Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 21 aprile 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la diminuzione del potere di acquisto conseguente alla crisi economica, aggravatasi con la pandemia e, da ultimo, con il conflitto in atto in Ucraina, ha acuito il problema dell'affordability, ossia della sostenibilità delle spese per l'accesso all'abitazione che, diventando sempre più onerose, pesano gravemente sui bilanci familiari. Una famiglia su quattro ha avuto, negli ultimi anni, difficoltà a pagare l'affitto (si tratta in prevalenza di nuclei familiari fragili con figli, di età compresa tra i 45 e i 64 anni) e più del 40 per cento di esse prevede di non riuscire a pagarlo nei prossimi dodici mesi (anche in questo caso sono le famiglie con figli a manifestare una maggiore fragilità, in particolare coppie nella fascia di età tra i 45 e i 64 anni). Sono questi alcuni dati diffusi da Federcasa e contenuti nella ricerca «Dimensione del disagio abitativo pre e post emergenza COVID-19. Numeri e riflessioni per una politica di settore», commissionato alla società Nomisma Spa e pubblicato nel mese di maggio 2020. La ricerca evidenzia, in particolare, che la percentuale delle famiglie che, negli ultimi dodici mesi, ha accumulato ritardi nel pagamento dell'affitto è passata dal 9,6 per cento (delle famiglie che vivono in affitto), prima dell'emergenza sanitaria da COVID-19 al 24 per cento durante le misure di contenimento;

    anche l'Indagine straordinaria sulle famiglie italiane (Isf) condotta dalla Banca d'Italia, pubblicata nel 2021, conferma che quasi il 40 per cento degli affittuari e oltre il 30 per cento delle famiglie indebitate hanno dichiarato di avere difficoltà nel sostenere il pagamento dell'affitto o delle rate del debito;

    le ricerche condotte confermano, da un lato, che l'emergenza sanitaria ha inasprito ulteriormente la già drammatica situazione del disagio abitativo e, dall'altro, che non sono stati programmati interventi seri e strutturali per farvi fronte;

    le politiche abitative, che sono rimaste relegate a un ruolo residuale tra la fine degli anni '90 e il primo decennio del nuovo secolo, in considerazione dell'allora diffuso livello di benessere economico e dell'elevata percentuale dei proprietari di immobili destinati a privata abitazione, sono nuovamente assurte a un ruolo di primaria importanza nell'ambito delle politiche sociali e di coesione a seguito della crisi economica del 2009, che ha riacceso i riflettori sul disagio abitativo, registrato soprattutto nelle aree più depresse del Paese;

    un disagio, quello abitativo, che ha assunto negli ultimi anni connotazioni nuove, giacché esso attualmente coinvolge classi sociali che fino alla crisi del 2009 ne erano rimaste fuori e cioè, in particolare, i nuclei familiari monoreddito con un numero elevato di componenti o nel cui ambito siano presenti minori, stranieri, persone ultrasessantacinquenni, persone disabili o in carico ai servizi sociali, e single impoveriti a seguito della crisi economica e non più in grado di sostenere il costo dei mutui accesi per l'acquisto della prima casa o di pagare il canone per l'affitto di un'abitazione dignitosa;

    uno dei fattori principali che concorre a determinare il disagio abitativo è rappresentato dal costo dell'abitazione: il canone di locazione rappresenta la voce di spesa più rilevante;

    il disagio abitativo, nel nostro Paese, riguarda circa 1.475.000 famiglie italiane (dati di Federcasa e della società Nomisma Spa) cioè il 5,7 per cento, delle famiglie italiane, delle quali 783.000 in condizioni di disagio acuto e 692.000 in condizioni di disagio grave. Chi è in affitto paga un canone medio mensile compreso tra i 380 e 450 euro, che grava pesantemente sul bilancio familiare: la sola componente legata agli affitti (reali o figurativi) rappresenta il 64,5 per cento della spesa per l'abitazione. I territori che esprimono un maggiore disagio per l'elevata incidenza del canone pagato sul reddito del locatario sono, con riferimento alle ripartizioni territoriali, il nord-ovest e, a seguire, il sud e le isole, mentre, per dimensione, i comuni più popolosi insieme a quelli meno popolosi (rispettivamente oltre i 200.000 abitanti e con meno di 20.000 abitanti);

    il non avere un alloggio e l'essere esclusi dalla possibilità di disporne sono tra le forme più estreme di povertà e di deprivazione. La «deprivazione abitativa» è uno degli indicatori utilizzati dall'Unione europea per calcolare il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale. In Italia, il tasso di deprivazione abitativa riguarda il 5 per cento della popolazione a fronte del 4 per cento medio dei Paesi europei. Se, da una parte, la diminuzione del reddito comporta una crescente deprivazione abitativa, dall'altra, il peso eccessivo dei costi abitativi si traduce in una riduzione del reddito familiare disponibile e in una conseguente compressione dei consumi o delle possibilità di risparmio. L'Italia si posiziona quarta in Europa per quanto concerne la spesa per la protezione sociale in rapporto al prodotto interno lordo (20,8 per cento), ma la composizione della spesa è decisamente spostata verso la previdenza, a scapito delle altre funzioni, tra le quali l'abitazione;

    la Costituzione italiana — a differenza di altri Stati europei quali il Belgio, il Portogallo, la Spagna e la Svezia — non riconosce espressamente il diritto all'abitazione. Tuttavia, il diritto all'abitazione è desumibile da diverse disposizioni costituzionali, in quanto l'abitazione costituisce il presupposto — oltre che per la realizzazione di un'eguaglianza sostanziale tra cittadini di cui all'articolo 3, secondo comma — per l'esercizio di diritti e libertà costituzionalmente riconosciuti, tra i quali la libertà di domicilio (articolo 14), i diritti della famiglia (articoli 29 e 31), il diritto alla salute (articolo 32), il diritto al lavoro (articoli 4, primo comma, e 35, primo comma). Dunque, appare innegabile che il tema dell'abitazione assuma una particolare rilevanza proprio perché incide sul godimento dei diritti fondamentali;

    la Corte costituzionale, sebbene in un primo momento avesse negato la configurabilità del diritto all'abitazione, a partire dalla fine degli anni '80 ha riconosciuto l'esistenza di tale diritto qualificandolo come «diritto sociale fondamentale» e annoverandolo «fra i diritti inviolabili (...) di cui all'articolo 2 della Costituzione» (sentenze n. 404 del 7 aprile 1988, n. 166 del 23 maggio 2008 e n. 209 del 9 luglio 2009). Essa, tuttavia, ha sottolineato che il diritto all'abitazione, come tutti i diritti sociali, è «finanziariamente condizionato» e dunque tende ad essere realizzato in proporzione delle risorse della collettività (sentenza n. 252 del 18 maggio 1989). In quest'ottica, dunque, il diritto all'abitazione, nel nostro Paese, sarebbe da considerare un diritto inviolabile e, al contempo, un diritto sociale e precisamente un «diritto sociale condizionato»;

    certamente dare una nuova lettura «forte» del diritto alla casa, inteso come posizione soggettiva avente un «contenuto essenziale», ed in questa accezione riconosciuto in ambito europeo, comporta, ovviamente, un radicale cambiamento delle tradizionali politiche abitative;

    il diritto all'abitazione è espressamente previsto dalla Carta sociale europea che, nel testo revisionato nel 1996, prevede, alla parte I, numero 31, che «Tutte le persone hanno diritto all'abitazione» e dispone, alla parte II, articolo 31, che, per garantire l'effettivo esercizio di tale diritto, gli Stati firmatari «s'impegnano a prendere misure destinate», tra l'altro, «a favorire l'accesso ad un'abitazione di livello sufficiente», a «prevenire e ridurre lo status di “senza tetto” in vista di eliminarlo gradualmente» e a «rendere il costo dell'abitazione accessibile alle persone che non dispongono di risorse sufficienti»;

    il diritto all'abitazione è altresì previsto, a livello europeo, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, all'articolo 34, paragrafo 3, nel quale si prevede che l'Unione «riconosce e rispetta il diritto (...) all'assistenza abitativa», al fine di «garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti»;

    nell'ambito della dimensione europea si è assistito, pertanto, a un crescente interesse per il tema del diritto all'abitazione, attraverso l'elaborazione di specifici documenti volti a garantirne l'effettività. Così, ad esempio, la Carta europea degli alloggi, approvata il 26 aprile 2006 dall'intergruppo Urban logement del Parlamento europeo, e la risoluzione del Parlamento europeo 2006/2108/(INI) sugli alloggi e la politica regionale, del 10 maggio 2007. Il 21 gennaio 2021, il Parlamento europeo ha approvato un'altra importante risoluzione sull'accesso a un alloggio dignitoso e a prezzi abbordabili per tutti (2019/2187(INI)) che conferma come l'accesso a un alloggio adeguato costituisca un diritto fondamentale, una condizione preliminare per l'esercizio di altri diritti fondamentali, nonché per condurre una vita in condizioni rispettose della dignità umana;

    anche la Corte di giustizia dell'Unione europea (causa n. C-34/13 – sentenza del 10 settembre 2014) si è espressa nel senso di ritenere che il diritto all'abitazione sia un diritto fondamentale da comprendere nell'ambito delle politiche di inclusione sociale, oggetto di competenza concorrente dell'Unione e degli Stati membri, i quali dovrebbero fornire indicazioni anche sulla concreta garanzia del diritto all'assistenza abitativa;

    il punto 56 della recente e già citata «Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021 sull'accesso a un alloggio dignitoso e a prezzi abbordabili per tutti» fa anche esplicito riferimento all'abitare collaborativo e «invita la Commissione, gli Stati membri e le autorità regionali e locali a riconoscere, sostenere e finanziare soluzioni abitative partecipative, democratiche e collaborative, compresi i trust fondiari delle comunità, quali mezzi legittimi e sostenibili per fornire alloggi di mercato e sociali; chiede un approccio sostenibile all'uso dei terreni urbani, ad esempio dando la priorità alla ristrutturazione delle case abbandonate rispetto alla costruzione di nuovi edifici»;

    i cambiamenti demografici degli ultimi 30 anni hanno prodotto rivoluzioni dell'organizzazione sociale, della distribuzione del reddito e, soprattutto della composizione dei nuclei familiari. Accanto al fenomeno dell'invecchiamento della popolazione, l'aumento del lavoro femminile ha ridotto la natalità nei paesi occidentali. Lo stile di vita è profondamente mutato, con perdita del supporto familiare agli anziani e aumento delle famiglie mononucleari. Dalla rivoluzione socio-economica scaturisce l'esigenza di soluzioni abitative a contrasto dell'isolamento e a favore della ricreazione di alcune funzioni che erano proprie delle famiglie tradizionali. In Europa lo sviluppo delle forme abitative collettive si è sviluppato in modo diverso tra i Paesi membri dell'Unione europea. Nel cohousing, in cui i residenti rinunciano ad una parte della propria individualità abitativa a favore della realizzazione di aree comuni con finalità di interazione sociale ed economia di gestione, vengono messe in comune aree ricreative, servizi come lavanderie e cucine, giardini o spazi all'aperto. Non esiste un modello univoco di cohousing, in quanto la «dimensione sociale» può essere interpretata in modi diversi a seconda della cultura, del livello socio-economico, della popolazione prevalente con i conseguenti bisogni specifici (ad esempio servizi socio-sanitari, assistenza domiciliare per anziani, babysitting, doposcuola e altro). Mentre nell'edilizia residenziale pubblica prevale la dimensione economica, per offrire una abitazione a soggetti a basso reddito, nel cohousing l'obiettivo è prevalentemente la ricerca di condivisione di determinati servizi e di modi nuovi di abitare. Le realizzazioni di cohousing abitualmente prevedono un partenariato pubblico-privato e l'offerta proviene spesso dal settore privato, dal terzo settore e dalle fondazioni;

    in Italia, a causa di un retaggio culturale diverso, il fenomeno del cohousing si sviluppa più lentamente rispetto ai Paesi del Nord Europa, che lo praticano dagli anni '60, e spesso è favorito da organizzazioni di promozione sociale, attraverso soluzioni di coabitazione mista, ad esempio tra anziani soli e studenti fuori sede presso l'abitazione divenuta troppo grande per l'anziano;

    nel 2011 l'architetto Boeri affermava che: «Gradualmente le città diventano importanti laboratori a cielo aperto per la sperimentazione di nuove modalità residenziali: fenomeni come la trasformazione dei nuclei familiari, l'invecchiamento della popolazione, la precarietà lavorativa, la difficoltà nel reperire abitazioni adatte alle esigenze di una vita più mobile, l'indebolimento delle reti sociali spingono gli individui a coabitare». Ecco che rispetto ad uno scenario nel quale le città contemporanee sono raffigurate come metropoli anomiche, in esse da un lato l'individuo si trova in una condizione tale per cui sviluppa l'esigenza di ritrovare senso e solidarietà, dall'altra sono le istituzioni che cominciano a progettare modalità innovative di welfare rispetto agli effetti di spaesamento e congestione urbani. E, in questo contesto, in cui appare evidente l'esigenza di stimolare i processi di inclusione sociale, il cohousing può rappresentare una pratica sostenibile di riqualificazione urbana e uno strumento di welfare attivo basato sul coinvolgimento diretto degli individui, perché, prevedendo modalità di co-residenza tra individui diversi tende a sviluppare forme trasversali di supporto dando vita ad una sorta di processo assistenziale intergenerazionale;

    il cohousing può rappresentare una forma innovativa e intelligente di risposta ai nuovi bisogni abitativi e, per tale motivo, risulta necessario considerare seriamente il modello incentivando le sperimentazioni presenti nel Paese. Ad esempio, nei primi giorni del mese di luglio 2021, la giunta del comune di Roma ha approvato un provvedimento destinato a sperimentare una convivenza intergenerazionale: giovani ed anziani sotto uno stesso tetto per contrastare l'emarginazione sociale e promuovere la condivisione ed il confronto tra culture diverse. Promuovendo simili iniziative negli ambiti cittadini di degrado o di abbandono, per la riqualificazione dei quali la pubblica amministrazione non dispone spesso delle risorse economiche necessarie, potrebbero svilupparsi preziose forme di collaborazione tra enti pubblici e associazioni locali al fine di realizzare modelli di interazione urbana funzionali all'assicurazione di benessere, integrazione e coesione sociale dei cittadini;

