità di Covisian e Ita Airways in merito al mancato rispetto dell'accordo siglato in sede istituzionale il 21 ottobre 2021 –:

   quali iniziative di competenza intendano adottare immediatamente per garantire il rispetto dell'accordo siglato in sede istituzionale il 21 ottobre 2021, assicurando la presenza di tutti i soggetti interessati all'incontro del 20 aprile 2022 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e per bloccare ogni azione da parte di Ita Airways, società a totale partecipazione pubblica, che vada in direzione opposta al rispetto della clausola sociale per tutti i 540 lavoratori del contact center Alitalia.
(4-12543)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DEIDDA, GALANTINO e BIGNAMI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 8 aprile 2022, il Governo ha trasmesso alle Camere, per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, lo schema di decreto interministeriale n. 380, con il quale viene ripartito lo stanziamento, iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa per l'anno 2022, in favore delle associazioni combattentistiche e d'arma, ai sensi dell'articolo 32, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448;

   il parere della Commissione IV Difesa e stato favorevole ed è stato votato nella seduta del 5 maggio 2022;

   come riportato dal dossier redatto dal Servizio studi della Camera dei deputati:

    «In relazione ai criteri di riparto si ricorda che le Commissioni Difesa della Camera e del Senato, in sede di esame dello schema di riparto dello stanziamento dei fondi per l'anno 2021 (A.G. 255), hanno espresso parere favorevole con una osservazione con la quale si invitava il Governo a valutare l'opportunità di prevedere l'adozione di un regolamento, auspicabilmente già a partire dal 2022, ispirato alla trasparenza dei criteri di riparto, al numero degli iscritti e alla coerenza delle attività svolte con le finalità istitutive del fondo.»;

   all'articolo 2 della direttiva del Ministero della difesa, con la quale vengono fissati i criteri e le modalità di riparto dello stanziamento iscritto in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, viene stabilito «Lo stanziamento di cui all'articolo 1, nel rispetto di un principio di massima trasparenza ed in funzione delle finalità istituzionali perseguite da ciascun sodalizio, è ripartito annualmente sulla base delle seguenti quote: a) quota per spese di funzionamento, determinata in proporzione al numero di soci appartenenti a ciascun organismo, secondo i criteri indicati nell'Annesso, che costituisce parte integrante della presente direttiva. Per i sodalizi il cui tessuto sociale è composto da un esiguo numero di soci che ne fanno parte di diritto, in virtù delle benemerenze acquisite nell'adempimento del dovere, tale quota può essere assegnata prescindendo dal citato criterio di proporzionalità, al fine di coprire le effettive e dimostrate spese di funzionamento sostenute, cui non si potrebbe far fronte con i soli contributi dei soci»;

   sarebbe auspicabile, anche per il passato, verificare le modalità di iscrizione di ogni associazione in quanto, ad una prima analisi degli statuti delle stesse, emergono diverse modalità di ogni associazione, tra cui tessere simpatizzanti o amici dell'associazione;

   sarebbe opportuno, vista la volontà di adottare il criterio del numero degli iscritti, verificare, anche per il passato, la veridicità delle stesse iscrizioni o che questi siano cittadini italiani o se extra Ue, residenti con regolare permesso di soggiorno;

   altrettanto opportuno sarebbe verificare o prevedere l'iscrizione ad una sola associazione e non duplicare le stesse con più enti o associazioni;

   sarebbe auspicabile il mantenimento alle sole associazioni d'arma, coerentemente con le finalità istitutive del fondo e del dicastero di riferimento, l'attribuzione dei finanziamenti citati in premessa, demandando ad altro Ministero eventuali altri finanziamenti, con appositi bandi aperti alle varie Università, fondazioni e realtà associative –:

   quali opportune iniziative abbia adottato e intenda adottare al fine di verificare quanto sopra esposto e se intenda adottare iniziative normative volte a pervenire ad una eventuale riforma della disciplina riguardante le associazioni combattentistiche, con il passaggio ad altro dicastero e/o la redazione di bandi come specificato in premessa.
(5-08383)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:


   COLLETTI e COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'accertamento tecnico preventivo ex articolo 696-bis del codice di procedura civile prevede lo svolgimento della consulenza tecnica preventiva con la finalità primaria di favorire la composizione della lite nella fase antecedente a quella processuale;

   l'articolo 8 della legge n. 24 del 2017 (Gelli-Bianco) disciplina, nell'ambito della responsabilità medico sanitaria, il ricorso ex articolo 696-bis del codice di procedura civile quale condizione di procedibilità del giudizio di risarcimento del danno;

   tali disposizioni dovrebbero dunque essere uno strumento deflativo per l'instaurazione dei giudizi di merito;

   proprio per il raggiungimento di tale fine il consulente tecnico nominato d'ufficio articolo ex 696-bis del codice di procedura civile dovrebbe tentare la conciliazione tra le parti –:

   quale sia il numero dei processi verbali di avvenuta ed effettiva conciliazione che sono stati redatti in sede di accertamento tecnico preventivo ai sensi dell'articolo 696-bis in materia di responsabilità medico-sanitaria e le percentuali in relazione ai ricorsi depositati.
(5-08385)


   ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 29 giugno 2022 la Chambre de l'instruction della corte d'appello di Parigi ha emesso parere sfavorevole alla procedura di estradizione di dieci ex brigatisti rossi e terroristi, arrestati nell'ambito dell'operazione «Ombre rosse» nell'aprile 2021;

   gli otto uomini e le due donne, ex militanti di area dell'estrema sinistra, per i quali l'Italia ha chiesto l'estradizione, sono accusati di gravi reati legati al terrorismo dei cosiddetti «anni di piombo». Essi si rifugiarono in Francia a partire dagli anni Settanta: fra questi vi è Giorgio Pietrostefani, che fu condannato dai giudici nazionali come mandante dell'omicidio del commissario Luigi Calabresi;

   il 22 aprile 2021 il Ministro della giustizia francese, Eric Dupond-Moretti ha trasmesso ai giudici le domande di consegna dell'Italia, rimuovendo così un pluridecennale blocco politico;

   nonostante con tale atto si sia riconosciuta la drammaticità del periodo vissuto da cittadini e istituzioni nel nostro Paese negli «anni di piombo», la Corte francese ha reso parere sfavorevole alla richiesta di estradizione, motivando tale scelta sulla base degli articoli 6 e 8 della Cedu;

   suscita perplessità il richiamo all'articolo 8, relativo a generici diritti dell'uomo alla libertà, alla famiglia e alla privazione della libertà senza fondamento, a fronte degli atroci delitti commessi dagli imputati in Italia, delitti che hanno colpito i cittadini e il cuore stesso delle Istituzioni;

   molto più grave pare il richiamo operato dalla corte francese all'articolo 6 della medesima Convenzione, inerente al diritto al giusto processo. Sembrerebbe, questo, un segnale di grave sfiducia nel sistema giudiziario italiano, ritenuto inidoneo a garantire agli imputati tutto quel plesso di diritti e garanzie proprie del giusto processo –:

   se e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere al fine di assicurare alla giurisdizione domestica i terroristi di cui in premessa, anche al fine di rendere giustizia ai parenti delle vittime di efferati episodi di violenza che hanno segnato indelebilmente il nostro Paese.
(5-08386)


   ASCARI e SAITTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso da fonti di stampa della recente decisione della magistratura di sorveglianza di Firenze di concedere la misura della semilibertà a G.S., condannato alla pena dell'ergastolo per l'omicidio di mafia di G.C;

   il drammatico fatto si è verificato il 12 dicembre 1985 a Villafranca Tirrena (Messina), dove durante la sua latitanza, insieme al complice G.A.Jr., G.S. assassinava brutalmente la giovane G.C., responsabile solo del fatto di avere scoperto del tutto casualmente e involontariamente, in un'agenda, tra gli abiti della lavanderia dove lavorava, l'identità di G.A., boss di mafia di cui G.S. era braccio destro;

   nel corso delle indagini e del procedimento penale definito con sentenza di condanna all'ergastolo dopo ben 24 anni, nonché negli anni successivi alla stessa, G.S. non ha mai dato un contributo all'accertamento della verità, non si è mai pentito né rieducato, avendo continuato ad avere un'inclinazione delinquenziale da cui sono scaturiti nuovi procedimenti penali;

   nel 2014, G.S. ha ottenuto, dapprima, la semilibertà e l'anno successivo la libertà condizionata: benefìci penitenziari poi revocati per il suo coinvolgimento in altri procedimenti penali;

   nel 2009, G.A.jr., anche lui condannato all'ergastolo per l'omicidio di G.C., ottenne benefìci penitenziari per l'incompatibilità della detenzione con il suo stato di salute, provvedimento poi annullato dalla Corte di cassazione chiamata a decidere il ricorso proposto dalla procura generale di Bologna, che evidenziò la mancanza di perizie d'ufficio sulle effettive condizioni di salute;

   la difesa delle parti civili sostiene che il suddetto beneficio sia stato concesso in assenza dei presupposti di legge –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e, considerata la delicatezza del caso segnalato, se e quali iniziative, anche di carattere normativo, ed eventualmente valutando la sussistenza dei presupposti per iniziative di carattere ispettivo, ritenga opportuno adottare, anche al fine di scongiurare efficacemente il rischio della concessione e applicazione di benefìci penitenziari in assenza dei presupposti di legge nei confronti di soggetti condannati per gravi fatti di mafia.
(5-08387)


   BAZOLI e FIANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha introdotto l'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua permanente predisposti sulla base di appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali e ha stabilito che la violazione di questo obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come tale è sanzionato dall'ordinamento professionale che dovrà integrare tale previsione;

   tale obbligo, tuttavia, è stato assoggettato a deroghe per determinate categorie di professionisti che hanno determinato una disparità di trattamento sia tra professionisti appartenenti ad ordini diversi, sia tra professionisti iscritti a sedi diverse di uno stesso ordine;

   la legge 31 dicembre 2012, n. 247, ad esempio, recante nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense all'articolo 11, dopo aver sancito l'obbligo per l'avvocato di curare il continuo e costante aggiornamento, al comma 2 stabilisce che sono esentati da tale obbligo, tra gli altri, i componenti di organi con funzioni legislative e i componenti del Parlamento europeo, nonché i docenti e i ricercatori confermati delle università in materie giuridiche;

   tale analoga possibilità non sarebbe stata invece espressamente riconosciuta con riferimento agli ordini professionali in generale, ed in particolare all'ordine degli architetti, alla luce di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 137 del 2012, che non prevede l'esenzione dall'obbligo di formazione continua a favore del Parlamentare o comunque del componente di un'assemblea legislativa appartenente ad un ordine professionale diverso da quello forense, impegnato magari per più anni consecutivamente nell'esercizio di un mandato politico-elettorale come i suoi colleghi avvocati;

   l'applicazione che è stata fatta dell'obbligo di aggiornamento professionale e delle deroghe ad esso previste non appare coerente con le previsioni dell'articolo 3 della Costituzione, e a parere degli interroganti occorrerebbe garantire un'uniforme applicazione della normativa in esame sia tra professionisti appartenenti ad ordini diversi sia su tutto il territorio nazionale –:

   se il Ministro interrogato ritenga possibile, per il principio dell'analogia legis, estendere l'esenzione dall'obbligo di formazione continua prevista per gli appartenenti all'ordine forense dall'articolo 11, comma 2, della legge n. 247 del 2012, anche agli appartenenti agli ordini professionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 137 del 2012 che siano, altresì, componenti di organi con funzioni legislative ovvero componenti del Parlamento europeo, posto che ii dispositivo del citato articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 137 del 2012 nulla espressamente vieta in proposito, ovvero quali altre iniziative intenda comunque adottare, anche in attuazione di quanto previsto dall'articolo 3 della Costituzione, al fine di garantire un'applicazione uniforme della disposizione in esame per tutti gli ordini professionali e su tutto il territorio nazionale.
(5-08388)


   DI SARNO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con i decreti legislativi attuativi n. 156 del 2012 e n. 14 del 2014, concernenti la riorganizzazione della distribuzione sul territorio nazionale degli uffici giudiziari di primo grado, relativamente agli uffici del giudice di pace, è stata disposta la soppressione di 664 delle 846 sedi, lasciando operativi, quasi esclusivamente, quelli presenti nelle sedi circondariali e con la contestuale previsione della facoltà per gli enti locali interessati di chiedere il mantenimento del presidio giudiziario;

   l'ufficio del giudice di pace di Sant'Anastasia rientra tra i 16 uffici non dislocati nelle sedi circondariali di tribunale di cui è stata prevista la permanenza a gestione interamente statale, con una competenza territoriale per sette comuni: Sant'Anastasia, Somma Vesuviana, Pollena Trocchia, Massa di Somma, San Sebastiano al Vesuvio, Cercola e Volla (circa 160.000 abitanti);

   i richiamati decreti hanno disposto anche la soppressione della sede dell'ufficio del giudice di pace di Pomigliano D'Arco, prevedendone l'accorpamento all'ufficio del giudice di pace di Sant'Anastasia; ad oggi, la stessa è mantenuta operativa dagli enti locali interessati, ma, tenuto conto dei ben noti problemi gestionali, vi è il possibile rischio di una eventuale chiusura;

   la pianta organica dell'ufficio del giudice di pace di Sant'Anastasia è risultata fin da subito sottodimensionata, con 1 direttore Amministrativo, 1 cancelliere esperto, 2 operatori giudiziari, 1 ausiliario, nonostante presso l'Ufficio siano operativi otto giudici di pace;

   nonostante il massimo impegno degli enti tenuti a garantire l'apertura di un così importante presidio di giustizia territoriale, l'ufficio non è stato in grado di gestire la notevole mole di attività e adempimenti: ciò ha comportato notevoli ritardi nella pubblicazione delle sentenze, dei decreti ingiuntivi e delle udienze penali e nei rinvii di quelle civili, causando la sospensione e chiusura dello stesso;

   tale gravissima situazione, ampiamente prevedibile in considerazione del lungo periodo di interruzione durante la fase pandemica, poteva e doveva essere affrontata anche alla luce delle nuove immissioni di personale (concorso cancellieri esperti e addetti all'ufficio del processo) –:

   se non intenda adottare urgenti iniziative di competenza urgenti ed indifferibili, finalizzate all'applicazione di personale, che consentano una immediata riapertura dell'ufficio, nonché a disporre la necessaria revisione della pianta organica, contestualizzandola alle reali esigenze organizzative dello stesso.
(5-08389)


