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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 28 giugno 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    dall'inizio del 2022 e già dal luglio dello scorso anno il fenomeno della siccità sta investendo tutto il nostro Paese, in particolare (studi e dati dell'Osservatorio siccità dell'Istituto di bioeconomia del Cnr) questa si manifesta come estrema nelle regioni del Nordovest, Piemonte e Lombardia, ma anche su parte della costa tirrenica: Lazio e una parte della Campania. Nell'arco di dodici mesi sono la Pianura Padana e il Delta del Po a soffrirne di più insieme a Veneto e Friuli. Il dato sulle precipitazioni di giugno conferma la gravità della situazione. La primavera, che si sperava potesse ridurre il deficit accumulato, ha invece confermato la previsione negativa risultando anch'essa povera di piogge, con valori che la pongono al terzo posto dietro solo al 2003 e al 2017;

    tutti gli indici presi in considerazione dall'Osservatorio siccità dell'Istituto di bioeconomia del Cnr, sono univoci nell'indicare una situazione critica. L'indice Spi – Standard precipitation index (indicatore di surplus o deficit pluviometrico estesamente utilizzato a livello internazionale) nel breve periodo, ovvero nei tre mesi primaverili marzo-maggio 2022, mostra un deficit abbastanza diffuso nelle regioni settentrionali, su Lazio, Abruzzo, Puglia e Calabria. La situazione peggiore risulta essere quella sul medio e lungo periodo, con buona parte del Nord e diverse aree del centro-sud che risultano essere in siccità da moderata a estrema;

    l'indice Esi (Evaporative stress index) che quantifica anomalie temporali standardizzate del rapporto fra evapotraspirazione reale e potenziale indica nel mese di maggio 2022 forti condizioni di stress nella zona occidentale della Val Padana e dal grossetano all'Umbria meridionale all'alto Lazio. Zone con anomalie negative di evapotraspirazione sono poi estese al resto della Pianura Padana, del centro Italia, Sardegna centro-occidentale e regioni meridionali Puglia, Basilicata e Calabria. Tali condizioni si estendono ulteriormente in quasi tutto il Centro-nord se si considerano gli ultimi 3 mesi (dal 6 marzo al 28 maggio). Tali anomalie negative stanno ad indicare un forte disseccamento del suolo dovuto sia a temperature e vento elevati che ad assenza di piogge che non hanno compensato il tasso evapotraspirativo;

    anche l'indice Tci (Temperature condition index) relativo alla parte finale di aprile e prima settimana di maggio 2022 evidenzia valori superiori rispetto alla serie storica di riferimento ancora concentrate fra Piemonte e Lombardia occidentale, Lazio e regioni meridionali eccetto Molise, e buona parte della Campania. Nella seconda parte del mese, invece, è evidente l'ondata di caldo che ha investito praticamente l'intera penisola ed in particolare il Centro-nord e la Puglia meridionale;

    la siccità di questi mesi si conferma quindi essere una siccità di tipo idrologico, dove la scarsità di innevamento invernale e di precipitazioni degli ultimi sei mesi sta intaccando le riserve idriche superficiali principalmente nel nord Italia. Dai dati Arpa relativi al bacino padano emerge che, fra manto nevoso, invasi e laghi, nel febbraio 2015, si stimavano 4 miliardi di m3 di acqua, 2,6 miliardi nel 2018, 1,5 miliardi nel febbraio 2022;

    nel bacino padano è in atto una progressiva desertificazione. Dalle foto satellitari messe a confronto, nell'arco dei decenni emerge con evidenza l'aumento della superficie non coperta da vegetazione nelle aree della pianura del Po;

    dalla fine del 2021 al marzo 2022 sono stati 110 i giorni consecutivi senza pioggia. Le precipitazioni a Torino da dicembre 2021 ad aprile 2022 sono state di 37 mm, pari al 15 per cento della media degli ultimi anni;

    le portate del grande fiume, nel marzo 2022, hanno raggiunto i valori minimi dal 1972: a Pontelagoscuro il dato è di 603 m3/s, con un deficit complessivo di marzo pari a -55 per cento. In Lombardia al 15 aprile 2022 risultava una carenza del 50 per cento del volume idrico (451 milioni di m3) rispetto ai 5 anni precedenti;

    la tendenza è che da qui alla fine dell'estate le temperature saranno abbastanza superiori alla media, tutti i modelli concordano che potrebbe essere una estate più secca del normale con le temperature che andranno ad incidere su territori in cui le piogge sono state molto scarse negli ultimi sei-dodici mesi;

    da quanto riportato emerge che la popolazione esposta al rischio siccità severa/estrema risulta oscillare fra il 2,3 per cento sul breve periodo fino ad arrivare al 30,6 per cento sul medio periodo (dati dell'Osservatorio siccità dell'Istituto di bioeconomia del Cnr);

    oltre all'aspetto quantitativo va considerato, sotto il profilo qualitativo, che le infrazioni per i nitrati permangono in molte zone d'Italia e gli indici di eutrofizzazione sono peggiorativi in molti corpi idrici, con un raddoppio delle falde eutrofiche nel periodo 2015-2019 rispetto al 2012-2015, come da rapporto Arpa Lombardia;

    in Emilia-Romagna si osserva un progressivo peggioramento del livello dei nitrati nelle falde, con 20 stazioni su 37 superiori a 50 mg/litro nel 2015, in particolare nelle zone subappenniniche. Lo stesso fenomeno è riscontrato dal 2014 nella bassa bresciana;

    fonti di Greenpeace e Wwf mostrano che la zootecnia assorbe circa il 50 per cento delle risorse idriche nazionali e in pianura Padana si trovano circa il 60 per cento dei capi di allevamento nazionali. L'impronta idrica della produzione in Italia ammonta a circa 70 miliardi di m3;

    secondo la normativa vigente (decreto legislativo n. 152 del 2006) tutte le derivazioni superficiali di acqua pubblica nei corsi d'acqua naturali sono soggette all'obbligo del mantenimento in alveo di una portata minima d'acqua, definita «deflusso minimo vitale» (Dmv) che è stato introdotto per garantire una portata istantanea minima, a valle delle opere di derivazione (e/o captazione), in modo da salvaguardare le caratteristiche dei corpi idrici. Il concetto di deflusso minimo vitale (Dmv) è stato poi integrato da quello di deflusso ecologico (De) che ne rappresenta un'evoluzione: con esso si passa dal garantire una portata istantanea minima al garantire un regime idrologico per il raggiungimento degli obiettivi ambientali indicati dalla direttiva comunitaria quadro in materia di acque n. 2000/60/CE. L'attuazione del deflusso ecologico avviene principalmente attraverso l'applicazione di «fattori correttivi» al Dmv, che costituiscono la «componente ambientale» del De;

    la direttiva 2000/60/CE (direttiva quadro sulle acque – Dqa), recepita a livello nazionale dal decreto legislativo n. 152 del 2006, istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque perseguendo gli obiettivi di prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo della risorsa, di migliorare lo stato delle acque e assicurarne un utilizzo sostenibile, basato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili nonché di contribuire a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità;

    il piano di gestione del distretto idrografico è lo strumento operativo previsto dalla citata direttiva, per attuare una politica coerente e sostenibile della tutela delle acque attraverso un approccio integrato dei diversi aspetti gestionali ed ecologici alla scala di distretto idrografico. Nell'ambito degli strumenti del piano di gestione sopracitato è stata introdotta l'istituzione degli osservatori per la gestione delle risorse idriche. Gli osservatori, rappresentano uno strumento permanente di condivisione delle conoscenze e di dialogo tra enti istituzionali e portatori di interesse ed hanno tra le loro finalità principali quelle di: favorire la raccolta sistematica ed unitaria delle informazioni relative agli scenari climatici ed idrologici e al monitoraggio in tempo reale delle disponibilità e dei consumi idrici, proporre linee strategiche di impiego stagionale delle risorse idriche del distretto, definire gli strumenti tecnici di supporto alla pianificazione del bilancio idrico a scala di bacino e di modalità di reporting idrologico, ambientale ed economico da effettuarsi al termine di ogni anno idrologico,

impegna il Governo:

1) a valutare l'adozione di iniziative per disciplinare con apposite disposizioni normative gli «Osservatori permanenti sugli utilizzi idrici» nei distretti idrografici presso le Autorità di bacino distrettuali ad oggi affidati a protocolli d'intesa e pertanto costituiti solo come strutture operative volontarie e di tipo sussidiario, a supporto della gestione delle risorse idriche nel distretto idrografico;

2) ad adottare iniziative per prevedere la creazione di un catasto a scala distrettuale, interoperabile con i catasti regionali, delle concessioni delle utilizzazioni delle acque pubbliche, comprensivo dell'indicazione dei punti di prelievo dell'acqua dai corpi idrici, dei punti di restituzione dell'acqua a valle dell'utilizzo, dei valori di portata concessi, del periodo di prelievo, delle tipologia di uso, della scadenza dei titoli, oltre a provvedere all'acquisizione, anche in tempo reale, e all'archiviazione delle misurazioni dei prelievi e delle restituzioni, affinché sia consentito di conoscere la ripartizione idrica tra i diversi usi e di assumere le decisioni per la gestione dell'eventuale emergenza da parte degli organi della Protezione civile e delle altre autorità competenti coinvolte;

3) ad adottare iniziative volte a prevedere una ricognizione puntuale degli scopi delle principali captazioni idriche, anche in vista di piani di riduzione differenziata delle captazioni in caso di emergenza idrica quantitativa e qualitativa in funzione dell'utilizzo primario;

4) a monitorare il completamento delle sperimentazioni sul deflusso ecologico, consentendo l'aggiornamento dei deflussi ecologici a valle delle derivazioni nel rispetto degli obiettivi ambientali fissati dal piano di gestione e di quanto disposto dagli strumenti normativi e attuativi vigenti a livello europeo, nazionale e regionale;

5) ad adottare iniziative volte a rendere pubblici i dati relativi alla concentrazione dei nitrati nelle acque potabili erogate, al fine di consentire un costante monitoraggio della qualità delle acque.
(1-00679) «Federico, Di Lauro, Gallo, Micillo, Ricciardi, Salafia, Scerra, Sportiello, Traversi, Tuzi, Varrica, Zolezzi».


   La Camera,

   premesso che:

    l'acqua è una risorsa fondamentale per la vita umana, animale e vegetale. La reperibilità e l'uso sono tra i principali problemi da affrontare e risolvere, perché i cambiamenti climatici in atto sono causa diretta dell'aumento dei periodi siccitosi, mentre crescono le esigenze idriche sia dei singoli individui che delle attività produttive, siano esse agricole o industriali;

    naturalmente, il settore agricolo è quello con la maggior necessità d'uso d'acqua, pari al 60 per cento degli impieghi, poiché l'85 per cento della produzione agroalimentare deriva da colture irrigue. Segue il settore energetico e industriale con il 25 per cento, mentre per gli usi civili la richiesta e pari al 15 per cento. Il dato più preoccupante riguarda le eccessive perdite di acqua a causa della fatiscenza delle reti di distribuzione. Gli ultimi dati Istat disponibili, pubblicati nel 2019 e relativi al 2015, evidenziano una perdita pari a circa il 42 per cento della risorsa a livello nazionale, corrispondente e 3,5 miliardi di metri cubi di acqua sprecata e dispersa a causa delle cattive condizioni dell'infrastruttura idrica, ovvero tubi vecchi e rotti. Il fenomeno comporta il conseguente sfruttamento, ulteriore ed eccessivo, delle falde acquifere e dei corsi d'acqua, necessario per compensare le risorse perdute nel trasporto. Così facendo si modifica negativamente, ed in alcuni casi permanentemente, il contesto naturale. A ciò si deve aggiungere il costo delle attività ulteriori di raccolta in invasi, captazione di acque sorgive o fluviali ed estrazione di acque sotterranee necessarie per soddisfare le richieste e compensare le perdite durante la distribuzione. A causa della fatiscenza delle reti, la sottrazione di acque all'utilizzazione finale rappresenta un danno non solo ambientale, ma anche una perdita economica rilevante per il sistema Paese;

    il volume di acqua complessivamente prelevato per uso potabile sul territorio italiano da oltre 1.800 enti gestori di fonti di approvvigionamento è pari a 9,49 miliardi di metri cubi. Il confronto internazionale del volume pro capite di acqua annualmente prelevata per uso potabile (Freshwater abstraction for public water supply 2018) da corpi idrici superficiali o sotterranei nei Paesi dell'Unione europea mostra che l'Italia, con 155 metri cubi per abitante, è seconda solo alla Grecia che ha un consumo pressoché analogo, pari a 157 metri cubi, collocandosi tra i Paesi col prelievo maggiore. Si consideri che l'acqua si preleva soprattutto dal sottosuolo. L'84,8 per cento del totale arriva da sorgenti e pozzi. In Spagna e in Grecia, due Paesi mediterranei con condizioni climatiche simili a quelle presenti in Italia, l'incidenza dei prelievi da acque sotterranee è più contenuta, rispettivamente pari al 33,5 e al 44,5 per cento. Appare evidente che l'adozione di politiche in grado di evitare un futuro connotato da drammatiche scarsità di acqua, salvaguardando al tempo stesso le falde acquifere, rappresenta un obiettivo strategico da perseguire al più presto;

    per l'uso industriale non esistono censimenti diretti dei volumi idrici utilizzati, dunque i dati forniti da Istat si basano sulla consistenza della produzione manifatturiera stimando l'impiego totale di acqua nel settore industriale in circa 3,8 miliardi di metri cubi;

    se l'acqua è vitale in ogni settore delle attività umane, lo è per antonomasia in quello agricolo. Gli usi rilevanti sono destinati all'irrigazione e alla zootecnia. Naturalmente, l'irrigazione è particolarmente necessaria nei territori in cui precipitazioni e umidità del suolo non sono sufficienti a garantire il fabbisogno idrico delle colture. Una narrazione imprecisa e partigiana imputa al settore agricolo un eccesso di consumo di acqua che non ha riscontri nei dati oggettivi. In realtà, negli ultimi anni il settore agricolo ha ridotto il consumo idrico di quasi il 40 per cento, grazie a modelli sostenibili di gestione come l'irrigazione di precisione. Come detto, il problema maggiore è rappresentato dalle perdite della rete idrica nazionale la quale, a causa di mancati lavori di manutenzione, è in pessime condizioni. Inoltre, per carenze infrastrutturali, ogni anno viene trattenuto soltanto l'11 per cento circa dell'acqua piovana. Circostanza che rende urgente la realizzazione di nuovi invasi per la raccolta dell'acqua piovana particolarmente necessaria nei momenti di carenza idrica come quello attuale. C'è poi la ulteriore necessità di fare un migliore utilizzo delle acque reflue, anche per realizzare forme effettive di economia circolare. Si precisa che l'acqua impiegata per uso irriguo non fuoriesce dal ciclo idrologico naturale, ma viene restituita al sistema ambientale, a valle dei processi produttivi;