    è necessario pertanto, anche alla luce di ciò, cambiare visione in materia di politiche abitative;

    le due linee lungo le quali si è mosso l'intervento del legislatore italiano in questi anni si sono mostrate del tutto carenti e poco lungimiranti: la prima è quella rivolta all'incremento del numero delle abitazioni disponibili, da ottenere tramite la realizzazione di un sistema di edilizia residenziale pubblica con cui provvedere alla costruzione di nuove unità abitative e alla loro assegnazione ai bisognosi. Tale settore soffre, oggi, di una cronica carenza di alloggi da destinare ai ceti meno abbienti o a quelli di categorie disagiate o fragili. Il particolare momento che si sta vivendo evidenzia l'esigenza di un reperimento urgente di alloggi di edilizia residenziale pubblica, e la necessità di impiegare ogni risorsa disponibile per essere destinata a dette finalità, passando per una urgente e attenta ricognizione presso ogni regione, dello stato di tutti gli interventi programmati, della corretta utilizzazione delle risorse con l'obiettivo di accelerare con ogni strumento normativamente possibile la realizzazione e/o il completamento degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ancora in corso, nonché definire la programmazione con tempi certi di quelli ancora da intraprendere con le risorse che risulteranno ancora disponibili a seguito della ricognizione;

    negli anni, sono stati approvati provvedimenti normativi con i quali sono stati disposti diversi stanziamenti di risorse per l'edilizia residenziale pubblica. Fra questi si ricordano: la legge n. 457 del 1978 (articolo 2, lettera f), e articolo 3, lettera q)); il decreto-legge n. 12 del 1985, convertito dalla legge n. 118 del 1985 (articolo 3, comma 7-bis) con la quale, per far fronte alla situazione abitativa del Paese e per l'immediato avvio del programma di edilizia residenziale pubblica del biennio 1986-1987, si è previsto un finanziamento di 5.350 miliardi di lire; la legge n. 67 del 1988 (articolo 22); il decreto-legge n. 152 del 1991 convertito dalla legge n. 203 del 1991 (articolo 18, lettera a) del comma 1); il decreto-legge n. 9 del 1982 convertito dalla legge n. 94 del 1982 (articolo 4), con cui si autorizzava un finanziamento di 600 miliardi di lire da iscrivere per il biennio 1982-1983 e di 50 miliardi per il 1982 per l'edilizia residenziale pubblica e convenzionata; la legge n. 179 del 1992 (articolo 18). Di recente è stato adottato anche il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 6 luglio 2020 relativo al riparto delle risorse per realizzare interventi di edilizia residenziale sociale nei territori danneggiati dai sismi degli anni 2016-2017;

    nonostante la previsione di tali risorse economiche, la condizione di disagio abitativo persiste ed è destinata ad aggravarsi;

    la seconda linea lungo la quale si è mosso sinora l'intervento del legislatore italiano è quella vertente sulla tutela della parte debole nei rapporti contrattuali di diritto privato (un caso tipico è proprio il rapporto di locazione), che vedono entrare in relazione il proprietario di un immobile e un soggetto interessato a fare di quell'immobile il proprio luogo di abitazione. In quest'ultimo ambito si collocano due importanti strumenti utilizzati in questi anni a livello nazionale per le politiche abitative, ovvero il Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, istituito dall'articolo 11, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, istituito ai sensi dell'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, gestito dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;

    a partire dall'assegnazione delle somme relative all'anno 2019 – consentendo alle regioni di poter riallocare sul Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione le risorse non utilizzate della dotazione del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli – si è sostanzialmente prodotta un'unificazione delle risorse della dotazione dei due fondi con la precipua finalità di attuare misure uniche per la riduzione del disagio abitativo;

    negli anni, si è riscontrato che entrambi i predetti fondi non hanno funzionato in modo adeguato, come si può rilevare, tra l'altro, dall'indagine effettuata dalla Corte dei conti sui fondi per il sostegno all'abitazione in locazione per le categorie sociali deboli per il periodo dal 2014 al 2020 (relazione allegata alla deliberazione 3 agosto 2020, n. 9/2020/G);

    diverse sono le disfunzioni e le distorsioni che le due misure presentano e sulle quali la stessa Corte dei conti si è soffermata:

     a) non vi è stato un corretto assolvimento delle procedure per il riparto delle risorse in quanto i provvedimenti di riparto degli ultimi anni sono stati adottati, per lo più, non nei primi mesi di ciascun anno, come richiesto dalle norme, rendendo, di fatto, più difficile l'utilizzo delle risorse disponibili nel corso dello stesso esercizio e, in definitiva, contribuendo a un loro impiego non del tutto efficiente;

     b) in ordine alle competenze istituzionali, nella relazione la stessa Corte dei conti precisa che «la condivisione con le regioni delle responsabilità istituzionali nel settore delle politiche abitative rende le attività di concertazione istituzionale (livello politico) e di messa a punto tecnico-amministrativa particolarmente complesse»;

     c) nelle annualità considerate non compare in modo costante l'indicazione degli obiettivi relativi alla gestione di entrambi i fondi, una gestione che, a prescindere dal fatto che fossero stati o no rifinanziati dalla relativa legge di Bilancio, doveva essere esercitata con riferimento quanto meno alle attività di monitoraggio circa lo stato di utilizzo delle risorse ripartite tra le regioni;

     d) risorse non utilizzate. Ad esempio, con riferimento alla ripartizione delle risorse tra le regioni del fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli per l'anno 2014, a fronte di un ammontare complessivo di risorse trasferite alle regioni dal Ministero pari a 184,25 milioni di euro, ben 87,92 milioni di euro non sono stati in concreto utilizzati;

     e) si sono registrati numerosi casi in cui le regioni non hanno trasferito – o lo hanno fatto solo parzialmente – le risorse agli enti locali del territorio;

     f) a ciò si aggiunge che le risorse assegnate ai comuni non sono state sempre integralmente erogate ai richiedenti per la riscontrata presenza di alcune criticità relative ai requisiti di accesso. Il funzionamento, in particolare, del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli ha presentato criticità relative ai requisiti di accesso che ne hanno reso, sino ad oggi, assai difficoltosa la fruizione da parte dei cittadini. Uno dei maggiori ostacoli all'agevole erogazione del contributo è, di certo, il presupposto richiesto ai potenziali beneficiari di essere già destinatari di un'intimazione di sfratto con citazione per la convalida. La stessa Corte dei conti, nelle conclusioni della relazione, afferma che: «In senso propositivo dovrebbero essere rivisti quei requisiti (quali la convalida dello sfratto) che hanno rappresentato un forte ostacolo alla concessione di contributi in favore di soggetti in condizioni di morosità incolpevole ma non ancora giunti alla fase conclusiva del procedimento esecutivo di rilascio», e aggiunge che «Potrà anche essere valutata l'opportunità di modificare i livelli di reddito di accesso, ampliandoli e rendendoli maggiormente rispondenti alle fasce sociali che si affacciano sul mercato della locazione. Inoltre, dovrà essere considerata la nuova domanda proveniente da soggetti che hanno perso la propria capacità reddituale (in una determinata percentuale) a seguito delle ricadute negative conseguenti all'emergenza COVID-19 ...)»;

     g) sono emerse criticità anche nell'effettuazione del monitoraggio. Gli elementi informativi raccolti dall'amministrazione, in sede di monitoraggio, sono numericamente davvero esigui, in quanto comunicati solo da poche regioni e sempre le stesse (Lombardia, Emilia-Romagna, Marche, Campania e Sardegna). Per la Corte dei conti «il monitoraggio della gestione dei Fondi riveste un ruolo centrale nell'attuazione delle politiche abitative nazionali, ma le modalità con le quali è stato condotto sino ad ora dalla competente struttura ministeriale non appaiono adeguate»;

     h) non risultano essere state rispettate, per tutte le annualità considerate, le disposizioni che impongono, a partire dal 2005, alle regioni la comunicazione (prima entro un anno e poi entro sei mesi) delle risorse erogate agli enti locali, quale condicio sine qua non al fine di poter scomputare dalle quote ripartite nei successivi anni le somme non trasferite ai comuni;

    a causa dell'emergenza da Coronavirus, dapprima l'articolo 103, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) ha previsto la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, fino al 31 dicembre 2020;

    da ultimo, ai sensi dell'articolo 40-quater del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, che ha previsto una immobili, anche ad uso non abitativo, dal 1° luglio 2021 sono riprese le esecuzioni degli sfratti relativamente ai provvedimenti di rilascio degli immobili precedenti al 29 febbraio 2020; dal 1° ottobre 2021 sono ripartite le esecuzioni degli sfratti riguardanti i provvedimenti di rilascio degli immobili emessi tra il 1° marzo 2020 e il 30 settembre 2020, mentre quelli disposti per il periodo che va tra il 1° ottobre 2020 e il 30 giugno 2021, l'esecuzione ha ripreso dal giorno 1° gennaio 2022;

    i comuni devono oggi far fronte ad una domanda di alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale che non sono in grado di soddisfare per garantire il passaggio da casa a casa alle famiglie con sfratto, presupposto necessario per evitare un aggravamento situazioni di disagio sociale conseguenti all'esecuzione dei provvedimenti di sfratto relativi agli immobili ad uso non abitativo;

   rilevato che:

    la situazione mostrata dai dati sopra illustrati riflette la grave precarietà della situazione economica dei cittadini e delle famiglie italiani e richiede un ripensamento delle tradizionali modalità di risposta, con politiche e interventi a loro volta più mirati alle diverse tipologie di bisogno;

    nel nostro sistema di welfare le politiche abitative sono state sempre la «Cenerentola» delle politiche sociali, dimostrandosi inadeguate ad affrontare e a risolvere il crescente fenomeno del disagio abitativo;

    di fronte a una situazione così grave è evidente che adeguate misure di sostegno al reddito in favore di soggetti e delle famiglie che vivono una condizione di fragilità economica, per consentire loro di accedere più facilmente alla locazione abitativa nonché di mantenerla, rivestono un ruolo fondamentale in termini di risposte al disagio abitativo;

    bisogna intervenire per porre rimedio alle disfunzioni, alle distorsioni dei due Fondi menzionati, anche tramite l'istituzione di un nuovo Fondo di garanzia e la revisione di quello destinato agli inquilini morosi incolpevoli, affinché queste ultime misure possano concretamente assolvere alla loro finalità di mitigare e di ridurre lo stato di sperequazione sociale di molti italiani derivante dalla situazione di disagio abitativo;

    è necessario, altresì, predisporre un welfare integrato, nel quale il contrasto della povertà abitativa possa rappresentare l'anello da cui partire per sostenere e favorire l'accesso all'istruzione, alla formazione e all'occupazione e per risolvere le situazioni di povertà che sono molte e tra loro interdipendenti;

    infine, bisogna fare proprie le sollecitazioni provenienti dall'ordinamento europeo che poggia su una lettura forte del diritto all'abitazione e, nel raccogliere le raccomandazioni della Corte dei conti contenute nella citata relazione, appare quanto mai opportuno un profondo ripensamento delle modalità con le quali provvedere all'erogazione delle risorse economiche da mettere a disposizione di un settore, come quello delle politiche abitative, che esprime un fabbisogno molto elevato;

    da ultimo il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha previsto misure di sostegno alle politiche di inclusione, anche con interventi di potenziamento dell'edilizia pubblica residenziale, di housing temporaneo (come le strutture di accoglienza temporanea per gli individui senza fissa dimora o in difficoltà economica) e di housing, sociale destinato ad offrire alloggi a canone ridotto, ad esempio, a studenti o famiglie monoreddito. Nell'ambito della Missione 5 è infatti indicato uno specifico investimento con l'obiettivo di realizzare nuove strutture di edilizia residenziale pubblica, per ridurre le difficoltà abitative, con particolare riferimento al patrimonio pubblico esistente, e alla riqualificazione delle aree degradate, puntando principalmente sull'innovazione verde e sulla sostenibilità,

impegna il Governo:

1) nell'ambito degli interventi di pianificazione e programmazione delle politiche abitative, ad adottare le iniziative di competenza, anche normative finalizzate:

  a) a prevedere e dare attuazione in tempi certi ad un piano pluriennale di edilizia residenziale pubblica a consumo di suolo zero, in linea con gli obiettivi previsti nell'ambito della Missione 5 del Piano nazionale di ripresa e resilienza ed in modo da garantire un coordinamento con gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale previsti nell'ambito della medesima Missione 5 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché con le misure contenute nel decreto-legge n. 17 del 2022, cosiddetto «decreto Energia» (articolo 28), con gli indirizzi contenuti nella mozione in materia di rigenerazione urbana, recentemente approvata dalla Camera, e con le ulteriori misure in materia di rigenerazione urbana adottate dai Ministeri competenti con l'obiettivo di accompagnare all'edilizia residenziale pubblica la creazione di spazi e/o servizi culturali e sociali in grado di migliorare l'inclusione e la qualità della vita dei cittadini destinatari di tali interventi;

  b) ad effettuare una ricognizione delle somme stanziate con le leggi in materia di edilizia residenziale pubblica, e rimaste ad oggi inutilizzate, accertando le cause dell'eventuale mancata utilizzazione, e ad assicurare il reimpiego immediato delle risorse eventualmente residuate per far fronte alla carenza di alloggi a canone sociale nel nostro Paese;

  c) a prevedere interventi sostitutivi (anche tramite la nomina di commissari ad acta) per tutti i programmi che abbiano ad oggetto interventi finalizzati all'edilizia sociale in caso di conclamata inadempienza degli accordi di programma o intese da parte di qualsiasi ente tenuto a rispettarlo, al fine di rimuovere le inerzie accertate e dunque dare nuovo e risolutivo impulso ai procedimenti in corso per definirli e poter riutilizzare le risorse ancora disponibili da destinare a nuovi programmi;

2) ad adottare iniziative per prevedere una complessiva ricognizione del patrimonio edilizio esistente, comprensivo del patrimonio in stato di degrado, ivi incluso il patrimonio industriale dismesso suscettibile di riconversione all'edilizia residenziale pubblica o a forme alternative come il co-housing, al fine di perseguire una corretta pianificazione dell'offerta abitativa;

3) ad adottare iniziative per ripristinare l'istituzione, presso il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, dell'Osservatorio nazionale della condizione abitativa, già previsto dalla legge n. 431 del 1998, con il compito di effettuare la raccolta dei dati nonché il monitoraggio permanente della situazione abitativa a livello nazionale;

4) ad adottare iniziative per introdurre misure di monitoraggio e sostegno all'utilizzo del «Superbonus 110 per cento» per gli interventi effettuati da Iacp ed enti equivalenti, prevedendo una ulteriore proroga al 2025 con una progressiva diminuzione della percentuale di detrazione, come già previsto dalla legge di bilancio 2022 per i condomini;

5) ad adottare iniziative per definire una normativa quadro sull'edilizia residenziale pubblica e sociale che definisca i livelli essenziali del servizio abitativo, in linea con la normativa europea sul diritto all'abitazione inteso come posizione soggettiva avente un «contenuto essenziale»;

6) ad adottare le iniziative di competenza, per introdurre meccanismi che consentano di garantire il criterio della rotazione nell'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica mediante il monitoraggio periodico circa la sussistenza dei presupposti e delle condizioni che legittimano la permanenza delle assegnazioni, prevedendo procedure semplificate di rilascio dell'alloggio da parte di terzi che risultino occupanti senza titolo;

7) nell'ambito delle misure volte al contrasto del disagio abitativo, ad adottare iniziative normative finalizzate:

  a) a prevedere un aumento e una razionalizzazione delle risorse relative al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e a quello per la morosità incolpevole, individuando modalità procedurali atte a rendere più agevole l'erogazione delle risorse nei confronti dei soggetti aventi diritto (prevedendo anche l'erogazione diretta in favore dei proprietari degli immobili dati in locazione) non solo con tempi contenuti e certi ma anche con criteri omogenei che assicurino, quanto più possibile, livelli essenziali e uniformi delle prestazioni;

  b) a prevedere l'istituzione di un Fondo nazionale di garanzia per la locazione di immobili abitativi in favore di alcune categorie di soggetti o nuclei familiari come, ad esempio, giovani coppie o genitori separati o divorziati con figli minori o maggiori di età disabili o non economicamente indipendenti, al fine di consentire un più agevole accesso al mercato delle locazioni per tutti quei soggetti che non abbiano possibilità di fornire idonee garanzie in ordine alla propria solidità economica e futura solvibilità;

  c) a definire incentivi fiscali per la rinegoziazione dei canoni di locazione ed una loro diminuzione per prevenire le difficoltà e criticità connesse alla morosità incolpevole;

8) ad adottare iniziative per prevedere modalità tracciabili di pagamento dei canoni di locazione, che favoriscano l'eliminazione dell'uso del contante, nonché sistemi di controllo della regolarità della registrazione dei contratti, anche la fine di garantire la certezza e legittimità dei rapporti posti in essere;

9) a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative per prevedere un ulteriore incremento della detrazione d'imposta sui canoni pagati dagli inquilini che abbiano un reddito complessivo inferiore ai 30 mila euro;

10) ad adottare iniziative per introdurre strumenti normativi ed operativi volti a promuovere e favorire la costituzione e la diffusione di insediamenti di cohousing, in linea con le normative e le best practices già esistenti in molti Paesi europei.
(1-00633) «D'Orso, Daga, Orrico, Carbonaro, Barzotti, Galizia, Baldino, Berti, Federico, Francesco Silvestri, Sportiello, Sut».