   TURRI, BISA, DI MURO, MARCHETTI, MORRONE, PAOLINI, POTENTI, TATEO e TOMASI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con il Piano nazionale di ripresa e resilienza si sono avviate le cosiddette riforme orizzontali, in particolare quella relativa al sistema giudiziario, con il duplice obiettivo di ridurre i tempi irragionevoli dei processi e di smaltire l'arretrato;

   si sono avviati due procedimenti di riforma, che hanno visto la luce con due deleghe, una al processo penale e l'altra al processo civile e la Ministra interrogata ha affidato a cinque sottocommissioni ministeriali la delega penale e a sette sottocommissioni la delega civile;

   in data 23 marzo 2022 in Aula, la Ministra interrogata ha così risposto, in una interrogazione a risposta immediata, sullo stato di avanzamento di queste riforme, abilitanti per tutto il sistema del PNRR: «(...) Premesso che gli impegni con l'Europa ci danno tempo fino alla fine del 2022, per attuare queste due grandi deleghe, i cinque gruppi istituiti per la delega penale avranno termine: tre di loro, fino al 30 aprile 2022, per concludere i lavori, e due, quelli sul sistema sanzionatorio e sulla giustizia riparativa, poco oltre, il 10 maggio 2022. Quelli sulla delega civile sono stati istituiti il 14 gennaio 2022 e hanno termine fino al 15 maggio per la redazione della bozza degli schemi di decreto legislativo e delle relative relazioni illustrative. È ovvio che, dopo questi termini di consegna dei lavori interni, ci sarà ancora qualche interlocuzione da avere con tutti i soggetti interessati e, poi, un lavoro di coordinamento fra questi testi (...) in ogni caso, la nostra previsione è sicuramente di portare all'esame del Parlamento questi decreti legislativi tutti prima dell'estate – potrebbe essere la seconda metà di giugno o il mese di luglio (...) per la competente espressione del parere e avere un tempo sufficientemente ampio per poter rispettare i termini europei»;

   poiché ad oggi ancora nulla è pervenuto in Parlamento, è necessario procedere velocemente con la redazione dei decreti attuativi, per dare corpo e sostanza alle riforme della giustizia penale e civile ed è importante che i decreti arrivino quanto prima alle Camere e quindi alle Commissioni competenti, perché il Parlamento possa verificare e avere contezza di un lavoro che esso stesso ha contribuito con grande fatica a costruire –:

   vista la lungimirante revisione del sistema giustizia da concludere affinché non resti solo l'ambizione del progetto, quanto tempo occorrerà perché le Camere possano esaminare gli schemi di decreti legislativi relativi alla riforma del processo penale e civile.
(5-08390)


   CONTE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo notizie di stampa, il Governo starebbe lavorando a una nuova organizzazione della geografia giudiziaria, con una rinnovata distribuzione territoriale degli uffici giudiziari;

   essa arriverebbe a circa dieci anni da una precedente riforma della geografia giudiziaria, attuata con i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e n. 156, che è consistita sostanzialmente in un «taglio» di tribunali e sedi distaccate, nella direzione di un accentramento del servizio, che ha determinato sui territori non pochi disagi;

   nell'ambito della paventata nuova organizzazione, secondo notizie di stampa, ci sarebbe anche l'intenzione di procedere a un accorpamento dei tribunali di Benevento e Avellino, in una sede unica;

   tale ipotesi, se confermata, sarebbe inaccettabile e insostenibile da un territorio che ha già pagato un prezzo alto in termini di riduzione dei presidi giudiziari, con la precedente soppressione dei tribunali di Sant'Angelo dei Lombardi e di Ariano Irpino, che, anzi, in una riorganizzazione delle sedi, andrebbero riconsiderati – insieme ad altri tribunali soppressi in Campania e nelle zone interne – per una riapertura, per garantire quella giustizia di prossimità che appare indispensabile per un corretto esercizio della finzione sui territori, che peraltro sono molto vasti e hanno bisogno di sedi raggiungibili e praticabili per consentire ad operatori della giustizia e ai cittadini un corretto esercizio dei loro diritti;

   contro la paventata chiusura con accorpamento dei tribunali di Avellino e Benevento, si sono già espressi i rappresentati territoriali, in particolar modo il consiglio dell'ordine degli avvocati di Avellino, che con un documento ha espresso «Il proprio dissenso» e ha dichiarato «l'assoluta contrarietà ad ogni ipotesi di accorpamento che privi i Comuni capoluogo di provincia dei propri Tribunali che, al di là delle ragioni di opportunità e di funzionalità, rappresentano un presidio di legalità e testimoniano la presenza dello Stato, imprescindibile e irrinunciabile» –:

   se corrisponda al vero la notizia riportata su alcuni organi di stampa della volontà di procedere a una nuova organizzazione della geografia giudiziaria, in particolar modo riguardo alla soppressione e all'accorpamento dei tribunali di Avellino e Benevento.
(5-08391)


   VARCHI, FERRO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DEIDDA, MASCHIO e VINCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   ha suscitato polemica la notizia dell'autorizzazione rilasciata dal nuovo capo del Dap, dottor Renoldi, di accesso «libero» a soggetti, non parlamentari, in due carceri sarde, in cui sono ristretti anche detenuti sottoposti al regime del 41-bis, il cosiddetto carcere duro;

   analogamente a quanto fece il dottor Basentini, capo del Dap voluto dall'allora Ministro Bonafede, con il Partito Radicale e con la Commissione Carcere della Camera Penale di Roma, o da Santi Consolo, capo del Dap ai tempi del Ministro Orlando, una delegazione privata dell'associazione «Nessuno tocchi Caino» ha potuto incontrare i boss detenuti nelle carceri di Sassari e Nuoro: a Sassari ci sono, tra gli altri, il boss stragista, Leoluca Bagarella, il boss camorrista del clan dei Casalesi, Michele Zagaria e il boss della 'ndrangheta Domenico Gallico; mentre a Nuoro sono detenuti Francesco Guttadauro, figlio del boss Giuseppe e nipote del capomafia latitante Matteo Messina Denaro e il camorrista Edoardo Contini;

   l'autorizzazione di Renoldi sarebbe stata, peraltro, rilasciata in assenza dell'allora vice capo Tartaglia, tra i pm del processo sulla trattativa Stato-mafia, che, appreso della scelta, non avrebbe condiviso;

   in base all'ordinamento penitenziario, ai ristretti al regime detentivo speciale è concesso tenere un solo colloquio al mese «da svolgersi ad intervalli di tempo regolari ed in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti», con persone non al di fuori di «familiari e conviventi, salvo casi eccezionali determinati volta per volta dal direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorità giudiziaria competente» (articolo 41-bis, comma 2-quater, lettera b));

   i colloqui diversi da quelli con i familiari, ai sensi del medesimo articolo 41-bis, sono categoricamente vietati, «salvo casi eccezionali determinati volta per volta dal direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorità giudiziaria competente ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo 11»; –:

   di quali informazioni il Governo disponga in merito alla vicenda di cui in premessa e, in particolare, a che titolo e quali siano state le motivazioni «eccezionali» alla base della decisione assunta dal dottor Renoldi di autorizzare un'associazione privata a incontrare detenuti in regime di 41-bis, con quali detenuti si siano svolti i colloqui e se siano state rispettate le disposizioni dell'ordinamento penitenziario in materia di colloqui dei ristretti in regime detentivo speciale.
(5-08392)


   ANNIBALI, VITIELLO e FERRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il circondario del Coa di Nocera Inferiore conta 19 comuni ad alta densità abitativa con una popolazione complessiva di circa 400 mila abitanti. Gli iscritti al Coa sono 2.074 (1.124 avvocati, 950 avvocate), mentre i praticanti sono 626 (in questo caso prevalgono le donne, 380, sugli uomini 246). Dall'inizio dell'anno le cancellazioni dall'albo sono state 167;

   la carenza di personale del tribunale di Nocera Inferiore ha raggiunto ormai una soglia critica che pone in difficoltà la cittadinanza, gli avvocati e la stessa magistratura come dimostrato dalle clamorose dimissioni del Presidente Robustella di qualche tempo fa;

   dal verbale dell'assemblea convocata il 5 maggio 2022, dall'Ordine degli avvocati di Nocera Inferiore, si legge, tra l'altro, quanto segue: «le numerose delibere del COA con le quali – negli ultimi anni – sono state denunciate le molteplici problematiche connesse al funzionamento degli Uffici giudiziari del circondario e, in particolar modo, quelle riguardanti l'Ufficio del Giudice di Pace di Nocera Inferiore, relativamente al quale sono stati ripetutamente segnalati gli ingiustificati tempi di attesa connessi alla pubblicazione delle sentenze (effettuata a distanza di svariati mesi dal deposito delle minute in cancelleria da parte dei Giudici) ed al rilascio dei titoli in forma esecutiva (eseguito in un solo giorno settimanale e dopo un lasso di tempo assolutamente troppo lungo rispetto alla richiesta formulata dagli Avvocati)»;

   a tale problematicità si sommano la carenza di personale amministrativo, che vede attualmente la presenza di soli 5 operatori a fronte dei 13 previsti in pianta organica, con notevoli ripercussioni per lo svolgimento delle ordinarie attività giudiziarie;

   con decreto n. 35/2022 dell'11 aprile 2022 a firma del presidente del Tribunale, a fronte del mancato riscontro da parte delle autorità preposte sulla richiesta di implementazione dell'organico dell'ufficio del giudice di pace di Nocera Inferiore, è stata disposta la riduzione del numero dei fascicoli da trattare in ogni singola udienza da parte dei giudici, e sì è altresì anche limitata l'apertura della cancelleria civile al pubblico;

   si tratta di una situazione che ha portato un forte stato di agitazione da parte degli avvocati che, nel mese di maggio, si sono astenuti dalle udienze civili e penali e da ogni attività giudiziaria nei giorni 23, 24, 25, 26, 27, 28, 30 e 31 maggio 2022 –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per far fronte alla carenza di personale del tribunale di Nocera Inferiore in cui al momento non viene garantito il normale, ancor minimo, svolgimento dell'attività giudiziaria.
(5-08393)

Interrogazione a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE e ROTELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo apparso sul quotidiano «il Corriere di Viterbo», si viene a conoscenza di un ennesimo grave caso di violenza perpetrato da un detenuto a danno di un agente penitenziario;

   nel pomeriggio del 6 luglio 2022, un detenuto ristretto nella casa circondariale di Mammagialla di Viterbo, dove sta scontando una pena definitiva, ha aggredito un agente con una caffettiera mentre quest'ultimo era intervenuto al fine di sedare una rissa tra una trentina di detenuti i quali si rifiutavano di rientrare nelle proprie celle. La colluttazione è risultata tanto grave e violenta da richiedere l'intervento del comandante della Penitenziaria e dello stesso direttore del carcere, proseguendo fino a sera inoltrata;

   l'agente ferito è stato immediatamente trasportato nel nosocomio cittadino in gravi condizioni, dove sono stati accertati danni alla mascella e al volto, rendendo perfino necessaria l'applicazione di oltre 50 punti di sutura;

   quello delle aggressioni verso i membri del Corpo di Polizia penitenziaria risulta essere oramai un fenomeno endemico e in rapida ascesa in tutto il Paese, completamente incontrollato e favorito dal senso di impunità provato dagli stessi detenuti, i quali raramente temono azioni concrete nei loro confronti da parte dell'amministrazione penitenziaria, in quanto raramente queste vengono poste effettivamente in essere;

   questa costante mancanza da parte delle istituzioni si traduce nel più totale senso di umiliazione e sconforto degli agenti in servizio, i quali, per il tramite delle associazioni sindacali, chiedono ripetutamente un intervento concreto, tuttavia puntualmente disatteso, atto a porre fine alle gravissime e inaccettabili criticità che affliggono le carceri italiane, al fine di veder tutelata la propria incolumità, professionalità e onorabilità, continuamente oltraggiate da una situazione la quale, oramai, rasenta l'inumano –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di contrastare il fenomeno, in continua ascesa, delle aggressioni a danno degli agenti penitenziari all'interno degli istituti penitenziari italiani.
(4-12550)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la Federal Aviation Administration (Faa) ha dichiarato venerdì 17 giugno 2022 che Verizon Communications e AT&T hanno concordato volontariamente di ritardare alcuni utilizzi della banda C 5G fino a luglio 2023 poiché i vettori aerei stanno lavorando per adattare gli aeroplani, al fine di garantire che non subiscano interferenze;

   le due aziende hanno concordato a gennaio di ritardare fino al 5 luglio l'accensione di alcune torri wireless e il depotenziamento di altre vicino agli aeroporti;

   la preoccupazione che il servizio 5G possa interferire con gli altimetri degli aeroplani, che forniscono dati sull'altezza di un aereo dal suolo e sono cruciali per l'atterraggio in caso di maltempo, ha portato a interruzioni in alcuni aeroporti statunitensi all'inizio di quest'anno;

   negli ultimi mesi, la Federal Aviation Administration ha esortato le compagnie aeree a completare il retrofit di alcuni radioaltimetri per aeroplani;

   l'amministratore ad interim della Faa Billy Nolen ha esortato gli amministratori delegati delle principali compagnie aeree statunitensi a muoversi rapidamente per affrontare i rischi derivanti dall'implementazione del wireless 5G installando filtri sui radioaltimetri, nel tentativo di evitare potenziali interruzioni negli aeroporti chiave dal mese prossimo;