    l'Italia, sino a qualche anno fa, ha goduto di un clima di tipo mediterraneo, caratterizzato da estati calde e secche e da inverni miti e piovosi, con precipitazioni ben distribuite tra novembre e marzo. Attualmente non è più così. Nei tre mesi invernali del biennio 2021 e 2022 c'è stata una diminuzione del 47 per cento delle precipitazioni rispetto alla media. Inoltre, negli ultimi anni, a causa dei cambiamenti climatici, l'Italia è stata frequentemente colpita da eventi estremi. Nel 2021 ci sono stati 187 eventi calamitosi, dei quali oltre il 70 per cento legati all'eccesso di precipitazioni o alla loro assenza, causando anche perdite di vite umane oltre a ingenti danni materiali. Sono stati ben 9 gli eventi siccitosi di intensità e durata tale da richiedere lo stato di emergenza a cui si sono aggiunti i danni provocati da precipitazioni brevi ma molto intense, le «bombe d'acqua», che causano straripamenti, alluvioni e dissesti idrogeologici. I dati elaborati dall'Ispra confermano che il decennio 2011-2020 è stato il più caldo dal 1961 mentre l'indice di siccità SPI (Standardized Precipitation Index) a 6 mesi calcolato a gennaio 2022 mette in evidenza estese condizioni di aridità sul nord Italia, dovute ad un livello di precipitazioni decisamente inferiori alle medie sulle regioni alpine. La stessa Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue) conferma la situazione di criticità riguardo la disponibilità della risorsa idrica nel Paese;

    la maggior frequenza di questi periodi sta mettendo a repentaglio più di un quarto del territorio italiano, poiché ben il 28 per cento è a rischio desertificazione. Il fenomeno riguarda tutte le regioni, non limitandosi a quelle meridionali. Nei primi mesi dell'anno le regioni del nord hanno sofferto di una gravissima siccità. In Piemonte il Po ha raggiunto una portata d'acqua inferiore del 72 per cento rispetto alla norma, e il livello idrometrico al Ponte della Becca, in provincia di Pavia, è sceso di 3,7 metri raggiungendo i livelli più bassi degli ultimi 70 anni. È molto preoccupante anche l'avanzare del cuneo salino, ossia il movimento di acqua dal mare verso l'entroterra attraverso il sottosuolo che desertifica le zone interessate. Sempre nel nord del Paese è in sofferenza il lago Maggiore con un grado di riempimento del 22,7 per cento, mentre quello di Como ha un grado pari al 30,6 per cento. Il bacino padano, per la mancanza di acqua, subirà una drastica riduzione della produzione agricola. Una riduzione superiore al 30 per cento rispetto a quella media nazionale, con un impatto a cascata anche sull'allevamento;

    la situazione è grave considerando che il Nord dell'Italia è il motore dell'economia italiana, poiché garantisce un prodotto interno lordo pari a 738 miliardi di euro, maggiore di interi Stati come i Paesi Bassi, Svezia o Polonia. La fertilità del suolo, l'abbondanza di acqua, la facilità delle vie di comunicazione hanno, storicamente, favorito lo sviluppo dell'attività economica. Il lavoro quotidiano dell'uomo, nel corso dei secoli, ha accresciuto la ricchezza di questa zona attraverso la bonifica delle aree paludose della bassa pianura e l'irrigazione della parte alta. La rilevanza agricola e industriale del maggior fiume italiano ha svolto un ruolo primario nella storia economica, sociale e politica d'Italia. Le attività economiche che orbitano attorno al bacino del Po rappresentano oltre il 40 per cento del prodotto interno lordo italiano e il 45 per cento della produzione agricola nazionale. Si tratta della «culla» del settore agroalimentare italiano e dell'indotto industriale che esiste grazie alle attività primarie svolte nella zona. Si consideri poi che più dell'85 per cento del made in Italy, pari a un valore di oltre 450 miliardi di euro, dipende dalla disponibilità della risorsa irrigua. Le esportazioni agroalimentari non solo ne costituiscono l'asse portante, ma sono cresciute nell'ultimo decennio con una media pari all'8,1 per cento ogni anno. Il settore agricolo irriguo quindi garantisce anche un notevole numero di posti di lavoro ad alta specializzazione. Se un ettaro di cereali estensivi mediamente necessita di 48 ore annue di lavoro, il corrispondente impegno per una produzione orticola od un frutteto irriguo è pari ad oltre 600 ore annue, un dato di ben 13 volte superiore; negli ultimi giorni la situazione è addirittura peggiorata. In Piemonte l'acqua è stata razionata in più di 200 comuni con una riduzione dell'erogazione pari al 50 per cento circa, raggiungendo il livello più basso di sempre. A Cuneo, per precauzione, sono state chiuse le fontane pubbliche. In Lombardia a causa della «grave situazione di deficit idrico», e «a sostegno della popolazione, dell'ambiente e delle attività produttive», la Regione con un decreto presidenziale ha dichiarato lo stato di emergenza regionale valido fino al 30 settembre, attivando il sistema regionale di protezione civile e raccomandando a tutti i cittadini «di utilizzare la risorsa acqua in modo estremamente parsimonioso, sostenibile ed efficace, limitandone il consumo al minimo indispensabile». Il Friuli-Venezia Giulia, con decreto presidenziale, ha dichiarato lo stato di sofferenza idrica. Il testo impone alcune misure per mitigare l'impatto sulle scorte d'acqua come taglio dei rilasci obbligatori verso valle per venire incontro alle esigenze irrigue dell'agricoltura e una limitazione della risorsa idrica per uso domestico. Il flusso proveniente dai pozzi artesiani dovrà essere gestito secondo regole più stringenti del solito, consentendo un prelievo d'acqua ai soli fini civili e limitato a 200 litri al giorno per abitante. Tra le zone che soffrono di più c'è quella del fiume Meduna. In Valle D'Aosta il problema coinvolge anche nevi e ghiacciai. L'acqua conservata nel manto nevoso valdostano è diminuita del 50 per cento circa rispetto alla media storica, tanto che la portata della Dora Baltea, comparata con il 2021, si è dimezzata passando dai 135 i metri cubi al secondo attuali rispetto ai 243 dell'anno scorso. Nel Veneto, in provincia di Verona, il razionamento interessa 40 comuni. In Emilia-Romagna si sono fermati alcuni impianti per la produzione di energia idroelettrica e le precipitazioni sono inferiori del 62 per cento rispetto alla media, quindi sono stati invitati tutti i comuni a emanare ordinanze per garantire il risparmio idrico e vietare gli usi d'acqua non indispensabili. Come già detto, desta particolare preoccupazione la risalita del cuneo salino, giunto a 21 chilometri dalla foce del Po. Nelle Marche, i fiumi hanno portate al minimo storico, registrando una diminuzione del 53 per cento rispetto alla media decennale. Preoccupanti le diminuzioni di portata del Chienti, Metauro, Misa ed Esino. In Umbria il lago Trasimeno ha perso 3 centimetri in poco meno di una settimana e il Tevere, nel tratto in cui scorre nella regione verde per antonomasia, ne ha persi sei. In Puglia è scattata la fase di preallarme. Per l'ISPRA la regione ha il triste primato di essere quella con le minori precipitazioni. Negli invasi artificiali, secondo i dati dell'Osservatorio Anbi nazionale, a causa dell'assenza di piogge «mancano 71 milioni di metri cubi d'acqua rispetto alla capacità». Infine, il Lazio, anch'esso in gravi difficoltà, motivo per cui è stato dichiarato lo stato di calamità naturale. La provincia di Viterbo è quella con le maggiori sofferenze, la portata del Lago di Bracciano è diminuita 107 centimetri e continua a calare anche quella del Tevere;

    nella giornata di venerdì 24 giugno, come spesso accade dopo periodi siccitosi, nel nord Italia sono giunte improvvise e violentissime precipitazioni di pioggia e grandine che hanno ulteriormente aggravato la situazione causando ulteriori danni alle imprese agricole. Le forti raffiche di vento hanno spazzato via le serre e rovinato il lavoro nei campi. Dopo tanti giorni di siccità, alle piante già in sofferenza, è stato inferto un colpo fatale dalla grandine. È ben noto alla comunità scientifica il fatto che, sempre più spesso, i lunghi periodi di siccità estrema sono interrotti da scarsissimi eventi piovosi, oltretutto di quasi alcuna rilevanza se non addirittura nocivi a causa del carattere temporalesco. Infatti, il terreno arso e compattato, non è in grado di assorbire le grandi quantità d'acqua che precipitano in brevi periodi. In questi casi si genera un veloce scorrimento delle acque piovane sulla superficie perché non possono penetrare in profondità. Ciò provoca un ulteriore danno all'agricoltura dovuto dell'erosione idrica che fa perdere molte sostanze nutrienti presenti nei primi strati di terreno. Ulteriori effetti si verificano a distanza di tempo, per esempio quando il materiale eroso finisce nei corpi idrici riducendone la capacità di portata, aumentando quindi anche il rischio alluvionale;

    data la situazione, i| 23 giugno si è svolto un incontro tra i membri del Governo competenti e il capo della Protezione civile per fare il punto sull'emergenza siccità, in collegamento i presidenti delle regioni, al fine di individuare i criteri per poter dichiarare lo «stato d'emergenza». Per lo specifico il settore agricolo è allo studio la proclamazione dello «stato di eccezionale avversità atmosferica» ma solo nel caso in cui il danno provocato dalla siccità superi il 30 per cento della produzione lorda vendibile. Misure opportune, che pur affrontando meritoriamente l'emergenza, non rappresentano la soluzione strutturale al problema, come ben dimostrano le affermazioni fatte sul punto da un membro del Governo commentando l'incontro: «Nel corso delle prossime settimane ci aspettiamo che quasi tutto il Paese entri in zona rossa perché le aree cosiddette rosse, quelle in cui c'è una diminuzione dei livelli dei fiumi e dei laghi e dove la risorsa idrica sta mancando, si stanno allargando sempre di più»;

    si ricorda che negli ultimi 20 anni la siccità ha provocato danni all'agricoltura italiana per più di 15 miliardi di euro;

    in questo contesto, gli invasi e le dighe italiane rappresentano una risorsa strategica fondamentale per le attività e l'economia del Paese. Lo sono nei settori energetico, agricolo, industriale e dell'uso potabile. Per questo motivo si ritiene siano necessari e urgenti dei piani di adattamento al clima che prevedano maggiori risorse destinate alla realizzazione di queste preziose infrastrutture. Opportuno appare anche il miglior utilizzo di quelle previste nel Piano nazionale di ripresa e resilienza al fine di realizzare opere che risolvano, o almeno riducano, il problema delle perdite di rete. Si consideri poi che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza le risorse destinate all'efficientamento degli invasi esistenti sono scarse, solo 400 milioni di euro. Purtroppo il piano non prevede la misura più utile, ovvero la realizzazione di nuovi invasi, bacini o sbarramenti necessari per dare continuità all'erogazione di acqua, soprattutto nei periodi siccitosi;

    anche dall'innovazione e dalla ricerca possono venire soluzioni per lenire lo stress idrico, come un più accurato monitoraggio della terra, del clima, degli utilizzi dell'acqua (tecnologia satellitare, telerilevamento, droni), digitalizzazione del settore idrico con la migliore gestione e analisi dei dati (big data science, machine learning), sistemi informativi geografici, visualizzazione integrata dei dati e piattaforme di supporto alle decisioni, uso delle migliori tecnologie disponibili per consentire e promuovere l'approvvigionamento idrico da fonti alternative come la desalinizzazione e un riutilizzo dell'acqua, nei processi produttivi, attraverso la riqualificazione idrica degli edifici e degli spazi urbani con monitoraggio in tempo reale dei parametri di qualità dell'acqua per un riutilizzo sicuro e conveniente, compreso il recupero in sicurezza dagli effluenti delle industrie di trasformazione, infine ricorrendo anche all'adozione delle migliori tecnologie disponibili per la ricarica gestita delle falde acquifere;

    oltre alle soluzioni sopra enunciate per razionalizzare usi e consumi dell'acqua disponibile, di particolare interesse appaiono le ultime tecniche scientifiche utilizzate per favorire le precipitazioni nelle zone aride. Escludendo i sistemi che ricorrono all'uso di prodotti chimici come lo ioduro d'argento, particolarmente costosi e non ancora scientificamente sicuri dal punto di vista ambientale, appare di particolare interesse un nuovo sistema studiato dall'Università di Reading, in Inghilterra. A differenza delle tecniche tradizionali per la pioggia artificiale, il nuovo sistema non prevede l'utilizzo di sostanze chimiche bensì l'utilizzo di una serie di droni appositamente realizzati. Equipaggiati con sensori per umidità e pressione, oltre che con generatori di carica elettrica, i droni caricano elettricamente delle microscopiche particelle umide per fare in modo che si uniscano tra loro. Quando diventano sufficientemente grandi, le particelle cadono sotto forma di pioggia per arrivare fino a terra anche nelle regioni torride. La tecnologia descritta ottiene i migliori risultati nei territori connotati da un'orografia come quella italiana, con numerose zone di montagne e collinari che favoriscono le piogge grazie alle correnti d'aria calda ascensionali le quali, al diminuire della temperatura e della pressione atmosferica, raggiungono più facilmente il punto di rugiada;

    tra le possibilità messe a disposizione della ricerca scientifica e già pronte all'uso per governare le ricorrenti siccità, si ricordano infine le Tea (tecnologie di evoluzione assistita) in grado di produrre grandi quantità di cibo sano e sostenibile attraverso l'adattamento al cambiamento climatico delle piante. Esse riproducono le modifiche genetiche che avvengono spontaneamente in natura, incrociando varietà della stessa specie, per ottenere in maniera precisa i risultati dei meccanismi alla base dell'evoluzione biologica naturale. Si precisa che su questo aspetto le Tea si differenziano nettamente dagli Ogm transgenici, come ribadito dalla intera comunità scientifica e dalla stessa Unione europea, perché non implicano l'inserimento di Dna estraneo alla pianta. I benefìci delle Tea per agricoltori e consumatori sono molteplici perché permettono di migliorare efficacemente le varietà di piante coltivate, rendendole molto più resistenti, in particolare alla siccità e alle parassitosi. Per tali ragioni l'Unione europea afferma che le Tea possono contribuire alla creazione di un sistema alimentare più sostenibile, in grado di raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo e della strategia «Dal produttore al consumatore». Tuttavia l'Unione europea non dispone di un quadro normativo dedicato a queste tecnologie e gli si applica in via interpretativa la legislazione in materia di Ogm, risalente al 2001, rischiando così di non poter usufruire di questa grande opportunità di rinnovamento varietale. Appare, quindi, fondamentale proporre una normativa specificamente dedicata alle Tea;

    i fatti narrati indicano che il cambiamento climatico in Italia si sia stabilizzato rendendo «normale» la riduzione delle precipitazioni e l'aumento dei periodi di siccità. Si propone quindi di affrontare in modo strutturale il problema, abbandonando la logica emergenziale, proprio perché non presenta più caratteristiche di eccezionalità. Si vogliono evitare conseguenze dannose per tutti, ed in particolare per il settore primario, perché potrebbe rendere scarsamente attrattiva l'attività produttiva delle aziende agricole. Si deve evitare che la siccità si trasformi in una causa di allontanamento dal lavoro in agricoltura. Si dovrebbero quindi assumere tutte le possibili soluzioni disponibili per evitare che i fenomeni atmosferici avversi rappresentino un gravissimo disincentivo alla realizzazione di nuovi investimenti nel settore primario. Investimenti particolarmente necessari in questo momento storico, considerando le contemporanee crisi in atto che incidono negativamente sull'agricoltura in un momento la produzione agricola nazionale è ancor più essenziale per l'intero sistema Paese. Sarebbe rovinoso per tutti se la mancata adozione di misure strutturali per contrastare la siccità allontanasse dall'agricoltura i giovani desiderosi di impegnarsi in questo strategico settore economico;

