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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 14 gennaio 2022

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'esigenza di tutelare la salute e favorire il completamento della campagna vaccinale è una priorità improcrastinabile da perseguire con risolutezza e anche attraverso il rafforzamento e l'estensione della certificazione verde COVID-19 (cosiddetto green pass) e dell'obbligo vaccinale;

   il decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 229 ha previsto l'obbligo di possedere il cosiddetto green pass rafforzato anche per accedere ai mezzi di trasporto pubblico locale, quali ad esempio quelli impiegati per gli spostamenti da e per le cosiddette isole minori, ovvero da e per le isole lagunari e lacustri;

   a differenza di quanto avviene sulla terra ferma, dove si hanno a disposizione diverse opzioni di mobilità con mezzi propri, chi ha necessità di spostarsi da e per dette isole non ha altra possibilità se non l'uso dei traghetti;

   il decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, introducendo l'obbligo di green pass cosiddetto «base» per accedere agli uffici giudiziari anche per tutti i soggetti fino a oggi esclusi da tale obbligo, ha previsto una eccezione per i testimoni e le parti del processo citate per una determinata udienza, che possono esserne sprovvisti;

   quanto disposto dai due recenti interventi legislativi sopra richiamati si rivela idoneo a produrre effetti paradossali, in quanto il testimone o la parte processuale residente in una isola minore che non sia in possesso del green pass rafforzato, a partire dal 10 gennaio 2022 si trova nella impossibilità oggettiva di recarsi negli uffici giudiziari, nonostante il legislatore abbia previsto una specifica deroga per consentirgli di presenziare;

   tale discrasia rischia di riflettersi sui tempi processuali, causando un rallentamento del relativo iter e l'aggravio della trattazione;

   con riferimento ad una situazione analoga, il Ministero della salute, per quel che concerne la possibilità di recarsi a scuola per gli studenti dei corsi di scuola primaria, secondaria di primo grado e di secondo grado, ha stabilito, tramite specifica ordinanza, che i suddetti studenti possano utilizzare i traghetti da e per le isole –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per risolvere le criticità applicative connesse alla disciplina di cui in premessa.
(5-07366)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RACCHELLA, STEFANI, BELOTTI, PATELLI, MANZATO, BISA, ZORDAN, FANTUZ, BAZZARO, GIACOMETTI, PRETTO, LAZZARINI, BITONCI, FOGLIANI, COVOLO, PATERNOSTER, LORENZO FONTANA, TURRI, VALBUSA, ANDREUZZA, COIN, COLMELLERE, VALLOTTO, COMENCINI, BADOLE e PAOLIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di gennaio 2022 ci si trova, ancora, di fronte alla situazione drammatica che affligge il settore degli impianti sportivi;

   si intende riferirsi, in particolar modo, agli impianti natatori riuniti nel Coordinamento associazioni gestori impianti natatori e al forum piscine, che da sempre rappresenta il punto di riferimento del comparto a livello internazionale;

   il 2021 doveva essere l'anno della ripartenza con le dovute risposte alle esigenze del comparto composto in massima parte da associazioni sportive dilettantistiche e società sportive dilettantistiche, che si occupano di migliaia di impianti natatori italiani di proprietà pubblica;

   la diffusione della nuova ondata pandemica dovuta alla variante Omicron e le nuove misure anti-contagio e di prevenzione impongono, per noi tutti, una necessaria riflessione sull'importanza delle attività sportive e sulle conseguenti difficoltà di un settore che si sta avviando in maniera drammatica verso il default;

   lo sport, oggettivamente, è sempre stato sinonimo di benessere, secondo l'equazione «più sport, più salute e, quindi, meno malattie»;

   l'attività sportiva, infatti, è definita dalle autorità mediche e da tutta la comunità scientifica come necessaria alla prevenzione delle patologie e al mantenimento del corretto stile di vita, con la conseguenza di abbattere, con percentuali elevate, l'incidenza sulla spesa pubblica nel servizio di sanità;

   evitando la chiusura degli impianti sportivi e delle piscine, ambienti dove, secondo uno studio degli scienziati dell'Imperial College, difficilmente il virus si trasmette grazie alla presenza del cloro, i cittadini italiani potranno continuare a praticare e beneficiare di un'essenziale e salutare attività –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per riconoscere il ruolo di centri della salute agli impianti sportivi e alle piscine;

   se, alla luce dell'insistenza sul territorio nazionale (dati Coni) di oltre 77 mila impianti sportivi che sono di competenza di 7.904 sindaci, il Governo intenda adottare iniziative per prevedere l'estensione del cosiddetto Superbonus 110 per cento agli impianti sportivi e alle piscine quale traino per il rilancio dell'impiantistica del Paese;

   se il Governo intenda adottare iniziative per prevedere l'istituzione, per i gestori degli impianti sportivi e delle piscine, di un fondo apposito per lo sgravio dei costi energetici, notevolmente accresciuti stante l'aumento vertiginoso sui costi unitari energetici di gas, metano e chilowatt elettrici come riscontrato e confermato dal Governo.
(4-11091)


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   in provincia di Isernia il progetto di rete stradale «lotto zero» che dovrebbe collegare il bivio di Miranda con il Bivio di Pesche (già collegati con la strada statale 17) per allacciarsi al lotto 1 della Isernia-Castel di Sangro suscita diverse perplessità;

   il progetto, lungo 5 chilometri, costa circa 174 milioni di euro (di cui 4 per la sola progettazione) e prevede la costruzione di due gallerie, otto viadotti e tre svincoli ed è inserito nel decreto-legge semplificazioni tra i 53 interventi infrastrutturali per i quali è stata prevista la nomina di un commissario straordinario al fine di accelerarne l'iter;

   l'inutilità pubblica dell'opera (a fronte del rischio di danni alle risorse idriche ed ambientali e dello spreco ingiustificato di fondi pubblici) si palesa laddove lo scopo di abbreviare i tempi di percorrenza tra Isernia e Castel Di Sangro è già stato ben raggiunto dal «lotto uno» e la stessa Anas indica la previsione di uno scarso traffico veicolare quotidiano e un risparmio dei tempi medi di percorrenza irrisorio;

   sotto il profilo ambientale-paesaggistico l'opera, oltre ad avere ricadute pesanti sul consumo di suolo, comprometterebbe anche la falda acquifera del fiume Sordo e le sue sorgenti che alimentano l'acquedotto isernino e nascono nella «Riserva orientata di Pesche», area di elevato interesse naturalistico istituita dall'Ue, e del costituendo «Parco delle Acque di San Martino», stante il mancato rispetto delle distanze di tutela di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006;

   il costo dell'opera sarebbe lievitato passando dai circa 18 milioni di euro iniziali agli attuali 174 milioni, ben oltre lo ius variandi consentito alla pubblica amministrazione;

   da quanto si apprende pende un ricorso al Tar presentato dal comune di Isernia poiché la V.i.a. decaduta sin dal 2018, non è stata reiterata come imposto dalla normativa vigente;

   inoltre, non risulterebbero in essere validi atti di approvazione del progetto definitivo in variante allo strumento urbanistico da parte dei tre consigli comunali interessati (Isernia, Pesche, Miranda);

   la dichiarazione di pubblica utilità risulterebbe scaduta, non sarebbe stata effettuata un'adeguata analisi del rapporto costi/benefici né la valutazione «alternativa zero» prescritta dal Testo unico dell'ambiente che renderebbe nullo l'intero procedimento come già denunciato da anni dal Comitato locale «No lotto zero»;

   risulterebbe assente anche il piano del traffico e ogni valutazione di impatto economico. Su tali aspetti sono stati presentati diversi esposti alla procura della Repubblica, alla Corte dei Conti e all'Anac da parte dell'Associazione antimafia Caponnetto e dal Comitato «No lotto zero»;

   investire risorse pubbliche per la realizzazione del «lotto zero» rischia di rappresentare uno spreco economico e un danno per l'ambiente mentre le stesse somme potrebbero essere impiegate per altre infrastrutture realmente utili e attualmente negate per assenza di fondi quali la variante di Venafro per San Vittore, il viadotto Sente in Agnone, il completamento della essenziale «Fresilia» che unisce due arterie statali, l'efficientamento della rete ferroviaria, misure contro il dissesto idrogeologico;

   andrebbe valutato di disporre che l'Anas blocchi immediatamente il procedimento, atteso che sono già iniziati i lavori con la devastazione di decine di migliaia di alberi –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo affinché possa essere riconsiderato il valore strategico dell'opera denominata «lotto zero», tenuto conto di quella che appare all'interrogante la sua palese inutilità pubblica e delle forti criticità ambientali, economiche e procedurali evidenziate in premessa e se non intenda adottare iniziative affinché l'Anas fermi immediatamente i lavori predetti, al fine di impiegare tali risorse in progetti alternativi e realmente utili che restituirebbero a quel territorio una viabilità di gran lunga migliore e una maggiore messa in sicurezza, oltre ad evitare svantaggi economici e danni ambientali che potrebbero derivare dal «lotto zero».
(4-11099)


   ZAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   In data 3 dicembre 2021 alle ore 3:00 l'azienda Ulss 6 Euganea, operante nell'ambito territoriale della provincia di Padova e che eroga prestazioni sanitarie per quasi un milione di cittadini, è stata colpita da un attacco hacker, che ha bloccato tutti i sistemi informativi dell'azienda stessa;

   da fonti di stampa si apprende che, in data 1° gennaio 2022, l'attacco è stato rivendicato sulla piattaforma Lockbit 2.0 e chiesto un riscatto di 800 mila euro da pagare entro il 15 gennaio 2022 alle ore 16.44, dietro la minaccia di pubblicazione di tutti i file rubati, contenenti dati particolarmente sensibili;

   come dichiarato anche dall'ufficio stampa dell'Ulss 6, l'attacco ha avuto conseguenze devastanti sulla continuità e l'efficienza dei servizi sanitari dell'azienda, bloccando non solo i centri vaccinali contro il COVID-19, ma la quasi totalità delle prestazioni erogate, ovvero generando problemi di operatività presso i centri di pronto soccorso, il Cup, le radiologie, il laboratorio analisi, i punti prelievi;

   l'articolo 117 della Costituzione attribuisce alle regioni la tutela della salute dei cittadini, competenza che prevede, a parere dell'interrogante, anche la tutela dei dati sensibili raccolti nell'erogazione dei servizi sanitari;

   è stato confermato da parte di Ulss 6 che il Garante per la protezione dei dati personali ha aperto un'istruttoria sull'accaduto, dopo la segnalazione effettuata dalla stessa Ulss;

   a parere dell'interrogante è necessario prevedere da parte della pubblica amministrazione livelli di sicurezza standard che garantiscano una difesa adeguata dei dati sensibili dei cittadini, oggetto nell'era digitale di speculazioni sempre maggiori, in particolare quelli riferiti alla salute personale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza, anche normative, intendano porre in essere, per impedire che situazioni analoghe possano verificarsi nuovamente e per predisporre un adeguato sistema di difesa dei dati sensibili dei cittadini in possesso della pubblica amministrazione.
(4-11105)


   GERMANÀ e MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 229, ha stabilito nuove misure per il contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19 e disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria;

   tra le novità introdotte dalla nuova disciplina, a partire dal 10 gennaio 2022 fino alla cessazione dello stato di emergenza, si prevede che sia consentito esclusivamente ai soggetti in possesso del cosiddetto green pass «rafforzato» o «super green pass» l'accesso a molteplici seguenti servizi e attività, tra cui alberghi e altre strutture recettive, sagre e fiere, convegni e congressi, feste conseguenti ai matrimoni, servizi di ristorazione all'aperto, impianti sciistici, piscine, centri natatori, sport di squadra e di contatto, centri benessere per le attività all'aperto, centro culturali, centro sociali e ricreativi per le attività all'aperto;

   l'uso del green pass rafforzato, peraltro, è stato anche esteso per l'accesso e l'utilizzo dei mezzi di trasporto, modificando l'articolo 9-quater del decreto-legge n. 52 del 2021 ed escludendo l'uso del green pass «base» – la certificazione verde COVID-19 che si ottiene per vaccinazione, guarigione oppure con i test antigenico rapido o molecolare con risultato negativo – per l'utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico o privato di linea come aerei, treni, navi, traghetti e autobus;

   tale esclusione appare irragionevole, sproporzionata ed eccessiva, non permettendo lo spostamento con mezzi pubblici a soggetti non contagiati, esclusivamente non vaccinati, i quali potrebbero muoversi dalla propria dimora solamente a bordo di mezzi propri;

   ciò risulta inoltre impossibile per coloro i quali vivono nelle isole, non potendo essi raggiungere la terraferma a bordo di mezzi privati;

   tale previsione dunque va a minare il principio di continuità territoriale, intesa come capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti, che si inserisce nel quadro più generale di garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini e di coesione di natura economica e sociale. Il trasporto, infatti, da un lato, si configura come attività di tipo economico, dall'altro come elemento essenziale del «diritto alla mobilità» previsto all'articolo 16 della Costituzione, e costituisce un servizio di interesse economico generale tale da dover essere garantito a tutti, indipendentemente dalla dislocazione geografica;

   negli ultimi giorni sono emersi sugli organi di stampa numerosi esempi che dimostrano il caos creatosi intorno al cosiddetto super green pass (si pensi al caso, poi risolto, di una donna di Lipari gravemente malata di cancro che, non avendo il «super green pass», non sarebbe riuscita a recarsi a Messina per una visita medica) e quanto questa previsione appaia sproporzionata e irragionevole, stante che la regione Sicilia, in quanto isola, si ritrova a dispetto delle altre regioni italiane con blocco regionale –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di garantire il rispetto del principio della continuità territoriale per i residenti nelle isole italiane alla luce delle criticità di cui in premessa.
(4-11106)

CULTURA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della cultura, per sapere – premesso che:

   presso la città di Colorno (PR), tra le varie bellezze di interesse storico artistico ivi presenti, è presente una statua dedicata a Diana Cacciatrice, la cui realizzazione viene comunemente collocata durante la prima metà del '700, e più probabilmente ascrivibile al periodo farnesiano;

   tale statua da diverso tempo, anziché essere esposta pubblicamente nel luogo in cui era originariamente collocata e precisamente ai margini del parco ducale dove ancora oggi è presente il basamento originario, al momento si trova chiusa, in stato di sostanziale abbandono, presso la Reggia di Colorno in un magazzino di proprietà dell'Asl;

   nella seconda metà del '900, questa statua è stata tolta dal piedistallo, restaurata con fondi della provincia, esposta in alcune occasioni specifiche, fino ad essere abbandonata, nel locale di servizio del Palazzo Ducale, dove si trova tuttora sottratta quindi alla pubblica esposizione senza che se ne ravveda un motivo preciso;

   da approfondimenti recenti svolti dai consiglieri comunali del M5S si è appurato che dopo l'unità d'Italia tutta la zona, che era possedimento della Camera Ducale di Parma, passò in un primo tempo tra le proprietà di Casa Savoia, per poi passare al demanio e/o essere privatizzata (salvo il complesso monumentale della Reggia di Colorno che al contrario venne ceduto alla Provincia di Parma), tranne il «fazzoletto» di terra su cui sorge il piedistallo su cui si trovava tale statua (per la precisione all'estremità di via Serraglio, all'interno del comune di Colorno) che è rimasta, quindi, di proprietà statale fino ad oggi (come si evince dalle mappe catastali);

   a quanto consta all'interrogante anche la soprintendenza di Parma, interpellata, avrebbe confermato che la statua e il suo basamento sono da intendersi a tutti gli effetti di proprietà demaniale (cosiddetto demanio culturale) –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza della questione sopra esposta;

   se ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di restituire l'opera di notevole interesse storico-artistico alla città di Colorno e ai suoi cittadini.
(2-01403) «Zanichelli».