   Airlines for America, un gruppo commerciale del settore che rappresenta American Airlines, Delta Air Lines, United Airlines e altri, ha dichiarato in una riunione della Faa di aver appreso che «la stragrande maggioranza» della flotta dei membri di 4.800 aeromobili in totale «dovrebbe essere adattata entro luglio 2023» e ha sollevato domande per chiarire se ciò fosse fattibile: «Dato che la FAA non ha nemmeno approvato soluzioni né i produttori hanno fabbricato questi prodotti per la maggior parte di questa flotta, non è affatto chiaro che i vettori possano rispettare quella che sembra essere una scadenza arbitraria»:

   la Faa ha affermato che «filtri e unità sostitutive per la flotta commerciale principale dovrebbero essere disponibili in un programma che consentirebbe di completare in gran parte i lavori entro luglio 2023. Dopo tale periodo, le società wireless prevedono di far funzionare le loro reti nelle aree urbane con il minimo restrizioni»;

   gli amministratori delegati delle compagnie aeree il 17 gennaio 2022 avevano avvertito di un'imminente crisi «catastrofica» dell'aviazione che avrebbe potuto bloccare quasi tutto il traffico a causa del dispiegamento del 5G –:

   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato e quali iniziative intenda assumere al fine di eliminare i rischi legati alla problematica espressa in premessa.
(4-12544)


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   risale all'anno 2013 la richiesta, con insistenza, da parte dell'amministrazione comunale di Esterzili ma non solo, della realizzazione di un'importante arteria, in variante, all'attuale tracciato della strada statale n. 198, con l'obbiettivo della riduzione dei tempi di percorrenza e della garanzia di una maggiore sicurezza della circolazione stradale;

   se questa importante opera venisse realizzata, permetterebbe, dopo decenni di attesa, il raccordo funzionale tra la strada statale 128 e la strada statale 198 consentendo, a lavori ultimati di giungere a Cagliari dalla «Barbagia di Seulo» in poco più di un'ora;

   nel 2016 è stata adottata la delibera Cipe (Comitato interassessoriale per la programmazione economica) n. 54 del 2016, relativa al PO FSC Infrastrutture, col quale è stanziato l'importo di euro 30.000.000 che poi si ritroveranno, nell'ambito del patto per lo sviluppo della Sardegna, nell'Allegato A alla delibera di giunta regionale n. 41 dell'8 agosto 2018;

   l'Anas avrebbe comunicato, con una riunione presso l'assessorato regionale della Sardegna, l'ormai avvenuta conclusione della fase per il progetto definitivo, secondo degli accordi presi in un precedente incontro con il solo comune di Sadali;

   nel frattempo, sono emerse diverse proteste da parte di altri comuni appartenenti la comunità montana della Barbagia di Seulo che hanno ribadito l'importanza di un progetto di questa rilevanza strategica, sottolineando come possa arrivare ad una fase definitiva, senza prima passare per una fattibilità condivisa con tutto il territorio;

   vedendo il progetto, si evince chiaramente che trattasi di un integrale nuovo tracciato in luogo di quello attuale e non, come forse si vuol fare passare, di un intervento di manutenzione per il quale sarebbero giustificabili procedure semplificate;

   il tracciato in progetto non incide, sostanzialmente, sulle tempistiche di percorrenza, che rappresentano l'unico elemento che potrebbe far fare un salto di qualità alla viabilità del territorio. Tra l'altro, sul tratto oggetto di intervento, si sono recentemente eseguiti interventi di ridefinizione delle cunette, del fondo e della segnaletica che, di fatto, lo rendono percorribile a una velocità che poco si discosta da quella in progetto;

   a rendere ancora meno sostenibile l'intervento, contribuisce, tra l'altro, il fatto che le tempistiche di realizzazione dei nuovi manufatti e della sede stradale, per arrivare a un collaudo definitivo, saranno decennali e che le lavorazioni comporteranno ostruzioni pesanti al traffico nell'unica viabilità verso il capoluogo;

  in ultimo, ma non con meno importanza, resta da valutare attentamente se un intervento così poco risolutivo possa giustificare il sacrificio ambientale e paesaggistico di una vasta area di una delle foreste di leccio più estese d'Europa che è quella di Santa Maria –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se si intenda, quanto meno, valutare le ragioni del comune di Esterzili e degli altri comuni della Barbagia di Seulo, verificando la possibilità di un'attenta e approfondita alternativa, condivisa con tutti gli amministratori dei comuni interessati.
(4-12551)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ASCARI e GRIPPA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da fonti di stampa online che sull'intero territorio nazionale, a partire dal 1° luglio 2022, siano stati interrotti all'interno degli uffici immigrazione delle questure i servizi dei mediatori linguistico culturali, figure professionali essenziali per facilitare la comprensione linguistica e l'interazione tra italiani e stranieri;

   come segnalato in una nota del Siulp (Sindacato italiano unitario lavoratori polizia) al Ministero dell'interno del 5 luglio 2022, ciò starebbe accadendo in ragione della mancata registrazione della procedura di rinnovo presso la Corte dei conti della convenzione, regolarmente stipulata, con Cies Onlus e Oim;

   è di tutta evidenza, a fronte dell'eccezionale momento storico, che tali risorse, già in numero esiguo, siano fondamentali e indispensabili nell'attività di ausilio per garantire il corretto funzionamento degli Uffici territoriali del Governo;

   per evitare una paralisi degli uffici immigrazione, appare assolutamente urgente e necessario intervenire affinché si proceda con urgenza alla registrazione della convenzione sopracitata, al fine di consentire la celere ripresa dei supporti di mediazione linguistico-culturale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, ritenga opportuno adottare al fine di risolvere le criticità rappresentate in premessa, anche alla luce dell'eccezionale situazione storica.
(5-08381)


   ASCARI e GRIPPA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto denunciato dal sindacato della Polizia di Stato Siulp, i giovani agenti all'uscita del corso di formazione vengono prevalentemente assegnati in sedi di servizio situate nel nord Italia, per un periodo minimo di due anni;

   in tali sedi di servizio, complici stipendi iniziali piuttosto bassi e canoni di locazione delle abitazioni molto alti, questi giovani operatori di Polizia faticano moltissimo a trovare una degna sistemazione alloggiativa: alcuni, se riescono ad avere la concessione di un posto letto all'interno delle caserme, rinunciano del tutto a trovarsi una casa, altri convivono allo scopo di condividere le spese, altri ancora rimediano con espedienti di fortuna;

   ciò comporta, da un lato, che, non appena possibile, quel personale chieda e ottenga il trasferimento al luogo d'origine per sopperire alle mancanze alloggiative, mentre dall'altro ne consegue che il continuo e costante ricambio di personale nelle città del Nord incida in maniera fortemente negativa sulla preparazione del personale, ma soprattutto sulla loro conoscenza del tessuto sociale del territorio al quale sono stati assegnati. In sostanza, tale continuo ricambio di personale non consente di avere personale sufficientemente preparato nella conoscenza del territorio, delle realtà criminali e dei fenomeni incidenti nella gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica della città e della provincia ove si viene assegnati;

   per ovviare a ciò, il decreto-legge n. 152 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, aveva avviato un programma straordinario di edilizia residenziale, da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato, con priorità per coloro che vengano trasferiti per esigenze di servizio. Ciò aveva consentito, in alcune città, per una durata anche quasi ventennale, di costruire e locare immobili di vario tipo, a prezzo calmierato rispetto al mercato e posti a disposizione del personale di tutte le Forze di polizia, evitando quindi il continuo ricambio di personale e favorendo invece l'insediamento nel luogo;

   tuttavia, gli effetti della già citata convenzione — che attribuiva al prefetto la competenza all'assegnazione degli alloggi in discorso mediante apposita Commissione — sono giunti al termine, posto l'avvenuto decorso della sua vigenza, realizzatosi in data 5 luglio 2019. «Tale rilievo si riflette in particolare sulle regole che governano le assegnazioni di tali alloggi, ora sottoposte a diversa disciplina e rientranti nella competenza dell'amministrazione comunale» rileva Roberto Butelli segretario generale provinciale Siulp di Modena. Ad oggi, «non risulta esservi disponibilità di alloggi in edilizia agevolata per nessun appartenente alle Forze dell'Ordine», nemmeno in quelle province che avevano manifestato da subito un notevole interesse al progetto, creando quindi una situazione di forte disagio per migliaia e migliaia di operatori delle forze dell'ordine, che si vedono costretti a sopperire come possono a tale problematica;

   come rilevato dal sindacato di Polizia Siulp, il tema del disagio che porta a conclusioni estreme è un male che affligge il comparto sicurezza italiano, il quale ogni anno annovera decine e decine di suicidi che spesso appaiono inspiegabili, quando in realtà risulta abbastanza semplice constatare quali e quante siano le enormi difficoltà che tali operatori devono sopportare già dal primo loro giorno di servizio –:

   se il Governo, nell'ambito della propria competenza, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se e quali iniziative, anche di carattere normativo, ritenga opportuno adottare per risolvere le criticità esposte in premessa, onde scongiurare il grave impatto dell'allarmante fenomeno descritto.
(5-08382)

Interrogazione a risposta scritta:


   PATELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ormai da tempo il Comando dei vigili del fuoco di Biella denuncia un'insostenibile carenza d'organico;

   allo stato attuale, il Comando su novantaquattro unità sulla carta conta un reale organico di ottantuno unità di cui: settantadue a servizio operativo nei turni, sette unità che sopperiscono le carenze del personale amministrativo o hanno mansioni differenti, un'unità cinofila che svolge servizio presso il nucleo di Volpiano – ma risulta in carico al Comando – e un'unità elicotterista che a breve si trasferirà in altra sede;

   ne discende che ogni turno di servizio non può garantire più di dodici unità (diciotto meno il 33 per cento di assenze) di personale operativo dedicato al soccorso tecnico urgente; questo numero esiguo di personale permette di organizzare solo una squadra ordinaria di soccorso da cinque unità, una seconda squadra di soccorso da tre unità, un'unità per i mezzi di speciali (autobotte, autoscala e autogru), e di mantenere due unità in sala operativa;

   questi numeri sono ben al di sotto del minimo legale previsto dal riordino e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 64 del 2012;

   nel gennaio 2021, il Comando biellese ricevette dal Dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno vaghe rassicurazioni su un successivo aumento di organico;

   le valutazioni compiute dal Dipartimento, tuttavia, non prendevano in considerazione numerosi fattori che caratterizzano il territorio biellese quali, ad esempio, l'alto rischio idrogeologico, l'aumento progressivo degli interventi, la continua integrazione specialistica delle competenze che richiede personale sempre più specializzato, nonché l'esistenza di un'unica sede permanente per tutta la provincia;

   queste circostanze fanno sì che la sede dei vigili del fuoco di Biella necessiti di un ben più cospicuo numero di personale;

   sebbene quest'anno le piante organiche dei Comandi dei vigili del fuoco più piccoli potranno godere di un aumento di organico, in forza delle risorse che stanziate dall'articolo 1, comma 389, della legge di bilancio n. 145 del 30 dicembre 2018, sembra che a Biella verranno stanziate solamente quattro nuove unità, un numero non sufficiente per far fronte alle richieste che il Comando è tenuto a soddisfare;

   il Comando di Asti, ad esempio, che svolge circa lo stesso numero di interventi di quello di Biella, dispone rispetto a quest'ultimo di ben otto unità in più –:

   quali iniziative intenda adottare, con la massima urgenza, per adeguare l'organico del Comando dei vigili del fuoco di Biella agli standard richiesti dalla legge e dalle concrete esigenze del territorio.
(4-12548)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   la linea di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) «Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nel I e II ciclo della scuola secondaria e alla lotta alla dispersione scolastica» nell'ambito della Missione 4 Componente 1 prevede un finanziamento pari a 1,4 miliardi di euro;

   gli obiettivi da raggiungere al quale il finanziamento è condizionato sono individuati nella realizzazione, entro dicembre 2024, di attività di tutoraggio per almeno 470.000 giovani a rischio di abbandono scolastico e per almeno 350.000 che hanno già abbandonato la scuola, nonché nel raggiungimento, entro giugno 2026, di un tasso di abbandono scolastico nell'istruzione secondaria pari al 10,2 per cento;

   in data 7 marzo, è stato nominato con decreto del Ministro un gruppo di lavoro (da qui, GdL) «per la definizione di indicazioni generali per il contrasto alla dispersione scolastica e il superamento dei divari territoriali» nell'ambito delle azioni del Pnrr, che è composto da studiosi ed esperti di queste tematiche;

   in data 24 giugno 2022 il Ministro ha emanato il decreto n. 170 che definisce i criteri di riparto dei primi 500 milioni di euro, secondo una ripartizione tra le regioni che tiene conto di un set di criteri per l'assegnazione dei fondi alle scuole molto semplificato rispetto a quello proposto dal GdL, come scritto da alcuni suoi componenti in una lettera aperta al Ministro, nella quale denuncia anche che il decreto «non corrisponde alle meditate e documentate indicazioni che il documento del GdL ha raccolto sulla base delle linee di indirizzo che abbiamo condiviso con Lei, con il Gabinetto, con la struttura del Ministero che presiede ai fondi PNRR»;

   è sempre il GdL a sottolineare come il decreto sia carente sulla «questione delle questioni», ovvero «come favorire, intorno alle scuole, alleanze territoriali coese e permanenti tra le scuole stesse, gli enti locali, e il terzo settore su base cooperativa e paritaria curando la manutenzione nel tempo delle comunità educanti» e come invece «sia urgente chiarire come avvengano le alleanze necessarie per raggiungere i ragazzi e quale organizzazione e procedure presiedono all'uso delle risorse»;

   in un altro passaggio della lettera si arriva a ipotizzare che «è possibile che sia necessario ri-includere scuole difficilissime oggi escluse» a causa, ad esempio, dell'eccessivo peso dato al numero degli alunni e dell'assenza tra i criteri dei dati sulla disoccupazione;

   la lettera si conclude apprezzando la scelta di indicare il finanziamento scuola per scuola, ma fa presente che l'assegnazione definitiva delle risorse andava condizionata «alla costituzione dell'alleanza territoriale, all'elaborazione condivisa di un progetto d'azione territoriale e di miglioramento dell'offerta scolastica», dando da subito «un insieme definito di cornici, indicazioni operative e regole di ingaggio inderogabili» –:

   se sia vero quanto paventato dal gruppo di lavoro sulla possibile esclusione dal finanziamento di scuole che avrebbero i titoli per essere incluse e se non ritenga opportuno correggere il decreto di riparto ovvero utilizzare parte delle ulteriori risorse per sopperire a queste incongruenze;

   se abbia fatto precedere un così ingente e straordinario finanziamento da una puntuale informazione preventiva alle scuole, anche in considerazione del fatto che alcuni finanziamenti hanno sfiorato i 500.000 euro e molte scuole non hanno mai gestito somme importanti;

   perché non abbia accompagnato l'emanazione del decreto con la diffusione del documento del gruppo di lavoro che avrebbe rappresentato un supporto e una guida per costruire le «alleanze territoriali coese e permanenti» di cui in premessa;

   se non ritenga opportuno seguire il suggerimento del gruppo di lavoro in merito ai vincoli da porre per la assegnazione definitiva delle risorse e se non sia possibile prevedere misure di accompagnamento, monitoraggio e valutazione, anche subordinando a un loro esito positivo una rideterminazione della distribuzione delle somme erogate.
(4-12549)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta orale:


   RIZZETTO e RAMPELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   si apprende che Ita, il 20 aprile 2022, non si è presentata al tavolo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sui dipendenti Covisian, che sono a rischio di licenziamento dopo il ritiro della commessa da parte di Ita Airways per i servizi di call center;

   tale assenza dei vertici di Ita Airways è, ad avviso dell'interrogante, grave e ingiustificabile. E mostra da parte di una società controllata al 100 per cento dallo Stato una palese chiusura al confronto nell'individuare soluzioni occupazionali per i lavoratori coinvolti, dopo il mancato rispetto della clausola sociale sottoscritta a Roma il 21 ottobre tra Covisian e Ita;

   al riguardo, Ita Airways ha giustificato la mancata presenza al tavolo ministeriale affermando di essere «parte lesa» a seguito della «rottura unilaterale» da parte di Covisian del contratto di fornitura del call center e ritenendo responsabile esclusivamente l'azienda che non ha dato seguito né al contratto sottoscritto con Ita né all'intesa sulla clausola sociale relativa ai dipendenti Almaviva;

   Ita ha proceduto all'assunzione diretta di circa 150 persone per i servizi di call center, di cui il 50 per cento proveniente da Alitalia in amministrazione straordinaria e gli altri esterni. Pertanto, adesso resterebbero esclusi tutti i 543 lavoratori attuali, di cui 221 Covisian e i restanti di Almaviva; si tratta di una vicenda inaccettabile di cui, tra condotte svolte in dispregio alle istituzioni e il mancato rispetto di accordi, stanno subendo le conseguenze decine di lavoratori con le loro famiglie a cui vanno, invece, tempestivamente riconosciute concrete tutele –:

   se e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire soluzioni occupazionali ai 543 lavoratori coinvolti.
(3-03074)


   SURIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel 2021, Italia Trasporto Aereo S.p.A., di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze, ha sostituito la compagnia aerea di bandiera Alitalia;

   la nuova società avviò la gara per la gestione del servizio di assistenza clienti, adottando il cosiddetto sistema di outsourcing;

   Covisian S.p.A. si è aggiudicata la gara per la gestione del servizio di assistenza clienti: esso era precedentemente gestito da Almaviva Contact — con 621 lavoratori a tempo indeterminato, dei quali 570 operativi nella sede di Palermo —, che ha conseguentemente perso la commessa;

   nell'accordo del 21 ottobre 2021, siglato presso il Ministero del lavoro, Covisian S.p.A. si impegnò ad assumere, ex novo, 543 lavoratori (36 su Rende e 507 su Palermo), in quel momento alle dipendenza di Almaviva Contact S.p.A., coerentemente con quanto previsto dalla clausola sociale di cui al contratto collettivo nazionale di lavoro delle telecomunicazioni, per la cura del servizio di customer service di Ita Airways;

   nell'aprile 2022, la nuova compagnia aerea ha rescisso unilateralmente il contratto con Covisian S.p.A., ponendo in tal modo a serio rischio l'impiego futuro del personale coinvolto;

   il 20 aprile 2022 Ita non si è presentata al tavolo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, programmato per discutere delle prospettive occupazionali di tali lavoratori;

   con il contratto scaduto dal 30 aprile 2022, i lavoratori sono rimasti di fatto senza occupazione;

   preoccupante, inoltre, è stata la decisione della compagnia aerea di dotarsi di un call center interno, con sede a Roma Fiumicino, ledendo così i legittimi diritti dei lavoratori che nel corso di oltre vent'anni di servizio nel call center di Palermo hanno acquisito notevoli competenze e professionalità;

   il 5 maggio 2022 si è svolta, a Palermo, la protesta dei 543 lavoratori: essi risultano paradossalmente licenziati dallo Stato, considerata la proprietà pubblica della società, dopo che lo Stato aveva salvato dal fallimento Alitalia per salvaguardare i livelli occupazionali del personale coinvolto;

   a oggi, non si è ancora raggiunta alcuna soluzione;

   le organizzazioni sindacali di categoria di Cgil Cisl Uil (Slc, Fistel e Uilcom) del call center di Palermo avevano già denunciato pubblicamente l'assenza di trasparenza e legittimità delle procedure assunte dalla società pubblica Ita nell'avviare la gara per la gestione del servizio di assistenza clienti: i caratteri giuridici erano fortemente privatistici e non conformi alle norme del Codice degli appalti previste per le stazioni appaltanti pubbliche, con l'assenza di applicazione della clausola sociale, l'applicazione del principio di offerta al massimo ribasso, il sistema premiale del calcolo del punteggio a favore del fornitore che avesse la propria sede su Roma — quando la totalità del personale risiede in Sicilia e Calabria — e la previsione della possibilità di delocalizzazione del servizio;

   una numerosa platea di ricercatori e analisti sostiene che le esternalizzazioni, quale quella inerente al caso in oggetto, sono causa della progressiva precarizzazione dei posti di lavoro: vi sono lavoratori assunti da società di outsourcing, chiamati a continuare a lavorare in appalto, con un impatto negativo anche sul potere di negoziazione dei sindacati, indeboliti a ogni cessione o cambio di appalto –:

   quali iniziative, per quanto di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di riaprire immediatamente le trattative con Ita S.p.a. sulla vertenza Covisian S.p.a., per porre un freno alla citata deprecabile prassi e combattere la precarizzazione dei posti di lavoro, per garantire, in futuro, il rispetto della clausola sociale normativamente prevista e infine per applicare a Ita S.p.a. le norme della cosiddetta amministrazione trasparente, contenute nel decreto legislativo 33 del 2013 e nel codice dell'amministrazione digitale.
(3-03075)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende la compagnia aerea Ita spa – società interamente pubblica che sostituirà Alitalia – ha assegnato ad un nuovo fornitore la gara per la gestione dei servizi di contact center sino ad oggi svolti da Almaviva per conto di Alitalia;

   il servizio messo a bando da Ita riguarda le stesse attività che Almaviva Contact eroga da vent'anni, gestendo il servizio assistenza clienti per Alitalia grazie all'impegno e alla professionalità di 570 lavoratori e lavoratrici di Almaviva Contact di Palermo e ai circa cinquanta di Rende;

   nei comunicati ufficiali con cui Ita ha annunciato l'affidamento del servizio per la gestione dell'assistenza clienti alla Covisian, non vi è alcun riferimento alla clausola sociale prevista per il settore dei call center in outsourcing che, in base al Contratto collettivo nazionale di lavoro di settore e alla legge, riconosce il diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro con l'eventuale nuovo fornitore delle stesse attività;

   il mancato rispetto di detta clausola sociale mette a rischio immediato la continuità occupazionale di centinaia di lavoratori a Palermo e Rende;

   inoltre, secondo le organizzazioni sindacali, la gara sarebbe stata totalmente improntata al principio del massimo ribasso, senza alcun limite minimo e nel bando non si escludeva affatto la possibilità di delocalizzare in parte o tutta la commessa;

   ciò che desta ulteriori preoccupazioni è l'indiscrezione secondo cui Covisian, starebbe cercando personale per il call center anche in Romania, circostanza che, se verificata, rappresenterebbe una ulteriore beffa per i 621 lavoratori e lavoratrici di Almaviva Contact di Palermo e Rende che sono ancora in attesa di sapere quale futuro li attende dopo aver perso la commessa;

   a parere dell'interrogante, Ita, un'azienda pubblica, non può in alcun modo sfuggire all'applicazione delle clausole sociali previste dalla legge e dal contratto nazionale delle telecomunicazioni e non può permettere che 621 posti di lavoro vadano perduti nel Mezzogiorno, specialmente in un momento di crisi economica;

   i lavoratori e le lavoratrici Almaviva da troppo tempo vivono nell'incertezza e nella precarietà e in questi anni hanno difeso il proprio posto di lavoro con tenacia e determinazione e oggi meritano risposte concrete che garantiscano loro la continuità occupazionale –:

   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano assumere, a partire dalla convocazione di un tavolo congiunto, al fine di individuare le soluzioni più opportune per garantire ai 621 lavoratori la certezza di veder applicato il loro diritto alla continuità occupazionale, anche attraverso l'utilizzo della clausola sociale prevista per il settore dei call center che riconosce il diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro con l'eventuale nuovo fornitore in caso di svolgimento delle medesime attività.
(3-03077)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   MURA, VISCOMI, CARLA CANTONE, GRIBAUDO, LACARRA e LEPRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il caso segnalato da un articolo apparso sul quotidiano «Domani» di una lavoratrice ex Alitalia cui l'Inps ha richiesto la restituzione dell'intero importo degli ammortizzatori sociali erogati durante il periodo di licenziamento, a seguito della sentenza di reintegro emessa dal tribunale di Civitavecchia, evidenzia una incongruenza del nostro ordinamento che rischia di vedere coinvolti molti altri lavoratori;

   la lavoratrice in questione, avvalendosi del collocamento per i disabili, era stata assunta a tempo indeterminato in Air One nel 2003, e successivamente in Alitalia Cai. Nel novembre 2014 è stata licenziata da Alitalia Cai, nonostante rientrasse tra le categorie protette;

   nel 2019, con sentenza di primo grado, confermata in appello, è stato disposto il reintegro della lavoratrice e il rapporto di lavoro è proseguito sino al settembre 2021, non essendo stata riassunta da Ita Airwais;

   precedentemente, il tribunale aveva condannato l'allora datore di lavoro al pagamento dell'indennità di 12 mensilità, oltre ai contributi previdenziali maturati dal giorno del licenziamento, avendo riscontrato l'insussistenza degli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, ai sensi dell'articolo 18, comma quarto, della legge n. 300 del 1970, così come modificato dalla legge n. 92 del 2012;

   come noto, sino alla novella del 2012, in caso di reintegra al lavoratore era dovuto il pagamento di tutti gli stipendi non corrisposti a decorrere dal licenziamento fino alla reintegrazione;

   a seguito del citato pronunciamento di indennizzo e di reintegra, l'Inps ha intimato la restituzione dell'intero importo delle indennità fruite dalla lavoratrice in questione, a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro;

   in costanza del regime integralmente risarcitorio ante 2012, era giustificato l'intervento restitutorio attivato dall'Inps delle somme, nel frattempo, percepite come indennità di disoccupazione;

   al contrario, è di tutta evidenza che il vigente sistema risarcitorio convenzionale, commisurato entro un limite massimo di 12 mensilità, non può comportare la restituzione di tutti gli importi corrisposti come indennità di disoccupazione, pena una doppia penalizzazione – in questo caso da parte di una pubblica amministrazione – nei confronti di un lavoratore illecitamente licenziamento;

   come segnalato dalle organizzazioni sindacali, la vicenda sommariamente illustrata potrebbe riguardare molti lavoratori –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di scongiurare che lavoratori che hanno già subìto il danno di un licenziamento illegittimo, anche dopo la sentenza di un tribunale, si vedano gravati dalla restituzione di tutte le indennità di disoccupazione percepite.
(5-08394)


   COSTANZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Gorillas, nota start up tedesca di consegna di generi alimentari fondata nel 2020, ha deciso di chiudere le proprie filiali italiane annunciando la messa in liquidazione della società e, a partire dal 4 luglio 2022, l'avvio delle procedure di licenziamento di 540 fra lavoratrici e lavoratori impiegati attualmente nelle città di Roma, Firenze, Milano, Bergamo e Torino;

   come riportato da Wired in data 5 luglio 2022, Gorillas era arrivata in Italia a giugno del 2021, annunciando qualche mese dopo numerosi investimenti che avrebbero dovuto portare a un ampliamento della attività. A maggio di quest'anno, poi, Gorillas aveva manifestato la necessità di ridurre il personale a causa di un calo degli ordini e della crisi economica;

   come riportato da Start Mag il 5 luglio 2022, di recente l'azienda ha previsto di concentrare maggiormente la propria attenzione su cinque mercati che rappresentano il 90 per cento dei suoi ricavi: Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Francia e Paesi Bassi;

   l'app tedesca per la consegna di generi alimentari aveva già annunciato la chiusura dei suoi magazzini in Belgio e la possibilità di tagliare i posti di lavoro in Spagna, mentre il mese scorso aveva licenziato metà dei suoi dipendenti nella sua sede di Berlino;

   Fit-Cisl aveva seguito l'assunzione dei rider che lo scorso aprile erano stati inquadrati con il contratto nazionale del lavoro del settore logistica, e sottolinea a Fanpage come questo episodio riproponga il dibattito su come le piattaforme di food delivery si insedino nel nostro Paese in assenza di chiare e definite regole che tutelino le lavoratrici e i lavoratori –:

   se non ritenga opportuno aprire con urgenza un tavolo di contrattazione con i sindacati e i rappresentanti dell'azienda Gorillas per esplorare tutte le possibilità alternative al licenziamento delle 540 persone destinatarie delle procedure e al fine di salvaguardare i livelli occupazionali.
(5-08395)