   La Camera,

   premesso che:

    negli ultimi anni, a causa della pandemia da COVID-19 prima e dell'attuale situazione geopolitica all'indomani del recente inizio del conflitto russo-ucraino, il comparto agricolo e agroalimentare sta affrontando una crisi generale legata a diversi fattori, tra cui la difficoltà di approvvigionamento di molte materie prime, l'aumento dei prezzi dell'energia e dei carburanti e la scarsità di concimi e fertilizzanti necessari alla cura e alla coltivazione dei campi;

    tutto ciò sta avendo delle inevitabili ricadute negative sul sistema produttivo e sulle famiglie, riducendone il potere d'acquisto ed evidenziando la necessità di un'accelerazione della transizione energetica che, in coerenza con gli obiettivi del Green Deal fissati dall'Unione europea, potenzi le capacità delle energie rinnovabili al fine di ridurre la dipendenza energetica del nostro Paese;

    il recente scoppio del conflitto russo-ucraino, ad oggi ancora in atto, oltre ai drammatici risvolti umanitari, con migliaia di morti tra soldati e civili e milioni di profughi in una fuga disperata dalle proprie città, comporta effetti destinati ad influenzare la vita quotidiana della popolazione mondiale ed europea, in particolare poiché, oltre alle ripercussioni sulla nostra sicurezza energetica, si profila una crisi del settore agroalimentare che, come sottolinea l'Ismea in un'analisi sull'argomento, solo qualche settimana fa festeggiava il superamento dello storico traguardo dei 50 miliardi di euro;

    secondo lo studio condotto da Ismea lo scoppio del conflitto si è innanzitutto inserito in un contesto di tensioni sui mercati dei cereali, scatenate da un insieme di fattori di tipo congiunturale, geopolitico e speculativo, così come accadde nella crisi dei prezzi del 2007-2008, ponendo l'Italia in una posizione di vulnerabilità relativa all'alto grado di dipendenza dall'estero per gli approvvigionamenti di grano e mais;

    l'invasione dell'Ucraina ha provocato il rincaro di numerose materie prime e materie essenziali per tutti i processi produttivi della filiera agroalimentare, andando ad aggravare una tendenza inflativa già in corso dalla primavera del 2021;

    negli ultimi anni, a causa della pandemia da prima e della situazione geopolitica ora, il comparto agricolo e agroalimentare sta affrontando una crisi generale legata alle difficoltà di approvvigionamento di molte materie prime, all'aumento dei prezzi dell'energia e dei carburanti, alla mancanza di concimi e fertilizzanti necessari alla cura e alla coltivazione dei campi;

    il boom dei prezzi delle materie prime, su tutti i cereali (mais passato da 170 a 287 euro/tonnellata, grano duro da 280 a 522 euro/tonnellata, grano tenero da 186 a 307 euro/tonnellata) e semi oleosi (soia da 357 a 627 euro/tonnellata), farina di soia da 320 a 549 euro/tonnellata), sta mettendo sotto pressione le catene di approvvigionamento a livello mondiale, con la previsione per buona parte del 2022 che i listini si mantengano su livelli alti;

    in questa fase di incertezza, le imprese agricole devono diversificare le produzioni e le imprese di trasformazione diversificare le fonti di approvvigionamento;

    dall'analisi di Ismea, frumento tenero, frumento duro e mais hanno raggiunto in Italia e all'estero quotazioni mai toccate prima;

    il grano duro ha raggiunto in Italia il suo prezzo massimo a dicembre 2021, soprattutto a causa del vuoto d'offerta creatosi dopo il crollo dei raccolti nel principale esportatore mondiale, il Canada (-60 per cento) originato dalla siccità che ha interessato una notevole area, e il calo di altri importanti Paesi produttori;

    nelle forniture globali di grano duro, il ruolo dei Paesi direttamente coinvolti dal conflitto oppure rientranti geograficamente o politicamente nell'orbita russa è insignificante, essendo la produzione concentrata soprattutto in Europa, Canada, Usa, Turchia e Algeria;

    diverso è il caso del frumento tenero, dove la quota russa e ucraina sulla produzione mondiale arriva al 14 per cento e la situazione di instabilità si sta riverberando in maniera decisa sulle principali piazze di scambio internazionali. Tuttavia, il peso dell'export di frumento tenero russo e ucraino incide sulle importazioni italiane del prodotto solo per il 6 per cento in volume nel 2020;

    per il mais la corsa ai rialzi è stata innescata mesi fa dalla vorticosa crescita della domanda cinese, legata al riavvio della produzione suinicola dopo l'epidemia di peste suina, ma i recenti rincari sono il diretto riflesso del clima di incertezza e di instabilità di questi giorni;

    in relazione all'interscambio tra l'Italia e Ucraina, il nostro Paese è il secondo fornitore di prodotti agroalimentari di Kiev e al decimo posto tra i Paesi clienti. L'Italia esporta soprattutto prodotti ad alto valore aggiunto, come vino, caffè, pasta, anche se la voce più rilevante è il tabacco da masticare o da fiuto;

    il nostro Paese acquista dall'Ucraina soprattutto oli grezzi di girasole, mais (il 13 per cento in volume delle forniture provenienti dall'estero nel 2020) e frumento tenero (5 per cento);

    relativamente agli scambi agroalimentari con la Russia, l'Italia è il settimo fornitore di Mosca, mentre il nostro ruolo tra i Paesi acquirenti è del tutto trascurabile (33° posizione). Anche in questo caso l'Italia esporta soprattutto vini e spumanti, caffè, pasta;

    l'aumento spropositato di questi beni di prima necessità rischia di generare una crisi alimentare che avrà forti ripercussioni in termini di stabilità sociale alimentando disordini e proteste in aree anche molto lontane dai confini russi e ucraini, soprattutto nei Paesi emergenti;

    l'Egitto è il primo Paese al mondo per import di grano tenero, per la quasi totalità proveniente da Russia ed Ucraina. Dalle forniture di Kiev e Mosca dipendono inoltre numerosi altri Paesi, fra i quali la Turchia, che nel 2020 ha importato dai due Paesi circa il 78 per cento del suo grano, Tunisia e Arabia Saudita. Quest'ultima, il più grande importatore mondiale di orzo, utilizza il cereale principalmente come mangime per animali. La maggior parte delle proprie forniture proviene dall'Ucraina e dalla Russia e lo stop alle importazioni avrà ripercussioni anche sugli allevamenti intensivi, generando una crisi alimentare con un impatto ben più ampio rispetto al solo settore agricolo;

    in aggiunta, la presa di alcune città portuali ed il controllo russo della totalità del versante costiero del Mare di Azov hanno bloccato le principali tratte commerciali dalle quali si diramava l'export agricolo ucraino, soprattutto verso il mercato asiatico;

    oltre ai cereali, la Russia produce circa il 13 per cento del totale mondiale di fertilizzanti, per cui sussiste il rischio dell'aggravarsi della crisi agricola, con rischi a lungo termine anche per le rendite cerealicole degli anni successivi: la scarsità improvvisa di fertilizzanti e di mangimi mette seriamente a rischio la capacità di programmazione del comparto agroalimentare nazionale, con riferimento anche alla zootecnia, e di conseguenza la sovranità alimentare nazionale e la capacità di approvvigionamento di tutte le attività del comparto agroalimentare;

    il conflitto in Ucraina ha innescato in molti Paesi una reazione protezionistica volta a salvaguardare la propria produzione cerealicola domestica. È il caso di Ungheria e Bulgaria, che dal 5 marzo hanno bloccato l'esportazione di grano per assicurare i rifornimenti interni e contenere la crescita dei prezzi per i propri cittadini;

    occorre evidenziare che il conflitto in Ucraina ha riacceso il dibattito sulla sovranità alimentare. La crisi ha infatti risvegliato in ogni Paese la necessità di dotarsi di una strategia che diminuisca la dipendenza dalle importazioni di Paesi terzi e che punti verso una rapida autosufficienza alimentare che garantisca resilienza in casi di instabilità internazionale;

    la diversificazione delle fonti di approvvigionamento costituisce la principale strategia per mitigare gli effetti dell'interruzione della filiera alimentare ed un passo importante verso la sovranità alimentare, con la creazione di filiere nazionali che tutelino il sistema agroalimentare dalle oscillazioni e speculazioni di mercato,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per realizzazione di un apposito Recovery Plan prettamente alimentare volto ad aumentare i fondi per tutto il settore agricolo colpito da pandemia, peste suina ed infine dal conflitto in Ucraina;

2) ad adottare iniziative dirette a limitare la volatilità dei prezzi e per prevedere incentivi destinati a misure finalizzate a sostenere le filiere più strategiche, in particolare quelle cerealicole, proteiche e oleaginose;

3) ad adottare iniziative finalizzate a promuovere la diversificazione dei mercati di approvvigionamento delle materie prime agricole, tra cui frumento tenero, mais, olio di girasole e dei concimi, ma anche, al contempo, ad adottare iniziative per prevedere la possibilità di uno stoccaggio agevolato per alcuni prodotti in relazione alle esportazioni, nonché a promuovere lo sviluppo di nuove infrastrutture per lo stoccaggio;

4) ad adottare iniziative per consentire l'utilizzo delle aree ecologiche attualmente non coltivate, delle aree lasciate a riposo e di tutte le altre aree coltivabili, ma non coltivate, per rilanciare la produzione agricola nazionale;

5) ad adottare iniziative per prevedere immediati interventi in ambito nazionale a sostegno del settore agroalimentare, quali il potenziamento degli strumenti di ristrutturazione e rinegoziazione del debito bancario delle imprese agricole, anche attraverso una deroga alle norme sugli aiuti di Stato e il finanziamento di specifiche misure di sostegno alle filiere più esposte alla crisi;

6) ad adottare iniziative di competenza per avviare una revisione e un aggiornamento della Pac 2022 e del Piano strategico nazionale 2023-2027 con l'obiettivo di incrementare la produttività del comparto agricolo in risposta al fabbisogno interno e prevedere forme di incentivo a sostegno del comparto agroalimentare;

7) ad adottare iniziative per rivedere e reimpostare i grandi piani quali Next generation Eu, Green New deal e la Politica Agricola al fine di favorire l'impegno per una produzione alimentare nazionale;

8) ad adottare iniziative volte a favorire il rilancio delle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura attraverso una rinegoziazione e una ristrutturazione dei mutui e la proroga delle agevolazioni contributive;

9) ad adottare iniziative di competenza per rafforzare i meccanismi di monitoraggio e controllo dei prezzi agroalimentari al fine di tutelare il potere d'acquisto delle famiglie, soprattutto relativamente a quelle più svantaggiate;

10) ad adottare iniziative per stabilire, tramite un Fondo nazionale appositamente realizzato, forme concrete di sostegni alle famiglie a reddito basso (già danneggiate da una lunga pandemia da COVID-19) al fine di contrastare i rincari dei prodotti agroalimentari e quindi di non frenare la loro capacità d'acquisto;

11) ad adottare iniziative per sostenere la filiera della pesca e dell'acquacoltura a seguito dell'aumento dei costi del carburante e delle materie prime;

12) ad adottare iniziative per snellire tutta la burocrazia e le normative che ad oggi frenano lo sviluppo delle aziende agricole italiane, cercando di favorire realmente una produzione nazionale e diminuendo la dipendenza alimentare da Paesi stranieri.
(1-00634) «Ripani, Marin, Lombardo».


   La Camera,

   premesso che:

    la data del 4 novembre venne celebrata come festività, per la prima volta, nell'immediato anniversario dell'armistizio: su iniziativa del Governo Nitti, il regio decreto 19 ottobre 1919, n. 1888, dichiarò festivo il giorno 4 novembre 1919; un'analoga determinazione fu assunta con il regio decreto 28 ottobre 1921, n. 1462, per il 4 novembre 1921, giorno in cui il milite ignoto fu sepolto solennemente all'Altare della patria a Roma;

    fu con il regio decreto-legge 23 ottobre 1922, n. 1354, che il 4 novembre fu proclamato definitivamente «festa nazionale», e con il successivo regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 2859, recante l'elenco dei giorni festivi a tutti gli effetti civili, delle feste nazionali e delle solennità civili, la festività prese ufficialmente il nome di «Anniversario della vittoria»;

    nel mutato contesto costituzionale, tale previsione normativa trovò conferma nella legge 27 maggio 1949, n. 260, recante disposizioni in materia di ricorrenze festive, che, all'articolo 1, comma 2, inserì il 4 novembre, con la nuova denominazione di «Giorno dell'unità nazionale» tra i «giorni festivi, agli effetti della osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici»;

    nel 1977, valutazioni legate alla crisi economica di quegli anni, la cosiddetta austerity, indussero il legislatore – nel quadro della riforma del calendario delle festività nazionali e al fine di frammentare il meno possibile l'attività lavorativa del Paese – a intervenire normativamente per ridurre «l'elevato numero delle festività infrasettimanali e della loro negativa incidenza sulla produttività sia delle aziende che degli uffici pubblici»;

    con tale finalità, l'articolo 1 della legge 5 marzo 1977, n. 54, dispose, tra l'altro, che la celebrazione della festa dell'unità nazionale avesse luogo la prima domenica del mese di novembre, e la giornata del 4 novembre cessò di essere considerata festiva, causando, negli anni Ottanta e Novanta, il conseguente declino della ricorrenza e, con esso, della memoria di un evento cardine della storia della nostra Patria;

    appare, dunque, oggi, indispensabile recuperare e raccontare alle nuove generazioni lo spirito e il significato profondo della festa: custodire, nell'interesse comune, il valore dell'unità nazionale e la memoria di quanti, sacrificando la vita, hanno contribuito a portare a compimento, con la vittoria nella prima guerra mondiale, il progetto concepito nel Risorgimento, dell'Unità della Patria e il profondo legame che unisce i fratelli d'Italia;

    da autorevoli e recenti studi, sono dimostrate l'efficacia e l'incidenza di film e serie televisive sulla conoscenza storica, tanto da promuovere, tramite le nuove tecnologie e con accordi con le principali televisioni pubbliche o private, le storie delle imprese delle nostre medaglie d'oro e delle imprese delle nostre Forze armate;

    occorre, inoltre, ricordare come sia sempre stata la Festa delle Forze armate in cui è stato possibile mostrare i volti degli uomini, e oggi anche delle donne, impegnati al servizio della Patria;

    oltre la storia, appunto, sarebbe fondamentale mostrare, oggi più di ieri, la vita quotidiana di un militare, i mezzi che utilizza e le caserme in cui vive e lavora, sottolineando l'importanza dell'addestramento e della continua preparazione, utile non solo nel senso strettamente militare, compresi i risultati nelle missioni all'estero;

    è utile rimarcare come la vittoria di un popolo non possa essere dimenticata o cancellata,

impegna il Governo:

1) a decorrere dall'anno 2022, ad adottare iniziative normative affinché la celebrazione del giorno dell'unità nazionale abbia luogo il 4 novembre di ogni anno, facendolo tornare a essere considerato giorno festivo, così come originariamente previsto dall'articolo 2 della legge 27 maggio 1949, n. 260;

2) a promuovere e favorire iniziative per diffondere la conoscenza degli eventi e la storia delle nostre medaglie d'oro della prima guerra mondiale presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado, anche attraverso la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende da parte di istituzioni ed enti;

3) a promuovere e favorire, tramite appositi protocolli tra istituzioni, televisione pubblica, emittenti private e piattaforme televisive, il legame tra la produzione audiovisiva in Italia e la promozione storica degli eventi e delle medaglie d'oro della prima guerra mondiale;

4) a promuovere e favorire iniziative per diffondere la conoscenza dell'impegno delle nostre Forze armate in relazione agli eventi e alla vittoria della prima guerra mondiale presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado, anche attraverso la realizzazione, da parte di istituzioni ed enti, di opportuni protocolli, sul modello «Caserme aperte» per visite guidate, non solo il 4 novembre.
(1-00635) «Lollobrigida, Meloni, Deidda, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

Risoluzione in Commissione:


   L'XI Commissione,

   premesso che:

    il decreto-legge n. 101 del 2019, concernente disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, all'articolo 5-bis, comma 1, ha previsto l'internalizzazione dei servizi informativi e dispositivi da erogare agli utenti dell'Inps affidando ad Inps Servizi S.p.A., società partecipata al 100 per cento da Inps, le attività del contact center multicanale dell'Istituto;

    il progetto ha individuato alcune finalità ben specifiche quali: 1) promuovere la continuità nell'erogazione dei servizi, poiché sono di essenziale importanza per i cittadini; 2) non disperdere le competenze acquisite da lavoratori e lavoratrici, operando in modo da salvaguardare il personale delle attuali imprese appaltatrici;

    tuttavia, proprio rispetto al raggiungimento di tali obiettivi, a quanto è dato sapere, le misure mediante le quali verrà attuato il piano di internalizzazione sembrano andare in direzione opposta, in particolare, per quanto concerne le modalità di assunzione degli operatori telefonici;

    sul punto, si disapprova la mancata applicazione della clausola sociale per i call center, in conformità alla legge n. 11 del 2016, articolo 1, comma 10, intendendo procedere ad una selezione pubblica per titoli e anzianità sul servizio e su servizi di customer management;

    si evidenzia che la «clausola sociale» è un istituto volto a salvaguardare i livelli occupazionali e le condizioni di lavoro nell'eventualità di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center. La mancata applicazione della clausola potrebbe determinare l'esclusione dal piano di internalizzazione di un consistente numero di lavoratori delle attuali aziende appaltatrici, posto che al processo di selezione – che sembra sarà avviato da Inps Servizi – potranno accedere decine di migliaia di operatori telefonici, oggi impegnati su attività inbound diverse da quelle dell'Inps;

    l'esito di detta procedura, dunque, potrebbe non essere conforme al raggiungimento di quelle finalità indicate dalla predetta legge del 2019 che ha regolato l'internalizzazione, soprattutto qualora non siano assorbiti e tutelati quei lavoratori le cui professionalità si devono preservare e valorizzare;

    è assurdo che proprio un ente pubblico delle dimensioni e della rilevanza dell'Istituto previdenziale non intenda applicare la clausola sociale, rischiando una grave e ingiusta crisi occupazionale, che potrebbe essere invece esclusa ripensando alla pianificazione dell'internalizzazione con modalità che garantiscano l'inclusione nel circuito di tutti i lavoratori coinvolti;

    si teme si stia procedendo ad un processo di internalizzazione che sacrificherà posti di lavoro in assenza della clausola sociale e che, conseguentemente, comprometterà la qualità del servizio che va reso all'utenza dell'Inps. Un servizio che ha avuto un ruolo primario durante i mesi più duri della pandemia, diventando, di fatto, l'unico tramite fra le istituzioni e migliaia di cittadini bisognosi di ricevere informazioni che attenevano alle misure messe in campo per la loro sussistenza;

    già con interrogazione n. 5-06266 del 21 giugno 2021 si segnalavano le storture del progetto in questione, che, si ribadisce, in fase di attuazione non appare in linea con le finalità che dovrebbe perseguire. Pertanto, si ritiene necessario assumere provvedimenti e iniziative per scongiurare: una ingente perdita di posti di lavoro; un peggioramento delle condizioni contrattuali dei lavoratori; la compromissione qualitativa del servizio reso ai cittadini inferiore; il sopravvenire di aggravi di spesa,

impegna il Governo

al fine di rispettare gli obiettivi del piano previsto dal decreto-legge n. 101 del 2019, ad adottare ogni utile iniziativa di competenza affinché nell'operazione di internalizzazione dei call center Inps vengano tutelati tutti i lavoratori coinvolti con l'applicazione della clausola sociale, garantendo, altresì, il riconoscimento di adeguate condizioni contrattuali, normative e stipendiali e assicurando la corretta continuità dei servizi ai cittadini, ciò anche procedendo ad una nuova e diversa elaborazione del progetto in questione, per escludere una grave crisi occupazionale e imprevisti aggravi di spesa.
(7-00828) «Rizzetto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELLUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'11 aprile e stato pubblicato, sul sito della Protezione civile, l'Avviso per l'acquisizione di manifestazioni di interesse per lo svolgimento di attività di accoglienza diffusa nel territorio nazionale a beneficio delle persone provenienti dall'Ucraina in fuga dagli eventi bellici in atto;

   con il citato Avviso sono state definite e disciplinate le modalità di individuazione dei soggetti, le attività di assegnazione ed erogazione del finanziamento e procedure di rendicontazione;

   l'obiettivo dichiarato è quello di promuovere e sperimentare su scala nazione un modello di accoglienza diffusa che prevede una presa in carico integrata dei beneficiari e che assegna un ruolo centrale al contributo degli enti del terzo settore;

   come si legge nel bando di gara, alla manifestazione di interesse possono partecipare gli enti singoli o le reti associative in grado di garantire da un minimo di 300 ad un massimo di 3.000 posti;

   in considerazione di tali parametri, è evidente che vengano escluse dal bando le piccole e medie realtà che potrebbero accogliere, comunque, un numero rilevante di persone, ma non abbastanza per partecipare al bando;

   il mondo del terzo settore in Italia è costituito da migliaia di enti di piccole e medie dimensioni che garantiscono, comunque, risposte concrete ai bisogni sociali, sanitari ed educativi di milioni di italiani, rappresentando un riferimento saldo per lo sviluppo sociale ed economico del Paese, al pari degli enti più grandi;

   la penalizzazione delle piccole e medie realtà è una decisione incomprensibile da cui deriva la sostanziale esclusione di una pluralità di enti che sono per impegno, storia e competenza da sempre in prima linea nell'affrontare le emergenze umanitarie –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire una modifica sostanziale dei parametri previsti nell'Avviso per la presentazione delle manifestazioni d'interesse dedicati all'emergenza umanitaria in atto, al fine di consentire la più ampia partecipazione degli enti del terzo settore.
(4-11890)


   MONTARULI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono stati pubblicati, da parte del Dipartimento per lo sport presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, gli avvisi relativi alla collocazione di 700 milioni di euro per progetti meritevoli di finanziamento, in particolare quello previsto dalla missione 5 – inclusione e coesione, componente 2 – infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore (M5C2), misura 3, investimento 3.1 «Sport e inclusione sociale»;

   il programma di cui sopra, annunciato con due distinti bandi, è suddiviso in tre cluster, ciascuno dei quali riporta differenti caratteristiche e, in particolare il cluster 3, prevede, con una dotazione finanziaria pari a 162 milioni di euro, la possibilità di promuovere «Interventi di realizzazione di nuovi impianti o di rigenerazione di impianti esistenti di interesse delle Federazioni sportive»;

   tale linea di investimento, che si pone l'obiettivo di promuovere l'inclusione e l'integrazione sociale attraverso la realizzazione o la rigenerazione di impianti sportivi che favoriscano il recupero di aree urbane, consente agli enti locali di presentare istanza di accesso al contributo sino al 22 aprile 2022 richiedendo, tuttavia, tra la documentazione a corredo dell'istanza, una dichiarazione di manifestazione di interesse da parte di una federazione sportiva;

   le federazioni sportive di cui sopra potranno, tuttavia, rilasciare una sola dichiarazione su tutto il territorio italiano riferita ad un solo progetto finanziabile, come specificato dall'articolo 4, comma 4, dell'avviso relativo al cluster 3;

   in particolare, stando a quanto contenuto nelle faq aggiornate al 28 marzo 2022 disponibili sul sito internet istituzionale del Dipartimento per lo sport, relativamente al cluster 3, per «Federazioni Sportive» si intendono unicamente le Federazioni sportive nazionali e le Federazioni sportive paralimpiche, a livello nazionale, così come individuate dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (Coni) e dal Comitato Italiano Paralimpico. Non sono pertanto ammissibili le manifestazioni di interasse sostenute da Federazioni sportive a livello regionale, ovvero da altri soggetti quali leghe professionistiche, associazioni o società sportive dilettantistiche;

   le federazioni sportive nazionali individuate dal Coni sono circa una cinquantina, mentre quelle di tipo paralimpico sono poco più di venti;

   vincolare la manifestazione di interesse da parte delle federazioni di cui sopra ad un solo progetto, stante anche l'esiguo numero di federazioni presenti, significa ostacolare le esigenze delle piccole realtà comunali, le quali si vedranno necessariamente scartate dalle procedure previste dal bando in parola in quanto, verosimilmente, le federazioni nazionali saranno maggiormente incentivate a manifestare interesse per il recupero di impianti sportivi all'interno dei quali si allenano atleti e non certamente quelli dei piccoli comuni;

   l'impostazione contenuta all'interno dell'avviso pubblico, ad avviso dell'interrogante, dunque, si pone, di fatto, in palese contrasto con la possibilità di sviluppo del territorio, nonché con la stessa «misura» che avrebbe dovuto puntare a ridurre il degrado sociale e promuovere, attraverso lo sport, l'inclusione e le persone svantaggiate –:

   quali iniziative si intendano assumere per riequilibrare la disparità di trattamento a sfavore dei piccoli enti locali che emerge dal bando di cui in premessa.
(4-11891)


   DE CARLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la prosecuzione della crisi e della guerra tra Russia ed Ucraina continua a produrre numerose problematiche sociali ed economiche;

   ognuna delle situazioni che si vengono a creare a causa del conflitto sono interamente correlate ed interconnesse tra di loro;

   i profughi che hanno abbandonato la Repubblica di Ucraina per raggiungere i Paesi europei, oltre alle difficoltà contingenti, trovano una barriera nel cambio della valuta di provenienza ovvero la grivnia;

   la stessa moneta non viene accettata in tutti gli istituti di credito presenti sul territorio europeo; al fine di ovviare a tale problematica dopo quasi due mesi dall'inizio delle ostilità, il Comitato dei Rappresentanti permanenti presso l'Unione europea ha approvato una raccomandazione del Consiglio;

   la raccomandazione prevede, per almeno tre mesi, la possibilità del cambio, senza ulteriori spese, fino al controvalore di 314,13 euro –:

   se il Governo intenda valutare, al fine di agevolare sia i profughi sia gli istituti di credito, la possibilità di adottare le iniziative di competenza per consentire il cambio fino al controvalore di euro 999 come previsto per i cittadini italiani.
(4-11893)


   NAPPI, MANZO, VILLANI e MAMMÌ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza la Missione 5 – Componente 2 – Investimento 3.1 «Sport e inclusione sociale» si pone l'obiettivo di incrementare l'inclusione e l'integrazione sociale attraverso la realizzazione o la rigenerazione di impianti sportivi che favoriscano il recupero di aree urbane;

   il 23 marzo 2022 il dipartimento per lo sport ha emesso un avviso, rivolto ai comuni capoluogo di regione e capoluogo di provincia con popolazione residente superiore ai 20.000 abitanti e ai comuni con una popolazione residente superiore a 50.000 abitanti, per la selezione di proposte di intervento finalizzate al recupero delle aree urbane tramite la realizzazione e l'adeguamento di impianti sportivi da finanziare nell'ambito del Pnrr, missione 5 – inclusione e coesione, componente 2 – infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore (m5c2), misura 3, investimento 3.1 «sport e inclusione sociale», finanziato dall'Unione europea – next generation eu;

   a tale scopo sono stati identificati tre cluster di intervento, suddivisi in due avvisi pubblici di invito a manifestare interesse;

   in particolare il cluster 3 è rivolto a tutti i comuni che presentino proposte di interventi aventi ad oggetto impianti di interesse di Federazioni sportive e che, per questo motivo, dovranno dimostrare la sussistenza del particolare interesse sportivo/agonistico dell'impianto oggetto dell'intervento proposto, allegando alla domanda di partecipazione un atto formale attestante l'interesse della Federazione Sportiva, sottoscritto con firma digitale dal legale rappresentante della Federazione di riferimento;

   ciascun comune potrà presentare un solo intervento e ciascuna Federazione sportiva, anche in forma associata con altre Federazioni, potrà manifestare il proprio interesse nei confronti di un unico, intervento che potrà ricevere un contributo massimo pari a euro 4.000.000,00;

   la limitazione sopracitata che impone il vincolo di un solo intervento in fase di progetto da parte di ciascuna Federazione sportiva di fatto impedisce che il bando in questione raggiunga le finalità proprie dello stesso impedendo, ab origine, ed alla stragrande maggioranza dei comuni di poter partecipare alla tipologia di intervento di tipo cluster 3 e al relativo beneficio economico, con evidente penalizzazione delle aree più svantaggiate e delle piccole realtà dove la disciplina sportiva rappresenta integrazione e coesione sociale;

   gli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza alla missione 5 puntano a migliorare le strutture sportive e i parchi cittadini, promuovendo sostenibilità e innovazione, per favorire la socializzazione e l'inclusione, valori fondanti dello sport;

   la rigenerazione delle aree urbane passa anche dalla ristrutturazione e rigenerazione degli impianti sportivi, al fine di promuovere l'inclusione e l'integrazione sociale, soprattutto nelle aree più svantaggiate d'Italia;

   dunque, i progetti finanziati dovranno sostenere la costruzione e la riqualificazione di impianti sportivi, ubicati in aree svantaggiate del Paese comprese le periferie metropolitane, la distribuzione di attrezzature sportive per le aree svantaggiate ed il completamento e l'adeguamento di impianti sportivi esistenti;

   appare quantomai evidente la discrepanza tra l'obiettivo proposto dall'avviso e la modalità di attuazione dello stesso in quanto le Federazioni sportive si troverebbero de facto nella posizione di dover gestire gli interventi o quanto meno direzionare gli stessi attraverso valutazioni ad avviso degli interroganti totalmente arbitrarie ed in totale contrasto rispetto al principio cardine della trasparenza sull'utilizzo delle risorse pubbliche –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per definire i criteri di scelta, univoci e trasparenti, dei beneficiari degli interventi di tipo cluster 3 affinché l'individuazione degli interventi non sia rimessa a valutazioni, ad avviso degli interroganti opinabili, delle Federazioni sportive, affidando al limite a queste ultime il solo compito di supervisionare l'attuazione della progettazione, con l'unico fine di sostenere il raggiungimento degli obiettivi che il bando si propone.
(4-11896)

CULTURA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DEIDDA e MOLLICONE. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   Antonio Mura è un pittore e incisore ed è considerato tra i più rilevanti artisti sardi del Novecento. Recentemente è stato dedicato un museo nel suo comune di nascita, Aritzo in Provincia di Nuoro, in un edificio che risale a fine Ottocento e ospitava originariamente il municipio, che è stato oggetto di un opportuno restyling;

   il Museo Mura fa parte dell'articolato sistema museale di Aritzo denominato: «Ecomuseo della Montagna Sarda o del Gennargentu», insieme a «Casa Devilla», al «Museo Etnografico», al «Carcere spagnolo – Sa Bovida» e a vari percorsi storico naturalistici, come quello delle antiche Neviere di «Funtana Cugnada»;

   recentemente, nel 2020, il comune di Aritzo ha acquisito al proprio patrimonio l'antica casa di Antonio Mura, al centro dello stesso comune, di grande bellezza architettonica e storica, ma che necessita di vari interventi per il recupero completo e la possibile usufruizione come nuova sede possibile per ampliare il Museo dedicato allo stesso Antonio Mura;

   il comune, situato in una delle località più suggestive del Gennargentu, conta 1.755 abitanti su un territorio di circa 76 chilometri quadrati, fa parte dell'Associazione borghi autentici d'Italia e del Movimento patto dei sindaci;

   appartenuto nel Medioevo al Giudicato di Arborea e poi al marchesato di Oristano, beneficiò successivamente, del privilegio concesso da Ferdinando II di Aragona, con una carta reale del 1480, di appartenere direttamente alla Corona e di poter eleggere i propri amministratori tra la gente del posto;

   di origini aritzesi fu anche l'onorevole Antonio Maxia, figura di spicco prima del Partito Popolare e poi della Democrazia Cristiana, eletto deputato per la prima volta nel 1948, sottosegretario nel Governo Fanfani nel 54 sino a diventare Ministro delle poste e telecomunicazioni durante il Governo Tambroni;

   l'attuale amministrazione comunale è meritoriamente impegnata alla valorizzazione degli edifici storici e culturali presenti nel proprio territorio, al fine di combattere lo spopolamento e ricercare opportunità lavorative per i cittadini non solo del comune ma dell'intero territorio barbaricino;

   il Ministro interrogato, in più di una occasione, ha rimarcato l'importanza di valorizzare le peculiarità culturali e architettoniche dei borghi –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali opportune iniziative di competenza intenda adottare al fine di favorire l'azione dell'amministrazione comunale per la valorizzazione dell'offerta culturale e il recupero degli edifici storici e per valorizzare la figura del pittore Antonio Mura.
(5-07928)


