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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 14 giugno 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana è una malattia virale dei suidi (famiglia che comprende anche i maiali e i cinghiali), determinata da un virus della famiglia degli Asfarviridae, genere Asfivirus, ma non è una zoonosi, quindi non è una patologia trasmissibile all'uomo ma questo ne è vettore, sia diretto che indiretto;

    la diffusione dell'infezione può avvenire tramite contatto diretto tra animali, da suino infetto a sano tramite vomito, diarrea, ma anche tramite vettore come la zecca, ingestione di prodotti a base di scarti e rifiuti di cucina infetti, per contatto con materiali, abiti e attrezzature da agricoltura e da caccia e quindi anche dall'uomo stesso. Esiste quindi un ciclo selvatico ed un ciclo domestico e questo rilevante aspetto deve essere considerato dirimente per la prevenzione e l'attuazione di una serie di pratiche fondamentali tese ad evitare la diffusione del virus;

    la peste suina è endemica in Africa: «l'agente responsabile è stabilmente presente e circola nella popolazione, manifestandosi con un numero di casi più o meno elevato ma uniformemente distribuito nel tempo» (definizione dell'Istituto superiore di sanità). In Italia si registrò la presenza di Asf (african swine fever) nel 1967, con altri episodi nel 1971 e poi nel 1983. Nel 1978 fu dichiarata endemica in Sardegna. Numerosi i focolai diffusi in tutta Europa negli anni più recenti: dal 2014 in Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia, nel 2017 in Romania e Repubblica Ceca, nel 2018 in Ungheria, Bulgaria e Belgio;

    nei documenti Efsa (European Food Safety Authority) e del Ministero della salute sono riportati casi di infezione di suini d'allevamento importati in Italia provenienti da Paesi dell'Est dove le misure di biosicurezza non sono state evidentemente rispettate. Numerose indagini hanno dimostrato che il contagio all'interno degli allevamenti di suini avviene tramite l'introduzione di altri suini non controllati, sia durante l'allevamento che durante il trasporto. Si parla quindi di trasmissione intra-allevamento, in cui gli animali non hanno alcun contatto con i selvatici;

    è da evidenziare come, se i suini negli allevamenti non entrano in contatto con altri esemplari importati ed infetti e se non vengono gestiti allo stato brado o semi brado, entrando quindi in contatto con i cinghiali selvatici, e adottando contestualmente misure sanitarie e di controllo costante, non sussiste la propagazione della peste suina;

    a tale scopo giova ribadire che è la stessa Efsa (European Food Safety Authority) quanto il Ministero della salute, a rammentare il cruciale ruolo dei cacciatori nella diffusione del virus della peste suina quanto di altri agenti patogeni e quale sia lo strumento necessario per impedirne esiti gravi: un completo bando delle attività venatorie che andrebbero imposte per frenare la diffusione dell'epidemia. Si rammenta anche che tra le pratiche consentite in periodo venatorio vi è anche quello della eviscerazione degli animali abbattuti in loco (con relativo problema di smaltimento corretto) e che spesso non viene praticata con tutte le necessarie precauzioni del caso e che certamente rappresenta un reale problema in caso di diffusione di peste suina quanto di altre potenziali patologie, anche per il rischio di contaminazione ambientale;

    tra le ulteriori precauzioni di Efsa e Ministero della salute sono elencate: la non importazione di carni fresche, surgelate e insaccate, eviscerazione dei capi cacciati. È infatti rilevante che, mentre in Paesi europei confinanti con l'Italia erano segnalati numerosi focolai, nel febbraio 2021 nella trasmissione «Indovina chi viene a cena» della giornalista d'inchiesta Sabrina Giannini, si dimostra come il reale pericolo fosse presente con la movimentazione in Italia dalla Romania di insaccati infetti;

    ulteriore attenzione dovrebbe essere altresì posta anche nei confronti delle pratiche reintrodotte con il decreto legislativo n. 27 del 2021 e che consentono la possibilità di macellare gli animali (suini, bovini, equidi, ovini, caprini) presso il proprio domicilio per il consumo familiare. Le preoccupazioni e perplessità sul benessere animale, sicurezza alimentare e ambientale sono state ampiamente sollevate dal mondo della medicina veterinaria tutta. In una nota della SIVeMP (Sindacato italiano veterinari di medicina pubblica) si fa particolare riferimento non solo al benessere animale che, seppur in un momento estremo come la macellazione deve essere garantito, ma anche al potenziale e grave rischio sanitario. È praticamente impossibile per le Ulss/Asl eseguire qualunque controllo sanitario sulle carni, sul benessere animale, sullo smaltimento delle carcasse e dei visceri e quindi sul controllo del medico veterinario che si fa garante del rispetto delle norme sanitarie. Sono evidenti i rischi che conseguono da questa pratica e che aumentano potenzialmente in modo esponenziale in presenza della diffusione di un virus; il 7 gennaio 2022 l'Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche – centro di referenza nazionale per la peste suina – ha accertato la positività al virus in un cinghiale vittima di un incidente stradale ad Ovada, in Piemonte. Il Ministero della salute ha quindi di seguito provveduto, in ottemperanza alle normative vigenti e al piano nazionale, a notificare l'evento alla Commissione europea e all'Oie; a fronte di questo episodio, con notevole ritardo sono state intraprese iniziative tese al contenimento e alla verifica di eventuali altri casi;

    mentre i mesi sono trascorsi senza provvedimenti evidentemente contenitivi si è fatta largo la teoria, in concomitanza con una diffusione a mezzo stampa di allarmistici servizi sulla presunta invasione dei cinghiali nelle città e che, per varie motivazioni, ha sollevato inquietudine, rimostranze e disagi, della improcrastinabile esigenza di praticare gli abbattimenti dei suidi selvatici sulla base di dati stimati. Si rammenta che non risultano dei veri e propri censimenti, ma meri dati stimati su cui è evidente che vi sia un dubbio sulla qualità e l'integrità del dato stesso ma che, sulla base di questi, vengono però stabiliti e pianificati gli abbattimenti; Il cinghiale (Sus scrofa) è diffuso in gran parte dell'Europa e dell'Asia (eccetto le parti più settentrionali). Nel 1911 il cinghiale era assente in Italia settentrionale ed aveva una distribuzione in Italia peninsulare assai ridotta. Il livello minimo della distribuzione si raggiunse con la seconda guerra mondiale. Negli ultimi 30 anni, l'areale del cinghiale in Italia si è più che quintuplicato; cause di questo fenomeno sono state lo spopolamento della montagna con conseguente recupero del bosco, nonché le immissioni a scopo venatorio, che sono state effettuate spesso con soggetti provenienti da allevamenti ed anche appartenenti a sottospecie non autoctone e persino ibridati con suidi domestici. È probabile che ciò abbia condotto ad un aumento della fertilità, perché è noto che gli animali domestici sono in genere più prolifici dei loro antenati selvatici, ed è quindi verosimile che anche l'ibrido tra un animale domestico ed uno selvatico, avendo caratteri intermedi, sia più prolifico dell'antenato selvatico;

    il cinghiale ha una struttura sociale matriarcale: la femmina più anziana guida il branco di femmine che vive insieme ai cuccioli (Meynhardt H. 1986. Schwarzwild-Report. Mein Leben unter Wildschweinen. Naumann, Leipzig). Le femmine hanno un periodo fertile che può durare tutto l'anno (Apollonio M., R. Putman, S. Grignolio & L. Bartos 2011. Hunting seasons in relation to biological breeding seasons and the implications for the control or regulation of ungulate populations. In: M. Apollonio, R. Andersen & R. Putman (eds.), Ungulate management in Europe: Problems and practices, Cambridge University Press, London, UK: 80105). Generalmente accade che nel branco vi sia la sincronizzazione dell'estro che genera quindi più o meno lo stesso periodo di parto tra le femmine giovani del gruppo: si ha quindi una riproduzione stagionale regolata (Dardaillon M. 1988. Wild boar social groupings and their seasonal changes in the Camargue, southern France. Sàugetierkunde 53: 22-30). La specie è altamente adattabile e ciò determina la notevole espansione delle popolazioni. È quindi evidente che i sistemi di caccia selettiva, adottata negli anni pregressi non sono efficaci (professor Carlo Consiglio, zoologo, Università La Sapienza);

    nonostante le evidenze scientifiche, si assiste alla richiesta di abbattere i cinghiali per limitarne i danni. Il professor Carlo Consiglio, già docente zoologia all'Università «La Sapienza» di Roma, evidenzia che: «Da oltre 30 anni il cinghiale arreca gravi danni all'agricoltura in tutta Europa; le autorità i decretano abbattimenti, ma l'ammontare dei danni ciononostante continua a crescere. Evidentemente la caccia non è un metodo efficace per prevenire o ridurre i danni. La soluzione può venire solo dalle più recenti ricerche sull'etologia e l'organizzazione sociale dei cinghiali stessi, da cui sembra risultare che la caccia interrompa il delicato meccanismo della sincronizzazione dell'estro, che regola la riproduzione dei cinghiali, nonché, attraverso l'eliminazione dei grandi maschi dominanti, il passaggio ad una strategia riproduttiva poliandrica o promiscua; ne risulta un'anticipazione del raggiungimento della maturità sessuale ed un aumento della fertilità, della grandezza di popolazione e dei danni. Lungi dall'essere un metodo efficace per limitare i danni arrecati dai cinghiali, quindi, la caccia aggraverebbe il problema. Metodi efficaci per limitare i danni dei cinghiali sembrano essere invece le recinzioni elettriche ed i metodi colturali. Io vorrei spiegare che la caccia non è in nessun modo necessaria alla conservazione della natura e che in realtà molti scienziati compiacenti, fin dagli anni '30, hanno formulato delle teorie scientifiche per sostenere che la caccia era compatibile, e forse anche necessaria, alla conservazione della natura, però che questi argomenti non sono fondati, perché gli animali raggiungono da soli un equilibrio con il loro ambiente e hanno dei meccanismi interni di regolazione delle popolazioni. Lo stesso concetto di sovrappopolazione non ha un fondamento scientifico o una definizione scientifica. Sovrappopolazione significa che gli animali sono di più di quelli che dovrebbero essere, ma nessuno può dire quanti dovrebbero essere. Gli animali sono quelli che sono, in seguito all'equilibrio che essi raggiungono.»; altri ricercatori quali Servanty ed altri concludono che: «quando una popolazione è pesantemente cacciata, aumentare la mortalità in una sola classe d'età (ad esempio solo adulti solo giovani) può non permettere di limitare l'accrescimento della popolazione.»; secondo il ricercatore Ungherese Csányi «la pressione venatoria è insufficiente per impedire l'accrescimento della popolazione di cinghiali; questi sono favoriti dall'aumento delle superfici forestali e dall'estensione dell'agricoltura che fornisce habitat adatto e cibo; inoltre la distribuzione sparsa dei distretti venatori fa sì che molti animali possano sfuggire verso zone dove non vengono cacciati.»; secondo Marsan ed altri «un esasperato prelievo non selettivo sul cinghiale produce subito la riduzione degli effettivi, ma questa riduzione viene immediatamente compensata da un aumento del tasso di incremento utile annuo della specie; una popolazione costituita prevalentemente da animali giovani tende a produrre maggiori danni di una naturale, indipendentemente dalla sua densità». Marsan ed altri dimostrano anche che la densità del cinghiale non è influenzata da una pesante pressione venatoria, e pertanto un aumento della pressione stessa non può ridurre i danni alle coltivazioni; secondo il rapporto dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica Infs (Gli Ungulati in Italia. Status, distribuzione, consistenza, gestione e prelievo venatorio. Istituto nazionale per la fauna selvatica Alessandro Chigi-2002), per la fauna selvatica, la forma di caccia attualmente più utilizzata, la braccata con i cani da seguito, crea spesso una destrutturazione delle popolazioni, caratterizzate da elevate percentuali di individui giovani, responsabili di un sensibile aumento dei danni alle colture. Dopo anni di abbattimenti di cinghiali, da parte di squadre di caccia con il metodo della braccata con i cani, è evidente che non solo questo metodo non ne ha diminuito il numero, ma abbia causato un presunto aumento delle popolazioni. Tale attività ha, per altro, lasciato spazio a numerose e irragionevoli iniziative quale quella che consente ad ogni cacciatore di poter vendere ai privati o agli esercizi commerciali (e quindi di somministrare) i cinghiali abbattuti (per esempio in Toscana con la delibera di giunta regionale n. 17 del 2010). Tale fenomeno è interamente dovuto alle richieste dell'attività venatoria;

    a tale riguardo giova rammentare, il parere del professor Toso, già direttore dell'Infs – Istituto nazione della fauna selvatica, ora Ispra, che nel documento «Linee Guida per la Gestione del Cinghiale (Sus Scrofa) nelle Aree Protette - II Edizione» scrive: «Le cause che hanno favorito l'espansione e la crescita delle popolazioni sono legate a molteplici fattori sulla cui importanza relativa le opinioni non sono univoche. Tra questi, le immissioni a scopo venatorio, iniziate negli anni '50, hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale. Effettuati dapprima con cinghiali importati dall'estero, in un secondo tempo i rilasci sono proseguiti soprattutto con soggetti prodotti in cattività in allevamenti nazionali. Tali attività di allevamento ed immissione sono state condotte in maniera non programmata e senza tener conto dei princìpi basilari della pianificazione faunistica e della profilassi sanitaria»; è quindi fondamentale rammentare anche le criticità sanitarie e fiscali. In tal modo non vi è alcun interesse a limitare le presenze reali dei cinghiali visto che per i cacciatori si è autorizzato, di fatto, un sistema di guadagno diretto. Per quanto concerne l'aspetto prettamente sanitario, la carne di cinghiale consumata senza alcun controllo può procurare la trichinellosi (un'infezione causata da un parassita, la Trichinella spiralis) e diffondere la peste suina, solo per citare due realtà attuali;

    alcune ricerche recentemente pubblicate negli Stati Uniti gettano nuova luce sulle conseguenze che l'assunzione di piombo attraverso la carne delle selvaggina abbattuta può avere sulla salute delle persone: «Il piombo è un metallo velenoso, che può danneggiare il sistema nervoso (specialmente nei bambini) e causare malattie del cervello e del sangue. L'esposizione al piombo o ai suoi sali, soprattutto a quelli solubili, o all'ossido PbO2, può causare nefropatie, caratterizzate dalla sclerotizzazione dei tessuti renali, e dolori addominali colici.» Uno studio della University of Colorado («Health Effects of Low Dose Lead Exposure in Adults and Children, and Preventable Risk Posed by the Consumption of Game Meat Harvested with Lead Ammunition») ha dimostrato che anche l'esposizione a piccole quantità di piombo (consumando carne contaminata da piombo) – inferiori a 25 microgrammi per decilitro – può provocare ipertensione, indebolimento della funzionalità renale, declino delle capacità cognitive e problemi all'apparato riproduttore. Lo studio epidemiologico e la valutazione del rischio conseguente hanno indicato che il consumo regolare di selvaggina abbattuta con fucile e munizione al piombo può causare degli aumenti anche sostanziali dei livelli di piombo nel sangue in particolare nei bambini. È quindi improcrastinabile affrontare il problema in modo organico e, alla luce di una lunga serie di valutazioni scientifiche, applicare i migliori metodi ecologici per la corretta gestione faunistica; numerose sono quindi le soluzioni applicabili in modo organico su tutto il territorio, in primis vi è da considerare il blocco delle attività venatorie, un serrato controllo nella movimentazione dei suini, il divieto di introduzione di ungulati e la sterilizzazione. La sterilizzazione farmacologica degli ungulati è pratica già attivata in Gran Bretagna e in Australia. In Inghilterra, un vaccino denominato GonaCon è stato sperimentato nel 2008 alla Food and Environment Reasearch Agency di York da una ricercatrice italiana, Giovanna Massei, peraltro conosciuta in Toscana per aver collaborato con il Parco della Maremma. Permette di sterilizzare i cinghiali attraverso esche specifiche apribili solo dagli ungulati, senza colpire altre specie. In Australia la pratica della sterilizzazione farmacologica (con un altro ritrovato sistemico, il suprelorin) è già stata messa a punto sui koala e su altri marsupiali;

    i censimenti devono essere tali e non stimati: i dati fin ora utilizzati sono presunti e non realizzati con metodi scientificamente validi; la corretta informazione su come prevenire incidenti e rischi sanitari, comportamento personale e abitudini, è in grado di prevenire spiacevoli episodi e la criminalizzazione degli animali con cui dovremmo saper convivere pacificamente;

    l'utilizzo di deterrenti appare di fondamentale importanza per ridurre il conflitto con le attività antropiche ed evitare pericolose contaminazioni: obbligo per gli agricoltori dell'utilizzo di tutti gli efficaci sistemi di deterrenza, favorire gli incentivi per il loro acquisto invece di sostenere economicamente i ripopolamenti a fini venatori; divieto di foraggiare gli animali, pratica utilizzata dai cacciatori per avvicinare e attirare gli animali con scopo venatorio. Tale sistema abitua gli animali a ricondurre la presenza umana al cibo, funge da rinforzo positivo, incrementa le popolazioni e le avvicina a zone abitate e periurbane; corretto smaltimento e contenimento dei rifiuti. La presenza degli animali di ogni specie, in particolar modo di quelle che ormai possono definirsi sinantrope, viene ovviamente incrementata e favorita dalla disponibilità di cibo. Le città sono ormai discariche a cielo aperto, le persone non rispettano il logico divieto di alimentare gli animali selvatici e questi sono inesorabilmente attratti anche dall'assenza di doppiette nelle aree periurbane;

    è noto ormai che i danni apportati alle colture forestali non sono proporzionali solo alla densità degli Ungulati, ma anche al tipo di pratiche selvicolturali in atto (Reimoser e Gossow 1996). Inoltre un bosco capace di fornire cibo e protezione permette di trattenere in zona gli animali, annullando i rischi di pressione di pascolo sul fondovalle e sulle colture agrarie circostanti,

impegna il Governo:

1) a mettere a regime ben prima dell'emergenza diffusa ogni azione necessaria tesa alla prevenzione della diffusione della peste suina e quindi ad applicare correttamente e coerentemente le indicazioni dell'Efsa, dal blocco della caccia non limitandolo unicamente dove sia rilevata la positività al blocco dei ripopolamenti, di foraggiamenti, della movimentazione di materiali, mezzi e operatori nonché della movimentazione di animali vivi tra allevamenti, nonché ad effettuare un serrato controllo nella movimentazione dei suini, adottando iniziative per prevedere il divieto di introduzione di ungulati e la sterilizzazione farmacologica degli ungulati medesimi (pratica già attivata in Gran Bretagna e in Australia);

2) ad aumentare la vigilanza e i controlli sull'ingresso in Italia di prodotti a rischio e non solo di quelli destinati all'importazione commerciale ma anche di quelli importati per il consumo personale a seguito dei viaggiatori, posto che l'ingresso in Italia di insaccati contaminati dalla Romania dimostra quanto sia facile mettere a rischio interi areali e filiere;

3) a valutare attentamente il ciclo selvatico e il ciclo domestico del virus per individuare le soluzioni e interventi adeguati e mirati evitando di utilizzare strumentalmente questa ed altre circostanze per additare gli animali e distribuire a pioggia finanziamenti senza riconsiderare i sistemi di allevamento insostenibili dal punto di vista ambientale, etico ed economico;

4) ad adottare iniziative per rivedere immediatamente la normativa sulla macellazione casalinga per evitare contaminazioni, assenza di controlli sanitari, inquinamento ambientale e mancato rispetto del benessere degli animali;

5) ad adottare le iniziative di competenza per liberare le città dai rifiuti che si accumulano a dismisura e fuori controllo specialmente nelle zone periferiche, attirando animali alla ricerca di cibo, garantendo al contempo ad essi un habitat boschivo adeguato ove trovare cibo e possibilmente non compromesso dalle attività venatorie che provocano la fuga degli animali a ridosso dei centri urbani;

6) a favorire una corretta informazione sul tema basata su metodi scientifici e dati reali onde evitare di continuare a diffondere allarmismi tra i cittadini e gli allevatori, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo manipolando le circostanze per favorire determinate categorie e muovere consenso elettorale o promuovere operazioni di sostegno economico discutibili;

7) ad adottare iniziative di contrasto alla peste suina, tenendo conto se non bastassero le indicazioni di Fao, Ipcc, Chatham house, che il futuro del pianeta e la sua sopravvivenza sono legati indissolubilmente al rispetto essenziale di tutti quegli equilibri fatalmente interconnessi tra loro e che il rispetto di ogni equilibrio biologico ed ecologico impone oggi una seria riflessione sui consumi alimentari, gli allevamenti, la distruzione degli habitat naturali, la perdita di biodiversità, che la principale causa di questi fenomeni sono proprio le dissennate attività umane e che occorre un impegno ad investire nella divulgazione e nella promozione della biodiversità, onde non varcare ancora i limiti che impone l'etica, oltre che la scienza medica veterinaria e la logica;

8) ad adottare iniziative anche a livello europeo per superare le restrizioni che penalizzano anche le aree della Sardegna dove è ormai comprovato non sia presente la peste suina, affinché sia consentita l'esportazione di carne suina, considerato che si rende altresì improcrastinabile, alla luce delle evidenze scientifiche e delle esigenze del settore stesso, la necessità di sviluppare una progettazione della strategia e della politica agricola sostenibile, sia in termini di produttività, redditività, che del rispetto dell'ecologia e quindi degli habitat, e che senza il rispetto di questi princìpi si manifestano logicamente continue crisi sanitarie che ricordano come non sia più possibile affidarsi alla mera politica del sostegno economico e della compensazione del danno fine a se stessi, senza una programmazione e progettazione a breve, medio e lungo termine anche per prevenire ulteriori emergenze, crisi economiche e ulteriori danni ed impoverimento;

9) a considerare la Sardegna, per le sue tipiche caratteristiche, come il luogo in cui progettare e realizzare un progetto pilota di integrazione delle diverse attività agricole con le realtà degli habitat in cui si sviluppano, nell'ambito del quale i fondi siano definitivamente impiegati per lo sviluppo e non solo per intervenire continuamente sulle emergenze;

10) ad adottare tutte le adeguate iniziative di competenza per scongiurare speculazioni nella commercializzazione dei prodotti suinicoli, partendo dal controllo dei prezzi e sanando gli squilibri sul mercato.
(1-00666) «Corda, Sapia, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Colletti, Spessotto, Maniero, Sarli, Trano, Leda Volpi».


   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana (Psa) è una malattia infettiva altamente contagiosa e con una letalità del 90-100 per cento dei casi, originata da un virus che colpisce i suini domestici e selvatici ma che, non essendo una zoonosi, non mette a rischio direttamente la salute umana;

    la malattia è endemica nel continente africano, ma si propaga con estrema facilità da un continente all'altro. Al momento, nell'Unione europea risulta un'area infetta da peste suina africana di circa 350 mila chilometri quadrati. I primi casi sono stati rilevati nel 2014 in alcuni Paesi dell'est Europa e oggi la situazione coinvolge Polonia, Germania, Belgio, Estonia, Lettonia, Slovacchia, Grecia, Lituania, Romania, Ungheria, Bulgaria; secondo il Ministero della salute, in ambito internazionale è presente in Cina, India, Filippine, Oceania (Papua Nuova Guinea) e in diverse aree del Sud-Est asiatico;

    la malattia si è diffusa fino ad arrivare in Italia (dal 1978 è presente esclusivamente in Sardegna, dove negli ultimi anni si registra un costante e netto miglioramento della situazione epidemiologica); nel gennaio 2022 la Psa è stata riscontrata in diversi cinghiali in Piemonte, in provincia di Alessandria, e in Liguria, nelle provincie di Genova e Savona; la problematica ha di recente coinvolto nel mese di maggio anche la regione Lazio e, in particolare, la città di Roma; il Ministero della salute segnala che il virus rilevato nell'Italia continentale è geneticamente diverso da quello presente in Sardegna e corrisponde a quello circolante in Europa da alcuni anni;

    l'eccessiva proliferazione dei cinghiali, considerati i principali vettori della malattia, che rappresenta già un problema per la sicurezza della circolazione stradale, l'incolumità pubblica e gli ingenti danni per le attività agricole e zootecniche, rischia oggi di aggravare la propagazione del virus sul territorio nazionale, nel caso in cui la malattia sconfinasse nelle regioni attualmente indenni, quali la Lombardia, Emilia-Romagna, il Veneto e la Toscana, regioni che rappresentano complessivamente più del 75 per cento dei suini allevati in Italia;

    nel rispetto della strategia comunitaria di prevenzione e controllo della Psa, dal 2020 l'Italia presenta annualmente alla Commissione europea, per l'approvazione e il cofinanziamento, un piano di sorveglianza nazionale, che comprende, in particolare, misure per l'eradicazione della Psa nelle zone in cui si verifichino casi di contagio; nel 2021 il Ministero della salute, in collaborazione con i Ministeri delle politiche agricole alimentari e forestali e della transizione ecologica, competenti in materia di gestione della fauna selvatica, e con l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e il Cerep, Centro di referenza nazionale per le pesti suine, in considerazione del riconosciuto ruolo epidemiologico dei cinghiali nella epidemia europea, ha messo a punto un documento di indirizzo con indicazioni tecnico operative per la prevenzione della Psa in ambiente selvatico, e per sostenere le regioni e la pubblica amministrazione, in particolare nella gestione della popolazione di cinghiali e nel contrasto del rischio di diffusione del virus della Psa in Italia; per il controllo dell'epidemia, il Ministero della salute ha avviato una collaborazione con la Protezione civile per la programmazione delle attività di prevenzione e di controllo nonché contatti costanti con le principali associazioni di categoria del settore, anche al fine di aumentare il livello di conoscenza e sensibilizzazione;

    da gennaio 2022 – con la conferma di Psa nel cinghiale rinvenuto in Piemonte – il Ministero della salute ha attivato il Gruppo degli esperti per la definizione della zona infetta, e l'unità di crisi centrale che ha, tra l'altro, il compito di definire la strategia di controllo ed eradicazione della malattia nelle aree interessate e in quelle limitrofe; nelle zone infette è stata vietata qualsiasi attività agro-forestale e l'accesso del pubblico – la malattia risulta infatti trasmissibile attraverso le movimentazioni di animali, persone, veicoli e materiali contaminati; il Piano di sorveglianza nazionale in vigore, viene applicato anche nelle aree del Paese al momento non interessate dalla malattia; questo dispone, tra le principali misure, la sorveglianza passiva in ambito domestico e in ambiente selvatico, la verifica del livello di applicazione delle misure di biosicurezza in allevamento, l'attività di formazione ed informazione degli allevatori, ma anche dei cacciatori e di tutti i soggetti direttamente e indirettamente coinvolti, al fine di accrescere la conoscenza della malattia e la consapevolezza del rischio per gli allevamenti e per l'economia;

    nella comunicazione del Ministero della salute alle regioni – tempestivamente inviata dopo la conferma dei primi casi – è stata sottolineata l'importanza della sorveglianza passiva e della necessità di segnalazione immediata di qualsiasi carcassa di cinghiale rinvenuta sull'intero territorio nazionale, anche a seguito di incidente; si prescrive, per gli allevamenti suinicoli, l'immediata segnalazione ai servizi veterinari di eventuali sintomi di malattia negli animali; sono sottoposti a controllo diagnostico i suini deceduti in azienda; si prevede la verifica della corretta applicazione delle misure di biosicurezza degli allevamenti suini, fondamentali per la prevenzione dell'infezione, con particolare riferimento alle possibilità di contatto con i selvatici, alle operazioni di pulizia e disinfezione in azienda e alla corretta applicazione delle norme igienico-sanitarie;

    con il decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, il Governo ha disposto misure necessarie e urgenti per l'eradicazione dalla peste suina africana nei cinghiali e per prevenirne la diffusione nei suini da allevamento, allo scopo di proteggere la salute animale, tutelare il patrimonio suino nazionale e dell'Unione europea, salvaguardare il sistema produttivo nazionale, l'intera filiera, le esportazioni;

    l'urgenza del provvedimento è pienamente giustificata dalle pesanti ricadute della Psa sul patrimonio zootecnico, che obbliga all'eliminazione degli animali malati e sospetti tali, e dagli ingenti danni per il comparto produttivo suinicolo e alle esportazioni dei prodotti nazionali, di rinomata eccellenza all'interno dell'Unione europea e nei mercati internazionali;

