Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 20 maggio 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    il 4 novembre 1918, con l'entrata in vigore dell'armistizio firmato a Villa Giusti, terminava la Prima guerra mondiale con la resa dell'impero austro-ungarico;

    col summenzionato atto, si completava il processo di unificazione nazionale, iniziato in epoca risorgimentale, nonché l'annessione dei territori di Trento e Trieste all'Italia;

    già nel primo anniversario dell'armistizio, in virtù di quanto disposto dal regio decreto 19 ottobre 1919, n. 1888, la data del 4 novembre 1919 veniva celebrata come festività nazionale. Successivamente, la stessa disposizione fu prevista con il regio decreto 28 ottobre 1921, n. 1462, per il 4 novembre 1921, giorno in cui il milite ignoto fu sepolto solennemente all'Altare della patria a Roma;

    con il regio decreto-legge 23 ottobre 1922, n. 1354, il 4 novembre veniva definitivamente proclamato «festa nazionale», con il nome ufficiale di «Anniversario della vittoria», secondo quanto disposto dal regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 2859;

    ancora in seguito, l'articolo 2 della legge 27 maggio 1949, n. 260, definiva la festività del 4 novembre «giorno dell'unità nazionale»;

    tuttavia, con la legge 5 marzo 1977, n. 54, a causa della crisi economica della fine degli anni Settanta, le feste nazionali della Repubblica e dell'unità nazionale diventano «feste mobili» e, da allora, sono celebrate, rispettivamente, nella prima domenica di giugno e nella prima domenica di novembre, cessando di essere considerati festivi i giorni 2 giugno e 4 novembre;

    solo negli ultimi due decenni, la giornata del 4 novembre è tornata a essere celebrata con manifestazioni ampie e diffuse, anche grazie al lavoro di valorizzazione dei simboli della Patria compiuto all'inizio degli anni Duemila dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi;

    il 6 maggio 2022, in occasione della promulgazione della legge «Istituzione della Giornata nazionale della memoria e del sacrificio alpino», il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, come risulta dal comunicato presente sul sito della Presidenza, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri;

    nella missiva, si sottolinea la necessità di un sollecito «intervento normativo organico che riguardi le celebrazioni in onore delle nostre Forze armate, considerato che quella appena promulgata risulta essere l'unica legge che preveda una giornata in onore di un corpo militare»;

    tale necessità scaturisce dal fatto che non ci sono disposizioni di legge che prevedono giornate dedicate alle Forze armate nel loro complesso;

    la giornata del 4 novembre, dunque, è una data con un alto valore storico e simbolico per il nostro Paese e, come sottolineato dal Presidente Mattarella, e risultante del comunicato già citato, «il suo significato di Festa delle Forze armate muove da una lunga tradizione, ben radicata nella coscienza civile degli italiani ma non sancita per legge. Appare opportuno assumere in legge la definizione completa del 4 novembre come Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate, cogliendo l'occasione per un riordino complessivo delle celebrazioni che valorizzi l'unitarietà delle Forze armate»;

   istituire per legge la giornata dell'unità nazionale e delle Forze armate permetterebbe alle pubbliche istituzioni, alle scuole e ai cittadini di ricordare e celebrare adeguatamente il senso del dovere e del sacrificio di tutte le Forze armate,

impegna il Governo

1) ad adottare iniziative normative volte all'istituzione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate, non festiva e da celebrarsi in data 4 novembre, nonché al contestuale riordino della legislazione in materia di celebrazioni delle Forze armate, al fine di armonizzare e renderne organica la relativa disciplina.
(1-00652) «Aresta, Rizzo, Del Monaco, Di Stasio, Frusone, Roberto Rossini, Licatini, Di Sarno, D'Uva, Tofalo, Iovino, Gubitosa».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni II e IX,

   premesso che:

    un recente caso di cronaca ha visto vittima una giovane giornalista toscana, madre di famiglia, alla quale sono stati fraudolentemente pubblicati nome, cognome e telefono su un sito di annunci in cui si dichiarava disposta ad incontri scambisti;

   la condivisione non consensuale di materiale intimo è definibile come la diffusione di immagini, fotografie, video che ritraggono una o più persone in situazioni di intimità o nudità che non hanno acconsentito a tale diffusione con terze persone;

   secondo il rapporto del servizio analisi della Direzione centrale della polizia criminale, tra l'agosto 2019 e lo stesso mese del 2020 sono stati denunciati 718 casi di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti. Le vittime sono per l'81,62 per cento di sesso femminile;

   la legge sul tema è piuttosto recente (legge n. 69 del 9 agosto 2019 cosiddetto «Codice rosso») e ha modificato il codice penale attraverso l'introduzione dell'articolo 612-ter: «È punibile con la reclusione da 1 a 6 anni e una multa da 5.000 a 15.000 euro chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica, immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate»;

   la legislazione ha introdotto forme di tutela per la donna, in particolare per i casi di revenge porn, stalkeraggio, maltrattamenti e abusi;

   il reato previsto dal Codice rosso si integra anche con quello di interferenza illecita nella vita privata;

   nonostante la recente disciplina normativa, la pubblicazione di inserzioni sui siti di annunci non è sufficientemente regolamentata in quanto, per la registrazione, è necessario semplicemente un indirizzo email senza alcuna verifica circa l'identità dell'inserzionista;

   le conseguenze in occasione dei falsi annunci diffamatori richiamanti prestazioni sessuali sono devastanti per qualsiasi persona, mettendo a rischio anche la stabilità familiare della vittima;

   i principali server di siti di annunci hanno sede legale all'estero, ma questo non può essere causa di immobilismo verso la tutela delle persone, in particolari donne e minori, vittime di forme di revenge porn, ricatti, bullismo e diffamazione,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, per prevedere a carico dei siti internet, per annunci a sfondo erotico, l'obbligo di allegare un documento identità al momento della registrazione dell'annuncio, al fine di cercare di impedire l'uso fraudolento di annunci sessuali senza consenso;

   ad assumere ogni utile iniziativa volta a incentivare gli accertamenti tecnico-informatici che consentono, attraverso il tracciamento degli indirizzi IP, di individuare l'utilizzatore delle connessioni telematiche, responsabile delle illecite inserzioni.
(7-00842) «Turri, Zanella, Belotti».

ATTI DI CONTROLLO

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUSMEROLI. — Al Ministro della cultura, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 104 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 13 ottobre 2020, all'articolo 100, comma 4, ha stabilito che l'importo annuo del canone dovuto quale corrispettivo per l'occupazione di aree e pertinenze demaniali marittime non può essere inferiore a 2.500 euro, aumentati nel 2022 a 2.698,75 euro, a prescindere dalle superfici occupate e dalla durata;

   tale aumento, di oltre il 700 per cento rispetto al 2019, grava fortemente anche sulle imprese di spettacolo viaggiante, che occupano il demanio pubblico. Una piccola attrazione, come una rotonda per la pesca di ochette o una giostrina, deve quindi versare circa 2.700 euro anche per un'occupazione di una superficie minima, e per pochi giorni. Se poi si sposta due o tre volte, come avviene nell'attività di spettacolo viaggiante itinerante, rischia di dover pagare oltre 10.000 euro anche per un'occupazione di un cavallino a moneta, di circa 2 metri quadrati, importo che supera di alcune decine di volte qualsiasi favorevole ricavo;

   al fine di tutelare una categoria autorizzata con licenza di spettacolo, ai sensi dell'articolo 69 del Tulps, il legislatore ha riconosciuto la «funzione sociale», all'articolo 1 della legge 18 marzo 1968, n. 337, e disposto all'articolo 10 della legge citata una riduzione tariffaria sulle occupazioni del suolo pubblico comunale, mentre l'articolo 11 riguarda le occupazioni demaniali e recita: «Per le installazioni degli impianti dei circhi e dello spettacolo viaggiante sul suolo demaniale si applicano le tariffe previste per le occupazioni di suolo pubblico comunale»;

   risulta evidente che il legislatore ha voluto tutelare questa forma di spettacolo popolare con due articoli della citata legge di settore, uno che prevede un'agevolazione tariffaria sulle tariffe comunali, l'articolo 10, e l'altro, l'articolo 11 che dispone l'applicazione delle medesime tariffe comunali anche sulle proprietà del demanio, da intendersi come comunale o dello Stato. Diversamente il testo di legge avrebbe infatti introdotto specifiche limitazioni dell'ambito di applicazione dell'agevolazione. L'Agenzia del demanio, su specifico quesito, ha risposto sostenendo che il citato articolo 11 si intenderebbe riferito solo alle tariffe del demanio, comunale e non anche al demanio pubblico, ma così non è scritto né questa interpretazione, ad avviso dell'interrogante, si richiama alla ratio di una legge che, all'articolo 1, riconosce che lo Stato «sostiene il consolidamento e lo sviluppo del settore», attraverso norme agevolative e contributi pubblici, poi confluiti nel fondo unico spettacolo;

   è pertanto urgente addivenire a una interpretazione autentica del dettato normativo al fine di rendere concreta l'agevolazione prevista dalla citata legge di settore all'articolo 11, anche al fine di sollevare un'attività molto penalizzata dai due anni di chiusure determinate dal contenimento della pandemia, considerato che le attività di spettacolo viaggiante, non possono certo essere equiparate a quelle degli stabilimenti balneari –:

   all'avvio della stagione di maggiore attività dello spettacolo viaggiante, quali iniziative il Governo intenda assumere per favorire il rispetto dell'articolo 11 della legge 18 marzo 1968, n. 337, a tutela di un settore legato alle tradizioni e alla cultura popolare.
(5-08144)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOVECCHIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche giovanili, al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig) è stata costituita con l'intervento, tra gli altri, dei rappresentanti del Ministero dell'interno, del commissario straordinario dell'Enit, della direzione generale del turismo, del commissario nazionale gioventù italiana, con apporto economico da parte dello Stato, come fondo di dotazione, e riconosciuta con decreto-legge n. 97 del 1995 definitivamente ente culturale; con legge n. 964 del 15 dicembre 1949 è stato concesso all'Aig un contributo di lire 3.000.000 per la sistemazione e gestione di alloggi alberghieri e per l'organizzazione della stessa Associazione; con decreti del Presidente della Repubblica del 6 febbraio 1976 (n. 151), del 12 maggio 1970 (n. 1427 e n. 464), del 26 maggio 1969 (n. 350), del 16 dicembre 1964 (n. 1616) sono state concesse autorizzazioni all'Aig per l'acquisto di immobili; anche a seguito dell'emanazione della disciplina sul riordino degli enti pubblici, l'Associazione ha continuato a ricevere finanziamenti e contributi diretti da parte di Ministeri e regioni (a puro titolo esemplificativo: nel bilancio di esercizio al 31 dicembre 1994 un contributo complessivo di lire 269.753.525; nel rendiconto finanziario al 31 dicembre 1987, risulterebbero una sovvenzione da parte del Ministero del turismo di lire 130.000.000; nel bilancio preventivo al 31 dicembre 1984 risulterebbero contributi da parte del Ministero del turismo e di quello della pubblica istruzione di lire 343.000.000; nel bilancio preventivo al 31 dicembre 1982 contributi per lire 250.000.000; nel bilancio preventivo al 31 dicembre 1981 contributi per lire 192.838.680); l'Associazione, inclusa tra le Organizzazioni non governative segnalate dall'Onu, non ha finalità di lucro, tra i «membri di diritto» figurano i rappresentanti dei Ministeri competenti in materia di istruzione, politiche giovanili e turismo e nel corso degli anni ha ricevuto contributi statali per la realizzazione dei propri scopi istituzionali mediante apposite disposizioni di legge, con conseguente esclusione della sussistenza dei presupposti di cui all'articolo 1 della legge fallimentare; la Corte di cassazione (Sezioni unite 3 maggio 2005 n. 9096) ha affermato che «la valutazione circa la natura pubblicistica della istituzione comporta senza dubbio il concorso di considerazioni di carattere giuridico e di considerazioni di fatto [...] la qualificazione di un ente come società di capitale non è di per sé sufficiente ad escludere la natura di istituzione pubblica dell'ente stesso ma si deve procedere ad una valutazione concreta in fatto»; l'Italia, attraverso Aig, è membro della International Youth Hostel Federation; dal 1° luglio 2019 l'Aig si trova in procedura fallimentare (n. 492/2019), avviata dal tribunale di Roma; il 26 giugno 2019 il tribunale di Roma ha respinto la domanda, presentata in via cautelare, di omologa del concordato in continuità avviata con ricorso ai sensi dell'articolo 161 della legge fallimentare, e depositata in data 30 giugno 2017, nonostante l'approvazione del piano di solvibilità, da parte della maggioranza dei creditori, e il parere favorevole della concreta possibilità di un pronto rilancio e sviluppo, e nonostante in data 2 aprile 2019, i commissari giudiziali abbiano depositato il parere senza opporsi all'omologazione del predetto concordato; l'Agenzia delle entrate e l'Inps avevano espresso il proprio assenso all'omologazione del piano, anche in virtù dell'elevata patrimonializzazione dell'ente, dell'interesse sociale e della salvaguardia del livello occupazionale; l'ente si è opposto alla procedura fallimentare, depositando il reclamo in Corte di cassazione; il valore ex articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 del patrimonio immobiliare dell'ente, recentemente oggetto di lasciti testamentari, ammonterebbe a euro 21.941.662,36; con l'ordine del giorno n. 9/2305/99, la Camera ha impegnato il Governo ad adottare misure a salvaguardia; nella seduta del 21 ottobre 2019 della V Commissione Bilancio del Senato, in sede di conversione del decreto-legge n. 101 del 2019, il Ministero dell'economia e delle finanze ha riformulato gli emendamenti da 15.0.13 a 15.0.19 riguardanti la trasformazione in ente pubblico non economico dell'Aig; tale norma è stata approvata all'unanimità dalle Commissioni X e XI del Senato, e poi stralciata per mancanza di coperture e, su impegno del Sottosegretario per l'economia e le finanze di turno, è stata rimandata ad un successivo provvedimento; la situazione dell'Aig, aggravata dalla pandemia, risulterebbe a rischio di depauperamento del patrimonio mobiliare e immobiliare, anche in considerazione dell'avvio delle procedure per la dismissione della Curatela –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere a tutela del patrimonio mobiliare e immobiliare dell'ente.
(5-08142)

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con comunicazione scritta, in data 16 maggio 2022, indirizzata alle organizzazioni sindacali e alla rappresentanza sindacale unitaria (Rsu), l'azienda Axist operante nel sito di Grottaglie in provincia di Taranto, ha comunicato la cessazione dell'attività e l'avviamento della procedura di licenziamento collettivo per tutti i 35 lavoratori in forza presso lo stabilimento appartenente al gruppo Leonardo Aerostrutture;

   la Fiom-Cgil di Taranto ha sottolineato, in un comunicato, come tale scelta sia da considerarsi «scellerata ed inappropriata». Si tratterebbe, infatti, di un colpo durissimo al sistema produttivo di un territorio che, già in passato, ha pagato con la fuoriuscita di oltre 700 lavoratori dell'indotto;

   la decisione di Leonardo è di difficile comprensione. Infatti, mentre il gruppo continua a sostenere, in tutte le sedi di incontro, la previsione di un incremento dei volumi produttivi già nel prossimo anno, con una ripresa stabile nel 2024, ora Axist avvia la procedura di licenziamento collettivo, mentre poteva ricorrere all'utilizzo di altri strumenti, anche straordinari, in grado di garantire la salvaguardia occupazionale;

   ancora più inspiegabile appare tale decisione poiché Axist svolge a tutti gli effetti lavorazioni indispensabili e di rilevante importanza per il ciclo produttivo delle fusoliere del 787 da ormai più di dieci anni e, tra l'altro, con attrezzatura di proprietà di Leonardo;

   le organizzazioni sindacali chiedono così a Leonardo di intervenire tempestivamente nei confronti di Axist, rispetto a quanto sancito nell'accordo divisionale siglato il 17 gennaio 2022 anche per salvaguardia della filiera dell'indotto;

   un gruppo come Leonardo, il cui maggiore azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze, ha una «responsabilità sociale» a cui non può sottrarsi di fronte a situazioni che mettono in difficoltà i lavoratori, le loro famiglie e tutto il territorio;

   appare così necessario un intervento urgente delle istituzioni per risolvere la gravissima situazione che si sta determinando –:

   quali iniziative intendano avviare, al più presto, per salvaguardare il futuro di tutti i lavoratori e la tenuta occupazionale di un intero territorio.
(4-12142)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel corso del 2022 andranno in scadenza, sin dal mese di giugno, i contratti di lavoro di circa 2000 operatori giudiziari, assunti con contratti a tempo determinato di 12 o 24 mesi;

   si tratta, in particolare, delle lavoratrici e dei lavoratori assunti a seguito di procedure concorsuali bandite in applicazione dell'articolo 255 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, e dell'articolo 1, commi 925 e 926, della legge 30 dicembre 2020, n. 178;

   a oggi il Ministero della giustizia non ha ancora espresso una posizione circa le sorti di tali rapporti di lavoro;

   l'amministrazione giudiziaria ha usufruito del prezioso lavoro di questi operatori che hanno contribuito a mantenere la continuità dell'erogazione dei servizi della giustizia anche in assenza di sufficienti investimenti statali;

   la mancata proroga dei predetti contratti comporterebbe un inevitabile disagio organizzativo-gestionale, con conseguente concreto rischio di interruzione dei servizi in molti uffici giudiziari;

   il 19 maggio 2022 la Commissione bilancio, affari generali e istituzionali del consiglio regionale dell'Abruzzo ha approvato all'unanimità una Risoluzione con la quale chiede al Governo di prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato;

   un sistema giudiziario inefficiente a causa della carenza di personale rappresenta una grave compromissione dei diritti dei cittadini;

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per far fronte alla situazione descritta in premessa al fine di prorogare i contratti degli operatori giudiziari in scadenza nel 2022 e di giungere a una loro definitiva stabilizzazione mediante un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato.
(3-02980)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta orale:


   GIOVANNI RUSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   un impatto con tre vittime e due feriti gravi, avvenuto sull'autostrada Al, ripropone, purtroppo, l'emergenza sugli incidenti stradali contromano: un fenomeno che non conosce soste e che solo nel 2021 secondo i dati dell'Asaps - associazione sostenitori amici della polizia stradale - ha registrato 119 incidenti con 21 morti e 212 feriti, di cui 40 avvenuti in autostrade e strade a carreggiate separate;

   secondo la dinamica emersa dai primi accertamenti effettuati dalla Polizia stradale di Caserta, è stata proprio un'auto entrata contromano in autostrada a scatenare il terribile impatto che ha coinvolto altre due auto sul tratto casertano dell'A1 tra Capua e Santa Maria Capua Vetere (direzione Napoli);

   principale causa di questi incidenti sarebbe la distrazione, aumentata a causa dell'utilizzo dei telefoni cellulari al volante ma anche per le segnalazioni stradali poco chiare, per l'uso di alcol e stupefacenti e dalle condotte imprudenti degli autisti;

   e ancora, starebbe crescendo il fenomeno, certamente da non sottovalutare, dei giovani che guidano contromano per pubblicare le loro gesta sui social;

   tra le regioni più colpite dal fenomeno, al primo posto ci sono Puglia e Campania (15 incidenti l'una), seguite da Lombardia (11) e poi Veneto e Lazio (10);

   come denunciato dal presidente Asaps, «Arginare il fenomeno non è facile perché le cause sono diverse e le strade sono tante. Tuttavia, alcune cose per ridimensionarlo sono possibili. Noi ci siamo battuti e abbiamo ottenuto che agli imbocchi dell'autostrada fossero messi i cartelli di divieto d'accesso maggiorati. E questi cartelli andrebbero sistemati sulle strade statali, nei punti più critici. È stato documentato che ci sono passaggi dove questi incidenti si ripetono. Basterebbe fare uno studio e concentrarsi su questi tratti per evitarne una buona fetta. Sulle autostrade invece dove gli impatti sono più forti, il cartello giallo maggiorato non basta e si dovrebbe aggiungere un semaforo e un segnale sonoro. E poi bisogna porre attenzione ai rinnovi di patente ed alle conversioni di quelle straniere» –:

   di quali informazioni disponga il Governo in merito alla portata del fenomeno degli incidenti stradali contromano;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire la sicurezza stradale e prevenire gli incidenti, anche commissionando uno specifico studio sul tema, al fine, in particolare, di individuarne le cause principali e approntare conseguenti e adeguate soluzioni.
(3-02981)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'idroscalo internazionale di Como è sede di attività aerea a bordo di idrovolanti dal 1913 ed è l'unico idroscalo civile in Italia aperto al traffico nazionale ed internazionale;

   l'idroscalo è gestito dall'Aero Club di Como sin dal 1930 e risultava già nell'elenco degli aeroporti per l'ammaraggio degli idrovolanti (idroscali) nella pubblicazione aeronautica del 1933;

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 226 del 1978 riconosceva personalità giuridica all'Aero Club di Como approvandone il relativo statuto;

   il Ministero dei trasporti con decreto del 30 marzo 1986, nel designare gli aeroporti doganali, dimenticava clamorosamente di inserirvi anche l'aeroporto di Como;

   il Ministero dei trasporti con decreto del 7 aprile 1986 stabiliva le caratteristiche di ammaraggio, quota e dimensioni della superficie acquea destinata ai voli e ammaraggi sull'idroscalo di Como;

   il Ministero dei trasporti – circoscrizione aeroportuale Malpensa – con ordinanza n. 10 del 4 luglio 1989 disciplinava l'attività riguardante la pista di volo dell'idroscalo e le aree di sicurezza ad esso pertinenti;

   il Ministero dei trasporti – circoscrizione aeroportuale Malpensa – il 2 maggio 1994 dichiarava che l'Aero Club di Como: «è l'ente gestore, in rappresentanza della scrivente amministrazione, dell'idroscalo di Como, aperto all'attività didattico-sportiva nazionale, all'attività turistica nazionale e internazionale, ed è esattore dei diritti aeroportuali per conto del Ministero dei trasporti»;

   l'E.n.a.c. con comunicazione del 12 giugno 2000 faceva una ricognizione dei beni di pertinenza dell'idroscalo di Como, in collaborazione con l'Aeroclub di Como, attestando che dal catasto le aree e i manufatti risultavano intestati al comune di Como ed in concessione all'Aero Club che si occupava delle attività manutentive;

   l'E.n.a.c. con successiva comunicazione del 4 aprile 2006 riconfermava le aree di pertinenza dell'idroscalo di Como, attestando ancora una volta la qualità di aeroporto doganale dello stesso ed affermando che esso era l'unico in Italia ad essere aperto al traffico pubblico svolgendo, pertanto, una funzione di pubblica utilità, ricoprendo, di conseguenza, essenziale importanza nel sistema nazionale degli aeroporti;

   l'E.n.a.c. con ulteriore comunicazione del 25 giugno 2008 confermava che l'idroscalo internazionale di Como appartiene al demanio aeronautico;

   infine, la regione Lombardia – giunta regionale direzione generale infrastrutture e mobilità con comunicazione del 9 luglio 2008 ribadisce ancora una volta lo status di idroscalo internazionale di Como, appartenente al demanio aeronautico, con la conseguente esclusione dall'esazione dei contributi concessori dovuti alla regione e agli altri enti locali delegati per l'utilizzo del demanio lacuale da parte dell'Aero Club Como (gestore dell'idroscalo);

   l'Aero Club è l'unica scuola di volo certificata in Europa abilitata a svolgere lezioni a bordo di idrovolanti ed aerei anfibi e ha gestito nel tempo una intensa attività di addestramento sia civile sia militare;

   l'Aeroclub ancora oggi rappresenta il centro di coordinamento e controllo di tutta l'attività aeronautica provinciale espletata nell'idroscalo di Como;

   gli oneri economici sono a totale carico dell'Aero Club di Como che, come enucleato, svolge la funzione di «esattore» per conto del Ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili, occupandosi direttamente della riscossione delle tasse di atterraggio;

   a parere dell'interrogante è incontrovertibile l'enorme importanza a livello internazionale dell'Idroscalo di Como e, nonostante ciò, esso non ha ancora trovato il giusto riconoscimento quale aeroporto di interesse nazionale –:

   quali concrete iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere per risolvere definitamente la problematica riguardante la mancata definizione dell'idroscalo di Como quale aeroporto di interesse nazionale nonché l'inserimento dello stesso nell'elenco degli aeroporti doganali.
(5-08143)


   BALDELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili— Per sapere – premesso che:

   il codice della strada inserisce le cosiddette minicar nella categoria dei motoveicoli, definendole quadricicli a motore;

   ai fini della sosta, però, in alcuni comuni tali veicoli sono oggetto di un trattamento difforme da quello riservato a ciclomotori e motocicli, subendo sanzioni nei casi in cui parcheggino negli stalli appositamente riservati a questi ultimi ove questi, come avviene in modo assai frequente, non prevedano esplicitamente spazi disegnati per questo genere di veicolo;

   il regolamento attuativo del codice della strada, all'articolo 351, comma 2, impone ai conducenti di sistemare il proprio veicolo negli appositi spazi delimitati dalla segnaletica orizzontale, disposizione che le minicar non possono materialmente rispettare quando parcheggiano negli stalli riservati ai motoveicoli;

   per contro, in alcuni territori comunali, il loro parcheggio sugli stalli a pagamento non viene considerato gratuito come accade ai motocicli –:

   se il Governo non ritenga di fornire un'interpretazione autentica e univoca della normativa vigente in modo da superare le difformità applicative da comune a comune, e i relativi trattamenti penalizzanti che in alcune realtà comunali vengono messi in atto nei confronti dei proprietari di tali veicoli.
(5-08146)