   TATEO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   con delibera Cipe n. 3/2016, recante «Fondo sviluppo e coesione 2014-2020: Piano stralcio cultura e turismo (articolo 1, comma 703, lettera d), legge n. 190/2014)», è stato approvato e finanziato il Piano stralcio «Cultura e Turismo» e, nell'ambito dello stesso, è stato assegnato al comune Isole Tremiti (Foggia) un finanziamento di 20 milioni di euro;

   l'isola di San Nicola è il centro nevralgico della storia e la cultura delle Isole Tremiti, con il castello e la sua fortezza che costituiscono il vero simbolo di questo piccolo arcipelago; pertanto, i suddetti fondi furono destinati alla riqualificazione e al rilancio di 5 macroaree relative dell'isola: l'area portuale; il borgo; il complesso abbaziale; il contesto paesaggistico; le aree cimiteriali;

   quando è stato annunciato l'investimento per il Ministro interrogato si trattava di «un intervento strategico» e per il sindaco delle Isole Tremiti «questi finanziamenti serviranno per rendere attrattive le “perle dell'Adriatico” tutto l'anno, e non solo i tre mesi dell'estate», ovvero si immaginava che le isole tornassero al loro antico splendore;

   le opere dovevano garantire la piena fruibilità dei beni culturali dell'isola affinché torni a rappresentare il vero fulcro culturale delle Tremiti, mentre, per quello che è dato sapere dalla stampa locale, i progetti approvati sembrerebbero essere lontani dagli scopi perseguiti dal Ministero della cultura e «strizzare l'occhio» ad opportunità di business da affidare a privati;

   un gruppo di cittadini ha sottoscritto una petizione sulla piattaforma «change.org» per chiedere alle autorità competenti una attenta verifica dello stato dei luoghi, degli interventi già in corso di realizzazione e di quelli ancora da cantierizzare, al fine di escludere il rischio che lo sforzo si concentri esclusivamente su progetti che generano profitti a discapito dei simboli culturali che versano in un preoccupante stato di incuria e che si incorra nell'ennesimo spreco di denaro pubblico –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, sia a conoscenza degli interventi previsti sull'isola di San Nicola, con particolare riguardo al restauro del complesso abaziale e se intenda fornire elementi in merito;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per verificare che gli interventi previsti e la realizzazione degli stessi siano coerenti con le finalità previste dal Piano stralcio «Cultura e Turismo» del 2016.
(5-07933)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   APRILE e TRANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   per l'approvazione dei bilanci societari al 31 dicembre 2020, in considerazione del periodo di emergenza nazionale causato dalla pandemia, è stata prevista – con il comma 1 dell'articolo 106 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) – la proroga del termine finale di convocazione dell'assemblea ordinaria a centottanta giorni dalla chiusura dell'esercizio;

   benché tale emergenza nazionale si sia protratta anche nel primo trimestre 2022, con riferimento ai bilanci societari chiusi al 31 dicembre 2021 non è stata, invece, prevista alcuna proroga dello stesso tenore;

   ciò sta senza dubbio comportando notevoli difficoltà per le società di capitali nel determinare i valori di bilancio per questo esercizio, anche in considerazione del fatto che, ad oggi, vi sono delle norme di non chiara applicazione che, ancorché di natura fiscale, incidono sulla apposizione dei valori in bilancio (si pensi ad esempio all'applicazione pratica delle previsioni dettate dai commi 623 e 624 dell'articolo 1 della legge 234 del 30 dicembre 2021 – legge di bilancio 2022);

   in ragione di ciò, il Consiglio nazionale dei commercialisti ha formalmente richiesto la proroga del detto termine evidenziando come la stessa debba ritenersi «applicabile in ogni caso ancorché non sussistano le “particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società” previste dalla disciplina ordinaria “per consentire” alle società di determinare i dati di bilancio in modo da fornire un'informativa più attendibile»;

   ad oggi, però, non è stato adottato alcun provvedimento in tal senso e stante l'imminente scadenza del termine naturale, sarebbe auspicabile un pronto intervento che raccolga, nell'interesse delle istanze avanzate dagli operatori del settore –:

   se il Governo intenda assumere iniziative normative al fine di prevedere, anche per l'approvazione dei bilanci societari chiusi al 31 dicembre 2021, che il termine finale di convocazione dell'assemblea ordinaria sia prorogato a centottanta giorni dalla chiusura dell'esercizio.
(5-07937)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 3 del 2012 contiene disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione della crisi da sovraindebitamento, essa è denominata la «legge salva suicidi»;

   l'articolo 6 della legge n. 3 del 2012 disciplina la procedura diretta a regolamentare una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile;

   l'esito favorevole della procedura conduce alla rinegoziazione dei crediti con l'intervento di apposito organismo per la composizione della crisi (Occ) nonché la valutazione del giudice;

   l'articolo 12-bis della medesima legge disciplina il procedimento di omologazione del piano del consumatore prevedendo che il giudice, ove la proposta soddisfi tutti i requisiti previsti dalla legge, omologhi il piano;

   l'articolo 12-ter disciplina gli effetti dell'omologazione del piano del consumatore prevedendo che dalla data dell'omologazione del piano i creditori con causa o titolo anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali;

   al termine del periodo di pagamento, secondo i termini previsti dal piano omologate, il debitore-consumatore fruirà della piena esdebitazione;

   la legge nulla prevede in ordine alle azioni monitorie lasciando spazio interpretativo ai singoli giudici;

   tale vulnus sta determinando una giurisprudenza contrastante sul territorio nazionale, frustrando lo stesso spirito della norma, dando luogo a trattamenti sperequati e, pertanto, generando una grave violazione del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;

   infatti, mentre alcuni tribunali non consentono l'emissione di decreti ingiuntivi su debiti rientrati nel piano del consumatore omologato ai sensi della procedura di cui all'articolo 6 della legge n. 3 del 2012, ovvero se emessi, li revocano (ad esempio Tribunale ordinario di Ascoli Piceno, sentenza n. 497 del 1° luglio 2021 r.g. 1285/14), altri Tribunali emettono decreti ingiuntivi ovvero rigettano l'opposizione a decreto ingiuntivo emesso per crediti rientrati nel piano del consumatore omologato, sinanche nelle ipotesi in cui il debitore – da anni – stia pagando regolarmente (ad esempio Tribunale ordinario di Como, sentenza del 11 marzo 2022 r.g. 3296/2019);

   il contrasto giurisprudenziale trova fonte nella lacuna normativa che, dopo aver affermato che non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore, non specifica il divieto di porre in essere azioni di accertamento e condanna funzionali e prodromiche al procurarsi del titolo giudiziale (nella specie il decreto ingiuntivo) –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative normative per colmare tale vulnus presente nella legge n. 3 del 2012 prevedendo, nell'articolo 12-ter, comma 1, che non si possano iniziare o proseguire, oltre ad azioni esecutive, anche azioni monitorie individuali, ovvero se non intenda assumere altre iniziative normative volte a tutelare i consumatori ammessi al piano del consumatore omologato dal giudice.
(5-07931)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOSS, BINELLI, VANESSA CATTOI, SUTTO, TATEO, TURRI, POTENTI, TOMASI, MORRONE e PAOLINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la struttura che ospita la casa circondariale di Trento è stata costruita dalla provincia di Trento nel 2010, e aperta nel 2011. La manutenzione della struttura è a carico dello Stato, ma le somme stanziate annualmente dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per la manutenzione ordinaria appaiono del tutto insufficienti per far fronte agli interventi necessari. Tali osservazioni sono state confermate anche nella relazione del 2021 (riferimento anno 2020);

   la pianta organica del Corpo di polizia penitenziaria prevista dal decreto ministeriale 2 ottobre 2017, prevede 227 unità, suddivise nei ruoli di funzionario (3 unità), ispettore (27 unità), sovrintendente (65 unità) e agente (132 unità). Tale dotazione è stata calcolata sulla capienza della casa circondariale che è di 240 detenuti secondo le indicazioni fornite dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;

   dando seguito a quanto disposto nell'Accordo di programma quadro del 2002, il successivo «Atto modificativo e aggiuntivo dell'Accordo di Programma Quadro», prevede che il limite di 240 detenuti possa essere superato esclusivamente in circostanze eccezionali e imprevedibili e solo per un periodo temporale limitato a quello strettamente necessario per superare la situazione di emergenza;

   i dati relativi alla popolazione carceraria indicano una netta differenza tra la capienza indicata nell'atto modificativo e aggiuntivo dell'Accordo di programma quadro, ovvero di 240 detenuti e il numero di detenuti effettivamente presenti nella struttura di Trento al 22 marzo 2022 pari a 317 persone (con capienza massima della struttura pari a 419 detenuti);

   per quanto riguarda il personale in forza, i dati trasmessi dal Garante dei detenuti l'8 aprile 2022 evidenziano un organico così suddiviso:

    personale assegnato (183 unita), personale effettivamente presente (150 unità);

    3 funzionari assegnati 2 funzionari presenti;

    10 ispettori assegnati; 8 ispettori presenti (2 prestano servizio in altre sedi);

    9 sovrintendenti assegnati; 6 sovrintendenti presenti (3 prestano servizio in altre sedi);

    161 agenti assegnati; 134 agenti presenti (27 prestano servizio in altre sedi);

    gli educatori previsti in pianta organica sono 6, quelli presenti 3;

   la provincia di Trento è intervenuta più volte presso il Ministero della giustizia al fine di ripristinare i numeri concordati nell'Apq. Da ultimo si richiamano le note del Presidente della provincia:

    6 novembre 2019, per chiedere il rinforzo dell'organico e il rispetto degli impegni assunti con l'Accordo di programma quadro relativamente al numero dei detenuti;

    6 aprile 2022, per rappresentare la carenza di personale di Polizia penitenziaria. Nella nota è richiesto un confronto con il Ministro. L'incontro dovrebbe tenersi il 21 aprile 2022;

   in merito agli eventi critici avvenuti nel corso degli ultimi anni, si ricordano i seguenti:

    a dicembre 2018, si è verificata una rivolta all'interno della casa circondariale seguita al suicidio di detenuto, nonché il suicidio di un recluso a seguito della sentenza di condanna;

    a ottobre 2021, si sono registrati diversi episodi di aggressione all'interno della struttura, sia nei confronti del Corpo di polizia penitenziaria che del personale medico;

    a gennaio 2022, alcuni agenti di polizia penitenziaria sono stati colpiti da un detenuto uscito dalla cella della sezione a regime chiuso dove era ristretto; nel tentativo di ricondurlo nella stanza gli agenti sono stati colpiti con calci e pugni;

    a marzo 2022, si è verificata una aggressione a danno di un agente della polizia penitenziaria da parte di un detenuto nella sezione a regime chiuso del carcere –:

   se il Ministro intenda garantire alla casa circondariale di Trento un adeguato numero di agenti di polizia penitenziaria assegnati in pianta stabile alla struttura, per consentire non solo il rispetto della legge e lo svolgersi del percorso di formazione e reinserimento sociale dei detenuti, ma anche la sicurezza degli agenti stessi nello svolgimento del loro lavoro di servizio allo Stato.
(4-11887)


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   ha destato molto scalpore sui media nazionali e locali la vicenda dell'ex calciatore astigiano, Maximiliano Cinieri, affetto da Sla (sclerosi laterale amiotrofica), detenuto nel carcere Don Soria di Alessandria per estorsione, condannato in primo grado a 8 anni di carcere;

   le condizioni di salute di Maximiliano Cinieri sono via via peggiorate nel corso della detenzione; la Sla è infatti una gravissima malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, ovvero le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale in grado di regolare l'attività di contrazione dei muscoli volontari; la forma che ha colpito l'ex calciatore è inoltre particolarmente aggressiva, tanto da essere passato nel giro di poco tempo dalle stampelle alla carrozzina, non essendo più in grado di muoversi;

   nonostante il medico dell'istituto penitenziario abbia affermato a chiare lettere che «Cinieri si trova nelle condizioni previste per il rinvio obbligatorio della pena per motivi di salute» e che «il carcere non è la collocazione idonea per un detenuto con le sue caratteristiche cliniche», il Gip ha ripetutamente respinto le istanze di scarcerazione basandosi su una datata perizia del medico legale da lui incaricato secondo la quale «il detenuto può ricevere in carcere tutta l'assistenza necessaria in relazione alla seppur grave patologia»;

   oltre al medico del carcere, hanno denunciato l'incompatibilità con lo stato di detenzione in carcere sia la Garante comunale dei detenuti Alice Bonivardo, sia il Garante regionale Bruno Mellano; la stessa direttrice dell'istituto, Elena Lombardi Vallauri, in un'intervista alla Stampa del 15 aprile, ha affermato che pur non essendoci stati ritardi nell'organizzazione e nell'assistenza del detenuto, all'interno della struttura c'è un'oggettiva carenza del personale di polizia penitenziaria e la difficoltà a coprire ogni giorno i turni dei medici dell'Asl;

   il quotidiano La Stampa del 19 aprile 2022 ha dato la notizia che a decidere sulla vicenda Cinieri non sarà più il Tribunale ma la Corte d'appello, in quanto l'8 aprile la difesa del detenuto ha depositato l'appello contro la sentenza di condanna in primo grado; nel frattempo, la figlia di Cinieri, riferisce sempre al quotidiano La Stampa che il padre è arrivato al colloquio sulla sedia a rotelle e che ha raccontato che, a causa dei dolori, non riesce a dormire –:

   se siano a conoscenza di quanta riportato in premessa:

   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare per garantire la salute del detenuto Cinieri;

   con riferimento all'incompatibilità delle condizioni di salute dei detenuti, se intendano istituire un tavolo tecnico fra Ministeri per adottare iniziative normative volte a evitare che eventuali divergenze di opinioni fra i responsabili sanitari del carcere e i periti dell'autorità giudiziaria si risolvano in un danno per la salute dei reclusi;

   quale sia la consistenza delle risorse sanitarie destinate dallo Stato alle regioni per garantire la sanità in carcere e se questi fondi siano vincolati alla missione di garantire la salute dei detenuti;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per supplire alle carenze di personale sanitario nell'istituto Don Soria di Alessandria e, in generale, sul territorio nazionale.
(4-11899)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA e NOJA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   lunedì 18 aprile 2022, sul treno regionale Albenga-Milano, in partenza dalla stazione di Genova Principe alle ore 14,10 si è verificato un episodio gravissimo ed increscioso che ha costretto 27 persone con disabilità a raggiungere Milano con un pullman navetta messo a disposizione da Trenitalia;

   l'episodio ha un antefatto inquietante, in quanto il convoglio era stato sostituito con un altro, meno capiente, ma sufficiente tra posti in piedi e a sedere per trasportare tutti i passeggeri a destinazione, per una serie di atti vandalici compiuti da ignoti a bordo, i quali avevano danneggiato estintori e contenitori del liquido igienizzante nel tratto tra Savona e Genova;

   giunti alla stazione del capoluogo ligure, i passeggeri disabili hanno trovato i posti, da loro regolarmente prenotati e in relazione ai quali era apposto il cartello che indicava la prenotazione, occupati da altri passeggeri tra cui alcuni turisti che rientravano a Milano dopo il ponte pasquale; nonostante l'intervento di ben quattro addetti di Trenitalia e tre agenti della Polfer, non si è riusciti a far liberare i posti da parte dei passeggeri che li occupavano abusivamente, costringendo il gruppo di viaggiatori disabili a scendere dal convoglio e ad utilizzare il servizio navetta messo a disposizione dall'azienda di trasporto –:

   se, appurata la dinamica dell'accaduto, si sia chiarito il motivo per cui, nonostante il pronto intervento degli addetti di Trenitalia e delle forze dell'ordine, non si sia riusciti a ripristinare la legalità, garantendo alle persone disabili, che ne avevano diritto, di usufruire dei posti loro regolarmente riservati e se siano in corso accertamenti per capire cosa sia avvenuto nel dettaglio e assumere le iniziative necessarie perché episodi di tal genere non abbiano a ripetersi.
(5-07927)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANDELLI, VERSACE, SACCANI JOTTI, BAGNASCO, SOZZANI, PENTANGELO, ROSPI e ROSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   ha destato enorme sconcerto nell'opinione pubblica l'episodio occorso sul treno regionale 3075 Albenga-Milano in partenza dalla stazione Piazza Principe di Genova nel pomeriggio del 18 aprile 2022 a 27 giovani disabili costretti a scendere dal treno;

   secondo le ricostruzioni fornite da Trenitalia, nel caso di specie, erano stati riservati sulla prima vettura del treno regionale 3075 Albenga-Milano i posti necessari a far viaggiare da Genova a Milano una comitiva di persone con disabilità (27 persone + 3 accompagnatori);

   sul treno, arrivato a Genova Piazza Principe in ritardo per un precedente atto vandalico, che aveva costretto a cambiare tipo di convoglio a Savona, riducendone la capienza di 300 posti, sono saliti numerosi viaggiatori occupando tutti i posti, compresi quelli tenuti e rimasti fino a quel momento liberi per la comitiva;

   sembra che lo spazio per le persone diversamente abili fosse stato riservato, ma a Genova piazza Principe, con un gran numero di passeggeri sulla banchina, i posti loro riservati sono stati occupati da altri viaggiatori che si sono rifiutati di liberarli;

   a quel punto il personale di assistenza alla clientela è salito a bordo per invitare le persone a lasciare quei posti;

   dopo circa venti minuti, nell'impossibilità di persuadere i clienti e permettere alla comitiva di viaggiare seduta, com'era previsto, Trenitalia ha individuato una soluzione alternativa, utilizzando un pullman sostitutivo;

   la stessa polizia ferroviaria, intervenuta successivamente, non ha potuto far altro che constatare che i 27 disabili avevano accettato di usufruire del veicolo alternativo messo a disposizione da Trenitalia;

   nelle condizioni generali di trasporto dei passeggeri di Trenitalia spa viene integralmente recepito quanto previsto regolamento (CE) n. 1371/2007, recante diritti e obblighi dei passeggeri, che prevede che venga rivolta un'assistenza particolare alle persone con disabilità o a mobilità ridotta in partenza, all'arrivo e a bordo treno;

   tale episodio vergognoso dimostra la necessità di programmare il servizio ferroviario in maniera adeguata a tutelare il diritto alla mobilità di tutti soprattutto in giornate di più intensa affluenza e in luoghi di maggior rilievo turistico –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti di cui in premessa;

   se sia stato possibile verificare perché non siano stati liberati i posti riservati e prenotati e qual iniziative siano state intraprese nei confronti dei passeggeri che hanno occupato quei posti;

   se il servizio sostitutivo di bus di terra sia stato offerto con l'adeguata assistenza;

   quali iniziative intenda assumere per evitare che episodi del genere si possano ripetere in futuro.
(4-11888)


   DE CARLO e SUT. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende dal sito internet cabinoviametropolitana.comune.trieste.it, «La città di Trieste nel corso del 2019 ha attivato le procedure per dotarsi di un Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) con l'obiettivo di individuare e applicare soluzioni innovative di mobilità sostenibile. Il piano rientra nell'ambito della riqualificazione del Porto Vecchio di Trieste attraverso il progetto europeo “Civitas Portis” per lo studio e la sperimentazione di soluzioni innovative in tema di mobilità nelle città portuali d'Europa»;

   la Commissione europea ha approvato il progetto e lo stesso vale per il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili il 12 gennaio 2021, ritenendolo meritevole del finanziamento totale nell'ambito dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per un importo di 48 milioni di euro;

   da subito si è costituito un Comitato referendario per il «no», il quale ha raccolto numerosissime firme solo nella prima giornata di presentazione al pubblico;

   come esplicitato dal Comitato «No-Ovovia» la stessa dovrebbe vedere uno stop alla sua attività almeno per 48 giorni l'anno considerata la famosa bora triestina che vede il vento soffiare oltre 100 chilometri orari ed i 18 giorni di manutenzione obbligatoria;

   48 milioni di euro per realizzare l'infrastruttura e un costo annuo di 3,5 milioni di euro di gestione ordinaria prevedono un utilizzo di almeno 3.700 passeggeri al giorno a cui si devono aggiungere le spese per la manutenzione dell'ovovia;

   la realizzazione dell'ovovia avrebbe in previsione il disboscamento di più di 4 ettari ovvero, al fine di realizzare il parcheggio da 780 posti e la stazione a Campo Romano nei pressi di Opicina, verrà raso al suolo un bosco di oltre 2 ettari, nel percorso Bovedo-Opicina oltre alla posa in opera dei 15 pali (di cui 9 lungo la dorsale carsico) per sostenere l'ovovia; dovrebbe essere previsto anche il disboscamento di altri 2 ettari in una zona della Rete ecologica europea «Natura 2000» di protezione speciale e sito di interesse comunitario, che non appare in linea con i principi del Pnrr;

   l'ovovia dovrebbe sfiorare lo storico monumento del Faro della Vittoria, passando a meno di 60 metri dallo stesso e dovrebbe sorvolare il percorso pedonale che attraverserà il Porto Vecchio, aggiungendo alle peculiarità del paesaggio ben 12 piloni, gli enormi volumi delle due stazioni e l'incombente presenza delle cabine sopra i passanti;

   le aree interessate dal progetto a monte di Viale Miramare e fino alla stazione di Campo Romano sono soggette a rischio idrogeologico, rischio che palesemente aumenta con il disboscamento e ad avvalorare questa problematica, negli ultimi anni, sono stati frequenti gli smottamenti ed i cedimenti sulla Strada del Friuli –:

   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione;

   quali siano le ragioni che hanno portato il Governo a prevedere questo ingente stanziamento per la realizzazione di un'opera che, a primo avviso, non appare in sintonia con i principi generali del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   se l'opera descritta sia in linea con le linee guida del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   se i fondi siano vincolati alla realizzazione di tale opera;

   se il Governo abbia intenzione di verificare da subito, per quanto di competenza, la fattibilità e la valenza dell'opera al fine di garantire uno sviluppo certo e condiviso con la popolazione e sicuro per tutti.
(4-11894)


   MELONI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   lunedì 18 aprile 2022 si è verificato un episodio deplorevole sul treno regionale veloce 3075 delle ore 15.48 in partenza da Genova e diretto a Milano Centrale; in particolare, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, 25 passeggeri con disabilità e 5 operatori, che avevano regolarmente pagato il biglietto e prenotato il posto, sarebbero stati impossibilitati a salire a bordo a causa dell'eccessivo sovraffollamento del mezzo;

   proprio a causa di questo eccessivo affollamento, già prima dell'arrivo del treno, in realtà, il personale di assistenza aveva loro proposto di viaggiare su un autobus, e nonostante il rifiuto opposto, basato sul presupposto di una valida e regolare prenotazione del viaggio, il personale ha dichiarato che l'unica soluzione praticabile era quella di salire sull'autobus;

   l'autobus, tuttavia, era privo dei requisiti minimi per consentire lo spostamento di persone con disabilità: non erano presenti a bordo servizi igienici e le condizioni climatiche erano inadeguate ai passeggeri non sono state date precise informazioni sul luogo di arrivo, necessarie per le loro famiglie; alla discesa non era presente personale di assistenza, nonostante la prenotazione lo prevedesse, e addirittura, a fronte delle ripetute richieste di un intervento dell'assistenza, questo è stato negato perché il responsabile contattato non sarebbe riuscito a individuare il luogo della fermata;

   non è accettabile che a passeggeri che hanno pagato il biglietto e hanno riservato il proprio posto non sia assicurato il relativo spazio a bordo, e altrettanto grave appare l'approssimazione della soluzione alternativa individuata, che, per le caratteristiche del mezzo, è stata del tutto inadeguata –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e quali iniziative intenda assumere per assicurare il corretto svolgimento dei servizi ferroviari, anche tenuto conto delle specifiche esigenze dei viaggiatori con disabilità.
(4-11897)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COSTANZO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   lunedì 11 aprile 2022 l'assemblea dell'Ordine dei medici di Torino era convocata per l'approvazione del bilancio;

   126 sanitari, alcuni in attività e altri sospesi, alcuni vaccinati e altri non vaccinati per scelta o perché, guariti dal Sars-Cov2 hanno votato compattamente contro l'approvazione, costringendo l'Ordine a rinviare la votazione sull'approvazione del bilancio;

   qualora in una nuova votazione il bilancio non venga approvato a maggioranza, l'Ordine dovrà essere commissariato;

   come spiegato alle telecamere del sito Byoblu, il voto contrario dei sanitari è stato dovuto al loro disagio per il fatto che l'Ordine si sia trovato ope legis a dover applicare la sanzione della sospensione ai medici non vaccinati, il che – oltre a provocare un danno non indifferente a professionisti stimati – ha creato molti problemi ai pazienti che devono essere curati;

   il Corriere della Sera Torino riporta che: «È stato persino necessario l'intervento della Polizia per calmare le acque, in uno scontro fra medici e un altro gruppo di professionisti dichiaratamente NO VAX»;

   altri medici presenti e aderenti all'associazione Contiamoci hanno smentito la versione del Corriere sulla pagina Facebook dell'associazione, spiegando come siano in possesso di registrazioni che dimostrano quanto la ricostruzione non sia veritiera e come il dibattito sia stato civile –:

   quale sia stata la dinamica dei fatti lunedì 11 aprile 2022, sulla base di quali informazioni o pericoli fosse motivata la presenza della polizia davanti alla sede dell'Ordine dei medici a Torino, e per quale motivo si sia deciso di intervenire.
(5-07936)

Interrogazione a risposta scritta:


   FARO, ASCARI e GIULIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la provincia di Foggia è una area che presenta molteplici criticità dal punto di vista della sicurezza e del controllo del territorio e ciò a causa di un profondo radicamento nel tessuto economico, sociale e culturale, della criminalità organizzata e della criminalità comune;

   in Puglia è la provincia con l'indice di criminalità provinciale (Icp) più alto, collocandosi in cima alla «geografia del crimine» per il reato delle estorsioni;

   la «Società Foggiana», nota anche come «Quarta mafia» è un cartello criminale di stampo mafioso operante in maggior parte della vasta provincia foggiana e costituisce il «nemico numero uno dello Stato» secondo quanto affermato dal Procuratore Cafiero De Raho e, in quanto tale, in grado di tessere rapporti accertati a livello paritario con organizzazioni criminali storiche come Mafia, Camorra, 'Ndrangheta, relazioni internazionali in particolare con le mafie albanesi per il traffico di marijuana e olandesi per quello della cocaina;

   anche sotto il profilo della criminalità in generale, si rileva che il numero di omicidi, tentati omicidi, estorsioni, rapine, furti, attentati, incendi dolosi, colloca Foggia e la sua provincia ormai stabilmente ai primissimi posti delle graduatorie nazionali; ma ciò che è peggio è che la massa enorme dei ricavi delle attività illecite è tale da essere riciclata in ogni comparto dell'economia, al punto da rendere sempre più difficile individuare una netta linea di demarcazione tra l'economia legale e quella illegale;

   la graduatoria definitiva delle richieste di finanziamento presentate dai comuni nel 2021 — a disposizione 27 milioni di euro complessivi — per la realizzazione di nuovi sistemi di videosorveglianza, previsti nei Patti per la sicurezza urbana sottoscritti tra i prefetti e i sindaci, ha visto escluse ben 35 istanze presentate dai comuni della provincia di Foggia, inclusa quella del capoluogo dauno, a causa del mancato soddisfacimento dei requisiti richiesti dalla commissione esaminatrice delle richieste presentate; su sessantuno comuni della provincia solo uno, il comune di Peschici, otterrà il finanziamento richiesto per la videosorveglianza delle strade;

   sono rassicuranti le parole del Ministro interrogato che ha già preannunciato l'avvio di una nuova procedura di selezione dei progetti comunali per l'anno 2022, con una disponibilità di risorse complessivamente pari a 36 milioni di euro, ma resta ferma la preoccupazione che gli stessi vengano valutati con criteri inadeguati a rappresentare l'incidenza effettiva della criminalità nel territorio della provincia di Foggia e in territori simili, con la conseguenza che numerosi comuni, particolarmente vessati da fenomeni di criminalità comune o organizzata restino nuovamente esclusi da questo importante contributo –:

   se, nell'individuazione dei criteri di valutazione posti alla base della graduatoria dei comuni ammessi al contributo, si sia tenuta in debito conto l'eventualità che rimanessero esclusi alcuni territori, anche vasti, come nel caso della provincia di Foggia, per i qualora l'altro, era prevista una quota di riserva garantita ai comuni delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Siciliane Sardegna;

   se siano previste modifiche dei criteri di valutazione, o sia prevista l'individuazione di nuovi e ulteriori criteri tali da rappresentare la realtà effettiva dei territori, al fine di mettere in campo azioni efficaci contro la criminalità.
(4-11886)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   FURGIUELE. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   come denunciato sui social media dalla docente coinvolta e confermato dalla stampa locale, una docente di lettere, di ruolo nella scuola secondaria di primo grado cinquantacinquenne di Bagnara Calabra da 19 anni, malata di sclerosi multipla, è di recente stata licenziata per «inidoneità fisica» all'insegnamento, così come valutato dalla commissione medica al cui controllo la donna si era dovuta sottoporre per iniziativa del preside dell'istituto ove l'insegnante prestava servizio;

   alla riapertura delle scuole dopo il primo lockdown, la docente aveva chiesto e ottenuto dall'istituto comprensivo Ugo Foscolo di Bagnara la sorveglianza sanitaria speciale, in quanto categoria fragile insegnando dunque in modalità agile, a distanza per tutto lo scorso anno scolastico;

   al principio dell'anno scolastico in corso, in considerazione del protrarsi dello stato di emergenza pandemica nel Paese, la docente ha reiterato la richiesta di sorveglianza sanitaria speciale ma il nuovo dirigente scolastico ha ritenuto di respingerla e di collocare la docente in malattia d'ufficio, sin dal 14 settembre, impedendole in concreto di lavorare;

   contemporaneamente il dirigente scolastico ha attivato la commissione medica di verifica affinché fosse valutata la idoneità alla professione della docente che, a causa della malattia che l'affligge è tutelata dalla legge 104 del 1992, articolo 3 comma 3;

   il 12 marzo 2022 alla docente è stato consegnato il verbale della commissione medica recante il giudizio «non idonea in modo permanente ed assoluto per le condizioni fisiche» e il 16 marzo 2022 la stessa ha ricevuto il decreto di risoluzione del rapporto di lavoro, motivato dal giudizio di inidoneità espresso dalla commissione medica di verifica di Catanzaro;

   la sclerosi multipla costringe l'insegnante a spostarsi con uno scooter elettrico, che usa anche per entrare in classe e fare lezione ma tale circostanza, invariata da quando la docente ha assunto servizio ad oggi, non ha mai creato alcun impedimento al regolare svolgimento dell'attività didattica della docente che anzi gode da sempre della massima stima e del pieno rispetto dei suoi alunni e dei colleghi;

   la presenza di un insegnante con disabilità, infatti, dovrebbe essere considerata un valore aggiunto perché dà la possibilità agli alunni di fare esperienza concreta di cosa significhi essere uguali nella diversità e che avere una disabilità, di qualunque genere, non è un ostacolo per vivere la propria vita e per realizzare i propri sogni;