    in Europa, la sola Romania investe meno dell'Italia in infrastrutture idrauliche, la cui età lungo la Penisola supera mediamente i 30 anni per giungere sino a 50. Dato il contesto appaiono necessari nuovi investimenti per la ripresa del Piano Invasi, secondo obbiettivi di multifunzionalità comprendenti la prevenzione idrogeologica, la gestione irrigua, la produzione idroelettrica, la funzione ambientale, fornendo anche opportunità di sviluppo turistico. In questo quadro, si inserisce il cosiddetto «Piano Laghetti», proposto da Anbi, il cui cronoprogramma prevede il completamento delle progettazioni esecutive entro il 2025, l'espletamento delle incombenze amministrative per appaltare i lavori entro il 2026 al fine di garantire la realizzazione delle opere entro il 2030;

    per ottenere lo scopo si propone quindi di capovolgere il paradigma utilizzato fino ad oggi, diminuendo il ricorso a pozzi e pompe di adduzione per disporre dell'acqua necessaria, aumentando invece il numero degli invasi indispensabili per raccogliere le acque piovane grazie ai quali è possibile ottenere un gioco a somma positiva, contribuendo a risolvere un ulteriore grave problema del Paese, la carenza di fonti di energia. Infatti, con la soluzione proposta aumenterebbero anche le capacità di produzione di energia idroelettrica e fotovoltaica grazie all'apposizione di impianti galleggianti sulla superficie degli invasi stessi, come previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Invasi che garantirebbero il rilascio della risorsa acqua in caso di siccità al fine di alimentare i sistemi irrigui garantendo la continuità e l'adeguatezza della produzione agricola necessaria all'Italia;

    per il finanziamento delle opere, si propone di investire l'Unione europea della richiesta di ampliare il perimetro del «Next generation EU» al fine di disporre di risorse aggiuntive per incrementare la dotazione dei piani nazionali, per l'Italia il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il quale attualmente stanzia risorse pari a soli 400 milioni di euro destinati alla manutenzione degli invasi esistenti e non anche alla realizzazione di nuovi; di proporre, come già accaduto per fronteggiare la pandemia da COVID-19, un Recovery fund dedicato al settore primario, necessario per fronteggiare la straordinarietà della situazione creatasi in tutti i settori produttivi, ma in particolar modo in quello primario, e disporre delle risorse necessarie per superare la crisi in ogni singolo Paese dell'Unione europea, in particolare indicando ai Paesi del bacino Mediterraneo la destinazione prioritaria delle risorse alla realizzazione delle infrastrutture necessarie a fronteggiare le siccità e garantire, conseguentemente, l'autosufficienza alimentare a livello unionale; adottare un Contratto istituzionale di sviluppo (Cis) per accelerare la realizzazione di progetti strategici di infrastrutturazione, sviluppo economico, produttivo e imprenditoriale, come sono gli invasi e le altre infrastrutture idrauliche di cui necessita il Paese, da cofinanziare con risorse nazionali, dell'Unione europea e quelle del Fondo per lo sviluppo e la coesione; a prevedere lo stanziamento di risorse congrue destinate allo scopo nella futura manovra triennale di finanza pubblica con il disegno di legge di bilancio,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a rilanciare una strategia complessiva che dia continuità al piano di opere irrigue e alla ripresa del piano invasi, in particolare realizzando 200 nuovi previsti nel progetto denominato «piano laghetti» predisposto dall'Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue) citato in premessa;

2) ad adottare iniziative volte ad avanzare in sede di Unione europea la richiesta dell'ampliamento delle misure e delle risorse previste nel «Next generation EU» per consentire agli Stati membri l'adeguamento di quelle adottate in sede nazionale, per l'Italia il Piano nazionale di ripresa e resilienza, e consentire il finanziamento delle ulteriori infrastrutture idriche necessarie a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento, quindi la sicurezza alimentare ai cittadini dei singoli Stati e dell'Unione europea nel suo complesso;

3) ad adottare iniziative volte a proporre in sede di Unione europea la predisposizione di un fondo dedicato al settore primario, sul modello del Recovery fund già adottato per fronteggiare la comune pandemia da COVID-19, riconoscendo la straordinarietà della situazione creatasi in seguito alla guerra in Ucraina, simmetrica in tutti i Paesi dell'Unione europea, al fine di disporre delle ulteriori risorse necessarie al finanziamento degli investimenti strutturali, con particolare attenzione in Italia per quelli destinati alle opere di regimentazione delle acque per uso irriguo, al fine di garantire la competitività nel lungo periodo delle imprese agricole e garantire l'autosufficienza alimentare dei Paesi membri dell'Unione europea;

4) ad adottare iniziative volte a sostenere in sede di Unione europea la richiesta di un'apposita normativa dedicata alle tecnologie di evoluzione assistita (Tea), distinta da quella prevista per gli Ogm, ora applicata in seguito alla sentenza del 25 luglio 2018 della Corte di giustizia dell'Unione europea la quale ha equiparato le piante ottenute da questa tecnologia alle piante Ogm, al fine di assicurare la immediata sperimentazione in campo di nuove piante più resistenti alla siccità e alle parassitosi;

5) ad adottare iniziative volte a dare soluzioni strutturali all'emergenza idrica predisponendo un piano dedicato alla filiera del settore che si occupi di realizzare le opere necessarie, in particolare invasi ed acquedotti, mediante la sottoscrizione di un Contratto istituzionale di sviluppo (Cis) tra enti statali e regionali, con il coinvolgimento dei territori interessati, prevedendo un approccio integrato degli investimenti articolati in più interventi tra loro funzionalmente connessi;

6) ad adottare iniziative volte a definire con urgenza norme che destinino le risorse sufficienti e necessarie ad adottare un piano completo di ristori che possa mitigare le ingenti perdite subite da aziende e i lavoratori, perdite che ancora stanno subendo a causa della eccezionale siccità;

7) ad adottare iniziative volte a attuare in modo efficace, efficiente ed economico, come specificato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, le misure ivi previste per dare soluzione alle «sempre più frequenti crisi idriche, dovute ai cambiamenti climatici in atto, (che) comportano la necessità di rendere più efficienti e resilienti le infrastrutture idriche primarie per usi civili, agricoli, industriali e ambientali, in modo da garantire la sicurezza dell'approvvigionamento idrico in tutti i settori e superare la “politica di emergenza”» consentendo il raggiungimento dell'obiettivo della «Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell'acqua»-;

8) ad adottare iniziative volte al rafforzamento della capacità previsionale degli effetti del cambiamento climatico tramite sistemi avanzati ed integrati di monitoraggio e analisi;

9) ad adottare iniziative volte a migliorare e ammodernare il sistema di depurazione delle acque reflue derivanti sia da usi civili che industriali, al fine consentire non solo il recupero di energia e fanghi, ma anche e soprattutto il riutilizzo delle acque reflue depurate per scopi irrigui e industriali conseguendo obiettivi di utilizzo sostenibile della risorsa idrica e della difesa del suolo, apportando un contributo fondamentale alla crescita competitiva del made in Italy agroalimentare, anche promuovendo e incentivando l'adozione di servizi ecosistemici per ottimizzare l'uso multifunzionale della risorsa idrica, affiancando all'utilizzo dell'acqua per le attività agricole altre funzioni concomitanti, quali il contrasto alla subsidenza ed alla risalita del cuneo salino nei corsi d'acqua, la tutela della qualità delle falde e la razionalizzazione dell'utilizzo della risorsa;

10) ad adottare iniziative volte a realizzare la salvaguardia e la ricarica gestita delle falde acquifere;

11) ad adottare iniziative volte a superare approccio meramente conservativo verso la risorsa idrica, riconoscendo la funzione ambientale dell'agricoltura irrigua, capace di restituire all'ambiente un'acqua in condizioni migliori di quando prelevata, e contribuendo a divulgare una consapevolezza diffusa tra la cittadinanza che l'acqua in agricoltura è utilizzata e non consumata;

12) ad adottare iniziative volte a sperimentare l'efficacia e la salubrità delle più recenti tecniche scientifiche utilizzate per favorire le precipitazioni nelle zone aride citate in premessa.
(1-00680) «Nevi, Spena, Anna Lisa Baroni, Bond, Caon, Sandra Savino, Paolo Russo, D'Attis».


   La Camera,

   premesso che:

    la crisi internazionale in atto in Ucraina ha determinato, tra le altre drammatiche conseguenze, un'impennata senza precedenti dei costi dell'energia e delle materie prime;

    tra i settori maggiormente colpiti dai rincari energetici vi è, certamente, quello dell'assistenza alle persone anziane e con disabilità. Case di riposo, residenze sanitarie assistite (Rsa), hospice e altre analoghe strutture a carattere residenziale hanno subito un aumento insostenibile delle bollette di luce e gas, al culmine peraltro di un biennio difficilissimo, dovuto alla pandemia da COVID-19, abbattutasi in maniera violentissima su queste realtà;

    i gestori delle strutture di tutta Italia hanno lanciato un appello alle istituzioni, ripreso anche da numerosi articoli di stampa, parlando, conti alla mano, di situazione drammatica e rischio di default;

    in assenza di adeguati sostegni, le strutture residenziali che ospitano e prestano assistenza in favore di anziani, persone con disabilità e soggetti fragili non potranno far altro che ricorrere, loro malgrado, all'aumento delle rette, con gravi ripercussioni sociali ed economiche per gli ospiti delle strutture stesse, per i relativi nuclei familiari e per le amministrazioni comunali, tenute a compartecipare, in base alla normativa vigente, al pagamento della quota sociale delle rette di ricovero per le persone non abbienti;

   secondo le associazioni Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale) e Arsac (Associazioni delle residenze socio-sanitarie della provincia di Cremona), nelle strutture della regione Lombardia, «per pareggiare il solo incremento dei costi dell'energia elettrica, (...) le rette di degenza dovranno aumentare tra i 2 e i 4 euro al giorno» e questo nonostante l'incremento del 3,7 per cento della quota sanitaria delle tariffe che la regione Lombardia ha già garantito alle strutture stesse;

   sulla base delle attuali previsioni – fanno notare le medesime associazioni – «molte strutture avranno grosse difficoltà a redigere i bilanci preventivi del 2022, tra l'altro in una situazione economica aziendale che non ha ancora del tutto recuperato, nel 2021, i grossi deficit generati dalla pandemia»;

   analoghe criticità sono state rappresentate, a più riprese, dall'associazione Uripa della regione Veneto (Unione regionale istituti per anziani della regione veneta), nel perseguimento dei propri scopi statutari di coordinamento e rappresentanza delle strutture associate presso le autorità centrali e regionali;

   la situazione è purtroppo destinata ad aggravarsi in questi mesi, complice la stagione estiva, durante la quale ai consumi ordinari legati, ad esempio, all'illuminazione e all'utilizzo delle apparecchiature elettromedicali, si aggiungono quelli per l'attivazione a pieno regime degli impianti di condizionamento;

   inoltre, per le Rsa, le case di riposo e le altre strutture a carattere residenziale gestite da enti pubblici e privati non commerciali, il prezzo finale della fornitura di energia elettrica risulta gonfiato in maniera rilevante dall'applicazione dell'aliquota IVA del 22 per cento, superiore di oltre il doppio rispetto a quella del 10 per cento che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, dovrebbe invece applicarsi a tali strutture ai sensi della normativa vigente;

   la Tabella A, parte III, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, infatti, menziona espressamente, al numero 103, tra i «beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento», la fornitura di «energia elettrica per uso domestico»;

   l'Amministrazione finanziaria, interpellata sul punto, aveva giustamente osservato che la nozione di «uso domestico» di cui alla sopracitata disposizione non riguarda solamente le ipotesi di impiego dell'energia all'interno delle case e delle abitazioni, ma anche gli impieghi diretti a soddisfare i fabbisogni di ambienti diversi da queste, purché caratterizzati dal «requisito della residenzialità», come caserme, scuole, «case di riposo» e altre strutture a carattere collettivo (cfr. la circolare del Ministero delle finanze n. 82/E del 7 aprile 1999);

   tale interpretazione, che avrebbe giustificato l'applicazione dell'aliquota ridotta sui consumi delle strutture di cui si discute, non è stata tuttavia seguita fino in fondo dall'Agenzia delle entrate. Con la risoluzione n. 8/E del 19 gennaio 2017, infatti, quest'ultima è pervenuta ad una conclusione opposta, affermando che le case di riposo e le residenze sanitarie assistenziali, ancorché gestite da enti non commerciali e ancorché in possesso del requisito della residenzialità, «pongono in essere un'attività (...) rilevante ai fini dell'IVA», alla quale non potrebbe riferirsi – secondo la risoluzione – la nozione di «uso domestico»;

   per effetto di quanto sopra, gli anziani ospiti di Rsa, case di riposo e strutture analoghe finiscono per pagare nella retta, oltre al rincaro dell'energia, anche l'annessa aliquota IVA del 22 per cento, più che doppia rispetto a quella del 10 per cento che invece avrebbero corrisposto qualora fossero stati in grado di vivere autonomamente nella propria abitazione;

   all'aumento incontrollato dei costi energetici, si aggiunge, inoltre, il nodo relativo al personale, in particolare quello infermieristico, del quale si registra una gravissima carenza sul territorio nazionale che sta mettendo a serio rischio l'operatività delle strutture in esame;

   secondo il rapporto Ocse Health at a Glance 2020, l'Italia – secondo Paese più longevo al mondo – ha un rapporto di appena 5,7 infermieri ogni 1.000 abitanti, inferiore alla media Ocse di 8,2 infermieri per 1.000 abitanti e quasi dimezzato rispetto alla media degli Stati del Nord Europa, tutti sopra i 10 infermieri ogni 1.000 abitanti. Analoghe criticità vengono ravvisate e confermate anche nel rapporto Ocse Health at a Glance 2021 che pone, peraltro, l'Italia al quart'ultimo posto tra i Paesi Ocse per numero di posti a disposizione degli infermieri negli atenei;

   la carenza di personale infermieristico è stata denunciata, a più riprese, anche dalla Fnopi (Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche) secondo cui, ad oggi, nel nostro Paese, mancano all'appello circa 63.000 infermieri; un vuoto enorme che nei prossimi anni è destinato, peraltro, ad aggravarsi per effetto dei pensionamenti e del maggiore fabbisogno di personale che inevitabilmente si renderà necessario per attuare la riforma dell'assistenza territoriale di cui al cosiddetto «Dm71»;

   il susseguirsi degli eventi drammatici che tutti abbiamo vissuto nelle fasi più dure della pandemia da COVID-19 ha colpito duramente le Rsa e le strutture residenziali per anziani, sulla cui situazione si è spesso «pontificato» senza conoscere la realtà di fatto sottostante;

   per tutto il 2020, nonostante gli accorati appelli delle associazioni, delle famiglie, delle parti sociali e di autorevoli esponenti della società civile, il precedente Governo non ha previsto misure a sostegno delle strutture di cui si discute, abbandonate di fatto a loro stesse;

   la nuova situazione di crisi che investe oggi le Rsa, le case di riposo e le altre analoghe strutture a carattere residenziale deve, quindi, essere gestita in maniera differente, nella consapevolezza del carattere essenziale delle prestazioni erogate da queste realtà a beneficio dei soggetti fragili e non autosufficienti;

   nella stessa ottica bisogna ricomprendere e coinvolgere attivamente le strutture in esame nell'ambito delle riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, in armonia con quanto rilevato – tra l'altro – nell'indagine pubblicata dall'associazione Italialongeva per l'anno 2020, dal titolo: «Stress-test della long-term care: riflettori accesi su malattie croniche e fragilità»;

   l'indagine sopra citata, nella prefazione a cura dell'istituto superiore di sanità, redatta dal professor Graziano Onder, riconosce infatti che: «è necessario migliorare il Governo e gli standard assistenziali nelle strutture residenziali da realizzarsi attraverso una riorganizzazione che passi necessariamente dal censimento delle strutture stesse, dal rafforzamento del sistema di sorveglianza e monitoraggio costante e dalla ridefinizione di nuovi standard organizzativi (per esempio presenza di un responsabile medico per struttura, adeguata formazione del personale, interconnessione con l'intero sistema dei servizi sanitari), strutturali (ad esempio miglioramento della capacità ricettiva delle strutture) e tecnologici. Il Recovery fund offre una possibilità concreta per raggiungere un tale cambiamento in quanto uno specifico progetto in esso contenuto è focalizzato sulla riorganizzazione delle strutture residenziali»,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di sostegno economico rivolte specificamente alle case di riposo, alle Rsa e alle altre analoghe strutture a carattere residenziale gestite da enti pubblici ed enti privati non commerciali, al fine di mitigare l'impatto degli eccezionali rincari del settore energetico e scongiurare gli aumenti delle rette;