   MURELLI, GIACCONE, CAFFARATTO, CAPARVI, DURIGON, LEGNAIOLI, MINARDO, MOSCHIONI e PAROLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è stato indetto l'8 luglio 2022 uno sciopero al magazzino Adidas di via Strinati al polo logistico di Piacenza;

   i lavoratori chiedono certezze per il loro futuro dopo che la multinazionale «lo scorso ottobre aveva annunciato l'apertura di un nuovo magazzino automatizzato a Valdaro, in provincia di Mantova»;

   per i sindacati tale annuncio equivale ad «Il che un bollino di scadenza sulla schiena» dei 200 lavoratori piacentini, con scadenza il 30 giugno 2024, data in cui dovrebbe aprire il nuovo stabilimento nel Mantovano, con 700 addetti impiegati;

   le rappresentanze sindacali contestano ad Adidas di non avere la sensibilità di capire che si tratta di persone sulle cui famiglie peserà la scelta di trasferimento, e non di pacchi da spostare in un magazzino a 100 chilometri di distanza, difficilmente raggiungibile;

   finora il confronto non ha portato ad alcuna soluzione; l'ultimo tavolo in programma per il 7 luglio 2022 è saltato –:

   se e quali iniziative di competenza, anche in termini di moral suasion, intenda adottare per addivenire ad una soluzione della vicenda esposta in premessa.
(5-08396)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante sollecita iniziative a tutela dei giornalisti autonomi – collaboratori e freelance – poiché si tratta di una categoria senza adeguati diritti, sia in termini previdenziali che retributivi;

   agli stessi non si applica il contratto collettivo nazionale di categoria con le tutele che ne conseguono (stipendio adeguato, malattia, ferie, tredicesima, tfr, eccetera);

   nel 2021, risulta che oltre 20 mila giornalisti libero-professionisti hanno percepito in media un reddito di circa 15 mila euro lordi l'anno e 7 mila Co.co.co hanno guadagnato ancora meno, in media circa 9 mila euro lordi. Inoltre, la pensione media erogata a circa 1.400 pensionati autonomi è stata di 2.514 euro lordi l'anno (209,50 euro al mese);

   a ciò si aggiunge la forte preoccupazione per il destino della cassa previdenziale dei giornalisti autonomi, la cui gestione si teme metta a rischio le pensioni già esigue dei suoi iscritti;

   sul punto si precisa che dopo il passaggio in Inps della cassa dei giornalisti dipendenti (Inpgi/1), la legge di bilancio 2022 aveva previsto che l'Istituto, cui è rimasta in carico la Gestione Separata (Inpgi/2) degli autonomi, dovesse dotarsi di un nuovo statuto entro il 30 giugno 2022, per procedere poi al rinnovo degli organi sociali. Tuttavia, ad oggi, questo adempimento non è stato compiuto poiché la proposta di statuto redatta dagli amministratori uscenti è stata bocciata (prevedeva una struttura elefantiaca e dispendiosa), lasciando l'Inpgi/2 in una situazione di stallo;

   si teme che nei prossimi anni i costi che onerano l'ente, potrebbero determinare il suo default. Al riguardo, con l'aumento delle posizioni previdenziali (ad oggi sono 21.500 i contribuenti attivi) sarà ben difficile provvedere agli assegni pensionistici, poiché il versamento dei contributi è sempre minore a causa del crollo ormai strutturale dei compensi degli autonomi;

   tra l'altro, si evidenzia che, in una situazione del genere, appare assurdo che l'Istituto destini parte delle proprie risorse anche per finanziare il sindacato unico dei giornalisti italiani, FNSI e Associazioni regionali di stampa federate, oltre che a pagare lauti compensi ad amministratori e dirigenti di INPGI;

   si ritiene, dunque, necessario intervenire urgentemente allo scopo di salvaguardare le pensioni – già di importi insufficienti – di questi lavoratori, facendo confluire in Inps anche Inpgi/2 –:

   se intenda salvaguardare le pensioni dei giornalisti autonomi adottando urgentemente le iniziative di competenza, affinché anche la previdenza di Inpgi/2 venga trasferita all'Inps.
(5-08397)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MONTARULI, RIZZETTO e BUCALO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   è emersa, su molti quotidiani locali, la notizia relativa alle vicende che coinvolgono il tratto autostradale A32 Torino-Bardonecchia, in Piemonte, noto come l'autostrada delle Olimpiadi invernali 2006;

   in particolare, la Sitaf S.p.A., società detenuta per il 31,7 per cento del suo azionariato da Anas Spa e concessionario per l'autostrada A32 e quella del Traforo del Fréjus, sta procedendo con un piano di smantellamento della società Tecnositaf S.p.A.;

   la Tecnositaf S.p.A. è una società leader in Italia e all'estero che si occupa della progettazione, sviluppo, installazione e gestione di sistemi per il controllo della mobilità e la sicurezza in ambito stradale, con settanta dipendenti ed ulteriori novanta lavoratori precari, tra contratti in somministrazione e leasing, in Val Susa e nel resto d'Italia;

   l'autostrada è stata realizzata soprattutto con contributi dello Stato cadenzati nel tempo, ed è stata data in concessione a una società mista per una gestione più efficace ed efficiente;

   il 21 aprile 2022, l'assemblea degli azionisti ha deliberato la messa in liquidazione della Tecnositaf e ha previsto che, entro novanta giorni, il liquidatore avrà l'incarico di presentare un piano di efficientamento economico;

   tuttavia, la proprietà avrebbe pubblicamente dichiarato di non avere un piano da presentare alle rappresentanze sindacali e quindi ai lavoratori e, pertanto, allo stato, non è stata presentata alcuna garanzia né in termini occupazionali né in termini di continuità aziendale;

   ai dipendenti di Tecnositaf non è stata prospettata al momento alcuna ricollocazione –:

   se sia a conoscenza della vicenda relativa alla Tecnositaf, se vi siano state delle interlocuzioni con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il relativo esito, nonché quali iniziative si intendano adottare per garantire ai lavoratori una prospettiva occupazionale, ivi compresa l'eventuale ricollocazione in Sitaf.
(5-08384)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   LOSS, GOLINELLI, VIVIANI, MANZATO, BUBISUTTI, GASTALDI, LIUNI, LOLINI e TARANTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il 25 marzo 2022 è stato firmato il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che fornisce le direttive necessarie all'avvio della misura «Parco Agrisolare», a cui sono dedicate risorse pari a 1,5 miliardi di euro a valere sui fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che saranno assegnate ai progetti nel periodo 2022-2024, e che si concretizza quale contributo per il settore agricoltura per investimenti in impianti fotovoltaici da installare su edifici e fabbricati a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale;

   il bando con l'individuazione della data, a partire dalla quale sarà possibile presentare le domande fino a esaurimento delle risorse stanziate, sarà infatti emanato a seguito dell'approvazione da parte della Commissione europea del decreto ministeriale;

   per le imprese agricole di produzione primaria, gli impianti fotovoltaici sono ammissibili unicamente se l'obiettivo è quello di soddisfare il fabbisogno energetico dell'azienda e se la loro capacità produttiva non supera il consumo medio annuo di energia elettrica dell'azienda agricola, compreso quello familiare. Il limite è ristretto quindi ai soli consumi elettrici e non al fabbisogno complessivo dell'impresa. La vendita di energia elettrica è consentita nella rete, purché sia rispettato il limite di autoconsumo annuale, un limite che rischia di rivelarsi un boomerang anche per il raggiungimento degli obiettivi di spesa. Gli interventi devono prevedere l'installazione di impianti fotovoltaici, con potenza di picco non inferiore a 6 kWp e non superiore a 500 kWp;

   possono partecipare: gli imprenditori agricoli in forma individuale o societaria; le imprese agroindustriali, in possesso di codice Ateco (i codici Ateco ammissibili saranno precisati nel bando); indipendentemente dai propri associati, le cooperative agricole che svolgono attività di cui all'articolo 2135 del codice civile e le cooperative o loro consorzi di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228. Sono esclusi i soggetti esonerati dalla tenuta della contabilità Iva; aventi un volume di affari annuo inferiore a 7.000,00 euro;

   questa misura, che appartiene alle iniziative di rilancio del Paese inserite nelle 6 missioni Pnrr, riguarda l'obiettivo di contribuire a dare impulso a una compiuta transizione ecologica, in questo caso aumentando la produzione di energia da fonti rinnovabili. Tale soluzione ha assunto un ruolo strategico tanto più ora che il conflitto Russia-Ucraina ha evidenziato la necessità di procedere verso un'autonomia energetica e di materie prime per non essere soggetti a restrizioni e speculazioni sui prezzi e il limite dell'autoconsumo riduce le potenzialità della misura; per questo è importante utilizzare tutte le superfici che un'azienda ha a disposizione;

   ci sono una forte aspettativa e un grande interesse da parte delle imprese agricole su questa misura, perché i contributi potranno coprire anche i costi di riqualificazione e ammodernamento delle strutture, con la rimozione dell'eternit e amianto sui tetti (ove presente), migliorando la coibentazione e l'aerazione;

   il rischio è che a questa misura avranno convenienza ad accedervi solamente le aziende di medie e grandi dimensioni e, con queste limitazioni, non quelle di piccole dimensioni o ubicate in zone svantaggiate e di montagna, facendo «fallire» il processo di transizione ecologica che è necessario per lo sviluppo del Paese –:

   quali ulteriori iniziative il Governo intenda assumere per incentivare l'installazione di impianti fotovoltaici su edifici e fabbricati a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale al fine di favorire la conversione energetica, anche per agevolare la partecipazione delle imprese di piccole dimensioni o ubicate in zone svantaggiate e montane che rappresentano una parte importante del comparto produttivo nazionale.
(3-03073)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLIN, MANZATO, GASTALDI, VIVIANI, LOSS, ROMANÒ, GOLINELLI, BISA, COIN, COLMELLERE, FANTUZ e COVOLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   da notizie stampa (articolo del 7 luglio 2022 sulla rivista on-line «quoted business») si apprende con preoccupazione che l'azienda Remilk si appresti a produrre su larga scala latte sintetico ovvero senza latte; si tratta di latte – e yogurt, e formaggi, e gelati – al sapore di latte, indistinguibili dal latte vero;

   la produzione avrà luogo in uno stabilimento di 70 mila metri quadri, in via di costruzione, in Danimarca, a Kalundborg, nel neonato distretto del cibo hi-tech; Remilk è una start-up israeliana, nata nel 2019, e sarà la prima a produrre su larga scala il latte sintetico, che non deve essere confuso con le bevande sostitutive del latte, come quelle alla soia o alla mandorla; la Remilk ha già raccolto ben 120 milioni di dollari di capitale, e sembrerebbe che anche la società Wilk stia cercando di produrre latte sintetico per l'infanzia;

   l'amministratore delegato dell'azienda ha dichiarato «Stiamo producendo prodotti caseari identici ai prodotti a base di latte vaccino, con lo stesso gusto, consistenza, elasticità e scioglievolezza (...). Intendiamo aumentare enormemente le nostre capacità di produzione per produrre prodotti lattiero-caseari nutrienti, deliziosi e convenienti che manderanno le mucche in pensione anticipata»;

   il processo per produrre il latte senza latte utilizza il principio della fermentazione microbica, cioè si sfrutta il processo usato per produrre alimenti alcolici come la birra o lievitati come il pane;

   dopo l'hamburger di carne senza carne, si apre dunque l'era del latte sintetico. I produttori latte lanciano l'allarme che mette a rischio un comparto che ha un fatturato che supera i 16,2 miliardi di euro e un indotto che dà lavoro a oltre 100 mila lavoratori e rappresenta più del 12 per cento del fatturato complessivo del food nazionale; il settore della trasformazione del latte è il primo per dimensioni di tutto l'agroalimentare italiano. Le sue esportazioni rappresentano quasi il 40 per cento della produzione casearia e hanno quasi raggiunto 3 miliardi di euro di valore. Nelle stalle italiane la produzione di latte supera i 12 milioni di tonnellate, di cui oltre il 40 per cento destinato ai grandi formaggi Dop come il Grana Padano o il Parmigiano Reggiano;

   il latte vaccino, è uno degli alimenti più completi e nutrienti ed è un elemento cardine della dieta mediterranea, per la quale il nostro Paese è conosciuto in tutto il mondo come simbolo di eccellenza agroalimentare;

   è indispensabile affermare in tutte le sedi opportune il valore delle eccellenze agroalimentari del made in Italy, che sono l'espressione di un sistema alimentare basato sulla storia, sul rispetto della terra, sulla tutela del territorio, sul lavoro e sulle tradizioni dei nostri luoghi, che rendono unici i prodotti alimentari italiani per la loro qualità e genuinità –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda avviare iniziative, per quanto di competenza e a livello europeo, per ostacolare l'importazione e la commercializzazione nel nostro Paese e a livello internazionale del latte sintetico e dei prodotti lattiero-caseari derivati, che con nomi o marchi potrebbero trarre in inganno il consumatore al momento dell'acquisto rispetto a quelli derivanti dal latte vaccino, pecora o capra;

   quali iniziative intenda adottare a sostegno dei produttori e dei trasformatori del latte italiano e dei prodotti lattiero-caseari derivati, anche in relazione all'aumento esponenziale dei costi relativi alla gestione e all'alimentazione nelle stalle dei bovini da latte italiani;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza e a livello europeo, per chiarire quali siano i criteri per la produzione e commercializzazione di prodotti agroalimentari sintetici che non devono essere assimilati o confusi con quelli di agricoltura tradizionale.
(4-12545)