Interrogazione a risposta scritta:


   VIETINA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 67 (SS67) costituisce una importante arteria di collegamento tra la Romagna e la Toscana; in particolare tra il litorale adriatico e quello tirrenico;

   nonostante la sua importanza strategica, nel corso del tempo non sono stati apportati i necessari adeguamenti infrastrutturali né vi è stata un'adeguata manutenzione ordinaria;

   l'attuale condizione in cui versa la SS 67, caratterizzata da un manto stradale che presenta buche e lesioni in diversi tratti, nonché dall'assenza di marciapiedi o, se presenti, dalla inadeguatezza delle loro dimensioni, costituisce un serio rischio per la viabilità e per la sicurezza degli automobilisti ma anche di tutti i cittadini che risiedono nei territori attraversati da questa arteria, soprattutto in caso di maltempo, all'origine di numerosi disagi;

   l'ammodernamento della SS67 e, in particolare, del tratto appenninico, costituisce da circa venti anni una tematica portata avanti da associazioni, comitati e rappresentanti politici, nella convinzione dell'assoluta importanza di garantire sicurezza alla viabilità e infrastrutture efficienti su tutto il territorio interessato;

   in questi anni si è assistito al progressivo spopolamento dell'appennino Tosco-Romagnolo, legato anche alla chiusura di diverse realtà imprenditoriali locali. L'esigenza di un ammodernamento, atteso da decenni, è sentita non soltanto dalla popolazione ma anche da tutto il mondo dell'impresa che, per continuare a investire in queste zone, necessita di infrastrutture sicure e all'avanguardia;

   a tal fine occorre garantire un sistema viario sicuro, che consenta il transito anche dei mezzi pesanti necessari per l'approvvigionamento delle materie prime e per la consegna delle commesse, soprattutto per evitare l'isolamento di alcune zone più interne e arretrate. È necessario che si intervenga tempestivamente con la realizzazione concreta di opere di manutenzione ordinaria e adeguamento del tracciato esistente, con interventi di ripristino del manto stradale, degli scoli laterali e della segnaletica orizzontale e verticale;

   è necessario che l'ammodernamento della SS 67, comprese le zone più arretrate, sia messo in una posizione di priorità nella programmazione regionale degli interventi di ammodernamento della viabilità, da realizzarsi in accordo con Anas, a cui spetta la gestione della rete viaria di interesse nazionale;

   da anni si assiste a una paralisi di ogni sinergia necessaria ad attuare il completamento atteso invano ormai da troppo tempo;

   infine, è doveroso ricordare che il Pnrr Next Generation Italia ha, tra i suoi obiettivi, quello di colmare il divario infrastrutturale tra le aree urbane e le aree interne e rurali del Paese –:

   alla luce di quanto descritto in premessa, quali siano le tempistiche secondo cui il Ministro interrogato, attraverso Anas, le autorità e gli enti competenti, ritenga di attivare le iniziative necessarie e urgenti dirette ad assicurare il miglioramento della viabilità della SS 67, nello specifico del tratto appenninico, al fine di garantire la sicurezza del transito e per offrire garanzie alle imprese che decidono di investire in queste realtà, favorendo così lo sviluppo economico del territorio e del suo indotto;

   se non ritenga altresì opportuno aprire un tavolo istituzionale a larga partecipazione con lo scopo di coordinare a livello locale, regionale e nazionale l'attività politica necessaria a garantire l'ammodernamento della SS67.
(4-12146)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   LIUZZI, DE FILIPPO e CILLIS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente della Repubblica del 27 dicembre 2019, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267, vista la proposta del Ministero dell'interno e vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, veniva disposto lo scioglimento del consiglio comunale di Scanzano Jonico e pertanto, veniva nominata una commissione straordinaria per la provvisoria gestione dell'ente per un periodo di 18 mesi;

   con successivo decreto del Presidente della Repubblica del 26 aprile 2021, constatato che non risultava «esaurita l'azione di recupero e risanamento complessivo dell'istituzione locale e della realtà sociale [...] ritenuto che le esigenze della collettività locale e della tutela degli interessi primari richiedono un ulteriore intervento dello Stato che assicuri il ripristino dei principi democratici e di legalità, e restituisca efficienza e trasparenza all'azione amministrativa dell'ente», veniva prorogata la durata dello scioglimento del consiglio comunale per il periodo di ulteriori sei mesi;

   in data 6 settembre 2021, il Ministro Luciana Lamorgese decretava che le consultazioni per l'elezione diretta dei sindaci dei consigli comunali di cui all'articolo 143, comma 10, terzo e quarto periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si sarebbero svolte in data 7 novembre 2021. Ciò comportava lo svolgimento nella predetta data delle elezioni amministrative in 7 comuni in tutta Italia, tra cui Scanzano Jonico;

   in data 8 novembre 2021, la prefettura di Matera disponeva di non procedere alla proclamazione del comunque eletto sindaco Mario Altieri, attesa la sua condizione di incandidabilità ai sensi dell'articolo 10 comma 1 lettera c) del decreto legislativo del 31 dicembre 2012 n. 235 a causa di una condanna per abuso d'ufficio divenuta irrevocabile 17 gennaio 2014;

   con nota del 9 novembre 2021, il prefetto della provincia di Matera, decretava la dottoressa Rosalia Ermelinda Camerini, viceprefetto in quiescenza, quale commissario prefettizio per la provvisoria gestione del comune di Scanzano Jonico, conferendogli i poteri spettanti al sindaco, alla giunta municipale e al consiglio comunale, sino a quando il sindaco e il consiglio medesimo non sarebbero stati rinnovati con altra elezione;

   il Ministero dell'interno, con decreto del 31 marzo 2022, fissava per il giorno di domenica 12 giugno 2022 la data di svolgimento delle consultazioni elettorali per l'elezione diretta dei sindaci e dei consigli comunali, ma la prefettura di Matera ometteva di convocare i comizi elettorali per l'elezione dei predetti organi del comune di Scanzano Jonico in quanto risultava ancora pendente presso il Consiglio di Stato il ricorso del signor Altieri, precedentemente già bocciato dal TAR della Basilicata;

   risulta dunque che l'indizione delle elezioni resta subordinata alla definizione del giudizio pendente innanzi al Consiglio di Stato ed al passaggio in giudicato della sentenza a pronunciarsi. Il mancato svolgimento delle consultazioni elettorali nella finestra delle amministrative del 12 giugno 2022 pone la prossima finestra disponibile per il voto nella primavera del 2023;

   il comune di Scanzano Jonico è ormai dal 2019 senza una guida politica, privando, di fatto, i cittadini del diritto/dovere, costituzionalmente garantito, all'elettorato attivo e passivo, attraverso il quale viene assicurata la democratica gestione dell'ente pubblico in questione. Tutto ciò ha comportato un drastico e problematico distacco tra l'amministrazione pubblica comunale e la popolazione, già segnata dagli episodi che ne hanno portato lo scioglimento per infiltrazioni mafiose –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione del comune di Scanzano Jonico e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per portare il comune al voto nel più breve tempo possibile.
(4-12145)


   SAITTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 244 del Tuel (decreto legislativo n. 267 del 2000) il consiglio comunale della città di Scordia, con delibera n. 115 del 13 dicembre 2014, ha dichiarato lo stato di dissesto finanziario;

   con decreto del Presidente della Repubblica del 23 febbraio 2015 e con successiva delibera n. 1 del 26 marzo 2015, è stata ritualmente nominata la commissione straordinaria di liquidazione che ha adottato il piano di estinzione e successivamente, con delibera del 2019, ha approvato il rendiconto di gestione dichiarando contestualmente la cessazione dell'attività dell'Organo straordinario di liquidazione; dalla conclusione dei lavori della commissione e con l'inizio della gestione ordinaria, la situazione economico-finanziaria della città di Scordia, dopo una fase di riavvio e con l'approvazione del bilancio preventivo del 2019 da parte del consiglio comunale, rischia nuovamente di essere danneggiata; il termine ordinario del 31 luglio di ciascun anno entro cui, secondo l'articolo 170 del testo unico «la Giunta presenta al Consiglio il Documento unico di programmazione», per l'anno 2020 è stato prorogato al 30 settembre dal decreto-legge n. 18 del 2020, rimanendo invariata la parte del medesimo articolo che prevede che «entro il 15 novembre di ciascun anno, con lo schema di delibera del bilancio di previsione finanziario, la Giunta presenta al Consiglio la nota di aggiornamento del Documento unico di programmazione»; oggi si apprende che, da giugno del 2021 e fino al marzo 2022, il documento unico di programmazione e lo schema di bilancio di previsione non hanno ottenuto l'approvazione del Consiglio comunale – così come risulta dalla seduta consiliare del 5 maggio 2022 –, con evidente inosservanza dei termini di legge; poiché, nei casi di mancata approvazione dei documenti contabili l'ente non può procedere ad assunzioni, a seguito degli esposti inviati da alcuni consiglieri comunali, il Comune di Scordia è stato sottoposto ad attività ispettiva da parte del Dipartimento regionale delle Autonomie locali; con nota del 22 marzo 2022 l'Ufficio ispettivo del Dipartimento regionale delle Autonomie Locali ha chiuso il procedimento ispettivo, confermando le violazioni riportate nella relazione ispettiva e inoltrando il dossier alla Procura regionale della Corte dei conti; il Dipartimento regionale delle Autonomie Locali, a causa dei mancati adempimenti in tema di programmazione economica da parte di moltissimi comuni siciliani per gli anni 2020 e 2021, ha predisposto l'invio di commissari per verificare ed eventualmente predisporre «gli atti propedeutici e/o connessi, ivi compresi gli allegati, prescritti dalle vigenti disposizioni in materia» nonché per dare comunicazione al Dipartimento delle Autonomie locali dei relativi inadempimenti «per l'avvio del procedimento di applicazione delle sanzioni di cui al comma 3 dell'articolo 109-bis dell'O.R.E.E.L.L»;

   secondo quanto sopra riportato, tra i comuni commissariati risulta il comune di Scordia, in merito al quale non si conoscono quali siano gli atti posti in essere dai commissari nominati dal Dipartimento Regionale e quali siano, eventualmente, le sanzioni irrogate allo stesso comune –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di fare chiarezza sulla questione sopra prospettata e per conoscere le relazioni, gli atti e, eventualmente, le sanzioni poste in essere nei confronti del comune di Scordia.
(4-12148)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   CAVANDOLI, TOMBOLATO, MURELLI e TATEO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 comma 10, della legge n. 107 del 2015 recita: «Nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado sono realizzate, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, iniziative di formazione rivolte agli studenti, per promuovere la conoscenza delle tecniche di primo soccorso, nel rispetto dell'autonomia scolastica, anche in collaborazione con il servizio di emergenza territoriale “118” del Servizio sanitario nazionale e con il contributo delle realtà del territorio»;

   del resto è di tutta evidenza che le manovre salvavita del primo soccorso possono salvare ogni anno innumerevoli vite umane e che le stesse rappresentino uno strumento di crescita, di consapevolezza e di civiltà per una società dal volto umano, sensibile e generativa di cultura della vita;

   il 7 novembre del 2017, presso la sala della comunicazione del Ministero, si è tenuto l'incontro «Primo soccorso a scuola — Percorso formativo per le studentesse e gli studenti» in cui le allora Ministro dell'istruzione e della salute hanno presentato questo progetto in concomitanza con l'emanazione delle attesissime linee di indirizzo per la realizzazione delle attività di formazione sulle tecniche di primo soccorso;

   nonostante tali previsioni, questa misura viene puntualmente disattesa nella stragrande maggioranza delle scuole del Paese;

   con riguardo alla formazione dei docenti, il decreto legislativo n. 81 del 2008, all'articolo 37, prevede la formazione degli addetti al primo soccorso in tutti gli istituti scolastici, ma si tratta di una formazione relativa a interventi da attuare nel caso di incidenti sul lavoro in generale, e non è assolutamente tarata su tecniche di intervento sui bambini, che sono completamente diverse;

   l'ostruzione delle vie aeree è un avvenimento improvviso, una delle principali cause di morte di bambini nei Paesi industrializzati e, purtroppo, la formazione prevista per gli insegnanti non include un corso di disostruzione pediatrica, unica manovra che se effettuata immediatamente può salvare la vita agli alunni coinvolti;

   è di fondamentale importanza che la totalità del personale della scuola e chiunque abbia a qualsiasi titolo una interazione con gli alunni nei locali scolastici sia adeguatamente formato al primo soccorso pediatrico, in modo da scongiurare qualsivoglia ritardo nell'effettuazione della manovra di disostruzione ove necessaria –:

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano adottare iniziative per prevedere una simile formazione per il personale docente e non docente della scuola;

   quali iniziative si intendano intraprendere per assicurare che in tutte le scuole vengano definiti dei protocolli d'intesa con il servizio di emergenza territoriale «118» e con altre realtà del territorio affinché tutti gli alunni, secondo criteri adeguati alla età di ognuno, possano seguire corsi di primo soccorso in orario curricolare.
(4-12143)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   desta forte preoccupazione l'effettiva efficacia delle misure poste in essere con la legge di bilancio 2022, ivi comprese quelle relative all'aumento dei controlli preventivi dei requisiti anagrafici per il riconoscimento del reddito di cittadinanza;

   in concreto, il meccanismo dei controlli viene attuato per lo più in via incidentale sulle autodichiarazioni e, comunque, in fase successiva all'erogazione del beneficio. A esso si aggiunge la difficoltà di recuperare le somme indebitamente versate;

   a fronte di tutto ciò, è di tutta evidenza che l'eventuale inerzia del soggetto erogatore della misura, tanto dal punto di vista della concessione dei fondi quanto del recupero, produrrebbe un danno di carattere erariale a discapito dell'istituto di previdenza sociale preposto;

   non si hanno dati certi e pubblici in merito alla documentazione atta a quantificare il rischio di un danno erariale che si profilerebbe alle casse dell'Inps –:

   quali siano state le verifiche e i controlli effettuati in merito alla quantificazione del rischio di danno erariale sulle casse dell'istituto di previdenza erogatore e dunque dello Stato e se sia a conoscenza dell'ammontare complessivo dell'indebita erogazione del reddito di cittadinanza ai non aventi diritto.
(5-08145)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 2 maggio 2022, nella seduta n. 685, è stata presentata l'interrogazione a risposta in Commissione 5-07993 tramite la quale il gruppo parlamentare di Fratelli d'Italia evidenziava una serie di criticità riferite alle non più sostenibili condizioni di lavoro alle quali sarebbero sottoposti gli ortopedici del Servizio sanitario nazionale;

   in particolare, a seguito delle denunce del Presidente del sindacato degli ortopedici «Nuova Ascoti», nell'atto di sindacato ispettivo si evidenziò la necessità di riequilibrare il rapporto tra carichi di lavoro e numero di personale impiegato nelle strutture sanitarie pubbliche, che si è rivelato insostenibile soprattutto nel corso della pandemia. È apparso, dunque, necessario chiedere un incremento del personale assegnato alle strutture così da consentire a tutti i professionisti sanitari di poter svolgere il proprio lavoro nelle migliori condizioni possibili così da garantire l'adeguata e puntuale erogazione delle prestazioni sanitarie previste dai livelli essenziali di assistenza e, al contempo, a tutti i cittadini di poter usufruire di prestazioni puntuali e di un servizio sanitario efficace, efficiente ed economico;

   nell'interrogazione si evidenziarono le affermazioni del Presidente del sindacato Nuova Ascoti il quale dichiarò che di fronte a questa situazione «...l'unica porta aperta che si presenta è quella dell'abbandono del servizio pubblico, poiché lo Stato continua a chiederci ulteriori sforzi non offrendo soluzioni concordate con la rappresentanza sindacale e scientifica degli ortopedici. Il nostro è un grido di allarme che ci auguriamo il Governo raccolga. ...»;

   in data 19 maggio 2022, pochi giorni dopo la pubblicazione dell'interrogazione, il direttore della U.O.C. di ortopedia dell'Ospedale San Paolo di Napoli, denunciando le non più sostenibili condizioni di lavoro degli ortopedici e la mancanza di personale, ha rassegnato le sue dimissioni dall'incarico e ha affermato quanto segue: «Ho inoltrato 27 lettere negli ultimi 4 anni, avvertendo che senza personale non si poteva andare avanti. Nessuno si è degnato di rispondermi, perciò mi dimetto da primario ... l'allarme si protrae da 7 anni ... Senza nuove assunzioni da 10 anni a questa parte, sarà impossibile continuare in tre ... Siamo rimasti in 4, compreso il sottoscritto ...»;

   in data 20 maggio 2022, secondo fonti di stampa, sembra che la direzione sanitaria dell'Ospedale San Paolo di Napoli abbia comunicato che «... per sopraggiunte criticità inerenti le notevoli carenze di personale ... non sarà possibile gestire situazioni di emergenza/urgenza h/24» e che «l'accesso interdetto non riguarda solo i privati cittadini ... ma anche il 118 ... chi si rompe una gamba o è colpito da ictus potrà essere assistito solo di mattina ...»;

   secondo quanto affermato dal Presidente della Nuova Ascoti «...la dirigenza della Asl e il presidente De Luca mostrano insensibilità oggettiva nei confronti di una richiesta di salute che in estate aumenterà enormemente ... e tutto questo aggraverà le liste di attesa che il Covid ha reso infinite ...»;

   il Presidente della Federazione CIMO-FESMED ha affermato in merito che «... ci troviamo davanti alle ennesime dimissioni, e siamo certi che molte altre seguiranno: dal sondaggio che abbiamo realizzato nei mesi scorsi è emerso che il 72 per cento dei medici dipendenti del SSN è pronto a lasciare, e appena ne ha occasione si dimette ...» –:

   se i fatti esposti in premessa trovino conferma e, in caso affermativo, quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di incrementare il numero degli ortopedici del Servizio sanitario nazionale così da assicurare l'adeguata e puntuale erogazione delle prestazioni sanitarie previste dai livelli essenziali di assistenza nelle strutture sanitarie pubbliche nonché al fine di garantire, in tempi brevi, il ripristino della regolare funzionalità del reparto di ortopedia all'Ospedale San Paolo di Napoli.
(5-08147)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, «decreto sostegni-ter», convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 28 marzo 2022, n. 25, recante «Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico», riconosce un indennizzo a chi ha subito danni da complicanze di tipo irreversibile causate da vaccinazioni obbligatorie. Nello specifico, il decreto prevede l'indennizzo per coloro che abbiano riportato lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell'integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione anti Covid-19, modificando in tal senso la legge 25 febbraio 1992 , n. 210;

   la novità introdotta dal decreto è che l'indennizzo spetterà, non solo in caso di obbligo vaccinale, ma anche alle categorie che, pur non essendo obbligate, hanno seguito le raccomandazioni ministeriali ricevendo il vaccino;

   dal 2001, a seguito del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e del conseguente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 maggio 2000 (Gazzetta Ufficiale 11 ottobre 2000, n. 238), le competenze in materia di indennizzi, ai sensi della legge 210 del 1992 con decorrenza dal 1° gennaio 2001, sono state trasferite dal Ministero della salute alle regioni;

   in base alla sopracitata normativa, la domanda di indennizzo deve essere presentata, dall'interessato, all'azienda sanitaria locale di residenza, la quale svolge l'istruttoria, controllando la completezza della documentazione allegata richiesta e verificando il possesso dei requisiti previsti dalla legge. Al termine della fase istruttoria l'azienda sanitaria locale invia la copia del fascicolo alla Commissione medica ospedaliera (Cmo) competente; quest'ultima convoca l'interessato e accerta la sussistenza del nesso causale tra l'infermità e la vaccinazione. La Cmo si esprime sulla qualifica di ascrizione dell'infermità e sulla tempestività della domanda. Il verbale contenente il giudizio è inviato all'azienda sanitaria e successivamente notificato ai diretti interessati. Il termine per la presentazione della domanda è di tre anni e decorre dal momento in cui, sulla base della documentazione presentata, la persona danneggiata risulti aver conoscenza del danno;

   alla luce di quanto esposto, in base alla normativa vigente, la competenza in caso di presentazione di richiesta di risarcimento danni è dell'Asl di residenza del soggetto danneggiato;

   sono giunte all'interrogante segnalazioni da parte di cittadini e di associazioni che lamentano un diniego da parte delle aziende sanitarie locali al ricevimento della richiesta risarcitoria per effetti avversi da vaccinazione anti Covid, sostenendo la non competenza delle Asl –:

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per fornire chiarimenti rispetto a quanto esposto in premessa, anche al fine di evitare dubbi interpretativi in ordine alle norme riguardanti la competenza risarcitoria.
(4-12144)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta scritta:


   DORI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (Rfi) è ente aggiudicatore, responsabile della progettazione e stazione appaltante per la realizzazione della Circonvallazione ferroviaria di Trento;

   Rfi ha iniziato ad elaborare ipotesi progettuali a partire dal 2003, con una soluzione sulla sponda destra dell'Adige, successivamente spostata su indicazione della provincia di Trento sulla sponda sinistra;

   lo sviluppo del progetto ha subito significativi arresti fino al 2018, quando la provincia, il comune di Trento e Rfi hanno sottoscritto due Protocolli di Intesa per verificare se l'opera potesse essere coerente con le esigenze del territorio;

   nel 2021 il progetto è stato inserito nel Pnrr, con un finanziamento di 930 milioni di euro;

   l'opera è attualmente in fase progettuale finalizzata all'affidamento dei lavori;

   il Progetto di fattibilità, tecnico-economica elaborato da Italferr per conto di Rfi è stato sottoposto a dibattito pubblico ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76 del 2018;

   come emerso in sede di dibattito pubblico, per la realizzazione della circonvallazione sarebbero necessari tre anni, di cui due dedicati allo scavo della galleria Trento. Inoltre è prevista l'installazione di otto aree di cantiere per le operazioni di scavo e di predisposizione e posa dei binari ferroviari. Sarebbero, inoltre, necessarie quattro aree di stoccaggio, tre depositi polmone e due aree tecniche;

   il tracciato ferroviario ipotizzato da Rfi si sviluppa tra l'area di Acquaviva a sud di Trento, in cui deviando dalla linea del Brennero, la linea dei Treni ad Alta Capacità entra sotto il Monte Marzola e dopo 10,5 chilometri di galleria sbuca nella parte nord della città di Trento, al limite del centro storico interferendo con il Sito Contaminato di Interesse Nazionale (Sin) di Trento Nord;

   il Sin di Trento Nord ricomprende le aree dove sorgevano le attività industriali degli impianti chimici della Carbochimica e della Sloi, che producevano, rispettivamente, derivati del petrolio e piombo tetraetile;

   le aree della ex Carbochimica e della Sloi nel 2001 sono state incluse nei siti di bonifica di interesse nazionale ai sensi del decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 e sono sotto la responsabilità del Ministero della transizione ecologica;

   si tratta di aree contaminate classificate come pericolose dallo Stato e che necessitano di interventi di bonifica integrale del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e sotterranee per evitare danni ambientali e sanitari;

   le aree si trovano in prossimità del contesto urbano e le sostanze tossiche potrebbero inquinare non solo la rete idrografica e la falda, ma anche l'aria, in considerazione del fatto che se i terreni venissero scavati senza particolari precauzioni, a circa 20 gradi centigradi il piombo tetraetile diventerebbe volatile e, quindi, potenzialmente letale;

   il problema dell'inquinamento è acclarato sin dagli anni '90, da quando uno studio dell'università di Verona suggerì di preparare un progetto di bonifica complessivo;

   dopo la chiusura delle aziende, nessuno è mai intervenuto per favorire il disinquinamento delle aree: gli attuali proprietari privati presentarono richiesta di lottizzazione con bonifica parziale, che fu respinta in istanza definitiva dal Tar di Trento nel 2013, sancendo il principio che la bonifica dovesse essere integrale;

   nel gennaio 2022 alcune associazioni ambientaliste, tra cui Legambiente, Wwf, Mountain Wilderness, Gruppo 11 domande, comitato No Tav, hanno presentato un esposto alla procura di Trento chiedendo il sequestro preventivo dei terreni inquinati del complesso ex Sloi e Carbochimica –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano porre in essere per evitare che la realizzazione della Circonvallazione ferroviaria di Trento possa provocare un danno all'ambiente e mettere in pericolo la salute dei cittadini;

   se intendano, per quanto di competenza, porre in essere azioni volte a porre come condizione propedeutica alla realizzazione del progetto l'intera bonifica del territorio interessato dall'infrastruttura.
(4-12147)