2) ad adottare iniziative per garantire l'applicazione dell'aliquota IVA del 10 per cento nei contratti di fornitura di energia elettrica stipulati dalle strutture sopracitate, facendo ricadere detti contratti nel perimetro applicativo della previsione di cui al n. 103) della Tabella A, Parte III, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 («energia elettrica per uso domestico»);

3) ad adottare iniziative per arginare la grave carenza di infermieri, personale delle professioni sanitarie e operatori sociosanitari che si riscontra nel territorio nazionale, prevedendo in particolare:

  a) il superamento, a regime, del vincolo di esclusività che lega l'infermiere e il personale delle professioni sanitarie di cui all'articolo 1 della legge 1° febbraio 2006, n. 43, nel rapporto di lavoro con il Servizio sanitario pubblico;

  b) la valorizzazione della professione infermieristica nelle strutture sociosanitarie territoriali;

  c) un'adeguata programmazione degli accessi ai corsi di laurea e un allargamento delle maglie del numero chiuso, almeno in via transitoria e compatibilmente con la capacità formativa dei singoli atenei, anche favorendo l'accreditamento delle strutture sociosanitarie quali sedi di tirocinio dei corsi di laurea in infermieristica;

4) a promuovere, nell'ambito dell'attuazione delle riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, il potenziamento degli standard organizzativi, strutturali e tecnologici delle Rsa e delle strutture analoghe, destinando un'adeguata quota di risorse a tale obiettivo;

5) ad assicurare la rappresentanza delle case di riposo, delle Rsa, del mondo del sociale e del terzo settore nell'ambito delle commissioni e dei gruppi di lavoro che, a livello ministeriale e interministeriale, stanno trattando le tematiche legate all'invecchiamento della popolazione.
(1-00681) «Comaroli, Molinari, Paolin, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Patelli, Sutto, Tiramani, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Frassini, Furgiuele, Galli, Gastaldi, Gerardi, Germanà, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Legnaioli, Liuni, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Lucentini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Mariani, Maturi, Micheli, Minardo, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Paolini, Parolo, Patassini, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Rixi, Romanò, Saltamartini, Scoma, Snider, Stefani, Tarantino, Tateo, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Viviani, Raffaele Volpi, Zanella, Zennaro, Ziello, Zoffili, Zordan».


   La Camera,

   premesso che:

    tra il 1932 e il 1933, almeno cinque milioni di persone, dei quali tra i tre e i quattro milioni ucraini, morirono di fame nei territori all'epoca facenti parte dell'ex l'Urss, e in particolare in quelle aree geografiche attualmente corrispondenti all'Ucraina, al Kazakhistan e alla regione del Volga;

    le morti furono causate non dalla carenza di cibo e raccolti quanto piuttosto dalle politiche poste in essere, volte in un primo momento a consolidare la collettivizzazione forzata delle terre agricole, ma che finirono per punire con la confisca dei beni e con pesanti persecuzioni di polizia chi, temendo la morte per fame, ammassò privatamente raccolti o si rifiutò di far macellare il bestiame;

    milioni di persone furono dunque deliberatamente private dei mezzi di sostentamento con la confisca del cibo, le persecuzioni di polizia e dei servizi segreti, i blocchi stradali che impedirono alla popolazione di spostarsi, e i confinamenti di intere città, anche nel tentativo di annientare l'identità politica del popolo ucraino e di tutti coloro che si apponevano al regime;

    questo fatto storico è noto con il nome di Holodomor: una parola ucraina che etimologicamente significa letteralmente «sterminio per fame», nata dalla crasi tra la parola holod (fame, carestia) e moryty (uccidere, affamare), e per la prima volta venne documentato dallo storico inglese Robert Conquest che nel 1986 inaugurò gli studi sul cosiddetto «Holodomor», definito come il più imponente sterminio della storia europea del XX secolo dopo Olocausto:

    si richiama quanto previsto:

     dalla Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio;

     dalla dichiarazione comune resa durante la 58a sessione plenaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in occasione del 70o anniversario dell'Holodomor in Ucraina, sostenuta da 63 Stati, inclusi tutti gli Stati membri dell'allora Unione europea a 25;

     dalla legge ucraina concernente «l'Holodomor del 1932-1933 in Ucraina», adottata il 28 novembre 2006;

     dalla raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sul riconoscimento dell'Holodomor, la carestia artificiale del 1932 in Ucraina, come genocidio contro il popolo ucraino il 20 novembre 2007;

     dalla dichiarazione del Presidente del Parlamento europeo del 21 novembre 2007, che ha segnato l'inizio della commemorazione del 75o anniversario della grande carestia Holodomor in Ucraina;

    la Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio considera crimini una serie di atti commessi con l'intento di distruggere, interamente o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, uccidendone i membri e causando loro gravi danni fisici o mentali, sottoponendolo deliberatamente a condizioni di vita concepite per provocarne la distruzione fisica integrale o parziale, imponendo misure intese a impedire le nascite in seno al gruppo e trasferendo con la forza i bambini che ne fanno parte a un altro gruppo;

    l'Holodomor è stato il prodotto di una carestia all'inizio non provocata artatamente a tale scopo, ma che venne poi, una volta che essa fece la sua comparsa come frutto delle politiche del regime di Stalin, volutamente aggravata in Ucraina nell'autunno del 1932;

    l'Holodomor, che fece perciò nel gennaio-giugno 1933 circa quattro milioni di vittime rispetto alle 200.000 del 1932, distruggendo una parte significativa della popolazione della Repubblica sovietica ucraina, è stato pianificato dal regime di Stalin come offensiva tesa a piegare i contadini ucraini all'interno di una politica antiucraina diretta allo sterminio di massa e alla liquidazione delle élite nazionali;

    l'Holodomor ebbe luogo in un contesto dominato dalla decisione di Stalin di punire con la fame e con il terrore un certo numero di gruppi nazionali ed etnico-sociali ritenuti pericolosi, o potenzialmente tali, e, come tutti gli indicatori quantitativi dimostrano, tanto la punizione che il terrore toccarono, per le ragioni precedentemente elencate, il loro culmine in Ucraina, dove si trasformarono in un fenomeno qualitativamente differente da una pur tragica carestia;

    il riconoscimento dell'Holodomor come genocidio è elemento fondamentale dell'identità nazionale ucraina dopo lo scioglimento dell'Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche, un'identità basata sulla sofferenza e che ha perciò respinto possibili derive oppressive e favorito raffermarsi dei valori dello Stato di diritto, della democrazia, del patriottismo civico, e dell'aspirazione ad entrare a far parte dell'Unione europea;

    la commemorazione dei crimini contro l'umanità perpetrati nel corso della storia europea deve contribuire a contrastare la ripetizione di simili crimini nel tempo presente e in futuro;

    nel 2023 ricorrerà il novantesimo anniversario di questo atroce fatto storico,

impegna il Governo

1) a riconoscere l'Holodomor come genocidio, adottando ogni conseguente iniziativa, d'intesa con il Parlamento della Repubblica italiana e con le istituzioni multilaterali di cui l'Italia è parte, per la promozione in Italia e all'estero della consapevolezza e del ricordo di quella tragedia.
(1-00682) «Raciti, Andrea Romano, Piccoli Nardelli, Quartapelle Procopio, Fassino, Pollastrini, Schirò, Bruno Bossio, Ciampi, Gribaudo, Ciagà, Di Giorgi, Fiano, Sensi, Lattanzio, Ianaro, Ungaro, Magi».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOLDRINI, DELRIO, FASSINO, LA MARCA, PALAZZOTTO e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal 21 al 23 giugno 2022 si è tenuta a Vienna la prima conferenza mondiale degli Stati parte del Trattato per la proibizione delle armi nucleari (Tpnw), firmato il 20 settembre 2017 ed entrato in vigore il 22 gennaio 2021 dopo il deposito del cinquantesimo strumento di ratifica;

   la Conferenza di Vienna è stata un'occasione molto importante di aperto confronto tra i Paesi che hanno firmato e ratificato il trattato, i Governi dei Paesi presenti come osservatori, parlamentari provenienti da ogni parte del mondo e organizzazioni della società civile impegnate per il disarmo e per la pace;

   il 18 maggio scorso, la Commissione affari esteri della Camera dei deputati ha approvato, con voto favorevole di tutta la maggioranza, una risoluzione a prima firma Laura Boldrini, a conclusione della quale si impegnava il Governo a considerare la possibilità di partecipare a questa conferenza come Paese osservatore, non essendo l'Italia tra i firmatari del trattato;

   altri Paesi aderenti all'Alleanza atlantica come la Germania, la Norvegia, il Belgio, l'Olanda e l'Australia, alcuni dei quali, come l'Italia, con testate nucleari Nato al loro interno, hanno fatto la scelta di partecipare alla conferenza come Paesi osservatori, dando così un segnale di vicinanza e condivisione verso i principi ispiratori del trattato;

   il Governo italiano, decidendo di non partecipare alla Conferenza, ma soltanto di essere presente a un incontro preliminare sull'impatto umanitario delle armi e dei test nucleari, non ha tenuto conto, ad avviso delle interroganti e degli interroganti, dello spirito e del contenuto della risoluzione approvata in Commissione, la quale impegnava il Governo a considerare una sua partecipazione, come rinnovata adesione ai valori della pace e del disarmo, soprattutto nucleare, che il nostro Paese ha sempre fatto propri –:

   quali siano le motivazioni, finora non espresse in alcuna sede, sulla base delle quali il Governo italiano ha deciso di non partecipare, come Paese osservatore, alla conferenza di Vienna degli Stati parte del Trattato per la proibizione delle armi nucleari.
(5-08329)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazioni a risposta immediata:


   FEDERICO, ELISA TRIPODI, BALDINO, BRESCIA, FRANCESCO SILVESTRI, CORNELI, DE CARLO, DIENI e SPORTIELLO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   risulta diffusa una bozza di disegno di legge sull'autonomia differenziata, la quale, all'articolo 3, conferma la centralità dei livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni;

   la previa definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie attualmente indicate nell'articolo 14, comma 1, lettere da a) a d), del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, sarebbe condizione necessaria per il trasferimento delle funzioni e delle risorse corrispondenti;

   in tali materie, il trasferimento di funzioni onerose non potrà aver luogo se non saranno previamente definiti i livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 13 dello stesso decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, che prevede il coinvolgimento delle Camere, delle Commissioni parlamentari competenti per materia e della Conferenza unificata;

   in tutte le altre materie, le relative funzioni sono invece immediatamente trasferibili, fermo restando che la regione interessata è inderogabilmente tenuta ad assicurare il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni già definiti, così come dei livelli essenziali delle prestazioni che lo Stato dovesse definire successivamente all'entrata in vigore della legge che approva l'intesa, apportando corrispondenti variazioni al proprio bilancio, con previsione di potere sostitutivo statale in caso di inerzia;

   nel quadro del coordinamento della finanza pubblica, in conformità alla delega fiscale in discussione, l'articolo 4 della bozza di disegno di legge sopra citato prevede il superamento della spesa storica attraverso la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard e dei livelli di servizio cui devono tendere i vari livelli di governo, da effettuarsi da parte della Commissione «costi standard», di cui all'articolo 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, entro 12 mesi dall'approvazione della legge;

   l'intesa potrà prevedere che le risorse siano tratte da tributi propri della regione o da compartecipazione al gettito di tributi maturati nel territorio regionale, con possibilità di riconoscere una compartecipazione fissa o una riserva di aliquota;

   occorre, altresì, garantire, in fase attuativa, l'unità giuridica, sociale ed economica della nazione, nonché la tutela del livello paritario delle prestazioni dei diritti civili e sociali, affinché questi ultimi non vengano in alcun modo compromessi, nel rispetto del principio di leale collaborazione e di unità territoriale della Repubblica –:

   se il Governo, in relazione alla bozza del disegno di legge di cui in premessa, non intenda indicare puntualmente la tempistica dei livelli essenziali delle prestazioni e i relativi finanziamenti, anche valutando la definizione di strumenti normativi per preservare l'unità giuridica ed economica del Paese, in tal modo garantendo livelli delle prestazioni omogenei su tutto il territorio nazionale.
(3-03047)


   STEFANI, MOLINARI, BITONCI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GERMANÀ, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MARIANI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, ROMANÒ, SALTAMARTINI, SCOMA, SNIDER, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il modello di regionalismo incentrato sulla differenziazione delle politiche tra i diversi livelli di governo, così come delineato dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, permetterebbe alle regioni richiedenti di espandere la potestà legislativa e amministrativa, consentendo una piena realizzazione del principio di sussidiarietà, nonché una maggiore responsabilizzazione ed efficienza nell'amministrazione, con effetti positivi per i cittadini e gli imprenditori;

   nel coordinamento tra Stato e regioni, la differenziazione rappresenta un valore fondamentale, nella misura in cui consente di intervenire con soluzioni ad hoc sui contesti reali e sulla peculiarità del bisogno dei singoli territori, aiutando a superare, laddove si manifestino, le inefficienze dello Stato;

   questa opportunità offerta dal legislatore costituzionale è purtroppo ancora inattuata;

   a seguito dei referendum consultivi tenuti nel 2017, Veneto e Lombardia hanno chiesto nuove forme di autonomia;

   a febbraio 2018 ha preso avvio un percorso che ha portato alla firma, per Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, di accordi preliminari di regionalismo differenziato;

   da allora, anche Toscana, Piemonte, Liguria, Marche, Umbria e Campania hanno avanzato richiesta in tal senso, attivando il procedimento propedeutico per la conclusione di un accordo Stato-regione;

   l'eterogeneità dei soggetti richiedenti dimostra come tale strumento sia percepito come un vantaggio tanto dalle regioni del Nord, quanto da quelle del Sud, anche sulla base del fatto che le differenze nel godimento dei diritti sociali non raramente dipendono dall'inefficienza dell'amministrazione centrale, piuttosto che dalle strutture regionali;

   ai fini della concreta applicazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, è necessario, tuttavia, definire i parametri sostanziali e procedurali di carattere generale, compresi i livelli essenziali delle prestazioni e i correlati fabbisogni standard;

   ormai da anni il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie presso la Presidenza del Consiglio dei ministri sta lavorando a una bozza di legge quadro di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione;

   occorre adesso dare risposta ai territori che chiedono maggiori condizioni di autonomia, ultimando rapidamente il testo per condividerlo con le Camere –:

   se possa fornire chiarimenti in merito allo stato dei lavori di redazione del disegno di legge per l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma della Costituzione e se non ritenga opportuno presentarlo quanto prima alle Camere per la discussione.
(3-03048)