   MORRONE, VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e ROMANÒ. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   dopo l'emergenza da COVID-19, il rincaro dei prezzi delle materie prime e dei costi dei carburanti e dell'energia, gli agricoltori e gli allevatori dell'Emilia-Romagna, in particolare quelli delle province della Romagna, Ravenna e Forlì-Cesena, si trovano costretti a fare i conti con un'altra emergenza di enorme portata, l'invasione di locuste;

   le cavallette, che svolgono il ciclo larvale nel terreno durante il periodo primaverile ed estivo, diventate adulte, sono in fase riproduttiva – una cavalletta può deporre un numero che varia tra le 25 e le 55 uova – e sono molto mobili;

   le cavallette, essendo polifaghe, colpiscono non solo le coltivazioni in campo, ma anche orti e giardini, provocando gravissimi danni alle campagne con i raccolti a rischio e, quindi, con un danno anche per gli allevamenti e le aziende zootecniche di collina e montagna che rischiano di rimanere senza foraggio per alimentare gli animali o a comunque dover acquistare altrove la materia prima necessaria al sostentamento dei capi allevati, con un danno economico rilevante;

   le cause dell'«invasione» di locuste in Romagna si possono riscontrare nelle condizioni climatiche di quest'ultimo periodo caratterizzato da una forte siccità; le locuste sono animali infestanti e pertanto prediligono i climi secchi e i terreni aridi; anche l'abbandono delle terre ne favorisce l'incremento, dal momento che proprio la lavorazione del terreno rappresenta uno dei fattori agronomici di contenimento delle popolazioni, che diversamente non avrebbero avuto spazio per deporre le uova e riprodursi;

   la problematica deve essere affrontata, oltre che da un punto di vista ambientale, relativamente alle aree non coltivate, anche intervenendo sulle dinamiche delle popolazioni di cavallette e agendo, quindi, sui potenziali predatori naturali, come gli uccelli, e parassitoidi per contenere le infestazioni a livello endemico, limitando al massimo i danni;

   purtroppo, l'infestazione di cavallette non rientra negli ambiti per i quali è possibile attivare gli interventi compensativi del Fondo di solidarietà nazionale, autorizzati in esenzione di notifica, ai sensi della normativa europea sugli aiuti di Stato del settore agricolo –:

   quali iniziative intenda adottare, per quando di competenza, per il contenimento delle popolazioni di cavallette in Emilia-Romagna e per debellarne il fenomeno, e quali iniziative di prevenzione intenda promuovere per scongiurare la loro ricomparsa nei prossimi anni;

   quali iniziative di sostegno intenda adottare al fine di sostenere e tutelare gli agricoltori e gli allevatori della Romagna coinvolti per favorire la ripresa economica e produttiva delle imprese agricole danneggiate, tenendo presente che questi hanno un'enorme importanza per il presidio del territorio.
(4-12547)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   SAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   un articolo de «La Verità» dell'8 luglio 2022 riporta la vicenda di Gianni Tollardo, paziente affetto da fibrosi interstiziale bronchiolocentrica, a cui l'unità operativa di pneumologia dell'università di Padova avrebbe negato un trapianto di organo in quanto non vaccinato contro il COVID;

   egli, per come riportato in articolo, «era un operatore macchine movimento terra, nel 2015 scopre di avere una grave malattia polmonare, la fibrosi interstiziale bronchiolocentrica non certo provocata dal fumo perché non si è mai acceso una sigaretta in vita sua. La causa accertata a Torino, dice, è l'inalazione di polveri cui è stato esposto nei cantieri da quando ha iniziato, giovanissimo, a lavorare. La malattia professionale ancora non gli è stata riconosciuta, ma intanto gli viene consigliato di rivolgersi all'unità operativa di pneumologia dell'Università di Padova»;

   Tollardo segue tutte le terapie che gli vengono suggerite e «prende – ivi ancora si legge – anche un farmaco che gli viene prescritto a base di nintedanib, autorizzato nel 2020 e con notevoli effetti collaterali, per cercare di ridurre la progressione della malattia. Non era contrario a sperimentare, però a tutto c'è un limite. Senza miglioramenti risolutivi, il trapianto diventa l'unica soluzione»;

   dopo lo scoppio della pandemia l'uomo non si vaccina «malgrado – ancora in articolo – abbia sempre fatto anche l'antinfluenzale. È già preoccupato per le sue condizioni fisiche, teme reazioni immunitarie spropositate, attende che negli ospedali torni la normalità assistenziale. In ogni caso, per entrare in lista d'attesa di un trapianto la vaccinazione non è obbligatoria. A febbraio di quest'anno gli dicono che non può essere ricoverato, perché non è vaccinato»;

   successivamente viene ricontattato e gli viene spiegato che può ricevere il trapianto, in quanto, ivi si riporta, «le regole sono cambiate».

   Tollardo accede quindi al Centro di eccellenza Patavino «dove – ivi ancora viene riportato –, nel reparto di pneumologia clinica che segue anche la preparazione e il follow up dei pazienti da sottoporre a trapianto di polmone, gli fanno ogni tipo di indagine»;

   alcune settimane dopo arriva il responso per cui non può ottenere il trapianto in quanto non vaccinato. Si tratterebbe di «una spiegazione – per come ancora riportato nel citato articolo – priva di ogni fondamento scientifico, perché prima del trapianto un paziente viene sottoposto a terapia immunosoppressiva, e come potrebbe far fare anticorpi il vaccino anti COVID senza che il sistema immunitario funzioni?»;

   infine, ivi si legge che «il 26 maggio scorso, l'équipe del trapianto polmonare di Padova invia una lettera al medico curante del signor Gianni in cui si dichiara che dagli accertamenti fatti “non si sono evidenziati danni d'organo extrapolmonare”, tuttavia, durante la degenza del paziente “sono emersi dei tratti paranoici legati all'argomentazione della vaccinazione anti COVID-19”. Il paziente non voleva vaccinarsi ed era contrario alle misure anti COVID e solo per questo motivo l'équipe ha ritenuto Tollardo “un soggetto non idoneo al programma trapianto di polmone nel centro di Padova”»;

   intanto, sempre nel citato articolo, il signor Tollardo è «costretto a dipendere dai bomboloni che, tramite cannula nasale, gli somministrano in continuazione dosi supplementari di 02»-;

   di quali informazioni disponga in merito ai fatti di cui in premessa;

   se non intenda assumere iniziative di competenza, posto che il diritto alla salute è costituzionalmente riconosciuto ad ogni cittadino italiano.
(4-12552)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   il Tecnopolo di Taranto finanziato per una spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 con la legge di bilancio del 30 dicembre 2018, n. 145, come previsto ai commi 732 e seguenti dell'articolo 1, non è ancora stato realizzato;

   con decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2020, n. 195, entrato in vigore in data 17 aprile 2021, è stato approvato lo Statuto della fondazione «Istituto di Ricerche Tecnopolo Mediterraneo per lo Sviluppo Sostenibile»;

   tale fondazione, di seguito denominata «Tecnopolo», viene disciplinata per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti conoscitivi, di ricerca, tecnico-scientifici, di trasferimento tecnologico di valorizzazione delle innovazioni e della proprietà intellettuale generata, nel campo dello studio e dell'utilizzo delle tecnologie pulite, delle fonti energetiche rinnovabili, dei nuovi materiali, dell'economia circolare, strumentali alla promozione della crescita sostenibile del Paese e al miglioramento della competitività del sistema produttivo nazionale;

   il Tecnopolo, inoltre, ambisce ad essere un hub della green economy, che consenta alle imprese operanti nel settore energetico, alle università e agli enti pubblici di ricerca, nonché ad attori privati, di lavorare insieme presso una struttura dedicata completamente allo sviluppo sostenibile, per perseguire «lo svolgimento delle funzioni e dei compiti conoscitivi, di ricerca, tecnico-scientifici, di trasferimento tecnologico e di valorizzazione delle innovazioni e della proprietà intellettuale generata, nel campo dello studio e dell'utilizzo delle tecnologie pulite, delle fonti energetiche rinnovabili, dei nuovi materiali, dell'economia circolare, strumentali alla promozione della crescita sostenibile del Paese e al miglioramento della competitività del sistema produttivo nazionale», in linea dunque con l'impostazione europea e con quella dei più recenti Governi nazionali, nonché estremamente rilevante anche in termini di prestigio sia in ambito nazionale che internazionale;

   il Tecnopolo ha sede a Taranto, territorio particolarmente fragile perché ferito da un assetto industriale che per decenni ha avuto un fortissimo impatto negativo sull'ambiente e sulla salute dei cittadini e, pertanto, la sua concreta realizzazione può rappresentare una possibilità di riscatto e un'alternativa occupazionale ai lavoratori delle acciaierie, sia in maniera diretta, sia per l'indotto che sarebbe in grado di generare;

   il Governo allora in carica quando venne istituito, così come i Governi che si sono succeduti, hanno manifestato un grandissimo interesse per questo progetto, riconoscendone la centralità e l'urgenza, soprattutto nell'epoca della transizione ecologica ed energetica, tassello fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici. Ciononostante, a quasi tre anni dalla approvazione delle norme di legge, dalla disposizione dei fondi necessari alla sua realizzazione, e anche a seguito della pubblicazione del decreto del Presidente della Repubblica che ne regola lo statuto, il Tecnopolo rimane inattuato perché ancora non si è proceduto alla composizione del consiglio di amministrazione i cui membri, come disposto dall'articolo 8 del sopracitato decreto del Presidente della Repubblica, devono essere prima designati dal Ministro dello sviluppo economico, dal Ministro dell'università e della ricerca e dal Ministro dell'economia e delle finanze, e poi nominati con decreto dal Ministro dello sviluppo economico. Conseguentemente, risulta ancora assente sia la nomina del Presidente del Tecnopolo da parte del Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca e dei consiglieri che compongono il consiglio di amministrazione, che l'individuazione di una sede idonea di cui l'amministrazione regionale della Puglia, e della provincia e del comune di Taranto hanno già più volte indicato –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali rapide iniziative di competenza intenda assumere al fine di accelerare la realizzazione del Tecnopolo così da poter svolgere e supportare la ricerca e il trasferimento tecnologico nell'area delle tecnologie pulite, delle fonti energetiche rinnovabili, dell'economia circolare, a riprova di un significativo cambiamento verso una più attenta transizione ecologica ed economica per un territorio che, da molto tempo, attende un cambiamento significativo, dopo decenni di abusi di carattere industriale con gravissimi e devastanti impatti sociali, sanitari ed ambientali, ma anche per la rilevanza e il prestigio che il Tecnopolo rivestirebbe in ambito nazionale ed internazionale.
(2-01559) «Fioramonti, Schullian».

Interrogazione a risposta orale:


   D'ORSO, MARTINCIGLIO, DAVIDE AIELLO, SAITTA, PENNA, LICATINI, CANCELLERI, PAPIRO e ALAIMO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a quanto si apprende da fonti di stampa, sarà la società Covisian a curare il call center di Ita, la nuova compagnia che prenderà il posto di Alitalia. Fino ad oggi il servizio era svolto per Alitalia da 621 lavoratori dipendenti di AlmavivA, da 20 anni impegnati nel servizio assistenza clienti di Alitalia tra Palermo e Rende;

   nonostante Ita abbia dichiarato pubblicamente che un eventuale fornitore entrante avrebbe dovuto garantire l'applicazione della clausola sociale, sembrerebbe che Ita abbia assegnato al nuovo fornitore la gara per la gestione dei servizi di contact center, senza pretendere l'inserimento nel bando della clausola sociale prevista per il settore dei call center in outsourcing che, in base al Ccnl di settore e alla legge vigente, riconosce il diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro con l'eventuale nuovo fornitore delle stesse attività;

   tutto ciò nonostante, nei giorni scorsi, AlmavivA abbia presentato una richiesta urgente ai Ministri interrogati per una convocazione di garanzia in sede istituzionale delle parti interessate, al fine di scongiurare le conseguenze del mancato rispetto della clausola sociale che di fatto pone a rischio immediato la continuità occupazionale dei lavoratori di Palermo e di Rende;

   a seguito di ciò, le segreterie nazionali dei sindacati del settore della categoria interessata (Sic Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil) hanno indetto una giornata di sciopero per il 9 settembre 2021 per tutti i lavoratori della commessa Alitalia gestita dalla società AlmavivA, chiedendo (ancora una volta) una convocazione di garanzia in sede istituzionale delle parti interessate. A rischio c'è il futuro di 621 lavoratrici e lavoratori, tutti con una esperienza pluriennale inestimabile che devono poter avere la certezza di veder applicato il loro diritto alla continuità occupazionale;

   a tutela della stabilità occupazionale dei lavoratori coinvolti, nel caso di cambi di appalto nel settore dei call center, vige la cosiddetta clausola sociale di cui all'articolo 1, comma 10, della legge n. 11 del 2016;

   la gara è stata aggiudicata alla società Covisian che aveva già applicato, lo scorso anno, la clausola sociale per i 253 lavoratori di via Cordova che si occupavano di Sky;

   il servizio che verrà reso dalla nuova società Covisian sarà caratterizzato dalle stesse attività che AlmavivA ha finora erogato per l'analogo servizio di customer care Alitalia, attraverso le 621 persone specificamente formate. A ciò vi è da aggiungere la previsione di volumi di lavoro per la nuova Ita persino crescenti rispetto a quelli attuali;

   la scelta di Ita pare essere stata effettuata in spregio a quanto stabilito dalla normativa vigente, oltre che dal Contratto collettivo nazionale di settore, che impone l'applicazione della clausola sociale per cui debba essere riconosciuto ai 621 lavoratori e lavoratrici il diritto alla prosecuzione del rapporto, di lavoro con l'eventuale nuovo fornitore delle stesse attività;

   Ita spa è una azienda pubblica con capitale sociale integralmente detenuto dallo Stato, attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze, e come tale non può sfuggire all'applicazione delle clausole sociali previste per legge e dal contratto nazionale di settore ed in generale non può attuare una politica aziendale che danneggi centinaia di lavoratori, peraltro ormai altamente qualificati, dimostrando di non attribuire alcun valore all'esperienza e al merito;

   a ciò si aggiunge che le scelte di Ita mettono a rischio la continuità occupazionale di centinaia di persone proprio in quei territori del Paese già fortemente provati dalla crisi occupazionale, da ultimo aggravata dall'emergenza sanitaria;

   urge intervenire, quanto prima, per assicurare l'indispensabile tutela del diritto di ogni singolo lavoratore del settore al mantenimento del proprio impiego, riconosciuto dalla legge e dal contratto nazionale collettivo di riferimento –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare, con sollecitudine, per addivenire alla risoluzione delle problematiche sopra esposte, per garantire il rispetto della normativa di settore e dei contratti collettivi e tutelare il diritto alla continuità occupazionale dei 621 lavoratori e lavoratrici di Palermo e di Rende che non possono perdere il posto di lavoro, soprattutto in un momento di grave crisi come quello che sta vivendo il nostro Paese a causa della pandemia.
(3-03076)