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ANZALDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   è in vigore l'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino, siglato a Roma il 5 marzo 2008 e attualmente vigente ai sensi della legge 29 settembre 2015, n. 164;

   la legge prevede il tacito rinnovo dell'accordo, a meno di eventuale preavviso di 2 mesi;

   l'accordo prevede un onere finanziario annuo, a carico della Rai, di circa 3 milioni di euro, a sostegno dell'emittente San Marino RTV, di cui il servizio pubblico italiano nomina, a proprie spese, il direttore;

   è di questi giorni la notizia che la Rai ha proceduto a nominare il nuovo direttore, Ludovico Di Meo, in scadenza come direttore di Rai2 –:

   quali siano le motivazioni strategiche dietro alla decisione di finanziare una piccola tv locale come San Marino RTV, peraltro riconducibile ad uno Stato estero;

   se il Governo non ritenga che sia maggiormente opportuno che i soldi dei contribuenti utilizzati per far fronte all'onere annuo derivante dell'accordo tra Rai e San Marino RTV vengano impiegati per potenziare la qualità e il prodotto Rai, oppure per il sostegno alle tv locali italiane, invece che per una piccola tv locale estera;

   quali iniziative il Governo intenda adottare per verificare se sia tuttora strategico e sostenibile impiegare risorse pubbliche a sostegno di un'azienda televisiva estera.
(4-10210)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento all'accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il governo della Repubblica di San Marino e chiede di verificare se sia tuttora strategico e sostenibile impiegare risorse pubbliche a sostegno di un'azienda televisiva estera.
  In premessa, si rappresenta quanto segue.
  Con legge 9 aprile 1990, n. 99 è stato ratificato lo scambio di lettere tra Italia e San Marino relativo alla riacquisizione dell'esercizio del diritto della Repubblica di San Marino all'installazione di una stazione radiotelevisiva e dell'accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra la Repubblica italiana e la repubblica di San Marino, firmati a Roma il 23 ottobre 1987.
  Con legge 29 settembre 2015, n. 164 è stato ratificato l'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della repubblica di San Marino, fatto a Roma il 5 marzo 2008.
  L'accordo di collaborazione del 2008 non si limita a promuovere la cooperazione culturale tra le due reti concessionarie del servizio pubblico, Rai Radiotelevisione italiana e San Marino Rtv, ma persegue anche, sin dalla sua originaria conclusione nel 1987, data la contiguità geografica dei due Paesi, una pacifica «convivenza» radioelettrica, regolando l'uso delle frequenze loro assegnate dal piano di Ginevra del 2006.
  La cooperazione culturale tra le due emittenti pubbliche è in linea con i rapporti di particolare amicizia che uniscono i due Paesi e con l'eccezionale compenetrazione delle rispettive popolazioni, soprattutto nelle regioni italiane contigue alla repubblica di San Marino. Inoltre, tale cooperazione contribuisce alla diffusione della lingua italiana, della cultura, dell'immagine e dei valori dei due Stati.
  L'accordo è stato recentemente rinegoziato proprio per l'intervenuta necessità di ridefinire l'assetto delle frequenze radio-televisive al fine di consentire la realizzazione del 5G in Italia. Infatti, il canale 51, il cui uso su parte del territorio italiano era precedentemente stato riconosciuto alla repubblica di San Marino, deve essere improrogabilmente spento da quest'ultima entro l'ultimo trimestre 2021, per consentire allo Stato italiano di dedicare le relative frequenze al nuovo sistema 5G. In questo quadro, oltre a riacquisire il Canale 51 – necessario per lo sviluppo della rete 5G – l'Italia ha ottenuto la possibilità di utilizzare i canali 7, 26 e 30 DVB nonché 12B e 12C DAB.
  Il Protocollo emendativo dell'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della repubblica di San Marino e il Governo della Repubblica Italiana è stato firmato dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dal segretario di Stato agli affari esteri di San Marino il 27 settembre 2021.
  Nell'ambito delle relazioni amichevoli fra i due Stati e nel comune interesse a proseguire la cooperazione in ambito radiotelevisivo, il Protocollo emendativo impegna l'Italia a facilitare la conclusione di un accordo tra San Marino RTV e un operatore nazionale italiano al fine di assicurare il trasporto di un programma di San Marino RTV su una rete che fornisca la copertura di ambito nazionale nel territorio italiano.
  Come sopra accennato, il Protocollo emendativo prevede che l'Italia riacquisisca il Canale 51 e che San Marino non porrà in esercizio i Canali 7, 26 e 30 DVB nonché 12B e 12C DAB.
  A fronte di tali impegni, il protocollo emendativo ridetermina l'importo della somma forfettaria annuale per gli oneri dell'accordo, nella misura di 4.898.000,00 euro per l'anno 2021, di 4.492.000,00 euro per l'anno 2022, di 4.530.000,00 euro per l'anno 2023, di 4.581.000,00 euro per l'anno 2024, di 4.648.000,00 euro per l'anno 2025 e di 4.718.000,00 euro a decorrere dall'anno 2026.
  Si è reso necessario rideterminare tale somma forfettaria per compensare i maggiori costi derivanti dallo spegnimento, nell'interesse dello Stato italiano, del canale 51, nonché il mancato uso delle altre frequenze citate. L'esigenza di recuperare il canale 51 nei tempi inderogabili richiesti per la realizzazione del 5G ha imposto di rideterminare la somma forfettaria a partire dall'anno 2021.
  In merito agli effetti del Protocollo per l'erario, si chiarisce che le frequenze in esame rientrano nel diritto della repubblica di San Marino, quindi il loro mancato uso nel territorio sanmarinese non ha effetti, in termini di mancati introiti, per l'erario italiano. Invece, l'uso televisivo del canale 51 da parte della repubblica di San Marino avrebbe l'effetto di impedire sul territorio italiano l'uso della stessa frequenza per il 5G; ciò determinerebbe un danno economico elevato per gli operatori italiani radiomobili che tramite l'asta per assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze 5G del 2018 si sono aggiudicati le frequenze relative al Canale 51 (Iliad Italia e Telecom Italia), e che potrebbero agire in rivalsa verso lo Stato italiano. A tal proposito si rappresenta che l'importo dell'offerta vincente per la banda 700 MHz da parte dell'operatore Iliad Italia è stata di euro 676.472.792 e da parte dell'operatore Telecom Italia è stata di euro 680.200.000.
  Per la copertura degli oneri derivanti dalla ratifica, si provvede mediante riduzione del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo, parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Dunque, l'onere finanziario non è a carico della rai.
  Ancora, le risorse pubbliche in parola non sono impiegate a sostegno di un'azienda televisiva estera – pur essendo necessario ricordare, sul punto, che San Marino RTV è partecipata al 50 per cento dalla RAI – bensì costituiscono, come chiaramente enunciato nell'Accordo, una somma forfettaria a copertura degli oneri dell'Accordo stesso che risponde a superiori interessi nazionali.

La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Anna Ascani.


   BELLA, DEL SESTO, CARELLI e MARIANI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 18 novembre 2019 il presidente del Cnr firmava una convenzione con il Consorzio Cnccs Scarl per la realizzazione di una televisione satellitare scientifica, finanziata dal Cipe;

   il 26 novembre 2019, a distanza di quasi tre anni, veniva trasferita al Cnccs la prima tranche di 4.375.000 euro del finanziamento di 9.700.000 euro rimesso dal Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca al Cnr il 23 marzo 2017;

   il Cnccs Scarl cominciava all'inizio del 2020 l'attività preparatoria da svolgere nel 1° semestre operativo della convenzione;

   a febbraio 2020 il Paese piombava in una situazione di allarme generalizzato che portava il 10 marzo 2020 al lockdown fino al 10 maggio 2020;

   il 20 maggio 2020 il Cnccs inviava una mail al Presidente del Cnr chiedendo una riunione urgente per rimodulare, a saldo invariato, il preventivo approvato nel 2018 per evitare spese inutili e quindi spreco di denaro pubblico;

   l'8 luglio 2020 il Cnccs scriveva al Ministro pro-tempore per chiedere, al fine di evitare lo spreco di risorse pubbliche, la nomina di un rappresentante del Ministero in un comitato per procedere con urgenza alla revisione a saldo invariato del preventivo dei costi approvato;

   purtroppo, evidentemente a causa della prolungata situazione di stallo in cui versava il Cnr il gruppo di lavoro che doveva rimodulare il preventivo dei costi a saldo invariato di High Science TV non è stato mai costituito ed il Cnr non risulta agli interroganti aver nominato i componenti dei Comitati di controllo, scientifico e tecnico, indispensabili per l'operatività e la rendicontabilità del progetto;

   invece di attivarsi per procedere alla rimodulazione del preventivo dei costi, a saldo invariato, in presenza della concreta possibilità di risparmiare una quantità enorme di denaro pubblico, il consiglio di amministrazione del Cnr il 7 giugno 2021, supportato dal «parere negativo all'accoglimento della richiesta» del Comitato tecnico-scientifico del Mur per i progetti Fisr, motivato dalla considerazione che «non appare chiaro la logica sottesa alla proposta di rimodulazione e sembra incongruo accettare ulteriori rimodulazioni prima che vi sia chiara evidenza che il progetto abbia avuto effettivo inizio», ha deliberato la revoca della convenzione con il Cnccs Scarl e la chiusura dell'iniziativa, oltretutto senza aver mai convocato ed ascoltato i responsabili del Consorzio per avere le informazioni necessarie in merito a quanto realizzato in anni di lavoro per portare a compimento il progetto ed ai risultati concreti ottenuti;

   il tutto oggi appare poco comprensibile alla luce della mail arrivata il 6 agosto 2021 al Cnccs con la quale il noto network televisivo Sky Italia, a testimonianza del lavoro svolto dal Cnccs, ha comunicato di accettare la partnership con il Cnr accollandosi anche parte dei costi e lasciando al Cnr la gestione editoriale del canale satellitare free che potrebbe andare in onda entro sei mesi sulla piattaforma Sky –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per scongiurare la perdita di una infrastruttura europea a trazione totalmente italiana organizzata in un periodo in cui una parte significativa del nostro Paese era di fatto impossibilitata a lavorare, e quali iniziative intenda adottare per tutelare il suddetto progetto.
(4-11689)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiedono chiarimenti in ordine al progetto del Cnr «High Science TV.EU» – infrastruttura integrata di editoria televisiva specialistica a supporto della ricerca scientifica.
  Essa fornisce l'occasione di chiarire i profili ed i contenuti della funzione di vigilanza del Ministero dell'università e della ricerca in relazione ad attività gestionali svolte dagli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero stesso, quale quella segnalata dal presente atto ispettivo.
  A tal fine, si rende necessaria una premessa. Il progetto «High Science TV.EU» – infrastruttura integrata di editoria televisiva specialistica a supporto della ricerca scientifica è stato presentato in data 31 marzo 2016 dal CNR, in
partnership con il consorzio Cnccs Scarl, ideatore e realizzatore del progetto; lo stesso è stato finanziato con delibera Cipe n. 71/2016 del 1° dicembre 2016, per un costo complessivo di 21,9 milioni di euro e con un finanziamento pubblico pari ad euro 9.700.000,00 a valere sul fondo integrativo speciale per la ricerca (Fisr), ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 204/1998.
  Il Ministero ha quindi erogato puntualmente al Cnr complessivi euro 9.700.000,00, e precisamente: il 22 maggio 2017 ha erogato l'anticipo per euro 4.365.000,00 e il 26 settembre 2017 euro 5.335.000,00 a saldo.
  Tuttavia, con delibera n. 63 del 2021, adottata in data 22 giugno 2021, il Cnr ha risolto la Convenzione in parola, non avendo il Cnccs rispettato il cronoprogramma previsto.
  In relazione a tale scelta, adottata dall'ente nell'esercizio della sua autonomia gestionale, il Ministero ha svolto le consuete procedure di controllo che, come in tutti i casi di finanziamento di progetti a beneficio di soggetti esterni, sono particolarmente rigorose. Nel caso di specie, l'attività di controllo del Ministero ha dovuto tener conto, in particolare, della necessità di garantire – trattandosi di risorse deliberate dal Cipe – che le stesse fossero utilizzate esclusivamente per le finalità per le quali il Cipe aveva deliberato il finanziamento.
  Ciò posto, con nota del 5 luglio 2021, il Ministero ha chiesto al Cnr di fornire – pur a fronte della accertata violazione del cronoprogramma del progetto – una indicazione delle possibili e diverse modalità attuative dello stesso, in difetto della quale si sarebbe proceduto alla revoca del finanziamento concesso al progetto «High Science TV.EU».
  In riscontro alla predetta nota del Ministero, il Cnr, con nota del 15 luglio 2021, ha richiesto di valutare la possibilità di rideterminare l'attività progettuale e considerare la destinazione del finanziamento per la realizzazione di due nuovi progetti, riguardanti, segnatamente, le tematiche del supporto agli anziani e dell'agricoltura di precisione.
  Il Ministero, tuttavia, con nota del 28 luglio 2021, ha reso noto che lo stanziamento complessivo per il progetto «High Science TV.EU» non poteva essere considerato disponibile – come del resto già chiarito – per altre finalità.
  Da ultimo, il Cnr con nota del 12 agosto 2021, ha inviato, su richiesta del Ministero, una relazione sulle principali attività poste in essere dall'approvazione del progetto alla deliberazione da parte del Consiglio di amministrazione del Cnr in ordine all'interruzione dello stesso e alla risoluzione della convenzione.
  Alla luce di quanto sopra, tenuto conto della primaria esigenza di assicurare il migliore impiego delle risorse pubbliche in argomento, si è adottato il decreto di revoca dell'integrale agevolazione concessa, pari ad euro 9.700.000,00.
  Per completezza, si precisa, da un lato, che il Ministero dell'università e della ricerca ha l'onere di riferire al Cipe in ordine al mancato utilizzo delle risorse rispetto alle finalità prefissate e, dall'altro, che su tali vicende è stata avviata un'attività di controllo gestionale da parte della Corte dei conti.
  Pertanto, pur condividendosi la portata e la rilevanza scientifica del progetto «High Science TV.EU» – in virtù del principio di buona amministrazione, che impone una sana gestione finanziaria, la razionalizzazione della spesa pubblica, l'obbligo di fare un uso diligente ed efficiente delle risorse – ogni ulteriore iniziativa di competenza al riguardo potrà essere intrapresa solo in esito alle valutazioni proprie del Cipe e del citato organo di controllo.

La Ministra dell'università e della ricerca: Maria Cristina Messa.


   BELOTTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le norme anticovid inglesi prevedono che per poter entrare nel Regno Unito, provenendo dall'Italia e da altri Paesi europei, sia necessario il green pass con ciclo di vaccinazione completo da almeno 14 giorni, inoltre va prenotato un tampone da svolgere nel Regno Unito entro il 2° giorno dopo l'arrivo (cosiddetto «day 2 test») da una lista di distributori autorizzati e va compilato un «Passenger locator form» (indicando lì gli estremi della prenotazione del tampone «day 2 test» e dichiarando di aver completato un ciclo di vaccinazione contro il coronavirus in Italia o in altri Paesi accettati);

   la compilazione del Passenger locator form prevede la prenotazione e il pagamento anticipato di un tampone al secondo giorno di permanenza in Inghilterra anche nel caso di una permanenza nel Regno Unito di un solo giorno;

   un tampone in Inghilterra ha un costo medio di 50 euro;

   in queste settimane, ad esempio, sono migliaia i tifosi italiani, ma anche di numerosi altri Paesi europei, che si recano nel Regno Unito al seguito della propria squadra per le partite di Champions, Europa e Conference League di calcio;

   a breve, per quanto riguarda le squadre italiane, saranno numerosi i tifosi dell'Atalanta (a Manchester) e della Juve (a Londra) che si recheranno in Inghilterra con viaggi organizzati o fai da te della durata di un solo giorno, ma che saranno costretti a prenotare e pagare anticipatamente un tampone da effettuarsi in un centro convenzionato nel Regno Unito anche se il rientro dal viaggio è previsto dopo un solo giorno di permanenza;

   lo stesso vale per tutti coloro che si recano in Inghilterra per un solo giorno –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative per segnalare alle autorità inglesi quella che appare una contraddizione della norma che prevede il pagamento anticipato di un servizio che non verrà espletato, al fine di tutelare da costose inutili spese i viaggiatori italiani ed europei che si recano, per vari motivi, nel Regno Unito per un solo giorno.
(4-10433)

  Risposta. — Le misure normative e regolamentari interne adottate per fronteggiare l'emergenza sanitaria afferiscono alla competenza esclusiva dei singoli Stati e non sono oggetto di negoziato.
  Fatta questa premessa, dall'11 febbraio 2022 il Governo britannico ha eliminato l'obbligo di effettuare il test prima e dopo l'arrivo in Inghilterra per i viaggiatori che abbiano completato il ciclo vaccinale. Essi, inoltre, non devono più sottoporsi ad autoisolamento all'arrivo, mentre rimane per loro il vincolo di compilare il
passenger locator form prima di mettersi in viaggio.
  I viaggiatori non vaccinati e quelli che non abbiano completato il ciclo vaccinale continuano, invece, a essere obbligati a prenotare — e pagare anticipatamente — il test molecolare da eseguire all'arrivo nel Regno Unito (
day 2 test). Sono inoltre tenuti a effettuare un test entro i due giorni precedenti l'arrivo nel Regno Unito e a compilare il passenger locator form. Per queste tipologie di viaggiatori permane altresì l'obbligo di prenotare e pagare anticipatamente il day 2 test anche nel caso in cui intendano rimanere nel Regno Unito meno di due giorni. È in ogni caso consentito loro di lasciare il Paese, entro 48 ore dall'arrivo, anche qualora non abbiano sostenuto il test.
  I requisiti che devono possedere i viaggiatori in ingresso nel Regno Unito sono elencati in dettaglio e costantemente aggiornati sul sito Viaggiare sicuri della Farnesina e su quello del Consolato Generale d'Italia a Londra
.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   CAON, MILANATO, BOND, NOVELLI, ZANETTIN, POLIDORI, SQUERI e PORCHIETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Speedline, nata nel 1975, è specializzata nell'ambito dell'equipaggiamento di serie e in quello dei cerchioni per automobili sportive, in particolare quelli realizzati con tecnologia flow forming (ruote forgiate). Attualmente, è insediata nel sito produttivo di S. Maria di Sala (VE), occupando 605 lavoratori. Fra i suoi clienti, Ferrari, Lamborghini, Porsche e Aston Martin, ma anche numerosi altri produttori di automobili;

   dopo travagliate vicende, il 26 settembre 2007, il Ronal Group (RG), con sede in Svizzera, ha acquisito la maggioranza del capitale della Speedline. Ronal Group occupa circa 7.550 dipendenti, ha un fatturato di circa 1 miliardo di euro e 15 sedi in tre continenti. Dal sito della Ronal si apprende che «con l'acquisizione di Speedline “... il Gruppo ...” potenzia il know-how nel settore flow forming», ruolo che si rafforza ulteriormente con l'acquisizione nel 2010 dell'azienda produttrice di ruote forgiate App-Tech di Padova;

   a inizio dicembre 2021, i|Ronal Group ha annunciato la chiusura del sito di S. Maria di Sala, motivandolo con gli alti costi generali e del lavoro. Il gruppo ha altresì manifestato l'intenzione di trasferire la produzione specializzata in altro Paese dell'Unione, Germania o Polonia;

   devono ritenersi inaccettabili le modalità con cui l'azienda ha manifestato le sue intenzioni, (tramite avvocati esterni e una comunicazione di un dirigente locale), gettando lo spettro della disoccupazione su 600 lavoratori diretti e circa 200 dell'indotto. Inaccettabile è anche il fatto che abbia disertato il confronto coi sindacati. Il 7 dicembre 2021 si è tenuto un incontro tra le rappresentanze dei lavoratori e le autorità locali, in primis il sindaco della città metropolitana di Venezia e Confindustria. Il Consiglio regionale ha votato un ordine del giorno nel quale chiede al Governo di costituirsi immediatamente parte attiva nella mediazione per la risoluzione della crisi; l'8 dicembre 2021 si è svolto un picchetto dinanzi alla fabbrica;

   nemmeno appare accettabile la mera ipotesi di lavoro in base alla quale nei prossimi nove mesi si dovranno individuare eventuali soluzioni alternative, come la riconversione del sito. Il reale problema è che una multinazionale priva il settore automotive italiano di una tecnologia ci eccellenza, esportando competenze, know how e macchinari;

   la paventata chiusura della Speedline rientra nella più generale crisi del settore automotive che si sta allargando a macchia d'olio. Una situazione complessa nella quale si registrano chiusure di diversi stabilimenti legati al settore come Gkn, Timken e Gianetti Ruote. Si tratta di aziende che non erano in crisi, anzi avevano delle commesse e avrebbero potuto continuare a produrre;

   sul sito del Ronal Group, ci si vanta delle eccellenze Speedline: «Gli 86 titoli mondiali FIA in Formula 1, nel Campionato del mondo di rally, nel Super Touring e nel GT Racing fino ad oggi ottenuti testimoniano la competenza del servizio e l'affidabilità della Speedline in fatto di performance dalle massime prestazioni»;

   nel medesimo sito, alla voce «sostenibilità» vi sono delle parole che suonano quasi come una beffa; «promuoviamo una cultura aziendale in cui i collaboratori... sono valorizzati e possono sviluppare il proprio potenziale». Ronal Group intende pure abbattere le proprie emissioni del 50 per cento al 2030 e lo fa trasferendosi nella Polonia che va a carbone –:

   se non ritenga necessario e urgente adottare iniziative per costituirsi immediatamente parte attiva nella mediazione per la risoluzione della crisi della Speedline, invitando il Ronal Group a sedersi ad un tavolo di concertazione per discutere un nuovo piano industriale;

   se non ritenga opportuno adottare tutte le iniziative necessarie perché l'eccellenza tecnologica e il know how della Speedline rimangano sul territorio nazionale e precisamente nel sito dove si sono sviluppate.
(4-11579)

  Risposta. — Con l'atto in esame gli interroganti intendono richiamare l'attenzione sulla situazione della società Speedline acquisita dal Gruppo Ronal con sede in Svizzera che il passato dicembre ha annunciato di voler chiudere il proprio sito di Tabina nel comune di Santa Maria di Sala (Verona).
  A riguardo, sentita anche la competente struttura del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta che il Ministero si è tempestivamente attivato aprendo un tavolo di confronto sulla Speedline srl (riunitosi sia il 17 dicembre 2021 che il 7 gennaio 2022).
  Alla riunione hanno partecipato oltre ai rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, il Ministero del lavoro, la regione Veneto, la città metropolitana di Venezia, Confindustria Venezia, i rappresentanti del gruppo Renai e della Speedline s.r.l. nonché le Organizzazioni sindacali nazionali e territoriali.
  Come è noto, l'azienda è
leader nella produzione dei cerchi in lega occupando oltre 600 lavoratori (considerando anche l'indotto). Le motivazioni di tale scelta, a dire della proprietà, sono tutte da ricondursi ad una propria crisi finanziaria che l'ha portata già nel 2019 a subire un forte calo della domanda, pari al 15 per cento in tutta Europa. A ciò si è aggiunta la crisi dei semiconduttori che ha determinato un ulteriore calo della produzione pari al 20 per cento delle vendite. È stato fatto presente altresì, che attualmente, si è in presenza di un eccesso di offerta aggravata anche dal fatto che i produttori cinesi hanno aperto stabilimenti concorrenziali in Marocco. Tale eccesso di offerta ha generato, quindi, anche un significativo calo dei prezzi confermato dalle previsioni per i prossimi 4 anni, con un forte impatto su Speedline.
  È stato reso noto, infine, che l'intero Gruppo Ronal sta attraversando una crisi finanziaria e che dovrà, di conseguenza, intraprendere azioni che possano garantirgli una stabilizzazione nel lungo termine al fine di consentire il mantenimento della produzione e i 7.130 posti di lavoro che la stessa ha in Europa.
  Il rappresentante del Ministero dello sviluppo economico ha chiesto all'azienda di non rendere definitiva la decisione di chiusura fino a che non siano state vagliate tutte le possibili alternative in un confronto e alla presenza delle organizzazioni sindacali e delle Istituzioni coinvolte; evidenziando che anche quest'ultime offriranno il loro supporto, mettendo a disposizione tutti gli strumenti disponibili. È stato quindi, richiesto al Gruppo Ronal di revocare la decisione di chiusura dello stabilimento di Tabina, che permetterebbe di avviare un confronto costruttivo tra le parti sul futuro dello stesso in un clima di reciproca fiducia.
  L'Amministratore delegato del gruppo nell'ultimo incontro, su richiesta delle istituzioni presenti e delle organizzazioni sindacali, ha revocato formalmente la decisione di chiudere lo stabilimento purché si avvii celermente un programma di incontri tesi alla definizione condivisa di un percorso alternativo, impegnandosi contestualmente a non interrompere la produzione e dando la propria disponibilità a fornire un incarico ad un soggetto terzo, condiviso con le organizzazioni sindacali, per fare una valutazione complessiva dell'impresa.
  Speedline, infine, ha ottenuto dalla controllante Ronal la sospensione della decisione di chiusura per un periodo necessario per redigere il piano per la possibile permanenza dell'attività in Italia; tale redazione verrà periodicamente monitorata in un tavolo di confronto, avviato a fine febbraio 2022, che vede la partecipazione delle istituzioni, della Speedline, delle parti sociali e un
advisor.
  Relativamente al settore «
automotive», in generale, come già più volte riscontrato in altre sedi parlamentari, lo stesso sta affrontando un insieme di criticità, che vanno dall'incremento dei prezzi, alla penuria dei semiconduttori, alle sfide poste dalla transizione «green». Il pacchetto «Fit for 55», presentato dalla Commissione il 14 luglio 2021, prevede una forte spinta alla decarbonizzazione delle attività produttive e dei trasporti.
  Per accompagnare le imprese in questo processo, nella nuova legge di bilancio 2022 è stato introdotto un fondo per la transizione industriale da 150 milioni di euro, specificamente destinato a sostenere tutte le imprese impegnate nei processi di efficientamento energetico, del riciclo dei materiali e della cattura/riuso dell'anidride carbonica.
  Tuttavia, pur essendo gli obiettivi della transizione «
green» fondamentali, considerando al contempo quanto si è accennato, il Governo ha adottato un nuovo decreto-legge (cosiddetto «decreto energia») che, oltre a introdurre nuove misure per contrastare l'aumento dei costi dell'energia per imprese e famiglie, interviene a sostegno della riconversione della filiera industriale dell'automotive con un fondo da 1 miliardo di euro all'anno per i prossimi 8 anni.
  Per concludere, si ribadisce quindi che è massima l'attenzione del Governo sia per tutelare gli operatori del settore
automotive che per arginare il fenomeno della delocalizzazione e assicuro che il Ministero dello sviluppo economico continuerà a seguire costantemente l'evoluzione delle vicende della Speedline srl con tutti i soggetti coinvolti per garantire la produzione e la tenuta dei livelli occupazionali.
La Viceministra dello sviluppo economico: Alessandra Todde.


   CAPPELLACCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   nel territorio nazionale e, in particolare in Sardegna, sono numerosi i territori che non possono fruire di un'adeguata copertura dei servizi di telefonia mobile né di rete fissa a velocità adeguata alle esigenze delle famiglie e delle aziende;

   tale carenza è causa di nuove disparità tra le diverse comunità e tra persone, in particolare in un momento storico in cui la possibilità di connettersi alla rete è condizione indispensabile per esigenze legate al diritto alla salute e alla libertà di iniziativa privata in economia;

   nel caso della didattica a distanza, per esempio, si rischia una gravissima lesione dei diritti degli studenti, per via della limitazione della possibilità di accesso alle lezioni on line;

   emblematico è il caso del comune di Villaperuccio (provincia del sud Sardegna), dove il sindaco, a quanto consta all'interrogante, ha addirittura offerto la disponibilità a titolo gratuito degli spazi per l'installazione degli impianti per la diffusione del segnale, senza però ricevere risposte concrete dalle compagnie telefoniche –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere al fine di garantire il diritto di accesso alla rete su tutto il territorio nazionale.
(4-08455)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alla scarsa copertura dei servizi di telefonia mobile e di rete fissa a velocità adeguata in taluni territori, quale il comune di Villaperuccio, nella provincia del sud Sardegna e chiede che sia garantito il diritto di accesso alla rete su tutto il territorio nazionale.
  Nel merito, si ricorda che è in corso di attuazione la strategia italiana per la banda ultralarga, la quale ha l'obiettivo di sviluppare una rete in banda ultralarga sull'intero territorio nazionale per creare un'infrastruttura pubblica di telecomunicazioni coerente con gli obiettivi dell'agenda digitale europea. Il Ministero dello sviluppo economico attua le misure definite per la strategia nazionale anche attraverso la sua società in house Infratel Italia s.p.a. La
mission di Infratel consiste nel curare i programmi di infrastrutturazione del Paese, in particolare con riferimento allo sviluppo della rete di banda ultralarga e dei servizi pubblici di connessione wi-fi nella cornice della strategia italiana per la banda ultralarga.
  Il piano strategico per la banda ultralarga è stato avviato sotto il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, inizialmente tramite il comitato per la diffusione della banda ultralarga (Cobul). Il Cobul, riunitosi il 5 maggio 2020, ha approvato l'avvio di un piano di incentivazione alla domanda di connettività a banda ultralarga in favore di famiglie, imprese e scuole, in tutte le aree del Paese, in linea con quanto previsto dalla Strategia italiana per la Banda Ultralarga, approvata con deliberazione del Consiglio dei ministri il 3 marzo 2015.
  A partire dal 1° marzo 2021 è subentrato alle competenze del Cobul il comitato interministeriale per la transizione digitale (Citd).
  In data 25 maggio 2021, il Citd ha approvato la Strategia italiana per la banda ultralarga - «Verso la Gigabit Society», la quale definisce le azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale indicati dalla Commissione europea rispettivamente nel 2016, con la comunicazione sulla connettività per un mercato unico digitale europeo (cosiddetto «Gigabit Society»), e nel 2021, con la comunicazione sul decennio digitale (cosiddetto «Digital compass»). Con quest'ultima comunicazione la Commissione europea ha presentato la visione, gli obiettivi e le modalità per conseguire la trasformazione digitale dell'Europa entro il 2030.
  Gli obiettivi europei di trasformazione digitale si sviluppano intorno a quattro pilastri: le competenze digitali, la digitalizzazione dei servizi pubblici, la trasformazione digitale delle imprese, la realizzazione di infrastrutture digitali sicure e sostenibili. Tra gli obiettivi fissati dalla Commissione europea, vi è quello di permettere, entro il 2030, che tutte le famiglie dell'Unione possano beneficiare di una connettività Gigabit e che tutte le zone abitate siano coperte dalle reti 5G.
  Il piano nazionale di ripresa e resilienza italiano (Pnrr), approvato dal Governo il 9 aprile 2022, destina il 27 per cento delle risorse alla transizione digitale; di tali risorse 6,7 miliardi di euro sono destinati a progetti che costituiscono la strategia in parola, che si pone in continuità con la strategia originariamente varata dal Governo nel 2015.
  La strategia complessiva del Governo, dunque, oltre ad avere come obiettivo il completamento del Piano di copertura delle aree bianche e delle misure a sostegno della domanda già avviate (il Piano
voucher per le famiglie e per le imprese), prevede cinque ulteriori Piani di intervento pubblico per coprire le aree geografiche in cui l'offerta di infrastrutture e servizi digitali ad altissima velocità da parte degli operatori di mercato è assente o insufficiente, e si prevede lo sarà anche nei prossimi anni.
  Obiettivo della Strategia, come indicato nel Pnrr, è quello di portare la connettività a 1 Gbit/s su tutto il territorio nazionale entro il 2026, in anticipo rispetto agli obiettivi europei fissati al 2030.
  La Strategia si compone, quindi, di sette interventi, due dei quali già in corso e previsti dal piano strategico del 2015 (piano aree bianche e piano
voucher) e cinque piani approvati dal Consiglio dei ministri il 29 aprile 2021 nel quadro del Pnrr. Questi ultimi sono: piano «Italia a 1 Giga», Piano «Italia 5G», Piano «Scuole connesse», Piano «Sanità connessa», Piano «Isole Minori».
  Per quello che attiene specificamente al piano «Aree bianche», si rappresenta quanto segue.
  A seguito dell'autorizzazione della Commissione europea del 2016, relativa al piano aree bianche, è stata avviata dal soggetto attuatore Infratel Italia l'attività operativa che ha portato all'aggiudicazione di tre diverse gare, distinte per aree geografiche, alla società Open Fiber s.p.a., che è pertanto diventata il concessionario pubblico responsabile della realizzazione, gestione e manutenzione della nuova rete per un periodo di venti anni. In particolare, la terza gara ha riguardato le Regioni Calabria, Puglia e Sardegna e si è conclusa ad aprile 2019, a fronte di un bando emesso nel corso del 2018.
  L'obiettivo della strategia è quello di portare a termine, in un orizzonte temporale certo, il piano «Aree bianche» approvato nel 2015 dal Governo italiano. Tale piano è nato con l'obiettivo di portare internet veloce, nelle zone a fallimento di mercato, in 7.632 comuni, per un totale di circa 8,6 milioni di unità immobiliari, assegnando a tale intervento circa 2,8 miliardi di euro tra risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione del fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e del fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr).
  A seguito di quanto emerso nel corso della fase di progettazione definitiva degli interventi previsti dal piano, con il riscontro in campo delle unità immobiliari effettivamente presenti nelle aree bianche e dell'effettivo livello di copertura da parte degli operatori privati nelle medesime aree, vi è stata una revisione del piano, che ad oggi prevede 7.416 comuni, per un totale di circa 8,4 milioni di unità immobiliari, di cui il 74 per cento in modalità «
Fiber to the Home» - FTTH (circa 6,2 milioni) e il 26 per cento in modalità «Fixed Wireless Access» - FWA (circa 2,2 milioni).
  La concessione prevede inoltre che, a conclusione dei lavori, sia garantito il collegamento di tutte le sedi della pubblica amministrazione e di tutte le aree industriali ricadenti nelle aree bianche con reti abilitanti ai servizi a oltre 100 Mbit/s.
  Per garantire la piena trasparenza sullo stato di avanzamento dei lavori, a partire dal 15 giugno 2020, le relative informazioni sono disponibili online sul sito
bandaultralarga.italia.it.
  La Sardegna è oggetto di interventi di infrastrutturazione pubblica nell'ambito del citato piano «Aree bianche».
  La società Infratel Italia, interpellata sulla questione sollevata dall'interrogante, specifica che nella regione Sardegna il piano BUL è attuato sia attraverso il modello «Diretto», in cui Infratel opera in qualità di stazione appaltante, sia attraverso il modello «a concessione», in cui Infratel opera in qualità di concedente.
  Secondo il modello diretto, Infratel segue direttamente le attività di costruzione della rete, consegna le infrastrutture realizzate (delivery) agli operatori, con diritto irrevocabile d'uso (modalità IRU), e si occupa della loro manutenzione.
  L'intervento pubblico per la regione Sardegna si rivolge a 296 comuni, da collegare in modalità Fttc, per un valore di 44.781.771 euro.
  Alla data del 28 marzo 2022 Infratel riferisce, con riferimento alle infrastrutture realizzate secondo il modello «diretto», il seguente stato di avanzamento dei lavori nella regione Sardegna:
  cantieri avviati in 287 comuni con 234.409 unità immobiliari;
  cantieri completati in 262 comuni;
  impianti di rete collaudati in 261 comuni;
  in fase di commercializzazione 235 comuni, tra i quali rientra il comune di Villaperuccio;
  228.912 unità immobiliari coperte.
  La società Infratel riferisce, inoltre, di aver registrato difficoltà operative nella fase di progettazione delle infrastrutture nei comuni di Marrubiu, Santa Giusta e Lodè, per via dell'attesa nella definizione dei termini di cessione dei cavidotti di proprietà di Italgas Reti, necessari per realizzare l'infrastruttura in fibra ottica a banda ultralarga.
  Secondo il modello a concessione, invece, Infratel è tenuta a verificare i documenti progettuali, monitorare i lavori e collaudare le opere pubbliche prima del loro affidamento in concessione.
  La società Open Fiber S.p.A. si è aggiudicata i tre bandi di gara del Piano BUL - Modello a Concessione e, dunque, è incaricata, in qualità di concessionario, di progettare, realizzare e gestire le infrastrutture di rete.
  Alla data del 28 marzo 2022 Infratel riferisce, con riferimento alle infrastrutture realizzate secondo il modello «a Concessione» il seguente stato di avanzamento dei lavori nella Regione Sardegna:
  87 comuni FTTH e 118 siti FWA avviati, per un totale di 52.907 unità immobiliari;
  61 comuni FTTH e 79 siti FWA completati;
  49 comuni FTTH e 10 siti FWA con collaudo positivo;
  in fase di commercializzazione 39 comuni;
  unità immobiliari collegabili: 638 unità immobiliari in FTTH e 1.407 in FWA.
  Per quanto riguarda specificamente il comune di Villaperuccio, come anticipato, per la parte relativa alla posa della rete in fibra ottica esso è stato oggetto di intervento secondo il modello «diretto» da parte della società Infratel. In particolare, in tale ambito, 506 unità immobiliari sono state collegate in modalità FTTC, con certificato di regolare esecuzione emesso in data 30 ottobre 2019. La consegna delle fibre ottiche all'operatore Tim, con diritto irrevocabile d'uso (modalità IRU), è avvenuta in data 29 novembre 2019, così rendendo disponibili ai cittadini i servizi di connettività a banda ultralarga.
  Sempre nel comune di Villaperuccio, attraverso il modello «a concessione» sarà inoltre possibile collegare ulteriori 75 unità immobiliari attraverso l'impianto in tecnologia FWA nel comune limitrofo di Santadi, attualmente in fase di realizzazione, di cui si prevede il completamento dei lavori nel 2022.
  Per ulteriori dettagli, si rimanda al Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, che presiede il comitato banda ultralarga, e alla consultazione del sito
bandaultralarga.italia.it.
La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Anna Ascani.


   CIABURRO, VINCI, BUCALO, FRASSINETTI e ALBANO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, n. 27 del 6 aprile 2021, è stato pubblicato il bando di concorso pubblico per il reclutamento di 2800 tecnici che saranno impiegati per supportare le amministrazioni pubbliche nel coordinamento e nell'attuazione dei progetti legati al Next Generation EU e per gli interventi legati alla politica di coesione 2014-2020 e 2021-2027 nelle regioni meridionali italiane;

   in fase di annuncio della misura e delle nuove modalità concorsuali per eventuali turn over e nuove assunzioni nella pubblica amministrazione, è stata indicata, tra le varie priorità del Governo, ingresso di giovani e di personale con nuove qualifiche, più moderne ed interdisciplinari, nei ranghi delle pubbliche amministrazioni anche mediante percorsi di inserimento rapidi, cosiddetti «Fast track»;

   l'articolo 3, comma 1, del bando di concorso pubblicato in data 6 aprile 2021 prevede una prima fase di preselezione basata sulla valutazione di titoli, propedeutica ad una seconda fase di selezione, riservata ad un numero massimo di candidati pari a tre volte il numero dei posti messi a concorso per singolo profilo;

   l'articolo 6 del bando di concorso, al comma 2, stabilisce come i titoli valutabili non possano superare il valore massimo complessivo di 10 punti, ripartito tra titoli di studio per un massimo di 4 punti e altri titoli per un massimo di 6 punti;

   con riferimento ai punti conferiti per titolo di studio, si segnala come la votazione del titolo di laurea relativa al profilo per cui viene fatta richiesta è valutata per un massimo di 0,10 punti nel caso di voto con lode, prevedendo quindi 0,50 punti per il diploma di laurea o laurea specialistica e magistrale che sia il proseguimento della laurea triennale indicata quale requisito ai fini della partecipazione;

   a questi punti si aggiunge la formazione post-laurea, fino ad un massimo di 3 punti, criterio secondo il quale ogni master universitario di primo livello vale 0,5 punti, ogni master di secondo livello 1 punto ed ogni diploma di specializzazione o dottorato di ricerca vale 1,5 punti;

   i rimanenti 6 punti sono distribuiti privilegiando in ogni caso personale già in essere presso le pubbliche amministrazioni o con contratti di lavoro stipulati con enti privati per progetti afferenti la politica di coesione penalizzando in tal modo, secondo l'interrogante, principalmente ai fini dei piazzamento nelle relative graduatorie, neolaureati o comunque diplomati da percorsi di studio altamente qualificanti;

   in base a quanto stabilito dai criteri di cui all'articolo 6, a titolo di esempio, qualora si disponesse in ogni caso di idoneo titolo esperienza professionale, di studio con massima votazione e master di secondo livello, ma privi di esperienza professionale, non si raggiungerebbero in ogni caso né i 3 né i 4 punti della quota riservata ai titoli di studio, rendendo sostanzialmente impossibile conseguire il massimo dei punteggi nella predetta categoria, allorché i restanti 6 punti sono attribuiti unicamente considerando la durata dei rapporti di lavoro di provenienza, avvantaggiando in parte il personale già in forza;

   pur trattandosi di una selezione a titoli relativa a posizioni che devono interagire con progetti di origine comunitaria, non sono previsti, peraltro, punteggi per la conoscenza delle lingue –:

   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti, intenda adottare iniziative per disporre procedure concorsuali realmente indirizzate all'ingresso di giovani e nuove competenze nella pubblica amministrazione, privilegiando anche la conoscenza delle lingue e professionalità interdisciplinari;

   se intenda spiegare in che modo la procedura concorsuale di cui in premessa sia adatta a valorizzare il ruolo dei giovani nella pubblica amministrazione;

   in che modo intenda ovviare ad eventuali carenze sopravvenute di organico nelle amministrazioni locali a seguito della procedura concorsuale di cui in premessa.
(4-08946)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame, riguardante la disciplina contenuta nel bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di complessive n. 2.800 unità di personale non dirigenziale di Area III-F1 o categorie equiparate nelle amministrazioni pubbliche con ruolo di coordinamento nazionale nell'ambito degli interventi previsti dalla politica di coesione dell'Unione europea e nazionale per i cicli di programmazione 2014-2020 e 2021-2027, nelle autorità di gestione, negli organismi intermedi e nei soggetti beneficiari delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia (cosiddetto «Concorso Sud»), nonché, più in generale, le politiche di promozione dell'ingresso dei giovani nelle pubbliche amministrazioni.
  I quesiti posti dall'interrogante sono sostanzialmente due: da un lato, chiede in che modo il Concorso Sud sia adatto a valorizzare il ruolo dei giovani nella pubblica amministrazione; dall'altro lato, chiede quali iniziative il Governo intenda adottare per favorire più in generale l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
  Per rispondere al primo quesito è utile ripercorrere brevemente lo svolgimento della procedura concorsuale in questione, la quale
de facto ha conseguito il risultato di valorizzare i giovani più promettenti e freschi di studio, per le ragioni che mi appresto ad esporre.
  Com'è noto, il Concorso Sud è stata bandito con provvedimento pubblicato in 27 del 6 aprile 2021 - 4 Serie speciale Concorsi ed esami. La
lex specialis prevedeva che il concorso si articolasse in una valutazione per titoli (professionali e di studio) e in una «fase selettiva scritta, [...] riservata a un numero massimo di candidati pari a tre volte il numero dei posti rilessi a concorso per singolo profilo oltre eventuali ex aequo» (articolo 13 del bando).
  A seguito dell'ammissione delle domande è stata avviata la valutazione dei titoli, conclusa con la selezione di 8.500 candidati giudicati idonei e conseguentemente ammessi alla prova scritta. A questo punto si sarebbe verificata – apparentemente – la lesione delle aspettative dei giovani nella procedura, secondo la ricostruzione proposta dall'interrogante. Successivamente, tra il 9 e l'11 giugno 2021, i candidati selezionati hanno sostenuto il conseguente esame scritto.
  In realtà, i giovani non sono stati in alcun modo sfavoriti. Infatti, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri ha emanato poco dopo un provvedimento di rettifica della
lex specialis, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 46 in data 11 giugno 2021, motivato sulla base di diversi ordini di ragioni.
  In primo luogo, i dati registrati sull'affluenza a livello nazionale alle prove di esame svolte sino ad allora evidenziavano una partecipazione dei candidati convocati inferiore al 65 per cento, che in alcune regioni (Regione Lazio e Regione Puglia) era stata addirittura inferiore al 50 per cento. Di conseguenza, si era resa ineludibile la necessità di assicurare che il numero dei candidati in posizione utile nella graduatoria finale di merito fosse tale da consentire, nella misura massima possibile, la copertura dei posti banditi.
  In secondo luogo, si era reso opportuno incrementare il numero dei candidati in posizione utile nella graduatoria finale di merito al fine di soddisfare il fabbisogno di personale necessario all'attuazione dei progetti di competenza delle amministrazioni titolari di interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche alla luce del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, al tempo recentemente promulgato.
  Per tali ragioni, il Dipartimento della funzione pubblica ha ritenuto opportuno agire in autotutela per rettificare la
lex specialis, al fine di riammettere alla fase selettiva scritta anche quei candidati che – pur essendo in possesso dei requisiti di accesso al concorso – non avevano conseguito un punteggio abbastanza elevato nella iniziale valutazione per titoli.
  La decisione è stata giudicata legittima anche dal Tar Lazio, nella sede di Roma, il quale con l'ordinanza 13 luglio 2021, n. 3833, ha stabilito che «il provvedimento di rettifica [...], nell'ammettere alla prova scritta tutti i candidati valutati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera
a) del bando, non incide sui requisiti di ammissione, che restano inalterati, né muta gli elementi e i valori della selezione (titoli e prova scritta), così come originariamente previsti dal bando, il che esclude la prospettata lesione della “par condicio” dei concorrenti». Su tali basi il giudice ha rigettato la domanda cautelare proposta da alcuni candidati e, di conseguenza, il «Concorso Sud» ha potuto proseguire proficuamente, concludendosi il 29 luglio 2021 con la pubblicazione delle graduatorie di merito per ciascun profilo professionale.
  In base a tali elementi, quindi, è possibile ritenere che non vi sia stata la lesione di nessuna legittima aspettativa dei giovani interessati a entrare nelle pubbliche amministrazioni. Al contrario, la rettifica del bando ha permesso anche a coloro che avevano ricevuto un punteggio leggermente inferiore nella valutazione dei titoli di competere «ad armi pari» con i loro contendenti più «anziani».
  Peraltro, è bene rammentare che è stato pubblicato in
Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale Concorsi ed esami - n. 82 del 15 ottobre 2021 il bando di concorso pubblico per il reclutamento a tempo determinato di 2.022 unità di personale non dirigenziale di area III-F1 o categorie equiparate nelle amministrazioni pubbliche con ruolo di coordinamento nazionale nell'ambito degli interventi previsti dalla politica di coesione dell'Unione europea e nazionale per i cicli di programmazione 2014-2020 e 2021-2027, nelle autorità di gestione, negli organismi intermedi e nei soggetti beneficiari delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
  Il 1° febbraio 2022 è stato pubblicato l'avviso per l'individuazione dei componenti delle commissioni esaminatrici, che sono in corso di nomina; è stato dato mandato a Formez PA di organizzare la prova scritta nel mese di marzo 2022.
  I candidati del precedente concorso che non siano riusciti a posizionarsi utilmente in graduatoria potranno eventualmente avere nuove
chance di buona riuscita nella nuova procedura appena bandita. In questo modo, le legittime aspirazioni dei cittadini interessati a lavorare nelle pubbliche amministrazioni per il rilancio del Paese potranno essere adeguatamente soddisfatte.
  I candidati più giovani del precedente concorso che non siano riusciti a posizionarsi utilmente in graduatoria potranno eventualmente avere maggiori
chance di buona riuscita nella nuova procedura appena bandita, che ha previsto, in applicazione dell'articolo 1 comma 15- quater del decreto-legge n. 80 del 2021, che il punteggio per il titolo di studio richiesto per l'accesso sia aumentato sino al doppio, quando conseguito entro i quattro anni dall'indizione della procedura.
  Venendo poi al secondo quesito, volto a comprendere se il Governo «intenda adottare iniziative per disporre procedure concorsuali realmente indirizzate all'ingresso di giovani e nuove competenze nella pubblica amministrazione, privilegiando anche la conoscenza delle lingue e professionalità interdisciplinari», si può agevolmente evidenziare quanto segue.
  Il decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, ha inteso promuovere proprio l'ingresso dei giovani nelle pubbliche amministrazioni, anche al fine implementare efficacemente i progetti contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.
  L'articolo 1, commi 5 e 10, ha inteso delineare delle procedure di ingresso velocizzate per il «personale in possesso di un'alta specializzazione». La norma si riferisce ai candidati dotati della laurea magistrale o specialistica e, alternativamente, di un dottorato di ricerca, di un master di secondo livello oppure di una «documentata esperienza professionale qualificata e continuativa, di durata almeno triennale, maturata presso enti pubblici nazionali ovvero presso organismi internazionali o dell'Unione europea».
  Si tratta, evidentemente, di un canale di accesso privilegiato per attirare i giovani più promettenti a entrare nelle pubbliche amministrazioni.
  Peraltro, sempre con questa finalità, l'articolo 2 del medesimo decreto ha disciplinato ulteriori «Misure urgenti per esperienze di formazione e lavoro professionalizzanti per giovani nella pubblica amministrazione». Con questo intervento si è inteso dare alle pubbliche amministrazioni l'immediata possibilità di «attivare specifici progetti di formazione e lavoro per l'acquisizione, attraverso contratti di apprendistato anche nelle more della disciplina dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro, di competenze di base e trasversali, nonché per l'orientamento professionale di diplomati e di studenti universitari». Il relativo decreto attuativo è in via di adozione.
  In conclusione, ritengo che questo Governo abbia sinora dimostrato di avere a cuore il futuro dei giovani. Ciò è avvenuto tanto sul piano amministrativo – è qui a dimostrarlo il Concorso Sud – quanto sul piano legislativo, come emerge chiaramente dalle disposizioni richiamate del decreto-legge n. 80 del 2021.