   CONTE, FASSINA, FORNARO, DE LORENZO, TIMBRO e BERSANI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   il Governo si appresterebbe ad approvare un disegno di legge sulla «autonomia differenziata», il cui contenuto è stato anticipato dai media;

   secondo tale bozza di 5 articoli, alle regioni a statuto ordinario verrebbe riconosciuta la possibilità di chiedere ulteriori forme e condizioni di autonomia secondo quanto previsto dalla Costituzione;

   tranne che per sanità, assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale (per le quali, prima di devolvere ulteriori forme di autonomia rispetto a quelle già attribuite su alcune di queste materie, vanno preventivamente definiti i livelli essenziali delle prestazioni), tutte le altre competenze possano essere trasferite attraverso una procedura di negoziazione con Governo e Parlamento, dove il ruolo del Parlamento verrebbe fortemente ridimensionato;

   stando alla bozza sopra menzionata, per i nuovi trasferimenti di autonomia regionale verrebbe adoperato il criterio della spesa storica, rimandando solo a una fase successiva la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e il necessario calcolo dei fabbisogni standard, che dovrebbero essere invece prioritari e adeguati alla necessità di ridurre il gap storico tra le parti del Paese;

   nessun riferimento sarebbe presente nella proposta relativamente a fondi perequativi per sostenere le regioni meno avanzate;

   la Ministra per il sud e la coesione territoriale, rispondendo all'interrogazione 3-03019 degli interroganti, ha detto che sono «tre le questioni imprescindibili: definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e costituzione del fondo perequativo previsto dall'articolo 119 della Costituzione per le regioni con minore capacità fiscale, definitivo abbandono del principio della spesa storica e pieno coinvolgimento del Parlamento nel processo attuativo»;

   a parere degli interroganti il provvedimento descritto nella bozza circolante: non corrisponde allo spirito cooperativo delle norme del titolo V della Costituzione; asseconda una spinta centrifuga di funzioni e competenze che mina il principio di unità nazionale; determinerebbe il trasferimento indiscriminato di risorse alle regioni richiedenti, mettendo a rischio la tenuta del quadro di finanza pubblica nazionale attuale; aumenta divari e disuguaglianze tra Nord e Sud, tra centro e periferia, tra ricchi e poveri –:

   se non consideri imprescindibile adottare iniziative volte a prevedere il pieno coinvolgimento del Parlamento anche nella definizione e approvazione, a maggioranza qualificata, delle previste intese tra Governo e regioni e procedere a una preventiva ricognizione su tutto il territorio nazionale degli standard e dei fabbisogni effettivi riferiti ai servizi pubblici essenziali che si intendono trasferire, per definire, sulla base degli stessi, in primo luogo gli investimenti da effettuare per ridurre il gap (perequazione reale) e poi i livelli essenziali delle prestazioni di riferimento.
(3-03049)

DISABILITÀ

Interrogazioni a risposta immediata:


   CARNEVALI, DE FILIPPO, IANARO, LEPRI, PINI, RIZZO NERVO, SIANI, BERLINGHIERI, LORENZIN e FIANO. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   il disturbo dello spettro autistico è un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo, caratterizzato da esordio precoce di difficoltà nell'interazione reciproca e nella comunicazione sociale, associata a comportamenti e interessi ripetitivi e ristretti (definizione secondo DSM-5 e ICD-11);

   l'emergenza sanitaria degli ultimi due anni ha avuto un impatto significativo sulla salute fisica e mentale delle persone, in particolare delle persone più fragili, come quelle che soffrono del disturbo dello spettro autistico, che hanno presentato maggiori difficoltà di adattamento alle restrizioni imposte dalla pandemia anche a causa dell'interruzione o comunque delle difficoltà di frequentare i servizi socio-sanitari e di assistenza, lasciando spesso sulle famiglie il peso e le difficoltà di assistere la persona con disabilità;

   per quanto riguarda le risorse dedicate, la legge di stabilità per il 2016 ha istituito, a decorrere dal 2016, presso il Ministero della salute il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico e ha individuato i settori a cui indirizzare le risorse del medesimo fondo. Successivamente, la legge di bilancio per il 2018 ha incrementato le risorse di ulteriori 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e, a seguito all'emergenza sanitaria da COVID-19, per il 2020 le risorse del Fondo sono state ulteriormente incrementate di 10 milioni di euro dall'articolo 31-ter del decreto-legge n. 104 del 2020, nonché dalla legge di bilancio per il 2021 per 50 milioni per il 2021 e dalla legge di bilancio per il 2022 per 27 milioni per il 2022;

   successivamente, il decreto-legge n. 24 del 2022 ha modificato attraverso l'approvazione di ulteriori atti regolamentari le percentuali e i settori di intervento a cui indirizzare le risorse incrementali per il 2021 (50 milioni di euro) e quelle per il 2022 (27 milioni di euro);

   la ripartizione di tali risorse risulta essere necessaria per un incremento dei servizi e dell'assistenza nei confronti delle persone con disturbi dello spettro autistico e delle loro famiglie, specialmente dopo due anni di pandemia, che hanno messo a dura prova la tenuta del sistema sociale e sanitario del nostro Paese –:

   quale sia allo stato attuale l'iter degli atti necessari alla ripartizione delle risorse aggiuntive previste per gli anni 2021 e 2022 relative agli interventi a tutela delle persone con disturbi dello spettro autistico e in generale delle risorse previste nella legge di bilancio per il 2022 a favore delle persone con disabilità, nonché, vista la gravità della situazione, se non si ritenga utile adottare iniziative di competenza volte ad accelerare tale iter.
(3-03052)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DE TOMA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, GIOVANNI RUSSO, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   le contraddizioni in materia di politiche sociali in Italia sono tante: un cittadino abile al lavoro ha diritto al reddito di cittadinanza se il suo Isee è inferiore a 9.360 euro; l'importo varia in base a molti parametri, ma, ad esempio, una persona che vive sola avrà fino a 780 euro al mese di reddito di cittadinanza e fino a 1.330 euro al mese per una famiglia composta da due adulti e un figlio maggiorenne o due minorenni;

   anche una persona disabile ha diritto al reddito di cittadinanza, ma il vero nodo è il valore che lo Stato riconosce alle disabilità, in tema di trattamento previdenziale;

   alle persone con invalidità totale, che ovviamente non possono lavorare, solo grazie a una sentenza della Corte costituzionale la pensione d'invalidità è stata aumentata a un livello dignitoso, da 285 a 651 euro al mese; mentre più penalizzate risultano le persone con disabilità parziale, tra il 75 e il 99 per cento di invalidità, alle quali viene riservato un assegno mensile di soli 287,09 euro con limite di reddito personale di 4.931 euro annui;

   solo pochi mesi fa, l'Inps aveva annunciato di voler corrispondere l'assegno mensile per l'assistenza degli invalidi civili parziali solo in caso di «inattività lavorativa», intesa come nessuna attività lavorativa che produca reddito, gettando nello sconforto migliaia di famiglie;

   solo la fortissima polemica sollevata da tale decisione ha «costretto» il Governo a ripristinare la situazione precedente, che consente di svolgere piccoli lavori, senza perdere l'assegno, dando la possibilità a persone con disabilità di provare ad avviare dei percorsi di inclusione lavorativa;

   diversamente dal reddito di cittadinanza, l'assegno di invalidità non ha carattere assistenziale poiché intende, invece, favorire gli inserimenti nel mondo del lavoro che spesso avvengono attraverso lavori a tempo determinato e a bassa retribuzione e che, se assistiti da un dignitoso assegno di invalidità, potrebbero facilitare un reale percorso verso l'autosufficienza;

   è, però, molto difficile sostenere che con un reddito annuo lordo inferiore a 4.900 e un assegno mensile di 287 euro si possa parlare di autosufficienza –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per incrementare l'importo dell'assegno mensile per l'assistenza degli invalidi civili parziali di cui all'articolo 13 della legge n. 118 del 1971, sostituendo interventi meramente assistenziali, come il reddito di cittadinanza, con interventi di politica sociale.
(3-03053)


   PALMIERI, VERSACE e D'ATTIS. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   la normativa per l'accessibilità dei prodotti informatici di cui alla legge 9 gennaio 2004, n. 4, detta adempimenti per le pubbliche amministrazioni e una serie di altri soggetti indicati dalla legge (articolo 3, comma 1), nonché a tutti i soggetti che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a cinquecento milioni di euro (articolo 3, comma 1-bis);

   il comma 2 dell'articolo 4 della legge n. 4 del 2004 stabilisce che i contratti stipulati dai soggetti di cui all'articolo 3, commi 1 e 1-bis, per la realizzazione e la modifica di siti web e applicazioni mobili sono nulli in assenza di previsione del rispetto delle linee guida sull'accessibilità;

   nelle more dell'adozione della disciplina di recepimento della direttiva (UE) 2019/882 del Parlamento europeo e del Consiglio, il comma 2-bis dell'articolo 4 della legge n. 4 del 2004 stabilisce per i soggetti privati un termine di adeguamento alle linee guida sull'accessibilità dei loro siti web e applicazioni mobili entro il 28 giugno 2022; il 13 aprile 2022 le Commissioni parlamentari competenti hanno espresso parere favorevole sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della suddetta direttiva (UE) 2019/882, con la condizione che il termine per l'adeguamento fosse fissato in sei mesi dall'emanazione delle linee guida;

   con la determinazione n. 117/2022 del 26 aprile 2022 l'Agenzia per l'Italia digitale adottava le linee guida per i soggetti di cui al comma 1-bis dell'articolo 3 della legge n. 4 del 2004 e il regolamento di vigilanza e sanzionatorio;

   ad oggi però non è ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo del decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/882 sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi, sul quale le Camere si sono espresse oltre due mesi fa –:

   quali siano i tempi di pubblicazione del decreto legislativo richiamato in premessa e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per dare piena attuazione al diritto all'accessibilità dei prodotti e servizi informatici, consentendo altresì ai soggetti interessati di potersi adeguare tempestivamente alla normativa europea.
(3-03054)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con il comma 801 dell'articolo 1 della legge di bilancio n. 178 del 30 dicembre 2020, sono state introdotte importanti deroghe ai vincoli assunzionali per gli impieghi a tempo indeterminato degli assistenti sociali, al fine di avvicinare gli ambiti territoriali al rapporto minimo ottimale di presenza di operatori sui territori;

   tuttavia, permane una grave problematicità per i consorzi socio-assistenziali, in quanto la deroga anzidetta si rivolge esclusivamente ai comuni, senza alcun riferimento alle forme associate quali i consorzi sopracitati;

   questi ultimi, infatti, stando al testo letterale della disposizione, si trovano tuttora nell'impossibilità di derogare ai propri vincoli assunzionali con lo scopo di rafforzare i servizi sociali;

   tuttavia, dalle disposizioni del legislatore, si intuisce la chiara volontà di quest'ultimo di prevedere deroghe per tutte le forme gestionali ma, limitando queste al livello comunale, pone il concreto rischio di penalizzare i sistemi di servizi sociali territoriali di determinate realtà quali, ad esempio, il Piemonte;

   in questa regione, infatti, tramite una propria legge con cui viene predisposto il sistema integrato di interventi e servizi sociali (articolo 9 della legge regionale 1 del 2004), viene individuata la forma associata, in particolare quella consortile, quale idonea a garantire efficacia ed efficienza del funzionamento dei servizi sociali;

   si rende necessario, pertanto, un intervento legislativo al fine di evitare che una disposizione il cui fine dichiarato è quello di apportare positive modifiche alla gestione dei servizi sociali in modo uniforme, si possa tradurre in una misura sfavorevole per alcune realtà territoriali –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di estendere il regime di deroga assunzionale ex articolo 1, comma 801, della legge n. 178 del 2020 ai consorzi socio-assistenziali, quali forme associate di gestione dei servizi socio assistenziali
(4-12453)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il viadotto Polcevera, noto anche come ponte Morandi, è stato inaugurato nel 1967;

   il 14 agosto 2018 un tratto di circa 200 metri del ponte Morandi è tragicamente crollato causando 43 vittime, oltre centinaia di feriti e sfollati a seguito dell'evacuazione delle zone a ridosso del viadotto divenute inagibili;

   a quattro anni dall'accaduto, il 7 luglio 2022 è prevista la prima udienza dibattimentale del processo penale, al quale sono state ammesse oltre 400 parti civili;

   secondo recenti notizie di stampa, i legali avrebbero chiesto alla cancelleria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova di avere accesso all'intero compendio probatorio dell'inchiesta al fine di estrarre copia degli atti e dei documenti necessari per l'esercizio del diritto di difesa dei propri assistiti;

   si tratterebbe, in particolare, di una richiesta di copie informatiche da estrarre dall'applicativo «Tiap», non assoggettabili al pagamento dei diritti di cancelleria;

   la cancelleria della Procura, tuttavia, avrebbe quantificato i diritti di copia nell'esorbitante importo di circa 750 mila euro;

   tale anomalia potrebbe essere determinata da quella che appare come un'errata applicazione o interpretazione della circolare ministeriale del 17 maggio 2022 (Prot. 108135 U) avente ad oggetto «Diritti per il rilascio di copie di atti processuali senza certificazione di conformità ex articoli 40 e 267 T.U. Spese di Giustizia»;

   nella fattispecie troverebbe, invece, corretta applicazione quanto previsto dagli articoli 40, comma 1-quater e 269, comma 1-bis del T.U. Spese di giustizia, secondo cui i diritti di copia non possono essere chiesti alle parti «quando la copia è estratta dal fascicolo informatico dai soggetti abilitati ad accedervi»;

   il 6 giugno 2022, il Presidente della Camera penale di Milano e il Presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano sono stati costretti ad intervenire inviando una lettera alla Direzione generale degli affari interni e alla Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, al fine di esortare i competenti uffici a chiarire la portata applicativa della circolare, ovvero a fornirne un'interpretazione coerente rispetto alle stesse norme ivi richiamate. E ciò perché «quanto contenuto nella circolare indicata» è «errato in punto di applicazione e/o interpretazione letterale delle norme richiamate»;

   il 26 giugno 2022, il coordinatore dell'organismo congressuale forense, avvocato Sergio Paparo, in un comunicato stampa ha affermato: «Quella circolare è ingiusta (nel senso costituzionale del termine) e ne chiediamo la revisione non solo perché contrasta con le finalità del cosiddetto Portale del processo penale telematico le cui prime sperimentazioni consentono di ottenere e scaricare, tramite Portale, le copie dopo una semplice procedura di upload della richiesta di abilitazione della parte ed il conseguente e autonomo download del file contenente le copie ma anche perché in casi come quello del processo Morandi finisce di fatto con il compromettere gravemente il diritto di difesa delle parti (tutte) costrette a pagare, data l'imponenza del fascicolo, somme spropositate e paragonabili in ordine di grandezza a quelle che potrebbero essere in ipotesi oggetto di una condanna al risarcimento danni» –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa, se intenda dare immediati chiarimenti e quali iniziative di competenza intenda porre in essere al fine di dare un'interpretazione delle norme orientata a garantire l'effettivo e concreto diritto di difesa.
(3-03045)