Interrogazione a risposta scritta:


   VARCHI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   in data 20 dicembre 2021 il Ministero della cultura ha dato avvio alla fase attuativa del Pnrr Cultura che prevede nove linee di intervento e una riforma per un totale di risorse da investire, entro il 2026, di 4,28 miliardi di euro;

   in particolare, è stato pubblicato l'avviso dell'intervento 2.1 Attrattività dei borghi, un investimento di 1.020 milioni di euro, pari al 24 per cento del totale del Pnrr Cultura, che ne fa l'investimento più importante di tutto il comparto;

   il piano di rilancio dei borghi si suddivide in due linee di intervento: la linea A, con una dotazione finanziaria di 420 milioni di euro, dedicata a progetti pilota, prevede che «I progetti dovranno includere l'insediamento di nuove funzioni, infrastrutture e servizi nel campo della cultura, del turismo, del sociale o della ricerca, come scuole o accademia di arti e dei mestieri della cultura, alberghi diffusi, residenze d'artista, centri di ricerca e campus universitari, residenze sanitarie assistenziali (RSA) dove sviluppare anche programmi a matrice culturale, residenze per famiglie con lavoratori in smart working e nomadi digitali»; la linea B, per i progetti di rigenerazione culturale e sociale, destinata a «Piccoli comuni singoli o aggregati con popolazione residente fino a 5.000 abitanti nei quali sia presente un borgo storico chiaramente identificabile e riconoscibile (o, nel caso di comuni dimensionalmente molto piccoli, si configurino essi stessi come un borgo storico) [...] con una dotazione finanziaria complessiva di 580 milioni di euro»;

   la linea B è finalizzata alla realizzazione di progetti in almeno 229 borghi storici in coerenza con il target previsto dalla scheda relativa all'investimento 2.1 del PNRR-M1C3-Cultura: i progetti di valorizzazione che si possono presentare devono avere l'ambizione di cambiare il volto del borgo prescelto; non sono meri progetti di ristrutturazione, ma devono avere un'anima di rigenerazione del tessuto culturale, sociale, economico del territorio oggetto dell'investimento, integrando obiettivi di tutela del patrimonio culturale con le esigenze di rivitalizzazione sociale ed economica, di rilancio occupazionale e di contrasto dello spopolamento;

   con successiva procedura, avente una dotazione finanziaria pari a 200 milioni di euro, saranno sostenute a gestione centralizzata di responsabilità del Ministero della cultura, le imprese che svolgono attività culturali, turistiche, commerciali, agroalimentari e artigianali localizzate nei medesimi comuni oggetto dei progetti di rigenerazione culturale e sociale;

   così come formulate le due linee di finanziamento, rimarrebbero esclusi dai relativi bandi i comuni di modeste dimensioni demografiche che, benché con popolazione superiore ai 5.000 abitanti e comunque non superiore ai 15.000 abitanti, hanno già avviato percorsi di rigenerazione urbana che hanno già prodotto risultati significativi, con il rischio di vedersi gravemente mortificati gli sforzi fino a questo punto fatti –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per consentire ai comuni tra i 5.000 e 15.000 abitanti di partecipare ai bandi pubblici per i progetti di rigenerazione urbana, culturale e sociale, dei borghi da finanziare con risorse del Pnrr.
(4-11093)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   SILVESTRONI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria ulteriormente prorogata, e il significativo impatto della variante «Omicron» ha contribuito ad aggravare la curva epidemiologica a livello nazionale;

   nelle ultime settimane la peculiarità dell'ultima variante e di conseguenza della quarta ondata è rilevante anche in diverse accademie e scuole di formazione militari, tra le quali l'accademia militare di Modena, l'accademia aeronautica di Pozzuoli, l'accademia navale di Livorno, l'accademia della Guardia di finanza di Bergamo, le scuole sottufficiali della Marina e della Guardia di finanza e le scuole militari «Nunziatella» e «Morosini»;

   le regioni che ospitano queste prestigiose scuole, con i nuovi parametri della classificazione a colori sono tutte regioni «gialle», ma indicano purtroppo un andamento peggiorativo della situazione epidemiologica e, conseguentemente, sono diversi i casi di positività al Coronavirus registrati tra gli allievi;

   le recenti disposizioni che dettano le misure di contrasto alla pandemia e di prevenzione del contagio, prevedono misure di quarantena variabile in funzione della situazione vaccinale, introducono per i lavoratori pubblici e privati con 50 anni di età l'obbligatorietà del Green Pass rafforzato per l'accesso ai luoghi di lavoro a far data dal 15 febbraio prossimo. Senza limiti di età, l'obbligo vaccinale è esteso al personale universitario così equiparato a quello scolastico;

   si registrano problematiche logistiche nelle modalità di attivazione della Dad (didattica a distanza) tra le diverse accademie e scuole di formazioni militari, a causa delle difficoltà relative agli spazi comuni dedicati allo studio e alle altre attività di formazione, che non garantiscono un efficace distanziamento tra gli allievi stessi e il personale docente o ausiliario proveniente dall'esterno;

   secondo quanto risulta all'interrogante, le modalità di adozione dello strumento della Dad prevedono, in alcune accademie, lo svolgimento di lezioni con il docente di turno, che lavora da remoto, mentre gli studenti assistono fisicamente in un'aula o in uno dei spazi comuni;

   i frequentatori delle scuole militari non fanno parte del personale operativo e pertanto la loro eventuale assenza dalle scuole militari non comporta alcun pregiudizio per la sicurezza o minori servizi dedicati alla popolazione;

   a marzo 2020 sono state chiuse le attività della prestigiosa Accademia di Modena, dell'Accademia dell'Aeronautica di Pozzuoli, dell'Accademia Navale di Livorno, della Nunziatella di Napoli, e di tutte le altre istituzioni formative delle nostre Forze armate;

   si è appreso dagli organi di stampa che il 4 gennaio 2022 è stato riconosciuto, da parte dell'Inail, l'infortunio sul lavoro a tutte le lavoratrici ed i lavoratori dell'azienda Fiac Compressori a Sasso Marconi che nei mesi di febbraio e marzo 2021 avevano contratto il Covid-19;

   è indispensabile intervenire con tempestività qualora si rendesse necessaria, la sospensione delle attività in presenza e prevedere auspicabilmente la turnazione degli allievi delle accademie militari nelle proprie abitazioni, per garantire il necessario distanziamento e per osservare le opportune misure di contenimento e procedere con la didattica a distanza, in ottemperanza anche a quanto indicato dalla recente normativa in relazione alla formazione scolastica –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza degli eventi descritti;

   se sia stata fatta, e ripetuta nel tempo, una massiccia campagna di screening volta a impedire il proliferare di contagi e di potenziali focolai all'interno delle accademie e delle scuole di formazione militare e, in caso affermativo, quali siano i dati ufficiali di tale screening e quali iniziative intendano adottare al fine di garantire il diritto alla salute e allo studio agli allievi appartenenti agli istituti di formazione militare e alle accademie militari in sicurezza, scongiurando nuovi contagi e migliorando l'adozione della didattica a distanza.
(4-11108)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   ai fini del calcolo dei redditi diversi, le persone fisiche, le società semplici, gli enti non commerciali e i soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia hanno potuto fare riferimento al valore fiscalmente riconosciuto dei terreni edificabili e con destinazione agricola e dei titoli, quote o diritti non negoziati in mercati regolamentati, come rideterminato mediante versamento di un'imposta sostitutiva dell'11 per cento sul valore periziato, in luogo dell'ordinario 26 per cento (articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 282 del 2002);

   i diversi provvedimenti succedutisi nel tempo hanno modificato, prorogandole, la data del possesso utile di tali categorie di beni, e quelle del termine per il pagamento o la richiesta di rateizzazione e la connessa produzione della necessaria perizia di stima;

   più recentemente, tale misura è stata riproposta nella legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), che, con riferimento al possesso, indica la data del 1° gennaio 2020, e nell'articolo 137 del decreto-legge n. 34 del 2020 che, da un lato, ha prorogato la rivalutazione per i terreni e le partecipazioni possedute alla data del 1° luglio 2020, e, dall'altro, ha prorogato i termini per il versamento e il deposito della perizia al 15 novembre 2020;

   le date per il pagamento o la dilazione e il connesso deposito della perizia di stima sono state, poi, prorogate dall'articolo 14, comma 4-bis, del decreto-legge n. 73 del 2021, al 15 novembre 2021;

   ad oggi nessuna disposizione è stata adottata per mantenere l'applicabilità del regime sostitutivo all'11 per cento di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 282 del 2002, per i beni pervenuti nel possesso dei contribuenti in data successiva a quella del 1° gennaio 2021, stante l'assenza di una qualsivoglia disposizione di proroga in merito –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di consentire l'applicazione dell'imposta sostitutiva all'11 per cento per i beni di cui in premessa.
(3-02718)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Gestore dei servizi energetici – GSE S.p.a. è una società per azioni italiana nata nel 1999, interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, alla quale è attribuito l'incarico di promozione e sviluppo delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica;

   la società svolge i propri compiti in conformità con gli indirizzi strategici e operativi definiti dal Ministero della transizione ecologica e dall'Autorità di regolazione per l'energia reti e ambiente ed è assoggettata al controllo della Corte dei conti;

   Gse S.p.a. è il quarto ente italiano e gestisce un giro di affari di circa 14 miliardi di euro all'anno;

   il contact center è l'unico sportello sul mondo esterno per il Gse e l'unico punto di interlocuzione che privati, aziende e pubblica amministrazione hanno con tale ente per la concessione di incentivi, gestione pratiche, pagamenti, dichiarazioni antimafia, accesso agli atti, in relazione alle fonti rinnovabili nel nostro Paese;

   come dichiarato dagli stessi dipendenti del contact center, negli ultimi anni, tale personale è stato «sballottato da un'azienda a un'altra, passando da concordati, fallimenti e affitti di ramo di azienda» nel tourbillon di appalti e subappalti che hanno interessato il servizio;

   in questo periodo, solo grazie a forti prese di posizione, mobilitazioni e proteste i lavoratori del contact center sono riusciti a difendere, seppur in parte e in condizioni di grave precarietà, diritti e livelli salariali;

   negli ultimi 7 anni, in particolare, questi lavoratori, attraverso le loro rappresentanze sindacali, hanno contestato la liceità degli appalti, ottenendo diverse sentenze di accoglimento;

   con l'esplosione dell'emergenza pandemica, poi, l'azienda, a detta degli stessi lavoratori, «non si è mossa per tempo per mettere in campo le contromisure necessarie al fine di arginare i contagi» e «anche in questa circostanza, i lavoratori sono stati costretti ad entrare in sciopero per ottenere la chiusura della sede». Inoltre, i dipendenti hanno dovuto proseguire il servizio «con dotazioni personali, senza rimborsi e investendo in alcuni casi parte dei loro stipendi per dotarsi della strumentazione necessaria»;

   in ultimo, come rilevano le organizzazioni sindacali, in questi due anni di emergenza, l'azienda «da mesi», ha utilizzato il Fondo integrazione salariale «con percentuali che toccano il 40 per cento per ogni lavoratore e lavoratrice dovuto al calo dei volumi, anche se ciclicamente viene chiesto loro di svolgere lavoro straordinario e supplementare»;

   dal giorno 13 dicembre 2021 le operatrici e gli operatori del contact center Gse sono entrati nuovamente in sciopero per chiedere l'internalizzazione del servizio;

   allo stato attuale, e al netto della condizione di indecente precarietà cui sono relegati i lavoratori di una società interamente controllata dallo Stato, è di difficile comprensione la scelta di continuare ad esternalizzare un servizio che potrebbe più efficientemente essere svolto nel perimetro di Gse S.p.a., considerato l'enorme peso dei costi diretti dell'esternalizzazione sommati all'ammontare delle risorse pubbliche spese per sostenere gli strumenti di sostegno al reddito –:

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per garantire condizioni di stabilità ai lavoratori del contact center Gse;

   se intenda, per quanto di competenza, adottare iniziative volte all'internalizzazione del suddetto servizio, garantendo la continuità lavorativa degli attuali dipendenti.
(5-07363)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da tempo la maggior parte dei negozi collocati all'interno della stazione ferroviaria di Vicenza risultano sfitti;

   l'immagine per i viaggiatori e gli ospiti che arrivano nella città berica è davvero desolante;

   un senso di abbandono e di degrado si propaga da tutti quegli spazi vuoti, generando, soprattutto nelle ore notturne, paura che vi si possano annidare sbandati o tossicodipendenti;

   i negozi sono di proprietà di Rete ferroviaria italiana, partecipata al 100 per cento da Ferrovie dello Stato Italiane, e sono restati sfitti per l'eccessiva onerosità dei canoni di locazione richiesti ai potenziali affittuari;

   viceversa, il recupero ad uso commerciale degli spazi in questione avrebbe un grande valore ai fini di un recupero sociale ed ambientale di un'area strategica per la città, che merita di essere rivitalizzata;

   sarebbe quindi auspicabile che la proprietà abbassasse in modo sensibile le pretese economiche per la concessione in locazione dei locali, agevolandone l'utilizzo –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per agevolare la concessione in locazione degli spazi commerciali della stazione di Vicenza di cui in premessa, da troppo tempo sfitti.
(3-02717)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GENTILE. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il 16 dicembre 2021 il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili ha emanato un decreto al fine di ripartire le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – pari a circa 4 miliardi di euro – destinate alla missione M2C4-I4.1 «Investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell'approvvigionamento idrico» per la parte di risorse aggiuntive da programmare sul Pnrr e la chiave di riparto prevedeva che il 40 per cento del totale delle disponibilità fosse riservato al Mezzogiorno; nelle tabelle allegate al decreto sono state inserite due sole opere da realizzare nella regione Calabria, per un totale di circa 18 milioni di euro (meno dell'1 per cento del totale delle disponibilità). Entrambi gli interventi sono proposti da Consorzi di Bonifica (Ionio Cosentino e Ionio Reggino) e non figurano tra le priorità immediate del Piano nazionale finanziato direttamente con le risorse europee del Next Generation UE, mentre risultano presenti opere di significativa rilevanza presentate da Acquedotto Pugliese, Acqua Campania e Sicilia Acque;

   ad avviso dell'interrogante desta particolare perplessità e preoccupazione il fatto che, sia pure in presenza di evidenti carenze e criticità nei sistemi di approvvigionamento primari della Calabria, non risulti negli elenchi alcuna opera proposta da Sorical, società la cui missione è praticamente analoga a quella delle citate società –:

   se intenda chiarire quale sia stato il criterio utilizzato per selezionare le opere da finanziare e se intenda intraprendere iniziative di competenza al fine di garantire una più equa ripartizione delle risorse europee del Next Generation UE.
(4-11088)