    il decreto-legge n. 9 ha attribuito alle regioni, il compito di predisporre, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, il Piano regionale di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l'eradicazione della Psa nella specie cinghiale e nei suini da allevamento, in conformità al Piano nazionale di sorveglianza ed eradicazione delle peste suina, presentato dal Ministero della salute alla Commissione europea in data 30 giugno 2021; per evitare la diffusione della Psa negli allevamenti, il decreto ha previsto l'emanazione di apposito decreto ministeriale per definire, anche in deroga ai regolamenti edilizi, i requisiti tecnici per la messa in opera di misure per ridurre il rischio di introduzione e diffusione di agenti patogeni, e per migliorare le condizioni di biosicurezza degli allevamenti suinicoli sia dal punto di vista strutturale (recinzioni per evitare contatti con animali selvatici, strutture per gestire gli animali morti, zone filtro per consentire la disinfezione degli operatori prima dell'ingresso, piazzole per disinfettare i mezzi di trasporto e altro) che gestionale (evitare di far accedere estranei negli allevamenti, disinfettarsi prima di accedere, derattizzazione, e altro); il decreto n. 9 ha disposto, infine, la nomina di un immissario straordinario, con il compito di presiedere al coordinamento e al monitoraggio delle azioni e delle misure poste in essere per prevenire e contenere la diffusione della Psa e adottare, se necessario, provvedimenti contingibili e urgenti per prevenire ed eliminare gravi pericoli per la salute animale e far fronte a situazioni eccezionali; nel corso dell'esame, il Parlamento ha integrato il testo del provvedimento al fine di prevedere che le regioni e le province autonome, oltre agli interventi urgenti disposti dal decreto, possano attuare le ulteriori misure disposte dal commissario straordinario per l'eradicazione e la prevenzione della diffusione della peste suina africana, ivi inclusa la messa in opera di recinzioni o altre strutture temporanee ed amovibili, idonee al contenimento dei cinghiali selvatici nella zona infetta corrispondente alla zona soggetta a restrizioni; per far fronte agli oneri per la messa in opera delle recinzioni e delle strutture temporanee, pari a 10 milioni di euro per il 2022, si prevede la riduzione della dotazione del «Fondo di parte corrente per il sostegno della filiera suinicola» (35 milioni per il 2022) di cui all'articolo 26, comma 1, del decreto-legge n. 4 del 2022 (legge n. 25 del 2022), il cosiddetto decreto «Ristori-ter», che ha anche istituito nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo di parte capitale per gli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza, con una dotazione di 15 milioni di euro per l'anno 2022; entrambi i fondi sono destinati a tutelare gli allevamenti suinicoli dal rischio di contaminazione dal virus responsabile della peste suina africana e a indennizzare gli operatori della filiera danneggiati dal blocco della movimentazione degli animali e delle esportazioni di prodotti trasformati;

    le necessarie misure di contenimento del virus nelle zone infette hanno causato ingenti perdite economiche per gli allevatori, gli agricoltori, le attività con finalità turistico-ricettive e le attività ludico sportive outdoor. La peste suina africana è un'emergenza di carattere sanitario che rischia di compromettere il tessuto produttivo ed economico nazionale legato alla filiera suinicola: nel comparto suinicolo italiano operano circa 25.000 aziende agricole e circa 3.500 aziende di trasformazione; una prima stima su dati del Ministero della salute e dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) segnala che, nel caso in cui la malattia si diffondesse nelle regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana, dove sono presenti la maggior parte dei suini allevati in Italia, sarebbe necessario stanziare risorse pari a circa 1.441.490.120 solo per l'indennità di abbattimento (necessario) degli animali;

    assume, a tal proposito, importanza fondamentale l'adozione di misure volte al monitoraggio ed al controllo della peste suina africana, alla messa in sicurezza degli allevamenti a tutela del comparto suinicolo nazionale che conta oltre 9 milioni di capi, alla riduzione della densità numerica e spaziale dei cinghiali mediante un efficace piano di gestione faunistico-venatoria che renda compatibile la presenza degli ungulati con le attività agricole e l'ecosistema circostante;

    le associazioni di categoria chiedono misure che non aggiungano ulteriori incombenze per gli allevatori che si trovano a fronteggiare, in questa fase, una grave crisi geopolitica internazionale, e che sia valutato attentamente sia il rischio sanitario che l'impatto economico del danno provocato dalla presenza dei cinghiali; per il piano di eradicazione dei cinghiali, le associazioni di categoria chiedono fondi sufficienti a sostenere le spese di abbattimento e recupero dell'esemplare morto; chiedono, soprattutto, iniziative e risorse sufficienti a mettere in sicurezza il patrimonio suinicolo e ristori adeguati per indennizzare al 100 per cento allevatori ed agricoltori che si trovano nelle zone sottoposte a restrizioni e che devono sostenere costi ingenti per adeguarsi alle nuove normative igienico-sanitarie, per la macellazione d'emergenza dei suini per il divieto di movimentazione e commercializzazione di carni e foraggi; talune associazioni denunciano i ritardi nell'adeguamento e nell'applicazione dei piani regionali di intervento, e che gli indennizzi per le imprese nelle aree infette non siano ancora arrivati,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per stanziare ulteriori risorse per indennizzare – in tempi brevi – gli operatori del comparto della suinicoltura colpito dalle restrizioni adottate per il contenimento della Psa, nonché le attività economiche, professionali, turistico-ricettive e dell'indotto che operano nelle aree infette e che abbiano riscontrato un danno diretto o indiretto derivante dall'applicazione delle misure di contenimento;

2) ad adottare iniziative volte a impiegare le risorse necessarie, a sostegno delle regioni interessate dalla Psa, per realizzare le misure necessarie all'emergenza, oltre alle dovute attività di controllo, prevenzione e contenimento;

3) ad adottare iniziative volte a realizzare un efficace piano di gestione faunistico-venatoria per contrastare l'eccessiva proliferazione dei cinghiali, anche attraverso una revisione organica della legge n. 157 del 1992.
(1-00667) «Ripani, Marin, Lombardo».


   La Camera,

   premesso che:

    negli ultimi 45 anni il tasso di suicidio è cresciuto del 65 per cento in tutto il mondo; oggi il suicidio è considerato una delle tre principali cause di morte fra gli individui di età compresa tra i 15 e i 44 anni, in entrambi i sessi. Senza contare i tentati suicidi, fino a venti volte più frequenti. In Italia invece, si registrano ogni anno circa 4.000 morti per suicidio;

    il fenomeno sta assumendo una dimensione allarmante soprattutto tra i giovani: il numero di suicidi tra i giovani di età compresa tra 15 e 29 anni ne fa la seconda causa di morte in quella fascia di età, e, se si limita il dato alle sole ragazze, diventa addirittura la prima causa di morte;

    i dati riportati evidenziano come il suicidio rappresenti un problema di salute pubblica rispetto al quale occorre mettere in campo strumenti specifici di prevenzione e cura;

    nel 2014 è stato pubblicato il primo World Suicide Report da parte dell'OMS «Prevenire il suicidio: un imperativo globale», il cui obiettivo era dare priorità a livello globale alla prevenzione del suicidio e aumentare la consapevolezza del suicidio come un problema di salute pubblica, attraverso la predisposizione di programmi politici attuativi. Il suddetto report, inoltre, evidenziava già allora la necessità di sviluppare e rafforzare le strategie di prevenzione grazie ad un approccio multisettoriale;

    recentemente, il Coronavirus e le misure restrittive adottate al fine di contenere la diffusione del contagio hanno contribuito ad alimentare disagi di ogni genere, specie psicologici, con conseguente aumento del rischio suicidario. Infatti, studi e ricerche recenti hanno segnalato un forte aumento nelle persone dei sintomi depressivi, variamente riconducibili alla permanenza domiciliare forzata, al distanziamento sociale e, in alcuni casi, alla riduzione di attività ambulatoriali e consulenziali dedicate ai minori con malattie croniche o con malattie acute non-COVID-19. Il pericolo che l'attuale conflitto tra Ucraina e Russia e le difficoltà post pandemia, con le associate conseguenze economiche e sociali, possano causare anche un aumento dei suicidi è, dunque, uno scenario verosimile;

    allarmanti sono i dati riportati dall'Ospedale pediatrico Bambino Gesù, dai quali emerge con grande evidenza come negli ultimi due anni, soprattutto a causa della pandemia il numero dei bambini ricoverati presso il reparto di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza infantile e di quelli seguiti in attività diurna presso lo stesso reparto sia drammaticamente aumentato fino a registrare la massima capienza della struttura, a causa di tentativi di suicidio, atti di autolesionismo, disturbi alimentari;

    difatti, l'andamento decrescente della curva epidemiologica suggerisce un insieme di misure che, proiettandosi al di là dell'emergenza, siano volte piuttosto a rimediare ai disagi, specie psicologici, da questa creati;

    sul piano normativo, la predisposizione di strumenti assistenziali rappresenta la strategia più in linea con l'interpretazione data dalla Corte costituzionale dell'articolo 32 della Costituzione, che assegna alla Repubblica il compito di tutelare la salute come fondamentale diritto dell'individuo;

    come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità costituzionale, la nozione di salute non coincide solo con il benessere fisico della persona, ma comprende anche il suo equilibrio psicologico;

    il suicidio è un fenomeno multifattoriale complesso e di non facile rilevazione. Negli anni sono stati fatti diversi tentativi di associazione causa-effetto: da un lato, il suicidio è riconducibile a cause legate al contesto educativo, sociale e lavorativo in cui l'individuo si relaziona, dall'altro, la presenza di patologie psichiatriche può rappresentare un ulteriore fattore di rischio. Tuttavia, i due fattori isolati non bastano ad indurre al suicidio poiché ogni individuo ha una propria storia, composta da un insieme di relazioni ed esperienze che ne formano il carattere e la personalità, tormenti compresi. In questa prospettiva è dunque fondamentale apprestare un sistema dinamico e multifattoriale, capace di incidere nel tessuto socio-sanitario sotto più profili;

    in primo luogo, un'efficace raccolta dati centralizzata assume un ruolo di primaria importanza. È noto, infatti, che nei Paesi in cui è presente un Osservatorio in grado di fornire stime verosimili, il tasso di mortalità per suicidio è diminuito sensibilmente negli anni successivi alla sua istituzione. In Italia l'unico ente istituzionale che monitora tale fenomeno è l'Istat. L'ultimo aggiornamento risale però all'anno 2017. Senza un monitoraggio costante è molto complicato capire come intervenire per scongiurare e prevenire un eventuale accentuarsi degli atti suicidari, specie visto il periodo critico che stiamo vivendo. Per questa ragione dal primo gennaio 2021 la Fondazione BRF – Istituto per la ricerca in psichiatria e neuroscienze, ha deciso di aprire un Osservatorio suicidi che monitori, sempre in base ad un'attenta analisi delle notizie di cronaca, gli atti suicidari, tentati e tragicamente conclusi, al fine di colmare, per quanto possibile, il vulnus dei dati mancanti;

    in secondo luogo, a livello internazionale è stato riconosciuto che le linee telefoniche di aiuto rappresentano uno strumento di supporto importante in grado di ridurre con successo l'ideazione suicidaria e la tendenza agli atti di autolesionismo. In Italia, tuttavia, non è ancora prevista una struttura specifica e qualificata in grado di gestire un numero verde nazionale e coordinare sull'intero territorio programmi ed interventi di prima urgenza;

    in terzo luogo, occorre tutelare gli adolescenti appartenenti alla cosiddetta «web generation», composta per lo più da giovani di età compresa tra gli 11 e i 14 anni. Negli anni, infatti, si sono drammaticamente diffusi più giochi di adescamento on line, uno dei quali noto come «Blue Whale», articolati in una serie di prove attraverso le quali un tutor indurrebbe molti ragazzi a compiere atti di autolesionismo e ad intraprendere azioni pericolose per la loro incolumità, che vengono documentate mediante smartphone e condivise in rete sui social, fino all'atto finale del suicidio. L'aspetto sociologicamente più rilevante del fenomeno, che assume le caratteristiche di una sorta di cyberbullismo estremo che insisterebbe su bassa autostima e fragilità, risiede nel fatto che esso fa perno sulla vulnerabilità dei soggetti coinvolti, appartenenti ad una fascia d'età caratterizzata da insicurezza e instabilità emotiva. Per tale ragione la scuola, pilastro fondamentale dell'educazione e formazione degli adolescenti, dovrebbe ricoprire un ruolo centrale. Infatti, la realizzazione di campagne e di giornate di sensibilizzazione organizzate presso le scuole e gli istituti di ogni ordine e grado contribuirebbe sicuramente a contrastare tali fenomeni, anche grazie all'ausilio di psicologi e specialisti;

    in quarto luogo, il Servizio sanitario nazionale risulta carente, nel campo della salute mentale, in termini di ricovero e soprattutto in termini di investimenti a livello territoriale. In questa ottica, una rete di assistenza territoriale solida, sostenuta da investimenti per la formazione e la specializzazione del personale sanitario, offrirebbe ai soggetti considerati a rischio la possibilità di ricevere sostegno, aiuto e cura in senso lato. Infatti, colui il quale rappresenta a sé stesso la volontà di compiere l'estremo atto non è solito esprimere esplicitamente i propri disagi e le proprie difficoltà. Molto spesso infatti, diventa importante desumere le intenzioni attraverso un'attenta e corretta interpretazione dei comportamenti cosiddetti univoci e concludenti. Attività estremamente delicata, che solo un personale altamente qualificato può compiere positivamente;

    infine, devono essere considerati anche gli effetti destabilizzanti sulle persone con le quali il suicida era in relazione: i survivor, cioè coloro che sono stati colpiti da un lutto in seguito ad un suicidio, presentano più frequentemente senso di colpa e sentimenti di rifiuto e abbandono rispetto a chi ha perso qualcuno per cause naturali, o comunque disturbi collegati allo stress derivante dall'evento traumatico. Attualmente, il nostro Paese non investe nei servizi di «postvention», ossia interventi di assistenza alle famiglie e alle persone vicine a vittime di condotte con fine suicidario,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative, anche normative, volte a riconoscere il suicidio come un grave problema di salute pubblica;

2) a elaborare una strategia per la prevenzione e la sensibilizzazione rispetto al fenomeno suicidario, al fine di contrastare e mitigare il tragico impatto del suicidio sulla popolazione;

3) a istituire un Osservatorio nazionale per il monitoraggio dei dati sui fenomeni suicidari volto a permettere un approfondimento sulle cause del fenomeno;

4) ad assumere iniziative volte ad istituire un numero verde telefonico per la gestione delle segnalazioni e delle richieste di primo soccorso;

5) a promuovere la realizzazione di campagne di sensibilizzazione e prevenzione presso le scuole, di ogni ordine e grado, al fine di scongiurare atti di autolesionismo e suicidari tra i più giovani, anche attraverso la spiegazione dei rischi connessi alle cosiddette challenges estreme;

6) ad adottare le iniziative di competenza volte a potenziare la rete di assistenza territoriale e dotarla del personale qualificato necessario e di un numero adeguato di psicologi;

7) ad adottare urgentemente ogni iniziativa di competenza per monitorare e «bloccare» i siti web che istigano al suicidio e atti di autolesionismo minori e persone di ogni età;

8) ad adottare iniziative per prevedere che all'interno del personale scolastico sia assicurata la presenza di psicologi e specialisti del settore;

9) ad adottare iniziative per prevedere interventi di assistenza alle famiglie e alle persone vicine a vittime di condotte con fine suicidario, volti a contrastare gli effetti destabilizzanti sulle persone con le quali il suicida era in relazione;

10) ad adottare iniziative per prevedere investimenti specifici per la ricerca scientifica nel settore.
(1-00668) «Bellucci, Ferro, Gemmato, Montaruli, Albano, Bucalo, Frassinetti, Lucaselli, Galantino, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    la politica energetica dell'Unione europea, la cui base giuridica è rinvenibile già nell'articolo 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, si è rafforzata nel dicembre 2019 con l'avvio del «Green Deal europeo». In tale ambito, i leader dell'Unione europea hanno approvato un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento, entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Per conseguire tale obiettivo, la Commissione europea ha preso in considerazione le azioni necessarie in tutti i settori;

    il 14 luglio 2021 la Commissione europea ha presentato il relativo pacchetto applicativo, «Fit for 55%», che dovrà passare per il vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio e poi per i negoziati interistituzionali (i cosiddetti triloghi) destinati alla definizione del testo di compromesso e la conseguente approvazione, prevista per fine 2022-inizio 2023;

    in tale pacchetto, la proposta della Commissione (COM(2021)556), che è volta a modificare il regolamento (UE)2019/63, prevede che i nuovi veicoli messi in commercio, e in particolare le autovetture, dovranno emettere nel 2030 il 55 per cento di CO2 in meno rispetto ai livelli del 2021, mentre nel 2035 il taglio delle emissioni dovrà essere del 100 per cento. Ne consegue che da quella data i produttori potranno immettere sul mercato solamente per modelli elettrici oppure a idrogeno;

    il 28 aprile 2022 la Commissione trasporti del Parlamento europeo (Pe) nel parere approvato sul «Fit for 55%» ha chiesto che dal 2035 i veicoli di nuova immatricolazione riducano le emissioni del 90 per cento e non del 100 per cento schierandosi a favore del principio di neutralità tecnologica per quel che riguarda l'abbattimento delle emissioni (27 voti favorevoli, 14 contrari e 7 astenuti). Viceversa, l'11 maggio 2022, la Commissione ambiente del Pe ha confermato impostazione della commissione con 46 voti favorevoli e 40 contrari;

    il 31 maggio 2022, oltre cento tra associazioni e imprese hanno scritto una lettera aperta ai rappresentanti delle istituzioni Ue, chiedendo di adottare il principio della «neutralità tecnologica», in base al quale tutte le tecnologie devono poter contribuire al traguardo di azzerare le emissioni di CO2 dei veicoli e quindi di definire una normativa aperta alle differenti tecnologie in grado di ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli, in modo da salvaguardare gli obiettivi climatici, le scelte dei consumatori e le esigenze delle filiere industriali;

    nella lettera aperta si fa presente che una transizione verso la mobilità elettrica al ritmo previsto dal «Fit for 55%» renderà difficile gestire la trasformazione del settore e della sua forza lavoro senza traumi. Nel solo settore delle forniture automobilistiche, gli obiettivi di CO2 già proposti dalla Commissione europea hanno messo a rischio oltre 500.000 posti di lavoro nel settore dei motori fino al 2040, con la maggior parte del rischio che si verificherà tra il 2030 e il 2035. Inoltre, l'elettrificazione della mobilità comporta il rischio di creare dipendenze dalle importazioni di materie prime e batterie, mantenendo la creazione di valore al di fuori dell'Unione europea;

    l'8 giugno 2022 il Pe in seduta plenaria ha sostanzialmente confermato le proposte della Commissione Ue sulle modifiche al regolamento sulle emissioni delle auto. Sono stati respinti gli emendamenti che prevedevano deroghe all'uso di combustibili sintetici e alternativi, nonché la proposta del Ppe di modificare l'obiettivo del 100 per cento di taglio di emissioni entro il 2035, con un passaggio al 90 per cento delle emissioni da tagliare, mentre è stata approvata la proposta di escludere fino al 2036 piccoli produttori di eccellenza quali Ferrari, Lamborghini, Maserati e anche di furgoni leggeri, dall'applicazione del Regolamento sulle emissioni di CO2;

    dopo questo passaggio al Pe, gli Stati membri dovranno finalizzare la loro posizione il 28 giugno 2022 in una riunione dei Ministri dell'ambiente, aprendo così la strada ai negoziati del cosiddetto «trilogo» finale tra Parlamento, Consiglio e Commissione. Il procedimento andrà poi avanti con una seconda lettura, in cui Parlamento e Consiglio dell'Unione europea valuteranno le reciproche posizioni e approveranno o respingeranno la proposta;

    questa accelerazione si inserisce in un contesto di reale e progressivo indebolimento, sia sul piano tecnologico, sia dei volumi di produzione della filiera automotive italiana. L'Italia si colloca infatti soltanto al sesto posto per produzione in Europa, con 476.288 autovetture prodotte al 2020; l'industria dell'automotive è uno dei fiori all'occhiello dell'industria italiana e rappresenta una importante quota del nostro prodotto interno lordo. Il comparto auto, nel 2019, ha fatturato circa 93 miliardi di euro, pari al 5,6 per cento del prodotto interno lordo. Secondo gli ultimi dati dell'Anfia, tra attività dirette e indirette, il comparto è costituito da oltre 5.500 imprese e impiega circa 274.000 addetti, pari al 7 per cento della forza lavoro del manifatturiero italiano. In tale contesto, la filiera italiana della componentistica dell'industria automobilistica è costituita da più di 2.000 imprese e impiega più di 150.000 dipendenti. Con l'indotto, il settore dà lavoro a circa un milione di persone; per poter mettere in campo un piano industriale per il rilancio di tutta la filiera, dalla componentistica alla produzione dei veicoli, nell'ultimo anno è stata fatta con i tavoli istituiti al Ministero dello sviluppo economico una ricognizione della situazione in Italia;

    per quanto riguarda il portafoglio tecnologico, l'Italia è molto forte nel settore del powertrain tradizionale (45 per cento) del mercato componentistico italiano), e poco nei settori emergenti soprattutto legati all'elettronica, sia per livello di preparazione sia per quota di mercato;

    il settore powertrain (tradizionale) è quello per cui si avrà un trend più «distruttivo» (combustione interna → elettrico), questo porterà necessariamente a ripercussioni a livello lavorativo sul territorio nazionale. Non solo si ha un cambio di tecnologia, ma anche una drastica diminuzione del numero di componenti necessari: si passa da 1400- 200 (-85 per cento per veicolo);

    è possibile individuare almeno 100 aziende ad alto rischio nei settori del powertrain tradizionale che corrispondono al 17 per cento di quota dipendenti e mercato nazionale. Queste aziende non hanno avviato la riconversione tecnologica a causa di mancanza di expertise, fondi, e regolamentazione;

    il futuro è rappresentato da almeno 40 realtà importanti fra Pmi, start-up e spin off, che operano nei settori di guida autonoma, motori elettrici, connettività, sharing, batterie e fuelcells e che hanno potenziali di sviluppo da incentivare;

    la Clepa, l'associazione europea della componentistica, ha pubblicato uno studio nel quale si chiarisce che tra i Paesi europei produttori di componenti l'Italia è quello che in percentuale rischia di perdere il maggior numero di addetti, circa 73.000 posti di lavoro al 2040, di cui 67.000 già nel periodo 2025-2030, in anticipo rispetto agli altri Paesi;

    giova, inoltre, considerare che il 70 per cento delle batterie viene prodotto in Asia e la Cina da sola ha il 45 per cento del mercato;

    tale decisione è, quindi, evidentemente controproducente per il nostro Paese, sia per quanto riguarda il lato occupazionale, sia per le incertezze su tempi e modi delle ricariche e sulla disponibilità di colonnine in numero adeguato;

    occorre prevedere norme più aperte al contributo di tutte le tecnologie per la transizione ecologica dei veicoli, includendo i carburanti alternativi derivati da idrogeno e prodotti con energia elettrica rinnovabile;

    da qualche anno il settore è entrato in una fase di trasformazione epocale guidata da alcuni fattori, fra cui: il cambiamento nelle preferenze dei consumatori, la spinta legislativa verso modelli di sostenibilità di lungo termine (non solo ambientale, ma anche sociale e di governance), l'evoluzione tecnologica a favore di modelli di trazione green verso cui il settore si sta orientando;

    il 29 marzo 2022, la Camera dei deputati ha approvato la mozione unitaria n. 1-00572 in cui si osserva che «le scelte di politica industriale nel nostro Paese dovranno indirizzarsi in maniera chiara ed inequivocabile sullo sviluppo di soluzioni in grado, da un lato di ridurre le emissioni di CO2 e, dall'altro, di mantenere e rafforzare la competitività della filiera italiana nel percorso di transizione già avviato dai maggiori mercati di sbocco dell'Unione europea della filiera»;

    la mozione ricorda che la decisione del dicembre 2021 del Cite, Comitato interministeriale per la transizione ecologica, nel confermare che nei negoziati in sede europea sarà ribadito l'impegno dell'Italia al raggiungimento degli obiettivi del green new deal, chiarisce che per le diverse proposte contenute nel pacchetto «Fit for 55%», l'Italia si adopererà per proporre «...delle possibili strade alternative al raggiungimento di quegli stessi obiettivi, considerando oltre alla sostenibilità ambientale anche quella sociale ed economica...»;

    tra gli impegni adottati dalla mozione unitaria del 29 marzo 2022 rinviene quello di «non trascurare nuove possibili soluzioni rinnovabili, come l'utilizzo di carburanti sintetici, dei low carbon fuels e dei biocarburanti allo scopo di accompagnare anche le filiere connesse a quella automotive, come il comparto petrolchimico e della raffinazione verso una transizione sostenibile» (n. 4) e di «... promuovere iniziative di concreto sostegno per lo sviluppo di politiche industriali anche per la riconversione del settore...in grado di scongiurare i licenziamenti nella filiera dell'automotive e la delocalizzazione di importanti aziende...» (n. 5);

    Forza Italia ritiene necessario correggere l'impegno dell'Europa per la messa a bando delle auto con motori a combustione interna entro il 2035, lontano da ogni ideologia e con un unico obiettivo: conciliare l'ambizione europea sui target ambientali con la salvaguardia della sostenibilità industriale e sociale;

    il principio della neutralità tecnologica al centro del pacchetto «Fit for 55%» è precondizione essenziale per traguardare in modo efficiente ed efficace gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050. Strettamente connesso a tale principio è il concetto di diversificazione delle fonti energetiche, necessaria a bilanciare, anche in termini di sicurezza negli approvvigionamenti, il massiccio passaggio all'elettrico;

    la rilevazione delle emissioni tank-to-wheel, che è alla base del regolamento sugli standard emissivi di CO2, porta a trarre conclusioni errate circa le reali performance emissive di veicoli e carburanti/vettori energetici. Più corretto sarebbe utilizzare il life cycle assessment, ovvero ad una analisi dell'impronta carbonica sull'intero ciclo di vita di veicoli e carburanti/vettori energetici;

    correttamente è stato osservato che : «...la decisione del parlamento europeo di vietate la vendita di automobili a combustione tradizionale dal 2035 è destinata a segnare il futuro dell'industria europea, in termini di riduzione di centralità europea nella nuova globalizzazione, di perdita di competitività della manifattura continentale, di auto attivazione nel proprio corpo sociale di un ordigno di crisi occupazionale.... Si è rinunciato alla sovranità tecnologica del diesel e si è accettata la sottomissione dell'auto europea alla Cina che controlla le catene del valore asiatiche e africane che producono le materie prime e le terre rare con cui si fabbricano le macchine elettriche...»;

    pur se posposta al 2035, tale decisione ha un impatto immediato, sulle pianificazioni aziendali, sugli investimenti, sulla ricerca e sull'occupazione. Uno dei prìncipi cardine del Green Deal è il «No One left Behind», cioè consentire una transizione in grado di non lasciare nessuno indietro, un passaggio cioè socialmente accettabile. La posizione della Commissione e del Parlamento Ue presenta significativi elementi di rischio rispetto a tale principio, per i tempi e le modalità indicate: in una economia di mercato le scelte è opportuno lasciarle fare alle imprese e alla contrattazione tra le parti sociali, piuttosto che imporle per legge;

    il Ministero dello sviluppo economico sta lavorando alla definizione di una strategia complessiva con tre obiettivi fondamentali: 1) verificare i margini per aumentare significativamente la produzione nazionale e quindi la percentuale dei veicoli immatricolati prodotti in Italia, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali (in considerazione dell'elevato numero di stabilimenti sul territorio nazionale) e per assicurare all'indotto margini adeguati visto e considerato che la Germania, primo destinatario del nostro export, si sta attrezzando per conseguire l'autosufficienza (vedi numero di gigafactories in corso di realizzazione); 2) aggiornare e rafforzare i settori industriali su cui si registra la più consolidata expertise (powertrain tradizionale); 3) sviluppare la filiera componentistica nei comparti tecnologici poco presidiati,

impegna il Governo:

1) a porre all'attenzione, nelle competenti sedi, dell'Unione europea, la necessità di rivedere la decisione citata in premessa, chiedendo un arco temporale più ampio, al fine di consentire di affrontare progressivamente il passaggio verso il Green Deal europeo;

2) ad adottare con la massima decisione, iniziative presso il Consiglio ambiente europeo e nell'ambito del «trilogo» tra Parlamento, Consiglio e Commissione, in merito alla definizione delle proposte in materia di emissioni dei veicoli (COM(2021)556), per modificare l'obiettivo del taglio delle emissioni entro il 2035 dal 100 al 90 per cento, al fine di orientare le decisioni eurounitarie verso un mix tecnologico coerente col principio della neutralità tecnologica, che consenta di raggiungere gli stessi obiettivi green e di tutelare, al contempo, la filiera dell'automotive nazionale, ponendo, ove occorra, il proprio veto a decisioni in contrasto con questa impostazione;

3) ad attivarsi, nelle sedi istituzionali europee, per sostenere e valorizzare l'industria automobilistica e la relativa componentistica, intese come il comparto strategico dell'Unione europea, con politiche e risorse aggiuntive rispettò a quelle finora stanziate, promuovendo altresì proposte che consentano una transizione sostenibile in termini sociali ed industriali e prevedano target realisticamente raggiungibili per il settore;