   DORI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro per le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:

   le notizie riportate da mezzi di stampa relative ad azioni violente, maltrattamenti e uccisioni, compiuti da minorenni nei confronti di animali sono sempre più frequenti;

   nonostante la gravità di tali atti, a livello sociale si registra ancora una generale sottovalutazione del problema;

   il maltrattamento e l'uccisione di animali sono scientificamente ritenuti specifici indicatori di pericolosità sociale, ossia fenomeni predittivi di contemporanee o successive altre condotte devianti, antisociali o criminali;

   la correlazione esistente tra maltrattamento o uccisione di animali, violenza interpersonale e ogni altra condotta deviante, antisociale o criminale in ampia e consolidata letteratura scientifica viene definita «Link»;

   porre l'accento sul Link fra gli abusi sugli animali e la violenza perpetrata sull'essere umano significa disporre di un approccio privilegiato in termini di efficienza ed efficacia nel prevenire, trattare e contrastare entrambe queste forme di violenza;

   solo per riportare i più recenti casi riferiti dai mezzi di informazione: a Rivalta di Torino (TO) alcuni ragazzi hanno pubblicato sui social immagini in cui prendono a calci ricci inermi presso i parchi comunali fino ad ucciderli; l'8 aprile 2022 a Statte, in provincia di Taranto, tre minorenni sono accusati di aver ucciso a sassate un cucciolo di cane meticcio e avergli poi dato fuoco;

   ad Alba (CN), invece, tra gli studenti della sezione Ragioneria dell'Istituto Einaudi e quelli della Scuola enologica Umberto I, da anni si verificano reciproche azioni definite «scherzi» dagli stessi Dirigenti scolastici. La preside dell'Umberto I, nel 2019, avrebbe commentato il ritrovamento sulla cancellata della scuola di una testa di maiale nella cui bocca esanime era infilata una busta contenente un messaggio rivolto all'Istituto: «Parliamo di un costume ormai radicato nella tradizione della nostra scuola, da prendere con la leggerezza che merita e che, diciamocelo, se non ci fosse mancherebbe». Il 29 aprile 2022, invece, è stato l'Istituto tecnico a ritrovare davanti all'ingresso un maialino di pochi mesi che si muoveva su un letto di paglia e letame. La Dirigente avrebbe commentato: «Va bene lo scherzo, anche se spiace che a farne le spese sia stato prima di tutto un animale indifeso. Con la preside dell'Enologica c'è comunque un ottimo rapporto, registriamo questi periodici episodi cercando di non dar loro troppo peso»;

   dati raccolti dall'Associazione Link-Italia e dal Corpo forestale dello Stato nel Report del 2016 sul «Profilo Zooantropologico Criminale del Maltrattatore e Uccisore di Animali» consentono di affermare che l'Italia è scenario di frequenti e gravi casi di maltrattamento e uccisione di animali correlati a condotte violente contro gli esseri umani;

   tali condotte possono rappresentare non solo espressione di una situazione ambientale e familiare caratterizzata da abusi fisici, sessuali o psicologici, ma anche sfociare in successivi atti di bullismo, fino ad una escalation di condotte violente anche in età adulta;

   ciò significa che un minorenne che compie violenza sugli animali è statisticamente più portato a compiere ulteriori reati in futuro, rispetto ad un minorenne che non lo fa;

   un contesto in cui la violenza sugli animali è ritenuta pericolosa, perché segnale di possibili comportamenti antisociali, è necessario prevedere interventi atti a tutelare la relazione fra l'uomo e gli animali, specialmente se il responsabile delle condotte violente è un minorenne, in delicata fase di crescita, al fine di favorirne il corretto sviluppo emotivo –:

   se siano al corrente dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano porre in essere per approfondire il fenomeno «Link» al fine di predisporre efficaci iniziative di natura informativa e preventiva.
(3-03046)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIBOLLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da numerose notizie di stampa che a Bergamo, da maggio, l'impianto di condizionamento, ma anche di riciclo dell'aria, del palazzo del tribunale sia fermo per un guasto. Risulta essere necessaria la sostituzione di alcuni pezzi degli impianti ma, pare sia impossibile risolvere in tempi ragionevoli in quanto occorrono le autorizzazioni del Ministero della giustizia;

   la situazione in cui si lavora è estremamente dannosa per la salute tanto che, nei giorni scorsi, con i termometri delle aule che registravano 35 gradi, un magistrato ha avuto un malore ed è stato portato in ambulanza in pronto soccorso;

   con un giugno torrido e un edificio progettato con tante vetrate quasi ovunque senza aperture, il risultato è una situazione diventata per tutti insopportabile; più volte sono state effettuate segnalazioni sia al presidente sia al responsabile dell'Economato circa la situazione di insalubrità delle aule d'udienza perché oltre al caldo insopportabile, il problema è che non funziona neanche il circolo dell'aria;

   inoltre, tra temperature roventi e casi di Covid di nuovo in salita, si pone il tema della salute di chi in tribunale ci lavora (52 giudici, 19 giudici onorari, 130 dipendenti del personale amministrativo) e di chi lo frequenta: avvocati, imputati, parti offese;

   il 23 giugno, è giunta la relazione tecnica, dei lavori da effettuare e dei tempi previsti e il presidente del tribunale ha comunicato al Ministero della giustizia, tutto quanto di dovere in quanto la normativa prevede che, per spese sopra i 5 mila euro serva l'autorizzazione dello stesso Ministero –:

   se il Ministro intenda, con la massima urgenza, attivarsi, per quanto di competenza, al fine di risolvere, senza ulteriori lungaggini, la drammatica situazione descritta in premessa.
(4-12449)


   FRATOIANNI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 23 giugno 2022, la testata «RomaToday» ha pubblicato una inchiesta sull'attività dell'associazione «Gruppo idee», intitolata «Il nero Ciavardini, la rete tra Rebibbia e il consiglio regionale del Lazio»;

   «Gruppo idee» è stata fondata nel 2009 da Luigi Ciavardini, già esponente di Terza Posizione e dei Nar, condannato in via definitiva per la strage del 2 agosto 1980, insieme a Fioravanti e Mambro, per l'omicidio dell'agente di polizia Francesco Evangelista e del magistrato Mario Amato, agguati avvenuti poco prima della strage di Bologna;

   l'inchiesta sull'attività dell'associazione «Gruppo idee» riporta, tra l'altro, la video testimonianza di una volontaria del carcere di Rebibbia;

   la donna – coperta da anonimato – riferisce quanto segue: «Diversi anni fa partecipo ad un bando, attraverso l'associazione “Gruppo Idee”, perché il “Gruppo Idee” ha più associazioni, associazioni che sono riconducibili al Nar Luigi Ciavardini». «In questo corso vi era un detenuto che era stato declassificato dal 41-bis e non si sa come e perché me lo sono ritrovato al mio corso». «Io l'ho dovuto sospendere dal corso per delle cose gravissime che ha scritto, soprattutto sul giudice Borsellino, che ha scritto contro il 41-bis. Borsellino perché... la colpa del giudice è stata quella che nel 1992 lo ha fatto arrestare. Quindi lui era estremamente arrabbiato con il giudice, tanto da far sposare il figlio il 19 luglio del 2018, la ricorrenza della morte di Borsellino. Per vendetta». «Quando decido di sospenderlo il “Gruppo Idee” mi contatta e mi dice perché sono andata dal direttore a sospendere questo detenuto, perché non mi sono rivolta a loro. Dopo circa dieci mesi dall'accaduto io mando via questo boss dal corso e vengo minacciata da un altro detenuto catanese, sempre iscritto al “Gruppo idee”(...)». «Un componente del Gruppo idee mi ha scritto questo... si è giustificato dopo dieci mesi dal brutto episodio di cui io sono stata vittima dicendomi che le persone che frequentavano il mio corso, erano state demandate da lui e che il detenuto in questione non ha voluto essere reinserito. Vuol dire che ha scelto lui i detenuti, perché iscritti alla sua associazione, quindi al “Gruppo idee”, e li ha scelti lui e non li ha fatti scegliere all'area educativa»;

   secondo il racconto, il Gruppo idee fondato da Luigi Ciavardini svolgerebbe attività di formazione all'interno del carcere di fatto scegliendo i detenuti beneficiari, in violazione delle regole carcerarie che prevedono l'esclusiva competenza dell'area educativa e della direzione;

   la presidente del «Gruppo idee» Germana De Angelis, ripresa in video da RomaToday, ha poi affermato: «ci contattano gli avvocati e poi, laddove è possibile, li mettiamo sul lavoro (...) generalmente ci sono degli avvocati che ormai sanno che noi, comunque, noi facciamo questo tipo di attività, ci contattano e ci chiedono la disponibilità»;

   la stessa, inoltre, afferma: «Sì, certo, noi Gilberto Cavallini lo abbiamo fatto uscire da Terni, certo (...) Gilberto Cavallini è una delle persone che noi abbiamo aiutato, abbiamo fatto un percorso lunghissimo», riferendosi all'ex Nar Gilberto Cavallini, condannato in via definitiva, insieme a Luigi Ciavardini, per l'omicidio di Mario Amato e in primo grado dalla corte di assise di Bologna per la strage del 2 agosto 1980;

   Ciavardini è stato recentemente rinviato a giudizio per falsa testimonianza, con riferimento alla sua deposizione resa nel 2018 durante il giudizio per strage nei confronti di Cavallini –:

   se la Ministra interrogata sia a conoscenza se il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria abbia svolto gli opportuni accertamenti di competenza con riferimento ai fatti riportati nell'inchiesta giornalistica di «RomaToday» considerando, tra l'altro, il particolare profilo di Luigi Ciavardini, ex terrorista dei Nar – uno degli autori della più grave strage di matrice eversiva della storia italiana – mai dissociato.
(4-12452)


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   un recente articolo stampa pubblicato da Il Riformista in data 9 giugno 2022, è tornato ad approfondire la questione relativa alla mancata intercettazione da parte del trojan installato sul cellulare di Luca Palamara delle conversazioni intercorse con Giuseppe Pignatone, all'epoca Procuratore capo di Roma, e altri importanti magistrati durante la nota cena del 9 maggio 2019; sulla vicenda già nel 2021 Il Riformista aveva pubblicato alcuni articoli in cui si ponevano diversi interrogativi sulle modalità con cui era stato utilizzato il software del trojan;

   al riguardo, il Procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, aveva diramato un comunicato stampa dichiarando che il trojan non avrebbe registrato l'incontro del 9 maggio 2019 «perché non era, come si è più volte già spiegato in tutte le sedi, programmato in quell'orario per la registrazione». Successivamente, convocato in audizione innanzi alla prima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm), il magistrato avrebbe confermato l'inesistenza dell'intercettazione di quella sera affermando che «non fu programmata perché si trattava di un incontro conviviale con le rispettive mogli. In questi contesti Palamara non si lasciava mai andare a confidenze, quindi sarebbe stato inutile», aggiungendo che il trojan era stato programmato per essere in funzione fino alle ore 18.00;

   tuttavia, secondo organi di stampa, quanto dichiarato da Cantone sarebbe in contrasto con le informazioni assunte dalla Rcs di Milano, società produttrice del software utilizzato per le intercettazioni, che avrebbe confermato la programmazione delle registrazioni fino alla mezzanotte e dalla cui relazione, depositata al Csm, risulterebbe la programmazione effettuata in data 8 maggio 2019 dal maresciallo del Gico Roberto D'Acunto per il giorno successivo, 9 maggio, dalle ore 18 fino alla mezzanotte. Tale programmazione, tuttavia, sarebbe stata modificata dal maresciallo Gianluca Orrea la mattina del 9 maggio, anticipandone l'orario di inizio. Tale cambio di programmazione avrebbe impedito il corretto funzionamento del trojan e di conseguenza annullato la registrazione dalle ore 18 in poi;

   a ciò si aggiunga che le dichiarazioni di Cantone contrasterebbero altresì con le programmazioni eseguite negli altri giorni, tra cui anche quella dell'8 maggio in cui il trojan sarebbe stato in funzione fino alle 2 di notte, e con le informazioni e le direttive di cui era in possesso il Gico secondo cui Palamara doveva essere intercettato soprattutto la sera quando incontrava a cena amici e conoscenti;

   sul punto, infatti, nel procedimento disciplinare a carico di Palamara, il maggiore del Gico Fabio di Bella avrebbe dichiarato che «Palamara era una persona che era solita intrattenersi fino a tardi la sera e incontrare diverse persone programmando [quindi] la registrazione nelle ore serali anche fino a tardi»);

   del resto, il cellulare di Palamara, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, era sottoposto anche al sistema tradizionale di intercettazioni telefoniche, diverso dal trojan, che non può essere interrotto senza la preventiva autorizzazione del pubblico ministero. Ed infatti, sarebbero state registrate le telefonate della mattina del 9 maggio in cui Palamara confermava l'appuntamento a cena con Pignatone. L'importanza e la presunta conoscenza dell'incontro avrebbero dovuto, quindi, indurre gli organi preposti alle indagini a programmare correttamente il trojan per quella serata;

   inoltre, ulteriori dubbi emergerebbero da una consulenza tecnica di parte effettuata dai legali dell'onorevole Cosimo Ferri e confermata dai tabulati delle registrazioni forniti dalla società Rcs, secondo cui la sera del 9 maggio il trojan sarebbe rimasto in funzione fino alle ore 22.53. Tale circostanza porrebbe ulteriori interrogativi sull'effettiva esistenza ed eventuale occultamento del file contenente la registrazione di tale intercettazione;

   alla luce di quanto emerso dagli organi di stampa, se taluni operatori del Gico avessero realmente disatteso le direttive impartite per le programmazioni del trojan ovvero, circostanza ancor più grave, il file fosse stato occultato, si delineerebbe una grave situazione che – a parere dell'interrogante – inficerebbe gravemente non solo l'operato degli organi inquirenti e del corpo della Guardia di Finanza, in funzione di polizia giudiziaria, ma altresì porrebbe ulteriori interrogativi sull'operato e sull'indipendenza del Csm che sulla questione, in sede di audizioni, non avrebbe approfondito le divergenze emerse tra le varie informazioni assunte –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, di quali informazioni disponga in relazione agli stessi e se non intenda, per quanto di competenza, valutare se sussistano i presupposti per promuovere iniziative ispettive nei confronti degli organi preposti alle indagini.
(4-12456)

INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Interrogazioni a risposta immediata:


   MAGI. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   la legge 30 dicembre 2020, n. 178, all'articolo 1, comma 341, come modificata dal decreto-legge n. 77 del 2021, ha istituito un fondo con dotazione di 100.000 euro annui a decorrere dal 2021 destinato alla realizzazione di una piattaforma digitale per la raccolta delle firme degli elettori necessarie per i referendum previsti dagli articoli 75 e 138 della Costituzione, nonché per i progetti di legge previsti dall'articolo 71, secondo comma, della Costituzione;

   l'articolo 1, al comma 343, della legge n. 178 del 2020 impegna la Presidenza del Consiglio dei ministri ad assicurare l'entrata in funzione della piattaforma sopra citata entro il 31 dicembre 2021 e, con proprio decreto adottato di concerto con il Ministro della giustizia, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, a definirne le caratteristiche, nonché le modalità con cui i promotori mettono a disposizione dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione le firme raccolte elettronicamente;

   seppure l'articolo 1, al comma 344, della legge n. 178 del 2020 abbia stabilito grazie all'approvazione di un emendamento a prima firma dell'interrogante che, a decorrere dal 1° luglio 2021 e fino alla data di operatività della piattaforma, le firme possano essere raccolte anche mediante documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata, è utile segnalare che tale procedimento transitorio non può essere ritenuto pienamente alternativo a quello che avrebbe dovuto già essere garantito ai sensi del comma 343, anche soltanto poiché, in attesa che della piattaforma pubblica, gli ingenti costi derivanti dai contratti con le società che gestiscono le raccolte firme sono a carico dei promotori;

   in risposta all'interpellanza urgente 2-01431 a prima firma dell'interrogante, il 4 marzo 2022 il Governo aveva affermato che l'iter di adozione del decreto attuativo si sarebbe concluso entro la fine di marzo 2022;

   tuttavia, il 12 aprile 2022 il Garante per la protezione dei dati personali ha reso un parere negativo sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sottoposto, rilevando una serie di aspetti critici –:

   come e in quali tempi il Ministro interrogato intenda procedere al fine di evitare che criticità tecniche superabili abbiano come esito quello di ostacolare l'attuazione della legge a danno dell'esercizio dei diritti politici dei cittadini.
(3-03050)