   MANTOVANI e PRISCO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il Regolamento (CEE) N. 95/93 del consiglio del 18 gennaio 1993 ha fissato norme comuni per l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti dell'Unione prevedendo i criteri di assegnazione e utilizzo degli slot imponendo, in origine, che minimo l'80 per cento dei voli fissati di ogni compagnia fosse garantito salvo poi portare – a causa della pandemia – al 50 per cento tale percentuale;

   gli slot non sono altro che «finestre» concesse alle compagnie, che ottengono così il permesso di atterrare e decollare in un aeroporto in una specifica data e orario;

   il combinato disposto dell'emergenza pandemica e del conseguente crollo della domanda di trasporto aereo ha comportato la messa a terra di un cospicuo numero di velivoli da parte delle compagnie aeree, la cui solidità finanziaria è pesantemente messa in pericolo;

   le compagnie sono costrette a far decollare gli aerei, anche se vuoti per mantenere il diritto d'utilizzo degli «slot» secondo il concetto «usi o perdi»;

   in data 6 gennaio 2022 Olivier Jankovec, direttore generale di Aci Europe, ha rilanciato gli allarmi lanciati da numerose compagnie aeree in merito all'insostenibilità di un criterio, quello degli slot, totalmente scollegato rispetto al contesto attuale;

   come riportato da SkyTg24 in data 11 gennaio 2022 il Ministro dei trasporti belga George Gilkinet ha chiesto un intervento della Commissione europea affinché venga ridotta questa soglia e vengano fornite «nuove possibilità di esenzione» per gli aerei fino a quando l'emergenza COVID non sarà terminata;

   il solo gruppo Lufthansa, come riportato da più testate giornalistiche – sarà costretta a far decollare quest'inverno circa 18.000 aerei vuoti o semivuoti;

   il meccanismo appena descritto va in direzione contraria rispetto a qualsiasi politica attenta alla riduzione delle emissioni comportando altresì un improduttivo dispendio di risorse e usura dei velivoli per le compagnie aeree tra le quali vi è la neonata Ita –:

   se il Governo intenda promuovere nei consessi europei un ulteriore abbassamento della percentuale minima di utilizzo degli slot al fine di limitare il fenomeno dei cosiddetti «voli fantasma»;

   se il Governo intenda promuovere un superamento del meccanismo «usa o perdi» attraverso l'introduzione di un'asta regolamentata avente ad oggetto gli slot inutilizzati in modo tale da garantire un'efficiente distribuzione degli stessi tra le compagnie aeree.
(4-11104)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   non si placa l'escalation di criminalità nella città di Corigliano-Rossano;

   è di poche ore fa la notizia di una vettura andata in fiamme durante la notte e per la quale si presume che l'innesco sia stato di matrice dolosa;

   si tratta del decimo mezzo avvolto dal fuoco nella città della Sibaritide, in questi primi giorni dell'anno; l'ultimo, due giorni fa, ha fatto registrare in un solo colpo l'incendio di ben 5 camion si un'azienda agricola; solo a Sibari sono stati undici i veicoli incendiati;

   la città di Corigliano-Rossano è spesso finita sulle prime pagine di cronaca nera per numerosi casi di violenza registrati nella zona, che, nella migliore delle ipotesi, sono ascrivibili a una dilagante, quanto sottovalutata, cultura dell'illegalità, ma che, invece, potrebbero far pensare allo spettro di una nuova guerra di 'ndrangheta;

   il fenomeno della criminalità organizzata nel territorio di Corigliano Rossano, terzo comune della Calabria dopo Reggio Calabria e Catanzaro, è stato esaminato in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, svoltasi presso la prefettura di Cosenza, a seguito del tentato omicidio – avvenuto il 31 gennaio 2020 in pieno centro storico – di un uomo considerato vicino ad ambienti della criminalità organizzata;

   nonostante ciò e nonostante la situazione allarmante che si è andata delineando negli ultimi anni, il commissariato di Polizia non ha subito alcun potenziamento e a tutt'oggi soffre di una grave carenza di personale: controlla un complesso territorio di 400 chilometri quadrati e, anzi, continua a veder diminuire il proprio personale a seguito delle richieste di pensionamento;

   lo stesso rappresentante di Governo, in risposta all'interrogazione n. 4/04695, il 12 febbraio 2020 ha dichiarato «al fine di aumentare la percezione di sicurezza avvertita dalla popolazione, è stato sensibilizzato il comando legione Carabinieri Calabria, affinché fossero ulteriormente intensificate le attività di prevenzione sul territorio in esame. Sempre in quest'ottica il prefetto ha richiesto all'amministrazione comunale di garantire ogni possibile contributo, sia con l'impiego della polizia municipale, sia con l'implementazione degli impianti di videosorveglianza, soprattutto nelle aree considerate più a rischio», senza alcun riferimento agli sforzi che, invece, il Governo intenda fare per potenziare i presidi di sicurezza locale;

   la giurisdizione dell'attuale commissariato, infatti, si estende da Cariati al confine con Cassano oltre i paesi interni della Sila Greca ed i paesi albanesi con estensione territoriale triplicata e popolazione di circa 200.000 abitanti e una competenza che va dal servizio amministrativo e di ordine pubblico alla gestione degli scioperi, dal monitoraggio delle attività sportive al servizio di frontiera al porto;

   per quanto consta all'interrogante, attualmente, in forza al commissariato di Polizia ci sarebbero 50 operatori, di cui molti in via di pensionamento, e due pattuglie giornaliere, che riescono a coprire solo l'area di Rossano –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali immediate iniziative di competenza intendano adottare per assicurare un adeguato rafforzamento dei presidi delle forze dell'ordine sul territorio e, in particolare, del commissariato di polizia che oggi controlla un territorio di 400 chilometri quadrati;

   se non si ritenga di ricorrere all'impiego anche di contingenti di personale militare delle Forze armate per far fronte alle straordinarie esigenze di prevenzione e contrasto della criminalità;

   se non si ritenga necessario convocare immediatamente un tavolo per la sicurezza pubblica.
(4-11092)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è balzata alle cronache la notizia della diffusione di un video, pubblicato sulla pagina social «Milano bella da dio», riproducente una allarmante aggressione perpetrata ai danni di una ragazza di 19 anni nella notte di Capodanno in Piazza Duomo a Milano;

   dalla videoregistrazione in parola si rileverebbe una giovane donna che indossava un giubbino rosso mentre veniva aggredita da un gruppo di ragazzi che la palpeggiavano e la molestavano anche sessualmente;

   il video pubblicato sui social sarebbe stato acquisito dagli uomini della squadra mobile di Milano, che attraverso l'analisi delle immagini, in aggiunta a quelle delle tante telecamere pubbliche che monitorano la piazza, sono all'opera per l'identificazione degli autori dell'aggressione;

   il vile episodio appena sopra esposto non sembrerebbe isolato ed, infatti, si colloca in una lunga sequela di similari aggressioni perpetrate la sera di capodanno ai danni di altre giovani donne;

   la facilità delle aggressioni e la spregiudicatezza degli autori dei delitti in parola rendono la misura esatta di quale sia, da un lato, il senso di impunità diffuso e, dall'altro, la concreta sicurezza delle nostre città, compromessa dalle illogiche ed assurde politiche governative che impegnano oltremodo le nostre forze dell'ordine nei controlli afferenti i notori provvedimenti liberticidi, senza, di contro, essere state previste nuove assunzioni;

   da quanto riportato dagli organi di stampa gli autori delle aggressioni sarebbero sia stranieri, sia italiani di origine nordafricana (di seconda generazione);

   al di là degli accertamenti di competenza dell'autorità giudiziaria, appare doveroso quanto urgente che il Governo, individuati gli autori dei vili crimini in parola, si assicuri che vengano adottati tutti i provvedimenti amministrativi del caso e, sussistendone i presupposti di legge, evidentemente anche quelli di espulsione dal territorio nazionale;

   il tenore dei fatti sopra esposti, che purtroppo si verificano costantemente come riportato sovente da organi di stampa, dovrebbe indurre le forze di maggioranza ad intervenire sul piano normativo rivedendo sia le politiche di concessione della cittadinanza italiana, sia quelle di espulsione, che risultano, secondo l'interrogante, fin troppo buoniste e troppo lascive –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare al fine prevedere per gli autori di indicibili misfatti come quelli sopra esposti, la procedura di espulsione dal territorio nazionale;

   se il Ministro intenda adottare iniziative di carattere normativo al fine di prevedere la revoca della cittadinanza per coloro che non l'abbiano acquisita per ius sanguinis laddove si rendano autori di reati odiosi come quelli sopra esposti.
(4-11100)


   SAPIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sulla testata on line Corriere della Calabria, il 12 gennaio 2022 è stato pubblicato un articolo intitolato «Senza Green Pass cerca di tornare in Sicilia: è accampato da due giorni a Villa San Giovanni», nel quale si racconta la storia di Fabio Messina, che, in virtù delle misure introdotte nel decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, è bloccato da lunedì 10 gennaio 2022 all'imbarcadero di Villa San Giovanni perché sprovvisto di vaccinazione, dunque del cosiddetto super green pass;

   per quanto riportato dall'articolo, il signor Messina era diretto in automobile a Palermo, a casa sua;

   nell'articolo summenzionato, si specifica che, attraverso il proprio legale, Grazia Cutrino del foro di Trapani, il signor Messina ha presentato ricorso e, nell'attesa, si è accampato in sacco a pelo nel piazzale dello scalo calabrese;

   lo stesso Messina ha dichiarato che pensava di potersi imbarcare, purché fosse rimasto chiuso nella propria auto, ma così non è stato, secondo quanto riportato nell'articolo citato;

   secondo quanto riportato dall'articolo in predicato, per il signor Messina si tratta di «una battaglia di principio», che parte dal rifiuto di sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid;

   all'interrogante appare incomprensibile che lo stesso cittadino non possa rientrare a casa, potendosi nella fattispecie adottare, anche con facilità, misure per consentirne il rientro a casa, con la propria automobile, evitando occasioni di possibile contatto con terzi;

   la vicenda in questione sembra all'interrogante fornire una dimostrazione della discriminazione operata dal Governo in manifesta violazione del regolamento n. 953/2021, del 14 giugno 2021, del Parlamento europeo e del Consiglio, segnatamente del paragrafo 36, secondo cui, in pratica, il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l'uso di uno specifico vaccino anti Covid-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l'esercizio del diritto di libera circolazione o per l'utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri, quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto;

   ancora, nella fattispecie appaiono anche violati alcuni diritti primari previsti della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (2000/C 364/01), nello specifico quelli contemplati: all'articolo 1, secondo cui la dignità umana è inviolabile e deve essere rispettata e tutelata; all'articolo 6, secondo cui ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza; all'articolo 21, in base al quale è vietata ogni forma di discriminazione fondata, in particolare, tra l'alido, sulle convinzioni personali; all'articolo 45, secondo cui ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri –:

   di quali informazioni dispongano rispetto a quanto riportato in premessa e rispetto alle condizioni psico-fisiche e di sicurezza del signor Messina;

   se non intendano assumere, con urgenza, le iniziative di competenza per consentire l'immediato rientro a casa del signor Messina, che non può essere abbandonato.
(4-11103)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, FIANO, POLLASTRINI e MAURI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   in alcuni nidi e scuole dell'infanzia di Milano, a causa di assenze del personale scolastico, non è possibile garantire il servizio in orario pieno. Come emerge a mezzo stampa, ci sono nidi e scuole dell'infanzia dove sono stati fatti solo 14 giorni di orario completo dall'inizio dell'anno. Tutto questo ha conseguenze negative sulla continuità dell'esperienza educativa dei bambini e delle bambine, generando anche grandi difficoltà di organizzazione e conciliazione da parte dei genitori;

   la situazione è particolarmente critica quest'anno, perché al normale turnover del personale si aggiunge la necessità di rispettare le normative anti-Covid che permettono di erogare il servizio in sicurezza ma rendono l'organizzazione del lavoro poco flessibile in caso di assenze del personale. Inoltre, sono aumentante le assenze del personale a causa delle quarantene. Infine, per gestire il servizio di doposcuola seguendo le normative anti-covid, il Comune di Milano ha bandito concorsi a tempo determinato e indeterminato, e ha chiamato il personale dalle graduatorie, che però ora sono esaurite;

   il problema si determina quindi non per carenza di risorse economiche ma per carenza di candidati idonei per partecipare alla selezione. Per facilitare l'assunzione di personale durante l'emergenza da Covid-19, le graduatorie approvate negli anni dal 2012 al 2017 sono state prorogate fino al 30 settembre 2022, limitatamente alle graduatorie comunali dei personale scolastico, educativo e ausiliario destinato ai servizi educativi è scolastici gestiti direttamente dai comuni (articolo 5-bis del decreto-legge n. 183 del 2020). Andrebbe però considerato che i titoli di studio per l'accesso a concorsi per educatori di scuola dell'infanzia come previsto dai decreti ministeriali nn. 249 del 2010 e 81 del 2013, limitano il numero di giovani che possono partecipare ai concorsi in un momento in cui anche lo Stato sta facendo assunzioni –:

   se, per fare fronte alle esigenze straordinarie dovute all'emergenza da Covid-19, si intendano adottare iniziative per estendere temporaneamente ad altri titoli di studio l'accesso ai concorsi per il personale delle scuole di infanzia;

   se i comuni possano attivare le chiamate con la messa a disposizione; se le graduatorie 2012-2017 saranno prorogate anche per l'anno educativo 2022/23.
(3-02716)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FRASSINETTI, MOLLICONE e BUCALO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la scuola in questa fase di pandemia dovrebbe supportare il sistema sanitario sulla gestione dei dati delle quarantene, ed è necessario avere indicazioni chiare al fine di assicurare la privacy nel trattamento dei dati sanitari degli studenti e dei docenti, oltre ad accertare in maniera specifica il loro stato vaccinale;

   nelle ultime ore il numero degli studenti positivi nelle scuole aumenta sempre più e si teme che nei prossimi giorni questo numero tenda ad aumentare ulteriormente –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare e quali chiare indicazioni intenda fornire ai dirigenti scolastici al fine di assicurare la gestione dei casi di quarantena in modo efficace, garantendo allo stesso tempo il rispetto della privacy degli studenti e dei docenti, soprattutto, per questi ultimi, nella fase di verifica del possesso del green pass effettuata attraverso l'apposita piattaforma.
(5-07360)