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa riportano la clamorosa notizia di una richiesta di archiviazione presentata dalla procura di Perugia, al termine delle indagini su presunti maltrattamenti subiti da una giovane donna di 33 anni di origine marocchina, immigrata in Italia, che aveva denunciato l'ex marito, connazionale di 39 anni;

   il procedimento penale in parola, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, avrebbe avuto origine dalle dichiarazioni della predetta donna che sarebbe stata vittima, per ben 5 anni, di condotte maltrattanti da parte del marito che le avrebbe imposto il velo integrale, segregata in casa e finanche aggredita fisicamente in un episodio accaduto poche ore dopo il parto della loro figlia;

   invero, il magistrato in questione, come riportato da fonti giornalistiche che hanno ospitato ampi stralci della motivazione della richiesta di archiviazione, avrebbe argomentato: «(...) Il rapporto di coppia è stato influenzato da forti influenze religiose-culturali alla quale la donna non sembra avere la forza o la volontà di ribellarsi», «(...) le evidenze emerse a seguito delle attività d'indagine non consentono di ritenere configurabile o sostenibile in termini probatori il reato rubricato. Dalle dichiarazioni rese, la donna non sarebbe mai stata minacciata di morte, né avrebbe subito aggressioni fisiche tali da costringerla alle cure sanitarie»;

   ciò che ha suscitato, invece, un diffuso clamore risulta essere la circostanza secondo la quale il pubblico ministero in parola, nel corso del suo elaborato motivazionale, avrebbe affermato, con riferimento alla costrizione di indossare il burqa: «La condotta di costringerla a tenere il velo integrale – si legge nell'ordinanza – rientra nel quadro culturale, pur non condivisibile in ottica occidentale, dei soggetti interessati»;

   al di là delle ragioni meramente probatorie che sembrerebbero supportare la richiesta di archiviazione in parola e che saranno valutate in altra sede giudiziaria, la circostanza che un magistrato della Repubblica Italiana rappresenti come ammissibile, in nome di una diversità culturale e religiosa, la costrizione del velo integrale, implicherebbe una inaccettabile abdicazione dello Stato italiano a perseguire e stigmatizzare le condotte lesive dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone sanciti dalla nostra Carta Costituzionale e da plurimi trattati internazionali;

   in una società multietnica, se è vero, da un lato, che, come statuito a chiare lettere da un consolidato orientamento del Supremo Collegio, l'integrazione non impone l'abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell'articolo 2 della Costituzione che valorizza il pluralismo sociale, dall'altro, è altrettanto incontestabile che sussiste l'invalicabile limite costituito dal rispetto della civiltà giuridica della società ospitante e soprattutto dei diritti umani;

   sul caso sarebbe intervenuto anche il procuratore capo della procura della Repubblica di Perugia che, secondo quanto riportato da organi di stampa, avrebbe dichiarato di non essere stato a conoscenza della vicenda in quanto la tipologia dei provvedimenti in questione non sono sottoposti al suo visto ed avrebbe affermato di non condividere «la posizione per cui è culturalmente accettabile imporre il burqa»;

   seppur le parole del vertice della procura di Perugia potrebbero di certo essere in parte rassicuranti, sarebbe, in ogni caso, doveroso chiedersi, a questo punto, se la sopra riferita concezione di ordine politico-culturale sia diffusa nell'ufficio giudiziario ed abbia trovato accoglimento in altre richieste di archiviazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, in particolare avviando iniziative ispettive presso la procura della Repubblica in questione, anche ai fini dell'esercizio di ogni ulteriore potere di competenza.
(4-10813)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – dopo avere premesso che «... organi di stampa riportano la clamorosa notizia di una richiesta di archiviazione presentata dalla procura di Perugia, al termine delle indagini su presunti maltrattamenti subiti da una giovane donna di 33 anni, di origine marocchina, immigrata in Italia, che aveva denunciato l'ex marito, connazionale di 39 anni; il procedimento penale in parola, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, avrebbe avuto origine dalle dichiarazioni della predetta donna che sarebbe stata vittima, per ben 5 anni, di condotte maltrattanti da parte del marito che le avrebbe imposto il velo integrale, segregata in casa e finanche aggredita fisicamente in un episodio accaduto poche ore dopo il parto della loro figlia; ... ciò che ha suscitato... un diffuso clamore risulta essere la circostanza secondo la quale il Pubblico Ministero in parola, nel corso del suo elaborato motivazionale, avrebbe affermato, con riferimento alla costrizione di indossare il burqa... la condotta di costringerla a tenere il velo integrale... rientra nel quadro culturale, pur non condivisibile in ottica occidentale, dei soggetti interessati...» – domanda alla Ministra della giustizia «... se... sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative... intenda adottare, in particolare avviando iniziative ispettive presso la procura della Repubblica in questione, anche ai fini dell'esercizio di ogni ulteriore potere di competenza...».
  Al riguardo, all'esito degli accertamenti eseguiti, si è verificato che il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Perugia apprendeva della presentazione della richiesta di archiviazione cui ci si riferisce nell'atto di sindacato ispettivo in seguito alla lettura di un articolo di stampa, in quanto quel genere di atto non rientrava in quel momento temporale tra quelli per cui era necessario il preventivo visto del dirigente dell'ufficio inquirente.
  Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Perugia, acquisite le opportune informazioni dal sostituto procuratore che aveva presentato la richiesta di archiviazione, veniva a conoscenza del fatto che il Pubblico Ministero titolare delle indagini aveva fatto escutere la persona offesa dalla polizia giudiziaria e aveva poi richiesto l'archiviazione del relativo procedimento penale in quanto aveva ritenuto insufficienti gli elementi probatori acquisiti.
  La richiesta di archiviazione, quindi, non era fondata su valutazioni sociologiche né tantomeno giustificata sulla scorta delle posizioni religiose e culturali dell'indagato.
  In ogni caso la persona offesa era stata regolarmente avvisata ai sensi dell'articolo 408 del codice di procedura penale della presentazione della richiesta di archiviazione e, non essendo ancora decorsi i termini stabiliti per il deposito dell'atto di opposizione, il fascicolo non era stato ancora trasmesso al Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Perugia.
  Una volta depositato a opera della persona offesa l'atto di opposizione, nel quale si indicavano specifici temi di indagine suscettibili di ulteriori approfondimenti, la procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia provvedeva a revocare la richiesta di archiviazione e a redigere una nuova delega di indagini alla polizia giudiziaria, riservandosi l'audizione diretta della medesima persona offesa al termine degli accertamenti disposti.
  Infine deve essere sottolineato che il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Perugia, in via di urgenza e in previsione di una prossima modifica del progetto organizzativo dell'ufficio inquirente, disponeva che tutti i provvedimenti conclusivi della fase delle indagini preliminari adottati nell'ambito dei procedimenti penali di competenza del gruppo che si occupa dei reati relativi alle cosiddette fasce deboli dovessero essere sottoposti al visto del procuratore aggiunto.
  Ne consegue che non sembra al momento possibile enucleare l'esistenza di profili di criticità nell'operato dei magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia tali da giustificare l'eventuale esercizio da parte di questo Dicastero di «...iniziative ispettive... anche ai fini dell'esercizio di ogni ulteriore potere di competenza...».

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   COLUCCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la procura della Repubblica di Taranto è priva del procuratore capo da oltre un anno e mezzo, ovvero dall'arresto dell'ex procuratore Capristo per tentata concussione; nelle scorse settimane la procura di Potenza ha concluso altra indagine avente in oggetto vicende relative allo stesso ufficio di Taranto, su presunti favoritismi in merito a processi che riguardavano, tra gli altri, l'acciaieria ex Ilva;

   gli uffici giudiziari di Taranto hanno urgente necessità di una nuova dirigenza, ma l'iter amministrativo di nomina si è inspiegabilmente bloccato; questo ritardo appare ingiustificato e soprattutto in contrasto con quanto più volte rappresentato dal Ministero della giustizia in relazione alla necessità ed urgenza della nomina di un nuovo procuratore a Taranto in netta discontinuità con il recente passato, nonché in relazione alla necessità di un «rafforzamento della procura della Repubblica di Taranto in ragione dell'elevata criticità del territorio, gravato da una persistente crisi occupazionale che favorisce, tanto nell'area cittadina, così come nelle aree provinciali, l'infiltrazione del tessuto economico e sociale da parte delle organizzazioni criminali joniche, particolarmente attive nei settori illeciti del narcotraffico e dell'usura» (v. Bollettino ufficiale, Ministero della giustizia, n. 20/2020);

   analoghe preoccupazioni vengono segnalate, inoltre, dalla Commissione parlamentare antimafia che ha richiamato l'attenzione sul rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione degli investimenti pubblici in fase di programmazione e di spesa per infrastrutture, bonifiche ambientali in aree contaminate ex Ilva e riqualificazione urbana in detto territorio, sia dalla Direzione investigativa antimafia, che, nella sua ultima Relazione al Parlamento, datata 22 settembre 2021, in relazione alla provincia di Taranto descrive «un quadro socio-economico di una città e di una provincia sempre più in sofferenza economica e segnate dalle criticità occupazionali e ambientali connesse con le vicende dello stabilimento siderurgico dell'ex ILVA ma anche dalla crisi del settore ittico e della mitilicoltura sulle quali si è andata ad aggiungere l'emergenza sanitaria da COVID-19»;

   a fronte di un simile quadro emergenziale ed ai qualificati e competenti richiami provenienti da Ministero della giustizia, Direzione investigativa antimafia e commissione parlamentare antimafia, si registra nell'iter di nomina in questione un inammissibile ritardo che impedisce alla procura della Repubblica di Taranto un auspicabile cambio di marcia e di impostazione idoneo ad affrontare le suindicate emergenze;

   l'articolo 11, terzo comma, della legge n. 195 del 1958 prevede che, sul conferimento degli uffici direttivi, il Consiglio superiore della magistratura delibera, su proposta, formulata di concerto con il Ministro della giustizia, di una commissione formata da sei dei suoi componenti, di cui quattro eletti dai magistrati e due eletti dal Parlamento –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere alla luce dell'articolo 11 della legge n. 195 del 1958.
(4-10832)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante — dopo avere premesso che«... la procura della Repubblica di Taranto è priva del procuratore capo da oltre un anno e mezzo, ovvero dall'arresto dell'ex procuratore Capristo per tentata concussione; ...gli uffici giudiziari di Taranto hanno urgente necessità di una nuova dirigenza...; l'articolo 11 comma terzo della legge n. 195 del 1958 prevede che, sul conferimento degli uffici direttivi, il Consiglio Superiore della Magistratura delibera su proposta, formulata di concerto con il Ministro della giustizia, di una commissione formata da 6 dei suoi componenti, di cui 4 eletti dai magistrati e 2 eletti dal Parlamento...» — domanda alla Ministra della giustizia «...di quali elementi disponga...in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative...intenda assumere alla luce dell'articolo 11 della legge n. 195 del 1958».
  Al riguardo occorre innanzitutto mettere in risalto che il posto di dirigente della procura della Repubblica presso il tribunale di Taranto risulta vacante a far data dal 29 maggio 2020, quale conseguenza della vicenda tratteggiata nell'atto di sindacato ispettivo.
  Il Consiglio superiore della magistratura attivava il 16 luglio 2020 la procedura prevista dall'articolo 11 comma terzo della legge n. 195 del 1958) pubblicando l'ufficio direttivo rimasto vacante e individuando la data del 28 settembre 2020 quale termine ultimo per la presentazione delle domande volte al conferimento dell'incarico.
  Le domande pervenute venivano quindi sottoposte al vaglio della quinta Commissione del Consiglio superiore della magistratura — competente per la materia — la quale il 22 aprile 2021 concludeva tale fase procedimentale proponendo per il conferimento dell'ufficio direttivo la dottoressa Eugenia Pontassuglia (con 5 voti) e il dottor Ciro Angelillis (con 1 voto).
  In data 22 novembre 2021 questo Dicastero esprimeva il proprio concerto «...sia a favore del magistrato che ha ottenuto cinque voti favorevoli, dottoressa Eugenia Pontassuglia, sia a favore del magistrato che ha riportato un voto favorevole, dottor Ciro Angelillis...».
  Infine il
plenum del Consiglio Superiore della magistratura nominava la dottoressa Eugenia Pontassuglia dirigente della procura della Repubblica presso il tribunale di Taranto.
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   CORTELAZZO e APREA. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo pubblicato sul quotidiano Corriere della sera, il 5 marzo 2021, Ernesto Galli della Loggia lanciava un appello ad applicare alcune modifiche al sistema di valutazione della produzione universitaria per quanto concerne le discipline umanistiche, da sempre vanto del nostro sistema accademico per storia, cultura e tradizione;

   secondo l'illustre opinionista, già stimato docente universitario, l'applicazione di concetti produttivistici a un mondo, quello umanistico (delle discipline giuridiche, storiche, letterarie filologiche) in cui il prodotto culturale deve distinguersi per caratteristiche altre e non è direttamente misurabile in termini quantitativi, sta provocando un grave e preoccupante scadimento della qualità della ricerca e dei prodotti editoriali;

   il modello di selezione della classe docente e dei ricercatori e le relative progressioni di carriera vengono basati su modelli più quantitativi che qualitativi, che non portano a privilegiare la qualità degli scritti e delle ricerche, quanto piuttosto il numero dei prodotti editoriali e la loro collocazione. Può succedere pertanto che un articolo breve collocato in una rivista di fascia elevata, possa pesare, al fine della valutazione della qualità scientifica di un ricercatore, più di una monografia che rappresenta il coronamento di un profondo e lungo lavoro di ricerca;

   si è giunti all'estremizzazione di concetti che stanno ribaltando i tradizionali punti di forza del modello universitario italiano. Se un articolo viene pesato più di una monografia, si spingono i potenziali aspiranti accademici e gli strutturati a convergere sulla produzione di lavori più rapidi e questo toglie agli studi respiro e potenzialità di approfondimento, negando, di fatto, il valore della piena scientificità agli scritti –:

   se il Ministro interrogato concordi con le posizioni illustrate dal professor Ernesto Galli della Loggia;

   se l'Anvur venga considerato lo strumento coerente di valutazione di tutte le discipline accademiche in modo indistinto e se sia possibile e utile adottare iniziative per votare l'Anvur a una differenziazione dei prodotti scientifici sulla base della diversificazione delle discipline;

   se possano essere intraprese iniziative finalizzate a restituire dignità agli ambiti umanistici accademici troppo discriminati dal concetto produttivistico della produzione scientifica;

   se non ritenga opportuno affidare a una apposita commissione la riforma del sistema di valutazione.
(4-11651)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiedono chiarimenti in ordine ai criteri di valutazione adottati dall'Anvur, nell'ambito della produzione universitaria.
  L'interrogante riprende un articolo, pubblicato il 5 marzo 2021 sul
Corriere della Sera, a firma del professor Ernesto Galli della Loggia, in cui vengono espresse criticità in ordine al sistema di valutazione universitaria, nella misura in cui si farebbe applicazione di criteri «produttivistici» anche in relazione a settori, quali quelli delle discipline giuridiche, storiche, letterarie e filologiche, nei quali il prodotto della ricerca non può essere misurabile esclusivamente in termini quantitativi.
  Al fine di chiarire l'utilizzo dei criteri adottati dall'Anvur, in relazione ai quali si chiedono chiarimenti, occorre preliminarmente illustrare il sistema di valutazione della produzione universitaria.
  Per ottenere l'abilitazione scientifica nazionale è richiesta una produzione scientifica — le cosiddette pubblicazioni — che risponda a criteri sia quantitativi che qualitativi.
  In particolare, è richiesto il possesso di tre requisiti. Il primo è il superamento degli indicatori quantitativi sulla produzione scientifica; il secondo è il possesso dei titoli individuati dalla commissione e il terzo requisito, di tipo qualitativo, consiste nella valutazione positiva della produzione scientifica da parte della stessa commissione.
  Gli indicatori sono diversi a seconda che il settore concorsuale sia bibliometrico — ossia riguardi settori di ambito scientifico, medico, psicologico e ingegneristico, caratterizzati da una misurabilità maggiore in termini quantitativi – o non bibliometrico — ossia riguardi settori di ambito umanistico, giuridico, economico, sociopolitico e architettonico. Quanto ai primi, gli indicatori fanno riferimento al numero di articoli, al numero di citazioni ricevute e all'H-index, mentre per i settori non bibliometrici gli indicatori riguardano il numero di articoli, il numero di pubblicazioni in riviste di classe A e il numero di monografie.
  Esiste quindi una differenza di approccio nella valutazione della produzione scientifica e intellettuale di chi fa ricerca in settori bibliometrici rispetto a chi si occupa di settori non bibliometrici.
  D'altra parte, l'abilitazione scientifica nazionale presuppone valutazioni oggettive, fondate su criteri che garantiscano certezza anche in ambiti nei quali non risultano applicabili strumenti di misurazione dell'impatto dei prodotti della ricerca.
  In merito alla specifica vicenda oggetto dell'interrogazione, si rappresenta che, in data 9 marzo 2021, il presidente dell'Anvur aveva già avuto modo di dare puntuale riscontro, con un articolo pubblicato sul
Corriere della Sera, a quanto riportato nell'articolo apparso sulla medesima testata in data 5 marzo 2021, a firma del professor Ernesto Galli della Loggia. In tale riscontro, con riferimento alle modalità di valutazione applicate dall'Anvur ai settori non bibliometrici, si richiamava la differenza tra la valutazione della qualità della ricerca (Vqr) e l'abilitazione scientifica nazionale (Asn), precisando il ruolo svolto in ciascuno dei due contesti dall'Anvur.
  Nell'ambito della Vqr, che valuta la qualità della ricerca prodotta dalle Istituzioni, l'Anvur svolge un ruolo centrale, in quando organizza e definisce, tenendo conto delle linee guida ministeriali, le modalità di valutazione delle pubblicazioni scientifiche selezionate dalle Istituzioni stesse fra quelle prodotte dai ricercatori ad esse afferenti.
  Con specifico riferimento alle discipline umanistiche, la procedura non prevede l'applicazione di automatismi, né di criteri quantitativi o «produttivistici»: l'Anvur, attraverso i gruppi di esperti valutatori (Gev), valuta la qualità delle singole pubblicazioni scientifiche (articoli, libri, contributi in volume, e altro) con esclusivo riferimento al loro contenuto, giudicato da almeno due valutatori attraverso il metodo delle
peer review. Nella Vqr in corso ad ogni Istituzione è stato chiesto di conferire in media un numero di pubblicazioni pari a 3 per ogni ricercatore in servizio, con riferimento al quinquennio 2015-2019. Proprio per tenere conto del fatto che una monografia può rappresentare il coronamento di un profondo e lungo lavoro di ricerca, questa è equivalente a due articoli scientifici o ad altri prodotti scientifici.
  Nell'ambito dell'Asn, che riguarda la valutazione dei singoli ricercatori al fine abilitarli alla partecipazione ai concorsi locali per il ruolo di professori universitari, l'Anvur è, invece, chiamata a proporre al Ministero i valori minimi (cosiddetti «valori-soglia») degli indicatori che devono essere raggiunti in misura di almeno due su tre dagli aspiranti candidati per poter accedere alla valutazione qualitativa, da parte delle commissioni ministeriali, di una rosa di pubblicazioni scientifiche: solo il giudizio positivo dei commissari sulla qualità della produzione scientifica dei singoli candidati, integrata dal possesso di altri requisiti volti a confermare la qualità del profilo scientifico, consente il conseguimento dell'abilitazione al ruolo di professore. I richiamati «valori-soglia», peraltro, non sono frutto di una decisione discrezionale, ma sono elaborati statisticamente sulla base della produzione scientifica del personale in servizio nella fascia corrispondente all'interno del settore di riferimento.
  Il perimetro regolamentare entro il quale si muove l'Anvur è puntualmente delimitato e, con particolare riferimento ai settori non bibliometrici, gli indicatori sui quali proporre i valori-soglia sono relativi al numero di libri, al numero di articoli scientifici o capitoli di libro e al numero di articoli in riviste di classe A. Proprio al fine di tenere conto che la produzione di una monografia risulta essere più complessa rispetto a quella di un articolo, i valori-soglia dell'indicatore «numero di libri» sono strutturalmente — per tutti i settori concorsuali di area umanistica e in modo differenziato — inferiori rispetto a quelli degli altri indicatori. Del resto, sebbene il raggiungimento del valore-soglia dell'indicatore «numero di libri» valga quanto il raggiungimento del valore-soglia dell'indicatore «numero di articoli», tuttavia, superata la soglia minima per l'accesso alla valutazione di merito, è la qualità della pubblicazione scientifica — libro o articolo che sia — a fare la differenza e a determinare il buon esito della valutazione ai fini della carriera del candidato.
  Pertanto, alla luce di quanto sopra, si ritiene che il sistema di valutazione della produzione universitaria sia adeguatamente tarato sulla oggettiva differenza tra le aree disciplinari e risulti coerente con le loro peculiarità.

La Ministra dell'università e della ricerca: Maria Cristina Messa.


   D'ATTIS e LABRIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 16 novembre 2021, diciassette consiglieri del comune di Taranto, pari alla metà più uno dell'assemblea, hanno rassegnato le proprie dimissioni irrevocabili dall'incarico;

   ai sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267, i consigli comunali devono essere sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno in caso di «cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco»;

   ciononostante, a distanza di quasi dieci giorni dalla «sfiducia» al sindaco e alla sua giunta, non è ancora stato adottato un decreto di scioglimento del consiglio comunale e, pertanto, non è avvenuta la nomina del commissario prefettizio con atto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno in base alla procedura avviata dal prefetto;

   stando a quanto risulta all'interrogante, tale ritardo formale avrebbe consentito all'ormai sindaco uscente, assieme alla sua giunta, di assumere decisioni ordinarie non urgenti – e dunque di dubbia legittimità – circa l'assunzione di alcuni dipendenti e la proroga contrattuale di altri –:

   se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché si provveda celermente alla nomina del commissario prefettizio presso il comune di Taranto.
(4-10810)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame si rappresenta che, in merito alte dimissioni rassegnate in data 18 novembre 2021 di diciassette consiglieri comunali del comune di Taranto, il Prefetto, con decreto 26 novembre 2021, ha provveduto alla sospensione del consiglio e alla nomina di un commissario con i poteri di consiglio, di giunta e di sindaco.
  Il relativo decreto del Presidente della Repubblica, è stato adottato il 10 gennaio 2022 e pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 20 del 26 gennaio 2022.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   D'ORSO, GIULIANO, ASCARI e PERANTONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura di alcuni articoli di giornale emergerebbe che alcune aziende presumibilmente «poco pulite» – in attesa di essere esaminate per il rilascio dell'autorizzazione all'iscrizione nelle white list – riuscirebbero ad aggiudicarsi numerosi appalti pubblici grazie alla semplice richiesta di iscrizione alla «white list», senza aver mai ottenuto una certificazione e un'informazione antimafia liberatoria. Da qui il paradosso per cui, da una parte, si avrebbero aziende che, ottenuta l'autorizzazione all'iscrizione, sono tenute a dimostrare, annualmente, i requisiti per mantenere l'iscrizione nell'elenco, e dall'altra, aziende che essendo «in attesa di iscrizione» non sono tenute a dimostrare alcunché;

   tutto ciò sembrerebbe permesso dalla normativa attuale la quale stabilisce che:

    l'iscrizione nell'elenco consente all'impresa di non dover richiedere e farsi rilasciare dalla prefettura la certificazione antimafia, dal momento che l'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 aprile 2013 – come modificato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 novembre 2016 – prescrive che: «l'iscrizione nell'elenco tiene luogo della documentazione antimafia: (...) b) ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali l'impresa ha conseguito l'iscrizione nell'elenco»;

    come precisato dalla circolare del 23 marzo 2016 del Ministero dell'interno un'impresa che abbia presentato domanda di iscrizione nelle white list, ma non l'abbia ancora conseguita, maturati i termini previsti dall'articolo 92, commi 2 e 3, del codice antimafia, può concludere il contratto con la stazione appaltante (anche in assenza dell'informazione antimafia liberatoria e dell'effettiva iscrizione nelle white list);

    ai sensi dell'articolo 94, comma 2, del codice antimafia, in caso di successivo diniego dell'iscrizione, le stazioni appaltanti revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti con conseguenti ricadute negative sull'iter di completamento delle opere appaltate e sul tessuto economico-sociale coinvolto dalle opere;

    pare, dunque, evidente all'interrogante come la normativa antimafia presenti delle lacune che rischiano, nella pratica, di annullare la ratio dell'istituzione di siffatti elenchi, ossia quella di rendere più efficaci i controlli antimafia. Queste criticità normative sortirebbero altresì l'effetto, da un lato, di favorire delle aziende irregolari in attesa di essere esaminate e, dall'altro, di danneggiare quelle ufficialmente pulite con conseguente distorsione della concorrenza;