   il timore che il lavoro possa rappresentare per lei un rischio biologico è assolutamente infondato dal momento che la disabilità della docente è meramente motoria, e continuare a recarsi presso la sede di lavoro, ove non sussista un aggravio di pericolo di contagio da coronavirus, non sottopone la stessa ad un maggior rischio o all'aggravamento delle sue condizioni fisiche;

   molto ci sarebbe da dire, invece, sul danno morale che il licenziamento comporta ad una donna cui si sta arbitrariamente impedendo di continuare a svolgere la professione che ha scelto e ama da ben 19 anni a causa della propria disabilità;

   il nostro Paese, anche nel rispetto delle indicazioni fornite nel PNRR, è impegnato ad implementare un piano di inclusione reale delle persone disabili e questa decisione dell'USR della Calabria pare discostarsi da questo cammino e riportarci a tempi bui in cui una persona si giudica unicamente per le proprie capacità fisiche –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda illustrata;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare per verificare l'accaduto e assicurare ogni necessaria tutela alla lavoratrice oggetto di questa gravissima discriminazione, e affinché tali accadimenti non possano ripetersi in futuro.
(3-02906)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RADUZZI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   al comma 3 dell'articolo 4-ter.2 del decreto-legge 1o aprile 2021, n. 44 convertito, con modificazioni dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, si dispone la cessazione della sospensione per i docenti non vaccinati. Tuttavia, l'atto di accertamento dell'inadempimento vaccinale «impone al dirigente scolastico di utilizzare il docente inadempiente in attività di supporto alla istituzione scolastica»;

   successivamente, il Ministero dell'istruzione in data 28 marzo 2022 ha pubblicato una nota in cui viene definito nel dettaglio quali sono le tipologie di attività di supporto alla istituzione scolastiche che il docente può svolgere. Nella circolare del 31 marzo 2022, per quanto concerne la determinazione dell'orario di lavoro, veniva disposto che: «la prestazione lavorativa dovrà svolgersi su 36 ore settimanali, al pari di quanto previsto per i lavoratori temporaneamente inidonei all'insegnamento (articolo 8 del medesimo CCNI del 25 giugno 2008) nonché per tutto il personale docente ed educativo che a vario titolo non svolge l'attività di insegnamento ma viene impiegato in altri compiti»;

   in data 29 marzo 2022, è stata pubblicata una circolare, protocollo n. 0279756, del Direttore generale e delle direttrici e dei direttori delle direzioni istruzione e formazione della provincia autonoma di Bolzano, nella quale viene disposto che: qualora «i compiti di supporto, all'istituzione scolastica non consistono in attività svolte con le bambine e i bambini/le alunne e gli alunni, si applica l'orario di lavoro dell'amministrazione provinciale»;

   l'orario di lavoro previsto dell'amministrazione provinciale di Bolzano, esteso addirittura a 38 ore settimanali, sottopone i docenti che svolgono attività di supporto all'istituzione scolastica a dover lavorare 20 ore settimanali in più rispetto alle ore previste dal contratto di lavoro di assunzione all'insegnamento;

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e, alla luce delle considerazioni esposte, quali iniziative di competenza intenda adottare, anche in raccordo con gli enti territoriali, per garantire il rispetto del numero di ore lavorative previste per i docenti dal contratto di assunzione su tutto il territorio nazionale.
(5-07934)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TURRI e PATERNOSTER. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   nell'agosto del 2020 sul Veneto si sono abbattuti violenti temporali e raffiche di vento che hanno portato il Presidente della regione a decretare lo stato di emergenza anche in considerazione degli ingenti danni arrecati agli edifici pubblici e, in particolar modo, ai poli scolastici di Arzignano (VI), Trissino (VI), Montecchia di Crosara (VR) e Soave (VR);

   il Ministro interrogato, il 9 settembre 2020, ha emanato il «decreto di assegnazione di risorse agli enti locali per i danni subiti dagli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico a seguito dei nubifragi del 2 agosto e del 29 e 30 agosto 2020» erogando euro 182.756,00 in favore della provincia di Vicenza, euro 650.000,00 al comune di Arzignano (VI), euro 48.500,00 al comune di Trissino (VI), euro 400.000,00 al comune di Montecchia di Crosara (VR) ed euro 72.000,00 al comune di Soave (VR) per il ripristino delle condizioni di agibilità e sicurezza degli edifici adibiti a uso scolastico danneggiati dal nubifragio dello scorso 29 e 30 agosto 2020;

   il decreto prevedeva che agli enti locali potesse essere concessa un'anticipazione del 20 per cento dell'importo di finanziamento al momento dell'avvenuta registrazione del presente decreto da parte degli organi di controllo e previa richiesta alla direzione competente del Ministero dell'istruzione da parte dei suddetti enti locali beneficiari. La restante parte del finanziamento doveva essere poi erogata per stati di avanzamento lavori fino al raggiungimento del 90 per cento dell'importo di finanziamento, mentre il residuo 10 per cento al momento della presentazione dei certificati di regolare esecuzione o collaudo dei lavori entro il termine ultimo fissato per il 30 giugno 2021, pena la decadenza dal contributo;

   i comuni di Montecchia di Crosara e Soave, pur avendo provveduto con sollecitudine a effettuare i necessari lavori di ripristino degli edifici scolastici, non hanno mai avviato la procedura necessaria a ricevere lo stanziamento;

   bisogna considerare che trattasi di piccoli comuni sulla cui organizzazione la pandemia ha inciso negativamente assai più che nei grossi centri, in quanto il personale, già scarso, è stato sottoposto alle necessarie turnazioni e assai spesso si è dovuto astenere dal lavoro a causa di isolamento fiduciario e malattia, generando così grossi disservizi nella macchina amministrativa;

   le amministrazioni si sono preoccupate di mettere in sicurezza i luoghi e assicurare alla comunità la ripresa delle regolari attività scolastiche il prima possibile e si sono sobbarcate per intero una spesa così ingente, confidando di poter essere successivamente ristorate, ma purtroppo non erano a conoscenza dello stanziamento già messo a loro disposizione dal Ministero e da cui incredibilmente risultano ora essere decadute;

   per questi enti locali l'impossibilità di vedersi riconoscere queste somme la cui spesa si era resa necessaria in seguito a calamità naturali sta diventando un problema di difficile gestione che rischia di mettere in bilico la tenuta dei bilanci comunali –:

   se il Ministro interrogato, in considerazione delle particolari condizioni verificatasi in questi anni in cui il Paese è rimasto in stato di emergenza, non ritenga di adottare iniziative per rimettere nei termini i comuni di Montecchia di Crosara e di Soave, al fine di ristorarli per gli interventi di ripristino dei poli scolastici già effettuati.
(4-11885)


   RACCHELLA. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il principio costituzionale della libertà di educazione trova realizzazione sul territorio nazionale attraverso le scuole statali e non statali;

   le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico e il riconoscimento della parità, quindi, garantisce l'equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato, l'assolvimento dell'obbligo di istruzione e l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore legale dalle scuole statali;

   ciò inserisce le scuole paritarie nel sistema nazionale di istruzione e le impegna ad accogliere tutti gli alunni che ne accettino il progetto educativo e richiedano di iscriversi, compresi gli alunni e studenti con disabilità, contribuendo a realizzare la finalità di istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola;

   le scuole paritarie oggi educano il 35 per cento dei bambini e dei ragazzi in obbligo scolare, molte di queste scuole, soprattutto con riguardo alla fascia 0-6 sono istituzioni senza fini di lucro che non potrebbero continuare a esistere senza adeguato sostegno dallo Stato;

   inoltre in diverse regioni le scuole paritarie, soprattutto nella fascia 0-6 anni, si sostituiscono quasi completamente alla scuola pubblica, di fatto svolgendo una funzione essenziale a favore di famiglie e dei minori laddove lo Stato nel corso del tempo ha investito poco o nulla;

   l'emergenza pandemica ha messo a dura prova il sistema scuola che ha dovuto reinventarsi al fine di continuare a garantire ai propri alunni i diritti primari alla salute e all'istruzione: si sono resi indispensabili interventi per migliorare le infrastrutture digitali, di edilizia leggera nonché l'assunzione di nuovo personale per gestire le classi che si sono dovute smistare, di sanificazioni straordinarie e giornaliere assai più accurate del consueto;

   a fronte di esborsi straordinari così importanti le scuole paritarie hanno dovuto rinunciare all'introito garantito dalle rette scolastiche che sono state sospese o molto diminuite durante i mesi del lockdown e non hanno beneficiato di gran parte dei fondi messi a disposizione per le scuole statali;

   non da ultimo le scuole paritarie devono fronteggiare una nuova emorragia economica causata dai rincari delle bollette energetiche degli istituti;

   si deve notare che la crisi economica innescata dalla pandemia ha travolto moltissime famiglie che non sono più in grado di far fronte al pagamento di una retta scolastica e, in mancanza di un adeguato sostegno si nega la possibilità di scelta tanto più che la retta mensile è destinata ad aumentare per far fronte ai rincari sopra menzionati;

   non da ultimo, le scuole paritarie sono state escluse dall'utilizzo dei cospicui fondi messi a disposizione dal Pnrr con riguardo all'edilizia scolastica benché a gravare ulteriormente sulle difficoltà delle scuole paritarie c'è anche la scadenza della proroga del termine entro cui ogni immobile adibito a uso scolastico situato nelle zone sismiche 1 e 2 deve essere sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica, con priorità per quelli situati nei comuni compresi nelle quattro regioni interessate dagli eventi sismici 2016-2017, il 31 dicembre 2021;

   ancor più grave è il rischio che le scuole paritarie vengano escluse anche dai bandi Pnrr con riguardo agli investimenti per i contenuti, creando di fatto scuole di «serie A» e «serie B» e di conseguenza bambini di «serie A» e bambini di «serie B» –:

   se il Governo non ritenga di includere le scuole paritarie fra i destinatari dei fondi Pnrr e saranno messi a bando per realizzare progetti per la valorizzazione delle competenze cognitive e non cognitive ovvero mettere a disposizione delle stesse fondi appositi.
(4-11898)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   si apprende che Ita, il 20 aprile 2022, non si è presentata al tavolo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sui dipendenti Covisian, che sono a rischio di licenziamento dopo il ritiro della commessa da parte di Ita Airways per i servizi di call center;

   tale assenza dei vertici di Ita Airways è, ad avviso dell'interrogante, grave e ingiustificabile. E mostra da parte di una società controllata al 100 per cento dallo Stato una palese chiusura al confronto nell'individuare soluzioni occupazionali per i lavoratori coinvolti, dopo il mancato rispetto della clausola sociale sottoscritta a Roma il 21 ottobre tra Covisian e Ita;

   al riguardo, Ita Airways ha giustificato la mancata presenza al tavolo ministeriale affermando di essere «parte lesa» a seguito della «rottura unilaterale» da parte di Covisian del contratto di fornitura del call center e ritenendo responsabile esclusivamente l'azienda che non ha dato seguito né al contratto sottoscritto con Ita né all'intesa sulla clausola sociale relativa ai dipendenti Almaviva;

   Ita ha proceduto all'assunzione diretta di circa 150 persone per i servizi di call center, di cui il 50 per cento proveniente da Alitalia in amministrazione straordinaria e gli altri esterni. Pertanto, adesso resterebbero esclusi tutti i 543 lavoratori attuali, di cui 221 Covisian e i restanti di Almaviva; si tratta di una vicenda inaccettabile di cui, tra condotte svolte in dispregio alle istituzioni e il mancato rispetto di accordi, stanno subendo le conseguenze decine di lavoratori con le loro famiglie a cui vanno, invece, tempestivamente riconosciute concrete tutele –:

   se e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire soluzioni occupazionali ai 543 lavoratori coinvolti.
(5-07930)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BRAMBILLA, PRESTIPINO, FRAILIS, SIRAGUSA, SPESSOTTO e BIANCOFIORE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   la legge 30 dicembre 2021, n. 234, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024», all'articolo 1, commi 980 e seguenti, prevede il divieto di allevamento, riproduzione in cattività, cattura e uccisione di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pellicce;

   in deroga a tale divieto, l'articolo 1, comma 981 della citata legge stabilisce che gli allevamenti autorizzati alla data di entrata in vigore della legge medesima possano continuare a detenere gli animali per il periodo necessario alla dismissione, e comunque, non oltre il 30 giugno 2022;

   il successivo comma 982 prevede, poi, uno specifico fondo per indennizzare gli allevamenti. I criteri e le modalità di indennizzo, ai sensi del comma 983, sono individuati con «decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro della Salute e il Ministro della Transizione ecologica, sentite le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge»;

   ai sensi del comma 984, il medesimo decreto dovrà regolare altresì «l'eventuale cessione degli animali e detenzione, con obbligo di sterilizzazione, nel rispetto del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 146, e delle procedure indicate dal Ministro della salute per la prevenzione della diffusione di zoonosi presso gli allevamenti, presso strutture autorizzate, accordando preferenza a quelle gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste riconosciute»; nonostante sia ampiamente decorso il termine indicato dalla legge, il citato decreto non risulta ancora emanato;

   è rimasta senza risposta anche la richiesta di notizie in merito alla tempistica di adozione del decreto formalizzata dalle associazioni animaliste, tra le quali Humane Society International (HSi), che si sono battute per la chiusura definitiva degli allevamenti di animali da pelliccia in Italia, obiettivo raggiunto dopo anni di campagne;

   il provvedimento è essenziale anche allo scopo di consentire il ricovero degli animali ancora in vita, in specie visoni, fino a oggi sfruttati e uccisi al solo scopo di ricavarne pellicce, presso strutture autorizzate, sicché possa essere garantita, almeno ad alcuni, la sopravvivenza in condizioni di benessere –:

   quali siano i tempi previsti per l'adozione del decreto ministeriale attuativo della disposizione di legge che prevede il divieto di allevamento, riproduzione in cattività, cattura e uccisione di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pellicce e la conseguente chiusura definitiva delle attività correlate.
(4-11889)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COSTANZO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il comma 1 dell'articolo 20 del decreto «Sostegni-ter», approvato in via definitiva alla Camera il 24 marzo 2022, estende la disciplina di riconoscimento di un indennizzo per le lesioni o infermità, originate dalla vaccinazione e dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell'integrità psico-fisica (oppure il decesso), anche ai casi in cui l'evento riguardi soggetti non tenuti all'obbligo della vaccinazione in questione, e dunque anche a chi abbia subito un danno conseguente alla vaccinazione anti-Covid;

   i risarcimenti verranno erogati tramite un fondo di 50 milioni di euro per il 2022 e di altri 100 milioni di euro stanziati per il 2023;

   come riportato da Fanpage, la persona danneggiata (o gli eredi, in caso di decesso) deve presentare la domanda alla Azienda sanitaria di residenza, allegando i documenti che attestano prima la vaccinazione e poi l'insorgere della patologia collegata; poi bisogna sottoporsi a una visita effettuata da parte della commissione medica ospedaliera del territorio, che deve esprimere un giudizio positivo o negativo su patologia e correlazione; se è positivo si ottiene l'indennizzo, se è negativo si può presentare ricorso entro 30 giorni. In ogni caso la domanda va presentata entro tre anni dall'insorgere della patologia, non dalla somministrazione;

   l'indennizzo è un assegno composto da una somma (calcolata in base alla tabella B allegata alla legge 29 aprile 1976, n. 177) cumulabile con ogni altro emolumento. Chi è stato danneggiato dalla vaccinazione può presentare una domanda anche per ottenere un assegno una tantum, pari al 30 per cento dell'indennizzo dovuto per il periodo compreso tra il manifestarsi del danno e l'ottenimento dell'indennizzo;

   gli indennizzi per lesioni o infermità originate da vaccinazione contro il COVID-19 riguarderanno dunque non solo chi è soggetto ad obbligo ma tutte le persone che si sono sottoposte alla vaccinazione anti Covid. Secondo quanto previsto dal decreto «Sostegni-ter», un decreto del Ministero della salute di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, avrebbe dovuto stabilire le modalità di monitoraggio annuale delle richieste di accesso agli indennizzi e dei relativi esiti;

   ad oggi non risulta ancora emanato tale decreto, nonostante le prime dosi di vaccino, con i relativi eventi avversi, siano state somministrate il 27 dicembre 2020 –:

   in quali tempi verrà emanato il decreto ministeriale chiarificatore delle modalità di indennizzo e secondo quali linee di indirizzo verrà disciplinato l'esito di accoglimento delle domande.
(5-07929)