   VIETINA, D'ETTORE e MUGNAI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge del 7 gennaio 2022, n. 1, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza COVID-19, ha stabilito nuove regole per la riapertura della scuola in presenza dopo le vacanze natalizie;

   in particolare, l'articolo 4, comma 1, lettera c), n. 2, del decreto, prevede misure differenziate, in base alle fascia d'età, per la gestione dei casi di positività nelle scuole: gli alunni possono frequentare in presenza, se in possesso dei requisiti previsti, con due casi di positività nella classe; per coloro che dimostrino di avere concluso il ciclo vaccinale primario o di essere guariti da meno di centoventi giorni oppure di avere effettuato la dose di richiamo, si applica l'auto-sorveglianza, con l'utilizzo di mascherine Ffp2 e in presenza; per i non vaccinati o non guariti si applica la didattica digitale integrata per dieci giorni;

   nella recente nota applicativa dell'articolo 4 del citato decreto si precisa che «i requisiti per frequentare in presenza, seppur in regime di auto-sorveglianza, devono essere dimostrati dall'alunno interessato» e, pertanto, l'istituzione scolastica prende conoscenza dei dati forniti dagli alunni;

   la medesima nota applicativa prevede che in presenza di un solo caso di positività nella classe, per gli altri allievi prosegua l'attività didattica con alcune misure precauzionali, tra cui la raccomandazione di non consumare i pasti se non a una distanza interpersonale di almeno due metri;

   tali norme saranno difficilmente applicabili, in particolare nelle scuole dove la presenza delle mense non potrà consentire, per ovvi motivi di spazi, il rispetto di tali distanze interpersonali;

   le indicazioni, prive di carattere prescrittivo e in via di raccomandazione, comporteranno un trasferimento di responsabilità a carico di coloro che organizzano le attività didattiche e le mense scolastiche, in una situazione già difficile per la ripresa dei contagi. In tali casi, infatti, prevarrà la regola dell'applicazione più prudenziale da parte dei dirigenti scolastici e delle amministrazioni comunali, chiamati ad assumersi le responsabilità per l'applicazione di regole sempre più complesse, poco chiare e discrezionali, con conseguenti chiusure di mense e istituti scolastici –:

   se non intenda riconsiderare le disposizioni e le relative indicazioni operative di cui in premessa, concernenti nuove modalità di gestione dei casi di positività in ambito scolastico, in quanto, ad avviso degli interroganti, non applicabili e tali da scaricare improprie responsabilità su dirigenti scolastici e amministratori locali, disattendendo, nei confronti di questi ultimi, il principio costituzionale di leale collaborazione.
(5-07365)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede la riforma della formazione iniziale per gli insegnanti della scuola secondaria;

   secondo quattro importanti associazioni professionali Aimc, Cidi, Mce e Proteo le ipotesi di riforma in discussione al Ministero stanno prendendo corpo senza che sia stato avviato un confronto organico con il mondo della scuola, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni professionali e delle università;

   sembrerebbe che i crediti formativi universitari (Cfu) che si propongono come necessari per accedere all'insegnamento siano 60 e si tratterebbe di crediti che studenti e studentesse potranno aggiungere a quelli richiesti dalla laurea disciplinare nel corso dei 5 anni;

   tale proposta, se confermata, permetterebbe agli studenti, futuri insegnanti, di scegliere individualmente nei futuri centri di ateneo una serie di esami che, per semplice sommatoria, portino al numero totale di Cfu richiesto per accedere al concorso;

   importanti organi dell'Università intanto hanno sottolineato la necessità di porre al centro le didattiche disciplinari e, pur di non modificare nulla dell'attuale assetto universitario, propongono di spostare la formazione all'insegnamento dopo il superamento del concorso, confondendo la necessaria formazione permanente con la formazione per l'accesso alla professione e all'inattività in servizio con il tirocinio professionale che non può che essere pre-ruolo;

   un insegnante, oltre ad avere una formazione disciplinare completa, ha bisogno anche di competenze pedagogiche, didattiche, relazionali ed epistemologiche;

   il percorso di formazione dedicato all'insegnamento deve coinvolgere scuola e università, prevedendo tirocini e attività laboratoriali che possano costituirsi come base solida per sostenere nel tempo lo sviluppo di professionisti in grado di promuovere nella scuola un approccio socio-costruttivo, di ricerca, come richiesto negli stessi documenti ministeriali;

   capacità di gestione di una classe, attivazione di una pedagogia differenziata, gestione del proprio ruolo nella complessità dell'organizzazione scolastica non si acquisiscono attraverso la semplice «collezione» di crediti formativi;

   di fronte ai dati allarmanti relativi alla dispersione scolastica, agli abbandoni nella scuola secondaria, fonti di disuguaglianze, discriminazioni, perdita di risorse per lo sviluppo del Paese non è ammissibile che, da un lato, aumentino le critiche sulla scarsa competenza dei docenti (svilendo anche ingenerosamente la funzione fondamentale e la professionalità del corpo insegnante) e sulle inefficienze del sistema scolastico e, dall'altro, si operi un riduzionismo e una semplificazione nelle proposte di riforma della formazione iniziale degli insegnanti pur attribuendo loro sempre più responsabilità;

   il tempo che si intenderà dedicare alla formazione dei futuri insegnanti è il termometro dell'importanza che il Paese riserva alla funzione sociale e culturale della scuola e degli stessi insegnanti;

   a parere dell'interrogante, i Ministri interrogati dovrebbero raccogliere l'appello e le preoccupazioni lanciate dalle associazioni e far diventare il tema della formazione iniziale degli insegnanti oggetto di un confronto allargato con tutti i soggetti coinvolti, per avviare quel cambiamento più che mai necessario per il futuro della scuola;

   è necessario creare dei percorsi autonomi focalizzati principalmente sull'aspetto sostanziale formativo: lauree magistrali per l'insegnamento o corsi di specializzazione ad hoc, dove ai futuri docenti siano offerti percorsi coerenti e integrati con riflessioni di didattiche disciplinari, di aspetti storico-epistemologici, di pedagogia, psicologia, antropologia e con un tirocinio co-progettato scuola-università;

   non bisogna svilire l'importanza della formazione permettendo la ricerca di scorciatoie formative, come la semplice raccolta di crediti attraverso percorsi «fai da te» –:

   se i Ministri interrogati non intendano promuovere un confronto allargato con tutti i soggetti coinvolti per discutere di una riforma della formazione iniziale degli insegnanti di scuola secondaria che sia la più largamente condivisa e rispondente a quell'esigenza di cambiamento necessaria per il futuro della scuola.
(4-11089)


   APREA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   in sede di esame del decreto-legge n. 152 del 2021 è stato introdotto l'articolo 24-bis che prevede, per la realizzazione dell'obiettivo del Pnrr – Misura 4 – Componente 1 – Investimento 3.1 «Nuove competenze e nuovi linguaggi», finalizzato a potenziare le competenze digitali, l'introduzione dell'insegnamento della programmazione informatica (coding) e della didattica digitale nelle scuole di ogni ordine e grado a decorrere dall'anno scolastico 2025/2026;

   a tal fine, la norma prevede che, con decorrenza dall'anno scolastico 2022/2023 e per un triennio, il Piano nazionale di formazione dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado, di cui all'articolo 1, comma 124, della legge n. 107 del 2015, individui, tra le priorità nazionali, l'approccio agli apprendimenti della programmazione informatica (coding) e della didattica digitale;

   il dibattito in merito all'adozione della didattica a distanza sta accompagnando tutta la vicenda della pandemia sin dai primi giorni ed è ormai evidente che è arrivato il momento di operare quel salto di qualità necessario affinché la didattica digitale non sia considerata ed adottata come didattica emergenziale e supplente delle più tradizionali metodologie di insegnamento, ma, in linea con i grandi mutamenti scientifici e tecnologici degli ultimi venti anni, diventi strumento e veicolo di un nuovo modo di pensare l'apprendimento, sviluppando accanto alle abilità tradizionali del leggere, scrivere e far di conto, nuove competenze in sistema scolastico innovato nel metodo e nei luoghi;

   il 7 ottobre 2021 è stato siglato dai Ministri Brunetta e Maria Cristina Messa il Protocollo Funzione Pubblica – Ministero dell'università e della ricerca per il rafforzamento delle competenze dei dipendenti della pubblica amministrazione sulla base del quale è stato successivamente sottoscritto un Protocollo d'intesa, di durata triennale, tra il Ministro per la pubblica amministrazione e l'Università La Sapienza di Roma finalizzato alla definizione di un piano formativo unico indirizzato al potenziamento delle skill del personale delle pubbliche amministrazioni nell'ottica anche del principio del longlife learning;

   il programma di formazione prevede, inoltre, l'avvio di specifici percorsi per la transizione digitale che coinvolge partner sia pubblici che privati –:

   quando e con quali modalità e contenuti il Ministro intenda avviare il piano di formazione del personale docente della scuola di cui in premessa finalizzato alla creazione di una classe docente digitale che traghetti il sistema scolastico italiano nel III millennio, prevedendo anche l'utilizzo di modalità di partenariato con le università e con altri soggetti pubblici e privati.
(4-11094)


   FUSACCHIA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   «Save the Children», attraverso una consultazione di 1.000 docenti, ha rilevato che 1 su 4 ha notato l'emersione di disturbi psicologici in almeno un caso tra i suoi studenti;

   non sono andate a buon fine proposte di incremento di fondi per il contrasto al disagio psicologico dei giovani, tra cui quella avanzata nella discussione sulla legge di bilancio 2022, che proponeva l'inserimento del cosiddetto «bonus psicologo»;

   la Regione Lazio ha istituito un fondo da 2,5 milioni di euro per la salute mentale dei giovani, attraverso il coinvolgimento delle strutture sanitarie pubbliche e la rete di psicologi e psichiatri del territorio, altre regioni potrebbero procedere nella stessa direzione a breve;

   la potestà normativa in materia di salute consente alle regioni di intervenire autonomamente, rischiando però che gli interventi siano disomogenei, cosa che solo una legislazione e un investimento nazionale possono evitare;

   in un'intervista a maggio 2021 il Ministro interrogato ha affermato che su 8.183 plessi scolastici, 5.162 sono in grado di dare un servizio di rilevazione e supporto psicologico, ma non risultano dati più aggiornati nel contesto delle scuole né sull'impatto reale di questo dato e quindi sull'effettivo ricorso allo strumento di sostegno;

   l'Italia non dispone ancora di un servizio di supporto psicologico organizzato a livello scolastico e gratuito presente strutturalmente su tutto il territorio nazionale a disposizione di studenti, docenti, e del personale scolastico per la prevenzione delle diverse forme di disagio, che consentirebbe anche interventi mirati di supporto ed assistenza per infanti, adolescenti e famiglie;

   la presenza stabile di psicologi con competenze specialistiche consentirebbe anche la realizzazione di progetti di orientamento alle scelte formative, di prevenzione dell'abbandono scolastico, di recupero della socializzazione;

   l'aumento dei contagi da COVID-19, le nuove regole della quarantena e il difficile distanziamento dato dal sovraffollamento delle classi rischiano di riportare la popolazione studentesca del Paese in didattica a distanza (dad) comportando una difficoltà per i docenti nel riconoscere subito i segni di un disagio psicologico, dopo due anni di difficile socializzazione;

   il disagio psicologico all'interno degli istituti scolastici, degli studenti e di tutto il personale scolastico, è drammatico e rischia di avere conseguenze più dorature rispetto alla pandemia –:

   quali iniziative di competenza, anche normative, il Ministro interrogato intenda adottare per assicurare un adeguato sostegno psicologico professionale agli studenti direttamente nelle scuole, anche per favorire il recupero della socialità.
(4-11095)


   TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   la sperimentazione dei percorsi di scuola secondaria di secondo grado della durata di quattro anni fu introdotta nel 2013 e solo successivamente, con i Governi Renzi e Gentiloni, a partire dall'anno scolastico 2017/2018, se ne è regolamentato e circoscritto l'ambito, ricorrendo a un bando, che ha stabilito che le sperimentazioni siano caratterizzate da un elevato livello di innovazione e vincolate al raggiungimento dei medesimi obiettivi di apprendimento dei corrispondenti percorsi quinquennali;

   per il monitoraggio e la valutazione della sperimentazione, nonché per predisporre le misure di accompagnamento e formazione a sostegno delle scuole coinvolte nella sperimentazione, è stato nominato un Comitato scientifico nazionale, che si è avvalso del supporto di comitati regionali in ciascuna regione dove sono state avviate sperimentazioni;

   il decreto ministeriale 3 dicembre 2021, n. 344, riprende nella sostanza l'impianto della sperimentazione in essere e lo aggiorna alle nuove esigenze in relazione a quanto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) in vista di una sua estensione a ulteriori 1.000 classi prime;

   il 7 dicembre 2021 è stato pubblicato l'avviso per la selezione dei 1.000 progetti di sperimentazione, uno per scuola, per avviare i percorsi quadriennali a partire dall'anno scolastico 2022/2023 per i licei e gli istituti tecnici e dall'anno scolastico 2023/2024 per gli istituti professionali, nonché le condizioni da soddisfare per prorogare la sperimentazione là dove è già in essere;

   il citato decreto ministeriale n. 344 del 2021 richiama nelle premesse le valutazioni del Comitato scientifico «in esito al primo anno dei percorsi», nonché l'esame degli esiti relativi al terzo anno fatto da Invalsi, ma non fa alcun cenno alle valutazioni del Comitato scientifico degli anni successivi, seppur previste dalla norma e conferma la costituzione di un Comitato scientifico nazionale e dei comitati regionali;

   le 1.000 istituzioni statali e non statali che saranno selezionate rappresentano più di un quarto del totale nazionale, dato che fa della sperimentazione che prenderà il via dal prossimo anno scolastico la più ingente mai avviata;

   è indispensabile garantire che le relazioni del comitato scientifico siano svolte effettivamente ogni anno, consentendo un effettivo monitoraggio in itinere, visti anche il gran numero di scuole coinvolte e l'impatto sul sistema nazionale di istruzione della nuova sperimentazione –:

   quali siano le valutazioni del comitato scientifico, anche successive a quelle del primo anno se disponibili, e in quale misura se ne sia tenuto conto nel definire l'ampliamento della sperimentazione di cui in premessa.
(4-11096)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   il Parlamento europeo ha costituito il Comitato Beca, acronimo di Beating Cancer, ovvero sconfiggere il cancro, composto da eurodeputati per redigere un rapporto finalizzato all'adozione di un piano europeo contro i tumori;

   il Piano è stato approvato dal Parlamento europeo nel mese di dicembre 2021 e, benché le decisioni prese non abbiano immediato valore normativo, esse costituiscono la base per i lavori della Commissione europea per elaborare proposte regolamentari volte a contrastare la diffusione del cancro e la messa al bando degli alcolici, tra cui anche il vino;

   fermo restando il plauso per ogni efficace iniziativa, il piano è fondato su argomentazioni di dubbio valore scientifico, poiché generalizza gli effetti derivanti dal consumo di alcol, considerati tutti negativi senza distinguere tra uso e abuso. Si afferma indistintamente che non esista un livello sicuro di consumo di alcol. Tutti i prodotti alcolici dovranno essere contrassegnati in etichetta con l'indicazione di «prodotto dannoso per la salute», con conseguente danno di immagine che mette a rischio il futuro di una componente fondamentale della dieta mediterranea come il vino, che nella sola Italia fornisce occupazione a 1,3 milioni di persone;

   non verrà più fatta distinzione tra consumo «responsabile» e consumo «dannoso» di bevande alcoliche, come avviene già oggi col tabacco e i suoi derivati. Il tutto avviene senza considerare le iniziative messe in campo negli anni per promuovere il consumo responsabile di vino e birra che, se assunti in modica quantità, sono benefici;

   le sponsorizzazioni nello sport saranno vietate e, in generale, la pubblicità non dovrà incoraggiare il consumo di alcol. Ciò significa che saranno banditi anche i brindisi in diretta tv dei vincitori delle grandi competizioni sportive. Le pubblicità nel corso di eventi sportivi saranno vietate se relative a eventi frequentati principalmente da minori. Andrà «revisionata» la politica di promozione degli alcolici, dunque anche gli aiuti alla promozione potrebbero essere cancellati o ridotti. Viene richiesto un esplicito aumento della tassazione sulle bevande alcoliche;