Interrogazione a risposta scritta:


   GASTALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dal 29 giugno 2022 i ripetitori del gruppo Mediaset in Valle Grana ed in altre zone del Piemonte, sono stati spenti per destinare le loro frequenze ad altri usi;

   l'articolo 1, comma 1032, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha demandato al Ministero dello sviluppo economico l'adozione di una road map per il rilascio delle frequenze degli operatori nazionali in banda 700 MHz;

   un primo switch-off, previsto per il 1° settembre 2021, riguardava l'obbligo di passaggio alle trasmissioni in MPEG-4 per tutto il territorio nazionale e per tutte le emittenti nazionali;

   un secondo switch-off, nel periodo compreso tra il 21 e il 30 giugno 2022, riguardava l'obbligo di passaggio allo standard di trasmissione DVB-T2 con codifica HEVC;

   sono almeno due mesi che le Unioni montane chiedono alle autorità di attivarsi per trovare e attivare impianti alternativi;

   potrà continuare a vedere l'emittente solo chi possiede una parabola satellitare: gli altri dovranno a questo punto acquistarla con un'ulteriore spesa in un momento economico già difficile per le famiglie;

   a parere dell'interrogante a chi vive in montagna devono essere garantiti gli stessi diritti dei residenti dei grandi centri urbani;

   la Regione si è spesa attivamente per scongiurare la desertificazione dei piccoli borghi, incentivando la residenzialità e l'offerta dei servizi. Si tratta di un programma certamente meritorio che però deve armonizzarsi anche con l'azione del privato, specialmente quando questo svolge funzioni di servizio pubblico, categoria nella quale rientrano appunto le trasmissioni televisive, con il loro ruolo di intrattenimento ma soprattutto di informazione per il cittadino –:

   quali siano le iniziative di competenza che il Ministro interrogato intende intraprendere affinché gli utenti dei comuni di cui in premessa possano usufruire, senza ulteriori disagi, dei segnali televisivi.
(4-12546)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta orale:


   DORI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da organi di stampa, negli ultimi giorni di maggio 2022, alcuni residenti del quartiere Chiesanuova a Brescia segnalavano che il telone che da tempo ricopriva la terra accumulata in via Parenzo, proveniente da alcuni lavori di bonifica, era stato sollevato per effetto del vento, spargendo attorno del terriccio;

   l'amministrazione comunale di Brescia si affrettava a precisare che «il terreno in questione non è più interessato dalla presenza di amianto, precedentemente rimosso» e che i materiali in questione sarebbero stati «conferiti in discarica»;

   il 1° giugno 2022, l'associazione Europa Verde Brescia depositava un esposto presso la procura della Repubblica;

   l'8 giugno 2022, lo scrivente depositava l'interrogazione n. 4-12299 al fine di sollecitare interventi «a tutela dell'ambiente e a garanzia della salute dei cittadini, anche promuovendo una verifica da parte del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di accertare quali sostanze sono contenute nel cumulo di terra presente in via Parenzo e per quale motivo tale cumulo è restato in quel luogo in giacenza per lungo tempo prima del suo corretto smaltimento»;

   il 15 giugno 2022 il Ministero della transizione ecologica comunicava di aver delegato gli accertamenti tecnici all'Ispra in modo da valutare la sussistenza di un danno ambientale e/o minaccia imminente, notizia riportata anche dal Giornale di Brescia;

   il 27 giugno 2022 l'amministrazione comunale annunciava che «la terra accumulata nel parco Parenzo Nord e Palermo, attualmente in corso di bonifica, sarà rimossa e smaltita nelle prossime ore. Le analisi commissionate dal Comune hanno infatti dato esito positivo (non sono state riscontrate diossine oltre i limiti previsti) e il materiale sarà conferito in discarica»;

   lo stesso giorno l'associazione Europa Verde Brescia inviava alla procura della Repubblica un'integrazione all'esposto del 1° giugno per valutare possibili profili di natura penale legati alla rimozione del materiale nonostante le annunciate verifiche di Ispra e il possibile coinvolgimento del Noe dei carabinieri;

   le operazioni di rimozione sarebbero iniziate il 28 giugno 2022 col conferimento del materiale in una discarica della Provincia di Bergamo;

   a oggi non è stato possibile visionare gli esiti delle analisi che il comune asserisce di aver effettuato e nemmeno quali tipologie di analisi siano state commissionate;

   il comune si è limitato a negare la presenza di diossine «oltre i limiti previsti», ma non ha escluso la loro presenza;

   ciò è rilevante perché se si accertasse nel materiale smaltito la presenza di sostanze come policlorodifenili, il conferimento in discarica sarebbe illecito, essendo in violazione del decreto legislativo del 22 maggio 1999 n. 209;

   il comune di Brescia non ha spiegato i motivi per i quali quel materiale sia stato rimosso solo a seguito di un esposto e di un'interrogazione parlamentare. Non si può nemmeno escludere che nel corso del tempo il materiale depositato abbia contaminato il terreno ben oltre i 50 centimetri di terreno asportato in occasione del conferimento in discarica;

   il 29 giugno 2022, l'assessore all'Ambiente, Miriam Cominelli, avrebbe affermato: «i cumuli di terra dovevano essere analizzati per poter essere conferiti in discarica» confermando di fatto che il Comune ha lasciato in deposito quel materiale per lungo tempo nel Parco senza sapere quali sostanze potenzialmente pericolose per l'ambiente e per la salute fossero presenti –:

   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti esposti in premessa;

   quale sia l'esito degli accertamenti tecnici dell'Ispra effettuati su richiesta del Ministero della transizione ecologica;

   se il Ministero della transizione ecologica abbia attivato l'intervento del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri a seguito dell'esposto del 1° giugno 2022 e dell'interrogazione parlamentare dell'8 giugno 2022 e se intenda promuovere, per quanto di competenza, una verifica da parte del Noe a seguito della rimozione del materiale e conferimento dello stesso in discarica.
(3-03078)

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Lollobrigida n. 1-00671, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 709 del 17 giugno 2022.

   La Camera,

   premesso che:

    turismo e agricoltura costituiscono settori strategici e imprescindibili per l'economia della nostra Nazione, rappresentando complessivamente circa un terzo del prodotto interno lordo;

    nello specifico, il valore aggiunto generato dalle attività turistiche nel nostro Paese costituisce il 13 per cento del prodotto interno lordo e, come recentemente dichiarato anche dal Ministro del turismo, avrebbe le potenzialità di arrivare al 20 per cento, mentre quello del settore agricolo rappresenta circa il 15 per cento;

    a oltre due anni dallo scoppio della pandemia molti fattori ancora ostacolano la reale ripresa di questi comparti e, con essi, di una parte importante dell'economia nazionale;

    tra questi, il problema più urgente, e comune ai due settori, è sicuramente quello della difficoltà nel reperimento della manodopera, soprattutto con riferimento ai profili operativi;

    con particolare riferimento alle imprese del comparto turistico, secondo i dati diffusi da Unioncamere, Federturismo e Anpal, la mancanza di personale per i servizi di alloggio, ristorazione e accoglienza è stimata in circa duecentomila unità, a fronte di un fabbisogno di lavoratori tra maggio e luglio pari a 387.720 persone, che significa che le aziende del comparto riescono ad assumere poco più della metà del personale del quale avrebbero, invece, necessità;

    in particolare, come reso noto da Federturismo, le filiere del turismo più colpite sono l'ospitalità, la ristorazione, i parchi permanenti di divertimento, i bus turistici e linee di granturismo, gli impianti a fune, gli stabilimenti balneari, il settore termale, in ciascuna delle quali si registra una carenza di personale di migliaia di unità in una forbice percentuale generalmente compresa tra il 10 e il 20 per cento;

    nel settore termale la carenza di personale sta, peraltro, ostacolando la fruizione del cosiddetto bonus terme, introdotto dopo la grave crisi patita dal settore nel corso della pandemia dal cosiddetto «decreto agosto» e attualmente prorogato fino al 30 giugno 2022;

    altrettanto allarmanti sono i dati relativi alla carenza di lavoratori stagionali nel comparto agricolo pari, secondo quanto dichiarato da Coldiretti, a circa centomila unità che sarebbero necessarie per garantire le campagne di raccolta estive; nella sola regione Emilia-Romagna, secondo le stime della locale Confagricoltura, servirebbero cinque milioni di giornate lavorative per soddisfare il fabbisogno di manodopera nei frutteti;

    incide negativamente sui redditi percepiti dai lavoratori stagionali l'elevato costo del lavoro che in generale affligge l'intero mondo del lavoro italiano e che si risolve in un abbassamento dei redditi percepiti dai lavoratori;

    pur prescindendo dalle tradizionali criticità del lavoro stagionale legate all'eccessiva tassazione sugli stipendi, le carenze di personale rendicontate negli ultimi anni sono fortemente agevolate anche dall'istituzione del reddito di cittadinanza, che, nato «quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro» per conseguire il dichiarato obiettivo di «incentivare l'assunzione di lavoratori giovani», si è rivelato disfunzionale rispetto all'obiettivo;

    con un'incontrastata eterogenesi dei fini, la sua introduzione ha, infatti, determinato una malsana concorrenza tra reddito da lavoro, soprattutto a carattere temporaneo o interinale, e fruizione del sussidio, che dai dati Inps aggiornati al 2022 risulta che sia stato percepito, solo dall'inizio dell'anno, nella misura di almeno una mensilità pari a 585,99 euro in media, da oltre 3,2 milioni di persone, la cui età media si attesta a 36 anni;

    secondo un'analisi longitudinale dei beneficiari del reddito di cittadinanza condotta dall'Inps nel trimestre aprile-giugno 2019, su cento soggetti beneficiari, esclusi minorenni, disabili e altri, quelli teoricamente occupabili erano 60: di questi, 15 non sono mai stati occupati, 25 hanno una posizione contributiva ma non recente e 20 sono ready to work, vale a dire che hanno una posizione contributiva recente, in molti casi Naspi e part-time;

    è di tutta evidenza che il reddito di cittadinanza non ha agevolato l'inserimento professionale dei disoccupati, ma piuttosto ha costituito un disincentivo all'assunzione, quantomeno quella regolare, come ad esempio è emerso anche dal servizio di Non è l'arena, andato in onda il 29 maggio 2022 su La7, nel quale due percettori del reddito hanno rifiutato un contratto di lavoro per conservare il sussidio promosso dal Movimento 5 Stelle, dichiarandosi favorevoli a lavorare in nero;

    come segnalato a più riprese anche dalle competenti associazioni di categoria, infatti, sono centinaia le testimonianze di imprenditori che si sono visti rifiutare delle proposte di assunzione proprio per non decadere dalla fruizione del reddito di cittadinanza;

    la decadenza dalla percezione del sussidio prevista in caso di mancata accettazione di un'offerta di lavoro congrua non costituisce, allo stato, un deterrente efficace, anche perché l'incontro tra domanda e offerta di lavoro avviene, in larga parte, nel mercato privato e al di fuori dell'intermediazione pubblica, e in questa chiave occorre che sia reso possibile per le aziende segnalare i percettori del beneficio che rifiutano un'offerta di lavoro congrua;

    oltre ad aver fallito come politica attiva del lavoro, l'erogazione del sussidio non ha rappresentato neanche la via per risolvere il problema dell'adeguatezza del reddito minimo, come pure si afferma nella «Relazione per Paese 2022-Italia» della Commissione europea, nella quale si legge che: «L'impatto in termini di riduzione della povertà delle prestazioni sociali (escluse le pensioni) registra uno dei valori più bassi dell'Unione europea (21 per cento rispetto alla media dell'Unione europea pari al 33,2 per cento)»; di fatto, per attribuire il beneficio anche a chi sarebbe perfettamente in grado di lavorare non sono stati, invece, aiutati davvero coloro che sono impossibilitati a farlo e che si ritrovano, di conseguenza, in uno stato di povertà;

    a questo si aggiungono le gravi irregolarità nella fruizione del beneficio accertate dalle forze dell'ordine: dal report dell'Arma dei carabinieri risulta che nel solo anno 2021, a seguito di verifiche e controlli effettuati su 156.822 persone, pari a circa il 5 per cento dei percettori del reddito di cittadinanza, è emerso che oltre 40 milioni di euro sono stati indebitamente percepiti da parte di soggetti che non ne avevano titolo;

    i controlli hanno rivelato anche che, nella maggior parte dei casi, le irregolarità riguardano la mancanza dei necessari requisiti di cittadinanza, anagrafici e di residenza, il possesso di beni immobili e auto o la commissione di reati, tutte circostanze che avrebbero dovuto e potuto essere verificate preventivamente se fossero stati effettuati debitamente i necessari controlli prima dell'erogazione del sussidio;

    dai dati citati emerge con chiarezza che il reddito di cittadinanza non solo non agevola l'inserimento professionale dei disoccupati e non aiuta chi si trova effettivamente in stato di povertà, ma è troppo spesso attribuito a chi non ne ha diritto, con un danno rilevantissimo per lo Stato;

    le difficoltà nel reperimento della manodopera rischiano di costituire un problema gravissimo per l'organizzazione della riapertura e potrebbero minare le aspettative di recupero delle aziende di questi due importanti settori, che, in assenza di misure adeguate e tempestive, rischiano di subire, dopo il danno della pandemia, anche quello di non poter agganciare al meglio il treno della ripresa a causa dell'indisponibilità di sufficienti maestranze;

    nella seduta del 15 giugno 2022 il Consiglio dei ministri ha adottato un pacchetto di misure «per la semplificazione delle procedure di ingresso dei lavoratori stranieri allo scopo di favorire, anche in relazione agli investimenti e agli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, l'immissione di manodopera nei settori produttivi che hanno espresso il maggiore fabbisogno»;

    appare difficile comprendere le ragioni di tali misure laddove le stesse non siano subordinate alla previa verifica dell'impiego, nei citati settori produttivi, dei percettori del reddito di cittadinanza;

    alla questione della carenza di personale, che rende materialmente difficile la ripartenza di questi settori, si somma poi il problema dei rincari dell'energia, delle materie prime e di altri materiali assolutamente indispensabili per l'esercizio dell'attività d'impresa, come, ad esempio, i fertilizzanti in agricoltura, e, dall'altro lato, le difficoltà di approvvigionamento degli stessi beni;