Interrogazione a risposta scritta:


   TRANO, SARLI, BENEDETTI, SURIANO, EHM, VALLASCAS, CORDA, CABRAS, COSTANZO, SAPIA, VIANELLO, GIULIODORI e TERMINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 20 gennaio 2022 Adriana Tanoni, 28 anni, di Aprilia, è deceduta al Policlinico Umberto I, presumibilmente a causa di infezione da COVID-19;

   da quanto riportato da diverse testate giornalistiche la giovane aveva partorito appena 7 giorni prima un bambino, ma l'ultimo periodo di gravidanza sarebbe stato costellato da prestazioni sanitarie rese in modalità quantomeno discutibili;

   la donna avrebbe accusato i primi sintomi da Covid il 27 dicembre 2021 ed avrebbe peregrinato per varie strutture sanitarie della provincia di Roma, senza tuttavia essere mai ricoverata, mentre la malattia continuava il suo decorso;

   solo in data 7 gennaio 2022, come spiega la direzione del Policlinico Umberto I in una nota, sarebbe stata ricoverata presso il pronto soccorso ostetrico per difficoltà respiratorie. L'ecografia polmonare avrebbe evidenziato una importante polmonite bilaterale COVID-19 confermata da test molecolare, tanto che la stessa sarebbe stata immediatamente sottoposta a terapia con casco Cpap con il 100 per cento di ossigeno;

   le condizioni cliniche della paziente sarebbero peggiorate in data 13 gennaio 2022, tanto da indurre i sanitari a programmare il parto cesareo, a seguito del quale la donna sarebbe stata trasferita in terapia intensiva Covid per essere ventilata meccanicamente, fino all'intervenuto decesso;

   secondo quanto sostenuto in una denuncia dai genitori, precedentemente le era stato negato il ricovero sia presso lo stesso nosocomio Umberto I, che presso il Noc di Ariccia, e l'unica assistenza da parte di paramedici le sarebbe stata prestata in giardino –:

   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato, su quanto esposto in premessa e se non ritenga di adottare iniziative per verificare, tramite l'invio di ispettori, il rispetto dei protocolli ministeriali previsti;

   se, considerando le presunte scelte discriminatorie lamentate da soggetti non vaccinati o non in possesso di green pass, non ritenga di promuovere un'indagine ministeriale su tutto il territorio nazionale per sincerarsi che non si stiano verificando casi di «apartheid sanitaria».
(4-11892)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   i progetti importanti di interesse comune europeo (Ipcei) consistono in progetti di innovazione industriale che richiedono investimenti congiunti e coordinati transnazionali da parte delle autorità pubbliche e delle industrie di diversi Stati membri;

   per essere approvato, un Ipcei deve contribuire agli obiettivi strategici dell'Unione europea ed essere caratterizzato dalla partecipazione di almeno due Stati membri dell'Unione europea, deve includere il cofinanziamento dei beneficiari, comprese le imprese private, e avere un impatto e ricadute positive in tutta l'Unione europea. Deve inoltre perseguire obiettivi ambiziosi di ricerca, sviluppo e innovazione (andando oltre lo stato dell'arte delle tecnologie) e di First Industrial Deployment. Inoltre, l'Ipcei deve essere considerato conforme alle regole di concorrenza dell'Unione europea e in particolare alle regole sugli aiuti di Stato: a questo fine, è necessario dimostrare importanti carenze di mercato o sistemiche;

   le caratteristiche degli Ipcei, nonché i criteri per l'analisi della compatibilità dell'Ipcei con la disciplina sugli aiuti di Stato, sono definiti nella comunicazione della Commissione del 2014 (2014 / C 188/02). Gli Ipcei possono rappresentare un'opportunità per sfruttare gli investimenti in ricerca e innovazione realizzati nell'ambito dei partenariati europei finanziati dal programma Horizon, portando i risultati della ricerca verso la futura industrializzazione e commercializzazione;

   gli Ipcei sono stati indicati come uno degli strumenti che potranno sostenere lo sviluppo delle sei catene del valore strategiche per l'Europa individuate dal Forum strategico sugli Ipcei, ovvero veicoli connessi verdi e autonomi; salute intelligente, industria a bassa emissione di carbonio, tecnologie e sistemi ad idrogeno, internet delle cose industriale, sicurezza informatica;

   dopo l'approvazione del primo Ipcei sulla microelettronica, nel dicembre 2018, la Commissione ha approvato, a dicembre 2019, in collegamento con i lavori del Forum strategico sulle catene del valore, un secondo Ipcei sulle batterie e, il 26 gennaio 2021, un terzo Ipcei sempre sulle batterie, snodo tecnologico fondamentale per tante catene del valore produttivo, dalla mobilità, all'industria, alle smart cities. Sono attualmente in fase di definizione un nuovo Ipcei sulla microelettronica, un Ipcei sull'idrogeno e un Ipcei su Next Generation Cloud Infrastructure and Services;

   l'Italia ha partecipato fin da subito alle attività dei Forum strategico contribuendo al processo di identificazione delle 6 value chains e sostenendo i primi progetti Ipcei sulla microelettronica e sulle batterie;

   con la legge di bilancio 2020 è stato istituito un Fondo Ipcei in cui far convergere tutte le risorse nazionali e regionali destinate a questi progetti. Il quadro complessivo al momento delle risorse ad oggi allocate è il seguente: 410,2 milioni di euro (legge di bilancio 2019, articolo 1, comma 203), 100 milioni di euro (legge di bilancio 2020, articolo 1, comma 232), 950 milioni di euro (decreto-legge n. 104 del 14 agosto 2020, articolo 60, comma 6), risorse che dovrebbero essere ripartite tra microelettronica, batterie 1 e batterie 2;

   all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sono inoltre state previste risorse ulteriori per gli Ipcei, in particolare nel quadro dei 4 miliardi per idrogeno (2 da Ngeu e 2 da programmazione di bilancio 2021-2026) e 1 miliardo nella Missione Istruzione e Ricerca. Dunque, mentre per gli Ipcei sull'idrogeno e la microelettronica sono state stanziate risorse nell'ambito del Pnrr, per altri in via di definizione – in particolare quello su cloud e sulla salute – al momento non sono previsti finanziamenti –:

   se e con quali modalità il Governo intenda assicurare il supporto ai nuovi Ipcei in fase di definizione che attualmente non godono di finanziamenti pubblici e quali iniziative intenda adottare per favorirne il cofinanziamento da parte dei beneficiari e del mondo delle imprese.
(5-07926)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta scritta:


   ENRICO BORGHI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   nella XVII legislatura è stato istituito con la legge n. 205 del 2017 il Parco nazionale del Matese, area riconosciuta prioritaria per la conservazione della biodiversità dal Ministero della transizione ecologica;

   la legge n. 394 del 1991 «Legge quadro sulle aree protette» fissa, all'articolo 4, i criteri per l'individuazione e la perimetrazione delle aree protette che prevede intese «eventualmente promosse dal Ministro dell'ambiente, tra regioni ed enti locali»;

   l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), il 10 luglio 2020 ha trasmesso la proposta aggiornata di riperimetrazione e di zonazione, elaborata tenendo conto delle proposte tecnicamente accoglibili pervenute dalla regione Molise, nonché valutando le singole istanze trasmesse dai comuni campani ma non coordinate a livello regionale;

   la regione Campania ha trasmesso una nota di riscontro il 28 gennaio 2021. La regione Molise, invece, con nota del 29 gennaio, ha richiesto un supplemento dei termini per le ulteriori osservazioni, in considerazione di alcune potenziali criticità rappresentate dagli enti locali;

   il 23 febbraio, il Ministero della transizione ecologica, a seguito dell'istruttoria condotta sulla proposta della regione Campania, ha trasmesso una nota con la quale ha segnalato le criticità rilevate: dalla verifica preliminare di tale proposta sarebbe emersa, infatti, una diffusa contrarietà all'inclusione nel Parco nazionale da parte di diversi comuni, che continuano ad anteporre il concetto di «vincolo» a quello di «tutela e valorizzazione» territoriale. Tale decisione comporterebbe, di fatto, la potenziale esclusione di importanti sistemi ambientali da tutelare, alcuni dei quali già inseriti nell'esistente Parco regionale del Matese;

   la regione Molise, il 13 aprile 2021, è stata sollecitata dal Ministero della transizione ecologica a fornire i contributi richiesti al fine di consentire ad Ispra il completamento dell'istruttoria tecnica. Tuttavia, la regione, nonostante un ulteriore sollecito il 21 maggio 2021, ha comunicato che è ancora in attesa di acquisire le osservazioni da parte degli enti locali;

   l'Ispra potrà provvedere ad una verifica complessiva delle proposte di perimetrazione e zonazione solo dopo aver acquisito le definitive osservazioni regionali, i cui esiti saranno posti alla base del confronto da attuarsi nell'ambito del Tavolo istituzionale, nel corso del quale verrà anche discussa la disciplina di tutela dell'istituendo Parco;

   l'ex direzione Generale per il patrimonio naturalistico del Ministero della transizione ecologica, in merito alla necessità di acquisire i contributi e le osservazioni di pertinenza in merito alla proposta di perimetrazione, ha ritenuto opportuno concedere una proroga con scadenza fissata al 30 marzo 2022;

   una rapida istituzione del Parco nazionale del Matese rappresenta una necessità, oltre che opportunità di sviluppo economico e sociale, attraverso la gestione sostenibile delle sue ricchezze naturali, riconoscendo loro, tra l'altro, il ruolo di custodi di queste ricchezze;

   l'attuazione delle misure di salvaguardia previste dalla legge quadro sulle aree protette – bloccando il radicale incremento del consumo di suolo e gli interventi a forte impatto ambientale e paesaggistico – porterebbe ad una maggiore valorizzazione territoriale con la possibilità di partecipare a specifici bandi ministeriali e accedere agli incentivi per le Zea e, soprattutto, di sfruttare le enormi opportunità offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza –:

   se siano state attivate tutte le procedure per la definitiva realizzazione del Parco nazionale del Matese con la perimetrazione e la nomina del Comitato di gestione.
(4-11895)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'università e della ricerca, ai sensi dell'articolo 14 del decreto-legge n. 152 del 2021 convertito dalla legge n. 233 del 2021, ha avviato il processo di «razionalizzazione e all'aggiornamento dei settori scientifico disciplinari»;

   con riferimento al settore scientifico disciplinare «Diritto agrario» (IUS/03, area 12 scienze giuridiche – di cui si propone l'aggiornamento in «diritto agrario e alimentare» in considerazione dell'evoluzione dei saperi degli ultimi 20 anni), si vuole evidenziare che rappresenta un campo di studi e di formazione cruciale dell'area giuridica, per le attuali dinamiche economiche del Paese;

   esso presenta, inoltre, una crescente caratterizzazione professionale nei corsi giuridici, nella formazione post-laurea (richiesta dagli Ordini degli Avvocati) e in classi di laurea diverse da quelle giuridiche (agraria, tecnologie alimentari, veterinaria, scienze politiche e altro);

   l'obiettivo della «formazione di profili professionali innovativi» suggerisce una autonomia del settore IUS/03 per i contenuti della materia, non sovrapponibile ad altre dell'area delle scienze giuridiche;

   il settore IUS/03, pur essendo collocato, ai soli fini dell'organizzazione delle Commissione Asn, nel settore concorsuale 12/E3, insieme a diritto dell'economia (IUS/05) e diritto della navigazione (IUS/06), presenta una chiara distinzione tematica rispetto agli altri due settori disciplinari cui è qui accomunato. Le tematiche del diritto agrario, agroambientale e alimentare non trovano corrispondenza alcuna né nel settore denominato «diritto dell'economia» nelle articolazioni espresse dalla relativa declaratoria, né nei contenuti del «diritto della navigazione»;

   si contano ad oggi n. 21 professori ordinari per il SSD IUS/03, potendo quindi soddisfare i requisiti richiesti ai fini del riconoscimento di una propria autonomia, anche sotto il profilo concorsuale;

   il reclutamento di giovani ricercatori a valere su fondi Pon green e innovazione, confermano la rilevanza innovativa delle tematiche oggetto della disciplina nel quadro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) –:

   se intenda adottare le iniziative di competenza per conservare l'autonomia didattica e scientifica del settore disciplinare IUS/03 (diritto agrario e alimentare), al fine di rispondere pienamente alle esigenze espresse dal legislatore per definire percorsi didattici interdisciplinari e professionalizzanti, sia nell'area giuridica che in altre aree disciplinari.
(5-07932)


   GIORGIS e PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 22, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 interviene sulla durata degli assegni di ricerca e prevede che «La durata complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di cui al presente articolo e dei contratti di cui all'articolo 24, intercorsi anche con atenei diversi, statali, non statali o telematici, (...) con il medesimo soggetto, non può in ogni caso superare i dodici anni, anche non continuativi (...)»; la stessa legge, all'articolo 24 comma 7, statuisce che si applichino le disposizioni di cui all'articolo 22 comma 9 ai bandi di concorso dei ricercatori a tempo determinato, ed esclude quindi ai fini dell'ammissione coloro che hanno in essere o hanno avuto contratti in qualità di assegnista di ricerca e di ricercatore a tempo determinato, ai sensi, rispettivamente, degli articoli 22 e 24 della legge n. 240 del 2010 presso Atenei italiani, statali, non statali o telematici, nonché presso gli enti di cui al comma 1 dell'articolo 22 della legge n. 240 del 2010, per un periodo che, sommato alla durata prevista dal contratto di cui al bando di concorso, superi complessivamente i dodici anni, anche non continuativi. Ai fini della durata dei predetti rapporti non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute secondo la normativa vigente;

   in base ai limiti sopra citati, gli assegnisti di ricerca e perfino i ricercatori a tempo determinato di tipo A), che si trovano in una condizione di precarietà protratta prossima a tali limiti, non potranno partecipare alle selezioni per ricercatori a tempo determinato di tipo B) e, previa valutazione nel terzo anno, essere poi inquadrati nel ruolo dei professori associati;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) prevede un investimento di oltre 30 miliardi nella ricerca e nella formazione, con l'obiettivo di favorire il progresso scientifico e coinvolgere le migliori competenze;

   come dichiarato dalla Ministra interrogata, in occasione dell'audizione al Senato dello scorso 22 marzo, tra le misure per la ricerca previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) vi sono diversi bandi per giovani ricercatori e dottorati –:

   quali iniziative il Ministro interrogato, anche in considerazione degli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), intenda assumere al fine di evitare che assegnisti di ricerca e ricercatori di tipo A), con una lunga e comprovata esperienza scientifica e didattica prossima ai 12 anni, siano esclusi dalla possibilità di partecipare a concorsi da ricercatore di tipo B) che, nell'attuale ordinamento, rappresentano uno dei principali percorsi per accedere ai ruoli di professore associato e raggiungere una condizione di stabilità;

   se, tra le possibili soluzioni per affrontare il problema su descritto, intenda prendere in esame l'ipotesi di prevedere che il termine dei 12 anni debba essere calcolato in riferimento al solo momento della iscrizione al bando di concorso per ricercatore di tipo B (escludendo dunque dal computo dei 12 anni la durata del contratto del relativo bando).
(5-07935)

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Tateo n. 4-11832 del 13 aprile 2022 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07933.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Trano e Spessotto n. 4-11840 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 677 del 13 aprile 2022. Alla pagina 25747, seconda colonna, dalla riga quarantesima alla riga quarantunesima, deve leggersi: «manager dell'assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato, che sarebbe risultato», e non come stampato.