   ritenendo sostanzialmente corretta la scelta delle istituzioni dell'Unione europea di limitare gli effetti cancerogeni derivanti dall'abuso del consumo di alcool, essa dovrebbe però essere accompagnata dal contemporaneo dovere di proporre politiche effettivamente volte a minimizzare, con efficacia, i rischi correlati alla malattia senza giungere a radicalizzazioni che, di fatto, ne escludono completamente il consumo;

   meglio sarebbe stato avvertire dei rischi derivanti dall'abuso, che oltre al cancro è causa anche di ulteriori gravi malattie, chiarendo che un consumo moderato di alcuni alimenti, come il vino, dovrebbe essere incentivato proprio per le virtù terapeutiche preventive possedute;

   il vino infatti è un alimento altamente salubre se assunto in modiche quantità, poiché ha sostanze che prevengono il cancro. Infatti, contiene gli antociani i quali svolgono un'efficace azione anti tumorale, in particolare il riserratolo;

   occorre tenere conto delle specificità del vino, che in Italia e in numerosi Paesi dell'Unione europea è sinonimo di consumo moderato. Eurostat indica l'Italia come uno dei Paesi dell'Unione europea in cui ve ne è un maggior consumo, ma, allo stesso tempo, segnala che l'Italia è ultima in Europa, dopo Cipro, per episodi di abuso di alcol. Non appare quindi opportuno, in documenti prodromici all'emanazione di atti normativi, sostenere che non esista una cultura del consumo responsabile, anche perché il settore è da tempo fortemente impegnato nella promozione di un consumo moderato durante i pasti nell'ambito di uno stile di vita sano. In Italia negli ultimi 35 anni il consumo pro-capite di vino si è ridotto di quasi il 50 per cento e non esistono evidenze scientifiche che dimostrino il danno derivante da un consumo moderato nell'ambito della dieta mediterranea;

   se l'approccio non subisse le necessarie modificazioni e migliorie, molti prodotti, vino incluso, saranno considerati pericolosi per la salute, a prescindere dal livello di consumo. Sostanzialmente il vino e la birra saranno considerati come il tabacco e berne anche solo un bicchiere di rosso o una flûte di spumante sarà presto correlato all'insorgenza di tumori, ad eventi cardiovascolari, al rischio di morte, pur se ciò non è vero in caso di uso moderato, giungendo al paradosso di non tutelare al meglio la salute ma causando un certo danno economico, produttivo e occupazionale al settore. A preoccupare sono soprattutto gli effetti sulle esportazioni, che superano i consumi interni, per un valore destinato a superare per la prima volta i 7 miliardi di euro –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, in sede unionale, per addivenire a una regolamentazione equilibrata in relazione al consumo di alcool che tuteli effettivamente e con efficacia la salute, con particolare riferimento alle bevande a basso contenuto alcolico e assunte con moderazione come il vino, evitando al contempo di provocare danni economici a un comparto importante dell'economia nazionale e, più in generale, europea.
(2-01404) «Caon».

Interrogazione a risposta scritta:


   FOTI e LUCASELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   secondo il Ministero della salute è salito a 114 il numero dei comuni italiani compresi nella «zona infetta» dalla Peste suina africana, malattia virale che può colpire cinghiali e maiali, altamente contagiosa, spesso letale per detti animali. L'emergenza appare frutto della omessa azione di prevenzione e contenimento a fronte della moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne, da nord a sud dell'Italia, dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari;

   dalla nota dei Ministero della salute del 12 gennaio 2022 risulta che non è riconosciuta alcuna regionalizzazione per la peste suina verso la Repubblica Popolare Cinese e il Giappone, sicché il certificato sanitario non può essere pertanto rilasciato né per carni né per prodotti; inoltre, tutti i carichi in transito e in dogana verso il Giappone sono attualmente bloccati. Verso Taiwan è stata formalizzata la sospensione dell'esportazione a partire dal 10 gennaio, mentre verso la Corea del Sud attualmente non è stata formalizzata alcuna sospensione, ma sono in corso scambi di informazioni per le eventuali ulteriori valutazioni da parte coreana. Ulteriori restrizioni si registrano in Kuwait e Svizzera;

   il patrimonio suinicolo italiano è costituito da circa 8,5 milioni di capi, di cui 10,7 milioni all'anno nascono e sono allevati e macellati in Italia, mentre 700.000 suini nascono all'estero e sono allevati e macellati nel territorio italiano: la produzione italiana di carne è di circa 1,4 milioni di tonnellate, quella importata dall'estero è di 1,1 milioni di tonnellate;

   a preoccupare gli allevatori di suini e l'industria di trasformazione, è il fatto che i canali di commercializzazione non riconoscano, in maniera ingiustificata, il principio della regionalizzazione;

   è necessario che vengano riconosciute le misure adottate dall'Italia a garanzia di salubrità della produzione nazionale, impedendo così il possibile impatto da mancate esportazioni di almeno 20 milioni di euro per ogni mese di sospensione del nostro export (Fonte Assica);

   nel Piano di gestione del cinghiale e della Peste suina africana del 21 aprile 2021 è ribadito che:

    «le conoscenze disponibili portano a ipotizzare che una gestione faunistico-venatoria improntata alla riduzione generalizzata delle densità, attuata prima dell'arrivo della Peste Suina Africana, possa contribuire a gestire con maggior efficienza l'area infetta»;

    «la riduzione della densità dei cinghiali è anche uno degli strumenti individuati con cui le autorità comunitarie stanno orientando le misure di prevenzione nonché di lotta alla malattia»;

    «la riduzione generalizzata delle densità di cinghiale andrà perseguita e mantenuta nel tempo in quanto il rischio PSA sarà prevedibilmente alto anche nel futuro, indipendentemente dal riscontro di focolai»;

   appare improcrastinabile evitare ulteriori ripercussioni sulla salute della fauna selvatica, che rischia di determinare pesanti ripercussioni anche sugli allevamenti e sull'export agroalimentare –:

   quali delle disposizioni previste dalle linee guida del citato Piano sia stata attuata e con quali risultati;

   quale sia la strategia di tutela e salvaguardia dell'intera filiera suinicola sia da un punto di vista sanitario che economico;

   se e quali immediate iniziative intendano assumere per l'attuazione di un efficace programma di gestione del cinghiale, e ciò non solo per la salvaguardia delle produzioni suinicole nazionali, dell'indotto della salumeria italiana e dell'export dei prodotti carnei trasformati, ma anche per la salvaguardia della specie stessa che, in assenza di un piano di riduzione numerica e spaziale attraverso le attività venatorie e le programmabili azioni di controllo, rischia una pandemia diffusa ed incontrollata.
(4-11107)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MAMMÌ. — Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   l'andamento della curva epidemiologica allo stato attuale registra una crescita del tasso di positività con picchi vicini al 20 per cento ed un aumento dei ricoveri nei reparti ordinari degli ospedali e nelle terapie intensive;

   fin dallo scorso periodo natalizio, è cresciuta notevolmente la richiesta di esecuzione di test antigenici e molecolari per rilevare l'infezione da Sars-COV-2, da parte dei cittadini;

   ciò ha portato le farmacie ad eseguire oltre un milione di tamponi al giorno, ponendo il sistema sotto pressione e provocando numerosi disagi, soprattutto nelle metropoli, come Roma e Milano;

   l'esecuzione dei test molecolari e antigenici rapidi di cui all'articolo 9, comma 1, lettere c) e d), del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, è consentita agli operatori sanitari delle strutture pubbliche, di quelle private accreditate e autorizzate, alle farmacie, ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta, i quali sono anche autorizzati all'emissione delle certificazioni verdi COVID-19, accedendo alla Piattaforma nazionale digital green certificate, di cui all'articolo 9, comma 1, lettera e) del suddetto decreto-legge;

   nel prevedere le varie strutture adibite all'esecuzione dei test non sono stati contemplati gli infermieri che esercitano l'attività in forma libero professionale, professionisti che ben potrebbero, nella fase acuta della quarta ondata epidemica, ampliare l'offerta di test da eseguire;

   agli stessi, nello specifico, non è riconosciuta l'autonomia operativa per svolgere anche la suddetta attività di certificazione, in quanto è stata riservata priorità alle strutture piuttosto che a singoli professionisti sanitari;

   la professione infermieristica esercitata in modalità libero professionale, però, si caratterizza per una propria peculiare caratteristica, dove flessibilità e snellezza organizzativa sono gli elementi di pregio ed efficacia operativa;

   in ragione di questa peculiarità, al fine di sollecitare un coinvolgimento, nelle suddette attività, degli infermieri liberi professionisti, opportunamente organizzati, sono pervenute all'ente di previdenza e assistenza della professione infermieristica (Enpapi) numerose segnalazioni;

   tale fenomeno è scaturito da una iniziativa del presidente del nominato ente che ha richiesto, al Ministero della salute, di consentire a specifiche realtà professionali quali gli ambulatori infermieristici, individuali od associati, i singoli infermieri liberi professionisti in possesso di partita Iva operanti all'interno di una struttura sanitaria che possa esercitare una funzione di controllo sulle modalità di esecuzione dei test stessi, le società tra professionisti (Stp), purché in convenzione diretta, con il Servizio sanitario nazionale, di svolgere le attività di accertamento e certificazione in questione, previa attribuzione diretta di un proprio account sulla piattaforma informatica nazionale sviluppata per generare le certificazioni verdi COVID-19;

   l'interrogante condivide le finalità della suddetta iniziativa, ritenendo che il coinvolgimento degli esercenti la professione infermieristica in modalità libero professionale nelle attività di esecuzione dei tamponi, oltre a completare lo spettro delle figure professionali abilitate all'esercizio di tale attività, contribuisca anche ad alleggerire la pressione che grava sulle farmacie e sugli altri operatori sanitari;

   tale ampliamento di offerta risponderebbe, inoltre, alle incrementate esigenze di possesso delle certificazioni verdi, dettate dalle recenti disposizioni normative con cui è stato introdotto il cosiddetto «green pass rafforzato», contenute nel decreto-legge 30 dicembre 2021 n. 229, nonché delle disposizioni sull'introduzione del cosiddetto «super green pass» sui luoghi di lavoro di cui al decreto-legge 7 gennaio 2022 n. 1 –:

   se i Ministri interrogati non intendano adottare, per quanto di competenza ed eventualmente previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, iniziative normative volte a consentire, sull'intero territorio nazionale, agli esercenti l'attività infermieristica in modalità libero professionale nelle condizioni di cui in premessa, l'attivazione di un proprio account sulla Piattaforma nazionale digital green certificate, al fine di poter emettere le certificazioni verdi COVID-19 dopo aver eseguito i test antigenici rapidi o molecolari.
(5-07361)


   QUARTAPELLE PROCOPIO e CARNEVALI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) in cui coesistono la ricerca sanitaria e l'assistenza rappresentano un modello di eccellenza anche nel panorama internazionale;

   gli Ircss sono ospedali di eccellenza che perseguono finalità di ricerca nel campo biomedico e, al contempo, in quello della organizzazione e gestione dei servizi sanitari effettuando anche prestazioni di ricovero e cura di alta specialità;

   il quadro normativo degli Ircss, costituito dal decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288, dispone che, a differenza degli altri centri di ricerca e delle università, rispondano per le loro attività di ricerca al Ministero della salute, mentre per le attività di assistenza sanitaria siano soggetti anche alle competenze delle regioni;

   come noto, tale regime giuridico «ibrido» ha da sempre comportato diverse criticità gestionali dovute, in primo luogo, al fatto che le regioni gestiscono l'ambito dell'assistenza e predispongono le assunzioni, mentre il Ministero della salute finanzia la ricerca, annualmente, in base alla produzione scientifica dell'anno precedente;

   la conseguenza di tale soluzione è stato il protrarsi, anche per decenni, del precariato di ricercatori, che pure vantano produttività scientifica conclamata, impiegati con contratti atipici (borse di studio, contratti di collaborazione coordinata e continuative, collaborazioni professionali e partite Iva);

   attualmente, il personale degli Irccs ha ora un contratto a tempo determinato di 5 anni del Contratto collettivo nazionale di lavoro sanità nel ruolo della ricerca, la cosiddetta «Piramide della Ricerca»;

   una situazione di precarietà che si riteneva potesse essere definitivamente superata con la recente legge di bilancio, tenuto conto della analoga misura riguardante il restante personale del comparto sanitario che ha previsto la stabilizzazione del personale a tempo determinato nel 2020-2021 per la lotta al COVID, circa 50 mila sanitari fra medici ed infermieri;

   tuttavia, le diverse proposte emendative presentate al riguardo non hanno trovato accoglimento, lasciando irrisolto il tema della precarietà di tali ricercatori –:

   quali iniziative di carattere normativo si intendano adottare, anche in vista dell'esame dei prossimi provvedimenti con carattere di urgenza in materia di sanità e di contrasto della pandemia, al fine di individuare una soluzione strutturale per il definitivo superamento del precariato del personale degli Ircss.
(5-07362)


   VALLASCAS. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   secondo numerosi organi di stampa, l'entrata in vigore dal 10 gennaio 2021 di alcune disposizioni del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 229, sta creando molteplici disagi ai residenti nelle regioni insulari per effetto dell'obbligo di esibire il cosiddetto super green pass per poter viaggiare sui mezzi di trasporto per raggiungere la penisola;

   questa situazione interessa, in particolar modo, i residenti delle isole di Sardegna e di Sicilia, per un totale circa di 6 milioni e mezzo di abitanti, che per salute, lavoro e studio hanno la necessità di raggiungere numerosi centri della penisola;

   il 10 gennaio scorso, la webtv «youtg» della Sardegna ha riferito che al porto di Olbia sarebbe stato impedito l'imbarco a una paziente oncologica, in partenza per Roma, dove si sarebbe dovuta sottoporre a un intervento chirurgico urgente, perché non avrebbe completato il ciclo vaccinale;

   è il caso di osservare che secondo la ricerca del Censis «Migrare per curarsi», gli italiani che si sono spostati di regione per curarsi nel 2016 sono stati 735.547, un numero considerevole di persone, spesso accompagnate da un parente, costrette ancora oggi ad emigrare, perché non trovano un'adeguata offerta sanitaria nella regione di residenza;

   di questi pazienti, 64.002 sono residenti nelle due isole maggiori: Sardegna (14.652) e Sicilia (45.750);

   a questi numeri si aggiungono quelli relativi ai residenti che devono viaggiare verso la penisola per motivi di studio e di lavoro;

   da quanto esposto, è evidente che la misura è destinata a penalizzare maggiormente gli abitanti di Sardegna e Sicilia e a determinare una condizione di grave e inaccettabile discriminazione nei loro confronti, non solo sul piano della libera circolazione sul territorio nazionale, ma anche dell'accesso alle cure sanitarie e del pieno riconoscimento dei diritti allo studio e al lavoro;

   i collegamenti con le regioni insulari, infatti, non sono in alcun modo equiparabili al servizio di trasporto pubblico presente nella penisola, perché i residenti delle isole non hanno la possibilità di scegliere tra più modalità di trasporto, soprattutto non possono optare per mezzi di trasporto privato, ma sono obbligati a viaggiare in traghetto o in aereo;

   per questo motivo, in questi casi il servizio di trasporto si configura come essenziale e necessario; dallo stesso servizio non si può essere esclusi senza divenga meno l'esercizio del diritto fondamentale alla circolazione (articolo 16 della Costituzione) o vengano derogati, come in questo caso, i compiti dello Stato in materia di tutela della salute (articolo 32 della Costituzione), allo studio (articolo 34 della Costituzione) e al lavoro (articolo 35 della Costituzione) –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, in relazione alle criticità riscontrate dai cittadini di Sardegna e Sicilia in merito all'impossibilità di accedere ai servizi di trasporto pubblico di collegamento con la penisola per effetto dell'obbligo di esibire il cosiddetto super green pass;

   se non si ritenga opportuno, per quanto di competenza, adottare iniziative in relazione alla necessità dei cittadini residenti nelle regioni e nei territori insulari del Paese di raggiungere la penisola per motivi sanitari, di lavoro o di studio.
(5-07364)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta scritta:


   PLANGGER e LOSS. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   l'entrata in vigore del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 2 aprile 2020, in ottemperanza del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, «Regolamento recante l'attuazione della direttiva 92/43/CEE», sta avendo un pesantissimo e negativo impatto sull'attività della pesca sportiva che rappresenta una nicchia di offerta turistica molto importante;

   il decreto ministeriale è stato approvato con il parere favorevole della Conferenza tra Stato, regioni e province autonome solo con l'impegno del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di aprire un tavolo per approfondire i contenuti dell'allegato 3; per effetto di tale decreto molte specie ittiche locali come le trote fario, le lacustri, i salmerini, i coregoni e i barbi e altro, non potranno più essere allevate e immesse nelle acque interne dove sono presenti da diverse centinaia di anni;

   l'originario dettato dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 contemplava un divieto di immissione di fauna alloctona che a seguito della novella, ex articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 102 del 2019, poteva essere derogato per dare una possibilità di sviluppo al settore;

   ai sensi dell'articolo 3 del decreto ministeriale, si è delineato un quadro di restrizioni più vincolanti delle preesistenti, perché l'elenco delle specie ittiche autoctone che correda il decreto è basato su criteri scientifici: in tal modo, si è creato un assetto eccessivamente restrittivo in quanto specie come la trota farlo, immesse da più di un secolo, divengono alloctone;

   la tutela degli habitat naturali non è assoluta visto che deve tenere in considerazione esigenze economiche, sociali e culturali, nonché le particolarità regionali e locali: comunque, in base al regolamento (Ue) n. 1143/2014, né il Coregonus lavaretus (coregone), né la salmo trutta (trota fario), né l'Oncorhynchus mykiss (trota iridea) sono incluse nella lista delle specie esotiche invasive;

   la Conferenza delle regioni e delle province autonome il 3 novembre 2021 ha approvato all'unanimità un documento con il quale chiede al Governo di approvare una disciplina transitoria per consentire la prosecuzione della gestione dell'attività di pesca sportiva e professionale, dell'indotto turistico, produttivo e commerciale in condizioni di legittimità, limitandone i danni causati dal blocco delle immissioni di salmonidi;

   il problema è stato recentissimamente affrontato dal comma 835 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2022 che istituisce, presso il Ministero della transizione ecologica, il Nucleo di ricerca e valutazione composto da rappresentanti del Ministero della transizione ecologica, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di Snpa/Ispra e da sei rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, per un massimo di dodici componenti;

   appare dunque urgente e indifferibile una revisione del suddetto decreto, o quantomeno dei suoi criteri applicativi, in particolare per quello che concerne l'elenco delle specie da ritenere autoctone e alloctone –:

   se i Ministri interrogati non ritengano, nel dare seguito agli impegni presi con i rappresentati delle regioni e delle province autonome, di adottare iniziative di competenza, anche normative, per garantire – nell'istituendo Nucleo di ricerca e valutazione composto da esperti ministeriali e degli enti locali, al fine di adottare norme e disposizioni volte all'individuazione delle specie ittiche autoctone e para-autoctone, onde superare le incertezze e le ambiguità prodotte con la circolare esplicativa n. 55247 del 24 maggio 2021 – un'adeguata rappresentanza delle province autonome di Trento e Bolzano anche in considerazione del fatto che esse in materia di pesca, hanno un'ampia autonomia legislativa;

   se non ritengano di adottare tutte le iniziative necessarie per modificare il decreto ministeriale 2 aprile 2020, con riferimento all'articolo 3 e all'Allegato (3), al fine di armonizzarlo con gli strumenti tecnici di valutazione e pianificazione regionali (Carte ittiche e Piani ittici regionali).
(4-11101)

TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   CIABURRO e PRISCO. — Al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, dispone, come noto, una serie di misure a sostegno del settore turistico nazionale;

   in particolare, l'articolo 1 del testo in questione prevede l'istituzione di un credito d'imposta e di un contributo a fondo perduto per il miglioramento della qualità dell'offerta ricettiva, agevolazioni genericamente riconoscibili a imprese alberghiere, agriturismi, strutture ricettive all'aria aperta ed imprese del comparto turistico ricreativo, fieristico e congressuale;

   l'articolo 3 del citato decreto-legge n. 152 del 2021 stabilisce la modalità di attuazione della linea progettuale «Fondo rotativo imprese (FRI) per il sostegno alle imprese e gli investimenti di sviluppo», misura M1C3 – 25, intervento 4.2.5, nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), concedendo contributi a sostegno di interventi di riqualificazione energetica, sostenibilità ambientale ed innovazione digitale di importo non inferiore a 500.000,00 euro e non superiore a 10 milioni di euro, da realizzare entro il 31 dicembre 2025;

   come previsto dalla normativa, gli incentivi spettano anche alle imprese titolari del diritto di proprietà delle strutture immobiliari in cui è esercitata una delle attività imprenditoriali;

   non è chiaro se, sulla scorta di quanto sin qui delineato, gli incentivi spettino anche alle cosiddette «Case per ferie», le quali costituiscono il caposaldo del turismo sociale nazionale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se intenda chiarire se gli incentivi al turismo di cui in premessa e di cui al decreto-legge n. 152 del 2021 spettino anche alle «case per ferie».
(4-11090)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura del regolamento in materia di contribuzione studentesca per l'anno accademico 2021/2022 dell'università degli studi di Salerno emerge, a parere dell'interrogante, che agli studenti fuori corso appartenenti al vecchio ordinamento e iscritti dal doppio della durata normale del corso è richiesta una tassa di iscrizione molto elevata, anche per chi ha un reddito basso;

   l'importo del contributo omnicomprensivo annuale pieno è diviso in fasce in base all'attestazione Isee in corso di validità ed è così suddiviso: per la prima fascia (Isee da 0 a 4.725 euro) l'importo totale è pari a 421 euro, per la seconda fascia (Isee da 4.725,01 a 7.350) l'importo è pari a 522 euro, per la terza fascia (Isee da 7.350,01 a 12.600) l'importo sale a 636 euro e così via;

   a tale contributo occorre aggiungere la tassa regionale per il diritto allo studio universitario che per le fasce di Isee qui prese in considerazione ammonta a 120 euro;

   l'iscrizione all'università di Salerno a questi studenti fuoricorso appartenenti alle prime tre fasce Isee varierà dunque tra i 550 euro circa ai 750 euro;

   a parere dell'interrogante tali somme risultano proibitive per chi ha un reddito basso e verosimilmente costringeranno molti studenti e studentesse fuori corso ad abbandonare gli studi, specialmente vista la fase di crisi economica che stiamo attraversando e che è stata determinata dalla pandemia;

   garantire il diritto allo studio e l'accesso ai saperi passa anche attraverso l'abbassamento dei costi di iscrizione ai corsi universitari ed è necessario intervenire anche sugli studenti e le studentesse fuoricorso che spesso si trovano in questa condizione perché, nel frattempo, hanno dovuto anche lavorare per potersi mantenere agli studi o si sono dovuti dedicare ai lavori di cura dei familiari e che oggi, di fronte a costi inaccessibili tra tasse di iscrizioni e spese per manuali e materiale didattico, si trovano in difficoltà ed obbligati a rinunciare ad una laurea vanificando ogni sacrificio compiuto in questi anni;

   permettere a tutte e a tutti di poter raggiungere il traguardo della laurea con costi quantomeno accessibili se non come sarebbe auspicabile, gratuitamente, significa investire sulla qualità della formazione e del lavoro, sulla competitività internazionale e sul futuro del Paese, oltre ad essere indice di una chiara idea di Paese, che crede al valore della cultura e che considera l'istruzione come un potente mezzo di emancipazione, personale e collettiva –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per rendere realmente accessibili i costi di iscrizione ai corsi universitari anche per gli studenti e le studentesse fuoricorso da più anni che si ritrovano oggi a dover pagare cifre elevate anche se in possesso di un Isee medio-basso, a maggior ragione in una fase di emergenza economica dettata dal perdurare della pandemia.
(4-11097)


   TOCCALINI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dall'inizio della pandemia la scuola e l'università sono state messe a dura prova prima dalla improvvisa chiusura e poi dalla necessità di reinventarsi introducendo, senza essere pronti sia sotto il profilo didattico sia sotto quello infrastrutturale, la didattica a distanza. Oggi, a distanza di quasi due anni, queste istituzioni, attraversano ancora una delle crisi più importanti dal dopoguerra;

   per la scuola, pur nel rispetto dell'autonomia dei dirigenti scolastici, il Governo, con i provvedimenti che si sono susseguiti, ha sempre dettato disposizioni in modo da assicurarne il funzionamento uniforme mentre per il sistema universitario, che ha una autonomia ben più ampia di quella scolastica, il supporto ministeriale si è rivelato troppo spesso insufficiente e si assistite dunque ad una grande frammentarietà dell'organizzazione della didattica, dagli esami alle tesi di laurea on line;

   a chiarire la posizione del Ministero era stata la circolare dell'8 ottobre 2021, inviata a tutti i rettori dalla direttrice generale delle istituzioni della formazione superiore, Marcella Gargano, che recita: «si invita a mettere in atto tutte le iniziative necessarie affinché le attività didattiche e curriculari siano svolte prioritariamente in presenza, viste le chiare e precettive prescrizioni normative in tal senso dettate dal decreto-legge n. 111 del 2021, convertito in legge n. 133 del 2021, al fine di garantire agli studenti universitari, nello svolgimento dell'anno accademico, il più ampio "ritorno alla normalità" in condizioni di massima sicurezza.»;

   nell'intervista rilasciata dal Ministro interrogato, a SkyTg24, in data 11 gennaio 2022, la stessa dice: «si possono fare esami a distanza per garantire il percorso degli studenti che sono in isolamento, ma se le previsioni ci portano a un miglioramento potremmo ricominciare normalmente da marzo» e anche «Le università hanno problemi diversi (rispetto alla scuola), gli studenti sono meno e più maturi, la Dad funziona meglio, ma è importante il messaggio che la formazione è, insieme alla salute, l'aspetto più importante per adesso e per il futuro» può dunque risultare ambigua in quanto parla di una organizzazione, al momento, in cui si deroga ancora alla normalità;

   occorre riflettere sul fatto che Gymnasia greci e romani, scuole e università medievali, accademie moderne, e mille altre istituzioni pedagogiche non sono mai stati mere occasioni per trasmettere nozioni, ma esperienze di vita sociale, confronti dialettici, allenamento del senso critico e della creatività: tutte cose che s'imparano soltanto in comunità;

   in un Paese in cui sono aperte tutte le attività economiche con la sola eccezione delle discoteche e in cui, come è giusto che sia, il Governo rivendica la necessità di tenere aperte le scuole per non incorrere nel rischio di inasprire differenze sociali e analfabetismi funzionali, l'interrogante ritiene imprescindibile che, pur nel rispetto della autonomia di ciascuna università, a tutti gli studenti del Paese venga assicurata la didattica in presenza –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non ritenga necessario promuovere linee guida, valevoli per tutte le istituzioni terziarie di istruzione, per fronteggiare questa ultima ondata di contagi da Covid-19 e garantire a tutti gli studenti parità di trattamento.
(4-11098)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   tra aprile e maggio del 2021 gli studenti dell'università di Genova hanno occupato il Dipartimento di scienze della formazione (Disfor);

   in risposta a tale occupazione, l'università di Genova ha avviato una serie di provvedimenti disciplinari e, nel mese di gennaio 2022, sono state convocate delle commissioni finalizzate a sottoporre a giudizio disciplinare nove degli studenti e studentesse occupanti;

   a parere dell'interrogante rispondere alle proteste degli studenti e delle studentesse dal punto di vista disciplinare e punitivo senza l'avvio di un serio confronto sui temi sollevati dagli stessi, anche attraverso azioni forti come le occupazioni, rappresenta una sconfitta tanto per il sistema universitario che per quello scolastico visto che in questi mesi anche in molti istituti superiori si sono tenute delle occupazioni che hanno avuto come reazione da parte dei dirigenti scolastici e di alcuni uffici scolastici l'adozione o l'invito ad adottare provvedimenti disciplinari nei confronti degli occupanti;

   con l'occupazione gli studenti e le studentesse dell'università di Genova hanno voluto denunciare come in tempo di pandemia siano aumentate le disuguaglianze e si sia palesato ancora di più lo stretto legame che intercorre tra il diritto allo studio, al lavoro e alla salute e la possibilità economica di accedere agli strumenti necessari per la didattica a distanza, lo smart working, le cure, come riconosciuto dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi nella conferenza stampa del 10 gennaio 2022 nel sostenere la necessità di mantenere l'apertura delle scuole in presenza nonostante la crisi pandemica;

   la principale contestazione mossa dall'università nei confronti degli occupanti concerne l'interruzione di pubblico servizio causata dall'occupazione, la quale non avrebbe consentito lo svolgimento di attività in presenza che altrimenti sarebbero state garantite dall'università di Genova;

   secondo gli studenti e le studentesse quasi nessun corso è stato ripreso in presenza, né prima né dopo l'occupazione e, ancor oggi, numerosi corsi si tengono unicamente a distanza;

   l'università ha preferito non tenere conto delle reali intenzioni di studenti e studentesse ovvero la volontà di restituire a Genova, in un momento tanto drammatico, uno spazio di incontro e confronto vitale per la città;

   tra le tematiche affrontate nel corso delle numerose assemblee che hanno avuto luogo durante l'occupazione vi sono: istruzione pubblica e precariato Piano nazionale di ripresa e resilienza, riflessioni sulle contraddizioni vissute in carcere e sull'accento posto in merito dalla pandemia, sottofinanziamento alla sanità pubblica, lotta dei portuali contro il commercio di armi, valutazione delle modalità di attribuzione dei fondi alla ricerca, estrattivismo come fonte di devastazione dei territori, lotte sindacali nella logistica, storia del movimento No Tav;

   questa occupazione è stata anche l'occasione per gli studenti di ribadire come la selezione ed il compimento di un percorso universitario dipendano ancora oggi in larga parte dalle condizioni materiali della famiglia a cui lo studente o la studentessa appartiene e di come l'accessibilità al diritto allo studio sia condizionata dal sottofinanziamento dell'istruzione e della ricerca perpetrato da Stato e regioni, che va ad ampliare e rafforzare le disuguaglianze già esistenti tra le classi sociali e a ridurre la possibilità di accedere a servizi di welfare studentesco, come borse di studio e alloggi;

   sarebbe opportuno, ad avviso dell'interrogante, evitare che le forme di protesta adottate dagli stessi vengano affrontate dal punto di vista disciplinare e punitivo –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato per promuovere il dialogo e il confronto all'interno delle università sulle tematiche, sia particolari che generali, sollevate dagli studenti.
(4-11102)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Quartapelle Procopio e altri n. 7-00759, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Boldrini.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Bianchi e Giannone n. 4-11087, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 gennaio 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Frassinetti.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Vianello n. 1-00570, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 625 del 11 gennaio 2022.