    ##in particolare, il settore agro-alimentare è in sofferenza per il caro dei fertilizzanti, dei mangimi, dell'energia, delle terre rare e delle produzioni tecnologiche, nonché per l'aumento dei costi di trasporto e imballaggio e, in radice, per la scarsità di materie prime, resi più gravi dal crollo dei raccolti in Canada, primo Paese al mondo per produzione di grano tenero, e dall'invasione russa in Ucraina, che ha portato all'interruzione di tutti i canali di fornitura relativi all'area strategica del Mar Nero e al blocco temporaneo delle esportazioni di materie prime agricole dai due Paesi verso i mercati occidentali;

    in questo contesto di grave dipendenza alimentare ed energetica, variamente segnalato nel corso del 2021, era inevitabile che le variazioni di mercato avrebbero comportato rincari nella nostra Nazione, quantificabili, nel comparto mangimistico, nel 90 per cento; per l'orzo e la soia nel 40 e nel 12 per cento; nel settore lattiera-caseario, nel 20 per cento; nel settore degli imballaggi e, più in generale, logistico, nel 30 per cento per il vetro, 15 per cento per il tetrapak, 35 per cento per le etichette, 45 per cento per il cartone, 60 per cento per i barattoli di banda stagnata, nel 70 per cento per la plastica. A questi aumenti devono aggiungersi quelli derivanti dal trasporto su gomma, superiori del 25 per cento, e dal trasporto marittimo, incrementati dal 400 al 1.000 per cento;

    ##secondo il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'economia agraria l'attuale livello dei rincari e della conseguente speculazione va stimato in oltre 15.700 euro e sfiora i 47.000 euro per stalle da latte e i 99.000 euro per gli allevamenti di granivori, con un impatto che supera i 9 miliardi di euro; il danno economico che queste aziende nazionali stanno patendo, quindi, è serissimo: almeno una su dieci si dirige verso la cessazione dell'attività, considerato che solo il 10 per cento del prezzo del prodotto finale viene riconosciuto al produttore e che, in molti casi, sono addirittura costrette a lavorare in condizione di reddito negativo;

    oltre ad affossare le nostre imprese, questo aumento dei costi si converte in inflazione dei prodotti alimentari e grava, quindi, inesorabilmente sui consumatori finali, già vessati dalla dinamica di mancata crescita dei salari italiani a parità dei principali competitor europei;

    il rincaro di energia e materie prime pesa anche sul settore turistico-alberghiero, le cui potenzialità rischiano di uscire annichilite da costi sempre crescenti, sia fissi sia eventuali ma essenziali nell'attuale contesto di incontro della domanda e dell'offerta, nonché dalla decisione di mettere all'asta le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative;

    quanto ai costi fissi, solo parzialmente attenuati nel corso della pandemia da misure di sostegno, occorre tenere conto che per le imprese turistiche-alberghiere la questione dei rincari, specie energetici, ha un peso specifico maggiore, dal momento che di regola l'attività lavorativa a pieno regime non copre l'intero anno, ma solo alcuni periodi di esso;

    ai costi fissi si aggiungono quelli applicati dalle grandi online travel agencies (cosiddette «Ota») straniere, che oscillano tra il 12 e il 20 per cento della somma incassata come corrispettivo della fornitura del singolo servizio, che sono solo apparentemente costi facoltativi; infatti, in un sistema di offerta profondamente mutato, nel quale gli operatori tradizionali devono convivere con le piattaforme collaborative e i grandi player dell'intermediazione, è evidente che l'ospitalità sulle piattaforme del web è indispensabile e che, di conseguenza, l'eccessiva onerosità della commissione pagata, quando non osta all'accesso del piccolo imprenditore, sicuramente penalizza le strutture;

    drammatico per le imprese che gravitano nel settore e gestiscono in particolare stabilimenti balneari, porti turistici, alberghi e altri pubblici esercizi è stato anche l'impatto della decisione di arrestare al 31 dicembre 2023 l'efficacia delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative attualmente in essere, in esito alla sentenza n. 18 del 2021 del Consiglio di Stato, che ha ritenuto gli atti di proroga rilasciati dall'amministrazione, finanche in seguito ad un giudicato favorevole, tamquam non essent, per asserito contrasto con norme europee direttamente applicabili della legge di bilancio per il 2019, che ne aveva disposto la prosecuzione fino al 2033;

    sull'errato presupposto interpretativo, in primo luogo, che questa concessione sia di servizi, anziché di beni e, in secondo luogo, che nel settore il numero delle autorizzazioni sia limitato dalla scarsità delle risorse, presupposto per l'applicazione della cosiddetta «direttiva Bolkestein», è stato operato un intervento di taglio lineare, assolutamente inadeguato e che sta comportando non solo il fallimento di migliaia di imprenditori, il cui affidamento sulla validità della norma statale doveva essere tutelato, ma anche l'abbandono e il degrado delle nostre coste;

    simili errori interpretativi sull'applicabilità dei princìpi espressi dalla «direttiva Bolkestein» coinvolgono anche altre due categorie fondamentali nel settore turistico, vale dire gli esercenti la professione di guida e gli esercenti dei servizi di trasporto pubblico locale non di linea, testualmente esclusi, invece, dal campo di applicazione della direttiva dai considerando 17 e 21, nonché dall'articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della medesima;

    ai problemi esposti e, in particolare, all'emergenza scaturita dalla carenza di personale deve essere data una soluzione in via immediata; infatti, come dichiarato proprio dal Ministro del turismo in occasione della presentazione della seconda edizione della ricerca «Comunicazione, media e turismo», appena un mese fa, la domanda di servizi turistici è in crescita: «Per la prima volta dopo anni abbiamo un dato di riempimento delle strutture ricettive superiore di dieci punti percentuali rispetto alla Spagna che è il nostro concorrente più forte»; in particolare, «a maggio 2022 il Belpaese è al primo posto con il 32,5 per cento contro il 21,9 per cento della Spagna, mentre a giugno 2022 l'Italia è leader nell'andamento delle prenotazioni, facendo meglio di Spagna, Francia e Grecia. Ottime premesse, ma l'industria turistica si scontra con il problema della carenza di personale, degli stagionali, perché in vista dell'estate 2022 mancano 300-350 mila addetti»;

    le medesime considerazioni valgono per il comparto agricolo, che si trova in prossimità delle grandi campagne di raccolta e le cui inefficienze producono effetti preoccupanti proprio nel medio e nel lungo periodo, neutralizzando le prospettive di crescita del comparto e che rischiano di determinare la mancata commercializzazione dei nostri prodotti agricoli,

impegna il Governo:

1) al fine di garantire le condizioni per la ripresa e la crescita di questi fondamentali comparti dell'economia nazionale, ad assumere urgenti iniziative, anche di carattere normativo, volte a colmare le carenze di personale nel settore agro-alimentare e turistico-alberghiero, e, in tale ambito:

   a) a prevedere che l'impiego dei percettori del reddito di cittadinanza secondo il meccanismo dei progetti utili alla collettività a titolarità dei comuni (cosiddetti Puc) sia esteso anche alle attività svolte per garantire esigenze dirette e indirette dell'economia dei comuni e in favore delle imprese dei comparti di cui in premessa, ovvero che l'erogazione del reddito di cittadinanza sia sospesa fino alla totale copertura dei posti di lavoro vacanti nei comparti agricolo e turistico, destinando le risorse rivenienti da tale sospensione all'aumento delle pensioni sociali, degli assegni di invalidità e delle somme riconosciute a titolo di reddito di cittadinanza in favore dei soggetti che non possono lavorare;

   b) conseguentemente, in relazione a quanto previsto dalla lettera a), a sancire la decadenza dalla fruizione del reddito di cittadinanza per i soggetti che rifiutano di svolgere i progetti utili alla collettività a titolarità dei comuni ovvero non adempiano ad altre attività che devono svolgere a beneficio della collettività;

   c) sempre in funzione di quanto previsto dalla lettera a), a stabilire la sospensione dal beneficio del reddito di cittadinanza nel caso in cui il percettore si renda irreperibile di fronte alla richiesta della competente amministrazione comunale della sua disponibilità a svolgere i progetti utili alla collettività a titolarità dei comuni;

   d) ad adottare le opportune modifiche normative volte a prevedere che, ai fini dell'erogazione del reddito di cittadinanza, rientrino nella nozione di offerta congrua le offerte di lavoro proposte ai beneficiari direttamente dai datori di lavoro privati, con particolare riferimento a quelli operanti nei settori di cui in premessa, e che la mancata accettazione dell'offerta debba essere comunicata dal datore di lavoro privato al centro per l'impiego competente per territorio ai fini della decadenza dal beneficio;

   e) a verificare quali misure siano state adottate dagli uffici di collocamento e dall'Inps in relazione alle politiche attive del lavoro, che dovrebbero rappresentare uno dei pilastri del reddito di cittadinanza, per colmare le carenze di personale nei settori economici di cui in premessa;

   f) a subordinare la determinazione del numero di lavoratori stranieri da includere nel prossimo «decreto flussi» per colmare le carenze di lavoratori nei già citati settori produttivi alla preventiva rigorosa verifica della possibilità di destinare alla medesima finalità i percettori del reddito di cittadinanza;

   g) a disporre la reintroduzione dei voucher per i lavoratori impiegati nel settore agricolo e nel settore turistico-alberghiero;

   h) ad adottare le iniziative necessarie per ridurre del 50 per cento l'addizionale Irpef sui contratti di lavoro stagionali nei comparti di cui in premessa, finanziando la misura attraverso i risparmi conseguenti alla minore spesa sostenuta per l'erogazione dei reddito di cittadinanza;

2) ad assumere iniziative per garantire alle filiere nazionali agro-alimentari un adeguato sostegno, in primo luogo attraverso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento di materie prime agricole e dei prodotti indispensabili allo svolgimento dell'attività di impresa, adottando, al contempo, tutte le misure necessarie per garantire la redditività dei produttori a fronte dei continui rincari di mercato;

3) ad assumere le necessarie iniziative presso i competenti tavoli europei, volte al contenimento dei costi dell'energia, delle materie prime e degli altri beni e prodotti indispensabili allo svolgimento dell'attività di impresa, e al contrasto delle attività di speculazione in corso sui mercati delle materie prime agricole;

4) ad adottare iniziative per prevedere come parametri di accesso per le misure di sostegno a favore dei settori economici di cui in premessa colpiti dalle ripercussioni della guerra tra Russia e Ucraina la variazione dei costi fissi in relazione all'energy crunch e la corrispondente variazione di fatturato rispetto alla fase antecedente al conflitto o, se più favorevole al beneficiario, antecedente alla pandemia da COVID-19;

5) a elaborare e proporre nelle competenti sedi europee le modifiche al Piano nazionale di ripresa e resilienza, ai sensi dell'articolo 21 del regolamento (UE) n. 2021/241, volte a permettere una più efficiente allocazione delle risorse nei comparti del turismo e dell'agroalimentare a fronte della crisi economica in atto;

6) a promuovere l'apertura dei necessari tavoli europei per rimodulare in modo organico le iniziative quali Next Generation EU, Green New Deal, REPowerEU e la politica agricola comune e, ove applicabile e necessario, la politica comune della pesca, nell'ottica dell'incentivo alla produzione nazionale di prodotti alimentari e dell'abbandono di strategie energetiche eccessivamente dannose per i comparti industriali europei del settore agroalimentare, fronteggiando le gravi ripercussioni sulle fasce di popolazione meno abbienti conseguenti alla crisi internazionale di energia e materie prime;

7) ad adoperarsi in sede europea al fine di sostenere l'inapplicabilità della direttiva 2006/123/CE al settore delle concessioni demaniali marittime, fluviali e lacuali per finalità turistico-ricreative, rilevando altresì che, ex articolo 195 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in materia di turismo l'Unione europea può limitarsi soltanto ad una politica di accompagnamento e richiedendo un trattamento equo e non discriminatorio rispetto ad altri Stati europei, come Spagna e Portogallo, che hanno prorogato le concessioni senza alcuna contestazione da parte dell'Unione europea;

8) ad assumere ogni iniziativa di competenza per escludere le guide turistiche dall'ambito di applicazione della «direttiva Bolkestein», a salvaguardia dell'interesse prevalente alla tutela del patrimonio artistico-culturale della Nazione e delle competenze professionali che vi operano, e per escludere gli operatori di trasporto pubblico locale non di linea, in considerazione dell'importante ruolo che essi svolgono nel comparto turistico, da forme di liberalizzazione già escluse dalla stessa normativa europea;

9) ad adottare le opportune iniziative, anche normative, per ridurre i costi fissi delle imprese che gravitano nel settore turistico-alberghiero nonché per promuovere la digitalizzazione dell'offerta turistica per chi ancora non riesce a essere visibile e accessibile in rete o trova eccessivamente onerose le commissioni pagate alle on-line travel agency (Ota) e per ridurle.
(1-00671) (Ulteriore nuova formulazione) «Lollobrigida, Meloni, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Colletti n. 5-08187 del 30 maggio 2022.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta D'Orso e altri n. 4-10167 dell'8 settembre 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-03076;

   interrogazione a risposta scritta Palazzotto n. 4-10184 del 9 settembre 2021 in interrogazione a risposta orale n. 3-03077;

   interpellanza Varrica n. 2-01495 del 19 aprile 2022 in interrogazione a risposta scritta n. 4-12543;

   interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto e Rampelli n. 5-07930 del 21 aprile 2022 in interrogazione a risposta orale n. 3-03074;

   interrogazione a risposta scritta Loss e altri n. 4-11940 del 29 aprile 2022 in interrogazione a risposta orale n. 3-03073.

   interrogazione a risposta scritta Suriano n. 4-12337 del 14 giugno 2022 in interrogazione a risposta orale n. 3-03075.