   NOBILI, PAITA, FREGOLENT, UNGARO, MARCO DI MAIO, OCCHIONERO e VITIELLO. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   l'asse 1 della missione 1, componente 2, del Piano nazionale di ripresa e resilienza riguarda investimenti e riforme volti principalmente a: a) favorire la transizione digitale e l'innovazione del sistema produttivo incentivando gli investimenti in tecnologie, ricerca, sviluppo e innovazione; b) realizzare reti a banda larga ultraveloce e 5G per ridurre il divario digitale e servizi e costellazioni satellitari; c) promuovere lo sviluppo di catene del valore strategiche e sostenere la competitività delle imprese, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese;

   alla realizzazione delle reti a banda larga e 5G è finalizzato l'investimento 3, che ha l'obiettivo di completare la rete nazionale, ultraveloce e di telecomunicazione 5G su tutto il territorio nazionale, al fine di raggiungere gli obiettivi della transizione digitale e di colmare il divario digitale in Italia;

   l'investimento prevede l'aggiudicazione di concessioni e comprende cinque progetti di connessione più veloce: «Italia a 1 Giga», «Italia 5G», «Scuola connessa», «Sanità connessa», «Collegamento isole minori» e l'aggiudicazione tutti gli appalti pubblici per questi progetti era tra i traguardi vincolanti da raggiungere entro giugno 2022;

   tra gli obiettivi vincolanti a breve termine vi è quello di portare la connettività a banda ultralarga a un minimo di altre 18 isole prive di collegamenti in fibra ottica con il continente, mentre gli obiettivi ai quali è vincolata la decima rata del prestito devono essere raggiunti entro giugno 2026;

   la maggior parte della tempistica relativa alla realizzazione ed assegnazione dei bandi è stata rispettata dal Governo – ad eccezione del bando più complesso, relativo alle nuove infrastrutture per il 5G – ma da ora in avanti le principali problematiche sono connesse a due grandi criticità: la complessità degli iter autorizzativi, che potrebbero rallentare la realizzazione delle opere, e la mancanza di personale capace di realizzare le infrastrutture programmate;

   due grandi criticità in grado di rallentare la realizzazione delle infrastrutture nei tempi previsti per il raggiungimento degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza e dei finanziamenti ad essi connessi, che non possono essere vanificati e devono rappresentare davvero un'occasione di crescita e di superamento dei limiti strutturali dell'Italia –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare relativamente ai rischi evidenziati in premessa, con particolare riguardo allo snellimento degli iter autorizzativi, alla mancanza di personale specializzato capace di realizzare le opere in oggetto ed al bando mancante relativo alle nuove infrastrutture per il 5G e se non ritenga utile ricorrere all'individuazione di commissari straordinari per le opere in oggetto al fine del rispetto dei tempi per il raggiungimento degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
(3-03051)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della transizione ecologica, per sapere – premesso che:

   la società Vent1 Capo Rizzuto S.r.l., è proprietaria di un parco eolico denominato «Wind Farm Icr», composto da n. 48 aerogeneratori, sito nel territorio di Isola di Capo Rizzuto in provincia di Crotone, ammesso al regime di incentivazione dei certificati verdi ai sensi del decreto ministeriale 18 dicembre 2008, rilasciati dal Gestore dei servizi energetici (Gse) in misura proporzionale all'energia rinnovabile prodotta;

   a seguito di indagini avviate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nell'ambito del procedimento penale n. 2650/08 RGNR, che vedeva indagato – in concorso con altri – l'allora rappresentante legale della società, per i reati di trasferimento fraudolento di valori e riciclaggio, la società veniva sottoposta alla misura cautelare del sequestro preventivo, con contestuale nomina degli amministratori giudiziari. In sostanza, l'accusa consisteva nell'aver investito nel parco eolico nell'interesse di una cosca mafiosa;

   il Gse, appresa l'esistenza del procedimento penale, sospendeva il riconoscimento dei certificati verdi, e richiedeva alla prefettura di Crotone il rilascio dell'informativa antimafia nei confronti della società ricorrente. Il 10 luglio 2013 la prefettura adottava ai danni della società Vent1 l'interdittiva antimafia n. 14509/2013/Area1/AM del 10 luglio 2013, sulla base del «sequestro preventivo della società stessa»;

   il Tribunale di Catanzaro ritenuta la sostanziale inefficacia di tale provvedimento interdittivo in ragione del sequestro giudiziario della Società e del Parco eolico, il 30 gennaio 2014 autorizzava gli amministratori giudiziari, al ripristino dei rapporti con il Gse per l'erogazione degli incentivi mediante rilascio dei certificati verdi;

   ciononostante, il Gse con provvedimento prot. GSE/P20140032159 del 14 marzo 2014, disponeva la «decadenza e comunque la revoca» della qualifica di impianto alimentato a fonti rinnovabili (IAFR), ai sensi dell'articolo 94 del decreto legislativo n. 159 del 2011, proprio in ragione dell'interdittiva del 2013;

   il 4 aprile 2014 l'Ufficio GIP-GUP di Catanzaro disponeva la revoca del provvedimento interdittivo del 2013. Il 17 aprile 2014 la prefettura, revocava la misura adottata, limitandosi a rilasciare una liberatoria pro-futuro e affermando che dalle verifiche svolte non erano emersi elementi circa eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa;

   successivamente, nell'ambito del procedimento penale si provvedeva al dissequestro delle quote societarie e del parco eolico;

   ogni tentativo stragiudiziale di ripristinare il rapporto di incentivazione con il Gse risultava vano;

   con sentenza n. 2692/2017 il Tar decideva sul ricorso proposto dalla Vent1 avverso il provvedimento del Gse di decadenza e revoca degli incentivi, accertando, a fronte dell'informativa liberatoria del 2014, la sussistenza del «dovere del GSE di rivalutare di conseguenza la situazione complessivamente afferente alla società ricorrente»;

   successivamente, al deposito di tale sentenza, nel maggio 2017, ancora su iniziativa della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, la società veniva coinvolta in un procedimento di prevenzione antimafia, con emissione del provvedimento di confisca del parco eolico;

   l'Agenzia nazionale beni sequestrati e confiscati (Anbsc) non impugnava tale provvedimento, e si determinava a presentare istanza di riesame al Gse ai fini dell'annullamento del provvedimento di revoca dagli incentivi e della riattivazione del rapporto di incentivazione, rappresentando come la ratio dei provvedimenti di sequestro e confisca di prevenzione sia quella di non consegnare allo Stato un'azienda in crisi;

   nel silenzio del Gse, la società adiva nuovamente il Tar Lazio che con sentenza n. 12591/2018 accoglieva il ricorso. Il Gse, con atto prot. n. GSE/P20190006452 del 29 gennaio 2019, respingeva l'istanza di riesame, affermando di non poter annullare il provvedimento di decadenza e revoca dagli incentivi, in quanto fondato ex lege sull'interdittiva del luglio 2013. L'Anbsc ricorreva contro il Gse avanti al Tar Lazio con ricorso RGN 3715/2019, tuttora pendente;

   nel frattempo, la misura della confisca veniva annullata dalla Corte di cassazione, per insussistenza dei presunti profili di condizionamento mafioso della società e per la piena liceità delle relative fonti di finanziamento;

   la Corte d'appello di Catanzaro, in sede di rinvio, con decreto n. 22/2020, depositato il 23 aprile 2020, ha annullato in via definitiva la citata misura di prevenzione della confisca, escludendo la riconducibilità della vicenda del parco eolico realizzato dalla Vent1 Capo Rizzuto a «finalità agevolative o rappresentative della cosca mafiosa»;

   da quella data, nel perdurante rifiuto del Gse di riattivare il rapporto di incentivazione, più volte la Vent1 chiedeva alla prefettura di Crotone di riesaminare la citata interdittiva del luglio 2013, rimuovendola dall'ordinamento con effetti ex tunc, rappresentando lo stato di crisi economico-finanziaria che rischiava di portarla al fallimento e alla dismissione del Parco eolico. Purtuttavia, la prefettura di Crotone rifiutava di annullare il provvedimento interdittivo del 2013 (provv. prot. n. 14484 del 19 aprile 2022);

   è necessario segnalare il paradosso giuridico nel quale si trova la citata società, coinvolta per più di dieci anni in un processo penale e in procedimenti di prevenzione che si sono chiusi con formule assolutorie piene, e ciò nonostante ancora oggi privata della possibilità di re-instaurare l'originario rapporto di incentivazione con il Gse;

   dai vari provvedimenti giudiziari emerge chiaramente che le risorse per la realizzazione del parco eolico di Isola di Capo Rizzuto sono state erogate dalla HSH Nordbank AG, i cui fondi sono stati accertati essere completamente legittimi da una rogatoria internazionale che ha interessato la procura federale tedesca;

   attualmente, il credito che la società vanta ad oggi nei confronti del Gse ammonta a circa 200 milioni di euro ed altrettanti sono i debiti della stessa nei confronti della banca finanziatrice. Il diniego del Gse poggia integralmente sul mancato espresso annullamento dell'interdittiva del 2013, imputabile a sua volta al mancato coordinamento delle varie articolazioni dello Stato, uffici giudiziari, prefettura, Gse –:

   se il Ministro dell'interno non intenda adottare iniziative, nell'ambito delle sue competenze, affinché la prefettura di Crotone annulli il citato provvedimento interdittivo del 2013;

   se i Ministri interpellati non ritengano opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, valutando anche la costituzione di un tavolo inter-istituzionale, per addivenire ad una celere soluzione della vicenda di cui in premessa, che, oltre a comprimere la libertà di iniziativa economica, costituzionalmente garantita all'articolo 41 della Costituzione, continua a cagionare un grave e irreparabile nocumento ad una società, riconosciuta, con svariati provvedimenti delle autorità giudiziarie coinvolte, ab origine estranea a qualsiasi ipotesi di infiltrazione mafiosa.
(2-01550) «Torromino, D'Attis».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARNEVALI, CIAGÀ e CECCANTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa apparse sull'Eco di Bergamo si è appreso che anche alla luce delle nuove funzioni inerenti alle verifiche antimafia sugli appalti da 225 miliardi di euro del Pnrr, recentemente attribuite, le prefetture italiane sarebbero sempre più in affanno;

   secondo quanto riportato da un'inchiesta de Il Sole 24 ore, mancherebbero su tutto il territorio nazionale il 45 per cento dei vice-prefetti e dei vice-prefetti aggiunti, cui andrebbero sommati una carenza del 30 per cento dei dirigenti contrattualizzati e del 20 per cento del personale non dirigenziale; e complessivamente risulterebbe una carenza di organico pari a 5.161 unità;

   il combinato disposto di un organico esiguo a fronte di competenze davvero molto ampie rischia dunque di rendere impossibile il raggiungimento degli obiettivi previsti da molte prefetture;

   tale situazione appare molto difficile anche con riferimento alla provincia di Bergamo, dove nella sola prefettura di via Tasso, a fronte di 10 viceprefetti previsti dalle piante organiche, ne sarebbero in servizio appena 4, determinando una scopertura dell'organico pari addirittura al 60 per cento;

   va altresì segnalato che nell'ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia, proprio la prefettura di Bergamo è stata segnalata tra quelle più attive, avendo emesso nella prima parte del 2021 ben 7 interdittive antimafia, mentre è stata molto impegnata anche sul fronte dei profughi consentendo l'accoglienza di ben 4.000 persone in fuga dalla guerra nella sola provincia di Bergamo –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare per affrontare la segnalata criticità degli organici esigui a fronte di competenze sempre più ampie, con riferimento sia alle prefetture presenti su tutto il territorio nazionale, sia in particolare alla prefettura competente per la provincia di Bergamo.
(5-08330)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da parecchi mesi nel Tirreno cosentino si stanno verificando gravi episodi criminosi, che hanno turbato la sicurezza dei cittadini;

   di recente a Cetraro (Cosenza) si sono verificati, con successione preoccupante, fenomeni di gambizzazione, incendio di imbarcazione nel porto, tentato omicidio, furti e manomissione continue del sistema di video sorveglianza pubblica, colpi di arma da fuoco ai danni del maresciallo dei carabinieri di Cetraro;

   le istituzioni cittadine, a capo il consiglio comunale di Cetraro, hanno prodotto iniziative continue per sollecitare una adeguata presenza dello Stato, anche attraverso il rafforzamento dei presìdi di legalità;

   ormai da anni si pone con forza la necessità di attivare la tenenza dei carabinieri in uno stabile già ultimato da oltre cinque anni;

   tutto questo nonostante le ripetute prese di posizione, anche da parte di figure istituzionali autorevoli, senza sortire sinora effetti concreti –:

  se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti premessa e se intenda assumere iniziative in particolare al fine di:

    predisporre un piano strategico di intervento volto a rafforzare l'efficienza delle forze dell'ordine dell'intero Tirreno cosentino;

    adottare tutte le contromisure necessarie a fronteggiare l'escalation malavitosa, che ha notoriamente i tratti distintivi della criminalità organizzata;

    rafforzare la sinergia tra tutti gli apparati coercitivi per ristabilire la piena sovranità dello Stato in un territorio ad alto rischio criminale;

    infine, attivare la tenenza dei carabinieri, ormai non più rinviabile, con la finalità di ripristinare il controllo del territorio e creare un baluardo a contrasto della pervasività della criminalità organizzata.
(4-12450)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 2 giugno 2022 a Peschiera del Garda, in provincia di Verona, in occasione della festa della Repubblica, si è svolto un raduno di musica trap convocato tramite il social «TikTok» denominato «l'Africa a Peschiera» a cui hanno partecipato oltre un migliaio di ragazzi, tra cui la maggior parte immigrati nordafricani di seconda generazione, che hanno in poco tempo riempito il tratto di spiaggia compreso tra il lido Campanello e il lido Pioppi, tra Castelnuovo del Garda e Peschiera del Garda;

   la «Giornata Africa», come viene definita da molti, costituisce un raduno in cui migliaia di giovani di seconda generazione si radunano in una località italiana e decidono lì di porre in essere azioni di devastazioni, saccheggi, danneggiamenti ed altre gravi angherie. A tali raduni si assiste ad atti di vero e proprio razzismo non essendo ammessa la presenza degli italiani, dei «bianchi»;

   come si apprende da organi di stampa, nella località balneare i giovani nordafricani avrebbero devastato il territorio, partecipato a maxi risse, commesso danneggiamenti e finanche a molestie. Le immagini diffuse dalla stampa e sui social mostrano scene di grave degrado, morale oltre che urbano, in cui i ragazzi si denudano, denigrano le donne perché «bianche», saltano sui tettucci delle autovetture, danneggiano oggetti per strada e compiono furti e atti vandalici di vario genere;

   in particolare, secondo le prime testimonianze, i disordini sarebbero stati scatenati da un tentativo di furto di un portafoglio a cui avrebbe fatto seguito una colluttazione in cui un giovane sarebbe stato ferito con un coltello;