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 191 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) stabilisce la lotta al cambiamento climatico quale obiettivo dichiarato della politica ambientale dell'Unione europea. Si prevede che, qualora non vengano adottate ulteriori misure volte a ridurre le emissioni, nel corso di questo secolo la temperatura globale media possa subire un aumento compreso tra 1,1 e 6,4 °C. Attività umane quali l'utilizzo di combustibili fossili, la deforestazione e l'agricoltura producono emissioni di biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N2O) e fluorocarburi. Tali gas a effetto serra catturano il calore che viene irradiato dalla superficie terrestre e ne impediscono la dispersione nello spazio, provocando il riscaldamento globale;

    il riscaldamento globale ha provocato e provocherà fenomeni meteorologici estremi più frequenti (quali inondazioni, siccità, piogge intense e ondate di calore), incendi boschivi, scarsità delle risorse idriche, scomparsa dei ghiacciai e innalzamento del livello del mare, mutamento dei modelli di distribuzione o persino estinzione di fauna e flora, malattie delle piante e parassiti, scarsità di alimenti e acqua potabile, nonché migrazione di persone in fuga da tali pericoli. La scienza dimostra che il rischio di un cambiamento irreversibile e catastrofico aumenterebbe in modo rilevante qualora il riscaldamento globale superasse i 2 °C – o anche solo i 1,5 °C – rispetto ai valori preindustriali;

    il Green deal europeo, il programma europeo per una nuova crescita sostenibile dell'Unione europea, finalizzato a rendere l'Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, vuole dare impulso alla transizione ecologica in un'ottica di sostenibilità con un ambiente sano e una popolazione che possa aspirare, senza discriminazioni, a più che soddisfacenti condizioni di vita. Tutti i 27 Stati membri hanno assunto l'impegno di fare dell'Unione europea il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050;

    l'Unione europea ha approvato, nel dicembre 2020, un obiettivo riveduto di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. In particolare, per conseguire tale ambizioso obiettivo, la Commissione europea ha preso in considerazione le azioni necessarie in tutti i settori, compresi un aumento dell'efficienza energetica e dell'energia da fonti rinnovabili, e il 14 luglio 2021 ha presentato ai membri della Commissione ambiente del Parlamento europeo il pacchetto di proposte legislative denominato «Fit for 55 per cent», contenente 12 iniziative, sia di modifica di legislazioni esistenti sia di nuove proposte, tese a mettere in atto e realizzare tale maggiore livello di ambizione. Per raggiungere questo traguardo si sono impegnati a ridurre le emissioni di almeno il 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e l'apporto delle energie rinnovabili alla generazione elettrica dovrà raggiungere almeno il 72 per cento al 2030 e coprire al 2050 quote prossime al 100 per cento del mix energetico primario complessivo, in Italia ciò si traduce con un raddoppio nel 2030 dell'attuale quota del 38 per cento di produzione da Fer installando circa 65 Gigawatt di nuova potenza rinnovabile;

    in questo modo si creeranno nuove opportunità per l'innovazione, gli investimenti e l'occupazione, ma anche per ridurre le emissioni, creare posti di lavoro e favorire la sostenibilità economica, affrontare il problema della povertà energetica, ridurre la dipendenza energetica dall'esterno, migliorare la salute e il benessere. Al tempo stesso, la trasformazione garantirà opportunità per tutti, in quanto sosterrà i cittadini vulnerabili affrontando le disuguaglianze e la povertà energetica e rafforzerà la competitività delle imprese europee;

    il metano ha un impatto sul riscaldamento globale maggiore rispetto a quello dell'anidride carbonica con un potenziale climalterante tra le 20 e le 30 volte superiore. In uno scenario business as usual le emissioni annuali di metano sono destinate ad aumentare fino al 2040. È pertanto necessario invertire la rotta con politiche decise diminuendo ogni anno le emissioni di circa 180 milioni di tonnellate tanto da risparmiare un aumento della temperatura globale di 0,3 °C al 2045. In termini di costi sanitari e sociali, equivarrebbe a prevenire nel mondo 260.000 morti premature, 775.000 visite in ospedale per asma, 73 miliardi di ore di lavoro risparmiate da ondate di calore estremo, salvare 25 milioni di tonnellate di coltivazioni altrimenti andate perdute ogni anno;

    le aziende partecipate dallo Stato Eni e Snam hanno il loro core business negli idrocarburi e pertanto, per definizione, ogni progresso di decarbonizzazione completa entrerebbe in contrasto con la mission delle due partecipate. Modificare la loro mission, adeguandola alla completa decarbonizzazione dei processi energetici, rappresenta l'unica soluzione per permettere prosperità alle suddette aziende di Stato;

    il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI) stabilirà quali sono le aree idonee del Paese dove effettuare prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, tuttavia la sua approvazione è in forte ritardo rispetto a quanto stabilito dall'articolo 11-ter del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, che ne prevedeva l'approvazione entro il 30 di settembre 2021 e, al momento, dopo l'intesa sancita con le regioni, manca ancora l'atto definitivo. Inoltre i documenti pubblicati sul sito del Ministero della transizione ecologica prevedono una zonizzazione delle aree il che indebolirà il valore del PiTESAI. Infine, dopo 3 anni è scaduta al 30 settembre 2021 la moratoria nei confronti dei nuovi progetti di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi per cui le attività inquinanti finalizzate ad estrarre idrocarburi da nuovi giacimenti potrebbero riprendere. Tutto ciò rappresenta un netto arretramento dell'Italia nei confronti della transizione ecologica. Anche la proposta delle regioni di estrarre nelle aree idonee solo gas metano oltre a non essere in linea con il dettato costituzionale e la norma in questione in quanto non hanno competenza sulle zone a mare, è comunque impattante sull'ambiente, in quanto per verificare la presenza di idrocarburi in mare occorrono operazioni di prospezione e ricerca di idrocarburi che prevedono l'utilizzo di Air Gun fortemente e impattante sulla fauna marina;

    la narrazione condotta dai Governi italiani che ha portato alla costruzione del gasdotto TAP veniva motivata dalla necessità di ulteriore approvvigionamento di gas dall'estero per abbassare le bollette elettriche dei cittadini. Oggi invece il Ministro della transizione ecologica afferma che al fine di diminuire il costo delle bollette elettriche dei cittadini si dovrebbe diminuire l'approvvigionamento di gas importato dall'estero e aumentare la produzione nazionale. Tutto ciò oltre a rappresentare una evidente contraddizione non è corroborato da alcun dato scientifico dato per assodato che un eventuale incremento della produzione domestica italiana verrebbe scambiato a mercato secondo il livello di prezzo a cui si attesta in quel momento il mercato del gas italiano, ossia il PSV ed inoltre l'ambito di riferimento di tale dinamica non è solo il mercato italiano, ma quello europeo nel suo complesso, essendo i mercati di gas all'ingrosso strettamente interconnessi sia come scambi di volumi che come logiche di formazione del prezzo, per cui qualsiasi volume in tal senso dev'essere misurato su scala europea. Pertanto se ne deduce che un aumento di estrazione di idrocarburi in Italia di circa 4 miliardi di metri cubi annui rispetto l'attuale fabbisogno europeo di circa 400 miliardi di metri cubi annui, avrebbe un effetto ininfluente sul costo delle bollette elettriche dei cittadini;

    i risultati dei programmi di finanziamento EEPR e NER 300 a sostegno delle tecnologie di cattura e stoccaggio di carbonio nei giacimenti fossili in via di esaurimento (CCS) sono stati bocciati dalla Corte dei conti europea al punto che i progetti finanziati sono stati cancellati o conclusi senza essere entrati in funzione oppure senza che abbiano dimostrato vantaggi significativi. Inoltre, al momento non si conoscono i prevedibili rischi legati a tale tecnologia, gli impatti ambientali e i costi di manutenzione. È ormai accertato che i progetti di CCS sono utili soltanto alle multinazionali degli idrocarburi al fine di esaurire i giacimenti;

    l'industria è una componente fondamentale dell'economia europea. Secondo Eurostat, nel 2018, rappresentava il 17,6 per cento del prodotto interno lordo (Pil) e impiegava direttamente 36 milioni di persone. Allo stesso tempo, l'industria è responsabile di oltre la metà delle emissioni totali di alcuni principali inquinanti atmosferici e dei gas a effetto serra, nonché di altri importanti impatti ambientali, tra cui il rilascio di inquinanti nell'acqua e nel suolo, la produzione di rifiuti e il consumo energetico. L'inquinamento industriale in Europa sta diminuendo grazie a una combinazione di normative e sviluppi nelle iniziative manifatturiere e ambientali. Tuttavia, l'industria continua a inquinare e la transizione verso la neutralità climatica in questo settore è una sfida ambiziosa. L'inquinamento atmosferico è spesso associato alla combustione di fonti fossili. Ciò vale ovviamente per le centrali elettriche ma anche per molte altre attività industriali che possono disporre in loco di produzione di energia elettrica o termica, come la produzione di ferro e acciaio o la produzione di cemento. Dalla produzione di acciaio primario da ciclo integrato vengono prodotte anche emissioni di inquinanti cancerogeni e genotossici come le diossine e il benz(a)pirene;

    in Italia al 2020 sono stati prodotti 20,9 milioni di tonnellate di acciaio nei 39 siti di produzione dislocati in tutto il Paese di cui 37 siti da forni elettrici che rappresentano l'83,5 per cento della produzione nazionale e 2 siti da altoforno che rappresentano il 16,5 per cento della produzione nazionale. Relativamente ai 2 siti di produzione di acciaio da altoforno, mentre la produzione di Piombino è ferma per inadempienze del gestore, a Taranto la produzione non si è mai fermata. Taranto e Piombino sono gli ultimi due siti rimasti in Italia di produzione di acciaio da altoforno, poiché per risolvere le criticità ambientali e sanitarie da ciclo integrato da altoforno, nel 1999 per Genova e nel 2021 per Trieste, sono stati realizzati degli accordi di programma al fine di chiudere gli impianti più inquinanti che sono nelle «aree a caldo» dei siderurgici, rinforzare le «aree a freddo», sostenere il reddito dei lavoratori formandoli per altre occupazioni;

    inspiegabilmente a Taranto non è stato deciso lo stesso destino di Genova e Trieste nonostante nel capoluogo jonico gli effetti della produzione di acciaio su ambiente e salute siano notevolmente più impattanti. Infatti, a Taranto l'area a caldo è sottoposta dal 2012 a sequestro giudiziario senza facoltà d'uso della magistratura con l'accusa di aver «creato eventi di malattia e morte nella popolazione» e il relativo processo è in fase di svolgimento; tuttavia, con oltre 13 decreti-legge è stata creata una legislazione speciale per la continuità produttiva del siderurgico di Taranto stabilendo tra l'altro nel 2012, subito dopo il sequestro giudiziario, la continuità produttiva anche in caso di sequestro senza facoltà d'uso. A causa della produzione di acciaio dell'ex Ilva di Taranto l'Italia è stata condannata nel 2019 dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e dal 2013 è soggetta a procedura d'infrazione per la mancata realizzazione dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Il termine temporale di realizzazione dell'Aia è stato di volta in volta prorogato nel tempo e dal 2015 è scivolato ad agosto 2023. I dati sanitari e ambientali continuano a rappresentare una realtà drammatica. Dagli annunci del Governo si evincerebbe un ulteriore piano industriale – al momento – non pubblico che teoricamente decarbonizzerebbe l'ex Ilva non prima del 2030 al costo stimabile, ma presumibilmente molto più alto, di 6 miliardi di euro. Tale opzione non permetterà di bonificare l'intera area inquinata in quanto molte aree che necessitano di bonifica sono occupate da impianti esistenti o di prossima costruzione;

    sia la produzione di acciaio da forno elettrico che quella da altoforno creano fenomeni emissivi inquinanti. Notoriamente l'acciaio prodotto da Altoforno è qualitativamente migliore rispetto a quello prodotto da forno elettrico ma al contempo crea effetti maggiormente inquinanti. Tuttavia, l'utilizzo di Dri – un semilavorato siderurgico contenente prevalentemente ferro metallico ottenuto a partire da pellet (palline) di minerale ferroso trattate per mezzo di monossido di carbonio (CO) e idrogeno (H2) – nei forni elettrici migliorerebbe la qualità dell'acciaio che potrebbe essere qualitativamente paragonabile a quello da altoforno e al contempo si stimano impatti emissivi più tenui, anche se non esistono studi che corroborano questa tesi redatti dal Ministero della transizione ecologica e da quello della salute. La realizzazione di grandi impianti da Dri in Europa non è economicamente sostenibile da parte di privati se non con costi totalmente a carico della collettività;

    oltre il 70 per cento delle emissioni del settore dei trasporti in Europa si devono ai trasporti su strada. Gli inquinanti atmosferici, come il particolato (PM) e il biossido di azoto (NO2), danneggiano la salute umana e l'ambiente. Sebbene l'inquinamento atmosferico provocato dai trasporti sia diminuito nell'ultimo decennio grazie all'introduzione di norme di qualità per i carburanti, alle norme europee sulle emissioni dei veicoli e all'uso di tecnologie più pulite, le concentrazioni di inquinanti atmosferici sono ancora troppo elevate. L'inquinamento acustico rappresenta un altro importante problema di salute ambientale legato ai trasporti. Il traffico stradale costituisce la fonte di rumore più diffusa, con più di 100 milioni di persone colpite da livelli nocivi nei Paesi membri dell'Aea. Inoltre, le infrastrutture di trasporto hanno un grave impatto sul paesaggio, perché dividono le aree naturali in piccoli appezzamenti con gravi conseguenze per gli animali e le piante. L'utilizzo di veicoli elettrici per la mobilità urbana ed extraurbana al posto di quelli endotermici ridurrebbe sia le emissioni inquinanti sia l'impatto acustico della circolazione stradale, inoltre diminuirebbe la domanda di fonti fossili come petrolio e gas;

    modificare i modelli di consumo dei materiali e gestire correttamente i rifiuti non solo permette di risparmiare denaro e aumentare l'occupazione, ma è anche importante per migliorare le prestazioni ambientali e ridurre il cambiamento climatico, preservando inoltre le materie prime. A tal fine, devono essere necessariamente perseguiti gli obiettivi stabiliti in senso gerarchico dall'articolo 4 della direttiva 98/2008 incentivando la riduzione a monte della produzione dei rifiuti e la preparazione al riutilizzo, in seconda istanza il riciclo dei materiali e soltanto in modo residuale – e quindi non dovrebbero essere incentivati – il recupero e il recupero energetico. L'incenerimento dei rifiuti è un trattamento che, a seconda dell'efficienza energetica, si colloca tra la pratica residuale del recupero energetico e lo smaltimento al pari di una discarica e pertanto non deve essere promosso, in quanto è una pratica in contrasto con il principio europeo di «non arrecare un danno significativo»;