4) ad adottare ogni ulteriore iniziativa per attuare gli indirizzi approvati dalla Camera dei deputati il 29 marzo 2022, con la mozione unitaria di cui in premessa con particolare riferimento all'individuazione di percorsi alternativi al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e allo sviluppo di politiche in grado di ammodernare la filiera dell'automotive, scongiurare i licenziamenti e impedire la delocalizzazione di importanti aziende;

5) ad adottare iniziative per implementare processi di ricerca e sviluppo favorendo la riconversione degli impianti delle aziende nei settori del powertrain tradizionale ed incentivando contestualmente realtà dalle forti potenzialità come start up e spin off che già operano nei settori di guida autonoma, motori elettrici, connettività, batterie e fuelcells;

6) ad adottare iniziative per rafforzare i consorzi per il ritiro e lo smaltimento delle batterie elettriche delle automobili nel momento in cui terminano il loro ciclo di vita.
(1-00669) «Barelli, Squeri, Porchietto, D'Attis, Torromino, Polidori, Sessa, Sorte, Giacometto, Nevi, Spena, Giacomoni, Martino, Cattaneo, Caon, Anna Lisa Baroni».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni III e X,

   premesso che:

    la sicurezza e la diversificazione degli approvvigionamenti di gas hanno assunto importanza se possibile ancora più strategica in relazione alla guerra in Ucraina e per ovviare alla pandemia energetica a cui si assiste da mesi, nei giorni scorsi il Governo italiano ha avviato interlocuzioni con diversi Stati, al fine di stipulare nuovi accordi e renderci maggiormente indipendenti dal gas russo;

    all'interno di una strategia finalizzata alla sicurezza, economicità e sostenibilità degli approvvigionamenti energetici in generale, il ruolo del gas riveste un'importanza fondamentale nella fase attuale di transizione verso la decarbonizzazione: l'emancipazione dalle fonti fossili e la diversificazione dell'approvvigionamento del gas vanno fatte tenendo presente lo scenario geopolitico attuale e cercando di immaginarne uno futuro. In questo caso, la scelta tecnologica può e deve essere un fattore di aiuto;

    il gas, con una quota prossima al 40 per cento, costituisce la principale fonte primaria del paniere energetico nazionale e la sua valenza è accentuata dal fatto che le centrali alimentate a metano rappresentano circa la metà della produzione elettrica italiana. Nella prospettiva della progressiva decarbonizzazione e in linea con le previsioni del Piano nazionale integrato energia e clima, la rilevanza del gas appare destinata a perdurare, fino almeno al prossimo decennio, quale complemento delle rinnovabili discontinue (eolico e fotovoltaico) nella fase di transizione;

    attualmente il gas arriva in Italia in due modi: tramite gasdotti o grazie alle navi. Attraverso il Transmed, una struttura lunga 2.000 chilometri, il gas parte dall'Algeria, attraversa anche la Tunisia e giunge all'impianto siciliano di Mazara del Vallo. Dalla Libia, invece, il gas arriva attraverso i 520 chilometri di tubature di Greenstream all'impianto di Gela. Per far arrivare il gas dall'Azerbaijan all'Italia sono necessari tre gasdotti. Il Scp (South Caucasus Pipeline), lungo 692 chilometri collega Baku, la capitale azera, con la Turchia. Il Tanap (Trans Anatolian Pipeline) trasporta il gas per 1.840 chilometri portandolo in Grecia. Da lì partono gli 878 chilometri del Tap (Trans Adriatic Pipeline) che trasportano il gas fino alla Puglia. Dal Nord Europa il gas percorre i 293 chilometri del Transitgas e si collega alla rete nazionale in Piemonte, in particolare a Passo Gries;

    per quanto riguarda il trasporto via mare, il gas viene raffreddato (a -162 gradi) in modo da diventare Gnl (gas naturale liquefatto) che può essere stoccato e trasportato con apposite navi. Per essere utilizzato, però, va rigassificato. In Italia esistono attualmente tre impianti: a Panigaglia (vicino La Spezia), a Livorno e a Rovigo;

    la strutturale ed elevata dipendenza dalle importazioni di gas, (la produzione nazionale non arriva a soddisfare nemmeno il 5 per cento del consumo) rappresenta dunque un elemento di significativa criticità per la sicurezza dell'approvvigionamento nazionale, la cui affidabilità risulta garantita, tuttavia, da un'ampia e diversificata capacità di importazione e da una dotazione di infrastrutture di stoccaggio in grado di compensare la stagionalità della domanda, nonché eventuali problemi di funzionamento di un gasdotto o di un terminale di rigassificazione;

    secondo alcune stime nella sola regione del Mediterraneo orientale sono stoccati sotto il fondo marino circa 3,5 mila miliardi di metri cubi di gas naturale, l'equivalente delle riserve dell'intero continente europeo, che sono rimasti fin qui inutilizzati a causa di limiti tecnologici, unitamente a fattori economici e geo-politici;

    proprio per cercare di sfruttare parte di tali risorse, è stato pensato il progetto EastMed-Poseidon (Poseidon è il nome del tratto tra Italia e Grecia), la costruzione di un gasdotto, del costo di oltre sei miliardi di euro, lungo più di duemila chilometri, con un tratto sottomarino tra i più estesi al mondo (1.300 chilometri), con lo scopo di portare in Europa 15-20 miliardi di metri cubi di gas naturale l'anno dai giacimenti al largo di Israele e di Cipro, via Grecia, favorendo la diversificazione energetica e riducendo così la dipendenza dalla Russia;

    nell'ambito dell'apertura del cosiddetto «Corridoio Sud», identificato nella «Comunicazione sulle priorità per le infrastrutture energetiche per il 2020 e oltre» dell'Unione europea (adottata il 17 novembre 2010), i Governi precedenti hanno approvato il progetto di realizzazione del terminal del gasdotto «IGI-Poseidon (Itgi)» da effettuarsi in Puglia: il tratto italiano del gasdotto è stato autorizzato il 2 maggio del 2011 con decreto del Ministro dello sviluppo economico, allora competente in materia, previa pronuncia di compatibilità ambientale positiva del 2 agosto 2010. Attualmente, tale tratto italiano non è stato realizzato e, con decreto del 26 marzo 2021, è stata disposta la proroga del termine per l'avvio dei lavori al 1° ottobre 2023. Sul progetto inoltre, è ancora in corso una seconda fase di studi relativa alle attività ingegneristiche, di indagine marina, autorizzative e regolatorio-commerciali, necessarie per l'avvio della fase realizzativa dell'opera vera e propria. La conclusione di questa fase di studio è prevista per la fine del 2022 ed è finalizzata, appunto, a verificare la fattibilità tecnica, economica e commerciale dell'iniziativa;

    l'obiettivo di questo progetto considerato prioritario dalla Unione europea, come dichiarato nella suddetta comunicazione, era di creare le infrastrutture necessarie (come del resto il progetto TAP) per permettere al gas proveniente da una qualsiasi fonte di essere acquistato e venduto ovunque nell'Unione europea, a prescindere dalle frontiere nazionali, al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti;

    lo sviluppo del progetto EastMed è stato trasversalmente sostenuto dalla Unione europea e dai Paesi coinvolti dall'opera (Israele, Cipro e Grecia), tant'è che è stato inserito nella quinta lista dei progetti di interesse comune (PCI), una scelta ribadita a inizio 2022 dal Parlamento europeo e dovrebbe ricevere finanziamenti pubblici europei e privati anche se occorre verificare la struttura economica dell'investimento e la relativa fattibilità;

    nel 2021 è stato rafforzato l'East Mediterranean Gas Forum-Emgf, principale iniziativa multilaterale della regione in ambito energetico, con l'adesione della Francia in qualità di membro e di Stati Uniti, Ue e Banca mondiale come osservatori, che vanno ad aggiungersi ai Paesi fondatori, ovvero Cipro, Grecia, Egitto, Giordania, Israele e Autorità Nazionale Palestinese, oltre che Italia. Tali iniziative trovano però l'opposizione della Turchia che, dal canto suo, ambisce a diventare il principale hub di passaggio di gas verso il territorio europeo. Al riguardo, Ankara ha contestato i criteri di ripartizione delle Zee tra i Paesi rivieraschi, denunciando l'inadeguatezza del principio che estende anche alle isole i diritti di sfruttamento delle risorse presenti nelle piattaforme;

    l'intelligence italiana, nell'ultima relazione annuale del Dipartimento per le informazioni della sicurezza, evidenzia che il quadrante del Mediterraneo orientale può essere strategico ricordando proprio la partecipazione italiana all'East Mediterranean Gas-Forum, ma che esiste anche una incognita ben identificata, il ruolo della Turchia, che «dal canto suo ambisce a diventare il principale hub di passaggio di gas verso il territorio europeo» e «contesta i criteri di ripartizione delle Zee tra i Paesi rivieraschi», a partire da Grecia e Cipro;

    i nuovi equilibri energetici e geopolitici che prima la pandemia, poi la poderosa spinta inflattiva dei costi delle materie prime ed energetiche ed infine la guerra in Ucraina stanno tracciando, pongono una serie di interrogativi sulle scelte fatte finora e soprattutto su quelle da fare: da una parte, infatti, l'attuale livello di prezzi del gas, unitamente alla necessità di ridimensionare se non annullare la dipendenza dagli approvvigionamenti dalla Russia, riportano in vita l'opportunità e la fattibilità del progetto Eastmed, che, a regime, sarebbe un elemento stabilizzatore sia dell'approvvigionamento energetico sia della sicurezza nel Mediterraneo. C'è da chiedersi però se lo stesso risultato possa essere ottenuto prima, con costi analoghi se non ridotti, e, soprattutto, se si possa fare con una o più soluzioni che aumentino il potenziale di diversificazione dei soggetti fornitori insieme alla sostenibilità economica ed alla sicurezza degli approvvigionamenti, riservando all'Italia il ruolo di hub energetico del Mediterraneo da e verso l'Europa;

    i principali elementi di criticità finora emersi sul progetto Eastmed riguardano la sua sostenibilità economica, visto che un investimento per un gasdotto come questo ha tempi di rientro di almeno 40 anni, mentre entro il 2050 è previsto che non si dovrà più usare gas naturale fossile in Europa. Anche dal punto di vista tecnico, lavorare su un tratto così lungo e affrontando profondità che arrivano a superare i 3 chilometri rende il progetto costoso e complicato da realizzare. Così come complicato dal punto di vista tecnologico è pensare di veicolarci, dopo averlo utilizzato per il trasporto del gas, miscele con biometano e idrogeno. E infine, bisogna considerare il fatto che 1.900 chilometri di gasdotto di cui 1.400 in mare sono comunque a rischio di attentati e incidenti e la vicinanza della Turchia, in conflitto perenne con la Grecia su Cipro e sul controllo delle acque dell'area, è un elemento di potenziale rischio e pericolo, alla luce di come potrebbe evolvere (in negativo), la situazione geopolitica dell'area in futuro;

    inoltre, c'è da rilevare che negli ultimi anni abbiamo assistito ad un cambiamento del mercato del gas, con l'aumento di interesse verso i terminali che ne consentano la liquefazione ed i rigassificatori: il gas è diventato un mercato sempre più liquido dove le opportunità di commercializzazione cambiano di momento in momento, a seconda dei Paesi che offrono e dei Paesi che chiedono. Il mercato del Gnl è inoltre più diversificato, flessibile e più sicuro rispetto ai gasdotti, e vede Usa e Australia come principali fornitori mondiali. C'è inoltre da rilevare come finora sia stato possibile scongiurare il rischio di cartelli come fa l'Opec per il petrolio;

    alla luce di quanto esposto finora sarebbe auspicabile avere il maggior numero possibile di alternative per arrivare alla sicurezza ed alla indipendenza energetica in Italia e in Europa;

    il Governo giustamente ha già intrapreso molteplici iniziative, fra cui l'incremento dei volumi di importazione tramite gasdotti che hanno il punto di approdo nelle regioni meridionale, e in questo scenario il progetto EastMed si porrebbe in linea con la strategia di diversificazione delle rotte del gas, con la azione di rafforzamento verso i Paesi già fornitori, come Algeria e Libia, e con l'ipotesi di fare dell'Italia un vero hub europeo dell'energia, valorizzando il bacino mediterraneo e, in particolare, la sua sponda meridionale: nell'ambito delle diverse valutazioni condotte per incrementare la sicurezza degli approvvigionamenti nazionali va quindi certamente presa in considerazione anche l'eventuale realizzazione dell'interconnessione EastMed-Poseidon. La strategia messa in campo finora dal Governo prevede il rafforzamento delle acquisizioni da Paesi affidabili, l'incremento di alcuni miliardi di metri cubi la produzione nazionale, il raddoppio della Tap e, appunto, l'implementazione dei nostri sistemi di rigassificazione: queste misure, in meno di tre anni, potrebbero portare ad una situazione nella quale l'Algeria con 30 mld/mc, la Libia con 10, la Tap con 10 (che potrebbe salire a 20 nello stesso periodo di tempo), i rigassificatori con 40 (esistenti 16 e nuovi 24), la produzione nazionale con 5 vedrebbero l'Italia in grado di sviluppare una capacità complessiva di 95 miliardi l'anno, potendone esportare circa 20 miliardi da sud verso nord, prevedendo consumi nazionali intorno ai 75 miliardi. Questo darebbe l'opportunità di rifornire anche i mercati europei attraverso i gasdotti, a Passo Gries, che già opera in controflusso, e a Tarvisio, quando non sarà più occupato dal gas russo;

    per quanto riguarda l'Italia quindi vi sono possibili soluzioni alternative in tempi più brevi e più economiche e sostenibili rispetto alla costruzione delle infrastrutture per un gasdotto delle caratteristiche di Eastmed: una possibile alternativa potrebbe essere, invece della costruzione del gasdotto, l'aumento della capacità di liquefazione attuale attraverso il potenziamento degli impianti già esistenti ovvero con la costruzione di un hub di liquefazione nell'area (costa di Israele), più veloce da costruire e con meno implicazioni tecniche e geopolitiche per realizzarlo, così come, in un'ottica di rendere la nostra penisola un hub energetico, realizzare più interconnessioni tra Italia ed Africa con lo scopo di favorire la produzione e il trasferimento di energia elettrica prodotta dalle fonti rinnovabili e facilitare lo sviluppo dei mercati energetici regionali,

impegnano il Governo:

   a valutare l'opportunità di promuovere un'azione politica con i Paesi dell'area del vicino levante (Egitto, Israele, Libano, Cipro) per un'azione di sfruttamento delle previste riserve di gas dell'area, condizione prima e necessaria per la realizzazione e lo sfruttamento congiunto di, una grande infrastruttura come Eastmed;

   a valutare, con i Paesi interessati, come questa infrastruttura si colleghi ai loro piani nazionali di sfruttamento delle risorse, potenziali ma non ancora disponibili, in modo da rendere certa la disponibilità di flussi di gas a monte della realizzazione della opera;

   a valutare come la realizzazione di Eastmed si integri nel piano italiano di diversificazione delle fonti di approvvigionamento del gas, con specifico riferimento al superamento della elevata dipendenza dalle forniture dalla Federazione russa.
(7-00850) «Quartapelle Procopio, Benamati, Bonomo, D'Elia, Gavino Manca, Soverini, Zardini».


   La I Commissione,

   premesso che:

    la Camera dei deputati ha meritoriamente promosso, attraverso l'applicazione informatica GeoEme, la digitalizzazione del procedimento di presentazione degli emendamenti a proposte di legge o disegni di legge di conversione di decreti-legge in Commissione o in Assemblea;

   tale innovazione ha indubbiamente ridotto i tempi del lavoro preparatorio in capo agli uffici di Montecitorio ai fini della predisposizione del fascicolo delle proposte emendative e della loro istruttoria;

   a tale progetto si è poi affiancata l'applicazione sperimentale (Synfra), volta a supportare la gestione delle sedute in Commissione e a permettere a tutti i deputati di visualizzare, tempestivamente, in corso di seduta, non solo il testo dell'emendamento in esame senza dover ricorrere al fascicolo cartaceo, ma anche i pareri espressi da relatore e Governo e l'esito delle votazioni, nonché eventuali altri elementi circa lo status delle proposte emendative, ad esempio per quanto attiene alla loro inammissibilità, al ritiro o a nuove formulazioni proposte;

   al contrario, non risulta che il Governo abbia messo in campo analoghi processi di digitalizzazione per la gestione della fase di istruttoria interna indispensabile per l'esame delle proposte emendative, ai fini dell'espressione dei relativi pareri;

   tale fase avviene infatti attraverso uno scambio di documenti via e-mail tra le diverse amministrazioni coinvolte e grazie al coordinamento del Dipartimento per i Rapporti con il Parlamento, a seguito dell'invio da parte delle Camere dei fascicoli delle proposte emendative in file pdf; il sistema descritto comporta tuttavia, spesso, soprattutto per i provvedimenti con un maggior numero di proposte emendative, rallentamenti nei tempi di esame, che sarebbero invece da evitare, in particolar modo per i disegni di conversione di decreti-legge;

   appare dunque opportuno che il Governo promuova l'istituzione di una piattaforma a uso interno di Ministeri e dipartimenti, per una più veloce istruttoria sulle proposte emendative ai fini dell'espressione dei relativi pareri, che sia in grado di dialogare, con le opportune forme di collaborazione ritenute idonee e concordate, con le infrastrutture digitali della Camera dei deputati;

   il Governo ha del resto già digitalizzato la gestione del monitoraggio dell'adozione dei provvedimenti attuativi, in capo all'Ufficio per il Programma di Governo,

impegna il Governo

ad assumere le necessarie iniziative per rendere più rapida e coordinata l'istruttoria sulle proposte emendative tra le diverse strutture governative coinvolte, attraverso l'adozione di adeguate infrastrutture digitali da realizzare in tempi stretti.
(7-00851) «Brescia, Perantoni, Fassino, Rizzo, Melilli, Marattin, Casa, Rotta, Paita, Nardi, Mura, Lorefice, Gallinella, Battelli, Butti, Ceccanti, Corneli, Dori».

ATTI DI CONTROLLO

CULTURA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della cultura, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   tra i settori maggiormente colpiti dalle conseguenze dalla pandemia da Covid-19 e che sta facendo ancora i conti con una ripartenza solo parziale c'è sicuramente quello della cultura e dello spettacolo, la cui attività è stata interrotta dalla pandemia per oltre due anni e i cui costi di riapertura sono spesso insostenibili per la sopravvivenza stessa delle aziende di tale settore;

   in particolare, le imprese del settore dello spettacolo viaggiante hanno subito, durante la pandemia, la paralisi dell'attività in misura analoga ai pubblici esercizi e agli ambulanti e il settore stenta a ripartire anche a causa di canoni ritenuti troppo elevati;

   per fronteggiare gli effetti negativi derivanti da tale situazione, sono state quindi assunte diverse misure volte a sostenere gli operatori del settore. Nell'ambito delle misure urgenti a sostegno del settore cultura, il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, cosiddetto decreto «Sostegni bis», ha disposto, all'articolo 65, comma 6, alcune misure in favore dello spettacolo viaggiante e delle attività circensi danneggiate dall'emergenza da COVID-19, estendendo fino al 30 giugno 2022 l'esenzione dal pagamento del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, già prevista fino al 31 dicembre 2021, per i soggetti che esercitano le attività di spettacolo viaggiante e circensi;

   sono considerati, a tal fine, «spettacoli viaggianti» – e godono pertanto dell'esenzione dal Cup – le attività spettacolari, i trattenimenti e le attrazioni allestiti a mezzo di attrezzature mobili, all'aperto o al chiuso, ovvero i parchi permanenti, anche se in maniera stabile;

   l'articolo 6-bis del medesimo provvedimento è intervenuto, inoltre, a sostegno delle piccole attività sportive ricreative e legate alle tradizioni locali e per finalità di interesse pubblico, fissando per l'anno 2021 a 500 euro l'importo annuo del canone dovuto quale corrispettivo dell'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime, a fronte dei 2500 euro previsti dalla norma per tale tipologia di canone, a prescindere dall'attività che vi viene svolta. Tale soglia minima riguarda solo le attività senza scopo di lucro praticate da pescatori o associazioni di pescatori dilettanti e si collega spesso alla promozione dei prodotti del territorio;

   la ragione di tale intervento sta nel fatto che le disposizioni succitate, introdotte dal cosiddetto «Decreto Agosto», hanno messo in difficoltà migliaia di micro e piccoli concessionari di porzioni di mare e di spiaggia non a scopo di lucro, come associazioni sportive e no profit, gavitelli e ormeggi privati, pescatori e scuole di vela, che avevano subito un aumento spropositato rispetto all'effettivo scopo e utilizzo della loro concessione demaniale;

   la legge 18 marzo 1968, n. 337, riconosce, all'articolo 1, la funzione sociale dei circhi equestri e dello spettacolo viaggiante, svolta in forma itinerante o a carattere permanente, del quale settore lo Stato sostiene il consolidamento e lo sviluppo;

   il riconoscimento della funzione sociale di tale settore, strettamente legato alle tradizioni e alla cultura popolare, sancisce la valenza di un'attività che svolge un ruolo importante nella fruizione del tempo libero e nella creazione di momenti di aggregazione e spettacolo sia nei centri urbani che nelle località prive di altri spazi per la socializzazione e il tempo libero;

   la forte valenza delle attività di spettacolo viaggiante consiste, inoltre, nel consolidamento delle tradizioni delle feste patronali, quali espressioni irrinunciabili della cultura popolare e per questo meritevoli di tutela e rilancio –:

   al fine di promuovere la ripresa dello spettacolo viaggiante e delle attività circensi danneggiate dall'emergenza epidemiologica da Covid-19, nonché sostenere il consolidamento e lo sviluppo di una categoria importantissima per la scena culturale italiana, attraverso una tassazione equa, sostenibile e coerente con gli spazi occupati, quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, al fine di prevedere una revisione del regime di tassazione, anche attraverso una auspicata riquantificazione strutturale della soglia minima dei canoni demaniali dovuti quale corrispettivo dell'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali per attività legate a tali settori, in riconoscimento della funzione sociale svolta dalle attività di spettacolo viaggiante;

   al fine di sostenere il settore della piccola pesca sportiva, le attività ricreative ad esso legate nonché la promozione delle tradizioni locali, svolte in forma singola o associata senza scopo di lucro e per finalità di interesse pubblico individuate e deliberate dagli enti locali territorialmente competenti, se il Governo intenda adottare iniziative per prorogare o rendere strutturale la disposizione di riduzione dell'importo annuo del canone dovuto quale corrispettivo dell'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime.
(2-01541) «Galizia, Tuzi, Pignatone, Cillis, Cadeddu, Battelli, Berti, Businarolo, Del Sesto, Grillo, Papiro, Ricciardi, Scerra, Vignaroli, Bella, Carbonaro, Casa, Cimino, Iorio, Melicchio, Vacca, Valente, Alemanno, Carabetta, Chiazzese, Giarrizzo, Orrico, Palmisano, Perconti, Sut».

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   EHM, MASSIMO ENRICO BARONI, SARLI, CORDA e TRANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2022, «Individuazione delle opere destinate alla difesa nazionale», si individua l'intervento infrastrutturale per la realizzazione della sede del gruppo intervento speciale, del 1° reggimento Carabinieri paracadutisti «Tuscania» e del Centro cinofili, nell'area di Coltano, quale opera destinata alla difesa nazionale. Dalla relazione istruttoria dell'Ente parco regionale Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli si apprende, che il progetto prevede 445.189,5 metri cubi di cemento per una superficie del lotto di 729.340 metri quadrati, per un totale di 190 milioni di euro;

   con un successivo decreto il Ministro della difesa s'impegna a creare un tavolo di concertazione per trovare soluzioni alternative, a seguito delle fortissime proteste che in queste mese sono state portate avanti nella città di Pisa: «Valutata l'opportunità, sentiti i rappresentanti delle autorità locali interessate di procedere all'individuazione di aree alternative ove realizzare l'ecostruttura dell'Arma dei carabinieri con l'obiettivo di consentire un insediamento nel territorio in armonia con le esigenze della pianificazione urbanistica e ambientale, presso il Ministero della difesa è istituito il tavolo operativo interistituzionale con il compito di individuare soluzioni volte a rilocare le sedi del Gis, del Tuscania e del Centro Cinofili sul territorio del comune di Pisa, valutando l'opportunità di inserire il borgo di Coltano nel progetto attraverso la rigenerazione urbana degli immobili di proprietà pubblica»;

   in base al suddetto decreto il tavolo è presieduto dal Capo di Gabinetto del Ministro della difesa e facente parte rappresentanti della Task Force Difesa per la valorizzazione immobili, energia e ambiente, e ad esso partecipano rappresentanti del comando generale dell'Arma, del consiglio superiore dei lavori pubblici, della regione Toscana, della provincia e del comune di Pisa e del Parco di San Rossore;

   nella risposta del sottosegretario Rossano Sasso in risposta all'interpellanza urgente n. 2-01494 a prima firma dell'interrogante del presente atto, viene confermata l'intenzione di procedere alla costruzione della base, militare e specificato che il Ministero delle infrastrutture avrebbe indicato come fondi stanziati non fondi Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma il Fondo coesione e sviluppo;

   il Fondo per lo sviluppo e la coesione costituisce il principale strumento finanziario e programmatico nazionale per le politiche di riequilibrio dei divari territoriali e in nessuno degli obbiettivi strategici citati vi è prevista la realizzazione di basi militari;

   in ogni caso, il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 6 agosto 2021 relativo all'assegnazione dei Fondi PNRR non prevede assegnazione di fondi al Ministero della difesa ed emerge come in Toscana siano previste opere relative alla realizzazione di opere idriche e di viabilità ma che non vi sia alcun riferimento a opere destinate alle forze armate –:

   se le risorse per la realizzazione della nuova base militare risultino effettivamente stanziate nei programmi del Fondo di coesione e sviluppo, nel caso in quale programma e da quali atti questo risulti;

   se i programmi sopra menzionati prevedano la possibilità di finanziare anche strutture militari, o se questo non sia in contrasto con le finalità richiamate in premessa dello stesso Fondo di coesione;

   se i finanziamenti eventualmente stanziati rientrino all'interno di quelli del Piano nazionale di ripresa e resilienza e se il Governo non intenda per contro adottare iniziative per destinare le eventuali risorse dal progetto della base militare a favore del territorio pisano;

   in che modo il Ministero della difesa intenda ristrutturare ed utilizzare gli edifici pubblici nel borgo di Coltano e come intenda destinarli a favore della cittadinanza locale e dello sviluppo sociale stesso;

   se si intenda, per la nuova infrastruttura militare, prelevare le risorse da altri fondi.
(4-12341)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 7 giugno 2022 il procuratore Capo di Trieste Antonio De Nicolo ha affermato – in merito al sequestro di 4,3 tonnellate di cocaina e alle misure cautelari in corso di esecuzione nei confronti di 38 persone – che «se passasse il referendum, questi arresti non si potrebbero più fare», e «gli arrestati dovrebbero essere messi in libertà con tante scuse del popolo italiano: questa è la norma che si intende abrogare», poiché «reati come il traffico di droga, a prescindere dalle quantità anche mostruose, non vengono eseguiti in violenza alla persona e quindi ricadrebbero nell'alveo abrogativo del referendum»;

   di tutta evidenza il procuratore opera, a giudizio dell'interrogante, una mistificazione della realtà e del senso stesso del referendum relativo all'articolo 274 del codice di procedura penale, che non eviterebbe affatto il ricorso alla custodia cautelare in casi di reati di criminalità organizzata, tantomeno di traffico internazionale di droga come nel caso in oggetto;

   il fatto che il Procuratore Capo di Trieste intervenga nella campagna referendaria in corso fornendo informazioni ad avviso dell'interrogante destituite di fondamento all'opinione pubblica e condizionando quindi il libero convincimento dei cittadini italiani sull'espressione del voto è molto grave, oltre che lesivo del dibattito democratico, già viziato dalla mancanza di informazione pubblica sui temi del referendum, e dello stesso ruolo che l'ufficio che il Procuratore ricopre;

   come noto, l'articolo 98 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, recante il testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, punisce chiunque, investito di un pubblico potere o funzione civile, abusando delle proprie attribuzioni e nell'esercizio di esse, si adopera a vincolare i suffragi degli elettori o ad indurli all'astensione- :

   se intenda valutare se sussistano i presupposti per promuovere l'azione disciplinare in relazione a quanto esposto in premessa.
(4-12339)


   GALANTINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con nota protocollo 311/2022 il segretario generale del Sappe stigmatizzava la nota dipartimentale con la quale si disponeva, a carico del Coordinatore regionale, nelle more della implementazione e sino al rientro del Sovrintendente, «al fine di non privare l'intero distretto della Puglia e Basilicata del presidio cinofili», l'onere di assicurare «la messa in sicurezza delle sostanze stupefacenti presenti nel distaccamento di Trani», nonché «la gestione e il mantenimento dei quadrupedi del Distaccamento»;

   nello specifico, il sindacato rilevava come le citate indicazioni violassero le disposizioni dell'attuale decreto ministeriale 17 ottobre 2002 e del modello organizzativo e funzionale, con particolare riguardo a quest'ultimo nella parte in cui, al paragrafo A, lettera c) relativo all'organizzazione del Servizio Cinofili-Nucleo Regionale Cinofili dispone espressamente che «Il sovrintendente responsabile del Distaccamento è consegnatario delle sostanze stupefacenti assegnate dal Centro Addestramento al Nucleo regionale Cinofili e provvede alla tenuta del registro da istituirsi ai sensi dell'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990»;

   dalla lettera della norma emerge chiaramente che il coordinatore regionale non può essere gravato della consegna delle sostanze stupefacenti, né può assicurare la gestione e il mantenimento dei cani cinofili in quanto «l'ispettore coordinatore, pur in possesso della specializzazione di conduttore di cane antidroga, non esercita le relative mansioni»;

   e ancora, l'articolo 3 del decreto ministeriale prevede che il nucleo centrale cinofili sia composto, fra l'altro, da un medico veterinario e da un istruttore cinofilo, presente presso ogni provveditorato e che il coordinatore regionale debba aver «superato un corso di formazione della durata di tre mesi sulle tematiche organizzative e tecnico gestionali del servizio»: previsioni anch'esse disattese, come denunciato nella nota sindacale, in cui si rileva una discrezionalità amministrativa nell'applicazione del citato decreto ministeriale che sfocia nell'arbitrarietà, in spregio dei fondamentali princìpi di legalità, buon andamento, imparzialità e trasparenza della pubblica amministrazione;

   in altri casi, infatti, l'Amministrazione avrebbe applicato con solerzia il decreto ministeriale, rigettando «una istanza presentata dal responsabile del distaccamento cinofili di Roma perché, secondo la tesi del D.A.P., il decreto ministeriale (in questo caso siccome fa comodo all'amministrazione, si applica) non prevede (...) il ruolo degli ispettori nel Servizio; così come ha cacciato diversi ispettori sempre perché non previsti nel decreto ministeriale»;

   le soluzioni per far fronte alla citata temporanea necessità, peraltro, ci sarebbero, come indicato nella stessa nota, in cui si suggerisce, per esempio, di impiegare, nelle more dell'avvio del relativo corso, i due vincitori dell'interpello per conduttori –:

   considerato la gravità dei fatti esposti in premessa, se e quali iniziative di competenza intenda assumere in merito, con particolare riguardo alla necessità di dotare l'intero distretto della Puglia e Basilicata del presidio cinofili, garantendo, al contempo, la piena applicazione del decreto ministeriale 17 ottobre 2002;

   se non ritenga necessario convocare un tavolo istituzionale per il rinnovo del medesimo decreto ministeriale istitutivo del servizio cinofili, al fine di adeguare e aggiornare i contenuti alle attuali esigenze operative, nonché al fine di garantire un'adeguata valorizzazione del personale del Corpo attualmente impiegato nel servizio e per coloro che vi faranno accesso.
(4-12342)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   PAITA, NOJA e NOBILI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   in data 27 maggio 2022, alcune testate, tra cui il «Corriere Fiorentino» e «Live Sicilia», riferivano di un episodio discriminatorio ai danni di Paola Tricomi, dottoranda della Scuola Normale Superiore di Pisa, ma residente a Catania, da parte della compagnia aerea Ryanair;

   Tricomi, secondo il racconto fornito dalla stessa, a causa di complicanze dovute all'atrofia muscolare spinale, necessita dell'ausilio costante di due ventilatori polmonari e una macchina per la tosse;

   dopo la prenotazione di un volo da Catania a Pisa, nel corso delle interlocuzioni con l'assistenza speciale della compagnia, Tricomi riferisce esserle stata negata in prima istanza l'autorizzazione all'utilizzo dei ventilatori a bordo;

   nonostante l'episodio si sia successivamente risolto, emerge come, allo stato attuale, nell'ambito dell'assistenza speciale e del trasporto di dispositivi medici a bordo, ciascuna compagnia aerea disponga di propri protocolli e procedure relativamente all'utilizzo di dispositivi medici da parte di passeggeri in possesso di una regolare prenotazione che necessitino di assistenza specifica;

   il regolamento (CE) n. 1107/2006, relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo, all'articolo 3, vieta esplicitamente che le compagnie aeree possano rifiutarsi di imbarcare una persona con disabilità, «purché la persona interessata sia in possesso di un biglietto valido e di una prenotazione», mentre all'articolo 10 e all'Allegato II chiarisce le misure di assistenza obbligatorie che i vettori aerei devono prestare ai passeggeri con disabilità, tra cui il trasporto e utilizzo dei dispositivi medici;

   il decreto legislativo n. 24 del 2009 ha successivamente individuato in Enac-Ente nazionale per l'aviazione civile l'organismo responsabile in Italia per l'applicazione del Regolamento citato, per l'accertamento delle violazioni degli obblighi di assistenza e per l'applicazione delle relative sanzioni –:

   se il Governo sia a conoscenza del fatto di cui in premessa e quali iniziative intenda adottare, eventualmente anche di carattere normativo e regolamentare, per semplificare e uniformare, con il coinvolgimento di vettori operanti in Italia ee Enac le procedure di assistenza per i passeggeri con disabilità che necessitino di assistenza speciale e per consentire l'utilizzo a bordo dei velivoli di dispositivi medici da parte di tali passeggeri.
(5-08233)


   DE GIROLAMO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 67 tosco-romagnola (SS67) costituisce un'importante arteria di collegamento tra Toscana ed Emilia-Romagna per la quale da anni si attende un adeguato piano di ammodernamento, soprattutto sul versante romagnolo, dopo diversi tentativi e sporadici interventi;

   l'attuale manto stradale risulta dissestato in diversi tratti, con marciapiedi inadeguati o inesistenti, rappresentando un serio pericolo per la viabilità e la sicurezza;

   occorre un intervento deciso di ammodernamento di questa arteria, nel tratto da Forlì al Passo del Muraglione, per fluidificare la viabilità delle vallate, ridurre i rischi e sostenere lo sviluppo dei comuni attraversati dalla SS67;

   è stato istituito un Comitato civico trasversalmente sostenuto per sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sulla vicenda dibattuta da anni;

   l'ammodernamento della SS67 interessa in particolare le imprese locali, che necessitano di un sistema viario sicuro, che consenta il transito anche dei mezzi pesanti necessari per l'approvvigionamento delle materie prime e per la consegna delle commesse, impedendo l'isolamento delle zone più interne e il progressivo spopolamento dell'Appennino tosco-romagnolo;

   per Anas, competente per la gestione della rete viaria di interesse nazionale, deve rappresentare una priorità la garanzia della manutenzione ordinaria e l'adeguamento del tracciato esistente, con interventi mirati;

   l'ammodernamento delle strade rientra inoltre tra gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che si prefigge di colmare il divario infrastrutturale tra le aree urbane e quelle interne e rurali;

   circa l'ammodernamento del tratto da Forlì al Passo del Muraglione, l'Anas ha comunicato di aver avviato gli studi preliminari per la realizzazione degli interventi più idonei per fluidificare la viabilità delle vallate e dare un sostegno allo sviluppo dei comuni interessati dall'arteria;

   non si comprende quale sia il crono programma per arrivare a una stipula di convenzione sul modello di quella relativa all'ammodernamento del tratto stradale tra Forlì e Ravenna, per cui Anas ha già avviato la redazione del progetto di fattibilità tecnico economica –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere finanziario, intenda adottare per assicurare il miglioramento della viabilità della strada statale 67, in particolare nel tratto appenninico da Forlì al Passo del Muraglione, considerata la pericolosità di questo tratto, anche per garantire la sicurezza stradale ed il transito dei mezzi pesanti e favorire attraverso Anas la convocazione di un tavolo di confronto pubblico tra il Comitato civico, le istituzioni locali, regionali e nazionali.
(5-08234)


   GARIGLIO, PIZZETTI, BRUNO BOSSIO, CASU, ANDREA ROMANO, CANTINI e DEL BASSO DE CARO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   intorno alle ore 14 di venerdì 3 giugno il treno AV Torino-Napoli si è fermato in una galleria in uscita da Roma (tra le stazioni di Prenestina e Serenissima) a causa del deragliamento della locomotiva di coda, rimasta in posizione verticale: i viaggiatori sono stati aiutati a scendere e, con l'ausilio dei vigili del fuoco e del personale delle Ferrovie, hanno potuto raggiungere a piedi la vicina stazione di Roma Palmiro Togliatti;

   a causa di tale incidente, che fortunatamente non ha causato vittime, si sono verificati ritardi che hanno interessato il traffico ferroviario dell'intero paese oltre a moltissime cancellazioni di convogli già prenotati;

   disagi che sono continuati per altri 5 giorni, paralizzando di fatto la direttrice nord-sud del Paese e molteplici collegamenti tra le regioni del centro Italia;

   in particolare l'incidente ha coinvolto arrivi e partenze previste per il ponte del 2 giugno creando gravi difficoltà a turisti e pendolari;

   lunedì 6 giugno il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini ha dichiarato che sarebbero occorsi altri tre giorni per «il ripristino completo della situazione»;

   al di là delle cause dell'incidente, su cui sta indagando la Procura di Roma, appare evidente che il settore del trasporto ferroviario italiano presenti alcune criticità, testimoniate dal fatto che un guasto, limitato a un binario nei pressi di Roma, ha rallentato per quasi una settimana numerosi collegamenti dislocati in tutto il Paese;

   queste problematiche, oltre a creare difficoltà ai viaggiatori, potrebbero produrre danni di immagine alla efficienza e alla puntualità del trasporto pubblico italiano all'estero; in concomitanza con l'apertura della stagione estiva che rappresenta, dopo 2 anni di COVID-19, una opportunità irrinunciabile per il rilancio dell'economia nazionale;

   va ricordato che il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha stanziato 1,55 miliardi di euro per il trasporto passeggeri su rotaia e in particolare: per il rafforzamento delle linee ferroviarie regionali interconnesse; per migliorarne i livelli di sicurezza; per potenziare il sistema ferroviario utilizzato come trasporto pubblico locale; per rafforzare il collegamento delle linee regionali con la rete nazionale ad alta velocità –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere per prevenire ulteriori incidenti ferroviari ed evitare che un singolo guasto circoscritto a un binario possa avere ripercussioni per numerosi giorni sull'intera rete nazionale, prevedendo in tal senso anche appositi piani di emergenza per limitare e risolvere in tempi brevi disagi e ritardi.
(5-08235)


   BALDELLI, PENTANGELO, ROSSO e ROSPI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   a dicembre 2021, dando risposta ad un atto di sindacato ispettivo del primo firmatario del presente atto, il Governo comunicò che lo schema di decreto sulle modalità di utilizzo dei dispositivi per il rilevamento delle infrazioni ai limiti di velocità, previsto dall'articolo 25, comma 2, della legge n. 120 del 2010, «sarebbe stato ragionevolmente sottoposto alla valutazione della Conferenza Stato-città e autonomie locali nei primi mesi del prossimo anno»;

   il 13 aprile scorso, dando risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-07882 del primo firmatario del presente atto, il Governo ha comunicato che lo schema di decreto era ancora in fase di «adeguamento al quadro di riferimento normativo primario e delle recenti sentenze in materia di rilevamento della velocità dei veicoli», e che auspicava di portarlo all'esame dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali «entro il mese di giugno» –:

   se il decreto sia stato inviato alla Conferenza Stato-città e autonomie locali e quando il Governo intenda adottarlo regolando finalmente, dopo dodici anni di attesa, l'utilizzo degli autovelox.
(5-08236)


   MACCANTI, ALESSANDRO PAGANO, RIXI, DONINA, FOGLIANI, FURGIUELE, GIACOMETTI, TOMBOLATO, ZANELLA e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   gli effetti della crisi russo-ucraina si sono rivelati molto problematici, in quanto le tensioni politiche e commerciali hanno determinato, indirettamente o direttamente, l'interruzione di numerose relazioni commerciali e l'aumento eccezionale dei prezzi dei carburanti navali;

   con riferimento a quest'ultimo punto, le imprese di navigazione hanno dovuto far fronte ad un generale aumento del costo dei prodotti energetici e, in particolare, del carburante per la propulsione delle imbarcazioni che, come noto, rappresenta circa il 30 per cento dei costi di esercizio;

   è stato, quindi, grande il nocumento registrato dalle imprese che esercitano attività di trasporto merci marittimo e che garantiscono le autostrade del mare e i collegamenti internazionali di approvvigionamento, servizi strategici per l'economia nazionale;

   in questo contesto di crisi, la normativa vigente presenta alcuni paradossi che danneggiano ulteriormente il trasporto marittimo nazionale;

   ad esempio l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 maggio 2009 n. 107, recante il Regolamento concernente la revisione della disciplina delle tasse e dei diritti marittimi, dispone che «nei porti, nelle rade, e spiagge dello Stato è dovuta una tassa portuale sulle merci sbarcate ed imbarcate, commisurata alle tonnellate metriche di merce, in relazione a ciascuna categoria merceologica ed alla tipologia di traffico» e nella tabella che si riferisce alla disposizione citata, indicante le tipologie merceologiche e le tariffe disposte per ogni categoria in ordine crescente, non essendovi espressa indicazione, il salgemma (cloruro di sodio), elemento di massivo impiego, è inserito nella categoria 6 «altre merci», che sconta la tariffa più onerosa; dal 2009 tale tabella non è stata più revisionata;

   non esiste alcuna giustificazione chimica per non inserire il salgemma (cloruro di sodio) nella categoria 1, che annovera merci che certamente hanno valore aggiunto ben maggiore rispetto alla tipologia di merce in questione, cosa che andrebbe anche a compensare efficacemente l'insularità delle produzioni nazionali rispetto ai mercati continentali di sbocco –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di fornire un sostegno concreto alle imprese di trasporto marittimo, che garantiscono il regolare svolgimento dei servizi essenziali di approvvigionamento, in particolare inquadrando correttamente il salgemma (cloruro di sodio) relativamente alla tassa portuale di imbarco e di sbarco delle merci.
(5-08237)


   TASSO e VILLAROSA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   in ragione dell'aumento del costo dei carburanti, l'Associazione nazionale centri soccorso autoveicoli (Ancsa) maggiormente rappresentativa della categoria dei soccorritori stradali meccanici ha proclamato da tempo lo stato di agitazione;

   il servizio di soccorso stradale e autostradale nazionale è gestito da Anas tramite società concessionarie che si avvalgono delle imprese di soccorritori stradali;

   le società concessionarie negli ultimi anni hanno imposto tariffe sempre meno favorevoli e contratti capestro, privi di clausole di salvaguardia che tutelino l'impresa soccorritrice dai forti aumenti delle spese di gestione, quali il costo dei carburanti nell'ultimo periodo;

   tale aumento costringe le imprese di soccorso, già colpite dalla pandemia dove non hanno beneficiato di alcun contributo, a lavorare in perdita, mettendo in discussione la sicurezza della circolazione stradale e migliaia di posti di lavoro, poiché, di fronte a oneri insostenibili, potrebbero interrompere il servizio e licenziare i dipendenti;

   l'attività di soccorso svolta quotidianamente dai soccorritori in ausilio alle forze dell'ordine è considerata essenziale;

   nel nostro Paese non sono mai state introdotte tariffe minime e massime per il soccorso stradale, presenti invece in altri Stati membri dell'Unione europea;

   resta inoltre disatteso il riconoscimento delle imprese mediante l'istituzione di un albo professionale, che preveda il possesso dei requisiti minimi di professionalità e delle attrezzature adeguate alle tipologie di intervento;

   per tale vuoto normativo e per l'assenza di un tariffario di riferimento, l'utente viene esposto a un'attività predatoria da parte di soccorritori improvvisati, che effettuano interventi di soccorso senza il necessario know-how e impongono tariffe spropositate mettendo in pericolo operatori, forze dell'ordine e utenti della strada;

   analogo vuoto prescrittivo si registra in materia di mobilità elettrica, in relazione alle specifiche modalità di intervento da adottare in caso di incidente o avaria per veicoli in cui siano presenti impianti ad alta tensione, pur in presenza del significativo aumento della quota di mercato delle auto full electric e ibride nel 2021 (circa il 10 per cento del totale delle immatricolazioni), destinata ad ancor più rapida progressione nel breve e medio periodo grazie agli incentivi governativi pluriennali varati nel 2022 –:

   quali iniziative si intendano mettere in atto per una regolamentazione dei settori di cui in premessa mediante il formale riconoscimento della categoria, nonché mediante l'adozione di un tariffario di riferimento degli interventi di soccorso stradale meccanico, per evitare il collasso delle imprese soccorritrici sull'intero territorio nazionale.
(5-08238)


   SCAGLIUSI, TORTO e GRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge del 31 maggio 2021, n. 77 prevede semplificazioni in materia di opere pubbliche di particolare complessità applicabili agli interventi ivi indicati;

   tra le opere vi è la realizzazione della velocizzazione della linea ferroviaria Roma-Pescara mediante raddoppi o varianti di tracciato finalizzata alla riduzione dei tempi di percorrenza sulla Roma-Pescara;

   la linea ferroviaria Roma-Pescara rientra tra le opere pubbliche da realizzarsi con gestione commissariale;

   il raddoppio della tratta ferroviaria Interporto d'Abruzzo-Manoppello verrà realizzato in stretto affiancamento alla linea storica, con velocizzazione e riclassificazione della linea ferroviaria per consentire l'aumento del carico supportabile dalla ferrovia;

   con comunicazione del 17 dicembre 2021 Rfi ha comunicato l'indizione del dibattito pubblico dei lotti 1 e 2 del raddoppio ferroviario tratta interporto d'Abruzzo-Manoppello-Scafa;

   dagli allegati al progetto di fattibilità tecnica ed economica emerge che per realizzare l'opera sono previste diverse demolizioni, tra cui oltre 30 fabbricati ad uso civile e oltre 20 rimesse, a cui si aggiungono fabbricati ad uso agricolo-industriale;

   a tali previsioni si aggiungeranno demolizioni in un'altra fase della realizzazione del raddoppio ferroviario che attraversa le città di Chieti e San Giovanni Teatino e nell'area di Chieti Scalo in cui sono previste demolizioni di diversi immobili ad uso civile in piena area urbana;

   a San Giovanni Teatino il tracciato taglierebbe in due la zona più urbanizzata della città;

   l'opera rappresenta un valore aggiunto per il territorio in termini di servizi e mobilità e non deve essere vissuto dalle comunità locali come un'imposizione che non tiene conto dell'esistente;

   per l'interrogante la stazione appaltante ha gli strumenti tecnici per sviluppare un progetto alternativo all'attuale, meno impattante sul territorio riducendo al minimo eventuali abbattimenti o interferenze con i centri abitati;

   i comuni di Chieti, San Giovanni Teatino, Manoppello e Alanno, hanno espresso sia pubblicamente che nei propri consigli comunali preoccupazioni riguardo all'impatto delle opere sul proprio territorio;

   sono nati comitati di cittadini a difesa del territorio che potrebbero trasformarsi in comitati del «No» all'opera, prospettiva da scongiurare attraverso il dialogo tra tutti gli attori in campo e la reale concertazione sull'ubicazione del tracciato –:

   se sia a conoscenza delle preoccupazioni dei sindaci delle città interessate alla realizzazione del raddoppio Pescara-Roma e se, nell'ambito delle proprie competenze, intenda attivare strumenti necessari per accogliere le istanze dei cittadini, delle comunità locali e dei sindaci dei comuni citati.
(5-08239)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASU, GARIGLIO e PIZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'interno, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   in numerose città italiane, in modo particolare nei grandi centri e nel territorio di Roma Capitale, l'abbandono di autoveicoli e motoveicoli, o parti di essi, sul suolo pubblico, continua a rappresentare un fenomeno grave in termini di degrado ambientale e pubblica sicurezza;

   l'attuale normativa di riferimento relativa alla gestione di tali veicoli è recata dal decreto 22 ottobre 1999 n. 460 che disciplina i casi e le procedure di conferimento ai centri di raccolta dei veicoli a motore o rimorchi rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e di quelli acquisiti ai sensi degli articoli 927-929 e 923 del codice civile;

   detto plesso normativo è stato inizialmente emanato in attuazione dell'articolo 46 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 e trova tuttora applicazione in virtù del rinvio operato dall'articolo 231 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 che stabilisce le procedure per la gestione dei suddetti veicoli;

   l'attuale normativa, anche a seguito di segnalazioni effettuate dai cittadini, affida, in sostanza, agli operatori di polizia locale l'accertamento della condizione di abbandono dei veicoli e l'eventuale rimozione di essi presso i centri di raccolta autorizzati;

   l'ultraventennale applicazione del citato decreto consente, soprattutto in ragione del dato empirico che ne risulta, di concludere che le procedure dal medesimo stabilite necessitano di essere rese più virtuose e che, dunque, l'auspicata adozione del decreto di cui all'articolo 231 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, appare vieppiù necessaria;

   la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del territorio impongono l'adozione di strumenti normativi «aggiornati» per rispondere in maniera più efficace ed efficiente alle continue sfide che in tale ambito lo Stato è chiamato a fronteggiare –:

   se i Ministri interrogati siano conoscenza di quanto riportato in premessa e, per quanto di competenza, se intenda adottare iniziative a livello normativo, anche partendo dalle «best practices» relative alla rimozione, alla raccolta e al recupero dei veicoli, nel tempo sviluppatesi a livello locale in applicazione del decreto 22 ottobre 1999, n. 460, provvedendo all'adozione del decreto di cui all'articolo 231 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152.
(5-08232)

Interrogazione a risposta scritta:


   DE GIORGI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   a partire dal 12 giugno 2022 Rete ferroviaria italiana (Rfi) ha programmato importanti attività di manutenzione straordinaria sulla linea che collega la Campania alla Puglia, fra Battipaglia e Taranto, passando per Potenza e Metaponto;

   i lavori avviati proseguiranno, salvo eventuali complicazioni, sino all'8 agosto. Sino a quel giorno il Frecciarossa che collega Taranto a Milano, toccando le principali città servite dell'alta velocità, sarà sostituito con autobus che copriranno la tratta fra Battipaglia e il capoluogo ionico, in coincidenza con l'arrivo e la partenza del treno;

   nello stesso periodo e nel tratto interessati dai lavori, anche il servizio fornito dagli Intercity e dai regionali subirà modifiche e questo per consentire, grazie alle opere manutentive di cui si tratta, una migliore gestione della circolazione dei treni;

   appare superfluo sottolineare gli intuibili disagi che saranno chiamati ad affrontare tutti coloro che, per lavoro o per spostamenti dovuti alle vacanze, si servono abitualmente della linea ferroviaria in questione;

   si stenta a condividere il criterio che ha portato alla scelta dei mesi di giugno, luglio e agosto per l'esecuzione dei lavori, ma del resto non è la prima volta che «importanti attività di manutenzione straordinaria sulla linea che collega la Campania alla Puglia» sono svolte nel periodo estivo, in particolare nel corso di settimane in cui generalmente il turismo aumenta la sua densità;

   già nel 2020, sempre a cavallo di giugno e di agosto, lo smesso tratto ferroviario è stato interessato da altri lavori di manutenzione straordinaria (secondo Rfi, eseguibili sempre ed esclusivamente nei mesi estivi) che provocarono non pochi problemi all'utenza e al comparto turistico, dal canto suo già alle prese con la durissima crisi originata dagli effetti dell'emergenza pandemica;

   fra le città che pagano il prezzo maggiore di queste ennesime «importanti attività di manutenzione straordinaria» figura ancora una volta Taranto, la stessa che viene ritenuta dal Governo strategica per l'industria nazionale. Ancora una volta la città ionica, già isolata dal resto del Paese per la carenza di treni che assicurino collegamenti soddisfacenti, dovrà sopportare l'assenza di un piano dei trasporti ferroviari capace di farla sentire al centro di un progetto che ne consenta il suo rilancio a livello economico e turistico;

   in mancanza di altri mezzi, nei prossimi due mesi chi da Taranto desidererà recarsi a Roma, a Firenze o a Milano avrà come alternativa agli spostamenti in autobus quella di giungere a Bari e scegliere fra le varie opzioni messe a disposizione di Trenitalia lungo la dorsale adriatica;

   la situazione potrà essere migliorata nei prossimi anni solo a fronte di importanti investimenti. A tal proposito, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ne prevede in misura cospicua per la realizzazione dell'alta velocità fra Salerno e Reggio Calabria, la prima del Sud. Al momento, dovrebbe svilupparsi solo in territorio campano, ma è innegabile che l'opera interessi sia la Basilicata sia la Puglia. Soprattutto se si tiene conto che il prolungamento fisiologico di questa linea avviene sulla direttrice Potenza-Metaponto-Taranto, per la quale sempre il Pnrr prevede 400 milioni di euro che dovrebbero finanziare interventi (fra cui figura proprio la bretella verso Potenza) decisivi per garantire standard di percorrenza più elevati –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere affinché Taranto possa diventare strategica anche a livello di trasporti e collegamenti, andando a rappresentare lo sbocco ferroviario del territorio jonico verso Roma.
(4-12335)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   presso l'isola di Lampedusa, nell'intera giornata del 6 giugno 2022, si sono susseguiti interventi di soccorso e sbarchi di migranti accolti presso l'hotspot dell'isola, con quattordici approdi e più di 300 persone arrivate in poche ore;

   secondo fonti stampa, l'hotspot di Contrada Imbriacola è al collasso, dovendo gestire 880 migranti, 7 a fronte di circa 350 posti disponibili;

   in passato, in occasione di simili episodi, si è potuto verificare lo stato di degrado dei luoghi e delle strutture nelle quali sono stati accolti i migranti, a causa del sovraffollamento, e in cui hanno dovuto soggiornare per lunghi periodi –:

   se il Ministro interpellato conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se e quali iniziative urgenti ritenga opportuno intraprendere, per quanto di competenza, per garantire la funzionalità delle procedure di accoglienza, anche al fine di evitare che episodi di tale gravità abbiano a ripetersi.
(2-01540) «Davide Aiello, Baldino, D'Orso, Alaimo, Azzolina, Maurizio Cattoi, Corneli, De Carlo, Dieni, Giordano, Francesco Silvestri, Elisa Tripodi, Ascari, Cataldi, Di Sarno, Giuliano, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Adelizzi, Buompane, Donno, Faro, Flati, Gallo, Gubitosa, Lovecchio, Manzo, Misiti, Torto».