   questo stato di cose sembra emergere con maggiore forza soprattutto nella gestione delle commesse pubbliche nella fase delle emergenze, come quelle relative alla ricostruzione dopo i terremoti. Lo stesso attuale capo della protezione civile – stigmatizzando i lunghi tempi di attesa oggi necessari per effettuare i controlli antimafia – sostiene che bisognerebbe modificare il codice degli appalti, inserendo una norma che consenta di avere, in caso di emergenza, una «white list» di imprese appaltatrici e subappaltatrici verificate preventivamente anche dal punto di vista della certificazione antimafia (v. https://www.repubblica.it);

   va considerata la necessità di tutela delle esigenze di ordine pubblico, del principio di libera concorrenza, della libertà di iniziativa economica, nonché l'importanza dell'azione legislativa e delle istituzioni nell'ambito dell'opera di contrasto ai fenomeni mafiosi (quest'ultima passa anche attraverso un'efficace attività di prevenzione attuabile tramite controlli efficaci e tempestivi, oltre che tramite norme chiare e semplici) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare, anche di concerto con le altre istituzioni interessate, al fine di porre rimedio a tali criticità normative che rischiano, da un lato, di mettere in pericolo l'attività di prevenzione e di contrasto alle mafie, specie nei settori a rischio come quello degli appalti pubblici, e dall'altro, di ostacolare l'esercizio della libertà di iniziativa economica degli operatori onesti.
(4-04238)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta che al fine di garantire la legalità delle attività di ricostruzione nei territori del centro Italia colpiti dal sisma nel 2016, con l'articolo 30 del decreto-legge n. 189 del 17 ottobre 2016, convertito con legge n. 229 del 15 dicembre 2016, è stata istituita presso il Ministero dell'Interno una struttura di missione, con il compito di verificare la documentazione antimafia degli operatori economici impegnati nel lavori.
  La struttura svolge attività di prevenzione e di contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata nei lavori, nella gestione dei servizi e nel reperimento delle forniture necessarie alla ricostruzione dei comuni del Centro Italia colpiti dagli eventi sismici che si sono verificati a partire dal 24 agosto 2016.
  In particolare, la struttura ha il compito di eseguire le verifiche per il rilascio dell'informazione antimafia, indispensabile per l'affidamento e l'esecuzione dei contratti pubblici e privati che usufruiscono dei contributi pubblici. Gli operatori economici che intendono partecipare agli interventi per la ricostruzione, infatti, devono presentare richiesta di iscrizione nell'Anagrafe antimafia degli esecutori, un elenco gestito dalla struttura di missione in raccordo con le province interessate dal sisma.
  Successivamente, l'articolo 54, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, ha disposto l'estensione della predetta Anagrafe antimafia degli esecutori anche agli interventi per la ricostruzione nei comuni interessati dagli eventi sismici del mese di aprile 2009 nella regione Abruzzo.
  Si evidenzia, da ultimo, che nella seduta del Consiglio dei ministri dei 21 gennaio 2022 è stato approvato in un disegno di legge che prevede la delega al Governo per l'adozione di un «Codice della ricostruzione», al fine di definire un quadro normativo unitario per il coordinamento delle procedure e delle attività successive a quelle di emergenza nei territori colpiti da eventi sismici.
  In particolare, l'articolo 1, lettera
p), del predetto disegno di legge prevede la facoltà di «estendere l'ambito di operatività della struttura di missione per la legalità istituita presso il Ministero dell'Interno ai sensi dell'articolo 30 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, a tutti i processi di ricostruzione e previsione della facoltà di sottoscrizione di accordi e protocolli d'intesa con l'Anac da parte dei diversi soggetti impegnati nei processi di ricostruzione, anche al fine di coordinare i controlli sui processi di ricostruzione».
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 3 giugno 2020 moriva a 48 anni, nel carcere di Opera, Francesco Di Dio, condannato all'ergastolo quando aveva poco più di 18 anni;

   la zia paterna del detenuto, Maria Di Dio, si è rivolta all'interrogante e all'ex deputata radicale Rita Bernardini affinché sia fatta chiarezza sulle circostanze del decesso;

   Francesco Di Dio era affetto da gravissime patologie tra le quali: arteriopatia agli arti inferiori in fase avanzata che provocò l'amputazione del piede sinistro nel 2012, epatopatia HBV correlata, iperparatiroidismo secondario, simpatectomia lombare sinistra, formazione cistica pluriconcamerata di 3 centimetri in sede sottotiroidea paratracheale, epatomegalia in steatosi epatica;

   l'8 luglio del 2016 la professoressa Mariella Catalano (direttore del centro di patologia vascolare dell'Università di studi di Milano) segnalava «disappunto per la soluzione prospettata di trattamento che non prevedano una diversa collocazione del paziente Francesco Di Dio»; «l'arteropatia agli arti inferiori di cui soffre in fase avanzata rappresenta una patologia ad alto rischio sia in termini di sopravvivenza che di eventi acuti cardiovascolari oltre che distrettuali»;

   secondo la professoressa Catalano, la situazione del paziente avrebbe richiesto «ambiente igienicamente controllato, totalmente protetto dal fumo anche passivo, dalle basse temperature e dall'umidità», «medicazioni e una fisioterapia costante e continuativa, di cicli di terapia, controllo del dolore e di un monitoraggio delle condizioni distrettuali e generali», «in assenza di tali condizioni di minima non si può che ipotizzare un deterioramento rapido delle condizioni del paziente, accompagnato da una sofferenza non giustificata»;

   con la rapida diffusione della pandemia da COVID-19, il 18 marzo 2020, il legale di Francesco di Dio, avvocato Eliana Zecca, si rivolgeva alla magistratura di sorveglianza, presentando istanza di applicazione provvisoria del differimento pena in detenzione domiciliare, ex articolo 47-ter, comma 1-ter dell'ordinamento penitenziario anche in relazione all'articolo 147, comma 1, n. 2 del codice penale, in quanto il già compromesso quadro sanitario del paziente-detenuto sarebbe stato fatale nel caso di contrazione del virus;

   l'8 aprile del 2020, il magistrato di sorveglianza di Milano, Giulia Turri rigettava l'istanza perché in base alla relazione sanitaria del carcere, aggiornata al 3 aprile, le condizioni di salute di Di Dio erano rappresentate come «discrete»;

   nell'e-mail indirizzata all'interrogante, la zia del detenuto lamenta che, a seguito della morte del congiunto e pur avendone fatto esplicita richiesta a chi di dovere, non sono mai state consegnate ai familiari né le copie delle registrazioni della videosorveglianza del carcere, né le foto a corredo dell'autopsia;

   in particolare, in un'intervista ad Antonella Ricciardi del sito Caserta24ore il 23 gennaio 2021, la signora ha precisato: «chi muore di infarto in posizione supina, come ha dichiarato il carcere, non può avere degli ematomi sul viso. Fin dall'inizio abbiamo chiesto la videosorveglianza delle ultime 48 ore di vita di mio nipote Francesco Di Dio: ad oggi, dopo circa otto mesi, non ci è stata fornita. La mia famiglia ed io insistiamo sulla richiesta della videosorveglianza per trasparenza, e poi per sapere come è morto, non dovrebbero esserci problemi. Dopo tante richieste da parte della stampa di rilasciare interviste e dopo circa otto mesi mi sono decisa di concedere intervista alla stampa proprio per questo motivo. Noi, famiglia Di Dio chiediamo fortemente la videosorveglianza alla magistratura di Milano che sta seguendo il caso di mio nipote» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto dichiarato in premessa e, se alla luce di quanto riportato, non ritenga di dover adottare iniziative per quanto di competenza, anche tramite un'indagine amministrativa interna, per contribuire a chiarire le circostanze della morte del detenuto Francesco Di Dio;

   se, in particolare, risulti che siano state assicurate al detenuto le cure richieste dalla professoressa Catalano fin dal 2016.
(4-08812)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in oggetto, l'interrogante, riferito della morte del signor Francesco Di Dio, occorsa il 3 giugno 2020 nel carcere di Opera, nonché delle serie patologie che lo affliggevano da anni, e riportate le doglianze dei famigliari, che in particolare lamentano il negato accesso a documentazione inerente il congiunto, chiede di sapere sull'eventuale apertura di un'inchiesta amministrativa e comunque della verifica circa le cure concretamente offerte al detenuto.
  Dall'incartamento allegato dal Dap risulta che il detenuto Di Dio Francesco, proveniente da altro carcere, faceva ingresso in data 20 aprile 2013 nella casa reclusione di Milano «Opera», ove vi rimaneva sino al giorno del decesso.
  Alla luce delle numerose patologie di cui era portatore è sempre stato tenuto sotto osservazione clinica da parte del personale sanitario in servizio presso l'istituto, effettuando frequenti visite specialistiche, nonché cure e terapie presso l'annesso padiglione s.a.i. (servizi assistenza sanitaria intensificata), oltre a quelle effettuate presso le strutture ospedaliere esterne.
  Il signor Di Dio risulta essere sempre stato destinato al reparto detentivo ordinario che ospita il circuito di assegnazione (alta sicurezza 1), valutato compatibile con la gestione delle sue patologie; reparto presidiato, infatti, da personale medico e infermieristico e idoneo a permettere che partecipasse ad attività trattamentali.
  In data 29 settembre 2016, il Tribunale di sorveglianza, valutato lo stato di salute del detenuto, rigettava l'istanza di differimento della pena avanzata in tal senso.
  Nuovamente, in data 8 aprile 2020, durante la prima fase dell'emergenza COVID-19, veniva rigettata la richiesta di applicazione provvisoria del differimento pena ex articolo 47-
ter, comma 1-ter O.p. sulla base della puntuale relazione sanitaria trasmessa dalla Direzione dell'istituto, con la quale si evidenziavano le numerose patologie di cui era affetto, le cure già effettuate, quelle in corso e quelle programmate.
  La citata relazione sanitaria veniva trasmessa all'Ufficio di sorveglianza di Milano e, per conoscenza, alla dda di l'Aquila e alla competente direzione generale dei detenuti e del trattamento - ufficio III servizi sanitari.
  In data 3 giugno 2020, durante il giro della terapia farmacologica, all'atto della somministrazione a vista dei farmaci prescritti, il detenuto Di Dio Francesco veniva trovato in posizione supina nel proprio letto, apparentemente incosciente.
  Immediatamente, l'agente di turno e l'infermiere del piano provvedevano a entrare nella camera di pernottamento. Constatato che il recluso non reagiva agli stimoli, l'infermiere cercava di effettuare le manovre sanitarie previste, mentre l'agente allertava altro personale. Sul posto giungevano il coordinatore di reparto, il medico di guardia e, successivamente, il personale del 118 il quale, dopo il primo intervento, alle ore 16:33 ne constatava il decesso «per cause naturali».
  Dell'accaduto venivano informati il comandante di reparto e il direttore che, prontamente, giungevano sul posto.
  Si evidenzia che sul relativo referto non risulta essere stata indicata la presenza di lesioni o ematomi in alcuna parte del corpo.
  Pertanto, alla luce dell'accaduto e preso atto dei contenuti della relazione sanitaria precedentemente trasmessa dall'autorità dirigente dell'istituto milanese, la direzione generale dei detenuti e del trattamento, in data 27 giugno 2020, incaricava il provveditorato regionale di Milano a espletare gli opportuni accertamenti per appurare le cause, le circostanze e le modalità del decesso, senza pregiudicare l'eventuale attività della autorità giudiziaria.
  A tal riguardo, il locale Provveditorato regionale, con nota del 24 luglio 2021 ha relazionato di non aver rilevato elementi di criticità imputabili al personale penitenziario.
  Si rappresenta, inoltre, che, su richiesta dell'ufficio III – Attività ispettiva e di controllo del Dap, la casa reclusione di Milano «Opera», con nota 4 settembre 2020, ha trasmesso le relazioni di servizio dell'agente addetto alla vigilanza e osservazione della sezione A, le informazioni redatte dal coordinatore di Reparto e dall'addetto alla Sorveglianza generale, nonché la relazione del comandante di reparto e dell'autorità dirigente, unitamente alla relativa certificazione sanitaria e al repertamento fotografico, nelle quali vengono riferite le circostanze e le modalità di ritrovamento del detenuto Di Dio Francesco e le operazioni di rito esperite.
  Gli atti relativi all'evento, corredati dell'intero carteggio, diario clinico e repertamento fotografico, sono stati depositati presso la procura della Repubblica c/o il tribunale di Milano.
  Per quanto riguarda più specificatamente l'aspetto sanitario e relativo alle cure richieste dalla professoressa Catalano, cui si fa cenno nell'interrogazione in esame, si evidenzia che il dap non dispone dei relativi atti sanitari, poiché la documentazione clinica dei detenuti è di esclusiva pertinenza del Servizio sanitario nazionale, nel caso specifico, dell'A.s.s.t. «Santi Paolo e Carlo» di Milano.
  Ciò riferito, merita sottolineare che la situazione del signor Di Dio è stata più volte attenzionata dalla competente magistratura di sorveglianza che, come detto, nelle date del 29 settembre 2016 ed 8 aprile 2020, ha operato valutazioni in tema di compatibilità tra l'esecuzione della pena detentiva e le particolari condizioni di salute dell'interessato.
  Sul punto, va rammentato che i provvedimenti emessi dalla magistratura, impugnabili nelle previste sedi, sono però sottratti alla valutazione dell'Autorità politica ed amministrativa.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   GIANNONE, BENEDETTI, VIZZINI, SARLI, SIRAGUSA, TERMINI, PITTALIS, CRISTINA, CUNIAL, LABRIOLA e ERMELLINO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da il Corriere della Sera, il 15 giugno 2021 un bambino di otto anni è stato prelevato con la forza nella propria abitazione a Pisa da 11 agenti di polizia. Il prelevamento è stato svolto in esecuzione di una decisione del tribunale ordinario della medesima città che stabiliva un nuovo collocamento per il minore, dal padre in Sicilia, dato il costante rifiuto del minore stesso di incontrare il genitore;

   all'operazione di polizia ha assistito anche il padre, si legge, e non appena ha capito la situazione, il bambino, terrorizzato, si è chiuso in bagno. La madre veniva tenuta dagli agenti in un'altra stanza:

   «Non mi facevano vedere cosa facevano, racconta la donna, sentivo le urla di mio figlio dal bagno, gli agenti hanno sfondato la porta mentre lui era dietro e l'hanno tirato via con la forza. Lo hanno braccato»;

   non ci sono video dell'azione perché tutte le telecamere messe dalla madre sono state disattivate dalla polizia, scrive ancora il Corriere della sera;

   la donna è un'infermiera peruviana di 38 anni molto stimata dai colleghi. Con l'ex marito ha l'affidamento congiunto del minore che però da gennaio non vuole più vedere il padre. Così la giudice che si occupa della vicenda ha deciso per il trasferimento del bambino in Sicilia, dove vive l'uomo, come estremo tentativo di recuperare il rapporto con il genitore;

   la stessa scrive, nel provvedimento emanato, che «Qualora insorgessero situazioni che determinano un rischio per la salute psichica, fisica o mentale del minore, l'esecuzione dovrà essere immediatamente sospesa»;

   «Difficile trattenere l'indignazione di fronte al racconto dell'ennesimo prelievo forzato di un bambino, sottratto come se fosse un criminale alla mamma perché giudicata ostativa, un trauma brutale inflitto dalla giustizia che avrebbe il compito di fare sempre l'interesse del minore» ha commentato Antonella Veltri, presidente di «Donne in Rete contro la violenza (D.i.r.e.)»;

   sulla vicenda D.i.Re ha scritto una lettera aperta ai più alti livelli istituzionali, e in particolare alle Ministre Cartabia e Bonetti;

   «Il dispiegamento di forze, l'atteggiamento degli 11 poliziotti intervenuti a supporto dei servizi sociali, le modalità con cui il bambino è stato costretto a seguirli, niente in questa vicenda sembra fatto nel superiore interesse del minore», dice ancora Veltri;

   le linee guida per la regolazione dei processi di sostegno e allontanamento del minore redatte dall'Ordine nazionale degli assistenti sociali Cnoas affermano, tra gli altri, i seguenti princìpi:

    1) il provvedimento di allontanamento del minore deve contenere elementi di elasticità al fine di poterlo adattare alla situazione contingente. È utile che l'autorità giudiziaria dia eventualmente disposizioni più adeguate, ove dovessero sorgere rilevanti difficoltà nell'esecuzione del provvedimento;

    2) è opportuno acquisire, ove possibile, il consenso — o quanto meno la non opposizione — all'esecuzione da parte degli interessati;

    3) l'utilizzo della forza pubblica durante le procedure di allontanamento nei casi di assoluta necessità non deve avvenire in uniforme, e devono essere scelti modi e luoghi che rendano l'evento il meno traumatico possibile per il minore e per i suoi familiari;

    4) particolare attenzione va dedicata all'ascolto del minore. È importante spiegare, tenendo conto dell'età e della capacità di comprensione, la situazione, le ragioni del provvedimento e il suo significato –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa, e se non intendano adottare iniziative normative per definire in modo univoco le modalità di allontanamento dei minori dalle famiglie d'origine;

   se il Ministro dell'interno non ritenga doveroso, per quanto di competenza, verificare la correttezza del citato intervento di polizia, soprattutto in virtù di quanto sopra illustrato e considerata la situazione di rischio per la salute del minore coinvolto.
(4-09653)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato in esame gli interroganti riferito di quanto occorso in Pisa in data 15 giugno 2021, allorquando, secondo la ricostruzione operata dalla stampa, in esecuzione di un provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria, un minore sarebbe stato prelevato forzosamente dalla propria abitazione con modalità tali da averne prodotto forte turbamento, avanzano quesiti in ordine alla conoscenza dei fatti e circa eventuali iniziative normative «per definire in modo univoco le modalità di allontanamento dei minori dalle famiglie di origine».
  Al riguardo, va premesso che in relazione ai procedimenti pendenti o definiti in sede giurisdizionale che non è consentita alcuna attività di interferenza (diretta o indiretta) da parte del Ministero della giustizia atteso che gli atti rogatori non possono tradursi in attività idonee a influenzare in qualsiasi modo l'esercizio delle funzioni da parte degli organi giurisdizionali e l'interpretazione del contesto normativo di riferimento, operando l'autorità giudiziaria, in tali ambiti, in piena autonomia e indipendenza.
  In ogni caso, sono state assunte dall'ufficio giudiziario procedente le necessarie informazioni volte a ricostruire il quadro fattuale evidenziato.
  Nel caso di specie era stato disposto l'affido condiviso del bambino con esercizio comune della responsabilità genitoriale da parte dei genitori con collocamento del minore presso il padre con diritto di visita in favore della madre.
  Tale decisione veniva confermata dalla Corte di appello di Firenze.
  Invero, risulta che l'esecuzione del provvedimento giudiziario è avvenuto alla presenza di un curatore all'uopo nominato dal tribunale e degli assistenti sociali e senza alcun uso della forza; inoltre l'operazione è stata filmata dalla polizia di Stato e le condizioni del minore documentate dalle fotografie agli atti del procedimento.
  In particolare, il 15 giugno 2021, la curatrice con l'assistenza dei servizi sociali e della polizia di Stato i cui operatori hanno operato in abiti civili, al fine di non creare alcun tipo di disagio al minore, ha eseguito il provvedimento giudiziario, recandosi presso l'abitazione della madre ove il minore si trovava.
  All'esito il bambino si è quindi allontanato con il padre, cui era stato chiesto di essere presente per tranquillizzarlo, l'educatrice, l'assistente sociale e la curatrice.
  In seguito, nella giornata, la madre si è recata al centro affidi dove si trovava il bambino col padre per salutarlo.
  Non risultano pertanto modalità di esecuzione censurabili, come attestato nel decreto 21 giugno 2021 del Tribunale di Pisa ove si legge che «la curatrice ha fatto tutto quanto era in suo potere per attuare il collocamento del minore nel modo più confacente al suo interesse, grazie anche al supporto paziente e professionale dei servizi socio-psicologici e della Polizia di Stato».
  Il 21 giugno 2021 la Corte d'appello ha adottato un provvedimento interinale nel procedimento di reclamo, prevedendo, in aggiunta di quanto stabilito dal tribunale di Pisa, incontri protetti organizzati dai Servizi sociali tra la madre e il minore.
  Attualmente pende davanti al Tribunale per i minorenni di Firenze procedimento per la limitazione della responsabilità genitoriale della madre introdotto su iniziativa del pubblico ministero minorile. Inoltre, davanti alla Procura della Repubblica di Pisa un procedimento per diverse ipotesi di reato a carico della madre, oltre alla denuncia sporta dalla donna contro i soggetti che hanno assistito nell'esecuzione del decreto.
  Ricostruita la vicenda, per quanto concerne, nello specifico, le modalità con cui sarebbe stato eseguito il provvedimento di collocamento del minore presso il padre, si osserva che l'attuazione dei provvedimenti come quello adottato nel caso di specie, è di volta in volta rimessa al prudente apprezzamento dell'autorità giudiziaria – in collaborazione con gli altri operatori coinvolti nella vicenda quali i servizi sociosanitari, le forze dell'ordine, il consulente tecnico d'ufficio, l'eventuale curatore del minore – che individua le concrete modalità di esecuzione.
  A tal riguardo si evidenzia che proprio al fine di colmare la lacuna normativa di cui si è detto, la recente legge 26 novembre 2021, n. 206 (di delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie), prevede, per quanto di interesse, la disciplina delle modalità di esecuzione dei provvedimenti relativi ai minori, prescrivendo che queste siano determinate dal giudice in apposita udienza in contraddittorio con le parti, salvo che sussista il concreto e attuale pericolo, desunto da circostanze specifiche ed oggettive, di sottrazione del minore o di altre condotte che potrebbero pregiudicare l'attuazione del provvedimento, che in caso di mancato accordo l'esecuzione avvenga sotto il controllo del giudice, anche con provvedimenti assunti nell'immediatezza, che nell'esecuzione sia sempre salvaguardato il preminente interesse alla salute psicofisica del minorenne e che l'uso della forza pubblica, sostenuto da adeguata e specifica motivazione, sia limitato ai soli casi in cui sia assolutamente indispensabile e sia posto in essere per il tramite di personale specializzato.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   LOSS, CAPITANIO, BINELLI, VANESSA CATTOI e SUTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'emergenza sanitaria COVID-19 la riduzione degli orari di apertura degli uffici postali nella provincia di Trento ha causato gravi problemi all'utenza. Passato il periodo più delicato, differentemente da quanto auspicato, gli uffici hanno continuato a lavorare ad orario ridotto, sia nelle zone periferiche della provincia, sia nel capoluogo, dove oggi si verifica la paradossale situazione di avere, in orario pomeridiano, un unico ufficio postale aperto per oltre 120 mila cittadini. Ad aggravare la situazione vi è anche il fatto della scarsa diffusione degli sportelli automatici Postamat;

   gli orari di molti uffici postali del Trentino erano stati modificati con l'obiettivo dichiarato di «ritornare all'apertura sei giorni su sette». Nella pratica, però, oggi è molto difficile trovare uffici che siano tornati a questo orario ed altrettanto difficile è individuare sportelli con apertura pomeridiana. Per i cittadini è difficile semplicemente capire quale sia il giorno di apertura, visto che molti uffici sono aperti a giorni alterni. Si tratta evidentemente di una organizzazione definita a livello centrale, che non tiene conto delle caratteristiche territoriali ed orografiche del territorio trentino, che porta al peggioramento generale del servizio e genera disorientamento;

   i servizi di prossimità, quali uffici postali, rappresentano un aspetto fondamentale per la qualità della vita nelle comunità locali, poiché svolgono anche una funzione di presidio;

   i contenuti del servizio postale universale sono definiti a livello europeo dalla direttiva 97/67/UE del 15 dicembre 1997 (cosiddetta «prima direttiva postale»), come successivamente modificata dalle direttive 2002/39/UE del 10 giugno 2002 (cosiddetta «seconda direttiva postale») e 2008/6/UE del 20 febbraio 2008 (cosiddetta «terza direttiva postale»). La direttiva stabilisce che il servizio universale corrisponde ad un'offerta di servizi postali di qualità determinata, forniti permanentemente in tutti i punti del territorio a prezzi accessibili a tutti gli utenti. Il servizio postale universale deve essere assicurato per almeno cinque giorni a settimana e garantire almeno una raccolta e una distribuzione al domicilio degli utenti degli invii postali;

   fornitore del servizio universale è riconosciuta ex lege la società Poste italiane Spa per un periodo di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 58 del 2011 (e quindi fino al 30 aprile 2026);

   il servizio postale universale è affidato a Poste Italiane Spa fino al 30 aprile 2026, sulla base del contratto di programma 2020-2024 firmato il 30 dicembre 2019 che «regola i rapporti tra lo Stato e la società per la fornitura del servizio postale universale, Poste Italiane Spa, nel perseguimento di obiettivi di coesione sociale ed economica, che prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo della rete postale della Società»;