    le città contribuiscono fortemente al cambiamento climatico in quanto circa il 75 per cento degli europei vive in aree urbane. Le aree urbane sono responsabili del 60-80 per cento del consumo di energia a livello mondiale e più o meno della stessa percentuale di emissioni di CO2, dunque è logico che abbiano un'impronta di carbonio voluminosa. Edifici ed elettrodomestici più efficienti possono far risparmiare ingenti quantità di energia, emissioni e denaro. Una porzione considerevole dell'energia utilizzata dalle famiglie europee serve per riscaldare le abitazioni pertanto la riqualificazione energetica deve essere pianificata e sostenuta con adeguati incentivi fruibili nel tempo dalla totalità delle famiglie;

    il regolamento (UE) 2020/852 relativo all'istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili (il «regolamento tassonomia dell'Unione europea») è entrato in vigore il 12 luglio 2020. A norma di tale regolamento il Parlamento europeo e il Consiglio hanno conferito alla Commissione europea il mandato di fornire, mediante atti delegati, i criteri di vaglio tecnico per determinare se un'attività economica contribuisce in modo sostanziale agli obiettivi ambientali. Tali criteri aiuteranno le imprese, gli investitori e i partecipanti ai mercati finanziari a stabilire adeguatamente quali attività possono essere considerate ecosostenibili. Attualmente, vi sono due punti controversi che hanno spaccato l'Europa e sono rappresentati dalla proposta di alcuni Stati di inserire nucleare e gas tra le attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale. L'Italia non ha pubblicamente preso posizione in merito nonostante la produzione di energia nucleare sia stata oggetto di ben due referendum abrogativi del 1987 e del 2011 che hanno decretato (con forza di legge rinforzata) la fine della produzione e dello sfruttamento dell'energia nucleare;

    in data 9 gennaio 2022 il Commissario europeo al mercato interno Thierry Breton ha affermato che «le centrali nucleari europee di nuova generazione richiederanno all'Unione europea un investimento di 500 miliardi di euro, da qui al 2050», aggiungendo che «solo gli impianti nucleari già in funzione necessitano di 50 miliardi di euro di investimenti fino al 2030». Tali dichiarazioni rendono chiara l'idea dello spropositato e insostenibile esborso economico a carico dei cittadini europei di politiche energetiche che confermino e/o rilancino la produzione di energia da nucleare nel continente;

    inoltre, in Italia, come nel resto del mondo, perdura il problema del decommissioning, in quanto dopo 34 anni dallo spegnimento dei reattori italiani il problema dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali nucleari e dagli altri siti nucleari ad esse correlate non sono stati ancora risolti e attualmente i rifiuti radioattivi sono in parte all'estero per essere riprocessati per poi tornare in Italia e in parte sono dislocati in 19 siti temporanei sul territorio nazionale, così sono scaricati sulle bollette dei cittadini. Se per i rifiuti radioattivi a bassa e molto bassa attività si è in fase di individuazione di un deposito nazionale dove stoccarli definitivamente e che dovrebbe essere pronto non prima del 2029, il problema rimane irrisolto per i rifiuti a media e soprattutto per quelli ad alta attività per i quali al mondo non si è ancora riusciti a trovare metodi e/o siti dove smaltirli definitivamente. Tantomeno i roboanti annunci sul rilancio del nucleare di IV generazione ma anche sulla fusione nucleare non si sono ancora concretizzati e i tempi di realizzazione da oltre 10 anni vengono di volta in volta spostati avanti e al momento le stime molto approssimative indicano la realizzazione nei prossimi decenni, sicuramente troppo avanti nel tempo per rispettare gli impegni presi per contrastare i cambiamenti climatici. Occorre aggiungere che, nonostante i costi della ricerca in tali settori siano quadruplicati rispetto alle stime iniziali, al momento non si conoscono gli impatti ambientali e gli effetti sulla salute per cui è impossibile definire come «sicure e sostenibili» queste produzioni energetiche;

    in merito ai costi per la produzione di energia elettrica, secondo lo studio «World Nuclear Industry Status Report 2020» (Wnisr) – un rapporto annuale prodotto da un gruppo di esperti internazionali indipendenti – produrre 1 chilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico nel 2020 è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l'eolico 4,0 centesimi di dollaro, con il gas è costato 5,9 centesimi di dollaro, con il carbone 11,2 centesimi di dollaro e con il nucleare 16,3 centesimi di dollaro. È quindi ovvio che continuare a puntare sulle fonti fossili così come sul nucleare abbia un costo economico maggiore scaricato sulla cittadinanza rispetto al puntare sulle fonti rinnovabili;

    per velocizzare la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili la direttiva dell'Unione europea n. 2018/2001 (cosiddetta RED II) prescrive che gli Stati membri pianifichino le aree idonee alla loro installazione, nel rispetto del principio «non arrecare un danno significativo» all'ambiente. Il Governo ha parzialmente dato attuazione alla direttiva RED II con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, senza ancora, tuttavia, individuare, tramite il Ministero per la transizione ecologica, le suddette aree idonee e non idonee, nonostante abbia già ricevuto, in data 26 luglio 2021, una lettera di messa in mora da parte della Commissione europea, determinando in tal modo il concreto rischio di sospensione dell'erogazione delle prossime tranche di finanziamenti europei del Recovery Plan, necessari per realizzare la transizione ecologica;

    parimenti il Governo ha dato attuazione solo parzialmente, tramite il decreto legislativo n. 201 del 2016, alla direttiva dell'Unione europea n. 2014/89 sulla pianificazione dello spazio marittimo, anche ai fini della individuazione delle aree più idonee alla installazione degli impianti eolici off shore, come precisato nella Comunicazione della Commissione europea n. 741 del 19 novembre 2020. Nonostante le linee guida approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° dicembre 2017, ad oggi ancora nessun piano di gestione dello spazio marittimo è stato approvato dal Comitato tecnico istituito presso il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, rendendo concreto il pericolo di una procedura di infrazione e non fornendo un quadro chiaro sugli interventi ammissibili agli imprenditori del settore eolico, alla cittadinanza e agli enti pubblici coinvolti nelle procedure autorizzative;

    per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo per l'energia, secondo i dati del «Rapporto annuale per l'energia elettrica» del Ministero della transizione ecologica, nel 2018 la spesa per ricerca nell'efficienza energetica è diminuita al 57 per cento, mentre nel 2016 era al 58 per cento, ma è quadruplicata rispetto al 2007. L'efficienza energetica assieme alle fonti rinnovabili e alle tecnologie per la conversione, la trasmissione, la distribuzione e lo stoccaggio di energia elettrica, rappresenta il 76 per cento della ricerca energetica italiana, mentre il peso della ricerca sulle fonti fossili è circa del 12 per cento, mentre sul nucleare è circa del 7 per cento;

    la valorizzazione di fonti energetiche, come il nucleare ed il gas, costituisce il fondamento della tesi ritardista che propugna la necessità di rallentare la transizione ecologica, al fine di spalmare nel tempo gli enormi costi ad essa connessi. Sennonché è convinzione molto radicata e difficilmente contestabile che la transizione ecologica non debba essere rallentata ma al contrario accelerata con politiche di stimolo degli investimenti di lungo periodo necessari ad aumentare l'offerta di energia pulita e il nucleare come anche il gas non sono, quindi, la soluzione al problema della crisi energetica, per cui sarebbe necessario che la Commissione europea e i Governi nazionali cogliessero l'opportunità (se non la necessità) di rivolgere i propri sforzi e la propria attenzione verso l'accelerazione di una transizione ecologica fondata sullo sfruttamento delle energie veramente pulite;

    il 3° Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli identifica sussidi ambientalmente favorevoli (Saf) stimati per il 2018 in 15,3 miliardi di euro e sussidi ambientalmente dannosi (Sad) stimati in 19,7, quelli di incerta classificazione in 8,6 miliardi di euro. Fra i dannosi, i sussidi alle fonti fossili sono stimati in 17,7 miliardi di euro. La Strategia dell'Unione europea per l'integrazione del sistema energetico COM(2020)299 persegue l'obiettivo di guidare gli Stati membri nella graduale eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili;

    con la strategia dell'Unione europea sulla biodiversità per il 2030 gli Stati membri si sono impegnati a creare una rete di zone protette ben gestite comprendenti almeno il 30 per cento della superficie terrestre e marina dell'Unione europea. L'Italia è ben lontana da questo obiettivo avendo una superficie terrestre protetta del 20 per cento e una superficie marina protetta del 15 per cento. La biodiversità è un presupposto per lo sviluppo sostenibile dell'uomo e degli altri esseri viventi nonché degli ecosistemi. La biodiversità e le foreste contribuiscono alla riduzione della povertà, per esempio garantendo la salute e la sicurezza alimentare, mettendo a disposizione acqua e aria pulite, immagazzinando le emissioni di CO2 e fornendo una base allo sviluppo ecologico. Inoltre, la promozione e la fruizione sostenibile delle aree protette rappresenta un volano per il turismo sostenibile da preferire a quello invasivo e di massa. Le statistiche mostrano tuttavia una costante riduzione della biodiversità e una perdita delle superfici boschive,

impegna il Governo:

1) a stabilire una pianificazione con tempi certi e stringenti per garantire il phase-out dalle fonti fossili, salvaguardando la sicurezza dell'approvvigionamento energetico mediante un importante ricorso alle fonti di energia rinnovabile, adeguati stoccaggi di energia e mirati investimenti per migliorare la stabilità delle rete elettrica nazionale;

2) ad adottare iniziative per pianificare la riconversione del «core business» delle società partecipate Eni e Snam al fine di renderle libere dagli idrocarburi e compatibili con una decarbonizzazione totale e quindi garantirle un futuro anche oltre il phase-out dalle fonti fossili;

3) ad adottare iniziative per diminuire gradualmente in Italia l'estrazione di idrocarburi in mare e in terra ed inoltre vietare il rilascio di nuovi permessi di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi;

4) a prevedere una zonizzazione delle aree non idonee nel Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai) con mappe dove si possa verificare quali sono le zone in mare e in terra dove i procedimenti sono vietati e quindi dove le concessioni in essere non verranno prorogate a termine della concessione e di conseguenza gli iter dei procedimenti non ancora rilasciati verranno respinti;

5) ad adottare iniziative volte ad accompagnare la riconversione dell'industria oil & gas, pianificando in tempi certi una graduale dismissione e una riconversione ove possibile e facendo sì che siano assicurati da parte del mercato, in virtù del principio europeo «chi inquina paga», investimenti privati in nuove tecnologie, la sostituzione e la dismissione degli impianti obsoleti esistenti, e ad incoraggiare l'automazione, la digitalizzazione e l'elettrificazione diffusa della filiera di produzione energetica, nonché l'utilizzo di sistemi per il rilevamento accurato e l'individuazione puntuale delle perdite di metano;

6) ad adottare iniziative per disincentivare la realizzazione dei progetti di CCS, in quanto non garantiscono alcun ritorno economico, ambientale e sociale per il Paese;

7) ad esprimere pubblicamente e in sede europea il netto dissenso nei confronti dell'inserimento del gas naturale e del nucleare nella tassonomia verde;

8) ad adottare iniziative per incentivare e semplificare la riduzione a monte della produzione dei rifiuti e la preparazione al riutilizzo, e in via subordinata, il riciclo dei materiali, posto che il recupero e il recupero energetico non devono ottenere né semplificazioni normative né incentivi diretti e indiretti;

9) a velocizzare la pubblicazione delle linee guida per l'individuazione delle aree idonee e non idonee per la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e la redazione dei piani di gestione degli spazi marittimi;

10) ad adottare iniziative per condizionare la concessione dei finanziamenti pubblici per la realizzazione degli impianti di produzione di energia rinnovabile, alla loro collocazione sulle aree e sugli spazi marittimi pianificati come idonei dal Ministero competente e dalle regioni;

11) a promuovere l'eolico off shore e l'agrovoltaico nel rispetto dei vincoli ambientali, paesaggistici e senza arrecare danno alla fauna, alla flora e alle colture caratteristiche;

12) a promuovere, con un Piano nazionale dell'acciaio, una visione moderna, competitiva, innovativa e sostenibile della produzione italiana dell'acciaio migliorando la qualità dell'acciaio prodotto nei forni elettrici attualmente esistenti, tramite l'utilizzo di Dri e di idrogeno verde e a concludere entro il 2022, attraverso accordi di programma con gli enti locali in analogia al modello Genova, la chiusura delle «aree a caldo» dei cicli integrati dell'acciaio primario, a cominciare dal polo di Taranto, adottando iniziative affinché gli accordi di programma prevedano la formazione lavorativa e il reimpiego degli eventuali lavoratori in esubero garantendo i livelli reddituali;

13) ad adottare iniziative per ripristinare gli incentivi per i veicoli elettrici fino al 2035 prevedendone una graduale riduzione a partire dal 2030 e contestualmente modernizzare in tempi certi la rete stradale di competenza di Anas e la rete autostradale italiana in «Smart Road» con punti di ricarica elettrica «Fast Charge» almeno ogni 50 chilometri;

14) ad adottare iniziative per incentivare la riqualificazione energetica dell'edilizia pubblica e privata rinnovando la misura del «bonus 110 per cento» fino al 2030;

15) ad adottare iniziative per pianificare in tempi certi la dismissione dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD) prevedendo altresì entro il 2023 che gli stessi SAD siano esclusi dalle bollette elettriche dei cittadini;

16) a pianificare ed adottare iniziative volte alla formazione occupazionale dei lavoratori attualmente impiegati nei settori «hard to abate» e «oil & gas», garantendone i livelli reddituali e riconvertendo tali posizioni lavorative nei settori delle energie rinnovabili, nella riqualificazione energetica degli edifici, nelle bonifiche ambientali, nella protezione e tutela ambientale, nella digitalizzazione dei servizi e dei processi, nell'economia circolare;

17) a porre in essere ogni iniziativa affinché i Piani territoriali per una «transizione giusta» siano diretti prevalentemente ad agevolare le persone, le piccole e medie imprese e gli enti territoriali attualmente svantaggiati e arretrati rispetto la transizione ecologica, agevolando le opportunità di lavoro in nuovi settori e in quelli in fase di transizione, investendo nella lotta alla povertà energetica, facilitando l'accesso a un'energia pulita e rinnovabile, sicura e a prezzi equi, sostenendo la transizione delle piccole e medie imprese verso tecnologie a basse o bassissime emissioni di CO2, incentivando la decarbonizzazione dei settori dell'agricoltura e della pesca sostenibile, investendo nella creazione di nuove aziende, piccole e medie imprese e start-up e investendo in attività di ricerca e innovazione.
(1-00570) «Vianello, Cabras, Colletti, Corda, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Raduzzi, Paolo Nicolò Romano, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Leda Volpi, Lombardo, Benedetti, Sarli».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Quartapelle Procopio n. 2-01397 del 10 gennaio 2022.