Interrogazioni a risposta immediata:


   SURIANO, EHM, SARLI e BENEDETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   domenica 12 giugno 2022, in occasione delle elezioni amministrative e referendarie, in 170 seggi di Palermo le operazioni di voto sono state avviate con molte ore di ritardo, solo intorno alle ore 14, senza alcun preavviso, e ammontano a 50 i seggi del tutto chiusi;

   ciò è stato imputato all'assenza ingiustificata per l'insediamento del seggio di un elevato numero di presidenti, parte dei quali ha rinunciato all'incarico;

   la chiusura di quelle ore ha impedito il libero esercizio di voto di migliaia di cittadini, di cui una buona parte, con tutta probabilità, non ha fatto ritorno alle urne nelle ore pomeridiane o serali;

   diverse testate giornalistiche locali hanno riportato il verificarsi di problemi e ritardi già nella giornata precedente, momento fondamentale per la costituzione del seggio, per la compilazione dei verbali, l'autenticazione e la sottoscrizione delle schede elettorali, la preparazione delle urne e delle cabine, la preparazione dei registri degli elettori;

   da quanto riportato, gli assenti ingiustificati risultano essere 147, mentre ammonterebbero a circa 200 le persone segnalate presso la procura, che non hanno ottemperato ai propri doveri di scrutatori e presidenti di seggio;

   il comune di Palermo è corso ai ripari con un annuncio sul proprio sito, teso a riottenere la regolarità delle operazioni di voto in tutta la città;

   secondo le notizie di stampa, le assenze sarebbero imputabili alla partita di calcio prevista per la stessa serata del 12 giugno 2022 a Palermo, e al basso compenso economico di tutti coloro chiamati a operare nei seggi elettorali;

   negli ultimi anni, simili episodi sono accaduti con progressiva frequenza;

   il diritto di voto è l'elemento fondante di ogni democrazia e di ogni Stato di diritto;

   i fatti accaduti violano la Costituzione: l'articolo 1 stabilisce che «l'Italia è una Repubblica democratica (...) La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione»; l'articolo 48, secondo comma, stabilisce che «il voto è personale, libero e segreto»;

   il quarto comma del medesimo articolo stabilisce, quali limiti al suo esercizio, solamente l'incapacità civile, una sentenza penale irrevocabile e i casi di indegnità morale stabiliti dalla legge;

   la vicenda rappresenta un pericoloso precedente e, ad avviso degli interroganti, pone in discussione la piena legittimazione del risultato elettorale –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine evitare il ripetersi di tali fatti nei futuri appuntamenti elettorali.
(3-03016)


   PATERNOSTER, MOLINARI, IEZZI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GERMANÀ, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MARIANI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SCOMA, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   domenica 2 giugno 2022 a Peschiera del Garda, in provincia di Verona, sarebbero arrivati circa duemila ragazzi, soprattutto in treno, per partecipare ad un maxi raduno «trap», organizzato nei giorni precedenti tramite il passaparola sul social network Tik Tok;

   come testimoniano i video e le immagini che sono circolati sul web, il raduno non autorizzato è subito degenerato in un vero e proprio assalto a cose e persone, in risse, accoltellamenti, furti e gravissimi episodi di vandalismo e molestie al grido: «Qui è Africa, riconquistiamo Peschiera», tanto da richiedere l'intervento immediato della polizia in assetto anti sommossa;

   sempre secondo la stampa, sarebbero ancora in corso le indagini per individuarne i responsabili ma in base a quanto emerso dai primi accertamenti i protagonisti dei raid vandalici avvenuti il 2 giugno 2022 a Peschiera sarebbero infatti per lo più di origine nordafricana e molti minorenni;

   il maxi raduno ha anche registrato delle denunce per molestie sessuali: sei ragazzine tra i 16 e i 17 anni, di ritorno da una giornata a Gardaland, sul treno regionale che da Peschiera del Garda doveva portarle a Milano, sarebbero state accerchiate e molestate al grido: «le donne bianche qui non salgono» da alcuni dei ragazzini che avevano partecipato al raduno, ubriachi e totalmente fuori controllo;

   ancora dalla stampa si apprende che solo pochi giorni fa, sempre su Tik Tok, alcuni minorenni avrebbero postato altri video nei quali si legge: «Peschiera del Garda era solo il riscaldamento, vedremo Riccione come sarà» e a fianco la bandiera del Marocco;

   quanto accaduto a Peschiera del Garda e il dilagare di baby gang di stranieri ormai fuori controllo sono fatti di estrema gravità che stanno giustamente allarmando diversi sindaci oltre che l'opinione pubblica, soprattutto essendosi in passato già verificati eventi simili, per il numero sempre crescente di partecipanti giovanissimi e per l'annuncio, ancora via social, di futuri altri raduni –:

   quali immediate iniziative di competenza intenda assumere affinché non si verifichino più ulteriori episodi come quello gravissimo accaduto il 2 giugno 2022 a Peschiera del Garda.
(3-03017)


   GIACHETTI, MARCO DI MAIO, FRATE, FREGOLENT, UNGARO, OCCHIONERO e VITIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le recenti elezioni amministrative a Palermo sono state caratterizzate da un caos senza precedenti: sabato pomeriggio mancavano 170 presidenti di seggio della città su un totale di 600;

   alle 7.00 di domenica mattina, non si erano presentati ancora 50 presidenti i cui rispettivi seggi risultavano dunque inagibili e pertanto non operativi. Alle 11.00, solo una parte dei presidenti mancanti all'appello era stata sostituita, ma ancora 20 erano assenti, mentre dopo le 12.00 fonti del Viminale rendevano noto che si stavano insediando gli ultimi 13;

   nei giorni scorsi un attacco hacker aveva contribuito a mettere fuori uso il sistema informatico del comune di Palermo, rallentando la comunicazione delle rinunce, ma comunque l'amministrazione comunale non è stata in grado di fronteggiare la situazione in maniera efficace. Tra le cause della mancata presentazione di un così alto numero di presidenti, alcune fonti annoverano anche la concomitante partita di calcio Palermo-Padova, che potrebbe essere stata causa di numerose rinunce;

   il comportamento dei cittadini che non si sono presentati ai seggi in qualità di presidenti, appare privo di ogni assoluta giustificazione ed a nulla sono valsi gli appelli lanciati dall'amministrazione comunale e la mobilitazione dei vigili urbani della città;

   la mancata presentazione dei presidenti designati ha impedito l'adempimento di un diritto costituzionalmente garantito, quale quello di voto, ed ha ostacolato per diverse ore la regolarità delle operazioni di voto. Per questo motivo gli elenchi dei presidenti che non si sono presentati senza giustificato motivo, sono stati inviati in procura che valuterà gli eventuali profili di responsabilità. Agli assenti ingiustificati, infatti, potrebbero essere imputati reati quali interruzione di pubblico servizio –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per individuare le responsabilità della grave situazione verificatasi a Palermo in occasione delle elezioni amministrative del 12 e 13 giugno di cui in premessa e per scongiurare che simili circostanze possano in futuro verificarsi nuovamente nel nostro Paese.
(3-03018)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAFFA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ad ogni elezione amministrativa si ripetono disguidi nel condurre le operazioni di voto, code esasperanti tanto che i giornali riportano di cittadini che hanno rinunciato a esercitare il diritto di voto;

   la sperimentazione della digitalizzazione e del voto elettronico procedono a rilento, come da risposta ad atto di sindacato ispettivo, per «una serie di aspetti tecnici di estrema delicatezza e complessità... sulla necessità di assicurare il corretto computo dei suffragi... sull'eventuale contenzioso e sulla necessità di estrarre tutti i dati che hanno portato alla formazione dei risultati»;

   uguale attenzione, di cui al punto sopra, non pare venga dedicata alle problematiche organizzative in riferimento all'attuale sistema di voto, visto che in occasione delle amministrative si verificano gravi mancanze organizzative che determinano, ogni volta, enormi disagi e difficoltà nell'esercizio del diritto di voto;

   sia il Governo che gli enti locali danno giusta attenzione al risparmio che porta agli accorpamenti elettorali, ma non pare venga controbilanciata da una valutazione delle capacità organizzative della macchina pubblica, così il risparmio viene vanificato da disorganizzazione che genera, oltre prevedibile contenzioso, anche fondati dubbi sulla validità, in alcuni comuni, delle elezioni; a Palermo alcuni seggi sono stati costituiti in ritardo non permettendo l'esercizio del diritto di voto ai cittadini che si sono presentati;

   sono stati ignorati gli appelli lanciati a Palermo per spostare l'evento sportivo che in serata vedeva la locale squadra di calcio giocare la finale per la promozione;

   sono stati sottovalutati gli avvisi, lanciati anche dagli stessi presidenti di seggio, sulla difficoltà a ricoprire tale incarico e sulle certe, molte rinunce a svolgere tale compito, come avvenuto tra quella che appare l'ipocrita sorpresa di chi doveva prevenire tale eventualità ampiamente annunciata;

   a Messina venivano presentate otto schede (comune, circoscrizione, cinque referendum ed un referendum locale sull'istituzione di un nuovo comune) che, venivano consegnate all'elettore aperte e sovrapposte mentre le cabine avevano solo una mensolina dove appoggiarsi per esprimere il voto con il rischio che, sovrapponendo le schede al momento di tracciare la preferenza, si segnino le schede sottostanti;

   numerosi disguidi anche in riferimento al seggio dove votare rispetto a quello indicato sulla tessera elettorale, la presenza di poche cabine per seggio in considerazione, in alcuni comuni, dell'accorpamento di più appuntamenti elettorali, hanno determinato code che, come riportato dai media, vanno oltre oltre ciò che è considerato tollerabile –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;

   se, accanto alle conseguenze giudiziarie, saranno adottate iniziative nei confronti di dirigenti e funzionari che a Palermo hanno valutato male i fatti, ignorato appelli e segnali, e portato i cittadini a trovare i seggi chiusi negli orari indicati per le votazioni;

   se siano allo studio iniziative per limitare gli accorpamenti elettorali in occasione delle elezioni amministrative secondo ciò che la macchina burocratica è in grado di fare senza scaricare le conseguenze delle proprie incapacità sui cittadini, e se, per il futuro, sarà previsto lo svolgimento di un'attenta analisi sulle reali capacità organizzative della macchina pubblica prima di prendere tali decisioni;

   se siano allo studio disposizioni per evitare che si ripeta quanto accaduto, e per adottare soluzioni, come un aumento delle sezioni elettorali, un maggior numero di cabine all'interno di quelle esistenti in occasione di appuntamenti elettorali particolarmente gravosi in termini di tempistiche di voto come le amministrative;

   se siano allo studio iniziative volte a valorizzare il ruolo di presidente di seggio anche, sia con un aumento delle spettanze dovute ai componenti dei seggi elettorali, sia con l'istituzione di un fondo di spesa per la formazione dei cittadini che offrono la disponibilità a ricoprire tale compito.
(4-12336)


   PRISCO, TRANCASSINI e MONTARULI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dallo scioglimento dell'ex-Corpo forestale dello Stato e dal relativo passaggio del personale al Corpo nazionale dei vigili del fuoco non è stata ancora individuata la soluzione per la sede del Reparto volo dei vigili del fuoco di Rieti, essendo lo stesso, ancora ospitato, presso il 16esimo Nucleo elicotteri dei carabinieri, all'interno della vecchia base del disciolto reparto volo della forestale;

   sulla questione giungono, in questi giorni, preoccupanti indiscrezioni secondo le quali il Reparto volo dei vigili del fuoco di Rieti verrà definitivamente chiuso e il personale attualmente in servizio distribuito tra l'aeroporto dell'Aquila e quello di Ciampino. Ne conseguirebbe una esautorazione ai danni del territorio reatino di una struttura strategica dal punto di vista del soccorso tecnico urgente;

   la paventata decisione sarebbe oltremodo incomprensibile stante l'importanza di mantenere e potenziare tutti i presidi dei vigili del fuoco sull'intero territorio nazionale soprattutto in vista dell'approssimarsi imminente dei mesi di luglio e agosto quando gli incendi dolosi, anche quest'anno, purtroppo, eroderanno oltremodo le riserve naturali del nostro Paese –:

   se non intenda fornire le necessarie rassicurazioni circa la volontà di potenziamento e non di dismissione del citato reparto, favorendo, per quanto di competenza, un deciso intervento affinché i lavoratori del reparto volo di Rieti abbiano la possibilità di effettuare le loro attività presso una base dedicata e pienamente in possesso del Corpo nazionale vigili del fuoco.
(4-12338)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PICCOLI NARDELLI e DI GIORGI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa, comparse sul Gazzettino di Padova, si apprende della chiusura della Rete delle Biblioteche scolastiche di Padova e provincia, Bibliomediascuole, di cui è capofila il Liceo «Alvise Cornaro» di Padova;

   gli istituti scolastici in rete di Bibliomediascuole sono trenta, con un centinaio di biblioteche aderenti, e un catalogo in Clavis di circa 280.000 registrazioni. Oltre alla collaborazione per il catalogo, Bibliomediascuole ha organizzato ogni anno importanti incontri su argomenti relativi al settore biblioteche, lettura e didattica;

   le motivazioni della chiusura sembrerebbero legate alla tipologia del software gestionale, il Clavis di Comperio, in funzione anche presso la Rete Biblioteche scolastiche di Vicenza e Verona, e in molti altri sistemi bibliotecari, anche pubblici, in tutta Italia, tra i quali il Sistema Bibliotecario della provincia di Padova;

   secondo la dirigente scolastica, la ditta Comperio non darebbe le garanzie necessarie per le sicurezza informatica: motivazione e difficoltà indubbiamente importanti per la pubblica amministrazione, ma che sembrerebbero in fase di superamento; in ogni caso, in nessun modo problemi legati al solo software, di catalogazione potrebbero o dovrebbero interrompere l'insieme delle attività di una rete di biblioteche, che offre moltissimi servizi culturali oltre alla catalogazione e al prestito (si pensi solo alle attività culturali e di promozione della lettura);

   al momento i contratti di Bibliomediascuole risultano chiusi, per cui il lavoro dei bibliotecari delle scuole è interrotto: non si possono fare la catalogazione dei nuovi arrivi, la ricerca, i prestiti e le restituzioni, le stampe. Sono in gravi difficoltà anche i progetti culturali legati alle attività in biblioteca e quelli avviati in collaborazione tra didattica e biblioteca, con danno delle classi di studenti coinvolte;

   l'azione di Governo degli ultimi anni ha posto particolare attenzione alla promozione delle biblioteche scolastiche;

   con l'approvazione della legge 1° febbraio 2020, n. 15 sono stati individuati gli strumenti e le risorse necessarie per garantire il raggiungimento delle finalità caratterizzanti il Piano nazionale d'azione per la promozione della lettura, finalizzato a sostenere la lettura come mezzo per lo sviluppo della conoscenza, la diffusione della cultura, la promozione del progresso civile, sociale ed economico della comunità, la formazione e il benessere dei cittadini;

   l'articolo 5 della succitata legge, prevede espressamente la «Promozione della lettura a scuola», individuando la lettura come «momento qualificante del percorso didattico ed educativo degli studenti e quale strumento di base per l'esercizio del diritto all'istruzione e alla cultura nell'ambito della società della conoscenza.»;

   il 19 maggio 2022 il Ministro dell'istruzione, intervenendo all'inaugurazione della XXXIV edizione del Salone internazionale del libro di Torino, ha definito le biblioteche scolastiche «il centro della scuola»;

   promuovere la lettura a scuola rappresenta un'opportunità per costruire modelli didattici più flessibili e ideare spazi innovativi di apprendimento nelle scuole, tenendo conto dell'esigenza di rilanciare il ruolo della biblioteca scolastica quale strumento di sostegno per le comunità educanti e di rimozione degli ostacoli all'apprendimento e alla formazione di cittadini autonomi, consapevoli e partecipi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e, in ogni caso, quali iniziative intenda adottare per evitare la chiusura definitiva della Rete delle Biblioteche scolastiche di Padova e provincia, Bibliomediascuole, molto apprezzata dalla comunità scolastica della trentina di scuole in rete per la qualità dei servizi e dell'ampio programma di attività.
(5-08241)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   AMITRANO e INVIDIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Istat ha recentemente presentato la nona edizione del rapporto sul benessere equo e sostenibile (Bes) inteso come indicatore rilevante della qualità della vita dei cittadini, equo, che pone l'attenzione alla distribuzione tra soggetti e gruppi sociali, sostenibile, che tiene conto delle condizioni per assicurare il benessere anche alle generazioni future, un rapporto che fornisce un quadro complessivo dei 12 domini in cui è articolato il benessere, analizzati nella loro evoluzione nel corso dei due anni di pandemia, il 2020, anno dello shock dell'emergenza sanitaria, e il 2021, anno della ripresa economica e dell'occupazione, esaminando le differenze tra i vari gruppi di popolazione e tra i diversi territori italiani;

   dai dati si registra un netto peggioramento della situazione occupazionale: più in generale, l'Italia resta uno dei Paesi europei con il più alto tasso di sottoutilizzo della forza-lavoro, ovvero di impiego delle persone in mansioni non corrispondenti al livello della loro istruzione o formazione professionale e con le retribuzioni più basse rispetto ai Paesi europei poiché ad oggi il «minimum wage» ossia lo standard minimo retributivo che l'Unione europea ci chiede, non è stato ancora istituito;

   dal rapporto emerge altresì una forte penalizzazione delle retribuzioni medie con gli evidenti divari evidenziali tra le diverse regioni; le gravi criticità sono presenti soprattutto nel mercato del lavoro del Mezzogiorno con più rischio di povertà lavorativa e retributiva;

   nel mercato del lavoro la ripresa occupazionale del 2021 ha riguardato esclusivamente dipendenti a termine e collaboratori soprattutto di breve durata; tale fenomeno contrattuale è più diffuso nel Mezzogiorno, dove quasi un quarto (23,8 per cento) dei lavoratori a termine lo è da almeno cinque anni a differenza del Nord (13.3 per cento) e del Centro (16,7 per cento); pertanto, l'allentamento dei vincoli finanziari e soprattutto di quelli legati alla ricchezza del capitale umano e dei servizi di alta qualificazione richiede urgentemente politiche attive e azioni specifiche di potenziamento dei servizi nel mercato del lavoro e delle strutture preposte a erogarli, ritenuto inoltre che, alle esigenze nuove del tessuto produttivo il centro per l'impiego svolge ad oggi una funzione esclusivamente burocratica e non di servizio all'incontro fra domanda e offerta di lavoro –:

   se il Ministro intenda adottate iniziative di competenza volte sia a superare il divario retributivo sia a sburocratizzare i centri per l'impiego al fine di favorire una crescita occupazionale ed economica-sociale equilibrata in termini di accrescimento del benessere lavorativo-retributivo.
(5-08243)


   COSTANZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Carrefour, la catena della grande distribuzione, ha in Piemonte uno del poli più densi di punti vendita d'Italia assieme alla Lombardia;

   come riportato dal quotidiano «La Repubblica» il 9 giugno 2022, su 719 esuberi dichiarati in tutta Italia da Carrefour con una procedura di licenziamento collettivo, un centinaio riguardano la sola provincia di Torino, che conta 13 ipermercati e 18 Carrefour Market;

   secondo quanto riportato nell'articolo di Federica Cravero il 9 giugno 2022, e come ipotizzato da Uiltucs Torino, Carrefour starebbe attuando un'operazione di taglio di lavoratori dipendenti per poi constatare una mancanza di personale e aprire dunque le porte alle cooperative per sopperire alle carenze, esternalizzando alcuni servizi con un inevitabile gap salariale tra assunti ed esterni;

   come riferito sempre da «La Repubblica», quelli che si perdono sono stipendi pieni e con scatti di anzianità che pesano in busta paga, mentre quelli che si erogano sono appalti che non garantiscono ai nuovi lavoratori né gli stessi stipendi, né la stessa stabilità –:

   se non ritenga opportuno, anche a fronte della precedente richiesta da parte di Carrefour di accedere a fondi pubblici per lo stato di crisi, convocare i rappresentanti di Carrefour Italia per avere necessari chiarimenti e contestualmente, avviare una verifica tramite le strutture competenti, sui fatti esposti in premessa.
(5-08244)


   MURA, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, VISCOMI, LACARRA e LEPRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il tema del potere d'acquisto delle retribuzioni e del contrasto del fenomeno del «working poor» ha visto il costante impegno del Governo ed ha assunto una valenza particolare a seguito dell'accordo che si sta definendo in sede europea su una direttiva in materia di salario minimo;

   sembrano delinearsi indirizzi che, tenendo conto del contesto nazionale, potranno rafforzare il ruolo e l'efficacia della contrattazione collettiva per il mondo dei lavoratori dipendenti;

   una parte del mondo del lavoro, che tuttora non sembra essere stato preso in considerazione per la definizione di soluzioni che tutelino non solo il reddito, ma anche la professionalità di tanti lavoratori, è rappresentato dai giovani professionisti che pur svolgendo la loro prestazione lavorativa con condizioni proprie dei lavoratori dipendenti, sono «costretti» ad aprire una partita Iva;

   molte sono le professioni che vivono questa condizione, ma alcune, come quella degli architetti, vedono la prassi delle false partite Iva come l'unica forma di accesso negli studi professionali;

   la conseguenza di tale stato di cose è che, con rapporti di lavoro formalmente autonomo ma che, nei fatti, si svolgono secondo gli schemi tipici del lavoro subordinato, senza le corrispondenti garanzie e tutele, tali lavoratori risultano particolarmente fragili sul piano economico e senza adeguate tutele in caso di malattia, maternità o in materia previdenziale;

   come segnalato dalla pagina Instagram Riordine degli Architetti si apprende che: «È ovvio che chi accetta questa condizione alimenta la macchina, però i numeri sono assoluti, il 100 per cento degli studi lavora così. Ed è un fatto facilmente controllabile: basta andare sul sito della Camera di Commercio e si vede che anche studi che fatturano milioni di euro dichiarano di avere pochissimi dipendenti. Poi sul sito internet di questi stessi studi si vedono, senza dichiarare l'inquadramento contrattuale, trenta o più persone» –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per contrastare il fenomeno delle false partite Iva per i professionisti e, in particolare, per gli architetti, al fine di tutelare la condizione professionale, reddituale e previdenziale di tali lavoratori.
(5-08245)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante richiama ancora l'attenzione sull'annoso problema, rimasto irrisolto, dei contributi silenti che riguarda gli agenti e i rappresentanti di commercio tenuti all'iscrizione Enasarco;

   a questi lavoratori viene imposto l'onere di una doppia contribuzione previdenziale, all'Inps e all'Enasarco. Un notevole numero di iscritti alla fondazione ha perso tutti i contributi versati poiché non ha raggiunto i requisiti imposti dall'ente, pur maturando un'anzianità contributiva ragguardevole;

   gli iscritti ad Enasarco sono penalizzati dalle conseguenze del regime previdenziale a cui sono sottoposti. L'Enasarco prevede minimi di anzianità contributiva eccessivamente alti, inoltre, la possibilità della contribuzione volontaria, per raggiungere i requisiti richiesti, non risulta conveniente a causa della sua onerosità;

   si tratta di una situazione che merita dei provvedimenti correttivi a tutela del diritto alla pensione, anche considerando che una delle conseguenze del predetto regime è l'impossibilità di ricorrere alla ricongiunzione e alla totalizzazione per recuperare i contributi silenti;

   si mette in evidenza l'alto numero di agenti e rappresentanti che non ottiene alcuna prestazione dall'ente in questione, comportando un anomalo e considerevole accumulo di contributi infruttuosi da parte di Enasarco. Ed è proprio per la portata del fenomeno e dei numeri che ha determinato lo stesso che è necessario un urgente intervento dell'Esecutivo, che non può continuare a giustificare il proprio immobilismo, rispetto a questa incresciosa vicenda, richiamandosi ai principi del sistema di contribuzione che non prevede la restituzione dei contributi ai singoli. Né possono essere considerate risolutive le recenti modifiche che Enasarco ha operato al proprio ordinamento per riconoscere una rendita contributiva, a stringenti condizioni, per gli agenti iscritti dal 1° gennaio 2013 –:

   se il Governo intenda adottare iniziative a tutela degli iscritti Enasarco, i cui contributi versati in anni di lavoro sono rimasti inutilizzati, con specifiche iniziative normative o nell'ambito del prossimo disegno di legge di bilancio.
(5-08246)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SURIANO, EHM e SARLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo di navigazione Caronte Tourist s.p.a. detiene di fatto il controllo monopolistico del traghettamento nello Stretto di Messina beneficiando negli anni di ingenti finanziamenti e contributi pubblici;

   il 21 gennaio 2021, il Tribunale di Reggio Calabria ha disposto per la società sei mesi di amministrazione giudiziaria in applicazione dell'articolo 34 del decreto legislativo n. 159 del 2011 per rimuovere ogni possibile ombra sulla società e ricostruire le sue relazioni imprenditoriali;

   stando a quanto rilevato dagli inquirenti, la società era preda della cosca «Buda-Imerti» e gli affari della criminalità erano direttamente gestiti da un dipendente della Caronte, Domenico Passalacqua, condannato per il reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale. L'ordinanza della Dia rivela come ci fosse un rapporto diretto tra il dipendente in biglietteria e l'ex presidente Repaci e come molti contratti di servizi sulle navi fossero, stipulati con lo stesso Passalacqua in società con esponenti della mafia e della 'ndrangheta;

   a maggio 2022 la Guardia di finanza avrebbe accertato un'evasione fiscale relativa al triennio 2016/2018 scaturita dall'indebita fruizione di agevolazioni fiscali per la società Cartour, controllata dal gruppo Caronte & Tourist;

   la Stretto Service S.r.l., partecipata al 100 per cento dal gruppo di navigazione e specializzata nell'attività di call center e vendita di biglietti, abbonamenti e pulizia di spazi verdi, di fatto applicava ai propri 84 dipendenti il Ccnl Servizi di pulizia e manutenzione con un part-time ciclico verticale per svolgere mansioni che non sarebbero sempre coerenti con quanto previsto dal contratto;

   nel giugno 2020 la Caronte & Tourist ha proceduto con l'operazione di fusione per incorporazione dell'azienda Stretto Service srl, mantenendo lo stesso Ccnl, ad avviso dell'interrogante, attuando in tal modo un meccanismo discriminatorio e di segmentazione eterogenea e impiegando tali lavoratori altrettanto qualificati con le stesse mansioni svolte da altri lavoratori assunti direttamente dalla Caronte & Tourist e inquadrati con Ccnl di Logistica o Marittimo;

   stando a quanto riportato dalla Filcams Cgil Messina, in quel caso l'azienda sembrerebbe aver raggiunto un accordo per un contratto integrativo firmato da due sindacati non confederali (UGL-MARE e ADMI) prevedendo che i lavoratori lavorassero per 176 ore mensili invece delle 173 ore previste dal contratto, con 3 ore che non risultano in busta paga. Il rappresentante del sindacato ADMI è il signor Salvatore Aquila, la cui famiglia, secondo alcune intercettazioni, risulterebbe in affari e parte di uno dei clan criminali che interessavano rapporti imprenditoriali con il gruppo di navigazione;

   in aprile 2022 la società ha inviato una comunicazione ai sindacati confederali per sospendere le negoziazioni in corso per la contrattazione di secondo livello nelle società del gruppo dopo che l'Antitrust aveva comminato una multa di 3,7 milioni di euro per avere abusato della propria posizione dominante sul mercato –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti e quali iniziative di competenza intenda adottare per tutelare i diritti di tutti i lavoratori della compagnia di navigazione;

   se si stia effettuando, per quanto di competenza, un monitoraggio di quanto sta accadendo in questi anni, soprattutto dopo le inchieste, nelle relazioni tra azienda e sindacati;

   quali iniziative di competenza si stiano mettendo in campo per garantire ai lavoratori che non vi siano ulteriori abusi dei loro diritti e che non gravi su di loro quella che l'interrogante giudica la pessima gestione amministrativa.
(5-08231)


   ANZALDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   dagli ultimi dati pubblicati dall'Istat emerge un quadro occupazionale preoccupante: ad aprile 2022 gli occupati tornano a scendere con la sola eccezione dei contratti a tempo determinato il cui aumento prosegue senza sosta raggiungendo quota 3 milioni e 166 mila. Si tratta di un record storico, che registra il picco più alto dal 1977, anno dal quale sono disponibili le serie storiche;

   nel mese di aprile i contratti a tempo determinato, hanno registrato un incremento di 9 mila unità, a fronte di un calo complessivo dei dipendenti stabili;

   anche sul fronte dell'occupazione femminile i dati di aprile 2022 registrano una battuta di arresto rispetto al mese precedente: mentre i lavoratori uomini salgono di 31 mila unità, le donne scendono di 43 mila;

   secondo gli utili dati a livello europeo, nel 2020 in media nell'Unione europea sono state occupate il 73,2 per cento delle donne tra 20 e 49 anni contro l'83,9 per cento degli uomini della stessa età. In assenza di figli, il divario si riduce: le donne europee che lavorano sono il 76,2 per cento, gli uomini il 79,1 per cento. Viceversa, invece, i divari tendono purtroppo ad allargarsi: le donne con figli occupate scendono al 71,2 per cento, mentre il tasso di occupazione per gli uomini sale all'89,1 per cento. Un gap che quindi passa da meno di 3 a quasi 18 punti di differenza;

   tale dinamica è ancora più evidente in Italia. Sempre restando nella fascia tra 20 e 49 anni, nel nostro Paese in presenza di un figlio lavora l'83,5 per cento dei maschi e solo il 55,2 per cento delle donne. Un divario superiore ai 28 punti percentuali (28,3 per cento), più ampio non solo della media dell'Unione europea (17,9 punti) ma anche rispetto a quello di tutti gli altri Paesi europei. Superiore ad esempio a quello greco (27 punti), ceco (26,5), ungherese (26,3) e slovacco (22,8);

   in presenza di un figlio, risultano occupate meno del 58 per cento delle donne italiane tra 20 e 49 anni, ma la quota supera l'80 per cento in Slovenia, Austria, Portogallo, Germania, Malta, Svezia e Lituania. Addirittura l'81,2 per cento delle donne danesi con almeno 3 figli sono occupate, più di quelle italiane con un figlio (57,8 per cento);

   i contratti a tempo determinato sono largamente impiegati dalle grandi aziende quali Ikea Italia, che li utilizza nella modalità part time, richiedendo poi ore di straordinario aggiuntivo ai lavoratori che sperano così nel rinnovo del contratto;

   anche presso Primark Italia di Roma, il contratto a tempo determinato di poche settimane o mesi, viene offerto a giovani lavoratori ai quali si ricorre per coprire la stessa posizione del contratto del lavoratore precedente non rinnovato. Risulterebbe inoltre all'interrogante, per quanto riguarda il gap occupazionale di genere, che recentemente nel punto Primark del centro commerciale Maximo di Roma nel quale lavorano circa 300 addetti, siano stati convertiti, a tempo indeterminato, quasi esclusivamente contratti di lavoratori maschi –:

   se le informazioni riportate in premessa corrispondano al vero;

   quali siano i dati relativi alla conversione dei contratti da tempo determinato a indeterminato dal punto di vista di genere.
(5-08242)

Interrogazione a risposta scritta:


   SURIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel 2021, Italia Trasporto Aereo S.p.A., di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze, ha sostituito la compagnia aerea di bandiera Alitalia;

   la nuova società avviò la gara per la gestione del servizio di assistenza clienti, adottando il cosiddetto sistema di outsourcing;

   Covisian S.p.A. si è aggiudicata la gara per la gestione del servizio di assistenza clienti: esso era precedentemente gestito da Almaviva Contact — con 621 lavoratori a tempo indeterminato, dei quali 570 operativi nella sede di Palermo —, che ha conseguentemente perso la commessa;

   nell'accordo del 21 ottobre 2021, siglato presso il Ministero del lavoro, Covisian S.p.A. si impegnò ad assumere, ex novo, 543 lavoratori (36 su Rende e 507 su Palermo), in quel momento alle dipendenza di Almaviva Contact S.p.A., coerentemente con quanto previsto dalla clausola sociale di cui al contratto collettivo nazionale di lavoro delle telecomunicazioni, per la cura del servizio di customer service di Ita Airways;

   nell'aprile 2022, la nuova compagnia aerea ha rescisso unilateralmente il contratto con Covisian S.p.A., ponendo in tal modo a serio rischio l'impiego futuro del personale coinvolto;

   il 20 aprile 2022 Ita non si è presentata al tavolo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, programmato per discutere delle prospettive occupazionali di tali lavoratori;

   con il contratto scaduto dal 30 aprile 2022, i lavoratori sono rimasti di fatto senza occupazione;

   preoccupante, inoltre, è stata la decisione della compagnia aerea di dotarsi di un call center interno, con sede a Roma Fiumicino, ledendo così i legittimi diritti dei lavoratori che nel corso di oltre vent'anni di servizio nel call center di Palermo hanno acquisito notevoli competenze e professionalità;

   il 5 maggio 2022 si è svolta, a Palermo, la protesta dei 543 lavoratori: essi risultano paradossalmente licenziati dallo Stato, considerata la proprietà pubblica della società, dopo che lo Stato aveva salvato dal fallimento Alitalia per salvaguardare i livelli occupazionali del personale coinvolto;

   a oggi, non si è ancora raggiunta alcuna soluzione;

   le organizzazioni sindacali di categoria di Cgil Cisl Uil (Slc, Fistel e Uilcom) del call center di Palermo avevano già denunciato pubblicamente l'assenza di trasparenza e legittimità delle procedure assunte dalla società pubblica Ita nell'avviare la gara per la gestione del servizio di assistenza clienti: i caratteri giuridici erano fortemente privatistici e non conformi alle norme del Codice degli appalti previste per le stazioni appaltanti pubbliche, con l'assenza di applicazione della clausola sociale, l'applicazione del principio di offerta al massimo ribasso, il sistema premiale del calcolo del punteggio a favore del fornitore che avesse la propria sede su Roma — quando la totalità del personale risiede in Sicilia e Calabria — e la previsione della possibilità di delocalizzazione del servizio;

   una numerosa platea di ricercatori e analisti sostiene che le esternalizzazioni, quale quella inerente al caso in oggetto, sono causa della progressiva precarizzazione dei posti di lavoro: vi sono lavoratori assunti da società di outsourcing, chiamati a continuare a lavorare in appalto, con un impatto negativo anche sul potere di negoziazione dei sindacati, indeboliti a ogni cessione o cambio di appalto –:

   quali iniziative, per quanto di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di riaprire immediatamente le trattative con Ita S.p.a. sulla vertenza Covisian S.p.a., per porre un freno alla citata deprecabile prassi e combattere la precarizzazione dei posti di lavoro, per garantire, in futuro, il rispetto della clausola sociale normativamente prevista e infine per applicare a Ita S.p.a. le norme della cosiddetta amministrazione trasparente, contenute nel decreto legislativo 33 del 2013 e nel codice dell'amministrazione digitale.
(4-12337)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   INCERTI, CENNI, AVOSSA, CRITELLI, CAPPELLANI, FRAILIS, BERLINGHIERI, LORENZIN e FIANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la guerra in Ucraina si ripercuote pesantemente sui settori della pesca e dell'acquacoltura. Il rincaro generalizzato delle materie prime e dei costi del carburante marittimo sta generando costi d'esercizio aggiuntivi elevatissimi e comprimendo i margini di profitto nei settori della pesca, dell'acquacoltura e della trasformazione dei prodotti ittici;

   gli aumenti dei prezzi dei carburanti negli ultimi anni hanno colpito in modo particolarmente negativo il settore della pesca, arrivando a costituire in taluni segmenti circa il 50 per cento del totale dei costi operativi e complicando ulteriormente la crisi già in atto, i margini operativi e la sopravvivenza economica, con conseguente riduzione estremamente incisiva dei redditi dei pescatori;

   in diverse marinerie continua la mobilitazione dei pescatori che hanno deciso di non far uscire le proprie imbarcazioni dai porti. Il blocco della pesca si ripercuote anche sul mercato al minuto e sulla ristorazione, costretta a utilizzare prodotto congelato e abbattuto;

   il tavolo di crisi, convocato presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali su richiesta delle rappresentanze di settore, avviato per garantire la sostenibilità delle imprese e l'approvvigionamento di prodotti ittici per le famiglie italiane, ha fatto registrare passi avanti ancora non sufficienti per velocizzare le procedure di liquidazione e per favorire l'attivazione della cassa integrazione per il settore, uno strumento fondamentale di sostegno per imprese e lavoratori;

   davanti a una crisi che supera i nostri confini e si abbatte con conseguenze ancor più devastanti sulle aree economicamente e geograficamente svantaggiate, serve un piano straordinario di intervento a sostegno della filiera ittica –:

   quali iniziative intenda intraprendere per ridurre l'impatto dei rincari sui costi di produzione e per preservare e sostenere le imprese e i lavoratori del comparto della pesca e dell'acquacoltura.
(3-03021)


   SCANU. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   all'inizio di maggio 2022 un'invasione di cavallette in numero eccezionale ha colpito la Sardegna;

   da oltre un mese stanno divorando i raccolti nelle campagne della provincia di Nuoro, con epicentro nel comune di Ottana, nella media valle del Tirso, e hanno cominciato ad avanzare con forza devastante anche più a nord, nella Piana di Chilivani e nelle campagne di Ozieri;

   si tratta di un fenomeno già tristemente noto negli ultimi anni che hanno visto frequenti invasioni con effetti distruttivi sempre più estesi;

   quest'anno si tratta, però, di una vera e propria «catastrofe biologica», come definita dagli esperti, tra cui i tecnici di Laore Sardegna (Agenzia per l'attuazione dei programmi regionali in campo agricolo e per lo sviluppo rurale);

   si sta assistendo, infatti, a distese enormi di campi coltivati, di grano, erba medica, essenze arboree di ogni genere, pascoli che vengono distrutti quotidianamente;

   ogni cavalletta è in grado di consumare giornalmente una quantità di biomassa vegetale pari al suo peso corporeo: parliamo, dunque, di 200-300 tonnellate complessive totali in base al loro numero stimato;

   per comprendere le dimensioni e la portata di questo disastro si può far riferimento ai mappali georeferenziati, segnalati e riscontrati dagli operatori sul territorio e dai tecnici di Laore che hanno raggiunto dimensioni tali da rendere, in confronto, «minuscolo» l'incendio che ha devastato il Montiferru nel 2021;

   i confini delle zone rosse, declinati nella carta del disastro, segnano la stratosferica cifra di 30.000 ettari colpiti dallo «tsunami cavallette» equivalenti a circa 30.000 campi da calcio;

   purtroppo, il problema è stato sottovalutato, come dimostrano le relazioni di Laore del 2020 e del 2021, dalle quali si evince l'inevitabile escalation del fenomeno a causa dell'assenza di adeguati interventi di contenimento;

   a pagarne le spese sono allevatori ed agricoltori che in queste ore stanno assistendo alla distruzione di tanti anni di sacrifici;

   oggi si assiste al disperato tentativo dei tecnici Laore che, con soli 15 squadre dotate di atomizzatori di fitofarmaci e senza risorse economiche adeguate per coprire un'area così estesa, cercano di combattere una guerra inevitabilmente persa, se non verranno messe in campo misure imponenti e drastiche;

   l'interrogante ritiene necessario che sia deliberato quanto prima lo stato di calamità naturale e che siano disposti in tempi brevi adeguati ristori per le categorie coinvolte –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere nell'immediato per disinfestare i campi invasi, anche tenendo conto della esigenza di prevenire l'ulteriore avanzata delle cavallette.
(3-03022)


   CILLIS, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, BILOTTI, CADEDDU, CASSESE, ALBERTO MANCA, MAGLIONE, PIGNATONE e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   le conseguenze dell'invasione Russa in Ucraina dovranno ancora fare sentire gli effetti diretti sulla produzione di beni agricoli sullo scenario internazionale e ciò è evidenziato anche dalla lettura dell'ultimo report Ocse-Fao nel settore delle prospettive del mercato agricolo per il periodo 2013-2022;

   l'annuale pubblicazione mostra le proiezioni per i prossimi dieci anni relativamente ai principali prodotti agricoli, ai biocarburanti e ai prodotti ittici, ma nel rapporto vengono analizzati anche le incertezze ed i possibili scenari di sviluppo; in tale contesto esso fotografa una situazione preoccupante per la produzione agraria del futuro, già a partire dalla campagna 2023, ed in particolare per quello che riguarda il comparto della cerealicoltura;

   secondo quanto riportato dal report della Fao «Food Outlook-Rapporto semestrale sui mercati globali, giugno 2022», per le future annate agrarie saranno, infatti, moltissime le variabili, purtroppo negative, che il mondo del settore primario dovrà affrontare e i timori maggiori riguardano l'andamento degli input come sementi, fertilizzanti, fitofarmaci, gasolio per autotrazione e riscaldamento degli impianti agroalimentari;

   tutto ciò, inevitabilmente, si tradurrà in un vertiginoso aumento dei prezzi che porrà grandi incertezze sul risultato economico della prossima campagna 2023 e si potrebbe ripercuotere negativamente sulle scelte degli agricoltori per fronteggiare la prossima semina e garantire prodotti di qualità e in quantità adeguate; questo sarà il focus su cui tutti i policy makers dovranno concentrarsi nel futuro prossimo;

   se, infatti, le prospettive dell'agricoltura mondiale sono relativamente positive — poiché la domanda è forte, il commercio è in continua espansione — saranno necessari interventi concreti dei Governi centrali per poter cogliere questi benefici e scongiurare i rischi sopra prospettati, a partire da interventi per l'innovazione e l'aumento della produttività –:

   se, oltre agli interventi già promossi per il settore agricolo negli ultimi mesi, e sulla base di quanto esposto in premessa, non intenda adottare iniziative in sede europea al fine di promuovere un'azione che assicuri per il nostro Paese una produzione agricola adeguata, mantenendo la redditività degli agricoltori, anche prevedendo, ad esempio, l'acquisto comune sui mercati internazionali di fertilizzanti minerali, al fine di implementare le scorte per la prossima annata agraria.
(3-03023)


   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DE TOMA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, GIOVANNI RUSSO, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza della peste suina africana continua a progredire, sono stati recentemente accertati 32 complessivi casi di positività, di cui 5 riscontrati negli ultimi giorni dall'Istituto zooprofilattico su carcasse di animali all'interno della zona perimetrata;

   a tal proposito, nel corso della manifestazione promossa dalla Coldiretti venerdì 27 maggio 2022 per presentare alla pubblica opinione il disagio e la preoccupazione degli agricoltori e degli allevatori, la nota di risposta della competente direzione del Ministero della transizione ecologica in merito alla richiesta di intervento immediato di contenimento della popolazione dei cinghiali ha evidenziato che la problematica inerente alla proliferazione della specie sia «del tutto conosciuta e le misure finora adottate siano del tutto sufficienti»;

   è di tutta evidenza, al contrario, che la situazione sia del tutto fuori controllo come, tra l'altro, ha mostrato la massiccia presenza di agricoltori in piazza e la quotidiana rilevanza di nuovi casi di cinghiali affetti da peste suina che trova riscontro sugli organi di stampa;

   il Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale, operando presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, potrebbe svolgere, se adeguatamente consultato, una funzione utile in termini di programmazione degli interventi e di efficace confronto con Ispra anche al fine di dare una più coerente rappresentazione dei problemi in merito alla diffusione;

   occorre individuare con certezza la consistenza numerica della popolazione di cinghiali in modo da poter prevedere una pianificazione delle misure su scala territoriale, adeguata alla capacità portante dei territori anche in prossimità delle aree urbane;

   è improcrastinabile, allo stato attuale, la determinazione di interventi volti a modificare la legge n. 157 del 1992 per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, in presenza di situazioni straordinarie, attivando le competenze necessarie in grado garantire autorevolezza e impulso all'attività attraverso il coordinamento delle prefetture;

   occorrono misure rapide e tempestive finalizzate ad interventi di contenimento selettivi che consentano di procedere con maggiore efficacia, avvalendosi del parere non vincolante di Ispra, per periodi determinati e sentite le organizzazioni professionali agricole –:

   quanti interventi fino ad ora siano stati realizzati per prevenire in modo definitivo la diffusione della peste suina africana sul territorio italiano e in che modo si intendano garantire le adeguate misure di controllo e di contenimento.
(3-03024)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta immediata:


   CONTE, FASSINA, FORNARO, DE LORENZO e TIMBRO. – Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. – Per sapere – premesso che:

   il Governo si appresterebbe a discutere e approvare in sede di Consiglio dei ministri un disegno di legge sulla «autonomia differenziata»;

   non è ancora del tutto noto il contenuto del provvedimento, confermato nella sua volontà e nelle sue linee generali, da una bozza di testo in 5 articoli, datata 28 aprile 2022, che circola informalmente tra le forze politiche-parlamentari e di cui la stampa dà notizia;

   con tale bozza di disegno di legge si andrebbero a riconoscere alle regioni a statuto ordinario ulteriori forme e condizioni di autonomia secondo quanto previsto dalla Costituzione;

   pare che nel testo si preveda che, eccezion fatta per sanità, assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale (per le quali, prima di devolvere ulteriori forme di autonomia rispetto a quelle già attribuite, vanno preventivamente definiti i livelli essenziali delle prestazioni), tutte le altre competenze possano essere trasferite alle regioni a statuto ordinario attraverso una procedura di negoziazione con Governo e Parlamento, che vede peraltro fortemente ridimensionato il ruolo del Parlamento;

   la prima bozza di disegno di legge includerebbe, per il trasferimento dei fondi dello Stato, il criterio della spesa storica sostenuta dalle amministrazioni statali nella regione per l'erogazione dei servizi pubblici corrispondenti alle funzioni conferite, rimandando solo a un tempo successivo il calcolo dei fabbisogni standard in ragione dei livelli essenziali delle prestazioni, mentre nessun riferimento sarebbe presente nella proposta relativamente a fondi perequativi per sostenere le regioni meno avanzate;

   tale impostazione ovviamente andrebbe a cristallizzare il gap tra regioni, a sfavore di quelle del Mezzogiorno, che hanno un divario storico, su cui nessuna azione di riequilibrio preventivo viene condotta;

   ampia e diffusa è la preoccupazione, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, che un disegno di legge sull'autonomia differenziata configurato sulla spesa storica, senza una definizione preventiva di adeguati livelli essenziali delle prestazioni e dei fabbisogni standard, e in assenza di meccanismi perequativi, aumenti divari e disuguaglianze, andando peraltro in forte contrasto con i principi ispiratori del Next Generation Eu e del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   secondo l'economista Luca Bianchi, direttore di Svimez, la bozza di disegno di legge sull'autonomia differenziata rischia di inchiodare i territori del Mezzogiorno al divario e alle disuguaglianze –:

   come intenda attivarsi, nell'ambito delle sue competenze, per evitare che l'autonomia differenziata, così come delineata in premessa, procedendo con i criteri della spesa storica e senza la preventiva definizione dei fabbisogni standard, alimenti per il Mezzogiorno ulteriori elementi di divario con le regioni del Centro-nord.
(3-03019)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della transizione ecologica, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   nel bacino padano è in atto una progressiva desertificazione. Dalle foto satellitari messe a confronto, nell'arco dei decenni emerge con evidenza l'aumento della superficie non coperta da vegetazione nelle aree della pianura del Po;

   dalla fine del 2021 al marzo 2022 sono stati 110 i giorni consecutivi senza foggia. Le precipitazioni a Torino da dicembre 2021 ad aprile 2022 sono state di 37 millimetri, pari al 15 per cento della media degli ultimi anni;

   le portate del grande fiume, nel marzo 2022, hanno raggiunto i valori minimi dal 1972: a Pontelagoscuro il dato è di 603 metri cubi al secondo, con un deficit complessivo di marzo pari a -55 per cento. In Lombardia al 15 aprile 2022 risultava una carenza del 50 per cento del volume idrico (451 milioni di metri cubi) rispetto ai 5 anni precedenti;

   la quota idrica disponibile per il bacino Padano si sta riducendo progressivamente negli anni. Dai dati Arpa emerge che, fra manto nevoso, invasi e laghi, nel febbraio 2015, si stimavano 4 miliardi di metri cubi di acqua, 2,6 miliardi nel 2018, 1,5 miliardi nel febbraio 2022;

   fonti di Greenpeace e Wwf mostrano che la zootecnia assorbe circa il 50 per cento delle risorse idriche nazionali e in pianura Padana si trovano circa il 60 per cento dei capi di allevamento nazionali. L'impronta idrica della produzione in Italia ammonta a circa 70 miliardi di metri cubi. L'Italia inoltre importa acqua «virtuale» o nascosta nei cibi «stranieri», per 62 miliardi di metri cubi l'anno, su 132 miliardi di metri cubi totali di acqua consumata;

   oltre all'aspetto quantitativo va considerato, sotto il profilo qualitativo, che le infrazioni per i nitrati permangono in molte zone d'Italia e gli indici di eutrofizzazione sono peggiorativi in molti corpi idrici, con un raddoppio delle falde eutrofiche nel periodo 2015-2019 rispetto al 2012-2015, come da rapporto Arpa Lombardia;

   in Emilia-Romagna si osserva un progressivo peggioramento del livello dei nitrati nelle falde, con 20 stazioni su 37 superiori a 50 milligrammi al litro nel 2015, in particolare nelle zone subappenniniche. Lo stesso fenomeno è riscontrato dal 2014 nella bassa bresciana e i rapporti Arpa non consentono di comprendere con chiarezza le cause e le possibili soluzioni;

   secondo Federparchi l'agricoltura padana deve tornare ad usare l'acqua per risparmiarla, immagazzinandola nelle falde, permettendo quindi la circolazione della risorsa idrica nella rete irrigua in inverno, nelle marcite, sui prati e nelle risaie;

   l'Associazione nazionale bonifiche e irrigazione (Anbi) rileva che la falda idrica del Po sarebbe ridotta del 200 per cento. Coldiretti ha chiesto lo stato di emergenza già dal mese di aprile e concorda con Anbi il cosiddetto Piano dei «10.000 laghetti» (bacini per trattenere le precipitazioni). Anche la regione Veneto ha chiesto lo stato di emergenza per siccità;

   il segretario generale dell'Autorità di bacino del Po, Meuccio Berselli, ha enunciato che «per il comparto agricolo serve risorsa per poter far fronte ai fabbisogni utili alle produzioni che in questo momento storico sono ancora più indispensabili per le nostre comunità. È prioritario che si istituiscano dove possibile deroghe per consentire il prelievo di acqua. Prelievo che per l'agricoltura e la produzione di energetica idroelettrica, vista la carenza, ha una valenza imprescindibile», facendo emergere il rischio di concorrenza fra produzione energetica ed esigenze del settore agricolo;

   secondo il Wwf gli effetti del cambiamento climatico si stanno abbattendo su un territorio «estremamente vulnerabile», in cui i fiumi sono ridotti a canali, senza quelle zone riparie fondamentali per attenuare questo genere di fenomeni: i boschi ripariali e le zone umide perifluviali – come le lanche, i rami laterali dei fiumi – fungevano da «spugna» per il fiume, trattenendo l'acqua delle piogge o delle eventuali alluvioni e permettendo alle falde di ricaricarsi durante le piene per poi rilasciare l'acqua durante l'anno, progressivamente. Wwf e Anepla hanno ricordato come il progetto di «rinaturazione del Po» – proposto e inserito nel Piano nazionale di ripresa e resilienza – sia di fondamentale importanza. Il Wwf chiede inoltre che venga costituito un comitato scientifico che venga coinvolto «nella valutazione della proposta di programma d'azione del progetto di rinaturazione del Po», così come un maggiore coinvolgimento dei comuni;

   al Ministero della transizione ecologica è in corso un tavolo con le autorità di bacino con l'obiettivo di tracciare un percorso condiviso per l'individuazione degli strumenti più opportuni ed efficaci sul tema –:

   se i Ministri interpellati intendano fornire dettagliati elementi in merito al deficit idrico dei diversi distretti interessati, con particolare riferimento al bacino Padano e alle prospettive attese;

   se il Governo ritenga sia a rischio, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, l'approvvigionamento idropotabile umano e se intenda deliberare lo stato di emergenza;

   se intendano adottare iniziative per studiare l'incidenza delle diverse cause locali e globali della siccità sui livelli di falda nel bacino Padano e negli altri bacini interessati (Arno, Tevere e altri);

   se intendano affrontare la siccità in corso con una programmazione idrica che riporti maggiori quantità d'acqua sul suolo anche in inverno, mediante la rinaturazione riparia, il ripristino delle funzioni dei rivi laterali e la riforestazione dei bacini siccitosi, come quello Padano, al fine di limitare la desertificazione;

   se intendano adottare iniziative per implementare e aumentare i bacini di accumulo idrico (anche in riferimento ai fondi istituiti a tal fine nel 2017) e le aree di scolmata già presenti e, in tal caso, se intendano adottare iniziative per ridurre, e come, il carico eutrofico e di nitrati che si troverebbe distribuito in un volume idrico minore;

   se dispongano di dati aggiornati in merito allo stato chimico e trofico delle falde acquifere, considerando gli effetti negativi della riduzione delle falde;

   se intendano fornire dettagliati elementi circa l'impronta idrica delle attività antropiche nel bacino padano e programmare, in caso di prosecuzione o peggioramento della crisi idrica, una distribuzione prioritaria della risorsa per l'approvvigionamento di acqua potabile e per la filiera alimentare;

   se intendano adottare iniziative per rivedere gli incentivi all'utilizzo di cereali negli impianti bioenergetici, alla luce della crisi idrica, della crisi bellica e delle difficoltà di importazione dei cereali stessi;

   se intendano fornire ogni utile elemento in merito al tavolo istituito con le autorità di bacino e ai finanziamenti erogati e previsti per i bacini idrici e i contratti di fiume.
(2-01542) «Zolezzi, Federico, Daga, Deiana, D'Ippolito, Di Lauro, Maraia, Micillo, Terzoni, Traversi, Varrica, D'Arrando, Mammì, Marzana, Nappi, Misiti, Penna, Provenza, Ruggiero, Sportiello, Villani, Caso, Currò, Grimaldi, Gabriele Lorenzoni, Martinciglio, Migliorino, Zanichelli, Del Grosso, Di Stasio, Emiliozzi».

Interrogazione a risposta immediata:


   BARELLI, SQUERI e PORCHIETTO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   nel pacchetto «Fit for 55%» applicativo del Green deal europeo (Gde), la proposta della Commissione (COM(2021)556), prevede che i nuovi veicoli messi in commercio, e in particolare le autovetture, dovranno emettere nel 2030 il 55 per cento di anidride carbonica in meno rispetto ai livelli del 2021, mentre nel 2035 il taglio delle emissioni dovrà essere del 100 per cento. Ne consegue che da quella data i produttori potranno immettere sul mercato solamente modelli elettrici oppure a idrogeno;

   l'8 giugno 2022 il Parlamento europeo ha sostanzialmente confermato le proposte della Commissione europea sulle emissioni delle auto. Sono stati respinti gli emendamenti che prevedevano deroghe all'uso di combustibili alternativi, nonché la proposta di modificare l'obiettivo del 100 per cento di taglio di emissioni entro il 2035, con un passaggio al 90 per cento delle emissioni da tagliare;

   il 29 marzo 2022 la Camera dei deputati ha approvato una mozione unitaria in cui si osserva che «le scelte di politica industriale nel nostro Paese dovranno indirizzarsi (...) sullo sviluppo di soluzioni in grado, da un lato di ridurre le emissioni di CO2 e, dall'altro, di mantenere e rafforzare la competitività della filiera italiana nel percorso di transizione (...)»;

   la decisione del dicembre 2021 del Cite, Comitato interministeriale per la transizione ecologica, nel confermare l'impegno dell'Italia al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, chiarisce che per le diverse proposte contenute nel «Fit for 55%», l'Italia si adopererà per proporre «(...) delle possibili strade alternative al raggiungimento di quegli stessi obiettivi, considerando oltre alla sostenibilità ambientale anche quella sociale ed economica (...)»;

   da mesi le associazioni del settore automotive e i sindacati fanno presente che gli obiettivi di anidride carbonica dalla Commissione europea mettono a rischio oltre 500.000 posti di lavoro, di cui 73.000 nel solo settore della componentistica in Italia e non rispettano né il principio della neutralità tecnologica, né quello della accettabilità sociale previsti dal Green deal europeo –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere, nell'ambito del prossimo Consiglio ambiente europeo e successivamente nell'ambito del «trilogo» tra Parlamento, Consiglio e Commissione, in relazione alle proposte in materia di emissioni dei veicoli, al fine di orientare le decisioni eurounitarie verso un mix tecnologico coerente con il principio della neutralità tecnologica, che consenta di raggiungere gli stessi obiettivi green e tutelare, al contempo, la filiera dell'automotive nazionale, e se, ove occorra, preveda di utilizzare ogni strumento a disposizione per bloccare l'approvazione di decisioni in contrasto con questa impostazione.
(3-03020)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI e CILLIS. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il 7 dicembre 2016 si è avviata la procedura di valutazione d'impatto ambientale per il progetto denominato «Gorgoglione 3». Il progetto prevede la perforazione del pozzo Gorgoglione 3 e la costruzione di una condotta interrata della lunghezza di 3 chilometri per il collegamento del pozzo al centro Olio Tempa Rossa, in provincia di Potenza. Il proponente è Total E&P Italia SpA;

   dal portale delle valutazioni ambientali si evince che la commissione tecnica Via e il Ministero della cultura hanno dato entrambi parere negativo, rispettivamente il 15 febbraio 2021 e il 7 luglio 2021, e che lo stato della procedura è concluso;

   l'articolo 25, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 in materia di Valutazione d'impatto Ambientale prescrive che qualora i pareri su progetti esprimano valutazioni negative o elementi di dissenso sul progetto, l'autorità competente procede comunque alla valutazione a norma del medesimo articolo, che al comma 2 prescrive l'adozione del provvedimento di Via entro il termine di sessanta giorni dalla conclusione della fase di consultazione che, nel caso del progetto di cui si tratta, si è esaurita oltre due anni e mezzo fa, e previa l'acquisizione del concerto del Ministero della cultura il quale ha dato parere negativo sul progetto;

   qualora sia necessario procedere ad accertamenti e indagini di particolare complessità, l'autorità competente, con atto motivato, dispone il prolungamento della fase di valutazione sino a un massimo di ulteriori trenta giorni, dando tempestivamente comunicazione per via telematica al proponente delle ragioni che giustificano la proroga e del termine entro cui sarà emanato il provvedimento. Nei trenta giorni successivi al pronunciamento della commissione tecnica, il direttore generale del Ministero della transizione ecologica avrebbe dovuto adottare il provvedimento di Via, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura entro il termine di venti giorni;

   il comma 3 del citato articolo 25 del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce che il provvedimento di Via contiene le motivazioni e le considerazioni cui si fonda la decisione dell'autorità competente, incluse le informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico, la sintesi dei risultati delle consultazioni e delle informazioni raccolte ai sensi degli articoli 23, 24 e 24-bis, e, ove applicabile, ai sensi dell'articolo 32, nonché l'indicazione di come tali risultati siano stati integrati o altrimenti presi in considerazione, mentre il comma 5 dispone che il provvedimento di Via è immediatamente pubblicato sul sito web dell'autorità competente e ha l'efficacia temporale, comunque non inferiore a cinque anni, definita nel provvedimento stesso;

   al comma 7 si precisa che tutti i termini del procedimento di VIA si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241 –:

   se sia stato adottato il provvedimento di Via relativamente al progetto «Gorgoglione 3» e, in caso contrario, per quale motivo non sia ancora stato fatto e a cosa siano dovuti i ritardi, tenuto conto dei numerosi e ripetuti interventi normativi degli ultimi anni che hanno notevolmente accelerato i tempi del procedimento e ridotto ai minimi termini le possibilità di partecipazione del pubblico;

   quali iniziative intenda intraprendere al fine di garantire l'adozione e la pubblicazione dei provvedimenti nei tempi prescritti dalla legge.
(5-08240)