   sembrerebbe, inoltre, che alcuni partecipanti al raduno e alla maxi-rissa si sarebbero resi protagonisti di gravi episodi di molestie sessuali aggravate da motivazioni razziali nei riguardi di cinque ragazze minorenni, di 16 e 17 anni, poste in essere nel medesimo giorno del raduno, sul treno della tratta ferroviaria che da Peschiera del Garda conduce a Milano su cui si trovavano le minori di ritorno da una giornata trascorsa a Gardaland;

   in particolare, secondo quanto emerge dalle denunce, il gruppo di giovani nordafricani avrebbe bloccato il convoglio azionando il freno di emergenza, avrebbe accerchiato le vittime molestandole e rivolgendo nei loro confronti insulti razzisti del tipo «le donne bianche qui non salgono»;

   l'episodio in parola chiarisce in modo incontrovertibile il fallimento delle politiche di integrazione promosse dai Governi di sinistra, in cui spesso baby-gang di giovanissimi nordafricani, dimostrano un disprezzo verso la nostra civiltà e sono animati da odio razziale. Nonostante i fatti di cronaca passati e presenti, anche l'attuale Governo cerca di varare nuove norme in materia di cittadinanza, introducendo il cosiddetto ius scholae che consentirà ai ragazzi immigrati nati in Italia o giunti prima del dodicesimo anno che abbiano frequentato almeno cinque anni di scuola di ottenere la cittadinanza italiana. Si tratta a ben vedere di un automatismo che non tiene conto dell'effettivo e rispettoso inserimento sociale del giovane e si configura come una sanatoria che in modo implicito consentirà di aggirare le norme vigenti in materia di cittadinanza;

   quanto accaduto durante il raduno e le condotte di molestie, o violenze come saranno definite dagli organi giudiziari competenti, pongono in luce secondo l'interrogante un crescente razzismo di immigrati di prima e seconda generazione contro gli italiani autoctoni che meriterebbe le dovute tutele, compresa quella di veder contestata agli autori del fatto la circostanza aggravante dell'odio razziale di cui all'articolo 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 cosiddetta «Legge Mancino» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, di quali informazioni disponga, per quanto di competenza, in relazione ai fatti accaduti e a fenomeni sempre più diffusi che appaiono riconducibili alla matrice dell'odio razziale.
(4-12457)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ANGIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 26 e 27 giugno 2022 Yusupha Joof, bracciante agricolo di 35 anni nato in Gambia, è morto tra le fiamme dell'incendio scoppiato nell'insediamento a Torretta Antonacci – comune di San Severo – nelle campagne pugliesi del foggiano;

   Yusupha era costretto a vivere in quello che viene definito il «ghetto» di Torretta Antonacci, dormendo in una struttura fatiscente, 2 metri per 2, fatta di lamiere, con temperature che raggiungevano i 40 gradi. Nelle baracche interessate dal rogo vivevano quattro persone, ma solo Yusupha è rimasto coinvolto. I vigili del fuoco hanno trovato il suo corpo incenerito ancora all'interno, tra le pareti di lamiera;

   quello che si è verificato è l'ennesimo incendio nei ghetti della Capitanata, e Yusupha è stato l'ennesima vittima innocente negli ultimi sei anni: due nel 2017 a Torretta Antonacci; quattro, tra il 2018 ed il 2020, nel ghetto di Borgo Mezzanone; uno nel 2016 in quello che viene chiamato il «Ghetto dei Bulgari»; l'ultimo, nel dicembre del 2021, nel ghetto di Stornara; l'immane tragedia che ha coinvolto Yusupha costituisce l'ulteriore conferma dell'assoluta necessità di mettere la parola «fine» a situazioni del genere, che promuovono illegalità e costringono a vivere in condizioni disumane ed inimmaginabili;

   a tal fine il 29 marzo 2022 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito della Missione 5 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha dato il via libera e firmato un provvedimento che stanziava e ripartiva ben 200 milioni di euro, con la precipua finalità, tra le altre, di superare gli insediamenti abusivi e combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura;

   alla Provincia di Foggia è stato assegnato il finanziamento più cospicuo, pari a circa 103 milioni, 28 dei quali destinati proprio al Comune di San Severo per l'insediamento di Torretta Antonacci: un simile stanziamento certifica e conferma quanto sia indispensabile e, soprattutto, indifferibile intervenire;

   nonostante gli stanziamenti, tuttavia, i progetti non sono partiti, poiché difetterebbe la fase attuativa da parte delle istituzioni regionali e locali. L'inerzia dei soggetti che dovrebbero occuparsi della messa a terra della misura appare ancora più ingiustificata alla luce della tragedia che da ultimo si è consumata;

   si rende assolutamente necessario, pertanto, accelerare senza riserve né esitazioni nella fase di implementazione, avviare i progetti e debellare una volta per tutte l'insostenibile piaga dei ghetti, smantellando definitivamente tutti gli insediamenti abusivi e garantendo, pertanto, sicurezza e dignità a tutti i lavoratori agricoli coinvolti –:

   se il Ministro sia a conoscenza delle ragioni dell'inerzia delle istituzioni regionali e locali e quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare per favorire l'attivazione degli enti coinvolti nell'implementazione delle misure finanziate con il decreto del 29 marzo 2022, valutando altresì la possibilità di nominare un Commissario straordinario e dotarlo dei necessari poteri per attuare gli interventi di cui trattasi e garantire a chi lavora in agricoltura una sistemazione dignitosa.
(4-12451)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   domenica 12 giugno 2022 si sono svolte le elezioni amministrative per circa 33 comuni del salernitano. Nel comune di Nocera Inferiore, la competizione elettorale avvenuta tra sei candidati a sindaco è stata vinta dal candidato di centrosinistra Paolo De Maio appoggiato dalle liste Partito Democratico, Nocera Libera, Passione per Nocera, Socialisti, Nocera Solidale e Moderati;

   da organi di stampa si apprende la notizia secondo cui Paolo De Maio avrebbe tenuto un incontro nel corso della sua campagna elettorale con il direttore del Dipartimento di emergenza accettazione (Dea) di Nocera-Pagani-Scafati, Maurizio D'Ambrosio, ed alcuni primari dell'ospedale Umberto I;

   quanto accaduto avrebbe suscitato diverse critiche da parte degli altri candidati sindaci in quanto risulterebbe inappropriato per i ruoli di rilevanza ed interesse pubblico che rivestono i protagonisti dell'incontro. Al riguardo, sempre secondo fonti giornalistiche, Giovanni D'Alessandro, candidato sindaco, avrebbe presentato un esposto di 26 pagine alla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore per fare chiarezza sulle modalità con cui si è tenuta la riunione, e Antonio Romano, altro candidato, durante i suoi comizi elettorali avrebbe più volte denunciato l'ingerenza da parte di politici, per lo più di centrosinistra, nelle questioni dell'ospedale Umberto I di Nocera Inferiore;

   invero, date le modalità con cui sarebbe avvenuto l'incontro presso un bar, questo rischierebbe di apparire, come ritenuto da tanti, come un incontro per fini elettorali e per interessi personali e non certamente per discutere di importanti problemi che attanagliano il presidio ospedaliero e che avrebbero necessità di un approfondimento formale congiuntamente con gli operatori sanitari e con le organizzazioni sindacali di interesse;

   sono note, infatti, le criticità in cui versa l'ospedale Umberto I di Nocera Inferiore di cui la Cisl Fp denuncia da mesi la grave carenza di personale, in particolare del pronto soccorso che genera una situazione intollerabile non in grado di salvaguardare la qualità delle prestazioni e i livelli minimi di assistenza;

   tale incontro, quindi, per le ragioni esposte, rischierebbe di essere l'ennesimo episodio denunciato dai cittadini, in cui esponenti politici di centrosinistra, vicini a De Luca, si rendono protagonisti di azioni di ingerenza nella gestione e direzione della sanità per fini politici atteso che è notoria la possibilità del potere regionale di incidere sulla nomina dei primari –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intendano intraprendere, anche di carattere normativo, in relazione alla situazione della sanità della Campania, anche in considerazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari e dei relativi effetti, nonché al fine della piena correttezza delle campagne elettorali utile per garantire la legalità e la libertà di voto.
(4-12458)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella scorsa legislatura l'ex deputato Catalano con decine di interrogazioni ha evidenziato illeciti nella gestione di Poste Italiane;

   con più di un atto di sindacato ispettivo, l'interrogante ha posto all'attenzione del Governo la necessità di rinnovare il dispositivo di protezione all'ispettore di Poste Italiane, Alessandro Carollo, per via delle ritorsioni dovute al suo operato di denuncia delle frodi interne a Poste Italiane;

   l'11 marzo 2019 l'ufficio posta di Pietraperzia è stato rapinato da 3 persone che sarebbero entrate dall'entrata laterale di Piazza della Repubblica, un'uscita di emergenza dell'edificio. I rapinatori avrebbero costretto gli impiegati a consegnare i soldi che stavano per essere depositati nella cassaforte e subito dopo sono scappati attraverso le vie presenti in zona. Sul posto sono giunte due pattuglie dei carabinieri della locale stazione per i rilievi del caso. Dai primi accertamenti, secondo la fonte di stampa, sembrava che il bottino portato via dai tre rapinatori si aggirasse intorno ai 40 mila euro;

   risulta all'interrogante che Raffaele Panico sia stato il firmatario del report relativo alla rapina consumata a Pietraperzia (Enna) in cui Poste Italiane ha subito in realtà un danno di circa 50.000 euro;

   risulta all'interrogante che l'operato del dirigente, Raffaele Panico, fosse al centro di segnalazioni da parte dell'ispettore Alessandro Carollo, anche per una falsa testimonianza, e comunicate al Comitato whisteblowing aziendale, in ultimo in data 17 giugno 2022, senza che da esso abbia avuto riscontro;

   l'ispettore è stato altresì ascoltato nell'ambito del procedimento penale n. 484 del 2022 il 10 giugno;

   Poste Italiane come destinatario di contributi pubblici per l'espletamento del servizio pubblico universale della consegna della corrispondenza deve garantire al Governo che i suddetti vengano utilizzati per l'espletamento di un servizio di qualità e non per ripianare eventuali perdite di bilancio dovute anche ad atti criminali evitabili –:

   di quali informazioni disponga il Governo, per quanto di competenza, in merito ai fatti espressi in premessa;

   se non si intenda rinnovare il dispositivo di protezione all'ispettore Alessandro Carollo.
(4-12448)


   LACARRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come emerso negli scorsi mesi sulla stampa nazionale ed internazionale, l'aumento dei costi di produzione della carta, che è precedente alla guerra, sta subendo un'impennata determinata dagli effetti del conflitto in Ucraina e dal conseguente rincaro dei combustibili e di una strategia oligopolistica che taglia fuori, di fatto, Paesi come l'Italia;

   l'Italia, che ha complessivamente un segmento che vale 25,3 miliardi di euro, equivalenti a circa l'1,4 per cento del PIL italiano, e vanta 4 miliardi di euro di saldo positivo della bilancia commerciale, secondo AssoCarta, ha dismesso parte della produzione cartiera, perché priva di risorse utili a sostenere una produzione di qualità dentro un mercato globale della carta egemonizzato dei Paesi scandinavi e dalla Cina;

   l'abbassamento della qualità globale della carta ha consentito il solo mantenimento delle cartiere di qualità elevata, le quali adesso subiscono i contraccolpi della crisi energetica. In questo si inseriscono quei Paesi neocomunitari a forte tradizione tipografica, come la Polonia, che intervengono sul mercato in due modi: acquistando partite enormi di carta per le proprie tipografie, invitando direttamente gli editori italiani piccoli e medi a stampare in Polonia, previo pagamento, a prezzi enormemente più bassi di quelli di una tipografia media italiana. Ciò sta producendo una distorsione nel mercato europeo ed il crollo della tipografia meridionale;

   la risposta degli editori italiani che mantengono la produzione sul territorio nazionale è l'aumento del prezzo di copertina, dato dall'aumento dei costi di produzione dei libri e dei giornali;

   conseguentemente, in un Paese che ha notoriamente sempre meno lettori, l'aumento dei prezzi non favorisce l'innalzamento dei tassi di lettura;

   i fenomeni di dumping nel settore potrebbero, a lungo andare, compromettere la tenuta dell'intero sistema editoriale, quotidiani e periodici compresi, con gravi conseguenze sul piano della costruzione dell'informazione democratica e dell'opinione pubblica;

   diventa perciò quanto mai necessario intervenire per calmierare i prezzi, riordinare il mercato ed abbattere i costi energetici con una transizione energetica anche nella produzione di carta, dove alcune cartiere italiane stanno chiudendo con il combustibile fossile e usano energia proveniente da fonti naturali;

   in tal senso, un investimento siffatto al Sud, dove si legge meno, favorirebbe lo sviluppo di un settore, quello editoriale, nel quale l'Italia ha sempre espresso eccellenze e intelligenze –:

   se e quali valutazioni di competenza intenda esprimere relativamente a quanto rappresentato in premessa;

   se intenda, per quanto di competenza, intraprendere iniziative volte a sostenere l'industria cartiera del nostro Paese.
(4-12454)


   PELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 157, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021) ha stabilito un contributo di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, a favore dell'Unione Industriale Biellese, per sostenere l'industria tessile, gravemente danneggiata dalla persistente emergenza epidemiologica da COVID-19, a tutela della filiera e per la programmazione di attività di progettazione, di sperimentazione, di ricerca e sviluppo nel settore tessile;

   il successivo comma 158 ha stabilito che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, erano definite le modalità di erogazione del contributo, i criteri per la selezione dei programmi e delle attività finanziabili, le spese ammissibili nonché le modalità di verifica, di controllo e di rendicontazione delle spese sostenute utilizzando il medesimo contributo;

   ad oggi nessun provvedimento attuativo risulta adottato in merito dal Ministro interrogato, a distanza di più di un anno dalla disposizione;

   l'Unione Industriale Biellese, con approfondite analisi della situazione del territorio ed in particolare del settore tessile, ha individuato vari campi di intervento nel settore dello sviluppo di nuove competenze, della ricerca ed innovazione, della sostenibilità, dell'accesso al credito e della digitalizzazione, senza dimenticare lo sviluppo dell'intero territorio anche dal punto di vista turistico, volano per una maggiore conoscenza anche del settore tessile locale e dei suoi prodotti. Nella programmazione si è tenuto conto anche delle difficoltà derivanti del periodo di emergenza sanitaria (si veda il Progetto di rilancio dell'industria e del territorio biellese – ottobre 2020);

   unitamente ad altri stakeholder del territorio ha altresì già predisposto progetti per l'attuazione di tali obiettivi;

   i contributi di cui alla legge n. 178 del 2020 citata sarebbero destinati a far decollare almeno alcune di tali iniziative, ma purtroppo i ritardi nella determinazione delle disposizioni di attuazione non permettono di disporre dei fondi, né di conoscere le priorità e le modalità richieste –:

   se ed entro quale termine il Ministro interrogato intenda provvedere all'emanazione del decreto di cui all'articolo 1, comma 158, della legge n. 178 del 2020, al fine di consentire all'Unione Industriale Biellese di disporre e di utilizzare i contributi già stanziati a favore del settore tessile.
(4-12455)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Ascari e Grippa n. 4-12396, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 giugno 2022, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Palmisano.

ERRATA CORRIGE

  Testo riformulato della mozione Ruffino e altri n. 1-00664 pubblicato nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 714 del 27 giugno 2022. Alla pagina 27275, seconda colonna, dalla riga settima alla riga nona, deve leggersi: «Cingolani;», e non come stampato.