   a fronte del contributo che la società riceve per l'onere pubblico, pari a 262,4 milioni di euro all'anno, non sembra corrispondere un servizio di qualità, nonostante sulla «Carta dei servizi postali», pubblicata il 10 ottobre 2017, si legga che «grazie alla presenza capillare su tutto il territorio nazionale, ai forti investimenti in ambito tecnologico e al patrimonio di conoscenze rappresentato dai suoi oltre 140 mila dipendenti, Poste Italiane ha assunto un ruolo centrale nel processo di crescita e azione del Paese» –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, per quanto di competenza, affinché l'azienda proceda a rivedere il piano di riorganizzazione territoriale e in particolare affinché venga disposta nel più breve tempo possibile l'immediata riapertura degli uffici postali di Trento e della sua provincia.
(4-11275)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita a riguardo la competente Direzione generale del Ministero dello sviluppo nonché la società Poste Italiane spa, si rappresenta quanto segue.
  Con l'atto in parola, gli interroganti riferiscono che durante il periodo della pandemia da COVID-19 ci sia stata una riduzione degli orari di apertura degli uffici postali nella provincia di Trento, causando conseguentemente gravi problemi all'utenza.
  Sentita a riguardo Poste Italiane, la stessa ha preliminarmente evidenziato che, alla luce della vigente normativa in materia, il Servizio universale debba essere fornito in un congruo numero di punti d'accesso, individuati secondo criteri di ragionevolezza su tutto il territorio nazionale nonché secondo i criteri puntualmente definiti nel decreto ministeriale del 7 ottobre 2008, come integrato con delibera Agcom 342/14/CONS del 26 giugno 2014.
  L'Azienda, ha altresì messo in luce che nell'immediato verificarsi dell'emergenza epidemiologica, ha posto in essere, in collaborazione con le istituzioni, tutte le azioni opportune ai fini della tutela dei propri lavoratori e degli utenti, con l'obiettivo di assicurare, comunque, i propri servizi in coerenza con le disposizioni normative vigenti in materia di tutela della salute pubblica e, dunque, anche quelle relative al distanziamento sociale.
  Poste riferisce che nel mese di novembre 2021 ha ripristinato la consueta operatività in molti uffici postali su tutto il territorio nazionale informando costantemente l'Agcom che, peraltro, ne ha riconosciuto l'impegno profuso per aver ridotto progressivamente il numero di uffici inizialmente coinvolti dall'emergenza sanitaria, con un recupero graduale e significativo dei livelli di operatività dei propri uffici postali.
  Tale percorso ha subito un rallentamento a causa della recrudescenza del virus da COVID-19 che ha condotto alla quarta ondata di contagi rendendo quindi necessaria l'adozione di ulteriori temporanee misure restrittive, comunicate sia all'Autorità per le garanzie nella comunicazione sia alla clientela, privilegiando le rimodulazioni orarie al fine di scongiurare chiusure improvvise per assenza delle risorse connesse appunto alle quarantene correlate alla pandemia, cercando di contemperare la preminente esigenza di tutela della salute pubblica con quella di garanzia ai cittadini per l'erogazione di servizi essenziali.
  Ciò premesso, con riferimento specifico agli uffici postali della provincia di Trento, la società Poste informa che sono presenti 192 uffici, così ripartiti: 10 con orario doppio turno – apertura 6 giorni a settimana, dal lunedì al venerdì dalle 08.20 alle 19.05 e il sabato dalle 08.20 alle 12.35; 97 di questi con orario mono-turno – dal lunedì al venerdì dalle ore 08:20 alle ore 13.35/13.45 ed il sabato dalle ore 08.20 alle ore 12.35/12.45; 85 con apertura da 1 a 5 giorni alla settimana — dalle 8.20 alle ore 13.35/13.45 ed il sabato dalle ore 8.20 alle ore 12.45.
  Sono, inoltre, attivi 72 ATM Postamat di cui 16 di ultima generazione, ubicati in comuni privi di ufficio postale (cosiddetto
stand alone). Si tratta di uno sportello automatico disponibile sette giorni su sette, in funzione 24 ore su 24, che consente di effettuare operazioni di prelievo di denaro contante, interrogazioni sul saldo e sulla lista movimenti, ricariche telefoniche e di carte Postepay, pagamento delle principali utenze e dei bollettini di conto corrente postale.
  In particolare nel comune di Trento sono presenti 17 uffici postali così ripartiti: 4 con orario doppio turno — apertura 6 giorni a settimana, dal lunedì al venerdì dalle 8.20 alle 19.05 e il sabato dalle 08.20 alle 12.35; 12 con orario mono-turno dal lunedì al venerdì dalle ore 8.20 alle ore 13.35/13.45 ed il sabato dalle ore 8.20 alle ore 12.35/12.45; 1 con apertura da 1 a 5 giorni alla settimana – dalle 08.20 alle ore 13.35/13.45 ed il sabato dalle ore 8.20 alle ore 12.35/12.45. Sono inoltre attivi 10 ATM Postamat.
  Gli interventi di rimodulazione oraria, sopra menzionati, sono stati progressivamente rivisti nel corso dei mesi e ad oggi, nella provincia di Trento, riguardano 77 uffici postali: 8 uffici doppio turno operativi mono-turno, 55 uffici mono-turno a 6 giorni operativi su 3 giorni, 12 uffici con apertura da 1 a 5 giorni operativi da 1 a 3 giorni e 2 uffici chiusi.
  Nel comune di Trento, invece, la rimodulazione ha riguardato 10 uffici postali: 3 uffici doppio turno operativi mono-turno, 6 uffici mono-turno a 6 giorni operativi su 3 giorni e solamente 1 ufficio chiuso.
  Infine, riferisce l'azienda, le attuali razionalizzazioni, come risulta dalle verifiche effettuate dalla società sui flussi di traffico, non sembrano destare particolari criticità. Maggiore affluenza si registra solo nelle giornate di pagamento delle pensioni o delle scadenze fiscali con rallentamenti a livello operativo, evidenziando altresì che la regolare erogazione dei servizi alla clientela viene assicurata anche attraverso gli altri uffici postali aperti nel medesimo comune e/o nei comuni limitrofi.
  Da ultimo, Poste Italiane sottolinea come, in costanza del dialogo aperto con le istituzioni locali, dal 2019 ad oggi, nell'ambito del progetto «Piccoli Comuni», nella provincia di Trento sono state abbattute 5 barriere architettoniche, sono stati installati 174 Wi-Fi e 4 nuovi gestori attese e sono stati installati o sostituiti 35 ATM Postamat su un totale di 72 ATM Postamat presenti su tutto il territorio di interesse dell'interrogante.
  Per concludere, si rappresenta che il Ministero dello sviluppo economico — nell'ambito delle proprie competenze — monitorerà le modalità di erogazione del servizio postale nonché porrà in essere, ove possibile, tutte le opportune iniziative atte a evitare eventuali ulteriori criticità.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Gilberto Pichetto Fratin.


   MAGI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Yevhen Lavrenchuk è un cittadino ucraino, regista e direttore d'opera di fama internazionale, arrestato il 17 dicembre 2021 a Napoli, in esecuzione del mandato di cattura emesso dalla Federazione Russa il 10 luglio 2020 per l'esecuzione di un provvedimento cautelare con generiche accuse di «frode su larga scala», per le quali è prevista una pena fino a anni dieci di reclusione; l'arresto è stato disposto e convalidato, sulla base della richiesta inserita nel sistema di ricerca Interpol, mentre Lavrenchuk si trovava a Napoli per uno scalo aereo. Da allora e fino al 20 gennaio 2022 Lavrenchuk è stato ristretto presso a Poggioreale;

   il 20 dicembre 2021, durante l'audizione successiva all'arresto, Lavrenchuk ha negato il proprio consenso all'estradizione e ha dichiarato di essere vittima di una persecuzione politica da parte della Federazione Russa per ragioni legate alla sua presa di posizione pubblica sull'occupazione della regione della Crimea;

   il 22 dicembre 2021 il Ministero della giustizia «ritenuto che occorre assicurare la consegna della persona ricercata all'esito del procedimento di estradizione», chiedeva alla corte d'appello di Napoli il mantenimento della custodia cautelare in carcere;

   con nota 7 gennaio 2022 del Ministero dell'interno – direzione centrale della polizia criminale – servizio per la cooperazione internazionale di polizia veniva comunicato al Ministero della giustizia, alla corte d'appello di Napoli ed alla procura generale presso la stessa che, «Facendo seguito a precorsa corrispondenza sul conto del nominato in oggetto, il Segretariato Generale Interpol ha comunicato, in data odierna, che a seguito di una revisione legale dei dati inseriti nella diffusione di ricerche internazionali da parte della Russia non risultano essere conformi con l'articolo 3 dello statuto Interpol (qualsiasi attività o intervento in questioni o affari con risvolti politici, militari, religiosi o razziali è rigorosamente vietato dall'organizzazione). Pertanto le informazioni sul conto di Lavrenchuk Yevhen sono state cancellate dalla Banca dati Interpol»; alla comunicazione risulta allegata nota in lingua inglese inviata dall'Interpol al Ministero dell'interno il 7 gennaio 2022;

   con ordinanza 20 gennaio 2022, il signor Lavrenchuck è stato posto agli arresti domiciliari dalla corte d'appello di Napoli. Nel mentre, la Federazione Russa ha fatto pervenire il 19 gennaio 2022 al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale domanda di estradizione;

   Lavrenchuk è stato fondatore del Teatro Polacco di Mosca e ne è stato direttore fino al 2014, quando ha deciso di lasciare la Russia in opposizione all'aggressione dell'Ucraina; tornato in Patria, ha brillantemente portato avanti la propria carriera artistica tra l'Ucraina, la Polonia ed Israele, vincendo diversi premi internazionali;

   in ragione della sua notorietà e delle posizioni espresse con riguardo al conflitto in atto tra Russia e Ucraina, Lavrenchuk è stato già oggetto di pressioni e minacce; quando ancora risiedeva in Russia, in occasione della messa in scena di alcune opere teatrali, ha ricevuto da parte del «Comitato degli Anziani» (un organo consultivo dell'ufficio del sindaco) della città russa di Tomsk accuse di «propaganda all'omosessualità», condotta vietata in Russia da un'infausta legge approvata del 2013; a partire dall'inizio delle ostilità in Crimea, il signor Lavrenchuk ha dovuto abbandonare la Russia, proprio a causa delle pressioni subite per non aver voluto assumere posizione in favore dell'occupazione russa;

   dalla diffusione della notizia dell'arresto, è stata unanime la presa di posizione pubblica degli esponenti del mondo dell'opera e del teatro e della società civile in sostegno del regista; migliaia di persone ne chiedono la liberazione sui social networks, con la campagna internazionale #FreeLavrenchuk; in Italia, la comunità ucraina ha organizzato una manifestazione di sostegno il 15 gennaio 2022 a Milano;

   è raro che l'Interpol proceda autonomamente alla cancellazione delle iscrizioni nei casi di violazione dell'articolo 3 dello statuto, sicché, in questo caso, la valutazione dell'agenzia (di cui la Federazione Russa fa parte) rappresenta per l'interpellante un indizio grave e preciso della strumentalità della domanda di arresto, in quanto animata dallo scopo di perseguire il regista per la sua nazionalità e per le sue opinioni politiche;

   l'abuso dello strumento delle Red Notices da parte di regimi autoritari è un tema sul quale le organizzazioni che tutelano i diritti umani hanno ripetutamente lanciato un allarme; la Federazione Russa è il Paese al mondo che maggiormente si avvale dello strumento della segnalazione nella banca dati Interpol dei propri ricercati (il 38 per cento delle domande complessive) –:

   per quali motivi il Governo abbia richiesto il mantenimento della misura della custodia cautelare in carcere in seguito all'ordinanza della corte d'appello di Napoli del 18 dicembre 2021 e se abbia previamente proceduto ad assumere informazioni sul conto di Lavrenchuck dal Governo dell'Ucraina;

   quali iniziative di competenza siano state intraprese a seguito della comunicazione del provvedimento con cui il segretario generale dell'Interpol ha disposto la cancellazione dai registri della richiesta d'arresto inserita dalla Federazione Russa a carico del signor Lavrenchuck per violazione dell'articolo 3 dello statuto Interpol;

   quali determinazioni intenda assumere riguardo alla richiesta di estradizione in Russia di Lavrenchuck;

   quali dispositivi di protezione intenda attivare per garantire a Lavrenchuck il rientro in Ucraina in sicurezza.
(4-11505)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante domanda alla Ministra della giustizia, alla Ministra dell'interno e al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale informazioni in merito al caso del cittadino ucraino Lavrenchuk Yevhen, tratto in arresto provvisorio in data 17 dicembre 2021 in territorio italiano (e segnatamente nel capoluogo partenopeo) a scopo di estradizione nella Federazione Russa. In particolare l'interrogante chiede di sapere «... per quali motivi il Governo abbia richiesto il mantenimento della misura cautelare della custodia in carcere in seguito all'ordinanza della Corte di appello di Napoli del 18 dicembre 2021...» e «...quali determinazioni intenda assumere riguardo alla richiesta di estradizione in Russia di Lavrenchuk...».
  Al riguardo va posto in risalto che in data 20 gennaio 2022 (entro 40 giorni dall'arresto provvisorio, a norma dell'articolo 16 della Convenzione europea di estradizione), le autorità della Federazione Russa hanno presentato, per via diplomatica, domanda di estradizione nei confronti del cittadino ucraino Lavrenchuk Yevhen.
  In pari data è stata emessa dalla Corte di appello di Napoli l'ordinanza con cui è stata disposta la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari in Avellino, luogo indicato dal Lavrenchuk Yevhen.
  Sin dal mese di gennaio 2022 la Ministra della giustizia ha rappresentato alla Ministra della cultura della Repubblica Popolare Ucraina che il caso sarebbe stato seguito con la massima attenzione dall'autorità giudiziaria italiana competente e dallo stesso Ministero della giustizia, tenendo conto di eventuali situazioni di persecuzione o discriminazioni legate a opinioni politiche o a condizioni personali o sociali della persona di cui era stata richiesta l'estradizione.
  Pertanto in data 2 marzo 2022 la Ministra della giustizia ha richiesto alla Corte di appello di Napoli, a norma dell'articolo 718 comma 2 del codice di procedura penale, la revoca della misura cautelare riconducibile alla domanda di estradizione presentata dalla Federazione Russa nei confronti del Lavrenchuk Yevhen, in considerazione dei drammatici sviluppi della «... situazione riguardante l'Ucraina e...» del fatto che «...gli attuali rapporti tra la Federazione Russa e l'Ucraina inducono a ritenere sussistente e concreto il rischio che, in caso di estradizione, il Lavrenchuk Yevhen, che peraltro si è dichiarato oppositore politico del Presidente Russo Putin e ha assunto in passato posizioni politiche di netta critica all'annessione della Crimea da parte della Federazione Russa, possa essere sottoposto, in ragione della sua condizione di cittadino ucraino oppositore politico, a trattamenti contrari ai diritti fondamentali della persona, ivi compreso il diritto di difesa...».
  Con ordinanza emessa in data 3 marzo 2022 la Corte di appello di Napoli revocava «... la misura cautelare degli arresti domiciliari applicata a Lavrenchuk Yevhen...» e ne disponeva «... l'immediata liberazione...», richiamando integralmente nella parte motiva del provvedimento il contenuto della richiesta avanzata il 2 marzo 2022 dalla Ministra della giustizia ed evidenziando che «... il Lavrenchuk è di nazionalità ucraina e la sua estradizione è stata richiesta dalla Federazione Russa...» e che, «... sulla base delle medesime considerazioni e della posizione assunta dal Governo italiano nella crisi ucraina, il Procuratore Generale nella requisitoria trasmessa a questa Corte in data 25 febbraio 2022 ha chiesto il rigetto della richiesta di estradizione...».

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   MORETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Santa Lucia di Piave è un comune in provincia di Treviso, il cui primo cittadino è Riccardo Szumski;

   il sindaco Szumski, tra l'altro di professione medico di base, è noto per le sue posizioni «No-Vax» e «no-Green pass»;

   il dottor Szumski non ha mai nascosto le proprie idee e, anzi, ha portato in approvazione, in sede di consiglio comunale, una proposta di delibera contro il Green pass, stigmatizzando come lo stesso, a detta del sindaco, costituisca «palese violazione di norme costituzionali e di diritti naturali delle persone»;

   inoltre, nel preambolo dell'atto deliberativo, peraltro approvato dal consiglio comunale, si legge che «Il Green pass è da considerarsi un ricatto nei confronti delle persone, con argomentazioni sanitarie ormai di dubbia certezza»;

   l'ordine dei medici di Treviso pare abbia adottato un provvedimento disciplinare nei confronti del medico trevigiano a seguito di violazioni deontologiche, che hanno portato al ricorso alla misura della radiazione dall'ordine, la sanzione più aspra consentita;

   in aggiunta a quanto sopra riportato, recentemente il sindaco di Santa Lucia di Piave ha lanciato una grave invettiva nei confronti del Capo dello Stato, definendo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella un «traditore, altro che garante della Costituzione», anche contestando le sue affermazioni in lode dei sindaci che si spendono nella lotta al Covid;

   a seguito delle discutibili condotte del primo cittadino di Santa Lucia di Piave, la prefettura di Treviso avrebbe segnalato tali comportamenti alla magistratura inquirente competente per territorio e al Ministero dell'interno –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei comportamenti del sindaco Szumski e se li ritenga compatibili con il suo ruolo istituzionale;

   se sia a conoscenza dell'operato della prefettura e delle eventuali conseguenze che le opportune segnalazioni stiano producendo in capo al sindaco;

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di ristabilire il pieno rispetto della legge presso il comune di Santa Lucia di Piave, nel caso anche stigmatizzando l'operato del primo cittadino;

   se, in relazione agli atti deliberativi assunti dal consiglio comunale di Santa Lucia di Piave, intenda valutare la sussistenza dei presupposti per il ricorso ai poteri di cui all'articolo 138 del Testo unico degli enti locali.
(4-10751)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato in esame si rappresenta quanto segue.
  Dagli elementi forniti dalla Prefettura di Treviso risulta che il dott. Riccardo Szumski, sindaco del comune di Santa Lucia di Piave (Treviso) nonché medico di base, è noto all'opinione pubblica per le sue posizioni «no-vax» e «no
green pass».
  Nell'ottobre 2021, persistendo nel proposito, ampiamente pubblicizzato, di evitare la vaccinazione contro il COVID-19, è giunto a far installare all'esterno della sede municipale un gazebo presso il quale esercitare le proprie funzioni di sindaco.
  Sino al mese di novembre 2021, per un'asserita intolleranza clinica ai sieri vaccinali, ha continuato, inoltre, a svolgere la professione di medico di base, sottraendosi all'obbligo vaccinale previsto per la categoria degli operatori sanitari con ampio e deleterio impatto sull'opinione pubblica.
  All'esito del prescritto
iter di verifica delle cause asseritamente ostative alla vaccinazione, la competente Azienda sanitaria locale ha adottato nei confronti dello Szumski provvedimenti disciplinari conseguenti all'inosservanza dell'obbligo vaccinale, interdicendogli l'esercizio della professione medica.
  In passato il sindaco era stato richiamato dal prefetto di Treviso per avere tenuto condotte difformi alle prescrizioni normative in materia di COVID-19 e per tale motivo era stato diffidato per aver reso, in spregio alle predette disposizioni, provvedimenti autorizzatori relativi ad attività commerciali interdette.
  Si rappresenta, inoltre che, a seguito di monitoraggio dei
social network operato dal Nucleo Informativo del Comando provinciale dei Carabinieri di Treviso, il medesimo è stato deferito, in stato di libertà, per il reato di «Offesa all'onore e al prestigio del Presidente della Repubblica», per un post pubblicato a seguito del recente intervento del Capo dello Stato all'assemblea Anci in merito al ruolo dei sindaci nella crisi pandemica.
  Da ultimo, in relazione a quanto richiesto dall'interrogante circa la sussistenza dei presupposti per il ricorso ai poteri di cui all'articolo 138 Testo unico dell'ordinamento degli enti locali, si rappresenta che la norma richiamata trova il suo fondamento nell'obbligo di assicurare il mantenimento dell'omogeneità dell'indirizzo politico e amministrativo nel quadro di unità e indivisibilità della Repubblica di cui all'articolo 5 della Costituzione.
  L'eventuale esercizio del potere di annullamento straordinario è dunque subordinato alla accertata sussistenza della lesione dell'unitarietà dell'ordinamento giuridico, caratterizzandosi come rimedio di carattere del tutto eccezionale secondo i criteri interpretativi forniti più volte dal Consiglio di Stato. Allo stato non sembrano, quindi, ravvisarsi i presupposti per dare corso ad una eventuale procedura
ex articolo 138 del Testo unico dell'ordinamento degli enti locali.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   SILVESTRONI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Enav s.p.a. è una società controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze per circa il 53 per cento del proprio capitale sociale, mentre il restante 47 per cento è collocato sul mercato azionario a seguito della quotazione in Borsa avvenuta nel luglio 2016;

   la società è soggetta alla vigilanza dell'Ente Nazionale per l'aviazione civile Enac e del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;

   il bilancio di esercizio, a livello di Gruppo Enav, con riferimento all'annualità 2020, ha evidenziato un utile di esercizio pari a circa 54 milioni di euro;

   il bilancio di sostenibilità inerente all'annualità 2020, approvato dall'organo amministrativo di Enav, riporta una sensibile riduzione degli investimenti rispetto all'anno 2019 (77 milioni contro 109 milioni) detta riduzione ha interessato sia l'implementazione ed il mantenimento delle infrastrutture tecnologiche operative, che l'evoluzione della piattaforma tecnologica Atm, nonché le infrastrutture, gli impianti ed i sistemi informativi gestionali e va considerato che, come noto, il controllo del traffico aereo è un servizio cosiddetto di «Safety for Life»;

   sul sito istituzionale dell'Enac è disponibile il «Safety Report» emesso dallo stesso ente dove, in relazione agli indicatori che misurano il livello di Safety raggiunto nel settore dell'aviazione civile in Italia, viene segnalato che, durante l'annualità 2019 sono stati registrati 166 «Gravi Guasti Tecnici» nell'ambito della fornitura dei servizi di assistenza al volo;

   il trend dei succitati «Gravi Guasti Tecnici», nel corso del biennio 2018/2019, è stato in costante ed allarmante crescita ed, infatti, nell'anno 2018, rispetto all'annualità 2017, così come, per l'anno 2019, rispetto all'annualità 2018, si è registrato un aumento annuo del 130 per cento dei ridetti «Gravi Guasti Tecnici» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto rappresentato in premessa e se non ritengano opportuno adottare iniziative di competenza per acquisire elementi circa il numero dei cosiddetti «Gravi Guasti Tecnici» in relazione all'annualità 2020, rendendo edotto l'interrogante delle cause fondanti e delle motivazioni dei su menzionati «Gravi Guasti Tecnici» occorsi ai sistemi di gestione del traffico aereo;

   se, a giudizio dei Ministri interrogati, la riduzione degli investimenti promossa da parte di Enav S.p.a. negli ultimi anni, nell'ambito di una complessiva politica di «Cost Reduction», nonostante gli utili prodotti, possa aver influito sui suddetti «Gravi Guasti Tecnici», oppure, se ritengano che gli stessi possano essere la conseguenza di scelte tecnologiche non idonee nello sviluppo della infrastruttura tecnologica adibita a supporto del controllo del traffico aereo e inoltre se ritengano adeguati, per il triennio 2021/2023, gli investimenti pianificati da Enav per la propria infrastruttura tecnologica adibita a supporto del controllo del traffico aereo e se a loro giudizio tali investimenti siano improntati ad una massimizzazione della sicurezza aerea, oppure ad una mera riorganizzazione del controllo del traffico aereo che appare all'interrogante tesa esclusivamente ad abbattere il costo del personale operativo di Enav deputato a svolgere tale servizio.
(4-09254)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame l'interrogante chiede di conoscere se l'entità degli investimenti dell'Ente nazionale per l'assistenza al volo (Enav) possano aver influito sui «gravi guasti tecnici» indicati nel Safety Report a cura dell'Ente nazionale per l'aviazione civile {ENAC) oppure se gli stessi possano essere la conseguenza di scelte non idonee per lo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche a supporto del controllo del traffico aereo, nonché il numero di tali guasti riferiti all'anno 2020.
  Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dalla Direzione generale per gli aeroporti, il trasporto aereo e i servizi satellitari, si rappresenta quanto segue.
  Ogni progetto di sviluppo e di evoluzione dei sistemi, oltre che di organizzazione della fornitura dei servizi di assistenza al volo, viene elaborato da Enav in linea con quanto previsto dalla vigente normativa nazionale e comunitaria, garantendo la sicurezza e la qualità del servizio.
  Va preliminarmente osservato che il termine «gravi guasti tecnici» è la traduzione di
serious technical failures, come riportato nel Safety Report 2015-2019 al paragrafo relativo al Safety Performance Indicators (SPI-O-14 ATM) e cioè agli indicatori per misurare il livello di safety raggiunto nella gestione del traffico aereo.
  In detto paragrafo sono riportati tutti gli eventi di
safety, da suddividere nei sei livelli previsti dalla metodologia RAT (Risk Analysis Tool), dalla «AA» alla «E».
  Di questi sei livelli, solo il primo (AA -
Total inability to provide safe ATM Services) prevede un degrado così grave da rendere possibili situazioni di incidente, mentre gli altri livelli prevedono situazioni di sempre minore criticità e a basso impatto sulla safety.
  I dati riportati nel
Safety Report fanno riferimento a tutte le segnalazioni obbligatorie e volontarie prodotte da Enav e da tutti gli operatori aeronautici certificati.
  Per quanto riguarda Enav, si rappresenta che non risulta alcun evento molto grave (cosiddetto livello AA) in nessuno degli anni indicati nell'atto in esame.
  Il numero degli eventi di guasto tecnico, segnalati e gestiti da Enav, nell'anno 2019 è stata di 134, mentre nell'anno 2020 è stata pari a 72: nessuno di tali eventi ha in ogni caso determinato impatti sui livelli di
safety delle operazioni.
  Per quanto riguarda gli investimenti in infrastrutture nel bilancio di sostenibilità Enav, la riduzione a circa 77 milioni di euro per l'anno 2020 rispetto ai 109 milioni di euro indicati per l'anno 2019 è ascrivibile all'emergenza Covid-19.
  Nel dettaglio, la riduzione ha riguardato gli investimenti legati all'incremento della capacità dei sistemi che sono stati posticipati in considerazione del fatto che i volumi di traffico aereo registrati nel periodo prepandemico verranno raggiunti non prima del 2023-2024. Per contro gli interventi collegati alla manutenzione e alla sicurezza sono stati mantenuti integralmente.
  Tale decisione è stata condivisa, a livello europeo, da tutti gli
Air Navigation Service Provider (ANSP).
  

Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   SIRAGUSA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   quello dell'acquisizione della cittadinanza italiana è un tema spesso al centro del dibattito politico e della discussione pubblica; purtroppo, in tale diatriba sono solite emergere e confrontarsi esclusivamente due posizioni, tra loro opposte: i favorevoli e i contrari al cosiddetto ius soli. È evidente come una tale polarizzazione non permetta di affrontare il problema in tutta la sua complessità;

   nel 2018 le acquisizioni di cittadinanza avvenute sul suolo italiano sono state 112.523, di cui il 35,1 per cento per residenza, e il 21,5 per cento per matrimonio. È da rilevare quindi come ben il 43,5 per cento di questi nuovi passaporti siano stati ottenuti grazie alle altre modalità previste dalla legge vigente, tra cui la trasmissione della cittadinanza da parte dei genitori, e lo ius sanguinisi;

   un fenomeno interessante emerso negli ultimi anni è quello concernente la mobilità dei nuovi cittadini italiani che, emigrando, entrano a far parte dell'eterogeneo mondo degli «italiani all'estero». Come riportato nel Rapporto italiani nel mondo 2020 della Fondazione Migrantes, «negli anni tra il 2012 e il 2018, dei circa 935 mila stranieri divenuti italiani, sono quasi 61 mila le persone che hanno poi trasferito la residenza all'estero; il 34,5 per cento (quasi 21 mila) di questi solo nel 2018». La mobilità dei «nuovi» italiani è infatti considerata «una dinamica emergente nel panorama migratorio internazionale»; questo fenomeno, a parere dell'interrogante, non può essere ignorato dal legislatore, nella prospettiva di una riforma della normativa che regola l'acquisizione della cittadinanza;

   nel Regno Unito vive, ad esempio, una comunità italo-bengalese che conta già 20 mila persone: «sono migrati due volte, prima dal Bangladesh diretti in Italia, dove hanno ottenuto la cittadinanza. E dopo in Inghilterra, dove ci sono più opportunità» (si veda l'articolo Londra, due volte migranti: gli italo-bengalesi e l'incubo Brexit - videoreportage, «La Repubblica», video.repubblica.it, 10 aprile 2017);

   la legge attuale consente agli italiani residenti all'estero di trasmettere la cittadinanza a tutti i propri discendenti, senza limiti generazionali e senza alcuna verifica della conoscenza della lingua; così come la concede per matrimonio, e per altre fattispecie. Un solo italiano residente all'estero può rendere italiani coniugi, figli, coniugi dei figli; nipoti, coniugi dei nipoti, pronipoti e così via, senza — come detto — alcun limite nel tempo: «Ormai l'Italia viene letteralmente presa in giro anche in America Latina: giorni fa un giornalista argentino, parlando dello scandalo delle cittadinanze facili, ebbe a dire che per diventare italiani vale anche la parentela con Giulio Cesare» ( si veda l'articolo Italiani all'estero / Voto e cittadinanza, i diritti calpestati da ripristinare, ilSussidiario.net, 13 dicembre 2021);

   al riguardo, si rileva come nel 2020 il numero di iscritti all'Anagrafe degli italiani all'estero (Aire) è stato di circa 5,5 milioni: di questi, solo il 51,2 per cento sono emigrati; un numero destinato a crescere. Già ad oggi si stimano circa 60 milioni di oriundi: un numero pari ai cittadini residenti in Italia;

   è evidente come nei prossimi anni, senza una celere modifica normativa, si sarà costretti a fare fronte ad un aumento consistente di riconoscimenti della cittadinanza iure sanguinisi e, non solo, per lontanissimi discendenti di italiani emigrati, ma anche per discendenti di «nuovi italiani» tornati ai propri Paesi di origine o emigrati in altri Paesi –:

   se il Governo abbia avviato una riflessione sugli effetti nel lungo periodo dell'attuale legge sulla cittadinanza in relazione ad un fenomeno migratorio che vede ogni anno emigrare dal nostro Paese italiani e nuovi italiani;

   se il Governo non abbia intenzione di promuovere una riforma della cittadinanza per i residenti all'estero, prevedendo una limitazione alla trasmissione della stessa iure sanguinis.
(4-10997)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato in esame si rappresenta quanto segue.
  La legge 5 febbraio 1992 n. 91, recante «Nuove norme sulla cittadinanza» stabilisce all'articolo 1 il principio della acquisizione
iure sanguinis della cittadinanza italiana da parte di chi è figlio di padre o madre che siano cittadini italiani.
  Non vengono posti limiti territoriali o spaziali alla possibilità di trasmettere e rivendicare la cittadinanza italiana essendo sufficiente dimostrare di essere discendente diretto di un cittadino italiano.
  Tale principio implica che anche i naturalizzati, ossia coloro che divengono cittadini non in forza dello
ius sanguinis, possono trasmettere la cittadinanza.
  Effettivamente nel corso degli ultimi decenni si è registrato un sensibile incremento delle richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana
iure sanguinis da parte di cittadini stranieri di ceppo italiano, soprattutto sudamericani, che rivendicano la titolarità del nostro status civitatis italiano per discendenza. Tale incremento di richieste ha interessato diversi comuni e le nostre sedi consolari all'estero.
  Come comunicato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da una recente ricognizione delle istanze pendenti presso le ambasciate e i consolati italiani in America Latina, emerge una gravosa mole di diverse decine di migliaia di domande pendenti di riconoscimento dello
status civitatis, dovuto sia alla predetta legislazione che non prevede limiti temporali alla richiesta di riconoscimento della cittadinanza italiana, sia alle limitate risorse umane degli uffici consolari.
  Le relative procedure si concludono con la certificazione di cittadinanza, rilasciata dagli Ufficiali di Stato civile in Italia e all'estero, senza adozione di alcun provvedimento da parte del Ministero dell'interno, al quale è attribuita soltanto l'attività di indirizzo sull'esatta applicazione delle norme nazionali concernenti l'acquisto e la perdita della cittadinanza.
  Si evidenzia che la trasmissione automatica della cittadinanza italiana per linea di discendenza e l'assenza di limiti generazionali alla ricostruzione della linea di trasmissione hanno favorito non solo la formazione di un cospicuo arretrato, ma anche un rilevante contenzioso in sede giurisdizionale.
  Un ulteriore fenomeno legato alla disciplina vigente in materia di acquisto della cittadinanza è il cosiddetto «turismo di cittadinanza», vale a dire la pratica di molti soggetti di nazionalità estera che stabiliscono la propria residenza in Italia al solo fine di ottenere il riconoscimento del nostro
status civitatis.
  Proprio con riferimento a tale aspetto sono emerse anomalie, in relazione alle quali risultano essere state avviate numerose inchieste giudiziarie che riguardano diversi comuni italiani di piccole e medie dimensioni, presso i quali si sono concentrati grandi numeri di aspiranti al riconoscimento dello
status civitatis italiano.
  Il tema è infatti diventato sempre più rilevante, sia in considerazione dell'estrema vetustà delle linee di discendenza, talora insorte oltre un secolo fa, e della connessa innegabile rarefazione del vincolo di appartenenza al nostro Paese, sia tenuto conto del fatto che dal possesso della cittadinanza italiana scaturisce automaticamente la titolarità della cittadinanza europea, come previsto dall'articolo 20 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, con conseguente diritto alla libertà di circolazione e di stabilimento in tutti i Paesi dell'Unione europea.
  Allo stato, in riferimento alta possibile riforma della materia, è in corso una interlocuzione costante tra la Farnesina e il Ministero dell'interno per valutare le conseguenze sistemiche dell'attuale dettato normativo in materia di riconoscimento della cittadinanza per discendenza anche alla luce del recente fenomeno migratorio che interessa il nostro Paese.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   TORTO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   dal 18 novembre 2019, come riportato da notizie di stampa, il distretto sanitario di Chieti Scalo (Chieti), collocato in via de Litio è stato chiuso dalla Asl competente. In seguito a ciò, è stato emanato un avviso con scadenza il 29 novembre 2019 al fine di reperire nuovi locali nell'area urbana di Chieti Scalo per ricollocare il distretto sanitario di base ed il consultorio familiare;

   in seguito a ciò è stata anche presentata una interpellanza in consiglio regionale dell'Abruzzo dalla consigliera regionale Barbara Stella del Movimento 5 Stelle con il fine di avere chiarimenti in merito alla chiusura del distretto sanitario ed in particolare per sapere notizie circa il reperimento di nuovi locali idonei per il ricollocamento del distretto sanitario;

   all'interpellanza ha risposto l'assessore alla sanità della regione Abruzzo, dichiarando che in seguito all'esito negativo della procedura volta a reperire altro immobile ove collocare la sede del NOD di Chieti Scalo, è stato fatto ricorso ad una procedura negoziale alternativa rispetto a quelle già esperite a cui ha risposto l'ente RFI (Rete Ferroviaria Italiana) il 28 gennaio 2020 rendendosi disponibile ad avviare una trattativa diretta per il reperimento dell'immobile da adibire al NOD;

   in seguito a ciò, come dichiarato sempre dall'assessore alla sanità della regione Abruzzo, il 5 giugno la direzione della Asl ha comunicato all'ente Rfi la disponibilità ad avviare trattative dirette finalizzate all'accordo tra enti ai sensi della legge n. 241 del 1990 per il reperimento dell'immobile da destinare al Nod;

   in particolare, l'assessore comunicava che la struttura proposta da RFI è collocata in Chieti Scalo, all'interno dell'area delimitata dalle strade pubbliche dotata di parcheggi e collegamenti a mezzi pubblici situata in piazzale Marconi;

   tuttavia l'assessore affermava, nel corso della risposta all'interpellanza, che la direzione della regione era in attesa di riscontro da parte dell'ente RFI in merito al progetto di fattibilità tecnica ed economica di ristrutturazione dell'immobile ed alla dichiarazione di disponibilità ad eseguire direttamente i lavori a proprio carico e ad ottenere dagli enti preposti il cambio di destinazione d'uso dei locali affinché il legale rappresentante potesse inoltrare richiesta di autorizzazione a svolgere le attività sanitarie;

   l'interrogante è a conoscenza di una missiva con cui Rfi comunicava alla regione Abruzzo l'avvio del procedimento di accordo tra gli enti per il reperimento di un immobile da adibire a distretto sanitario con sede in Chieti Scalo risalente a ottobre 2020; da quel momento in poi non si hanno più notizie riguardo alla procedura della regione Abruzzo con Rfi;

   ad avviso dell'interrogante è censurabile la condotta della regione Abruzzo e della Asl di Chieti che ha privato Chieti Scalo di un distretto sanitario di base, chiudendolo senza una alternativa di ricollocazione chiavi in mano. È ancora più grave la lentezza della regione nel realizzare la riapertura del distretto sanitario di base, soprattutto in un momento storico in cui l'emergenza sanitaria dovuta al COVID-19 ha messo in evidenza l'importanza di una rete sanitaria capillare sul territorio –:

   quali siano i riscontri che Rfi ha fornito alla Asl di Chieti in merito alla procedura negoziale descritta in premessa;

   di quali elementi disponga circa il fatto che l'ente della regione Abruzzo, rispetto all'ipotesi progettuale inizialmente discussa con Rfi, abbia formalmente modificato le richieste rendendo in sostanza irricevibile da parte della stessa Rfi le nuove proposte formulate.
(4-09065)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'interrogante chiede chiarimenti in merito al reperimento di nuovi locali idonei per il ricollocamento del distretto sanitario di Chieti Scalo.
  Al riguardo, sulla base degli elementi forniti dal Gruppo Ferrovie dello Stato italiane, si rappresenta quanto segue.
  Sin dall'inizio del 2020, Rete ferroviaria italiana (Rfi) ha avviato trattative dirette con la azienda sanitaria locale di Chieti per il reperimento dei locali in premessa.
  Nel mese di ottobre del 2020, Rfi ha comunicato l'impossibilità di concedere gli spazi richiesti dalla Asl poiché negli stessi erano presenti apparati funzionali all'esercizio ferroviario; tuttavia, la società ha confermato la propria disponibilità a proseguire la trattativa.
  Nel mese di maggio 2021, in seguito ad un sopralluogo congiunto con la Asl, la medesima RFI ha assicurato la redazione del progetto definitivo ed esecutivo di ristrutturazione dei locali all'interno della stazione di Chieti Scalo, secondo il
layout predisposto dall'ente, nonché l'esecuzione delle relative opere, comprese le necessarie autorizzazioni per consentire alla Asl lo svolgimento delle attività sanitarie.
  Sono attualmente in corso le attività di redazione del progetto definitivo ed esecutivo, propedeutiche alla consegna dei lavori all'impresa esecutrice che realizzerà gli interventi necessari per l'approntamento del nucleo operativo distrettuale e della guardia medica della Asl all'interno del fabbricato viaggiatori della stazione di Chieti.
  Rfi prevede di concludere tali attività entro la fine di aprile 2022
  A valle dell'approvazione del progetto definitivo, a cura del Comune di Chieti e della competente soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio, si procederà al perfezionamento del progetto esecutivo e quindi all'avvio dei lavori, della durata stimata di circa sei mesi, da parte dell'impresa esecutrice.

Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   VALLASCAS. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   sulla Gazzetta Ufficiale n. 27 del 6 aprile 2021, è stato pubblicato il bando relativo al «Concorso pubblico per il reclutamento a tempo determinato di 2800 unità di personale non dirigenziale di Area III – F1 o categorie equiparate nelle amministrazioni pubbliche con ruolo di coordinamento nazionale nell'ambito degli interventi previsti dalla politica di coesione dell'Unione europea e nazionale per i cicli di programmazione 2014-2020 e 2021-2027, nelle autorità di gestione, negli organismi intermedi e nei soggetti beneficiari delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia»;

   si tratterebbe, secondo quanto riportano alcuni organi di stampa, «di 2.800 posti per tecnici specializzati nelle Politiche di coesione» con comprovata esperienza nel settore (e non neolaureati) «che dovrebbero essere assunti a luglio per gestire i fondi comunitari del Recovery Fund» e, in considerazione dell'urgenza di predisporre un apparato tecnico-amministrativo in grado di gestire con efficienza le risorse europee «il ministro mette in piedi un concorso che in cento giorni dovrebbe portare all'assunzione dei migliori su piazza»;

   da quanto hanno riportato numerosi organi di stampa, sembrerebbe che nelle procedure concorsuali, gestite da FormezaPA, ci siano state diverse anomalie, tanto che alcuni candidati avrebbero fatto ricorso al Tar del Lazio, mentre altri concorrenti avrebbero minacciato di avviare una class action;

   sembrerebbe, infatti, che degli 8.500 candidati selezionati in base ai titoli di studio e, soprattutto, professionali – che avrebbero dovuto attestare la competenza acquisita sul campo, viste le finalità della selezione – soltanto una minima parte (821), sarebbero risultati idonei all'assunzione, dopo aver sostenuto delle prove scritte, tra il 9 e l'11 giugno 2021, che alcuni giornali hanno definito «astruse con limiti di punteggio che probabilmente non produrranno risultati apprezzabili», risultati che, tra l'altro, «non vengono pubblicati»;

   considerata l'esiguità dei candidati risultati idonei, e comunque in numero insufficiente a ricoprire i posti messi a concorso, il dipartimento della funzione pubblica avrebbe riaperto il bando, con una seconda prova scritta riservata unicamente a circa 70 mila candidati, precedentemente esclusi dalla selezione per titoli di studio e professionali, perché sprovvisti di questi ultimi, quando il concorso era rivolto al reclutamento di professionisti di comprovata esperienza;

   questa circostanza avrebbe determinato una disparità di trattamento tra candidati, per quanto concerne i titoli richiesti, disparità aggravata dal diverso grado di difficoltà delle prove;

   a questo proposito, secondo alcuni organi di stampa, sarebbe «Palese la disparità di trattamento anche e soprattutto nelle prove concorsuali, con domande “accessibili” solo per la seconda tipologia di candidati, rispetto alle precedenti, indecifrabili, piene di refusi e decontestualizzate sottoposte invece ai primi, più “titolati”, per le quali si attende ancora, non solo la pubblicazione dei quesiti (per il principio di trasparenza) per cogliere le differenze tra le prove, ma anche per rendere tutti edotti dei risultati che non sono stati ancora pubblicati»;

   quanto esposto può determinare, nel caso corrispondesse al vero, una situazione di grave e inaccettabile disparità di trattamento tra candidati a un pubblico concorso, nonché di dequalificazione professionale, con ripercussioni preoccupanti sulla gestione delle ingenti risorse del Recovery Fund, posto che il concorso era riservato a tecnici specializzati nelle politiche di coesione con comprovata esperienza nel settore (e non neolaureati) –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;

   se non si ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a revocare le procedure concorsuali al fine di bandirne di nuove, ovvero, per reclutare direttamente le unità lavorative direttamente dalle graduatorie dei circa 8.500 candidati idonei con la selezione per titoli di studio e professionali.
(4-10345)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame, riguardante la rettifica del bando per il «Concorso Coesione», disposta con provvedimento della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 46 in data 11 giugno 2021, che ha previsto l'ammissione alla prova scritta di tutti i candidati precedentemente valutati per titoli e non ammessi alla successiva fase della procedura.
  Con l'atto di sindacato ispettivo in argomento si chiedono al Governo delucidazioni in merito alla menzionata rettifica, suggerendo l'opportunità di «assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a revocare le procedure concorsuali al fine di bandirne di nuove, ovvero, per reclutare direttamente le unità lavorative direttamente dalle graduatorie dei circa 8.500 idonei con la selezione per titoli di studio e professionali».
  La proposta dell'interrogante non può essere accolta, per le ragioni appresso indicate.
  Com'è noto, la procedura comparativa in oggetto è stata bandita con provvedimento pubblicato in
Gazzetta Ufficiale n. 27 del 6 aprile 2021-4a Serie speciale Concorsi ed esami. La lex specialis prevedeva che il concorso si articolasse in una valutazione per titoli (professionali e di studio) e in una «fase selettiva scritta, [...] riservata a un numero massimo di candidati pari a tre volte il numero dei posti messi a concorso per singolo profilo oltre eventuali ex aequo» (articolo 3 del bando).
  A seguito dell'ammissione delle domande è stata avviata la valutazione dei titoli, conclusa con l'ammissione di 8.500 candidati giudicati idonei e conseguentemente ammessi alla prova scritta. Successivamente, tra il 9 e l'11 giugno 2021, tali candidati hanno sostenuto l'esame scritto.
  A questo punto, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, ha emanato il già citato provvedimento di rettifica della
lex specialis, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 46 in data 11 giugno 2021, motivato sulla base di diversi ordini di ragioni.
  In primo luogo, i dati registrati sull'affluenza a livello nazionale alle prove di esame svolte sino ad allora evidenziavano una partecipazione dei candidati convocati inferiore al 65 per cento, che in alcune Regioni (Regione Lazio e Regione Puglia) era stata addirittura inferiore al 50 per cento. Di conseguenza, si era resa ineludibile la necessità di assicurare che il numero dei candidati in posizione utile nella graduatoria finale di merito fosse tale da consentire, nella misura massima possibile, la copertura dei posti banditi.
  In secondo luogo, si era reso opportuno incrementare il numero dei candidati in posizione utile nella graduatoria finale di merito al fine di soddisfare il fabbisogno di personale necessario all'attuazione dei progetti di competenza delle amministrazioni titolari di interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche alla luce del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, al tempo recentemente promulgato.
  Per tali ragioni, il Dipartimento della funzione pubblica ha ritenuto opportuno agire in autotutela per rettificare la
lex specialis, al fine di riammettere alla fase selettiva scritta anche quei candidati che – pur essendo in possesso dei requisiti di accesso al concorso – non avevano conseguito un punteggio abbastanza elevato nella iniziale valutazione per titoli. Invero, non si trattava di candidati privi dei requisiti, né di candidati sprovvisti di titoli di studio e professionali ulteriori; semplicemente, erano candidati che – in ottica comparativa – erano risultati peggiori rispetto agli altri inizialmente selezionati, pur disponendo di una comprovata esperienza valorizzabile a fini lavorativi.
  La decisione di agire quindi in autotutela per le preminenti ragioni di interesse pubblico appena illustrate è stata frutto di un attento bilanciamento di tutti gli interessi in gioco, pubblici, privati o collettivi che fossero. A riprova di ciò, anche il giudice amministrativo, chiamato ad esprimersi sulla vicenda, ha suffragato, le scelte dell'amministrazione.
  Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, nella sede di Roma, con l'ordinanza 13 luglio 2021, n. 3833, ha infatti stabilito che «il provvedimento di rettifica [...], nell'ammettere alla prova scritta tutti i candidati valutati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera
a) del bando, non incide sui requisiti di ammissione, che restano inalterati, né muta gli elementi e i valori della selezione (titoli e prova scritta), così come originariamente previsti dal bando, il che esclude la prospettata lesione della “par condicio” dei concorrenti». Su tali basi il giudice ha rigettato la domanda cautelare proposta da alcuni candidati, e di conseguenza, il «Concorso Coesione» ha potuto proseguire proficuamente.
  Al termine della vicenda appena illustrata, vale a dire nel luglio 2021, si è concluso il concorso in questione e sono state pubblicate le graduatorie di merito per ciascun profilo professionale richiesto, attualmente consultabili al link
http://riqualificazione.formez.it/content/concorso-pubblico-reclutamento-2800-tecnici-tempo-determinato-regioni-sud-graduatorie.
  Per le ragioni esposte, in conclusione, si ritiene che lo svolgimento del «Concorso Coesione» così come la scelta
medio tempore effettuata di rettificare il bando, non siano stati affetti da alcuna illegittimità e, anzi, abbiano correttamente interpretato il preminente interesse pubblico delle amministrazioni coinvolte, come tra l'altro affermato anche dal giudice amministrativo nei menzionati provvedimenti giurisdizionali.
  Ad ogni modo, attualmente, non sarebbe nemmeno più concepibile la possibilità di agire in autotutela – come prospettato dall'interrogante – dal momento che il concorso si è concluso e la fase pubblicistica della procedura comparativa si è definitivamente esaurita.
  Ferme restando tali considerazioni, si segnala che è stato pubblicato in
Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale Concorsi ed esami - n. 82 del 15 ottobre 2021 il bando di Concorso pubblico per il reclutamento a tempo determinato di 2.022 unità di personale non dirigenziale di Area III - F1 o categorie equiparate nelle amministrazioni pubbliche con ruolo di coordinamento nazionale nell'ambito degli interventi previsti dalla politica di coesione dell'Unione europea e nazionale per i cicli di programmazione 2014-2020 e 2021-2027, nelle autorità di gestione, negli organismi intermedi e nei soggetti beneficiari delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
  Il 1° febbraio 2022 è stato pubblicato l'avviso per l'individuazione dei componenti delle commissioni esaminatrici, che sono in corso di nomina; è stato dato mandato a Formez PA di organizzare la prova scritta nel mese di marzo 2022.
  I candidati del precedente concorso che non siano riusciti a posizionarsi utilmente in graduatoria potranno eventualmente avere nuove chance di buona riuscita nella nuova procedura appena bandita. In questo modo, le legittime aspirazioni dei cittadini interessati a lavorare nelle pubbliche amministrazioni per il rilancio del Paese potranno essere adeguatamente soddisfatte.

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.