Interrogazione a risposta scritta:


   LICATINI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   sono numerosi i passi avanti compiuti in tema di economia circolare, anche attraverso la spinta attuata dall'Unione europea con il cosiddetto pacchetto normativo composto dalle direttive del 2018 e recepite nel 2020 dal nostro ordinamento;

   in tema di smaltimento rifiuti, il decreto legislativo n. 152 del 2006, il nostro Codice in materia ambientale, all'articolo 182-ter, rubricato «rifiuti organici», prevede che la raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002; all'articolo 226-bis si pone il divieto di commercializzare borse in plastica in materiale leggero o non rispondenti a determinate caratteristiche e, al fine di ridurne l'utilizzo, già dal primo gennaio 2021 possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 60 per cento;

   per quanto riguarda la raccolta differenziata dei rifiuti organici questa dovrà essere fatta esclusivamente tramite sacchetti in materiale biodegradabile e compostabile;

   dal Rapporto Rifiuti Urbani Ispra 2021 e secondo i dati forniti dall'Associazione italiana delle bioplastiche e dei materiali biodegradabili e compostabili i quantitativi di manufatti in polimeri compostabili prodotti nel 2020 ammontano a quasi 111 mila tonnellate, con un aumento del 9,6 per cento rispetto al 2019, correlabile alla commercializzazione di borse biodegradabili e compostabili come imballaggio per alimenti sfusi;

   tuttavia, si deve considerare che una volta acquistata la merce, per lo più ortofrutticola, viene apposto lo scontrino adesivo nel sacchetto biodegradabile, composto da materiale non riciclabile e, inoltre, non facilmente rimovibile, che vanifica del tutto il fine della normativa;

   si tratta, infatti di materiale indifferenziato che non può essere riciclato proprio per i componenti che costituiscono la carta termica, in grado di resistere al tempo; ciò si pone in contrasto con la finalità dell'utilizzo dei sacchetti contenenti prodotti ortofrutticoli, idonei ad essere smaltiti, invece, nella frazione organica;

   la crescita della raccolta differenziata della frazione umida rappresenta, indubbiamente, uno stimolo all'utilizzo delle borse compostabili che risultano idonee al riciclaggio dei rifiuti organici; è necessario, però, evitare quelle pratiche che di fatto vanificano i risultati, come l'apposizione sul sacchetto biodegradabile dello scontrino adesivo non riciclabile –:

   se, alla luce di tali considerazioni, i Ministri interrogati intendano assumere iniziative al fine di prevedere, per l'acquisto di merce ortofrutticola sfusa o per sacchetti biodegradabili contenenti prodotti alimentari, scontrini adesivi a loro volta biodegradabili e compostabili.
(4-12340)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Noja e altri n. 1-00665, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 giugno 2022, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Mor, Colaninno, Anzaldi, Paita, Migliore.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Di Lauro n. 3-02960, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 maggio 2022, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata D'Arrando.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Romaniello n. 1-00536, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 578 del 20 ottobre 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    il suicidio è e deve essere riconosciuto come un serio problema di salute pubblica;

    ogni anno, secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, nel mondo oltre 800 mila persone muoiono per suicidio, l'equivalente di una vittima ogni 40 secondi. La mortalità complessiva del fenomeno supera il numero di morti per malaria, cancro al seno o demenza. Inoltre, per ogni suicidio, si contano circa 20 tentativi di suicidio. Il suicidio è la seconda causa di morte per i giovani di età compresa fra i 15 e i 29 anni;

    secondo uno studio condotto nel 2019 dal Global burden disease, nel 2016 il suicidio è risultato tra le 10 principali cause di morte in Europa, così come in Asia centrale, Australasia, America latina meridionale e nei Paesi ad alto reddito del Nord America. Inoltre, secondo un report dell'Organizzazione mondiale della sanità del 2014, il suicidio comprende il 56 per cento di tutte le morti di carattere violento, un numero più elevato delle morti causate da guerre e omicidi. Nello specifico, l'81 per cento delle morti violente nei Paesi ad alto reddito e, rispettivamente, il 44 per cento e il 70 per cento nei Paesi a basso e medio reddito;

    il suicidio è un fenomeno collegato all'età e al genere: nei Paesi ad alto reddito i più recenti studi confermano un tasso di suicidio negli uomini tre volte maggiore rispetto alle donne; lo scarto diminuisce nei Paesi a medio-basso reddito dove il tasso di suicidio maschile è superiore del 57 per cento. La scelta di metodi autolesivi, che presentano una maggiore potenzialità di esito fatale, rappresenta un fattore rilevante riguardo la differenza di genere;

    in linea generale, gli uomini presentano tassi di mortalità per suicidio più elevati in tutte le età, eccetto per la fascia dai 15 ai 29 anni, per la quale il suicidio, oltre a rappresentare la seconda principale causa di morte in tutto il mondo (8,5 per cento), costituisce la prima causa di morte tra le giovani donne a livello globale;

    la riduzione del tasso dei suicidi è uno degli obiettivi dell'Agenda delle Nazioni Unite 2030 per lo sviluppo sostenibile;

    nel 2014 è stato pubblicato il primo World health organization world suicide report «Prevenire il suicidio: un imperativo globale», il quale mirava ad aumentare la consapevolezza dell'importanza della salute pubblica riguardo i tentativi di suicidio e il suicidio, al fine di rendere la prevenzione del suicidio un'alta priorità nell'agenda della salute pubblica globale. Il report si proponeva, inoltre, di incoraggiare e sostenere i Paesi per sviluppare o rafforzare strategie globali di prevenzione del suicidio con un approccio multisettoriale di sanità pubblica;

    ad oggi, solo alcuni Paesi nel mondo hanno incluso la prevenzione del suicidio tra le loro priorità sanitarie e solo 38 Stati possiedono una strategia nazionale di prevenzione del suicidio;

    l'Organizzazione mondiale della sanità ha incentivato gli sforzi di prevenzione nella direzione di una strategia nazionale che riconosca il suicidio e i tentativi di suicidio come un grave problema di salute pubblica, impegnando i Governi ad affrontarlo. Nello specifico, risulta necessario fornire un quadro strutturale che incorpori vari aspetti della prevenzione del suicidio e fornisca una guida autorevole sulle principali attività di prevenzione basate su evidenze empiriche;

    le strategie nazionali si pongono l'obiettivo di individuare le principali strutture competenti in materia e di assegnare loro responsabilità specifiche, coordinandone l'operato. La struttura deputata al coordinamento della strategia nazionale deve, inoltre, occuparsi di identificare le lacune principali all'interno della legislazione vigente, nella fornitura dei servizi e nella raccolta dei dati e di suggerire elementi di risoluzione dei limiti strutturali, come l'esigenza di risorse umane e finanziarie necessarie per implementare nuovi modelli di intervento. Un piano di prevenzione così strutturato è in grado di modificare e sensibilizzare le comunicazioni dei media, di proporre un quadro solido di monitoraggio e di valutazione, infondendo un senso di fiducia nelle istituzioni e facilitando la ricerca scientifica sui comportamenti suicidari;

    nei Paesi ad alto reddito, l'impiccagione costituisce il 50 per cento dei suicidi, mentre le armi da fuoco si collocano al secondo posto rappresentando il 18 per cento dei casi. Negli Stati Uniti, dove la vendita di armi rappresenta un problema reale, all'interno della strategia nazionale per la prevenzione del suicidio è stata identificata la detenzione di armi come uno dei 4 fattori critici da trattare allo scopo di ridurre il fenomeno del 20 per cento entro il 2025;

    il più importante fattore di rischio suicidario è rappresentato da uno o più precedenti tentativi di suicidio;

    un noto aspetto critico relativo al fenomeno suicidario riguarda il cosiddetto «contagio» un fenomeno comune che si manifesta con l'aumento dei comportamenti suicidari nel periodo immediatamente successivo ad un episodio suicidario, o con disturbi collegati allo stress derivante dall'evento traumatico. Attualmente, il nostro Paese non investe nei servizi di postvention. Postvention è un programma che serve a gestire gli aspetti traumatici di un suicidio o di un tentato suicidio quando esso si verifica all'interno delle istituzioni scolastiche. Ha lo scopo di ridurre al minimo i rischi di emulazione, di prendere in carico i soggetti più sofferenti, di aiutare l'istituzione a superare le maggiori difficoltà che il trauma comporta. Tali servizi, che rappresentano la risposta a questo peculiare fenomeno, sono stati implementati nei protocolli di intervento da molti Paesi, tra i quali il Regno Unito, l'Australia e la Nuova Zelanda, consentendo di osservare effetti positivi. Anche in Italia esistono alcuni servizi, tra cui rivestono particolare importanza quelli di alcuni enti quali, a titolo di esempio, la De Leo Fund, i cui servizi sono ricalcati anche all'estero, e la Fondazione Minotauro, presieduta da Matteo Lancini, ma non esiste un network pubblico efficace sul territorio nazionale;

    dal dossier elaborato dall'ONS il consumo dei farmaci antidepressivi può offrire indicazioni relative allo stato psicologico e la depressione, che ha un'incidenza estremamente alta nelle persone comprese tra i 18 e 64 anni, rappresenta una delle cause degli atti suicidari;

    i tassi di mortalità per suicidio sono più elevati tra gli anziani, ma il suicidio è tra le primissime cause di morte per i giovani tra i 15 e i 29 anni. Tali decessi presentano impatti devastanti sul contesto sociale e sulle famiglie ed emerge spesso che il suicida non si è mai rivolto ai servizi sanitari e sociosanitari;

    nel nostro Paese, ogni anno, circa 4.000 persone si tolgono la vita e si stima che almeno la metà di esse potrebbe essere salvata con un intervento adeguato. Il numero di vittime, che non contempla il dato sommerso, prodotto dell'assenza di un osservatorio dedicato e di sistemi di rilevamento avanzati, è paragonabile a quello di una bomba atomica dilazionata in 10 anni, in grado di far sparire per sempre una città di medie dimensioni;

    esiste una relazione tra suicidi e crisi socio-economiche, come il corso della storia ha sempre dimostrato. Nel 2016 l'Istat ha riportato che il suicidio è la causa di morte più direttamente influenzata dalle crisi economiche;

    secondo una nota pubblicata dal professore Daniele dell'Università Magna Graecia, tra il 2007 e il 2010 il numero di suicidi è cresciuto del 34 per cento tra i disoccupati, del 19 per cento tra gli occupati e del 13 per cento tra le persone fuoriuscite dal mondo del lavoro;

    nel 2009 si sono verificati 4.884 suicidi, in eccesso rispetto al numero previsto in base alle tendenze precedenti (2000-2007). Per quanto riguarda l'Europa, i suicidi in eccesso si sono verificati principalmente negli uomini di età compresa tra 15 e 24 anni, mentre nelle Americhe sono stati gli uomini di età compresa tra 45 e 64 anni a mostrare il maggiore aumento. L'incremento è stato osservato in particolare nei Paesi che presentavano bassi livelli di disoccupazione nel periodo precedente la crisi, nei Paesi con livelli più elevati di perdita di posti di lavoro e negli uomini;

    ad oggi, la pandemia da COVID-19 sta esercitando un impatto particolarmente grave sulle condotte suicidarie all'interno del quadro descritto, già allarmante in precedenza. Alcuni dati rilevanti riguardo allo stato dell'arte emergono dalle rilevazioni condotte da enti di ricerca che si occupano di determinate categorie di soggetti a rischio e fasce di età specifiche della popolazione;

    negli ultimi mesi, tra ottobre 2020 e gennaio 2021, nell'unità operativa complessa di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma è stato registrato un incremento del 30 per cento dei tentativi di suicidio e degli atti di autolesionismo e il reparto risultava occupato al 100 per cento, mentre negli altri anni, di media, il dato si attestava intorno al 70 per cento;

    tra febbraio 2020 e febbraio 2021 è stato registrato un aumento del 32 per cento delle richieste legate alla salute mentale, come l'ideazione suicidaria, gli atti autolesivi e i tentativi di suicidio, pervenute al servizio 114 «Emergenza infanzia» promosso dal Dipartimento per le politiche della famiglia e gestito da Telefono azzurro;

    un recente studio, che ha coinvolto genitori di bambini e adolescenti in Italia, Spagna e Portogallo, ha evidenziato che il 19 per cento dei bambini e il 38 per cento degli adolescenti mostrano sintomi di ansia e depressione e che c'è stato un netto incremento di questi livelli rispetto a quelli riportati in altri studi condotti negli stessi Paesi nel periodo pre-COVID-19;

    già nel 2008, in una comunicazione presentata al XXIV congresso nazionale della Società italiana neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (Sinpia), dal titolo «Complessità e specificità in neuropsichiatria dell'età evolutiva: lo sviluppo delle conoscenze e il miglioramento delle cure», la Sinpia poneva in risalto le questioni relative al ricovero e all'emergenza psichiatrica in adolescenza che non riuscivano già allora a diventare una priorità organizzativa nazionale, nonostante l'allarme periodico sul fenomeno e l'evidenza di un incremento del numero di ricoveri per disturbi psichici dei minori e nonostante «gli studi epidemiologici indichino che tra il 18 per cento e il 21 per cento dei minori presenta, nel corso degli anni, un disturbo psicopatologico che comporta un impairment rilevante e che, nell'arco di tutta l'adolescenza, si stima che tra il 9 e il 13 per cento dei ragazzi e delle ragazze possa presentare una patologia psichiatrica tale da richiedere una presa in carico da parte dei servizi di salute mentale»;

    risultano perciò essenziali il monitoraggio dell'andamento delle condizioni psicologiche degli italiani e la costruzione di una rete di supporto per i soggetti più vulnerabili e a rischio;

    i dati sono allarmanti anche in riferimento agli imprenditori, categoria maggiormente colpita dai suicidi per motivazioni economiche. L'omonimo osservatorio, che cerca di reperire questa sezione specifica di dati, riporta un aumento del 79,5 per cento dei suicidi per motivazioni economiche e un aumento del 78,3 per cento dei tentativi di suicidio;

    un'altra categoria gravemente colpita è quella delle donne vittime di violenza. Dal VII rapporto Eures sul femminicidio/suicidio in Italia, emerge che da marzo a ottobre 2020, periodo dell'attività più intensa del Coronavirus e dell'adozione delle misure più restrittive, l'incremento dei cosiddetti femminicidi-suicidi è aumentato del 90,3 per cento;

    il rischio di suicidio è poi accresciuto per le persone che, essendo portatrici di fattori di discriminazione, corrono maggiormente il pericolo di subire fenomeni di aggressione, emarginazione ed esclusione. Tra questi particolarmente preoccupanti sono i dati riferibili a persone LGBTIQ+;

    il suicidio nelle Forze armate e nei Corpi di polizia in Italia è un fenomeno diffuso e trasversale e tra i militari e i poliziotti si registrano tassi di suicidio maggiori rispetto ad altre categorie professionali; si rileva che spesso gli stati psicologici disfunzionali accusati dai militari vengono celati e tenuti nascosti, poiché esiste una riluttanza a manifestare tali forme di disagio, al fine di impedire la compromissione della propria carriera lavorativa o, in situazioni limite, per non risultare soggetti alla destituzione dal proprio incarico;

    le persone condannate al regime carcerario presentano un tasso di mortalità per suicidio maggiore rispetto alla popolazione generale, e il personale penitenziario è soggetto a condizioni psicologiche negative legate al particolare contesto lavorativo;

    il Servizio sanitario nazionale, nel campo della salute mentale, risulta carente in termini di numerosità di posti di ricovero, di day hospital e di ambulatorio, ma anche in termini di investimenti sui servizi territoriali, residenziali e domiciliari;

    i suicidi sono prevenibili con interventi puntuali, basati su evidenze e spesso a basso costo. In relazione alle evidenze, risulta promettente l'adozione di metodi di indagine sociale, quali gli studi longitudinali sui suicidi, al fine di comprendere la portata degli effetti post lockdown e degli strascichi conseguenti alla pandemia. Affinché le risposte nazionali siano efficaci, è necessaria una strategia multisettoriale globale di prevenzione del suicidio;

    nel corso della giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, celebrata il 10 settembre 2021 è intervenuto il professor Maurizio Pompili, docente di psichiatria all'Università Sapienza di Roma e direttore del servizio per la prevenzione del suicidio dell'Azienda ospedaliero-universitaria Sant'Andrea di Roma, realtà nazionale unica nel suo genere, operante presso un'azienda ospedaliera pubblica e che si occupa efficacemente della complessiva attività clinico-assistenziale, a partire dal servizio di primo ascolto e accoglienza telefonica e fino alla gestione dei cosiddetti survivors, persone sopravvissute al dramma del suicidio avvenuto nella propria famiglia o nel contesto più prossimo;

    ha dichiarato che la prevenzione è possibile e riguarda tutti: informare l'opinione pubblica, aiutare familiari e amici a riconoscere i segnali di allarme, sfatare i falsi miti su chi tenta di compiere un gesto estremo e contrastare lo stigma, consentirebbero di dimezzare l'entità del fenomeno;

    a causa della crisi pandemica, numerose condizioni di rischio connesse al suicidio si sono intensificate e aggravate, tra le quali la perdita del reddito e la conseguente riduzione della capacità di spesa, la perdita del posto di lavoro, le difficoltà di accesso alla rete sanitaria per le fasce più deboli della popolazione, l'aggravamento di condizioni mentali precarie e l'aumento delle fragilità psico-sociali, l'eventuale convivenza forzata con persone violente durante il lockdown, il mancato soddisfacimento di bisogni fondamentali, quali l'autonomia decisionale, la mobilità spaziale, la libertà di contatto con i propri cari;

    il primo aspetto fondamentale connesso alla prevenzione del suicidio è rappresentato dalla necessità di raccogliere dati con precisione. Infatti, come affermato dal Professor Diego De Leo, riconosciuto tra i massimi esperti di settore a livello mondiale, il suicidio, rispetto ad altre cause di morte, risulta più incline a subire processi di errata classificazione. Inoltre, i dati attualmente disponibili non sono correntemente aggiornati e l'ultimo annuario statistico dell'Istat del 2020 contiene dati relativi al 2017, quando vennero registrati 3.940 atti suicidari. Si rileva che tale dato non dà conto dei tentativi di suicidio, rispetto ai quali non sono registrati dati, e risulta impossibile determinare una tendenza precisa e affidabile nel tempo;

    è necessario garantire il monitoraggio dei tentativi di suicidio e dei suicidi per strategie efficaci di prevenzione del suicidio. È noto, infatti, che nei Paesi in cui è presente un osservatorio in grado di fornire stime verosimili che indichino in maniera puntuale quante persone si tolgono la vita, determinando parametri geografici, temporali e tenendo conto dei metodi attraverso i quali sono compiuti gesti estremi, è possibile individuare la popolazione a rischio e, di conseguenza, attivare un'efficace strategia di prevenzione;

    è noto a livello internazionale che le linee telefoniche di aiuto rappresentano un supporto importante in grado di ridurre con successo l'ideazione suicidaria e la tendenza agli atti di autolesionismo. Ad oggi, in Italia esistono alcune linee telefoniche attive di cui alcune pubbliche, altre private e gestite da organizzazioni di volontariato. Sul versante pubblico, oltre al già citato servizio sono degne di nota alcun esperienze di settore come un servizio pubblico di supporto psicologico presso la regione Veneto, denominato Servizio inOltre, attivo attraverso un numero verde gratuito, che offre risposta 24 ore e 7 giorni, per tutte le situazioni di crisi. Tale servizio rappresenta un unicum sul territorio e rappresenta un modello di analisi e intervento importante, provvisto di uno strumento di analisi del rischio suicidario, attraverso una scala di valutazione che rappresenta un triage della salute mentale;

    tuttavia, non esiste un numero verde nazionale, né una struttura specifica dotata di personale qualificato e in grado di svolgere gli incarichi di emergenza, presa in carico, supporto, indagine, follow-up e postvention;

    nella letteratura internazionale di settore alcuni studi hanno definito che un intervento precoce nei reparti di primo soccorso mostra un'importante efficacia. È necessario dotare il sistema sanitario di strumenti utili alla determinazione precoce del rischio suicidario;

    il periodo perinatale – inteso come il periodo che va dal concepimento al compimento del primo anno di vita del bambino – è fra i momenti emotivamente più importanti nella vita di una donna. Dopo il parto dal 30 per cento al 75 per cento delle donne sperimenta un disturbo dell'umore transitorio (chiamato maternity blues) che tende a risolversi spontaneamente entro una decina di giorni dal parto. Per alcune donne, invece, il periodo perinatale può essere offuscato dai sintomi di una condizione psicologica più seria e invalidante, che si ripresenta o esordisce in questo momento della vita. I disturbi più comuni sono quelli d'ansia e depressivi, che arrivano a colpire dal 10 per cento al 15 per cento delle donne nel periodo perinatale. Questi possono avere un impatto sugli esiti ostetrici ed esercitare un effetto negativo a lungo termine sulla salute della donna e del bambino. Per questo, se i disturbi si manifestano, è molto importante che sia disponibile un accesso tempestivo alla presa in carico della donna e alle cure; inoltre, dai dati emerge che circa il 60 per cento delle donne decedute per suicidio materno risulta avere una precedente «storia psichiatrica» e che oltre i 3/4 delle diagnosi di disturbo mentale grave non sono state registrate con le informazioni ostetriche;

    la formazione e l'informazione svolgono un ruolo importante nella prevenzione del suicidio. Ogni età presenta peculiari rischi connessi al tema. Nelle scuole, di ogni ordine e grado, è necessario conoscere il rischio suicidario per offrire strumenti di intervento e controllo ad ogni operatore scolastico, così come agli studenti e ai genitori, al fine di intervenire precocemente su condotte allarmanti collegate al suicidio, come l'autolesionismo, su cui si rileva scarsa attenzione,

impegna il Governo:

1) a riconoscere il suicidio ed i fenomeni ad esso connessi come gravi problemi di salute pubblica;

2) a realizzare una strategia nazionale per la prevenzione del suicidio, che fornisca una guida autorevole sulle principali attività di prevenzione basate su evidenze empiriche, attraverso la realizzazione degli impegni successivi del dispositivo del presente atto di indirizzo;

3) ad istituire un centro studi/osservatorio pubblico che operi per conseguire un efficace monitoraggio dei dati relativi ai casi di suicidio e dei fenomeni ad esso collegati, su tutto il territorio della Repubblica italiana, ponendo la debita attenzione all'andamento delle condizioni dello stato psicologico dei cittadini e costruendo una rete di supporto per i soggetti più vulnerabili e a rischio;

4) ad istituire un numero verde telefonico di emergenza suicidi gratuito per la presa in carico dei soggetti a rischio, basato sulle esperienze nazionali e internazionali all'avanguardia, nonché un'applicazione digitale ed ogni nuovo strumento utile ad affrontare il problema, che vengano promossi sui canali di comunicazione istituzionali e governativi e sulla televisione pubblica;

5) ad adottare le iniziative di competenza per inserire un sistema di rilevamento diagnostico, come un codice identificativo, nel sistema sanitario digitale, al fine di poter indagare al meglio eventuali tentativi di suicidio, nella casistica determinata dai protocolli stabiliti dagli enti preposti, nonché al fine di rispondere al più importante rischio suicidario citato in premessa;

6) a promuovere campagne di sensibilizzazione e prevenzione all'interno delle scuole, a partire dalla scuola primaria, attraverso:

  a) la predisposizione di training specifici per gli operatori scolastici, perché siano nelle condizioni di fornire collegamenti chiari con i professionisti di settore;

  b) l'inserimento, all'interno della programmazione scolastica, dell'educazione emotiva;

  c) l'inserimento di progetti dedicati e di momenti di confronto nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado finalizzati a migliorare la conoscenza e la prevenzione del suicidio nell'età dell'adolescenza, evidenziando i rischi derivanti dal bullismo, dal cyberbullismo e da ogni fenomeno che possa comportare un disagio tale da condurre a pratiche di autolesionismo, a ideazione suicidaria o al suicidio;

  d) la realizzazione di peer support programs, cioè programmi per assicurare un efficace sostegno tra coetanei;

7) ad adottare le iniziative di competenza per stanziare risorse dedicate all'assunzione ed alla formazione di personale qualificato nelle reti territoriali e di intervento, affinché ci siano persone specificamente addestrate a rispondere alle esigenze;

8) al fine di acquisire maggiori conoscenze sul tema, ad adottare iniziative per prevedere uno stanziamento specifico e sufficiente per la ricerca scientifica del settore in generale, che includa il finanziamento di borse di studio dedicate e la promozione di collaborazioni scientifico/istituzionali, nonché per orientare le ricerche sulle cause contingenti, di ogni genere, che presentano il rischio di un aumento dell'incidenza dei fenomeni suicidari;

9) ad adottare iniziative efficaci per consentire l'accesso alle cure ad un numero sempre maggiore di cittadini e per incentivare attività di follow up per monitorare nel tempo lo stato di avanzamento dei programmi di sostegno;

10) a promuovere servizi di postvention, volti ad offrire supporto alle persone suscettibili al contagio;

11) al fine di tutelare in particolare, ma non solo, i minori, ad adottare iniziative per disincentivare l'istigazione al suicidio, impedendo l'accesso ai siti web che incoraggiano il ricorso a pratiche di autolesionismo;

12) a predisporre una specifica applicazione digitale interattiva per preadolescenti, adolescenti e giovani adulti, che contenga informazioni utili al riconoscimento del disagio psichico, informazioni psicoeducative per la salute mentale e numeri utili per entrare in contatto con i servizi territoriali dedicati, valutando la possibilità di potenziare i servizi offerti dagli psicologi scolastici;

13) a promuovere campagne di informazione, prevenzione e di sensibilizzazione a livello nazionale estese a tutta la popolazione, offrendo linee guida in Conferenza Stato-regioni, al fine di uniformare i processi di intervento, ferme restando le specifiche competenze regionali;

14) con particolare riferimento ad alcune tipologie di suicidio condotte da giovani e adolescenti, ad adottare iniziative per finalizzare il proprio operato in tema di prevenzione del suicidio in ambiente domestico, a partire dalla realizzazione di campagne informative e di sensibilizzazione inerenti alla prevenzione dei rischi connessi alla detenzione delle armi e, nello specifico, del rischio suicidario da esse derivanti, monitorando gli aggiornamenti scientifici e richiamando le migliori pratiche politiche condotte a livello internazionale;

15) a valutare la possibilità di istituire un tavolo di lavoro specifico, con il coinvolgimento di associazioni e altri enti che si occupano in modo specifico delle persone più sensibili alla tematica: adolescenti e vittime di bullismo, imprenditori in crisi, persone economicamente vulnerabili, membri della comunità LGBTQ+, persone con problemi di dipendenza da alcool e sostanze stupefacenti, nonché ogni categoria esistente che necessiti della dovuta attenzione;

16) a promuovere, nel quadro degli interventi per contrastare il fenomeno dei suicidi, progetti che abbiano finalità socializzanti e formative aperte alla popolazione, mediante percorsi multidisciplinari integrati capaci di soddisfare tempestivamente le esigenze dei pazienti e delle famiglie;

17) ad adottare le iniziative di competenza affinché si attivino servizi di intervento psicologico, attraverso risorse già operanti all'interno delle Forze armate e dei Corpi di polizia, per il trattamento delle forme di sofferenza psicologica dei dipendenti, con particolare riferimento alla prevenzione del suicidio, predisponendo specifici programmi di formazione professionale per i professionisti operanti all'interno del Corpo di riferimento deputati agli incarichi esposti in precedenza, e affinché si incentivi l'utilizzo di risorse esterne, come professionisti non operanti all'interno delle Forze armate e dei Corpi di polizia, al fine di rispondere alle esigenze precedentemente esposte, ponendo un argine all'effetto stigma che impedisce in molti casi un'efficace richiesta di intervento e un conseguente efficace rendimento dello stesso;

18) sempre con particolare riferimento alle categorie indicate nel precedente impegno, a predisporre una specifica applicazione digitale utile al supporto tra pari, a modello delle migliori pratiche esistenti a livello internazionale;

19) ad adottare iniziative per approfondire e affrontare le cause dei suicidi in carcere, nonché per tutelare il personale penitenziario dai fattori che conducono a condizioni psicologiche sfavorevoli e che possono incrementare il rischio suicidario;

20) ad adottare, in funzione della prevenzione dei suicidi, iniziative per introdurre servizi specialistici dedicati alla salute mentale perinatale, garantendo la continuità dell'assistenza e la strutturazione di politiche attive che forniscano supporto alle gestanti;

21) a valutare l'opportunità di supportare le attività delle associazioni di volontariato e dei gruppi di auto mutuo aiuto e altre iniziative di carattere umanitario che operino nel settore della prevenzione del suicidio;

22) a presentare alle Camere una relazione annuale sull'aggiornamento delle condizioni del Paese in relazione al tema del suicidio, della prevenzione dello stesso e dei fenomeni ad esso collegati, sullo stato delle conoscenze, delle nuove acquisizioni scientifiche di settore, nonché dell'efficacia della strategia nazionale di prevenzione del suicidio.
(1-00536) (Ulteriore nuova formulazione) «Romaniello, Azzolina, Panizzut, Delrio, Cappellacci, Ferri, Bersani, Carelli, Sapia, Trizzino, Cecconi, Ehm, Vianello, Nappi, Termini, Siragusa, Fioramonti, Suriano, Maniero, Raduzzi, Villarosa, Quartapelle Procopio, Vitiello, Fornaro, Sensi, Andrea Romano, Boldrini, Carnevali, Siani, Ianaro, Bologna, Colmellere, Sarli, Noja, Occhionero, Novelli».

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Nappi n. 1-00618, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 668 del 30 marzo 2022

   La Camera,

   premesso che:

    la pandemia da COVID-19 ha creato gravi problemi sanitari, economici e sociali in tutto il mondo;

    questa emergenza sanitaria ha drammaticamente amplificato le fragilità del nostro Servizio sanitario nazionale, mettendolo a dura prova per carenza di strutture, di personale, per disomogeneità regionali;

    in quest'ultimo anno sono stati adottati numerosi provvedimenti per rafforzare la nostra sanità, specialmente all'interno dei reparti ospedalieri maggiormente coinvolti nell'emergenza, finalizzati ad implementare l'organico ed assumere tra personale sanitario, infermieristico e socio-sanitario, secondo quanto riferito dal ministero della salute, più di 36.000 unità;

    l'ultima legge di bilancio ha previsto fondi per investimenti in edilizia e attrezzature sanitarie, delineando un percorso di miglioramento non solo strutturale e nell'ambito della sicurezza ma anche impiantistico e di ammodernamento tecnologico;

    dopo un ampio ciclo di audizioni si è giunti ad individuare quali siano le necessità prioritarie da affrontare attraverso l'utilizzo dei fondi del Recovery fund, con i quali si auspica che si potranno finalmente apportare le giuste riforme sui punti deboli del nostro Ssn, emersi anche a seguito di questa pandemia;

    tra le linee d'intervento e i progetti in cui si articola la Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), relativa alla salute, si evidenzia, in particolare il potenziamento della rete di assistenza territoriale, sanitaria e socio-sanitaria, quale elemento imprescindibile per garantire una risposta assistenziale appropriata ed efficace, in grado di demandare agli ospedali le attività di maggiore complessità, concentrando a livello territoriale le prestazioni meno complesse, attraverso lo sviluppo delle case di comunità, l'assistenza domiciliare integrata (Adi), la telemedicina, nonché implementando la presenza sul territorio degli ospedali di comunità;

    nel mese di febbraio 2022 il Ministro della salute ha trasmesso alla Conferenza Stato-regioni il documento, cosiddetto «DM71», recante gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, standard che le regioni e province autonome saranno tenute a garantire, in coerenza con la Missione 6 del PNRR, attraverso l'adozione di un provvedimento generale di programmazione dell'assistenza territoriale, analogamente a quanto avvenuto con il cosiddetto «DM 70» con riferimento alla assistenza ospedaliera;

    il 16 marzo 2022 la Conferenza Stato-regioni ha esaminato lo schema di decreto ministeriale cosiddetto «DM 71» e, pur rinviando l'intesa sul provvedimento in attesa dell'esame da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, ha posto alcune condizioni: progressività nell'attuazione in relazione anche alle risorse; un'adeguata implementazione e potenziamento del fabbisogno del personale e un'adeguata copertura finanziaria; costituzione di un Tavolo di lavoro per la determinazione delle risorse necessarie; riforma urgente ed indifferibile delle disposizioni in materia di medici di medicina generale e un aggiornamento del percorso formativo; assunzione di medici di comunità e delle cure primarie e di medici dei servizi territoriali da impiegare nelle case della comunità, a seguito di appositi corsi abilitanti organizzati a cura delle regioni; impiego di tutto il personale sanitario e amministrativo necessario e risorse correlate; adozione di un successivo provvedimento per ulteriori setting territoriali, quali salute mentale, dipendenze patologiche, neuropsichiatria infantile;

    nella successiva seduta del 30 marzo 2022, è stata espressa la mancata intesa da parte della predetta Conferenza sullo schema di decreto «DM71» e, in seguito a ulteriori interlocuzioni, con delibera del Consiglio dei Ministri del 21 aprile 2022, il Governo ne ha autorizzato l'adozione senza la prescritta intesa;

    secondo quanto si evince dalla bozza del «DM71», nell'ambito del distretto, quale un'articolazione organizzativo-funzionale dell'Azienda sanitaria locale (Asl) sul territorio di circa 100.000 abitanti, con variabilità secondo criteri di densità di popolazione e caratteristiche orografiche del territorio, la programmazione deve prevedere i seguenti standard:

     a) almeno una casa della comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti;

     b) case della comunità spoke e ambulatori di medici di medicina generale (Mmg) e pediatri di libera scelta (Pls) tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali. Tutte le aggregazioni dei Mmg e Pls (Aft e Uccp) sono ricomprese nelle case della comunità avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente;

     c) almeno un infermiere di famiglia o comunità ogni 2.000-3.000 abitanti. Tale standard è da intendersi come numero complessivo di infermieri di famiglia o comunità impiegati nei diversi setting assistenziali in cui l'assistenza territoriale si articola;

     d) almeno un'unità di continuità assistenziale (un medico e un infermiere) ogni 100.000 abitanti;

     e) una centrale operativa territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il distretto abbia un bacino di utenza maggiore;

     f) almeno un ospedale di comunità dotato di 20 posti letto ogni 50.000-100.000 abitanti;

    la casa di comunità rappresenta il modello organizzativo di governo delle risorse economiche destinate all'assistenza della comunità, con un budget specifico e ben definito sulla base della popolazione assistita, dei servizi offerti e dei risultati attesi; si fa carico di tutte le esigenze preventive, cliniche, mediche, infermieristiche, riabilitative, amministrative, socio sanitarie del proprio gruppo di assistiti, sia gestendo direttamente i servizi, che acquistando risorse da altri erogatori di attività specialistiche o sociali, con un meccanismo assistenziale del prendersi cura della persona nella sua complessità e non soltanto nell'intervenire al momento del bisogno, e coordinando l'intervento nei confronti degli stessi, anche nei settori amministrativi, socio sanitari, nell'intero arco della giornata e per tutta la settimana; l'erogazione di servizi ambulatoriali integrati comprensivi di servizi socio-sanitari può svolgersi nei medesimi ambienti attraverso il coordinamento con tutti gli operatori sanitari e amministrativi operanti nella struttura, semplificando così i percorsi sanitari ai cittadini;

    nell'ambito dell'anzidetto potenziamento dell'assistenza territoriale, quindi, le case della comunità rappresentano il modello organizzativo che maggiormente concretizza l'assistenza di prossimità e il luogo fisico al quale l'assistito può accedere per poter entrare in contatto con il sistema dell'assistenza sanitaria e i principi che orientano lo sviluppo della casa di comunità sono, dunque, l'equità di accesso e di presa in carico, secondo il modello della medicina di iniziativa e il principio dell'equità dell'assistenza declinato nelle sue varie dimensioni (ad esempio, appropriatezza, sicurezza, coordinamento e continuità, efficacia e tempestività);

    la casa di comunità intende dunque superare la sola logica «prestazionistica» per diventare anche un luogo dove gli enti del terzo settore non profit e del volontariato realizzano la co-progettazione e la co-programmazione, sviluppando i percorsi di inclusione sociale di cui alla legge 328 del 2000;

    in tale contesto è evidente come anche il sistema informativo, e in particolare il fascicolo sanitario elettronico, sia essenziale laddove puntualmente integrato da tutti i livelli sanitari ed assistenziali, compresi quelli privati, tenuto conto che con gli strumenti di elevata tecnologia, informatici e telematici, e con la telemedicina, molti dei processi amministrativi e assistenziali potranno essere superati o agevolati, facilitando il cittadino;

    trattandosi di una impostazione innovativa, come si evince dal PNRR e dal documento «DM71», è necessario individuare un layout e indicatori utili a verificare se gli obiettivi previsti vengono raggiunti e in quale misura, non solo sotto l'aspetto della sostenibilità economica ma, soprattutto, dei risultati in termini di miglioramento dello stato di salute della comunità nonché della sua coesione sociale;

    con il rafforzamento dell'assistenza domiciliare integrata (Adi), anche attraverso la predisposizione di budget di cura e l'integrazione dei servizi sanitari, socio-sanitari e sociali, oltre che mediante il potenziamento dei supporti tecnologici e digitali, la presa in carico dovrà essere personalizzata e globale, nei confronti di ogni fragilità tale da consentire risposte adeguate attraverso la presenza di operatori che siano punto di riferimento certo nel tempo per i soggetti coinvolti e per l'affiancamento e sostegno dedicato ai caregiver;

    il rafforzamento delle cure intermedie è perseguito attraverso la realizzazione di ospedali di comunità, quali presìdi sanitari a lunga degenza con funzioni «intermedie» tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, anche attraverso la riconversione o la riqualificazione di progetti e strutture già esistenti nonché la valorizzazione e il coinvolgimento delle strutture pubbliche e private convenzionate o convenzionabili con il Servizio sanitario nazionale;

    i problemi esistenti del nostro sistema sanitario sono riconducibili a: alto costo per prestazione con risorse economiche limitate; incremento costante delle richieste di intervento; strutture di ricovero non del tutto idonee (50 per cento degli ospedali hanno meno di 120 posti letto); vetustà del patrimonio edilizio e tecnologie disponibili obsolete; ricoveri non appropriati per degenze prolungate; pronto soccorso con eccesso di utenza e tempi di risposta inadeguati; livelli di sicurezza non sempre appropriati; tempi di attesa elevati per le prestazioni sanitarie; scarsità di personale in termini quali/quantitativi; sede di ricovero non appropriata; copertura completa in ricovero tipici su 5/6 giorni per 8-12 ore/die; bisogni dell'utenza variati e risposte non sempre personalizzate o non sufficientemente personalizzate; elevato livello di burocratizzazione con processi particolarmente complessi per esigenze amministrative; modello organizzativo e normativo ante riforma di cui alla legge n. 833 del 1978 con base organizzativa e gestionale derivata dai modelli mutualistici ante riforma;

    dinanzi alle suddette criticità si indicano, come elenco non esaustivo, anche tutti quegli elementi che potrebbero configurarsi come azioni qualificanti di politica sanitaria, adeguate al nostro sistema sociale ossia; alto livello di appropriatezza e di sicurezza; riduzione della frequenza delle patologie e della loro gravità; riduzione degli sprechi; riduzione delle degenze medie; qualità e tempestività della risposta; semplificazione clinica, organizzativa ed amministrativa; ottimizzazione del numero delle strutture e dei posti letto; costo moderato per prestazione; attività di servizio sette giorni su sette e per 24 ore; elevato utilizzo degli impianti tecnologici; remunerazione mista, per risultato, per prestazione, per quota capitaria e per servizio; risposte personalizzate; partecipazione e coinvolgimento attivo del cittadino; organizzazione di un servizio sanitario e socio sanitario integrato; migliore qualità di vita per il singolo e per la comunità; compatibilità economica con le risorse disponibili;

    la gestione dei pazienti deve essere in grado di operare in un ambiente integrato, con facilità di comunicazione e interazione per la valutazione dei bisogni assistenziali, e naturalmente altamente informatizzato: è necessaria una struttura operativa organica e integrata che, grazie ad una responsabilità condivisa, potrà garantire una risposta complessiva e di qualità che dia soddisfazione alle necessità sanitarie e sociosanitarie grazie ad una maggiore sicurezza e appropriatezza clinica ed una qualificazione della attività;

    una diversa organizzazione territoriale, che crei un filtro di alto livello e ad indirizzo preventivo, può ridurre in modo importante il fabbisogno sanitario per le patologie acute e cronico degenerative, attraverso la gestione precoce di molte patologie direttamente al domicilio del paziente; la gestione domiciliare, con un organico significativo, garantisce un'assistenza sanitaria, socio-sanitaria e sociale di alto livello;

    la telemedicina appare finalmente matura per garantire servizi di alto livello per diagnosi, terapia e follow up di pazienti cronici anche in condizioni di scompenso cronico, per mantenere in equilibrio il paziente, garantirgli una gestione domiciliare monitorata e un intervento tempestivo in caso di necessità; la sburocratizzazione dell'organizzazione consentirà di reinvestire fondi per prestazioni sanitarie carenti sul territorio come l'odontoiatria convenzionata, la cura della salute mentale e la riabilitazione;

    nell'ambito di una riorganizzazione efficace del nostro sistema sanitario, buona parte delle azioni qualificanti su indicate potrebbero essere riconducibili all'attribuzione al medico di famiglia della responsabilità di analisi clinico-terapeutica e di valutazione clinica, in una visione olistica della persona, dei suoi bisogni sanitari, assistenziali e sociali e per un risultato di sintesi che non sia solo medico;

    i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, attraverso modelli di aggregazione multifunzionale e multidisciplinare (ad esempio Aft, Uccp e altro) con specialisti ambulatoriali delle varie aree mediche e con tutte le figure sanitarie coinvolte, quali infermieri, riabilitatori, psicologi, ruoli amministrativi della sanità e assistenti sociali, dotati di tecnologie di base (ecg-spirometro-pulsiossimetro-ecografo-punto prelievi e altro), seguono tutte le diverse esigenze della persona sia in termini di prevenzione primaria e medicina di iniziativa sia per l'accesso ai percorsi di cura e assistenza, avendo particolare attenzione alla valutazione e all'appropriatezza dei trattamenti prescritti (visite, farmaci, ricoveri, prestazioni varie), nonché alla verifica dei risultati ottenuti;

    per le patologie croniche e rare afferenti ai Centri di riferimento specialistici, l'assistenza e la terapia domiciliare, monitorata dai medici di medicina generale in rete con gli specialisti di riferimento, presenta numerosi benefici, quali aderenza al trattamento e appropriatezza della cura, miglioramento da un punto di vista psicologico, somministrazione in sicurezza e in ambiente familiare, riservatezza sulla condizione del paziente, facilitazioni logistiche (lavoro/studio) e risparmio economico;

    anche la prevenzione primaria può consentire di ottenere risultati significativi con una spesa decisamente modesta ma con un contributo al benessere generale molto elevato: numerose evidenze hanno chiaramente dimostrato, ad esempio, la maggior efficacia, economicità ed equità dei sistemi basati sulla «Primary Health Care» ed anche il documento dell'Oms, «Salute 2020», conferma il ruolo centrale e strategico che l'assistenza primaria dovrebbe assumere in tutti i sistemi sanitari del XXI secolo: la Primary Health Care prevede un investimento iniziale per spostare l'accento dalla performance sanitaria alla prevenzione e partecipazione in salute, producendo un forte risparmio di prestazioni sanitarie a medio e lungo termine, soprattutto rispetto ai ricoveri ospedalieri e agli accessi in pronto soccorso;

    nel panorama dei servizi socio-sanitari presenti sul territorio, anche i Consultori familiari (Cf) si caratterizzano per l'offerta attiva di una molteplicità di azioni e interventi, volta a ridurre l'effetto delle diseguaglianze sociali sulla salute. L'assistenza al percorso nascita, la prevenzione oncologica e le attività di promozione della salute rivolte agli adolescenti/giovani sono le aree programmatiche prioritarie dei Cf;

    le farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, ubicate uniformemente sull'intero territorio nazionale, vengono definite nel DM71 presidi sanitari di prossimità e rappresentano un elemento fondamentale ed integrante del Servizio sanitario nazionale; in particolare, la rete capillare delle farmacie assicura quotidianamente prestazioni di servizi sanitari a presidio della salute della cittadinanza così come previsto dalla cosiddetta «Farmacia dei servizi»;

    occorre inoltre colmare l'assenza di obiettivi di risultato di salute e, se da un lato il nostro sistema sanitario è dotato di strumenti di gestione, come ad esempio il monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza, e di obiettivi prevalentemente quantitativi, dall'altro è incredibilmente privo di elementi di valutazione del risultato e di indicatori di salute; eppure indicare ad esempio, come obiettivo, la riduzione del 25 per cento dei pazienti affetti da diabete o colpiti da ictus, da patologie respiratorie o da tumori al polmone, avrebbe consentito, in questi anni, un impiego più efficiente delle risorse economiche derivante da uno stato di salute della comunità mediamente migliore rispetto all'attuale, con migliori prospettive per il futuro;

    in tale ottica, dunque, la remunerazione dovrà modificarsi in modo significativo, così da consentire il raggiungimento del migliore risultato clinico possibile al costo più basso e per la medicina generale, al fianco della remunerazione in base alla quota capitaria, definita dal numero di pazienti al mese iscritti al medico, dovrebbe esserci anche la remunerazione per risultato clinico o di salute, così da attivare azioni virtuose e promozionali del risultato atteso;

    bisogna implementare un modello funzionale che garantisca un riconoscimento del risultato ottenuto (pay for result) e non solo il pagamento per prestazione, assicurando dunque un valore pregnante al risultato ottenuto per la salute dei cittadini; la presenza di medici di famiglia e di specialisti che lavorano e operano per risultato (e quindi tempestivamente quando necessario) e con tutte le tecnologie necessarie può rendere la diagnostica territoriale tempestiva e qualificata;

    il sistema di remunerazione per risultato applicato alle prestazioni mediche o sanitarie, denominato pay-for-performance – P4P ha esperienze già realizzate in altri Paesi, come ad esempio in Germania, dove la sua attivazione ha prodotto risultati clinici significativi e una riduzione della spesa, diretta ed in prospettiva, molto significativa; ed anche in Italia, è stato sviluppato il progetto Take Care per la prevenzione primaria dei tumori nelle asl di Bergamo e di Lodi,

impegna il Governo:

1) al fine di raggiungere gli obiettivi indicati dalla missione 6 del Piano di ripresa e resilienza e assicurarne l'attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale, ad adottare iniziative per prevedere che la riorganizzazione territoriale, come delineata nella bozza di decreto cosiddetto «DM71» sia sostenuta dal potenziamento del fabbisogno del personale sanitario e amministrativo e da un'idonea copertura finanziaria, da una riforma delle disposizioni in materia di medici di medicina generale;

2) ad adottare iniziative volte a prevedere, in una logica di risposte integrate a vantaggio della comunità, la declinazione e l'impiego delle professioni sanitarie ad alta valenza comunitaria (ad esempio, fisioterapista di comunità, psicologo di comunità, ostetrica di comunità, dietista di comunità), oltre al coinvolgimento attivo dei tecnici sanitari per le competenze specifiche sui temi della sanità digitale e del connected health;

3) ad adottare le iniziative di competenza e a reperire le risorse necessarie nell'ambito del rinnovo dei contratti, al fine di garantire tutele adeguate per i professionisti della medicina convenzionata, con riferimento particolare al riconoscimento dell'infortunio sul lavoro, del diritto alle ferie, della maternità assistita, dei permessi per malattia, nonché politiche continuative per le pari opportunità;

4) a valutare una revisione della formazione dell'operatore sociosanitario affinché venga garantita una migliore risposta ai bisogni di assistenza dei cittadini e non si abbia più una diversificazione e una frammentazione dei percorsi formativi a seconda della regione di appartenenza né una diversa definizione delle loro mansioni;

5) ad adottare le iniziative di competenza, anche normative, affinché i modelli di aggregazione rispondano alla logica della multidisciplinarietà e multi professionalità per l'erogazione delle prestazioni, in regime di convenzione e con obbligazioni di scopo e risultato, previa adeguata formazione del personale coinvolto, assicurando:

  a) l'effettiva integrazione, la presa in carico e l'omogeneità nell'erogazione dei servizi attraverso le aggregazioni tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, infermieri, assistenti sociali, fisioterapisti, psicologi, medici di continuità assistenziale, collaboratori di studio;

  b) soluzioni organizzative per rendere effettivo un modello di sanità con valorizzazione economica delle predette professioni, in modo che sia attrattivo e vantaggioso lavorare presso le strutture territoriali;

  c) l'attivazione, per gli individui con condizione di fragilità o cronicità, degli interventi clinici e assistenziali di cui necessitano;

  d) la continuità di cura e assistenza, la gestione 24 ore su 24 per le necessità di primo livello e primo soccorso (codici bianchi o verdi) e il contestuale mantenimento del rapporto di fiducia medico-paziente nell'intero percorso assistenziale;

6) ad adottare le iniziative di competenza per recuperare e valorizzare il ruolo del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta nell'ambito della riorganizzazione territoriale, in quanto medici con assistiti in carico, assicurando agli stessi la centralità dell'assistenza territoriale, nell'ottica di un lavoro di équipe con le altre figure dell'assistenza sanitaria, socio sanitaria e sociale, anche nell'ambito delle case della comunità;

7) a promuovere, in specie nelle aree interne e montane, nelle piccole isole, nelle zone di confine e nelle altre aree nelle quali, per le caratteristiche geografiche e morfologiche del territorio, le case della comunità possano risultare distanti, il rafforzamento dello studio del medico di medicina generale, attraverso strumenti di prima diagnostica, rete e telemedicina nonché mediante l'integrazione con figure professionali dipendenti dall'azienda sanitaria di riferimento, al fine di garantire un'assistenza di prossimità adeguata e non accrescere le diseguaglianze territoriali;

8) a valorizzare la rete territoriale di assistenza e presa in carico del paziente anzitutto cronico, in modo da individuare i bisogni di cura anche attraverso attività di screening e sviluppare terapie adeguate a cominciare dalla erogazione delle prestazioni di cui all'articolo 11 della legge n. 69 del 2009 e dalla loro piena inclusione nei livelli essenziali di assistenza dando così finalmente attuazione all'articolo 8, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017;

9) al fine di garantire una idonea presa in carico globale e un'adeguata assistenza domiciliare dei pazienti con malattie rare o croniche complesse, ad adottare iniziative per facilitare ed estendere l'assistenza e la terapia domiciliare per i pazienti cronici e i malati rari, nel rispetto della sicurezza dei pazienti, ottemperando alla realizzazione di una sanità di prossimità, con un coordinamento tra specialisti dei centri di riferimento e i medici di medicina generale;

10) a sostenere, per le esigenze assistenziali che non sia possibile soddisfare con la domiciliarità, il potenziamento degli standard organizzativi, strutturali e tecnologici delle Rsa e delle strutture analoghe, assicurando la partecipazione degli enti che rappresentano le predette strutture nelle commissioni, organismi e gruppi di lavoro presso il Ministero della salute e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

11) ad adottare iniziative per promuovere, con la popolazione a rischio, incontri di prevenzione in relazione all'evoluzione delle malattie croniche in modo da ridurre l'evoluzione verso la grave disabilità e il rischio di perdita dell'autonomia, sostenendo il mantenimento delle funzionalità e autonomie residue per le persone non autosufficienti;

12) ad adottare le iniziative per integrare, nelle Case di comunità, anche i Consultori familiari (Cf) quali servizi territoriali, di prossimità, multidisciplinari, fortemente integrati con altri presidi socio-sanitari e caratterizzati da un approccio olistico alla salute, a tutela della salute della donna, degli adolescenti, della coppia e della famiglia diffusi sull'intero territorio nazionale e orientati ad attività di prevenzione e promozione della salute;

13) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a potenziare l'odontoiatria pubblica, per consentire l'accesso ai ruoli dirigenziali del Servizio sanitario nazionale e alle funzioni di specialista ambulatoriale anche agli odontoiatri che non sono in possesso di un diploma di specializzazione ulteriore rispetto alla (già di per sé specialistica) laurea in odontoiatria e protesi dentaria, agevolando in questo modo il ricambio generazionale degli organici e l'erogazione di un maggiore volume di prestazioni;

14) ad adottare le iniziative di competenza affinché nella riorganizzazione della rete di medicina territoriale:

  a) siano implementati ulteriori setting territoriali, quali la salute mentale, la dipendenze patologiche, la neuropsichiatria infantile e assistenza psicologica di base, creando così una rete capillare sul territorio, che possa garantire, almeno, per la fascia più giovane della popolazione una presa in carico immediata;

  b) sia previsto il servizio dello psicologo di base, con la finalità di sostenere e integrare l'azione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, nell'intercettare e rispondere ai bisogni assistenziali di base dei cittadini, anche promuovendo efficaci strategie di prevenzione e di presa in carico dei soggetti maggiormente a rischio di suicidio;

15) a valutare l'opportunità di prevedere, in sinergia con il Ministero dell'istruzione e con gli enti locali, all'interno degli istituti scolastici e nei servizi educativi, un presidio socio-sanitario, non solo per far fronte alle nuove problematiche indotte dalla pandemia COVID-19 ma anche al fine di una implementazione della prevenzione, della protezione e della promozione della salute individuale dei bambini e degli adolescenti con particolare attenzione all'educazione nutrizionale, ambientale e, per i ragazzi più grandi, alla salute mentale, all'uso di sostanze stupefacenti e alla salute riproduttiva;

16) ad adottare iniziative per introdurre meccanismi remunerativi innovativi, così da consentire il raggiungimento del migliore risultato clinico possibile al costo più adeguato, contemplando, al fianco della remunerazione in base alla quota capitaria e alla prestazione, anche la remunerazione per risultato clinico o di salute, così da attivare azioni corresponsabili e virtuose in relazione al risultato atteso;

17) al fine di ovviare alla mancanza di personale medico di medicina generale, nell'ambito della formazione, ad adottare le opportune iniziative volte a:

  a) consentire l'accesso alla carriera di medico di medicina generale anche ai medici di comunità e delle cure primarie, a seguito dell'adeguamento dei percorsi formativi;

  b) trasformare il corso di medicina generale in un corso di specializzazione universitaria, equiparandola a tutte le altre specializzazioni;

  c) adeguare i percorsi di studio all'utilizzo delle nuove tecnologie esistenti;

18) a potenziare e innovare la struttura tecnologica e digitale del Servizio sanitario nazionale a livello statale e regionale, al fine di garantire un'evoluzione significativa delle modalità di assistenza sanitaria, migliorando la qualità e la tempestività delle cure, valorizzando il ruolo della persona assistita come parte attiva del processo clinico-assistenziale, e garantendo una maggiore capacità di governance e programmazione sanitaria guidata dalla analisi dei dati, nel pieno rispetto della sicurezza e della tutela dei dati e delle informazioni;

19) ad adottare iniziative per valorizzare il ruolo degli enti del terzo settore nell'ambito della riorganizzazione dell'assistenza territoriale e dell'integrazione dei servizi sanitari, socio-sanitari e sociali, sostenendo iniziative affinché anche la casa di comunità promuova il ruolo del terzo settore non profit e del volontariato organizzato come co-progettazione e co-protagonista della casa di comunità, sviluppando percorsi di inclusione sociale integrati con i distretti sanitario e sociali (legge n. 328 del 2000), valorizzando il ruolo dei sindaci, definendo gli obiettivi attesi ed effettuando la valutazione;

20) a promuovere il collocamento della figura del caregiver familiare, attualmente definita dall'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, nell'ambito di un quadro giuridico di riferimento, affiancandolo costantemente nelle attività e nella formazione e valorizzandone il ruolo anche da un punto di vista assistenziale, sociale e previdenziale;

21) ad adottare le opportune iniziative per garantire un costante monitoraggio dell'attuazione degli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e delle riforme di adeguamento a livello regionale e fornire un'informazione qualificata e trasparente in merito ai progetti di riforma dell'assistenza sanitaria territoriale, confrontandosi periodicamente con le Camere in merito ai progressi nella loro attuazione.
(1-00618) (Nuova formulazione) «Nappi, Panizzut, Carnevali, Mandelli, Noja, Bologna, Stumpo, Menga, Lapia, Trizzino, Villani, D'Arrando, Lorefice, Mammì, Marzana, Misiti, Penna, Provenza, Ruggiero, Sportiello, Boldi, Sutto, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Paolin, Patelli, Tiramani, De Filippo, Ianaro, Lepri, Pini, Rizzo Nervo, Siani, Bagnasco, Novelli, Versace, Romaniello, Dori, Siragusa, Paolo Nicolò Romano».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   mozione Carnevali n. 1-00643 del 9 maggio 2022;

   mozione Mandelli n. 1-00647 del 9 maggio 2022;

   mozione Panizzut n. 1-00648 del 10 maggio 2022;

   mozione Menga n. 1-00651 del 17 maggio 2022.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione De Girolamo n. 5-08191 del 31 maggio 2022;

   interrogazione a risposta in Commissione Gariglio n. 5-08215 del 13 giugno 2022;

   interrogazione a risposta in Commissione Noja n. 5-08224 del 13 giugno 2022.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:

   interrogazione a risposta in Commissione Licatini n. 5-08082 del 13 maggio 2022 in interrogazione a risposta scritta n. 4-12340.